DANELE PUGLIESE, APOCALISSE,
IL GIORNO DOPO
cristiana della letteratura paleo e neotestamentaria e dei ricorrenti millenarismi della storia cristiana dell’Occidente; 3. quello delle grandi religioni storiche, connesso al mito delle periodiche distruzioni e rigenerazioni del mondo; 4. quello etnologico degli attuali movimenti religiosi profetici e millenaristici delle culture cosiddette primitive. Ma per comprendere questi documenti, precisa De Martino, è indispensabile il confronto con «un quinto tipo di documento apocalittico, quello psicopatologico, che ci mette in rapporto con un comune rischio umano di crisi radicale, rispetto al quale le diverse apocalittiche culturali, comunque atteggiate, si costituiscono tutte come tentativi, variamente efficaci e produttivi, di mediata reintegrazione in un progetto comunitario di esserci-nel-mondo». È quest’idea, così come prende forma nella mente di un individuo prima ancora che in un gruppo, quest’idea che De Martino definisce “apocalisse psicopatologica”, che merita particolare attenzione. Nella prospettiva strettamente psichiatrica – scrive – si tratta di individuare entità nosografiche e nessi eziologici ai fini della diagnosi e della terapia: si comprende quindi come la psichiatria tenda a mettere l’accento sulla distinzione dei diversi modi psicotici di rapportarsi alla catastrofe del mondano, e a ordinare questi modi secondo malattie psichiche diverse o, quanto meno, secondo diverse declinazioni dell’inder-Welt-sein e del Mitsein. Ma nella prospettiva storico-culturale e antropologica si tratta di conquistare criteri definitivi per distinguere le apocalissi culturalmente produttive da quelle psicopatologiche, o più esattamente per valutare le apocalissi culturali nella loro concreta dialettica di rischio psicopatologico e di mediata reintegrazione.
Si tratta insomma, aggiunge, «di ritrovare – attraverso e al di là delle ineccepibili distinzioni cliniche – un carattere unitario delle apocalissi psicopatologiche che non soltanto le contrapponga alle apocalissi culturali, ma che metta a nudo il rischio dal quale le apocalissi culturali sono sempre di nuovo chiamate a difendersi». Tale rischio è «la caduta della energia della valorizza-
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