Almanacco 7 2016

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… mi sento tirare una falda del cappotto. È un bambino. Solo occhi. Niente capelli, il corpo trasparente, quasi invisibile. Il pigiama sembra una macchia di colore che esiste per fare da piedistallo al suo sguardo. Vedo i suoi genitori sorridere alle sue spalle. Gli altri intorno sorridono di tenerezza. Mi viene da vomitare. Lui cerca di parlarmi, ma riesce solo a sussurrare. E allora mi chino. “Take me away!” mi dice. È americano. Quanti americani a Roma. Tanti. Troppi. Io cerco di metterla sul ridere: “Blow me down! I can’t take you away, kid! What are you? A pizza?” Poi lo abbraccio. Perché la pizza? Sarebbe bastato così poco per fare di meglio. Cerco di trattenermi. Per un attimo sento solo lui. Siamo lui e io. Ma poi risento le telecamere e la gente che fa capannello intorno. “Andate tutti all’inferno” penso con rabbia. E mi metto a piangere. È insofferenza, poi l’insofferenza si spacca ed entra qualcosa. Succede qualcosa. Mi ritrovo ad alzarmi, lo prendo tra le braccia. L’occhio mi ricade su uno di quegli specchi in alto, agli angoli dei corridoi degli ospedali. E mi guardo da lì. Guardo il mio corpo come da fuori bordo. Il pirata mi ha teso un agguato. E adesso sono lui. Nessun altro. Prendo il bimbo tra le braccia, mi alzo e guardo i genitori con rabbia, come fosse colpa loro. Poi mi volto. Devo avere gli occhi spiritati di un pazzo maniaco. Guardo tutti i presenti con un odio inveterato, come fosse colpa loro. Di tutti loro. Nessuno trova il tempo di reagire. Mi precipito urlando in fondo alla corsia. Entro nella notte con quegli occhi immensi tra le braccia. Con una voglia indomabile di vendetta. * Il taxi che avevo rubato lo lasciai all’inizio della piazza in cima alla collina. La prima cosa che ricordo... sono le luci di Roma. In linea d’aria saremo stati seicento metri scarsi dall’ospedale. In mezzo alla piazza c’è una grande statua, un uomo barbuto a cavallo, impettito, su un piedistallo altissimo. “No, portami via!” mi fa il bimbo. “Take me away for real!” Una lacrima trabocca da quei pozzi di speranza.

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