Ambienti e fauna del Veneto

Francesco Scarton – Francesco Mezzavilla

Una guida agile e completa ai siti naturali del Veneto: non solo parchi e riserve, ma anche altre aree dove è più facile osservare l'incredibile varietà di ambienti e fauna della regione.

Le Dolomiti di Ampezzo Il Vincheto di Celarda

L’Altopiano del Cansiglio

Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi Il Grappa

Il monte Baldo

BL

L’Altopiano dei Sette Comuni

La dorsale pedemontana Cesen-Visentin

Il medio-basso corso del Piave

I Lessini

Il corso del Sile

TV

PD

VE

VI VR

I Colli Euganei

Vallevecchia

Laguna nord RO

Laguna sud Il Delta del Po

€ 9,00

INDICE

Francesco Scarton - Francesco Mezzavilla AMBIENTI E FAUNA DEL VENETO 1ª edizione marzo 2021 Grafica e impaginazione: Marilena Ferrara Coordinamento editoriale: Angelo Pastrello Tutti i diritti riservati dalla legge sui diritti d’autore.

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ISBN: 978-88-6643-755-0

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Premessa Introduzione

p. 5 p. 7

Le Dolomiti di Ampezzo Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi La dorsale pedemontana tra i monti Cesen e Visentin Il Grappa L�Altopiano del Cansiglio L�Altopiano dei Sette Comuni I Lessini Il monte Baldo Il Vincheto di Celarda I Colli Euganei Il medio-basso corso del Piave Il corso del Sile, dalle risorgive alla foce Vallevecchia La laguna nord La laguna sud Il Delta del Po Le cave dismesse Le colonie di aironi e cormorani Bibliografia consigliata Crediti fotografici Gli autori

p. 11 p. 19 p. 29 p. 36 p. 44 p. 55 p. 65 p. 75 p. 85 p. 92 p. 103 p. 111 p. 119 p. 127 p. 137 p. 147 p. 157 p. 165 p. 171 p. 173 p. 175

Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi Belluno

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Praterie d’alta quota al margine dei Piani Eterni

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stituito nel 1993, il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi si estende su una superficie di poco superiore ai 30.000 ha, compresa tra il passo di Croce d’Aune a sud e la Val di Pramper nello Zoldano a nord. In questo vasto territorio sono compresi gruppi montuosi di particolare valore naturale e paesaggistico. Si va dal complesso delle Vette Feltrine, ai Monti del Sole, fino al gruppo della Schiara, Talvena, Pramper e Spiz di Mezodì.

Tra questi gruppi solo quelli posti alle estremità sono frequentati in maniera più diffusa mentre gli altri a causa delle difficoltà di accesso, della presenza di valli impervie e soprattutto dei forti dislivelli risultano meno accessibili e pertanto più isolati rispetto alle attività umane legate al tempo libero. Pertanto a fronte di aree molto frequentate come il lago del Mis o il rifugio Dal Piaz, se ne contrappongono altre come il complesso dei Monti del Sole o della Talvena che presentano singolari aspetti di wilderness, ossia di natura selvaggia incontaminata. Aspetti questi che stanno diventando sempre più 19

Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi

Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi

VEGETAZIONE

rari nelle aree dolomitiche.

Bisogna ricordare che l’istituzione di questo parco nasce dal fatto che in precedenza esistevano già alcune riserve naturali, che comprendevano aree particolarmente selvagge e poco frequentate dall’uomo. Allo stesso tempo si deve riconoscere che la gestione del parco ha sempre favorito le attività umane nei fondovalle e quelle escursionistiche di attraversamento in quota, senza però incentivare la frequentazione delle aree più selvagge. Per tale motivo l’accesso ad esempio ai Monti del Sole o il loro attraversamento devono essere attentamente valutati e soprattutto attuati solo da chi presenta buone doti di orientamento e preparazione atletica.

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L’ambiente naturale e il paesaggio all’interno del parco variano molto dalle aree poste a quote inferiori fino a quelle più elevate.

Nei fondovalle il parco comprende poche aree antropizzate, e le attività umane vengono svolte in accordo con gli indirizzi formulati dall’ente di gestione. Salendo di quota sono presenti ampie faggete, peccete e, prima di giungere alle nude rocce, mughete anche di notevole estensione. A queste comunità principali spesso si associano estensioni di pino silvestre e pino nero, nonché di larice e a quote inferiori di carpino nero. Le formazioni con pini sono tipiche delle balze rocciose, dove questi alberi crescono anche in quasi completa assenza di soprasuolo, svolgendo pertanto un fondamentale ruolo di consolidamento delle strutture. Dove il suolo risulta ricco d’acqua cresce in abbondanza la betulla, che arricchisce il paesaggio con le tonalità chiare della sua corteccia. Riguardo questi boschi è opportuno ricordare che pochi sono quelli creati dall’uomo, la maggior parte deriva da insediamenti spontanei e questo ne au-

«Aree come il complesso dei Monti del Sole o della Talvena presentano singolari aspetti di wilderness, ossia di natura selvaggia incontaminata»

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Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi

menta il livello di naturalità. Molto ricca la presenza floristica: tra le varie specie spicca la campanula di Moretti, che è stata scelta come simbolo del parco.

Percorrendo le aree in quota è facile osservare la stella alpina, il rododendro, l’erica, il botton d’oro e altre specie diffuse in habitat particolari in funzione delle loro singolari caratteristiche di attecchimento.

Riportare un elenco completo di queste specie risulta piuttosto arduo, ma chi si approccia a questi ambienti dotandosi di conoscenze pregresse o di qualche guida potrà in una singola escursione rilevare diverse decine di specie in buona parte elencate nel sito web del parco.

FAUNA Non di minor valore è la presenza faunistica, anch’essa dipendente dai vari habitat. Partendo dai torrenti di fondovalle, ricchi di specie ittiche e macroinvertebrati caratteristici dei torrenti alpini, fino agli ambienti prativi e a quelli con boschi per finire alle pareti rocciose si rilevano numerose specie animali. Particolarmente significativa è la presenza di una nutrita comunità di farfalle, ampiamente studiata e protetta nel parco. Lo stesso dicasi per gli altri invertebrati come i coleotteri o i formicidi, oggetto di una recente indagine. Tra i vertebrati citiamo gli anfibi come la rana temporaria, il rospo comune e l’ululone dal ventre giallo, di cui in periodo riproduttivo si osservano uova o girini nelle numerose polle per l’abbeverata presenti negli alpeggi. A queste specie si uniscono spesso il tritone crestato e il tritone alpestre, che tollerano anche l’inquinamento organico prodotto dagli animali al pascolo come mucche, pecore e capre portate in quota nei mesi estivi dai gestori delle malghe.

Rilevante e relativamente facile da osservare è l’avifauna.

Nei mesi primaverili si odono in maniera diffusa i canti dei frin22

Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi

guelli, dei tordi, delle capinere e di molte altre specie tipiche delle aree montane. Altri segni di presenza sono quelli dovuti ai picchi, che si manifestano con il caratteristico tambureggiare sui tronchi degli alberi. In certi casi si tratta di vere a proprie attività di scavo, per creare un nido dove riprodursi, in altri casi assumono finalità territoriali, dato che il suono segnala la presenza di un maschio o di una coppia; una terza finalità di non minore importanza è quella alimentare. Singolari in tal senso sono gli scavi effettuati dal picchio nero nei tronchi di abete rosso e altre conifere per mettere in luce le gallerie delle grosse formiche del genere Camponotus, di cui si ciba. Nelle aree aperte, attorno alle cime oppure sopra ai boschi, spesso è facile osservare il volo territoriale dell’aquila reale, della poiana, del falco pecchiaiolo, del gheppio o dello sparviere; le diverse specie si possono riconoscere grazie alla forma, alla colorazione, al tipo di volo oppure ai caratteristici richiami emessi. Immancabile e varia è poi la presenza dei corvidi come il grande corvo imperiale, la cornacchia grigia 23

Il medio-basso corso del Piave Belluno / Treviso

I

Il medio corso del Piave a Lovadina (Spresiano, Treviso)

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l fiume Piave dalle sorgenti alla foce presenta una serie di realtà naturali e ambientali molto varie. Se nel suo scorrere in area montana assume caratteristiche torrentizie, accentuate nei periodi di massima portata, quando arriva nell’area collinare e poi in quella pianeggiante il suo corso risulta più lento. Ciò non significa che diventi meno pericoloso per l’uomo e le attività umane che gravitano lungo il suo percorso.

Nel passato alcune frequenti divagazioni hanno portato ad alluvioni che hanno interessato perfino la città di Treviso. Eravamo però in pieno Medioevo quando ancora non erano state realizzate le colossali opere di contenimento che nei secoli successivi hanno portato alla creazione di argini sempre più imponenti. Tra il Sedicesimo e il Diciassettesimo secolo, con l’avvento della Serenissima Repubblica di Venezia, si assiste a una progressiva opera di contenimento del corso del Piave all’interno di un alveo sempre più definito e in parte ristretto. Tale opera, senza entrare troppo nei dettagli, si concluderà nella prima metà del secolo scorso quando l’area attualmente denominata del Basso Piave, ossia quella 103

Il medio-basso corso del Piave

caratterizzata dal tratto finale posto a valle della città di San Donà, viene interessata da una imponente attività di scavo di un nuovo e quasi diritto alveo che permetterà il deflusso delle acque fino alla località di Cortellazzo.

In tale modo tutta l’ampia area umida compresa tra San Donà e Caorle fino all’attuale corso del Livenza, nel passato denominata anche lago della Piave, viene sottoposta a una lenta fase di bonifica e a una progressiva creazione di estese tenute agrarie date in gestione a pochi proprietari.

Tralasciando questa breve storia delle opere di regimazione del fiume, quello che interessa per la visita di questo vasto tratto fluviale sono le arginature che ne delimitano il corso rispetto alle circostanti aree agrarie intensamente coltivate. Si usa il termine arginature perché in alcuni tratti, come ad esempio nell’attraversamento dei comuni di Spresiano e di Maserada, si nota ancora un primo argine, meglio noto come argine di San Marco, piuttosto esiguo nella sua altezza e poi un secondo molto più imponente, caratterizzato in molti tratti dalla presenza di strade sulla sommità.

Il medio-basso corso del Piave

«Le colossali opere di contenimento del fiume, realizzate nei secoli, hanno portato alla creazione di argini sempre più imponenti»

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VEGETAZIONE All’interno delle sponde comprese tra queste imponenti opere di contenimento, soprattutto nel tratto a valle della città di Nervesa della Battaglia, l’ambiente presenta aspetti naturali particolarmente interessanti con una vegetazione dominante caratterizzata da salici e pioppi e in misura minore da carpini neri e bianchi, oltre a specie alloctone la cui presenza si deve alle attività antropiche. Citiamo ad esempio la progressiva colonizzazione da parte dell’amorfa, un arbusto alloctono che sta occupando buona parte del greto del Piave.

Si tratta di una pianta appartenente al gruppo delle leguminose i cui semi vengono facilmente trasportati dalle acque del fiume e in parte dai greggi di pecore transumanti, che si muovono facilmente lungo il suo alveo. Ricordiamo anche la diffusa presenza della buddleia, un arbusto proveniente dalla Cina dalle caratteristiche infiorescenze violacee particolarmente ricercate dalle farfalle. Tra le numerose specie vegetali citiamo la globularia, una specie tipica dell’arco alpino che lungo le sponde del Piave trova un ambiente adatto alla crescita anche in pianura. Molte delle piante che vivono sul greto spesso hanno vita breve e sono condizionate dalle fasi ricorrenti di piena denominate di morbida, quando le acque coprono gran parte del letto fluviale.

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Il medio-basso corso del Piave

FAUNA Nel suo medio e basso corso il Piave si comporta come fosse una via di comunicazione e di diffusione di molte specie animali, in particolare di quelle maggiormente mobili come gli uccelli e alcuni mammiferi. Negli ultimi decenni infatti la presenza di ungulati tipici delle aree montane come il capriolo e il cervo è sempre più comune lungo questo settore fluviale. Per non dimenticare il cinghiale, che nonostante i piani di contenimento adottati continua a diffondersi in molte aree di pianura scegliendo il Piave come via di penetrazione.

Del tutto singolare anche la temporanea presenza di un lupo, che pochi anni fa si è fermato per un qualche tempo nel medio corso del Piave per poi probabilmente riportarsi in area montana.

Abbondante è la lepre europea, che in alcune ampie aree definite Zone di Rifugio fino a pochi anni fa raggiungeva densità piuttosto elevate. Questo favoriva la presenza di predatori come la volpe e la faina cui attualmente si è aggiunto il visone americano, che a seguito della liberazione illegale di alcune migliaia di esemplari da un allevamento prossimo a Valdobbiadene attualmente si sta espandendo dal Bellunese fino al confine tra le province di Treviso e Venezia. Per questo motivo tutte le segnalazioni di presunta 106

Il medio-basso corso del Piave

presenza della lontra sono invece imputabili al visone americano.

Non manca una cospicua presenza di uccelli, con specie prettamente legate al corso del fiume come il cormorano, il marangone minore, l’airone cenerino, la garzetta e l’airone bianco maggiore. A queste si aggiungono le anatre e in particolare il germano reale che si osserva talvolta anche con centinaia di individui.

Singolare perché in fase di espansione e di recente colonizzazione è la presenza dello smergo maggiore, che attualmente si riproduce fino in prossimità di Vidor ma che spesso nei mesi invernali si porta verso valle, raggiungendo il tratto compreso tra Maserada e Ponte di Piave. Legato alle sponde e al letto ghiaioso emerso, le cosiddette grave, è invece l’occhione, altra presenza di rilievo che sta sempre più caratterizzando questo tratto fluviale. Si stima che attualmente siano presenti circa 10-20 coppie di occhione, mentre quasi 20-30

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Il medio-basso corso del Piave

individui hanno iniziato da pochi anni a svernare nel tratto di fiume prossimo a Maserada.

Non si devono inoltre dimenticare il succiacapre, un’altra rara specie che nidifica a terra tra i sassi e la vegetazione riparia, il gruccione e il martin pescatore, che invece scavano lunghi cunicoli sulle sponde dove sono presenti strati di sabbia. La loro colorazione e il caratteristico volo sono spesso oggetto di interesse tra gli appassionati birdwatcher. Lo stesso dicasi per il topino, una specie simile alla rondine che nidifica in poche colonie sulle sponde fluviali scavando cunicoli simili a quelli del gruccione. I pioppeti più densi sono invece gli ambienti adatti alla nidificazione del picchio verde e del picchio rosso maggiore. I boschi ripariali sono frequentati da uccelli rapaci come la poiana, lo sparviere, il gheppio e il lodolaio, che spesso nidificano sui nidi abbandonati di cornacchie e ghiandaie. Altri rapaci come il falco pecchiaiolo si osservano invece in maniera molto abbondante nei mesi delle migrazioni, quando sorvolano il corso del fiume. Dove i pioppi sono più abbondanti nei mesi estivi si ode spesso il tipico richiamo del rigogolo o il canto continuo della capinera, del merlo, dell’usignolo e di molte altre specie di passeriformi.

ITINERARI CONSIGLIATI Trattandosi di un tratto fluviale lungo alcune decine di chilometri, si consigliano alcuni percorsi tipici dei vari ambienti. Cominciando 108

Il medio-basso corso del Piave

dal tratto superiore quasi a confine con la provincia di Belluno, è possibile visitare l’ampia area denominata Città degli Aironi in parte gestita dalla locale sezione della LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli). La denominazione deriva dal fatto che fino a pochi anni fa lungo questa sponda del Piave era insediata una delle colonie di aironi cenerini tra le più importanti del Veneto; ora questa specie si è spostata per nidificare in altri siti vicini. Nell’area è presente una fitta rete di sentieri facilmente percorribili e dotati di cartellonistica che spiegano le caratteristiche naturali del sito. Più a valle sono visitabili le Grave di Ciano del Montello, una vasta area golenale dominata da ambienti xero-termofili con caratteristiche naturali del tutto particolari. In quest’area è possibile osservare una buona varietà di picchi che va dal grande picchio nero, al picchio verde, al picchio rosso maggiore fino al raro picchio rosso minore, una vera eccellenza per il sito. Sulla sponda settentrionale opposta si trova l’Isola dei Morti, così denominata in ricordo delle battaglie intercorse durante la I Guerra Mondiale. Una fitta rete di stradine e sentieri favorisce l’accesso all’area, così come un ampio parcheggio presso l’entrata che permette una facile sosta. Scendendo ancora si consiglia il percorso che dal centro di Nervesa della Battaglia costeggia la sponda destra del fiume a ridosso del Montello. Si osserva l’ampio invaso determinato dalla diga sottostante e che spesso ospita una buona presenza di uccelli, in particolare gabbiani, aironi e germani reali. Ancora più a valle, una visita particolare merita l’area delle cosiddette Grave di Cimadolmo poste a confine tra questo paese e quello di Maserada sul Piave. Questa sorta di grande isola, delimitata a nord e a sud da due distinti rami del Piave che si ricongiungono più a valle, sebbene sia ampiamente sfruttata dall’uomo con attività agrarie mantiene lungo i margini, in prossimità delle sponde fluviali, discrete caratteristiche naturali. Più a valle, dopo l’attraversamento delle località di Ponte di Piave e Fagarè, il fiume presenta aspetti naturali più limitati, poiché le sponde piuttosto erte confinano con ampi settori coltivati che non lasciano spazio all’insediamento della vegetazione arborea o ripariale. Per questo il livello di naturalità diminuisce progressivamente fino verso la foce.

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La laguna nord Venezia

C

on una superficie di oltre 500 km2 la laguna di Venezia è la più grande laguna dell’intero Mediterraneo e una delle maggiori zone umide costiere d’Europa. La grande diversità di ambienti naturali, semi-naturali o prettamente artificiali che vi si rinviene favorisce la presenza di un numero elevatissimo di specie di vertebrati, delle quali qui potremo forzatamente considerarne solo alcune. Proprio per la ricchezza di ambienti e specie in questo capitolo trattiamo solo il settore settentrionale della laguna, intendendo con questo termine l’area che sta a nord del ponte translagunare che unisce la terraferma alla città di Venezia; la laguna sud sarà invece considerata nel capitolo successivo.

Nella laguna settentrionale troviamo tutti gli ambienti che caratterizzano questo sito di eccezionale importanza per la fauna.

I MARGINI DELLA LAGUNA NORD Vegetazione & fauna

Isole e barene della laguna nord

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Partiamo dalle aree agricole della terraferma prossime al limite interno della laguna, indicato spesso con il termine di conterminazione lagunare. Queste zone di transizione non vengono quasi mai considerate dai naturalisti, che le ritengono a torto poco 127

La laguna nord

La laguna nord

«La laguna di Venezia è la più grande dell’intero Mediterraneo e una delle maggiori zone umide costiere d’Europa» interessanti perché povere di specie. In realtà, trovandosi al confine tra la pianura e la laguna, rappresentano una vera e propria area di cerniera, dove sono presenti specie tipiche di entrambi gli ambienti. In alcuni casi in queste aree agricole, a causa di una concentrazione di sali nel terreno localmente piuttosto elevata, si creano delle zone poco o per niente coltivate, dove addirittura può crescere una vegetazione tipicamente salmastra. Si possono trovare, a maggior distanza dalla laguna, anche piccoli nuclei boscati e filari che aumentano la complessità dell’ambiente. È proprio in queste aree marginali che possono nidificare la pavoncella, il corriere piccolo e talvolta la pettegola. Tra i passeriformi non è raro udire il canto dello strillozzo, specie non comune nel resto della pianura e che preferisce gli spazi coltivati con presenza di qualche arbusto; anche la sempre più rara averla piccola può essere osservata nel periodo tardo primaverile 128

ed estivo. Tra le specie non nidificanti si deve invece citare il gruccione, inconfondibile per la sua colorazione e in aumento nell’ultimo decennio; il piviere dorato, che in inverno è un tipico frequentatore dei campi coltivati prossimi alla laguna; oppure alcuni rapaci diurni come l’albanella reale e l’albanella minore, certo non comuni ma facili da osservare, e il gheppio, molto più frequente in tutto l’arco dell’anno. Tra i mammiferi solo la lepre europea è attiva anche di giorno, mentre buona parte delle altre specie lo è solo di notte.

Una delle migliori aree di margine di questo tipo nella laguna nord si trova in prossimità dell’argine in località Montiron, a poca distanza dalla strada statale Triestina e da cui lo sguardo può abbracciare anche la vasta area di bassi fondali lagunari della Palude della Cona.

LE VALLI DA PESCA - Vegetazione & fauna Alle aree di margine, procedendo idealmente verso la costa, seguono le valli da pesca, ma anche i bassi fondali della laguna aperta, chiamati velme, i canneti e le barene, isolotti argillosi ricoperti dalla fitta vegetazione alofila e frequentemente sommersi dalle alte maree. Le valli da pesca, la cui presenza è accertata già intorno all’anno

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La laguna nord

Mille ma molto probabilmente è di molto precedente, sono vaste estensioni di bassi fondali, ciascuna estesa per diverse centinaia di ettari, totalmente delimitata da argini e con aperture che la mettono in contatto con le acque lagunari. L’ingresso delle acque dolci, provenienti da canali o fiumi vicini, e di quelle lagunari salmastre è infatti regolato dai gestori in funzione delle necessità connesse alle attività di itticoltura e, con sempre maggiore importanza, a quelle della caccia agli uccelli acquatici. Sia nella laguna superiore che in quella inferiore le valli da pesca ospitano una ricchissima e abbondante avifauna; in inverno accolgono decine di migliaia di uccelli acquatici, soprattutto anatidi ma non solo. Regolari censimenti invernali hanno dimostrato come nelle valli da pesca dell’intera laguna di Venezia siano presenti ogni inverno circa 400.000 uccelli acquatici. Tra le specie più abbondanti ricordiamo il germano reale, l’alzavola, il codone, l’oca selvatica, la folaga e il fenicottero, che si è insediato in laguna da meno di 20 anni.

Benché meno numerosa, negli altri periodi dell’anno l’avifauna è ancor più ricca in numero di specie: in primavera-estate vi sono pressoché ovunque colonie di sterna comune, fraticello, cavaliere d’Italia e, meno comuni, di avocetta. Durante le migrazioni è invece di rego130

La laguna nord

lare presenza il falco pescatore, oltre a numerosi piccoli passeriformi. Se l’avifauna è la componente faunistica più abbondante e conosciuta, non si deve dimenticare che alcune valli da pesca ospitano abbondanti popolazioni di un rettile altrove molto raro, ovvero la testuggine d’acqua dolce.

Prossimi ai margini lagunari si trovano alcuni vasti canneti, dove sono frequenti passeriformi tipici di questo habitat come la cannaiola, l’usignolo di fiume e il più raro cannareccione; facile da osservare è il falco di palude, che si stima nidifichi in laguna con qualche decina di coppie, insediate tra le valli da pesca e i canneti lagunari.

IL BACINO CENTRALE - Vegetazione & fauna Procedendo ancora verso la costa, dopo i canneti si estende il bacino centrale della laguna, costituito da un insieme di bassi fondali, barene e canali lagunari che si intrecciano e si susseguono senza soluzione di continuità. È questo il regno dei limicoli, uccelli di dimensioni medio-piccole che, come ricorda il nome, ricercano il cibo nelle vaste distese di sedimenti limosi o sabbiosi. Durante le basse maree migliaia tra piovanelli pancianera, chiurli maggiori, pivieresse e beccacce di mare si spostano alla ricerca dei fondali emersi; al 131

La laguna nord

sopraggiungere delle alte maree, questi uccelli si radunano su isolotti e barene in attesa della prossima bassa marea. Le numerose barene naturali e le cosiddette barene artificiali, realizzate negli ultimi 30 anni a scopo di ripristino ambientale, sono ricoperte da una fitta vegetazione alofila. Nelle barene nidificano alcune specie di grande valore conservazionistico; oltre ad alcune di quelle citate per le valli da pesca si aggiunge la pettegola, un limicolo per cui la laguna di Venezia è il sito di nidificazione di maggior importanza dell’intero Mediterraneo. I fondali della laguna aperta, profondi mediamente poco più di un metro, e i canali lagunari sono utilizzati in inverno dai cosiddetti uccelli tuffatori: svasso maggiore e svasso piccolo i più comuni, ma anche da specie più rare quali lo svasso cornuto e lo svasso collorosso. Il cormorano può essere comunemente osservato nella laguna aperta, talvolta con centinaia di individui impegnati nella cosiddetta “pesca collettiva”. In alcune delle numerose piccole isole lagunari, quasi tutte abbandonate da molto tempo e spesso coperte da folta vegetazione arborea e arbustiva, da pochi anni si sono insediate colonie di aironi e di altre specie coloniali, come garzetta, airone guardabuoi, airone cenerino, cormorano, marangone minore e solo dal 2020 l’ibis sacro. Aggiungiamo che anche le isole maggiori, quindi Venezia, Murano e Burano, possono ospitare nu132

La laguna nord

merose specie animali, alcune delle quali di recente insediamento; è il caso ad esempio della taccola, del falco pellegrino e dell’assiolo tra gli uccelli, e del geco comune per i rettili.

IL LITORALE - Vegetazione & fauna Infine il litorale, che si estende dalla foce del Piave a nord fino alla bocca di porto del Lido a sud, delimita a est la laguna settentrionale. Nonostante la fortissima presenza di turisti, specialmente nella stagione estiva, rimangono ancora alcuni ambienti di notevole interesse per la fauna e la vegetazione, che vale la pena visitare. Si tratta di quelle piccole formazioni dunali e delle aree poste alle loro spalle, dove resistono tuttora ambienti psammofili di grande rilevanza, in particolare nelle località di Ca’ Savio, Ca’ Ballarin e Punta Sabbioni. Soprattutto in quest’ultima si può osservare un bell’esempio della successione di ambienti, dalla pineta a pino domestico e marittimo di antico impianto artificiale, passando per le bassure retrodunali con presenza della canna di Ravenna fino alle dune, dove sussistono habitat di grande pregio tutelati dalla normativa europea. La fauna non è certo abbondante, ma conta diverse specie di interesse come il succiacapre e l’averla piccola tra gli uccelli, o il biacco e la raganella per l’erpetofauna.

Il coniglio selvatico, alloctono, costituisce un grave problema per il 133