Almanacco 8 2017

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La cagna ciondola lungo il corridoio. Io la aspetto di fianco al portone, ma apro solo quando mi raggiunge, per evitare che il freddo entri in casa. Lei mi guarda coi suoi grandi occhi neri, come se non volesse uscire e mi stesse implorando di farla rimanere dentro. Come se quella passeggiata fosse una punizione. «Va’ a far pipì, va’» le dico, cercando di incoraggiarla. Tonia abbassa la testa ed esce. Io lascio il portone socchiuso, così che quando Tonia deciderà di tornare potrà dargli un colpetto con il capo e aprirlo. Ripenso a come le porte delle case del paese erano sempre aperte, se non faceva freddo, come a voler invitare i passanti a entrare per un saluto, un caffè, una chiacchierata. Ora, invece, non passa più nessuno per le strade, nessuno spinge leggermente la porta e chiede permesso prima di entrare. Il pomeriggio lo trascorriamo seduti sul divano. Non diciamo molto. Mamma è intenta a lavorare a maglia: sta preparando un cappellino per Martina, vuole regalarglielo a Natale. Io lascio vagare lo sguardo per la stanza; ogni tanto mi alzo, vado alla finestra, osservo la valle che si stende sotto i miei occhi. Da qualche parte, lì sotto, ma più lontano, c’è la città, c’è Luisa, ci sono i bambini. Perché mamma non vuole venire a stare da noi? È ormai pomeriggio inoltrato quando sentiamo il portone sbattere per via del vento. Mamma mi chiede se Tonia è tornata. Io mi guardo attorno, come aspettandomi di trovarla sdraiata sul pavimento, lì da qualche parte. È un animale silenzioso, non mi stupirei se fosse rientrata senza che ce ne accorgessimo. Ma non la vedo. Mi alzo, do un’occhiata in cucina, poi salgo al piano di sopra, passo in rassegna le stanze da letto. Entro nella mia vecchia stanza, dove ci sono ancora i cimeli della mia infanzia. Non indugio troppo. Non è per essere sopraffatto dai ricordi che sono venuto lì. Non trovo Tonia da nessuna parte. Infilo il cappotto, mamma mi guarda con aria interrogativa. «La vado a cercare. Non può essere andata molto lontano». Mamma annuisce. Mi immergo nel freddo dell’inverno, nella nebbia della sera. Salgo su per la strada di sampietrini, verso il centro del paese. Non ci sono luci accese, ma non ne ho bisogno per orientarmi. Ho trascor-

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