XII Rapporto - Le mani della criminalità sulle imprese, 2009

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Le mani della criminalità sulle imprese – XII Rapporto

2009

NON SOLO SUD Gli affari di cosche e clan anche nel biennio 2008-2009 hanno superato i confini delle regioni del tradizionale radicamento per raggiungere tutto il territorio nazionale. Il Nord d’Italia si conferma una base sicura, dove reinvestire in imprese e cantieri, senza tralasciare strutture legate all’industria del turismo e del divertimento. Ma non mancano investimenti solidi in Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Veneto. Cresce anche la zona grigia d’imprenditori, amministratori, avvocati, semplici impiegati che facilitano il proliferare degli affari della criminalità, offrendosi come prestanome o semplicemente mettendo le proprie competenze “pulite” al servizio. Le operazioni delle forze dell’ordine e le indagini della magistratura hanno permesso di scoprire nuovi spazi occupati dall’economia mafiosa in quelle che erano considerate isole felici, libere da condizionamenti come l’Umbria, e la Sardegna. Mentre si confermano territori inquinati sui quali tenere alta l’attenzione, regioni come il Lazio e l’Abruzzo. Il contagio non si limita al riciclaggio ma si estende all’utilizzo di modalità mafiose per la riscossione di estorsioni e tangenti e all’allargarsi del giro dell’usura, spesso con la realizzazione di alleanze tra ‘ndrangheta e camorra o con gruppi criminali locali. Preoccupa anche il livello di permeabilità delle amministrazioni locali, aumentano le prove di comuni nei quali riescono ad infiltrarsi le richieste di esponenti della criminalità organizzata. Nel Lazio ha fatto molto discutere, dopo mesi di attesa, il mancato scioglimento del comune di Fondi a seguito dei lavori della commissione prefettizia di accesso. Le pagine che seguono documentano questa inquietante espansione. LAZIO – Un territorio che gode dell’attenzione delle mafie è il Lazio, regione che, oltre ad essere economicamente appetibile, è contigua alle stesse province napoletane e casertane. Sia la Capitale, sia tutto il sud pontino soffrono dell’espansione economica e criminale camorristica. Tra il 2008 e il 2009, nella Capitale, sono stati posti sotto sequestro il ristorante di piazza di Spagna La Rampa e il noto locale di Via Veneto il Caffè de Paris. Oltre si noti locali a finire nel mirino degli inquirenti romani impegnati in indagini sulle infiltrazioni di stampo mafioso nella Capitale, anche alcune importanti strutture commerciali. Secondo la Dia e la Procura di Roma sarebbero oltre venti le ‘ndrine presenti nel Lazio a rappresentare la testa di ponte della criminalità organizzata calabrese per il riciclaggio dei capitali. Sostanzialmente, negli ultimi anni, la ‘Ndrangheta si è sempre più attestata nel territorio sia per avviare attività commerciali e finanziarie in grado di riciclare capitali, sia per aumentare il volume dei guadagni con il gioco d’azzardo, le estorsioni, l’usura e traffico di droga. Le famiglie sono gli Alvaro, Avignone, Barbaro, Bellocco, Condello, Farao, Gallace, Mollica, Iamonte, Marincola, Metastasio, Morabito, Nirta, Novella, Pelle, Pesce, Piromalli, Pisano, Ruga, Tripodo, Viola, Zagari. Le città interessate: Anzio, Civitavecchia, Fondi, Formia, Gaeta, Nettuno, Roma e il territorio della provincia, Pontinia, Terracina. La mole di denaro da riciclare è tale che i clan sono disposti a pagare un negozio, un ristorante, un centro commerciale, una società edile, anche il doppio del loro valore reale. I principali settori d’interesse sono l’edilizia, le società finanziarie e, nell’ambito del commercio, oltre alla ristorazione figurano l’abbigliamento, le concessionarie di auto e, da qualche tempo, anche i punti vendita in franchising per il noleggio di film. Sempre secondo le indagini, tra ’ndrangheta e casalesi sarebbe stato stipulato un patto sulla Capitale: ai boss calabresi i locali del centro storico, alla camorra il controllo degli ipermercati nelle periferie. In tal modo gli introiti puliti di hotel, ristoranti e negozi possono essere reinvestiti, in una catena infinita che non manca di infiltrarsi negli appalti per le opere pubbliche. A Roma, il 10 gennaio 2009, viene arrestato Candeloro Parrello, figlio di Gaetano ucciso in un agguato nel 1986, latitante da dieci anni, ricercato per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti. Inserito nell’elenco dei 100 latitanti più pericolosi, è considerato dagli investigatori il referente della 'ndrangheta per i cartelli colombiani dei produttori di droga. Parrello nella capitale possedeva ville e auto di lusso e la questura gli aveva sequestrato nel dicembre 2008 beni mobili e immobili per un valore di oltre 30 milioni di euro. Tra i beni

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