pre avvento sett 34to

Prendete il Vangelo, portatelo con voi, e leggetelo ogni giorno: è proprio Gesù che vi parla.

XXXIV Settimana del tempo ordinario Pre Avvento 26 novembre 2023 Anno 11 numero 2

Chi condivide questo mio cammino può aiutarmi ad aiutare Padre Emmanuel in Senegal e Padre Paolo in Brasile che sono i destinatari delle mie attività, TEL 37 14 37 4778

Giornalino Online a cura di Vittorio Vergani per

LE RUBRICHE -Vangeli della settimana

Con la domenica 32a è iniziato il pre-avvento, cioè la preparazione all’avvento nel nostro cuore di Cristo nominato Signore della nostra vita.

Infatti il Vangelo è “vegliate “ , ci mette in avviso che si completa un anno di cammino e attesa di maturazione: maturare per riconoscerlo e maturare per iniziare un nuovo cammino. La domenica 33a è quella dove facciamo il riassunto dei nostri talenti, sono da depositare ai piedi del Signore e sono la nostra forza per affrontare un nuovo cammino.

Perché arrivare a Cristo Re non significa fare i sacramenti e abbandonare il catechismo. Anzi No! Significa invece essere pronti per una nuova preparazione ….

Segue il tempo di Natale , cioè avvento, e Natale e un breve periodo post Natale definito ordinario ma che è ancora cammino di valorizzazione del dono che stiamo vivendo: Gesù, infatti meditiamo sul battesimo di Gesù .

Finisce quando Gesù viene presentato al tempio, la candelora: la luce per illuminare le genti.

Ora siamo pronti per cercare occasioni per riflettere e ricongiungersi a Dio, è il mini tempo di Carnevale , nei bagordi cerchiamo i valori ed ecco perché il martedì grasso festeggiamo il volto santo di Gesù .

Quindi quaresima , quindi triduo, quindi tempo pasquale : Ricevuta la Pasqua ci affidiamo alla divina misericordia , poi all’ascensione, alla Pentecoste, alla Santissima Trinità, il CorpusDomini , il Sacro Cuore di Gesù , il Cuore Immacolato di Maria chiude questo lungo periodo Un lungo periodo di più di metà anno da vivere in pienezza . Farcela è da santi, provarci è più umano ed è per questo che va vissuto con spirito libero aperto a Dio. Le date di quest’anno sono

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Pre avvento 12 novembre – 2 dicembre (il 26 novembre è Cristo Re) Avvento 3 dicembre – 8 dicembre (Immacolata) - 24 dicembre Tempo di Natale 24 dicembre – 7 gennaio (Battesimo del Signore) Post Natale to –> 2 febbraio, (Candelora) Carnevale 8 febbraio -13 febbraio (Volto Santo) Quaresima 14 febbraio (Mercoledì delle Ceneri) - 28 marzo (giovedì Santo) Triduo pasquale 28 marzo-30 marzo Tempo pasquale 31 marzo (Pasqua) – 9 maggio (Ascensione ) - 19 maggio (Pentecoste) Post pasquale t.o.

20 maggio – 26 maggio (SS Trinità) - 2 giugno (Corpus Domini)- 8 giugno 209 giorni di cui 130 di tempo liturgico forte… un bel Sentiero di Vita

Domenica Prima lettura Dal libro di Ezechiele Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.

Domenica Seconda lettura Dalla lettera ai Corinzi Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi.

L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in

Domenica Dal vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

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Anno 11 numero 2

Salmo responsoriale

La Preghiera

Dal Salmo 22 Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla..

Come valutare un’esistenza, Signore, da che cosa far dipendere la sua riuscita o un cocente fallimento?

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Su pascoli erbosi mi fa riposare.

Ad acque tranquille mi conduce.

Sono importanti il successo raggiunto, il potere, i titoli, gli onori, i beni accumulati, le imprese fondate?

Oppure risulta decisivo una corretta professione di fede, un atteggiamento devoto e ortodosso, capace di grandi imprese ascetiche?

Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome.

Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici.

Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni.

L’immagine del Signore pastore del suo fedele viene accompagnata da quella dell’ospitalità nella «casa del Signore», dove c’è la garanzia della felicità e grazia senza fine.

Tu sembri avere un parere tutto tuo su ciò che è proprio determinante.

E lo fai dipendere da azioni del tutto concrete e alla portata di mano come sfamare, dissetare, vestire, alloggiare, visitare, curare…

Sì, è su questo che verremo giudicati e la nostra avventura umana apparirà degna di questo nome se avremo contribuito a soddisfare i bisogni fondamentali del nostro prossimo.

Se ci saremo fatti carico delle sue necessità, se gli avremo cercato un lavoro equo, se lo avremo liberato dalle catene, dalle dipendenze, dalle servitù, ma anche dagli stracci, della penuria, di tutto ciò che in lui umilia il tuo volto.

Il Re dei piccoli. La festa di Cristo, Re dell’universo, conclude come sempre l’anno liturgico, volgendo lo sguardo al compimento dell’azione salvifica di Dio nella storia. Gesù Cristo, solidale con la vicenda umana e in relazione unica come Figlio con Dio, è il protagonista di questa avventura, iniziata con la creazione e che con la vittoria sulla morte arriva al suo esito finale. La liturgia della Parola segue lo snodarsi di questa misteriosa azione di Dio nella storia attraverso l’immagine suggestiva del «pastore». Dio è pastore e guida del suo popolo, ne ha cura e lo custodisce (prima lettura). Gesù Cristo si rivelerà il pastore-giudice che metterà allo scoperto la verità di ciascuno in base alle sue relazioni giuste e solidali (vangelo). Alla fine dei tempi, Dio si rivelerà Signore universale in Gesù risorto, ogni cosa sarà in comunione con lui e «Dio sarà tutto in tutti» (seconda lettura).

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Sono 13 anni, 4284 riflessioni che ho condiviso sul mio blog.

Qui ho selezionate 4 fatte il giorno di Cristo Re: il desiderio di far parte del regno di Dio, di svilupparlo in me, di incoronare personalmente Dio e quindi metterlo al primo posto La illusione di cercare sicurezza in cose che non possono offrirla ci conduce inevitabilmente a preoccuparci, ad affannarci, ad essere ansiosi e angosciati.

Ma cosa sono queste cose? Sono quelle non essenziali per la vita, ma che l'incertezza del futuro ci fa erroneamente percepire come indispensabili. Al punto che spesso non ci rendiamo conto di come ci riempiamo di materialità e di cose superflue.

Un altro aspetto su cui è necessario riflettere riguarda la scelta delle priorità: quali sono i bisogni primari della vita? Quali sono le cose che alimentano la vita ma non costituiscono la vita stessa? E quali sono invece quelle esteriori che servono solo a creare un'immagine di noi stessi, trasformandosi spesso in una maschera?

La preoccupazione che scaturisce da ciò dipende dall'immagine che abbiamo di Dio: è un Dio che ci ha semplicemente collocati sulla terra, abbandonandoci al nostro destino, o è piuttosto un Dio Padre che, dopo averci creati, non ci abbandona, come accade per tutta la creazione, dagli animali alla natura che vive con semplicità e senza eccessive preoccupazioni?

Nel primo caso, ci ritroveremmo ad essere pagani, credenti in un Dio Io o un Dio terrestre e materiale, un idolo. Nel secondo caso, siamo cristiani consapevoli che Dio ama innanzitutto ciò che ha creato.

Questa scelta deriva da una ricerca interiore: cosa è veramente importante nella nostra vita? Il necessario per sopravvivere o la relazione con Dio? Il digiuno, inteso come liberazione dal superfluo, crea spazio nel nostro cuore, offrendo a Dio l'opportunità di agire.

Ma in cosa opera Dio, se non in una vita serena basata sulla fraternità? È in questa serenità che ci rendiamo conto di crescere, non più in senso puramente materiale, ma come un miglioramento qualitativo della vita. Aggiungiamo così tempo alla nostra esistenza: la frenesia rallenta, la visione della vita diventa più chiara e ci sentiamo appagati, come se stessimo vivendo più a lungo.

Chi si affanna dietro alla materialità, ancor peggio dietro al superfluo fino a farne un motivo di angoscia se non lo raggiunge, consuma il proprio tempo inutilmente. Al contrario, chi vive l'essenzialità del rapporto con Dio e con gli altri in funzione di Dio, sperimenta una vita significativa. È, in fondo, una questione di fede: credere in Dio significa metterlo al primo posto nella vita e gioire per ciò che si riceve oggi. In questo modo, l'ansia per il domani svanisce, poiché si organizza sempre in funzione di Dio, per quello che dona oggi e per la serenità di domani.

(Cristo Re 2019)

Chi sta alla porta? Colui che desidera condividere il suo tempo con noi. Cenerò con lui ed egli con me, quindi colui che ci vuole bene.

Come riconosciamo chi ci vuole bene? Depone le sue vesti, manifesta la docilità dell'umiltà, un'umiltà che si offre al nostro servizio. È così che riconosciamo l'amore, non giunge per imporre, ma per servire, e vuole servirci perché desidera il nostro bene.

Al punto che, prendendo un asciugatoio, se ne cinge, ossia si incorona del potere di servire. Infatti, chi entra per regnare solo per proprio interesse, indossa la corona del potere in modo evidente e ci ordina di servirlo.

A questo punto comprendiamo cosa significhi il regno di Dio: è un regno di chi ama, desiderando vedere la gioia negli altri. Osserviamo bene, allora, chi aspira a incontrare un tale individuo? I poveri, coloro che non hanno, sono quelli che attendono di trovare qualcuno che ami farli gioire.

Questo non significa semplicemente darci una moneta per procurarci la gioia momentanea di un pasto, ma amarci al punto di dedicare la propria vita a noi, servendoci con tutto ciò che possiede.

Dio ha iniziato proprio così: essendo tutto, con la creazione del mondo ci ha donato tutto. Non avendo ancora compreso appieno il significato di "tutto", ci ha offerto anche la resurrezione, ovvero la salvezza eterna.

Se uno così bussa alla mia porta, lo incorono personalmente Re. A quel punto, tutto diventa chiaro: il regno di Dio è tra noi, basta aprirgli quando egli bussa. Cristo Re 2017 Pagina 4

Ognuno ha dentro di sé una parte migliore, che non è sempre quella che esprimiamo apertamente. È un aspetto intrinseco a noi stessi: chi sta fuori può intuirlo, ma è in noi che risiede il meglio di ciò che mostriamo. La persona buona, quella religiosa, la persona caritatevole, il volontario, il benefattore... tutti esprimono con le proprie azioni ciò che riescono a far emergere da dentro di sé. Tuttavia, spesso si trovano ostacolati nel dimostrarlo completamente.

Prendiamo ad esempio il benefattore: dentro di sé nutre il desiderio di donare tutto a tutti, ma l'ostacolo dato dai ladri, dai furbi, dai falsi poveri, lo rende cauto. Così decide a chi dare, ma il dover prendere decisioni diventa già un limite alla sua virtù. Anche i religiosi, pur possedendo una grande forza interiore, non sempre riescono a condividerla completamente. Vengono contestati, ignorati, e così molte delle loro virtù rimangono custodite in loro stessi.

Dentro di noi si manifesta quindi una tensione tra il desiderio di fare e la capacità di farlo, una tensione che spesso impedisce lo sviluppo pieno delle nostre potenzialità. Vorremmo tanto esprimere e condividere quel regno che giace nascosto o trattenuto.

Ecco perché, quando cerchiamo il meglio della vita, lo cerchiamo innanzitutto dentro di noi. Quando riusciamo a raggiungere una nuova vetta, ci sentiamo felici, come se fossimo stati incoronati re. La vera preghiera rivolta a Dio diventa quindi: "Ti prego, Signore, sviluppa in me il tuo regno interiore". Se il nostro meglio si sviluppa in noi, abbiamo già raggiunto il Regno di Dio. Cristo Re 2013

Viviamo su questa terra e ognuno di noi aspira a esserne il re. I nostri egoismi, le nostre passioni, i nostri desideri, le nostre arroganze sembrano dover trionfare per incoronarci sovrani. Ma sorge spontanea una domanda: può questo essere veramente amore? Possiamo ridurre l'amore al nostro personale trionfo?

La risposta è un netto no. La vera vittoria dell'amore è, infatti, quella di lasciarsi vincere. Diventiamo veri re quando ci permettiamo di essere sconfitti. Tuttavia, come possiamo guardare al mondo come sovrani se alla fine risultiamo essere re sconfitti?

La chiave di lettura sta nel giudizio che diamo alla nostra storia e agli eventi che la compongono. Il giudizio non si basa su ciò che facciamo, ma su ciò che rappresentiamo nella trama della storia.

Credere nell'amore quando siamo viziati e coccolati è facile, ma la vera fede nell'amore emerge quando sembra che l'amore stesso sia stato distrutto, che sia morto. Questa fede è, appunto, un giudizio: non un giudizio sulle nostre azioni, ma su ciò che rappresentiamo nella storia.

Credere in Dio quando compie miracoli è alla portata di tutti, ma credere che Dio possa farsi crocifiggere per amore richiede autentica fede. Solo il giudizio sugli eventi, su tutto ciò che segue la crocifissione, ci fa comprendere che è la fede a regnare, non noi.

In pratica, dobbiamo accettare che Lui regni dentro di noi, proprio come accade per chi ama: è necessario accettare che sia l'amore a regnare in noi. E se l'amore regna, diventiamo sudditi, significa la morte delle nostre passioni. Non ci interessa più regnare in questo mondo, ma piuttosto ascoltare la voce dell'amore e seguirlo per far parte del regno dell'amore, del regno di Gesù. Cristo Re 2011

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XXXIV Settimana del tempo ordinario Pre Avvento

Anno 11 numero 2

Lunedi Dal vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».

Chi è Dio per noi Può essere il superfluo della nostra vita oppure può essere tutto della nostra vita al punto di diventare un solo corpo con lui Se lo riteniamo superfluo allora gli daremo solo il nostro superfluo perché non abbiamo di essere un tutt’uno con lui ma ognuno per suo conto ….

Se riteniamo di essere tutt’uno allora ci doneremo a lui sicuro che sarà lui a indicarci come e dove essere con lui.

Questa è la fede di chi sa di essere solo un piccolo ciottolo ma si affida tutto a Dio con il solo pensiero di trovarsi lì dove Dio ci metterà i fatti Dio cosa farà di noi ?

“Quando ti serve una pietra per la tua costruzione prendi il primo ciottolo che incontri lo guardi con infinita tenerezza e lo rendi quella pietra di cui hai bisogno. Cosa farai di questo ciottolo che sono io? importante è trovarmi ogni giorno la dove tu mi metti”

Martedì Dal vangelo secondo Luca In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare.

Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

La nostra casa Quale è questa casa ?

Se leggiamo i vangeli troviamo la risposta Giovanni è molto chiaro “in principio era il verbo” Se leggiamo genesi “in principio Dio creo’….Dio disse….”

La nostra casa è proprio quel principio, quella origine “Coloro che credono nel nome di Cristo ricevano una nuova origine come origine propria. La fede dona una nuova nascita : si entra nell’origine di Gesù Cristo: rinasciamo da Dio “. Cito Ratzinger Il nostro cammino natalizio parte proprio da questo comcetto: andiamo incontro alla nostra origine Pagina 6

XXXIV Settimana del tempo ordinario Pre Avvento

Anno 11 numero 2

La casa Una dei concetti più importanti è quello di non eleggere i beni materiali come nostri idoli ma anche come luoghi e cose che ci proteggono. Vorrebbe dire che viviamo per il nulla, visto che con la morte scomparirà tutto dalle nostre mani.

E’ come il pellegrino che partendo da casa sua pensa che ogni luogo che passa sia suo invece di essere solo luoghi di passaggio.

La nostra casa è quella di partenza e che sarà poi quella di arrivo al nostro ritorno.

La vita è un pellegrinaggio, ci portiamo dietro la nostra carta di credito per pagare gli alberghi dove dimoriamo quella notte. Ecco perché ogni giorno è diverso , perché ogni giorno siamo in un albergo diverso. Il Pellegrino che si ferma e pensa che l’albergo sia suo…. Non fa che sprecare denari e non arriverà mai.

E se non arriva …. Non torna neppure a casa. In pratica da Pellegrino diventa un vagabondo. Un clochard che brancola sempre di più nel buio, perché più passa il tempo più spreca denaro cioè i suoi talenti e più la candela si spegne sino a che non saprà più nemmeno dove sta andando.

Chi arriva alla fine del pellegrinaggio invece spegne pure la lampada , perché sarà pieno giorno , pieno sole. Incontrato Dio nella sua vita , a questo punto tornerà a casa , quella da cui era partito .

Stiamo tutti vivendo un grande cammino in funzione di una vita eterna abbracciati da Dio .

Cosa vedremo alla fine del pellegrinaggio ?

Come dicevo secondo me la vita è un pellegrinaggio ma il fine ultimo non è il luogo santo in cui ci stiamo recando ma è il tornare a casa.

E la casa non sono i luoghi del pellegrinaggio ma è il luogo di partenza , quindi il luogo ante nascita terrena .

Ricordati uomo che poveri eri e polvere ritornerai .

Allora ci sono due momenti importanti.

Lo scopo del pellegrinaggio e la nostra casa di partenza .

Il pellegrinaggio non lo facciamo al buio ma alla luce di una lampada, la parola di Dio .

E non lo facciamo da soli ma grazie alla testimonianza dei profeti, degli apostoli, dei santi . Tutte persone che testimoniano la promessa di Dio . E la promessa più importante è che stiamo con lui.

Quindi noi tutti camminiamo per arrivare a stare con lui.

Ma il primo luogo che raggiungeremo è il fine del pellegrinaggio. In quel luogo ci verrà sostituito la lampada della parola con il raggio di Dio. Li non sarà luce riflessa ma luce diretta. Un raggio che ci farà pregustare la luce eterna , quella completa che trasformerà il nostro corpo , anzi trasfigurerà il nostro corpo nella luce dell’anima . La resurrezione .

La vita è partita dalla luce del creato e tornerà alla luce del creatore .

A un certo momento vedremo il raggio che ci indica la nostra casa vera .

Il cammino è illuminato dalla parola e dai testimoni La resurrezione eleva il corpo ad essere anima atta a essere abbracciata da Dio. Pagina 7

XXXIV Settimana del tempo ordinario Pre Avvento

Anno 11 numero 2

Mercoledì Dal vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Ogni viaggio in mare ha bisogno di un timoniere Ecco che il nostro cammino di questi giorni pre avvento hanno bisogno di aver ben chiaro in mente dove vogliamo andare.

Se è un avvento fatto di lucine e regali ….il timoniere sarà la tv, la pubblicità, Amazon……

Se invece l’avvento che vogliamo è un avvento di luce vera, allora dobbiamo affidarci a chei questa luce la creo’ Ecco che l’affidamento a Dio è importante , perché proprio i giorni prima dell’avvento possono far prendere la strada giusta .

Una nave senza timoniere va alla deriva. Affidarsi a Dio è la scelta giusta .Un ripasso della genesi per scoprire la promessa di Dio è determinante . E’ la carta nautica migliore .

Ecco che leggere quella carta ci porta la gioia di vedere il progetto di Dio. Per ora sarà lui il timoniere in attesa “avvento” che sarà Gesù con la croce a guidare la nostra barca.

Un cammino gioioso ci sta aspettando , importante cominciarlo con il timoniere giusto

Il mare In senso spirituale è visto come un luogo pericoloso Il nulla che vedi, le onde che ti fanno ballare e non puoi domarle, i venti che ti spingono dove vogliono, la profondità buia di un naufragio …… è il simbolo da cui uscire, da cui essere salvati .

Ed è anche la grande occasione di testimoniare che tipo di marinaio si è.

I guai che ci succedono determinano le nostre reazioni .

Paura e lasciarsi andare ? Oppure resistenza, perseveranza, fede, e persino gioia nel doversi misurare .

Chi naviga con Gesù a bordo , sa che ogni cosa ha il suo tempo . Navigare veloci pur di arrivare ……spesso fa finire contro gli scogli . Navigare pazienti e lenti…… spesso ti fa scarrocciare cioe’ fa finire fuori rotta . Navigare con fede, mantenere gli occhi sul sestante, sulle carte nautiche, correggere la rotta prontamente , cioè fede, Cristo , parola di Dio , conversione ci porteranno al posto giusto. Quindi pre-avvento significa preparare gli strumenti e diventare testimoni di essere naviganti e non avventurieri .

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XXXIV Settimana del tempo ordinario Pre

Giovedì Dal vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

False sicurezze "Ma chi ci ha detto che domattina ci sveglieremo? È una totale falsa sicurezza pensare che siccome vado a letto sano mi sveglierò certamente. Sono stati tanti i terremoti, gli infarti, gli scoppi di una vena che hanno demolito nel corso dei secoli questa sicurezza. Ma questo vale per tutto. Il problema è essere sicuri: ma sicuri di cosa? L'unica sicurezza vera sarebbe la vita eterna. Il resto è tutto che passa. Passano anche le sicurezze mentali: e sono tante le separazioni, gli amici traditi, le ambizioni infrante, le morti di un caro, e quanto altro è risultato come una sicurezza effimera?

Il mondo intero è nato dal caos: big bang, genesi, ambedue sono scientificamente o religiosamente solo un passaggio dal caos primordiale all'ordine delle cose. Ma questo ordine non è mai stato definitivo. Non è sicuro nemmeno il cosmo con tutte le sue comete che si scontrano o i suoi soli che si spengono. E noi sulla terra siamo meno sicuri ancora, con la morte che ci incombe con sicurezza.

Ecco una sicurezza vera: la morte. Sicuramente moriremo. Quindi concentriamoci sulla morte, esaminiamo quella e viviamo tenendo presente che tutto gira intorno alla morte, unica sicurezza.

E allora comincia a svelarsi il perché del caos, il perché della vita, il perché del tempo senza fine…

Ma come, il tempo non finisce mai, mentre la vita finisce?

Ecco un'altra sicurezza: il tempo non finisce mai… Quindi come far convivere tempo eterno con morte? È proprio la morte la risposta: la morte come puro passaggio della vita, passaggio obbligato ma sempre e solo passaggio. E allora se è il tempo eterno l'unica sicurezza, tanto vale vivere per il tempo e non per la morte.

Cosa significa vivere per la morte? È quello che facciamo noi, facciamo cose che non servono a nulla nell'immediato se non le raffrontiamo con il valore nel tempo, e così vivendolo solo nell'immediato lo rendiamo inutile. Vivere per il tempo significa dare valore ad ogni cosa e quindi anche persona come parte del tempo eterno e partecipe alla vita del tempo eterno. Valorizzare il tempo ci porta allora a vivere bene, non affidandoci più a sicurezze slegate dal tempo.

Valorizziamo tutto e viviamo bene. E se valorizziamo: amiamo, solo l'amore infatti valorizza.

Quindi anche noi stessi siamo amati e quindi valorizzati.

Passo dopo passo si arriva a capire che la sicurezza del tempo è la sicurezza dell'amore sincero. Vivendo amando abbiamo la sicurezza di come vivere per essere eterni."

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Anno 11 numero 2

XXXIV Settimana del tempo ordinario Pre

Giovedì Dal vangelo secondo Matteo In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Parole di Gesù: "Seguitemi e vi farò pescatori di uomini". Cosa dobbiamo fare della nostra vita?

Vivere unicamente per noi stessi, venire al mondo, cercare il benessere personale e poi morire nel miglior modo possibile? Ma quale sarebbe il senso di tutto ciò? Perché nasciamo, se solo per morire? La vita è soltanto un breve momento di desiderio di benessere?

In realtà, no. Noi viviamo per intraprendere un cammino. La vita terrena è un percorso che non dovremmo affrontare da soli; lo facciamo con una guida, e questa guida può solo essere l'amore.

Tuttavia, non è un amore rivolto a noi stessi, ma piuttosto un amore dedicato al prossimo. Ecco il significato del percorso della vita: seguire la guida dell'amore per diffondere l'amore stesso tra gli altri. Gesù ce lo comunica chiaramente: "Seguitemi e vi farò pescatori di uomini".

Venerdì Dal vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».

Il segno del regno di Dio Con la fine dell’anno , del tempo ordinario, dove abbiamo vissuto giorno per giorno con Gesù, ora Dio sollecita la nostra intelligenza: Nei vangeli ultimi dell’anno Gesù ci racconta tutta una serie di segni negativi di come il mondo possa crollare su se stesso, ma appunto aguzzando la mente, rileggendo i racconti apocalittici, possiamo vedere tutti i segni nella vita di ogni giorno. Gesù ci dice di guardare il fico , ma in questo caso chiediamoci se non significa di guardare noi e la nostra storia, in mezzo alla storia del mondo presente. Trasformiamo quei terremoti ecc in momenti nostri quando ci allontaniamo da Dio .

Ecco che il segno del regno di Dio è proprio chiaramente scritto “è vicino” sta a noi saper leggere i segni e operare di conseguenza.

La morte esiste solo se non viviamo la vita nel segno di Dio .

La fine dell’anno liturgico esiste solo se nin abbiamo vissuto il cammino con Gesù.

Da cui l’avvento è L’ apoteosi del nostro cammino. Ora sappiamo leggere i segni e ora sappiamo dove andare e quindi la vita prende la svolta …..

Capire che Dio vuole solo vederci felici.

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Anno 11 numero 2

XXXIV Settimana del tempo ordinario Pre

Domenica inizia l’avvento: è innanzitutto un cammino di fede.

Cioè se non ho fiducia in Dio perché non lo riconosco allora sarà un cammino di lucine e consumismo , un modo di fare festa .

Ma chi ha fede innanzitutto capisce che la prima fede è quella che Dio ha in noi : la fedeltà di Dio arriva prima della nostra fede.

L’uomo spesso è parecchio stolto a non riconoscere la creazione del mondo come atto di Dio, e lo dimostra ogni volta che l’uomo ricasca nel proprio caos: guerre , egoismo, consumismo sono tutte fonti di un uomo arrogante che pensa di fare da solo. Risultato? è sotto gli occhi di tutti.

Ma è proprio a causa di questa assurda cecità che Dio mantiene sempre viva la terra.

Gli uomini con i loro disastri passano, la terra no, anzi si evolve proprio grazie a questi disastri . E qui si vede di nuovo la mano creatrice di Dio . Sembra che a lui passato , presente, futuro non esistano , cioè non si lascia influenzare dal passat che fonde nel progetto futuro operante oggi. Concetto difficile la visione di eternità: a pensarci bene se sei eterno non c’è alcuna valorizzazione del tempo e tantomeno dello spazio. Tutto è fuso…e la nostra mente fa fatica a capirlo .

Ma vediamo nel nostro piccolo , la fedeltà, la pazienza, l’amore che sono il motore dell’attesa di Dio .è l’amore il futuro di Dio nel mondo .

Abbandonarsi a quell’amore è la unica e vera salvezza nostra.

Ecco che il nostro cammino deve essere condotto da una mente moderata. Non dobbiamo stare lì con il calendario dell’apocalisse in mano, come se domattina dovesse finire tutto,e non dobbiamo neppure essere così rilassati che non verrà mai . Dobbiamo essere diligenti nel vivere La venuta di Dio nella nostra vita in ogni momento .

Ecco che il Natale , che sappiamo bene è una festa creata dall’uomo su una antica festa pagana, diventa la occasione per rivedere questi concetti .

L’avvento sarà determinante per comprenderli e questi ultimi giorni di preavvento sono la preparazione alla virata del giro di boa

Alleluia Arriva il Natale ,alleluia a pensandoci bene l’alleluia è nel momento stesso che mi incammino.

L’avvento è tutto un alleluia , ogni passo ti avvicina al Signore che nasce in per con noi .

A questo punto L’ alleluia è anche il solo sintonizzarsi su Dio. Sant’Agostino va oltre e dice alleluia ogni passo del padre nostro , riconoscere che le nostre richieste sono continuamente avvenute come doni continui .

Ma il grande alleluia è quando finiamo di essere ansiosi e cominciamo a sentire serenità, tranquillità di essere con Dio.

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Anno 11 numero 2

XXXIV Settimana del tempo ordinario Pre

Sabato Dal vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Ma quando arriva il Natale ?

Mi sa che abbiamo preso un abbaglio: arriva il 25 dicembre Perché ….è già passato il 25 dicembre di quell’anno zero.

Quindi non arriva il 25.

Sembra che noi uomini ci fossilizziamo sugli step.

Prima domenica di avvento, 6 dicembre san Nicola, 8 dicembre immacolata, 13 dicembre Santa Lucia, 24 dicembre vigilia……e così via .

E che dire degli step settimanal: la domenica A guardare bene per paura di perdere il treno…… vegliamo in continuazione.

Ma alla fine diventa una abitudine e non più un vegliare …. Dormo dal lunedì al sabato e domenica veglio…..e così con le feste comandate.

Gesù c’è lo ricorda……occhio che arrivo come fanno i ladri….quando meno te lo aspetti e allora saranno i tanti guai che abbiamo letto in questa settimana pre-avvento ultima dell’anno.

E se fosse già arrivato e vive in pianta stabile in noi?……che tempio c’è dentro di noi?….

Credo che un esame di coscienza c’è da fare E forse è proprio lì che comincia il dialogo cioè la preghiera con Dio .

Non tanto per vegliare e prepararsi ma per chiedere “Signore abiti in me, aiutami”

Comincia domani un anno nuovo. Ci sono infatti due tipi di anno. Quello della società civile inizia il 1 gennaio e il giorno prima ha sparato via quello vecchio. È quello dello spirito che ha inizio con la prima domenica di avvento, la domenica precedente ha festeggiato Gesù come re del proprio cuore. Una prospettiva diversa si apre. La prima giornata di avvento è spettacolare per chi vede in questo dono annuale la continua possibilità di rigenerarsi, una nuova occasione di aprire il cuore allo spirito e di costruire una casa nuova, accogliendo pace e amore. Messia, Cristo: colui che aspetto e che mi salvi: Gesù. Cosa possiamo desiderare di più? Che sia figlio di Dio, cioè la Verità: perché vivo, per chi vivo, che senso devo dare a questa vita? Questo sarebbe il messaggio migliore da ricevere. Che sia quindi un nuovo inizio, perché come sta scritto nel libro della vita: siamo stati creati per amare. Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Vangelo di Marco 1,1. Una frase, un programma di vita.

Buon anno nuovo.

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Anno 11 numero 2 Il paganesimo della Roma imperiale con tutte le seduzioni e le lusinghe della sua brutale sensualità avvolgeva con funeste ed insidiose spire il popolo ebreo, che attendeva con fede incrollabile l'Emmanuele, colui che sarebbe stato la salvezza d'Israele. Ed ecco squillare nel deserto della Giudea la voce ammonitrice del Battista, che chiamava i popoli alla penitenza, perché il Messia promesso da Dio era per apparire.

Attratto dalla sua ispirata parola, Andrea, pescatore di Betsaida, divenne suo discepolo.

Allorché il Battista, vedendo passare il Messia, gridò agli astanti: « Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo », Andrea era presente e segui Gesù Cristo con un suo compagno.

Il Redentore, appena si accorse dei due, si rivolse a loro e disse: « Chi cercate? ». « Maestro, risposero quelli, dove abiti? ». « Venite e vedrete », rispose Gesù.

Ed andarono quei fortunati discepoli, e videro non solo la semplice abitazione del Salvatore, ma furono così bene istruiti che si convinsero d'aver trovato veramente il Messia, come aveva loro annunciato Giovanni.

Un altro giorno Gesù vide Andrea mentre con Pietro suo fratello pescava nel mare di Galilea e disse loro: « Venite dietro di me e vi farò pescatori di uomini »; e quelli lasciate le reti lo seguirono. Da quel giorno il nostro Apostolo non abbandonò più il suo Maestro.

Venuto il giorno della Pentecoste, Andrea ripieno di Spirito Santo andò ad annunciare il nuovo Messia fra i popoli. Passò nella Frigia, nell'Epiro e nella Tracia dovunque le genti accorrevano per ascoltarlo.

Proseguendo il suo apostolato fra pericoli ed ostacoli senza fine, giunse a Patrasso in Acaia, ove sparse in abbondanza la dottrina di Cristo. Ma a contrastare la sua attività sorse il superbo console romano Egea che, geloso del potere e timoroso di spiacere all'imperatore, cominciò a perseguitarlo.

Il Santo non cedette, ma rivoltosi a quel prepotente pagano gli disse: « Tu che sei giudice degli uomini, sappi che sarai il ludibrio del demonio, se non riconosci in Gesù il giudice di tutti ». Preso da sdegno Egea lo fece rinchiudere in un tetro carcere e condannò il grande Apostolo ad essere crocifisso. Somma gioia provò allora Andrea, che alla vista della croce esclamò: « Oh! buona croce, nobilitata dal contatto delle membra del Signore, da me desiderata, amata e lungamente ricercata! toglimi di mezzo agli uomini e Glorioso Sant'Andrea, per quelle generosa rendimi al mio Maestro, affinché per tuo mezzo mi prontezza con cui vi deste a servire Gesù Cristo riceva, Egli che in te mi redense! ». Avvinto al rozzo e per quello zelo con cui a lui conduceste il volegno per due giorni spasimò tra atroci dolori, esalstro fratello Pietro, otteneteci di ascoltare semtando il Signore e predicando Gesù Cristo al popolo. pre le divine ispirazioni e di essere sempre zePoi la sua bell'anima volò in Paradiso a ricevere la lanti nella testimonianza della fede. Quante duplice corona di martire e d'apostolo.

La tradizione vuole che Andrea sia stato crocifisso su fatiche sopportaste, glorioso Sant'Andrea per una croce a forma di X detta Croce decussata che suc- annunciare il Vangelo di Gesù e far conoscere il cessivamente prenderà il nome di "Croce di Sant'An- messaggio della salvezza ai popoli pagani! Otdrea"; questa venne adottata per sua personale scelta, tenete anche a noi di cercare sempre la Verità dal momento che egli non avrebbe mai osato eguain Dio malgrado tutte le persecuzioni di questo gliare il Maestro nel martirio. mondo. Ed infine, con quale allegrezza abbracSant’Andrea è il patrono dei pescatori, non solo perciaste quella croce sulla quale dovevate essere ché praticava il mestiere ma anche perché fu colui che confitto, e con quale eroismo ne sopportaste i davanti alla folla affamata, indicò a Gesù il fanciullo tormenti! Dateci la grazia di accettare con che portava i cinque pani d’orzo e i due pesci, che umiltà le contrarietà e le prove della vita prevennero poi utilizzati nel miracolo della moltiplicaziosente, per assicurarci così i beni eterni del Pane. radiso. Amen. Gloria al Padre.

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Anno 11 numero 2

NOVENA IMMACOLATA CONCEZIONE

Inizia il 29 novembre «Dobbiamo pregare molto la Beata Vergine Maria, l’Immacolata Concezione, la cui missione è di schiacciare la testa del serpente. Satana si spaventa alla sola menzione dell’Immacolata Concezione. Appena le cose non vanno bene, appena sentite un cattivo umore, una rivolta dentro di voi, dite: O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi. Dobbiamo anche invocare la Beata Vergine sotto il titolo di Regina degli Eserciti Celesti: O Maria, Generalissimo degli Eserciti Celesti, proteggici.»

Padre Giovanni Gregorio della Trinità

Primo giorno Eccomi ai Tuoi sacri piedi, o Vergine Immacolata; mi rallegro molto con Te che sei stata scelta da tutta l’eternità per essere la Madre del Verbo eterno, e preservata dalla macchia originale.

Ringrazio e benedico la Santissima Trinità, che Ti ha arricchito di questi gloriosi privilegi nel giorno della Tua Concezione; e Ti prego umilmente di ottenere per me la grazia di trionfare sui tristi effetti che il peccato originale ha prodotto in me. Possa io, per tua intercessione, riuscire in questo e non smettere mai di amare il mio Dio! 3 Ave Maria…

Sia benedetta la Santa e Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria!

Secondo giorno

O Maria, giglio immacolato e splendente di purezza, mi rallegro con Te che, dal primo momento della Tua Concezione, eri piena di grazie e dotata del perfetto uso della ragione. Ringrazio e adoro la Santissima Trinità, che Ti ha abbellito con doni così sublimi; e mi confesso davanti a Te, vedendomi così carente di grazie. O Tu, che sei stato così pienamente riempito di favori celesti, degnati di comunicarne qualcosa alla mia anima, e rendimi partecipe dei tesori della tua Immacolata Concezione.

3 Ave Maria…

Sia benedetta la Santa e Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria!

Terzo giorno O Maria, rosa mistica da cui si sprigiona un profumo di purezza, mi rallegro con Te del glorioso trionfo che hai vinto sul serpente dell’inferno nella Tua Immacolata Concezione, e del fatto che sei stata concepita senza la macchia del peccato originale. Ringrazio e lodo, con tutto il mio cuore, la Santissima Trinità per averti concesso un così bel privilegio; e ti prego di ottenere per me la forza di trionfare su tutte le insidie dello spirito nemico, e di non contaminare la mia anima con il peccato. Ah, sii sempre il mio aiuto, e con la Tua protezione possa essere sempre vittorioso sui nemici comuni della nostra salvezza.

3 Ave Maria…

Sia benedetta la Santa e Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria!

Quarto giorno

O Vergine Maria, specchio di purezza senza macchia, sono pieno di gioia nel vedere che dal primo momento della tua concezione le virtù più sublimi e perfette furono infuse in te con tutti i doni dello Spirito Santo. Ringrazio e lodo la Santissima Trinità per averti decorato di tutti questi privilegi; e ti prego, o Madre di bontà, di ottenere per me la grazia di praticare le virtù sul tuo esempio, e di rendermi degno di ricevere i doni e le grazie dello Spirito Santo.

3 Ave Maria…

Sia benedetta la Santa e Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria!

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Anno 11 numero 2

Quinto giorno

O Maria, Stella splendente di purezza come la luna in piena notte, mi rallegro con Te che il mistero della Tua Immacolata Concezione ha mostrato all’umanità i primi barlumi della sua salvezza, e dato gioia al mondo. Ringrazio e benedico la Santissima Trinità per averti così magnificamente glorificato; e ti prego di ottenere per me la grazia di saper trarre profitto dai frutti della passione e morte di Gesù, tuo Figlio, affinché, lungi dal rendere inutile il sangue che ha versato per me sulla croce, io possa trarne una vita santa e la salvezza eterna.

3 Ave Maria…

Sia benedetta la Santa e Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria!

Sesto giorno

O Maria, Stella splendente di purezza senza nube né macchia, mi rallegro con Te che la Tua Immacolata Concezione ha deliziato tutti gli Angeli del cielo. Ringrazio e benedico la Santissima Trinità per averti onorato di un tale favore, e ti supplico di farmi partecipare un giorno a questa gioia celeste, per poterti lodare e benedire, in compagnia degli Angeli, nell’eternità.

3 Ave Maria…

Sia benedetta la Santa e Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria!

Settimo giorno

O Maria, l’alba neonata di ogni purezza, sono con Te nella gioia e nell’ammirazione alla vista di questo primo momento della Tua Immacolata Concezione, in cui la Bontà Divina Ti ha confermata nella grazia e resa impeccabile; ringrazio ed esalto la Santissima Trinità per averti distinto, sola, da tutte le creature per questo singolare privilegio: O Vergine santa, ottieni per me la grazia di aborrire il peccato, di odiarlo più di tutti gli altri mali, e di preferire morire piuttosto che offendere Dio. 3 Ave Maria…

Sia benedetta la Santa e Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria!

Ottavo giorno

O Vergine Maria, Sole senza macchia, mi congratulo con te e mi rallegro con te che nella tua Immacolata Concezione Dio ti ha dato una grazia superiore e più abbondante di quella di tutti gli Angeli e dei Santi, nel punto più alto della loro perfezione. Ringrazio la Santissima Trinità, e ammiro la Sua infinita bontà, per averti concesso questa illustre prerogativa. Ah, fallo, Vergine Santa, affinché io corrisponda sempre alla grazia divina e non ne abusi mai: cambia il mio cuore, affinché io cominci, da questo momento, a correggermi.

3 Ave Maria…

Sia benedetta la Santa e Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria!

Nono giorno O Maria, Madre e Vergine Immacolata, luce luminosa di santità e modello di purezza, appena concepita, adorasti profondamente Dio e lo ringraziasti per essersi degnato di servirsi di te per togliere l’antica maledizione e per far piovere la più grande benedizione sui figli di Adamo: oh!

Fa’ che questa benedizione accenda nel mio cuore il fuoco dell’amore divino; incendialo con le fiamme che ti consumano, così che io possa amare Dio costantemente quaggiù, possederlo eternamente in cielo, dargli in quella beata dimora il più vivo ringraziamento per gli eccezionali privilegi che ti ha concesso; e infine abbandonarmi alla dolce gioia di vederti coronato di tanta gloria e onore, nell’alto dei cieli 3 Ave Maria…

Sia benedetta la Santa e Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria!

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Anno 11 numero 2

DEVOZIONE DELLE MILLE AVE MARIA Dal 29 novembre alla notte del 24 dicembre, questa pratica poco diffusa, aiuta ad avvicinarsi spiritualmente al Natale. Ad iniziarla è stata santa Caterina da Bologna Le mille “Ave, o Maria”. Si tratta di una devozione poco conosciuta, e diffusa da santa Caterina da Bologna, che può aiutarci a preparare bene spiritualmente il Santo Natale.

Questa devozione avviene in ricordo delle apparizioni e manifestazioni della Vergine. E prevede che, 25 giorni prima del Natale, recitiamo 40 “Ave, o Maria” al giorno.

In totale, al termine di questa pratica, avremmo recitato 1000 “Ave, o Maria”.

La devozione di santa Caterina da Bologna Fu la mistica santa Caterina da Bologna, scrive La Luce di Maria, a diffondere per prima, questa devozione.

Accadde, poi, che, nella notte del 25 Dicembre del 1445, la mistica ebbe l’apparizione della Madonna che le porgeva il Bambino Gesù. Santa Caterina lo tenne in braccio, “per lo spazio di una quinta parte di un’ora”!.

Oggi, in ricordo di quel prodigioso evento, le sue seguaci e Consorelle onorano la notte di Natale come faceva la loro predecessora.

Per i fedeli si è scelto, invece – e per comodità – di far proseguire la tradizione con la recita di 40 “Ave, o Maria” al giorno, dal 29 Novembre al 23 Dicembre (per 25 giorni, appunto).

Preghiera di inizio Avvento Siamo, Padre, davanti a te all'inizio di questo Avvento. E siamo davanti a te insieme, in rappresentanza anche di tutti i nostri fratelli e sorelle di ogni parte del mondo. In particolare delle persone che conosciamo; per loro e con loro, Signore, noi ti preghiamo. Noi sappiamo che ogni anno si ricomincia e questo ricominciare per alcuni è facile, è bello, è entusiasmante, per altri è difficile, è pieno di paure, di terrore. Pensiamo a come si inizia questo Avvento nei luoghi della grande povertà, della grande miseria; con quanta paura la gente guarda al tempo che viene. O Signore, noi ci uniamo a tutti loro; ti offriamo la gioia che tu ci dai di incominciarlo, ti offriamo anche la fatica, il peso che possiamo sentire nel cominciarlo. Questo tempo che inizia nel tuo nome santo, vissuto sotto la potenza dello Spirito, sia accoglienza della tua Parola. Te lo chiediamo per Gesù Cristo, tua Parola vivente che viene in mezzo a noi e viva qui, insieme con Maria, Madre del tuo Figlio, che con lo Spirito Santo e con te vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Carlo Maria Martini

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Angelus Cristo re

Il Vangelo della Liturgia di oggi, ultima domenica dell’Anno Liturgico, culmina in un’affermazione di Gesù, che dice: «Io sono re» (Gv 18,37). Egli pronuncia queste parole davanti a Pilato, mentre la folla grida di condannarlo a morte. Lui dice: “Io sono re”, e la folla grida di condannarlo a morte: bel contrasto! È giunta l’ora cruciale. In precedenza, sembra che Gesù non volesse che la gente lo acclamasse come re: ricordiamo quella volta dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando si era ritirato da solo a pregare (cfr Gv 6,14-15).

Il fatto è che la regalità di Gesù è ben diversa da quella mondana. «Il mio regno – dice a Pilato – non è di questo mondo» (Gv 18,36). Egli non viene per dominare, ma per servire. Non arriva con i segni del potere, ma con il potere dei segni.

Non è rivestito di insegne preziose, ma sta spoglio sulla croce. Ed è proprio nell’iscrizione posta sulla croce che Gesù viene definito “re” (cfr Gv 19,19). La sua regalità è davvero al di là dei parametri umani! Potremmo dire che non è re come gli altri, ma è Re per gli altri. Ripensiamo a questo: Cristo, davanti a Pilato, dice di essere re nel momento in cui la folla è contro di Lui, mentre quando lo seguiva e lo acclamava aveva preso le distanze da questa acclamazione. Gesù si dimostra, cioè, sovranamente libero dal desiderio della fama e della gloria terrena. E noi – chiediamoci – sappiamo imitarlo in questo? Sappiamo governare la nostra tendenza a essere continuamente cercati e approvati, oppure facciamo tutto per essere stimati da parte degli altri? In quello che facciamo, in particolare nel nostro impegno cristiano, mi domando: cosa conta? Contano gli applausi o conta il servizio?

Gesù non soltanto rifugge da ogni ricerca di grandezza terrena, ma rende anche libero e sovrano il cuore di chi lo segue. Egli, cari fratelli e sorelle, ci libera dalla sudditanza del male. Il suo Regno è liberante, non ha nulla di opprimente. Egli tratta ogni discepolo da amico, non da suddito. Cristo, pur essendo al di sopra di tutti i sovrani, non traccia linee di separazione tra sé e gli altri; desidera invece fratelli con cui condividere la sua gioia (cfr Gv 15,11). Seguendolo non si perde, non si perde nulla, ma si acquista dignità. Perché Cristo non vuole attorno a sé servilismo, ma gente libera. E – chiediamoci ora – da dove nasce la libertà di Gesù? Lo scopriamo tornando alla sua affermazione di fronte a Pilato: «Io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37).

La libertà di Gesù viene dalla verità. È la sua verità che ci fa liberi (cfr Gv 8,32). Ma la verità di Gesù non è un’idea, qualcosa di astratto: la verità di Gesù è una realtà, è Lui stesso che fa la verità dentro di noi, ci libera dalle finzioni, dalle falsità che abbiamo dentro, dal doppio linguaggio. Stando con Gesù, diventiamo veri. La vita del cristiano non è una recita dove si può indossare la maschera che più conviene. Perché quando Gesù regna nel cuore, lo libera dall’ipocrisia, lo libera dai sotterfugi, dalle doppiezze. La miglior prova che Cristo è il nostro re è il distacco da ciò che inquina la vita, rendendola ambigua, opaca, triste. Quando la vita è ambigua, un po’ di qua, un po’ di là, è triste, è molto triste. Certo, con i limiti e i difetti dobbiamo sempre fare i conti: tutti siamo peccatori. Ma, quando si vive sotto la signoria di Gesù, non si diventa corrotti, non si diventa falsi, inclini a coprire la verità. Non si fa doppia vita. Ricordate bene: peccatori sì, siamo tutti, corrotti, mai! Peccatori sì, corrotti mai. Ci aiuti la Madonna a cercare ogni giorno la verità di Gesù, Re dell’Universo, che ci libera dalle schiavitù terrene e ci insegna a governare i nostri vizi.

San Pietro Papa Francesco 20 novembre 2021

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Cari fratelli e sorelle, con questa celebrazione vespertina entriamo nel tempo liturgico dell’Avvento. Nella lettura biblica che abbiamo appena ascoltato, tratta dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi, l’apostolo Paolo ci invita a preparare la “venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (5,23) conservandoci irreprensibili, con la grazia di Dio. Paolo usa proprio la parola “venuta”, in latino adventus, da cui il termine Avvento.

Riflettiamo brevemente sul significato di questa parola, che può tradursi con “presenza”, “arrivo”, “venuta”. Nel linguaggio del mondo antico era un termine tecnico utilizzato per indicare l’arrivo di un funzionario, la visita del re o dell’imperatore in una provincia. Ma poteva indicare anche la venuta della divinità, che esce dal suo nascondimento per manifestarsi con potenza, o che viene celebrata presente nel culto. I cristiani adottarono la parola “avvento” per esprimere la loro relazione con Gesù Cristo: Gesù è il Re, entrato in questa povera “provincia” denominata terra per rendere visita a tutti; alla festa del suo avvento fa partecipare quanti credono in Lui, quanti credono nella sua presenza nell’assemblea liturgica. Con la parola adventus si intendeva sostanzialmente dire: Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli. Anche se non lo possiamo vedere e toccare come avviene con le realtà sensibili, Egli è qui e viene a visitarci in molteplici modi.

Il significato dell’espressione “avvento” comprende quindi anche quello di visitatio, che vuol dire semplicemente e propriamente “visita”; in questo caso si tratta di una visita di Dio: Egli entra nella mia vita e vuole rivolgersi a me. Tutti facciamo esperienza, nell’esistenza quotidiana, di avere poco tempo per il Signore e poco tempo pure per noi. Si finisce per essere assorbiti dal “fare”.

Non è forse vero che spesso è proprio l’attività a possederci, la società con i suoi molteplici interessi a monopolizzare la nostra attenzione? Non è forse vero che si dedica molto tempo al divertimento e a svaghi di vario genere? A volte le cose ci “travolgono”. L’Avvento, questo tempo liturgico forte che stiamo iniziando, ci invita a sostare in silenzio per capire una presenza. E’ un invito a comprendere che i singoli eventi della giornata sono cenni che Dio ci rivolge, segni dell’attenzione che ha per ognuno di noi. Quanto spesso Dio ci fa percepire qualcosa del suo amore! Tenere, per così dire, un “diario interiore” di questo amore sarebbe un compito bello e salutare per la nostra vita! L’Avvento ci invita e ci stimola a contemplare il Signore presente. La certezza della sua presenza non dovrebbe aiutarci a vedere il mondo con occhi diversi? Non dovrebbe aiutarci a considerare tutta la nostra esistenza come “visita”, come un modo in cui Egli può venire a noi e diventarci vicino, in ogni situazione?

Altro elemento fondamentale dell’Avvento è l’attesa, attesa che è nello stesso tempo speranza.

L’Avvento ci spinge a capire il senso del tempo e della storia come “kairós”, come occasione favorevole per la nostra salvezza. Gesù ha illustrato questa realtà misteriosa in molte parabole: nel racconto dei servi invitati ad attendere il ritorno del padrone; nella parabola delle vergini che aspettano lo sposo; o in quelle della semina e della mietitura. L’uomo, nella sua vita, è in costante Pagina 18

attesa: quando è bambino vuole crescere, da adulto tende alla realizzazione e al successo, avanzando nell’età, aspira al meritato riposo. Ma arriva il tempo in cui egli scopre di aver sperato troppo poco se, al di là della professione o della posizione sociale, non gli rimane nient’altro da sperare. La speranza segna il cammino dell’umanità, ma per i cristiani essa è animata da una certezza: il Signore è presente nello scorrere della nostra vita, ci accompagna e un giorno asciugherà anche le nostre lacrime. Un giorno, non lontano, tutto troverà il suo compimento nel Regno di Dio, Regno di giustizia e di pace.

Ma ci sono modi molto diversi di attendere. Se il tempo non è riempito da un presente dotato di senso, l’attesa rischia di diventare insopportabile; se si aspetta qualcosa, ma in questo momento non c’è nulla, se il presente cioè rimane vuoto, ogni attimo che passa appare esageratamente lungo, e l’attesa si trasforma in un peso troppo grave, perché il futuro rimane del tutto incerto.

Quando invece il tempo è dotato di senso, e in ogni istante percepiamo qualcosa di specifico e di valido, allora la gioia dell’attesa rende il presente più prezioso. Cari fratelli e sorelle, viviamo intensamente il presente dove già ci raggiungono i doni del Signore, viviamolo proiettati verso il futuro, un futuro carico di speranza. L’Avvento cristiano diviene in questo modo occasione per ridestare in noi il senso vero dell’attesa, ritornando al cuore della nostra fede che è il mistero di Cristo, il Messia atteso per lunghi secoli e nato nella povertà di Betlemme. Venendo tra noi, ci ha recato e continua ad offrirci il dono del suo amore e della sua salvezza. Presente tra noi, ci parla in molteplici modi: nella Sacra Scrittura, nell’anno liturgico, nei santi, negli eventi della vita quotidiana, in tutta la creazione, che cambia aspetto a seconda che dietro di essa ci sia Lui o che sia offuscata dalla nebbia di un’incerta origine e di un incerto futuro. A nostra volta, noi possiamo rivolgergli la parola, presentargli le sofferenze che ci affliggono, l’impazienza, le domande che ci sgorgano dal cuore. Siamo certi che ci ascolta sempre! E se Gesù è presente, non esiste più alcun tempo privo di senso e vuoto. Se Lui è presente, possiamo continuare a sperare anche quando gli altri non possono più assicurarci alcun sostegno, anche quando il presente diventa faticoso.

Cari amici, l’Avvento è il tempo della presenza e dell’attesa dell’eterno. Proprio per questa ragione è, in modo particolare, il tempo della gioia, di una gioia interiorizzata, che nessuna sofferenza può cancellare. La gioia per il fatto che Dio si è fatto bambino. Questa gioia, invisibilmente presente in noi, ci incoraggia a camminare fiduciosi. Modello e sostegno di tale intimo gaudio è la Vergine Maria, per mezzo della quale ci è stato donato il Bambino Gesù. Ci ottenga Lei, fedele discepola del suo Figlio, la grazia di vivere questo tempo liturgico vigilanti e operosi nell’attesa. Amen!

Benedetto XVI Vespri 2009

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Nella regione della Cisgiordania si trova la città palestinese di

Betlemme, adagiata sulle pendici dei monti della Giudea e considerata una città santa da due grandi religioni. I vangeli cristiani sottolineano che Gesù nacque in una grotta a Betlemme, mentre, per gli ebrei, la città fu il luogo in cui venne incoronato il re Davide e dove fu sepolta Rachele, una delle figure femminili più importanti della Torah.

Cosa vedere a Betlemme Campo dei Pastori: il primo annuncio della nascita di Cristo fu dato ad alcuni pastorelli che riposavano su una collina. In questo luogo sacro è stata eretta una cappella per commemorare questo episodio. Accanto al tempio c'è una grotta dove, secondo la Bibbia, ebbe luogo l'evento.

Strada della Stella: trasformata nella via più famosa di Betlemme, questo stretto viale segna il cammino fatto dai tre Re Magi che vennero da Oriente per adorare Gesù, seguendo la cometa che li guidò fino alla grotta. Le porte colorate che si affacciano sulla strada celano al loro interno botteghe e negozi di ogni genere.

Piazza del Presepe: Questa piazza centrale di Betlemme si trova accanto alla famosa Basilica della Natività ed è una delle zone più visitate della città. È frequentata durante l'anno!

Cappella della Grotta del Latte: questa cappella costituisce un altro dei luoghi sacri più famosi di Betlemme ed è costruita sopra la grotta dove Gesù, Maria e Giuseppe si nascosero per sfuggire alla strage degli Innocenti, voluta da re Erode. Il sito presenta mosaici bizantini del V secolo, anche se la chiesa attuale è del 1872.

Barriera di separazione israeliana: sebbene questa non sia un'attrazione turistica, molti viaggiatori si fermano davanti a questo grande muro di cemento alto otto metri che separa Betlemme da Gerusalemme. Le pareti sono piene di graffiti di protesta, alcuni anche del famoso artista Banksy.

Basilica della Natività Se c'è un monumento a Betlemme che attira l'attenzione di pellegrini e visitatori di qualsiasi genere, è la Chiesa della Natività, costruita sula famosa grotta di Betlemme. Le dimensioni e la decorazione interna del tempio sono davvero spettacolari e infondono una sensazione di grandezza e maestosità.

L'interno della Chiesa della Natività è illuminato dalla fioca luce delle lampade appese al soffitto. Tutto questo, sommato alle file di persone che attendono il proprio turno per visitare la mangiatoia, confermano che questa chiesa è un posto davvero speciale.

La Grotta segna il luogo in cui, secondo la Bibbia, nacque Gesù. Una pietra a forma di stella segna il punto esatto della nascita e tutti aspettano il proprio turno per poter toccare questo luogo sacro. Essendoci un continuo flusso di fedeli da tutto il mondo, nella grotta riecheggiano sempre canti e preghiera

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Sordi al dolore Il frastuono delle bombe e degli spari rende tutti più sordi e incapaci di ascoltare il dolore dell’altro.

Raccontava il card. Pizzaballa, intervenuto in video collegamento all’Assemblea Generale dei vescovi italiani, che uno dei segni più drammatici e preoccupanti dell’attuale situazione del Medioriente è la crescente indisponibilità a cercare vie di dialogo e conciliazione come alternativa alla violenza anche tra coloro che prima del 7 ottobre si dichiaravano pacifisti. Non c’è posto per la pace oggi in Israele e Palestina.

Le reazioni a qualsiasi proposta che non preveda l’annientamento del nemico viene considerata offensiva. Questo è ciò che accade anche ai parenti degli ostaggi, i quali chiedono al governo Israeliano di cercare vie di negoziazione con Hamas per riportare a casa coloro che da diverse settimane sono tenuti prigionieri. L’unica risposta prevista e concepibile ora è la guerra, la violenza, la morte, giustificate dalla violenza subita. Coloro che sostengono ipotesi diverse sono accusati di farsi manipolare da Hamas e dai terroristi.

Stessa sorte tocca a chi tenta di porsi in atteggiamento critico verso le scelte poste in atto dal governo israeliano: un’accusa di antisemitismo è il minimo che possa capitare.

Cosa può venire di buono da tanta violenza? Come potranno vivere coloro che sopravvivranno a questa carneficina? Come non potranno coltivare in sé stessi ancora più odio e desiderio di vendetta generando altra violenza?… Ma tutti questi sono pensieri a cui si sceglie di rimanere sordi.

Molti analisti sono concordi nel ritenere che la parte più estremista del governo Israeliano, quella che rappresenta i coloni che illegalmente hanno occupato il territorio della Cisgiordania, stiano vivendo questo passaggio, nonostante la tragedia del 7 ottobre, come un tempo provvidenziale. Ora che a fronte del torto subito qualsiasi violenza è giustificata (anche prima in realtà rimaneva impunita), ora che qualsiasi palestinese può essere accusato di essere un terrorista o un sostenitore di Hamas e così venire arrestato arbitrariamente o addirittura ucciso senza alcuna conseguenza penale, ora è il momento per prendersi con la forza ciò che si ritiene sia un diritto ottenere, nonostante le leggi internazionali dicano il contrario. Per questo si sta assistendo ad una violenza senza limiti e a una serie di ingiustizie che non possono essere giustificate dalla violenza subita per l’attacco del 7 ottobre.

Se tutto questo è vero (come i fatti sembrano confermare) allora c’è qualcuno che deliberatamente sceglie di rimanere sordo, portando avanti un progetto in cui la morte delle persone rappresenta solo un danno collaterale, insignificante se si tratta di palestinesi, tollerabile anche se si tratta degli ostaggi israeliani.

Come si può sostenere un progetto di questo tipo pensando di essere nel giusto? Quale legittimità può pensare di avere chi appoggia un’azione così perversa? Quale giustificazione può presentare il governo di un popolo che da vittima diviene un aggressore spietato?

Sono domande che chiunque dovrebbe avere il coraggio di porre senza necessariamente schierarsi dalla parte di Hamas, la cui violenza e il cui modo di agire è altrettanto orribile e ingiustificabile, e senza sentirsi attribuire l’etichetta di antisemita.

Ci sarà qualcuno tra i nostri capi di Stato capace di alzare la voce per vincere questa sordità e di richiamare il dovere di giustizia?

Don Andrea Turchini Pagina 22

Anno 11 numero 2 La Solennità di Cristo Re dell'Universo nella Chiesa cattolica e in altre denominazionii cristiane (gli anglicani, i presbiteriani e alcuni luterani e metodisti) indica un ricordo particolare di Gesù Cristo visto come re di tutto l'universo.

Nella Chiesa cattolica Con essa si vuole sottolineare che la figura di Cristo rappresenta per i cattolici il Signore della storia e del tempo. La storia della festa può essere fatta risalire al 1899, quando papa Leone XIII stabilì l'11 maggio la consacrazione universale degli uomini al Cuore di Gesù. Nello stesso anno il gesuita italiano Sanna Solaro scrisse a tutti i vescovi italiani perché sottoscrivessero una petizione per chiedere l'istituzione di una festa liturgica. Quarantanove vescovi aderirono alla petizione.

Una nuova supplica fu presentata a papa Pio XI dopo il Congresso eucaristico internazionale di Roma, nei primi mesi del suo pontificato, sottoscritta da 69 prelati. Nel 1923 fu presentata una terza supplica, con la firma di 340 fra cardinali, arcivescovi, vescovi e superiori generali. Nella supplica si chiedeva: «Per riparare gli oltraggi fatti a Gesù Cristo dall'ateismo ufficiale, la Santa Chiesa si degni stabilire una festa liturgica che, sotto un titolo da essa definito, proclami solennemente i sovrani diritti della persona regale di Gesù Cristo, che vive nell'Eucaristia e regna, col Suo Sacro Cuore, nella società». La domanda fu sostenuta da duecento ordini e congregazioni religiose, dodici università cattoliche e da petizioni firmate da centinaia di migliaia di fedeli in tutto il mondo. Non mancò qualche obiezione: secondo alcuni il tema di questa festa era già celebrato nell'Epifania, altri giudicavano sempre più obsoleta la monarchia come forma di governo.

Finalmente papa Pio XI stabilì la festa con l'enciclica Quas Primas dell'11 dicembre 1925, fissandola all'ultima domenica di ottobre. Dice il Papa nell'Enciclica: «E perché più abbondanti siano i desiderati frutti e durino più stabilmente nella società umana, è necessario che venga divulgata la cognizione della regale dignità di nostro Signore quanto più è possibile. Al quale scopo Ci sembra che nessuna altra cosa possa maggiormente giovare quanto l'istituzione di una festa particolare e propria di Cristo Re.» Spesso si attribuisce all'introduzione della festa anche un significato storico: nell'età del totalitarismo affermare la regalità di Cristo doveva rendere relative le suggestioni dei regimi, che pretendevano dai popoli un'adesione personale assoluta.

La data della celebrazione Originariamente la festa era l’ultima domenica di ottobre prima della solennità di tutti i santi. Dopo il Concilio Vaticano II, il Messale romano riformato, approvato dalla costituzione apostolica di Paolo VI «Missale romanum» (3 aprile 1969) la colloca all'ultima domenica dell'anno liturgico, ovvero prima delle domeniche di avvento. Il prefazio della Messa definisce quello di Cristo «regno eterno e universale, regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace».

Anche nel rito ambrosiano, la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo corrisponde all'ultima domenica dell'anno liturgico, ma - poiché l'Avvento ambrosiano, con cui comincia l'anno liturgico, è più lungo di due settimane rispetto all'Avvento romano - essa si colloca nella domenica che precede (o coincide) con l'11 novembre, festa di san Martino (l'Avvento ambrosiano inizia infatti nella domenica che segue tale festa).

In tutti questi casi, questa celebrazione è collocata in modo da favorire un collegamento teologico con il mistero della morte, vinta da Cristo, e delle realtà ultime in generale. Nella forma antica precede immediatamente la festa di Tutti i Santi e la Commemorazione dei defunti e il collegamento è sottolineato dall'epistola (Colossesi 1,12-20[3]) in cui Cristo, «capo della Chiesa», è il «primogenito dai morti»; mentre nella forma più recente chiude l'anno liturgico e il mese di novembre, dedicato ai defunti dalla pietà popolare.

Dal 2021, per volontà di papa Francesco, nel giorno in cui nel rito romano si celebra Cristo Re si celebra anche la Giornata mondiale della gioventù, che in precedenza ricorreva invece nella Domenica delle palme.

Nelle Chiese protestanti Nel calendario della Chiesa luterana la Festa di Cristo Re è inserita tra le Festività Maggiori. Nelle chiese protestanti dove la ricorrenza è celebrata essa cade, come nel rito romano, dal quale è stata mutuata, l'ultima domenica dei rispettivi anni liturgici.

La Chiese luterana e anglicana la celebrano perché la sovranità di Cristo «è principalmente spirituale, universale e sociale, benefica»

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Anno 11 numero 2

Oggi ti presento «Incoronazione di spine» di Caravaggio, del 1603 e conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Una luce diffusa e battente entra dall'alto a sinistra e rivela la scena: due sgherri, canna in mano, premono con violenza una corona di spine sul capo di Gesù che si piega docile come una canna. I tre corpi si muovono dentro a un quadrato, creando un gioco di diagonali che orienta lo sguardo dell'osservatore verso il volto sofferente, ma pacificato e mite, di Gesù. Egli indossa un mantello porpora e impugna la canna consegnatagli dai suoi aguzzini, come scettro beffardo per un re di burla. Dei due flagellatori uno indossa teli annodati sul busto e sul capo, l'altro ha il volto coperto dal suo stesso gesto di violenza: sono immagine del male che lega l'uomo, lo schiavizza e lo abbruttisce fino a togliergli dignità e identità. Il corpo di Cristo non è segnato neppure con una goccia di sangue: ha la bellezza e lo splendore del Risorto. Un terzo uomo, un cavaliere vestito come i contemporanei di Caravaggio, a stento si distinguerebbe dal cono d'ombra in cui è confinato se non fosse per il colletto bianco e per lo splendido piumaggio che gli adorna il copricapo; si appoggia pensoso a un parapetto e assiste al supplizio con sentimenti

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Anno 11 numero 2

indecifrabili. Con un semplice e sapiente accostamento Caravaggio offre una riflessione sull'ambiguità dell'uomo di fronte al male e alla solare chiarezza della verità dell'Uomo Dio: da una parte c'è un uomo armato ma indifferente di fronte all'ingiustizia, dall’altra c’è un giusto, indifeso e inerme di fronte ai suoi torturatori. Il cavaliere indifferente non partecipa attivamente alla tortura ma è colpevole tanto quanto gli esecutori: il male ha scatenato le sue forze e l'uomo è rimasto spettatore muto. Caravaggio denuncia, anche per esperienza diretta, come le conseguenze del male non si possano prevedere: una volta dato libero sfogo alle proprie passioni s'imbocca la via della violenza e della morte perché il peccato ha conseguenze e non finisce con chi lo commette, ma la redenzione sta nella logica del perdono e dell'amore che Cristo ha manifestato proprio nel corso della sua passione e morte.

Dolore e violenza sono le caratteristiche fondamentali del quadro che esprime il mistero del male, spesso una sfida alla tua mente e la tua fede. Il Merisi risponde a questa provocazione dipingendo un Dio che in Gesù fa suo il male che ogni giorno anche tu sperimenti nel mondo: il pittore crede che la bontà di Dio si manifesti, benché in maniera incomprensibile, anche nella sofferenza e nella morte.

Una bellissima definizione della Provvidenza si può trovare in Alessandro Manzoni, il quale scrive: «Dio mai turba la gioia dei suoi figli, se non per preparare loro una gioia più certa e più grande».

Imprimi nella mente questa definizione che è un capolavoro, racconta la paternità di Dio: ogni azione di Dio è orientata alla disciplina, non alla distruzione. Educare e, laddove necessario, punire un figlio costa sia al genitore che al figlio, ma tutto è finalizzato a poter vivere con pienezza, ad imparare a saper aiutare il prossimo, a capire che la propria volontà non può sempre essere la priorità. Così recitano i Proverbi: «Apri il tuo cuore alla correzione e il tuo orecchio ai discorsi sapienti». Dio è un buon papà, che dice: «Figlio mio, se il tuo cuore sarà saggio, anche il mio sarà colmo di gioia».

Nel cavaliere indifferente Caravaggio rappresenta l’enigma di ogni uomo. Dal parapetto della storia anche tu puoi guardare la scena crudele e domandarti quale uomo porti dentro di te: quello schiavo del peccato e di una delle tante dipendenze che oggi affollano la società? Quello senza volto che si sottrae volentieri alle proprie responsabilità? Oppure l'uomo redento da Cristo capace di lasciarsi amare e amare come lui, fino alla fine?

Grazie per la tua cortese attenzione!

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Anno 11 numero 2

Anziani e RSA: Ricordati Sempre Amore!

Da "La Settimana tutti i giorni - Quotidiano on line della Diocesi di Livorno", vi proponiamo la bellissima testimonianza di padre Vincenzo Puzone, un parroco che presta servizio anche presso 3 residenze sanitarie assistite. Per lui e per quanti lo aiutano in quest'opera di attenzione verso gli anziani, l'acronimo RSA è stato trasformato anche in un vero e proprio "piano d'azione"...

Padre Vincenzo Puzone, classe 1960, originario di Caivano (NA), solo qualche anno fa era cappellano della Folgore; si divideva tra Livorno, Pisa e Pistoia, portando la parola del Signore nelle caserme della Toscana. Poi la sua missione di sacerdote ha cambiato destinatari e da un anno e mezzo, oltre a guidare la parrocchia di Castellanselmo, sulle colline livornesi, si occupa delle RSA Villa Pascoli, Villa Serena e Villa Coteto, dove soggiornano tantissimi anziani di Livorno e provincia. «Bada bene – precisa padre Vincenzo – RSA per noi non significa Residenza Sanitaria Assistita, ma “Ricordati Sempre Amore”: è questo il nostro motto».

Padre Vincenzo trascorre molte ore nelle tre case che accolgono gli anziani, coadiuvato dal diacono Carlo Vivaldi; parla con gli ospiti e soprattutto li ascolta, li fa divertire con momenti di festa, celebra la Messa con loro, li confessa, li aiuta nei servizi. “Mi sono inventato una valigetta con i piedini, come un carrellino – racconta – sopra ho le casse, il video proiettore e il microfono: con quella passo per i corridoi e metto la musica; li faccio cantare con le canzoni degli anni ’60. Oppure tiro fuori la chitarra, mi aiuta l’esperienza di quando suonavo in un gruppo musicale, e faccio partire il karaoke; sono momenti di festa per rallegrare le loro giornate e sono sempre contenti quando sto con loro. Il loro affetto è prorompente e arriva al cuore. Poi metto le canzoni religiose e li preparo per la Messa. Celebriamo nella cappellina, oppure nel salone, dove c’è più spazio; stampo il foglietto della celebrazione a lettere grandi, così possono seguire meglio”.

“Il loro cruccio più grande – continua – è il sentirsi abbandonati dalle famiglie: figli, nipoti che non vanno a trovarli, che si dimenticano di passare o di telefonare. Per questo durante la Messa, quando chiediamo perdono, chiediamo perdono anche a nome di questi parenti che trascurano i loro anziani.

E poi mi chiedono spesso: ma come faccio a diventare santo? Perché magari parlo loro della santità, racconto le storie dei grandi santi. Ed io rispondo che per arrivare alla santità basta partire dai piccoli gesti: dal buongiorno al vicino di letto, dalla pazienza con gli altri ospiti, magari più inquieti o pesanti: non importa imparare a memoria la Bibbia o stare inginocchiati tutto il giorno, ma offrire al Signore la propria fatica, le paure, le sofferenze“.

Tra i progetti messi in campo da padre Vincenzo c’è quello della “Compagnia del desiderio”, ovvero riuscire a realizzare un piccolo sogno, dare un’emozione o ricostruire un ricordo, espresso dagli anziani ospiti. Un progetto a cui possono partecipare tutti: équipe degli animatori, direzione, volontari, personale. Chiunque può aiutare a realizzare il “desiderio”, valutato da una piccola commissione, in base alle risorse e alla fattibilità. Un’idea emersa durante gli incontri che padre Vincenzo tiene con la DUMAS, acronimo che sta per: “Diamo Una MAno al Signore”, ovvero il gruppo formato da animatori, direzione e personale delle case, che si ritrova periodicamente con il sacerdote per momenti di preghiera, fraternità e confronto.

Ogni mese una newsletter redatta da padre Vincenzo, e diffusa a pioggia, informa sulle attività delle case e offre uno spunto di riflessione con letture e meditazioni, fotografie e poesie. “Stare con gli anziani è un’esperienza che mi coinvolge molto – conclude – faccio quello che posso, per essere vicino e portare allegria, ma anche il conforto spirituale e l’ascolto. E quando mi ringraziano, scherzando dico loro che mi precederanno sicuramente nel Regno dei cieli!” di Chiara Domenici UNITINELDONO.IT Pagina 26

Anno 11 numero 2 Inizia il grande ritiro spirituale che finisce con la festa del cuore di Maria. Perché un ritiro ? È una maniera per definire il tempo in cui ci si apparta con Gesù , un tempo dove il luogo è quello del deserto cioè della essenzialità , è il fine ultimo stare davanti a Dio. E‘ il momento quindi del senso di Dio , anzi del grande senso di Dio , il momento in cui gli si riserva il primato assoluto nella vita .

Diventa così il momento in cui si cerca quello che tanto si desidera, essere uniti a Dio. Il ritiro quindi non è del corpo che si estranea della società , quello è il ritiro ignaziano, bellissimo ma possibile per pochi. Il ritiro che intendo io è quello dell’anima, isolare l’anima pur rimanendo nella mondanità . In un certo senso è persino più difficile. Isolamento dell’anima che serve per operare su stesso , sono momenti riflessivi , riflettere su se stessi, cercare una trasformazione destinata ad accentuare la propria personalità e liberarla dal disordine dei falsi desideri . Un combattimento intimo in pratica che è poi la preghiera continuata . Intimo perché si vuole trovare Dio nella propria intima pace per poi poter vivere i suoi insegnamenti in rapporto col senso della vita .

La preghiera si trasforma in grazia ricevuta a patto di avere tolto gli ostacoli , le nubi, che impediscono di accogliere la luce divina che è la grazia . È da lì nasce la devozione quella chi ci fa staccare dall’amor proprio .

Ovviamente è un progetto di vita , la realizziamo con i mattoni che abbiamo , e spesso ci fermiamo perché non è detto che tutto fili liscio.

Ma …. Il solo volerlo fare ogni anno ci fa sintonizzare su Dio e sperare di anno in anno di migliorare il cammino.

Cominciamo quindi a chiederci come vivere il rapporto con Dio. Ognuno di noi ha la propria vita , le proprie gioie quotidiane e le proprie sofferenze, ma questo non esime dal voler cercare il senso della vita in una prospettiva diversa. Questa prospettiva si chiama “senso di Dio “ . Chi ha questa prospettiva sa anche che il senso di Dio lo si sviluppa solo riservandogli un primato assoluto nella vita.

E’ questo il vero desiderio della vita ? Perché il primato di Dio è un avvicinarsi prima e poi un unirsi a Dio e soprattutto vedere Dio come il Creatore. Non è solo il desiderio di conoscenza ma diventa un desiderio di trasformarsi - ricrearsi . Una trasformazione che lavora sulla nostra personalità per farla diventare piena di umanità anzi per restituire umanità ad una persona che l’ha lentamente persa, affievolita, intiepidita, che si è lasciata mettere in disordine .

E’ ben chiaro che è un vero combattimento contro quel noi disordinato che ci vuol far credere di essere invece ordinato. Cosa pensiamo di trovare se non proprio Dio quando avremo fatto ordine e quindi la nostra personalità sarà in pace ?

Il primato di Dio comporta di essere soli con Dio .

Ma come si fa a essere soli in questo mondo ? Essere soli con Dio significa non avere in atto altre attività Si comincia con il prendere sul serio il tempo da dedicare a Dio .

Innanzitutto il giorno del Signore . Una volta era tabù fare qualsiasi cosa il giorno della Signore, gli ebrei avevano eletto il sabato giorno dove Dio stesso si fermò , noi cristiani abbiamo eletto il giorno della resurrezione , la domenica. Quindi sono già due i giorni da dedicare a Dio , il sabato e la domenica.

Due giorni su sette in un mondo nel quale tutto è così veloce, tutto è in funzione del risultato, tutto è quasi una tirannia che ci fa perdere il controllo di noi stessi, la solitudine ci fa paura, soli ci sentiamo perduti, e non ultimo abbiamo perso i valori della realtà e quindi perso la visione globale .

Noi siamo in un bosco e non percepiamo il bosco a causa della vista degli alberi.

In pratica ci siamo dati una risposta da soli : prendere sul serio il tempo da dedicare a a Dio significa innanzitutto rallentare . Così riusciamo a vedere meglio i vari passaggi della vita, e questo ci rida il controllo di noi stessi. È trovato il controllo riusciamo a vedere meglio le cose che contano .

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