La Manovella Web n. 4/20 - Aprile

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IL PERSONAGGIO traffico nelle grandi città, già 50 anni fa. Come base di studio prese la sua Padova e Milano. Comunque la piccola azienda era in grado, con una decina di addetti, di sfornare sino a venti auto al mese. Ma l’innovazione non stava nella vettura elettrica, vecchia già allora di quasi un secolo. All’alba dell’automobile erano tre i sistemi di locomozione per un veicolo: il motore a vapore, quello a benzina e quello elettrico. Il vapore, a dire la verità, non godeva di grandi consensi, perch i tempi per mettere in pressione gli stantuffi con il vapore erano piuttosto lunghi e a molti l’idea di viaggiare con un serbatoio di acqua bollente in costante pressione alle spalle o sotto il sedere, non era molto gradito. Il motore a scoppio era certamente più immediato, ma anche esso richiedeva agli albori un rituale non semplice, che culminava con la faticosa messa in moto a manovella. Inoltre le prime vetture sputacchiavano olio, puzzavano e facevano fracasso. Molto meglio il motore elettrico, sempre pronto, istantaneo, pulitissimo e silenzioso. Sembrava all’inizio che fosse quest’ultimo ad avere la meglio. Sia in Francia sia negli Stati Uniti nel 1859/60 scoprirono che una pasta all’ossido di piombo aumentava di molto la potenza delle batterie, ma l’avanzare dei perfezionamenti nel motore a benzina respinse poco a poco l’offensiva elettrica. Non servivano ricariche di ore per riprendere la marcia, dove fosse anche possibile effettuarla, ma semplicemente era sufficiente fermarsi al primo paese, entrare dal farmacista o dal droghiere e acquistare una latta di petrolina (la benzina dell’epoca) e in pochi minuti il viaggio riprendeva. La prova di forza e maturità il motore a scoppio la dette con la Pekino-Parigi del 1907, un viaggio interminabile irto di difficoltà, che un’auto elettrica, con i suoi 40/60 chilometri di autonomia massima, non avrebbe potuto nemmeno sognare. Cos si ebbe per una ottantina d’anni la indiscussa superiorità del motore alimentato a benzina.

Sopra, villa barbariga. Sotto, costruzione dello chassis e delle dime per la carrozzeria delle vetture. la carrozzeria veniva saldata allo chassis.

UN ANTIDOTO PER L’INQUINAMENTO

Con il nuovo millennio è tornato prepotente il problema dell’inquinamento, rumore, e altro ancora. Riemerge allora il progetto auto elettriche e oggi non c’è praticamente Casa che non abbia a listino un’ibrida o totalmente elettrica. Ma dove risiedeva la eccezionalità della PGE Non sulla vettura in s , ma nel progetto globale. Dalle Molle non voleva diventare un costruttore di automobili, bens realizzare quel tanto da far capire i vantaggi del suo progetto. Dopo un accurato studio delle città di Padova e Milano, con vie d’accesso e spazi adattabili, con l’aiuto di insigni docenti universitari e studiosi della materia, il progetto PGE prevedeva l’arrivo dell’utente con la sua vettura a benzina, il quale parcheggiava in apposite “stazioni” predisposte. Trovava dei quadri con pulsantiere con le quali digitava, secondo istruzioni, il tipo di veicolo elettrico richiesto (due posti, tre posti, pulmino nove posti, furgonetta piccola o grande). Una volta individuata la tipologia di veicolo richiesta e ricevuto l’ok, appariva su un display il numero corrispondente al veicolo libero. Se veniva richiesta, a esempio, una vetturetta a tre posti e in quel momento ce ne fossero state disponibili tre o quattro, nel display sarebbe uscito il numero della vetturetta con maggiore carica delle batterie. A questo punto l’utente si recava presso l’auto indicata, staccava il cavo di ricarica e lo collocava al suo posto nella colonnina, automaticamente si apriva un piccolo cassetto con le chiavi dell’auto. Non restava che partire per il centro città per le commissioni previste, mentre sul cruscotto appariva l’autonomia disponibile. Terminati i propri affari l’utente rientrava alla base, parcheggiava e pagava con una card (non dimentichiamo che siamo nel 1975 ), riprendeva la propria vettura e rientrava in casa o in ufficio.

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