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L’INCLUSIONE EDUCATIVA- Marisa Pavone PRIMA PARTE Lo stato dell’arte della Pedagogia Speciale- Introduzione generale La pedagogia speciale, circa 50 anni fa, il suo ambito di studio privilegiato si è indirizzato all’educazione e alla scolarizzazione dei minori con disabilità, lasciando in secondo piano altre categorie di soggetti con difficoltà. In pochi anni, il suo focus pedagogico si è ampliato a comprendere la fascia di popolazione con “Bisogni educativi speciali”, cioè i soggetti a rischio di marginalità per disturbi evolutivi, problemi di apprendimento o per ragioni di ordine psicosociale e socioculturale. Fin dalle origini, la pedagogia speciale in Italia si è proposta come modello a vocazione interdisciplinare, disponibile per natura alla collaborazione con altri campi del sapere, come la medicina e la psicologia nelle diverse implicazioni sociologia, antropologia, diritto. Le radici remote della pedagogia Speciale vengono riconosciute in Francia, tra fine 700 e metà 800, con le esperienze educative rivolte a disabili ad opera di Itard e Seguin. In Italia, a cavallo tra 800 e 900 , con l’iniziativa di personaggi illustri come de Sanctis, Montessori, Montesano, che hanno indicato la strada maestra da perseguire: quella di accompagnare la cura educativa alle cure mediche nel trattamento dei minori insufficienti mentali. La dizione “pedagogia speciale” e le sue vie di sviluppo, si affermano in Italia nella seconda metà del 900 quando nel 1964 la materia viene introdotta dallo psicologo e pedagogista Zavalloni, sostituendolo al termine “pedagogia emendativa”, utilizzata da de Sanctis per parlare di educazione dell’infanzia minorata, irregolare, e al termine “pedagogia curativa” la quale intende interventi di riadattamento di “fanciulli” con disturbi del comportamento di origine fisica e mentale. A fine anni 70, l’UNESCO propone il rinnovamento dei programmi a lungo termine nel settore, proponendo di porre rimedio a certi tipi di deficienze, prevenendo il disadattamento e l’handicap di chi ne “soffre”. Zavalloni si rivolge a individui di età scolare, gli esperti dell’UNESCO riguardano tutti indistintamente. La dinamica in cui oggi si muove la pedagogia speciale è quella di offrire risposte specifiche (speciali) a problemi personali particolari in contesti di normalità e non in ambienti separati. Nonostante i propositi, anche in Italia, si tende però ad attribuire più priorità alla classificazione dei sintomi piuttosto che alle categorie dell’educazione. Uno dei compiti infatti della Ped Spe è quello di distinguere nel soggetto le componenti legate al disturbo clinico – di competenza diretta di altre discipline-ricercando tutte le condizioni utili ad annullare le barriere, cioè lo svantaggio e difficoltà conseguente alla relazione con il contesto di vita sociale e culturale. Credere nell’educabilità del soggetto significa: • sollecitare potenzialità presenti e incrementare risorse • accompagnare e sostenere la persona nella sua traiettoria esistenziale (alimentata da incapacità, competenze, stati d’animo, relazioni) • non creare situazioni di dipendenza o di assistenzialismo • credere che egli sia educabile L’approccio educativo della Pedagogia Speciale, quindi, è multidimensionale, in quanto pone l’accento sul carattere plurale dell’identità della persona e sulla conseguente molteplicità dei modi per rispondere ai suoi bisogni particolari di educazione. l’impegni è difficile in quanto ogni singolo “caso” è diverso rispetto agli altri, anche se appartenenti alla stessa categoria. Fino alle metà del secolo scorso, la cura nei confronti dei disabili ha privilegiato il modello medico e ancora oggi, in alcuni ambienti, si pensa che la minorazione sia un campo di idagine di competenza prevalentemente sanitaria.


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