La fondazione della fabbrica risale al 1787, anno in cui la nobildonna Giuseppa Tetamo Giusino intende istituire una «Scuola di Educazione per ragazze, per ammaestrarle sì nello spirituale come nel temporale, per istruirle nella lettura, nell’arte di costura, far calzette, ricami e quant’altro» aperta alle donne di ogni estrazione sociale e chiamata Casa di Educazione Giuseppa Tetamo e Giusino. Un Educandato che assunse nel 1909 il nome di Collegio di Maria sotto il titolo dell’Immacolata Concezione «del Gisino».
La Chiesa venne costruita intorno al 1812, grazie alla munificienza della baronessa della Gulfotta, Maria Teresa Gerbino e Schiattini, come si legge sul portale d’ingresso e fu intitolata all’Immacolato concepimento di Maria.
Il progetto della Chiesa è dell’architetto Nicolò Puglia - allievo di Giuseppe Venanzio Marvuglia - la cui opera si manifesta spiccatamente e compiutamente neoclassica e palladiana. Il prospetto , completato nel 1834 presenta una tela muraria scandita da grandi parastre corinzie che incorniciano un rigido portale equilibrato da due finestre laterali, nelle cui grate spicca il simbolo mariano. Sul portale si legge una targa marmorea dedicatoria «EREXIT DOTAVIT M.TERESIA GERBINO IN SCHIATTINI» coronata da un raffinato fregio con due putti oranti il simbolo mariano davanti ad una raggiera. L’impianto della Chiesa è uno spazio monastico evocatore, ad aula unica, preceduto dal coro d’ingresso destinato alle suore, con cupola centrale, abside voltato e altari laterali. L’interno della Chiesa presenta una pregevole superficie muraria, decorata in finto stucco e grottesche e una cupola altrettanto illusionisticamente decorata a trompe l’oeil in stile chineserie. Nell’altare di sinistra è la tela di Giuseppe Patania «S. Teresa offre la Chiesa del Giusino a S. Giuseppe». Nell’altare a destra è un Crocifisso sullo sfondo di un antico dipinto. La pala d’altare nell’abside è anch’essa di Giuseppe Patania «L’Immacolata con i SS. Giuseppe Calasanzio e Vincenzo de Paoli». Le tele laterali nell’abside sono di Giuseppe Bagnasco «l’Ultima Cena e Melchisedech e Abramo»
Le sei figure allegoriche Sibille-Virtù furono realizzate da Giacomo Serpotta nel 1719 per l’Oratorio dei Musici al Ponticello, demolito a seguito del terremoto del 1823. Le Sibille, nella cultura greco-romana, sono figure di donne che posseggono la capacità di prevedere il futuro; con l’avvento della religione cristiana, le Sibille al pari dei Profeti divennero annunciatrici della venuta di Cristo e del suo operato e, a partire dal Medioevo e durante tutto il Rinascimento, le profetesse divennero soggetti nelle arti figurative e nella letteratura affiancate ai Profeti. Solo a partire dal quattrocento costituirono un ciclo autonomo di dodici veggenti: le dieci del canone di Varrone più le due aggiunte dal Barbieri. La Persica, la Libica, la Delfica, la Cimmeria, l’Eritrea, la Samia, la Cumana, l’Ellespontica, la Frigia, la Tiburtina, l’Agrippea e l’Europea. Le statue di Giacomo Serpotta facevano parte di un impianto decorativo complesso, ispirato al ciclo mariano, attraverso la raffigurazione di otto SibilleVirtù prefiguranti episodi della vita della Vergine e di storie dell’Antico Testamento, corredati da gruppi di putti isolati. Furono trasferite dall’Oratorio alla Chiesa del Giusino tramite una vendita al Principe di Trabia D. Giuseppe Lanza che mantenne in sua proprietà la Modestia e la Fortezza. Alla Chiesa del Giusino furono assegnate la Mansuetudine, l’Innocenza, la Prudenza, la Pietà, la Fede e la Religione. Le sculture in stucco di Giacomo Serpotta dimostrano sapientissimi riferimenti ai postberniniani, ma con trasformazioni nel tono e nelle invenzioni tipiche di quel «gioco divino» a cui lo scultore si dedicò totalmente in tutte le sue opere.
Studio, ricerca e realizzazione grafica di Associazione Culturale Archikromie