Sentenza Raggio riciclaggio fondi Craxi

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La sentenza di primo grado Il Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale di Milano, con sentenza del 20 giugno 3003 pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, ha riconosciuto Raggio Maurizio colpevole dei reati di riciclaggio e ricettazione ascritti in rubrica ed, esclusa per il capo 5 la violazione della fattispecie di cui all’art. 648 ter c.p., unificati tutti i fatti attraverso il vincolo della continuazione, ritenuta più grave l’ipotesi di cui al capo 2, concesse le attenuanti generiche, nonché, con riferimento ai reati di cui ai capi 2, 3 e 5, anche l’attenuante di cui al comma terzo dell’art. 648 bis c.p., operata la riduzione per la scelta del rito, lo ha condannato alla pena finale di anni 3 mesi 4 di reclusione ed € 5.000,00 di multa, con l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, mentre lo ha assolto dall’imputazione elevata sub 5 limitatamente all'ipotesi di cui all’art. 648 ter c.p. perché il fatto non sussiste. La prima parte della motivazione offre un dettagliato resoconto, non solo della tortuosa vicenda processuale, ma persino della composizione materiale del fascicolo, che lo stesso giudice ha accuratamente ridefinito nel contraddittorio delle parti, al fine di rendere certa l'identificazione degli atti sui quali si è basata la scelta del rito e quindi la celebrazione del giudizio. La sentenza affronta poi il tema dell'utilizzabilità degli atti acquisiti per rogatoria, che è stata contestata dalla difesa anzitutto sotto il profilo della violazione delle norme introdotte al riguardo della legge n. 367/2001. Quanto agli interrogatori di Pintus, Wanner e Jayet, nonché alla documentazione relativa ai conti Constellation Financiere e International Gold Coast, nonché alla fiduciaria Javier, il giudice ha negato il fondamento fattuale delle lamentele difensive, osservando che in concreto erano state osservate tutte le formalità previste per l'acquisizione e la trasmissione degli atti. Del resto e in via del tutto generale, il giudice si è richiamato all'orientamento prevalente in giurisprudenza e avallato dalla Corte Costituzionale (che con l’ordinanza interpretativa di rigetto del 7 novembre 2001 ha indirettamente fatto intendere l'illegittimità costituzionale di ogni interpretazione diversa), secondo cui, in tema di rogatorie attive, non è possibile imporre allo Stato estero particolari formalità in ordine all'attestazione di autenticità dei documenti richiesti, dovendosi questa presumere dalla stessa ufficialità della risposta, alla stregua della prassi e degli obblighi sanciti dal diritto internazionale. Anche sul piano delle modalità di trasmissione, le convenzioni vigenti in materia, nonché le consuetudini relative alla collaborazione diretta tra le autorità giudiziarie, consentono di ritenere nella specie legittime le acquisizioni di fonte rogatoriale. Un diverso problema di utilizzabilità si è posto con riferimento al capo 5 della rubrica, per quanto concerne atti compiuti dopo la scadenza del termine massimo delle indagini preliminari, prorogato dal G.I.P. fino al 27 luglio 1997. Sul punto, il giudice ha accolto l'eccezione difensiva, ma soltanto per gli atti compresi tra detta scadenza e la richiesta di rinvio a giudizio (6 giugno 1998), mentre ha considerato utilizzabili gli atti investigativi successivi.


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