ASINU anno V N. 3

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ASINU

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...per chi non si illude...

Anno V N. 3

DISONORE AL MERITO L’editoriale

E’ un’Italia ansiosa di cambiamenti, quella che ha appena superato il primo mese di questo 2014. Un’Italia combattiva, ottimista, ambiziosa, quella che vuole lasciarsi alle spalle un passato precario e ambiguo per cercare la svolta decisiva su tutti i fronti. Così, sull’onda dell’entusiasmo, si annuncia la fine della crisi, si prevedono crescite dell’1 o 2%, si chiamano capitali stranieri a investire da noi. Altrove si aspira a rivoluzioni radicali e si dichiara guerra ai vertici del governo, si lanciano ultimatum. continua a pag. 2

ADISU

Una per tutte! Legalizzazione e diritti C’è troppo fumo (negli occhi)

“Se vogliamo che tutto resti com’è allora tutto dovrà cambiare”. Queste sono le parole del figlio del principe di Salina nel Gattopardo, un libro scritto tantissimo tempo fa. A molti questa frase non dirà nulla, eppure a me ricorda la mia Italia, quella che da qualche tempo “concede” e “legalizza”, “apre” e si “rinnova”. Una mattina mi sono svegliata e ho realizzato di vivere nel paese dei balocchi, di avere dei diritti di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza. Capirai il mio stupore quando ho scoperto che traino di tutta ‘sta modernità era la Chiesa. E’ come quando, dopo un fatto brutto, la mamma ti concede di annegare il dito nella Nutella. continua a pag. 3

L'ADISURC (Azienda per il Diritto allo Studio Universitario della Regione Campania) è un progetto presente nel disegno di legge contenuto del Reg. Gen. n.290, che se approvato porterà all'accorpamento delle 7 Adisu presenti in Campania, quali Federico II, Orientale, Parthenope, Suor Orsola Benincasa, Unisannio, Seconda Università di Napoli e Unisa. Il progetto nasce nel 2011, ma è stato accantonato per 2 anni fino agli ultimi mesi del 2013, quando sembrava in procinto di essere approvato. continua a pag. 2

ALL’INTERNO: - FFO Universitario: Fondo Fondente Universitario a pag. 3 - Una Ingegneria da 10+ a pag. 4 - Uno storico abbandono a pag. 5 - Addio e grazie per il pesce! a pag. 6 - Novella senza voce a pag. 6 - The Walf of Wall Street: sell me this pen! a pag. 7 - “La tradizione è morta, l’emozione mai”: il ritorno degli Estra a pag. 7


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ADISU: una per tutte!

Numerose sono state le critiche mosse dalle associazioni studentesche, che nel mese di Ottobre sono scese in piazza capeggiate da Rete della Conoscenza, contestando la scelta dei criteri di rappresentanza e distribuzione delle risorse. Nato con la finalità di ridurre i costi amministrativi delle varie Adisu territoriali, l'ADISURC si prefigge di perseguire parametri di efficienza, efficacia ed economicità della gestione. Molto semplicemente rientra in quell'ottica di aziendalizzazione che sempre di più pervade le amministrazioni pubbliche, università comprese. Con sede centrale a Napoli, la nuova Adisu regionale verrebbe diretta da un Consiglio di Amministrazione formato dal Presidente, due rappresentanti del Comitato di Coordinamento Regionale delle Università Campane, di cui uno è il presidente e tre rappresentanti degli studenti, due eletti nel "collegio di Napoli" e uno nel collegio "altre province". Appare evidente come questa sia una suddivisione inadatta alle esigenze dei singoli Atenei, visto che con tre soli rappresentanti si andrebbero ad escludere necessariamente quattro università in seno al consiglio. Viene, poi, ipotizzata la creazione di una consulta Regione-Università con funzione di indirizzo ed orientamento. Composto da un rappresentante per ogni ateneo, un rappresentante della regione e uno degli studenti per quante sono le università, sarebbe sì un organo più rappresentativo delle compagini interessate, ma con un potere meramente consultivo su questioni quali piani pluriennali

L’editoriale continua dalla prima pagina

O vittoria o morte, o si cambia con noi, o si affonda con gli altri. E altrove, ancora, si fanno riforme nuovissime, si rilanciano l’istruzione e la ricerca per promuovere il primato nazionale, si accorpa e si ottimizza, affinché la fuga non sia più l’unica opzione. E’ un’Italia pronta al suo “élan vital”, lo slancio vitale alla Bergson, che è stanca di “essere agita” da altri e ha intenzione di riappropriarsi della sua autentica libertà. Per farlo, deve opporsi alla tendenza all’inerzia che ha caratterizzato la sua vita negli ultimi vent’anni, fatta di vecchie battaglie combattute come se fossero nuove, di problemi polverosi tirati a lucido, di soluzioni antiquate ribattezzate con nomi freschi. Così come l’uomo di Bergson ha passato troppo tempo a cercare di arrancare nel presente per aspirare ad un futuro più ampio, allo stesso modo l’Italia si è perduta troppo in un presente in cui non sembrava mai protagonista. Temporeggiando

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di attività e soluzioni atte a migliorare la qualità del servizio erogato. Altro punto dolente del disegno di legge è la poca chiarezza circa la distribuzione dei fondi, soprattutto per quanto riguarda eventuali utili di bilancio e il loro riutilizzo. L' Unisa ha la fortuna di rientrare tra quelle poche gestioni virtuose che riescono a chiudere l'anno con un bilancio in attivo, a differenza della maggioranza delle altre realtà campane. Creare un bilancio unico significherebbe sottrarre eventuali utili delle università virtuose per tappare buchi e risanare la mala gestione di altre realtà. Tutte queste criticità sono state espresse più e più volte dalle associazioni studentesche, in particolare Link e Run, che nel Consiglio Regionale del 30 Gennaio scorso hanno ottenuto l’approvazione di un documento di intenti i cui punti sono piuttosto interessanti: verificare la possibilità di fasciare per reddito la tassa regionale sul diritto allo studio, inserire una rappresentanza studentesca per ogni ateneo all'interno del Consiglio d'Amministrazione della costituenda Adisurc, rendere vincolante il parere della Consulta Regione-Università per tutti i provvedimenti in materia di diritto allo studio universitario, destinare tutti i risparmi guadagnati con l'unificazione delle Adisu alla copertura delle borse di studio (ad oggi oscillante tra il 30 e il 40%). Questo chiedono gli studenti, questo e nient’altro che veder rispettato il loro diritto allo studio. Figli di N.N.

troppo, non è riuscita a inaugurare delle iniziative che non sapessero di provvisorietà, di rattoppo. La soluzione sta in un coraggioso balzo in avanti, in un’inversione di tendenza della cui necessità tutti sembrano essere consapevoli. Non c’è voce che non abbia gridato “basta, è ora di cambiare”, e tutti sembrano pronti al salto, allo slancio vitale, tanto che ogni nostra preoccupazione sembra decisamente destinata a svanire, e ce lo auguriamo, entro questo incredibile anno. Sentiamo però che dice Remo Bodei, filosofo italiano, nel suo “La filosofia nel Novecento” a proposito di Bergson: «è interessante notare, per inciso, come gli ufficiali francesi, educati all’Accademia da insegnanti bergsoniani alla tattica e alla strategia dell’élan vital, morissero a migliaia, nel primo periodo della Grande Guerra, in “cariche travolgenti” contro le munite trincee tedesche.» Una parentesi ironica, per ridere e riflettere un po’ di più. Albio Scuotilancia

LEGALIZZAZIONE E DIRITTI C’è tanto fumo (negli occhi) La gioia era alle stelle, un’eccitazione mai provata, ma poi mi son fermata ed ho pensato:“Ma qui il fatto brutto non c’è stato!”. La mia testa la risposta me l’aveva già fornita, “Non c’è Stato”, ed allora ho capito l’astuzia del caro Gattopardo. Tutto questo fumo è per dire che dell’arrosto non se ne parla, è per tenerci buoni nella speranza di tempi migliori. Legalizzare e promettere nuovi diritti è una manovra arguta, peccato che a lungo andare gli italiani se ne accorgeranno che di queste cose non si può campare. Prima o poi il polverone e l’eccitazione per la marijuana finiranno e ci ritroveremo con che cosa? Un Paese che promette e non mantiene, che legalizza ma non concede la cittadinanza. Alcune volte, poi, lo Stato ci mostra il suo volto vero e allora leggiamo e vediamo di risse in Parlamento, che è il posto dove i diritti andrebbero garantiti. Capite il mio sconcerto? Ma questa è un’altra storia, a noi non interessa, l’importante è sapere che il Papa adesso chiama a casa e consola tutti. Sì, chiama a casa, ma la novità non è mica questa; la domanda è perché

un personaggio di tale calibro chiami, ve lo siete chiesto? Perché vuole consolare, perché siamo nella miseria, perché oltre ai soldi siamo poveri di ideali e sentimenti. Non c’è dubbio che sia così, altrimenti ci saremmo già resi conto che questi nuovi “privilegi” sono pari all’ultima ora d’aria del condannato a morte. Probabilmente sono sbagliata io, che da un po’ non mi sento più italiana. Non avrei mai creduto di poterlo dire, ma tutta questa modernità non mi va giù. Volendo usare un’altra metafora, è come avere l’ultimo ritrovato tecnologico tra le mani e non saperlo usare: lo si compra per far sapere a tutti che sei al passo con i tempi, ma di utilizzarlo non se ne parla. Rimpiango la mattina in cui mi sono posta questa domanda, rimpiango la sensazione del dito che affonda nella Nutella, rimpiango di non saper sognare ad occhi aperti e, sicuramente, rimpiango quell’arrosto di cui continuerò a sentire solo l’odore. Roberta Romano

FFO universitario: Fondo Fondente Orrendo F.F.O. può significare qualunque cosa. Fiera del Finocchio all'Olio, o forse era il Festival del Film di Otranto. In effetti la seconda avrebbe più senso, anche perché volendo essere sincero non è che il finocchio e l'olio stiano tanto bene insieme. Io personalmente lo preferisco a crudo. Vi starete chiedendo l'olio o il finocchio? Cercate la risposta, ma la sigla FFO non vi suona ancora familiare, né tanto meno può destare interesse a meno che, a questo punto, non aggiunga un indizio che renda l'argomento più avvincente: tasse universitarie. L'FFO, Fondo di Finanziamento Ordinario, è legato anche alle tasse universitarie pagate dagli studenti e può determinarne la diminuzione, ma anche un forte aumento. L'FFO è il principale fondo finanziario di sostentamento di tutte le università italiane. Questa cifra, stabilita ogni anno dal Governo, si rimpicciolisce incessantemente dal 2008. D'altronde, in tempi di crisi da qualche parte si deve pur risparmiare e i primi modi

efficaci per farlo sono la caccia agli sprechi ed un utilizzo più razionale dei soldi. Il metodo migliore per decidere a chi destinare pochi soldi tra tanti destinatari alla fine è risultato quello del "merito". In un periodo di difficoltà è giusto individuare giustizie ed ingiustizie. C'è chi merita di essere lasciato affondare nel profondo vortice della crisi e chi merita di essere premiato e sostenuto a tutti i costi. Fantascienza economica: risparmiare a tutti i costi, cioè senza badare a spese. Il merito di tale meritocrazia è merito di chi ha giustamente creduto giusto valutare chi merita di andare avanti e chi no. La selezione è un naturale fenomeno inevitabile. Ma cosa ha a che fare tutto questo con le tasse pagate dagli studenti universitari, che continuano ad aumentare? Marco Giordano (Wave)

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FacolTa' Una Ingegneria da 10+ La Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Salerno ha da poco ricevuto la certificazione, secondo lo standard Europeo EUR-ACE, di tutti i suoi corsi di laurea. Tale acquisizione permette ai laureati in ingegneria del nostro ateneo il riconoscimento del loro percorso come “di alta qualità” in Europa e nel mondo; il ché rappresenta indubbiamente un vantaggio per gli studenti, che avranno maggiore considerazione all’estero e quindi probabilità migliori di trovare lavoro. Tale certificazione, condivisa in Italia solo da alcuni corsi del Politecnico di Bari e di Milano, viene assegnata in seguito ad una riconosciuta “standardizzazione” della didattica ai canoni europei: in parole povere, l’obiettivo è un allineamento delle facoltà di Ingegneria di tutti gli atenei volto ad una migliore circolazione degli studenti. Quello che ci siamo innanzitutto chiesti è, però, fino a che punto un “appiattimento” delle peculiarità del singolo ateneo possa andare a vantaggio della formazione. Prendiamo a esempio il caso italiano: la formazione italiana in ingegneria dà eguale importanza sia alle attività teoriche che a quelle pratiche; da sempre ci si lamenta che l’università italiana “spreca” tempo eccessivo sulla teoria rispetto a quelle estere. Eppure, sotto certi aspetti questa dissonanza è proprio la peculiarità che dà la possibilità ad un laureato italiano di differenziarsi: avere maggiori basi teoriche significa capire a fondo i processi su cui si sta lavorando, il ché spinge a sperimentare piuttosto che ad applicare meccanicamente delle regole. Questo, almeno, è il parere di ricercatori e assistenti nei nostri laboratori, i quali vedono nella nuova conquista anche l’affermarsi di un nuovo controllore e nuove scartoffie da riempire ogni semestre per dimostrare di aver trattato le aree “suggerite”. Ma, secondo gli studenti, questo indirizzamento delle aree tematiche pare stia determinando un aggiornamento dei programmi. Infatti, questi ultimi hanno avvertito il percorso di rinnovamento che ha portato alla certificazione e sono di tutt'altro parere rispetto a ricercatori e assistenti: in una società che si basa ancora molto su nome e fama dell’università di provenienza, una certificazione di alta

qualità sembra il riconoscimento che tutti aspettavano per poter gridare all’Europa - ma forse soprattutto a Napoli - di essere da 10+. Un’attestazione di qualità non fa mai male. La danno ai pollai, perché non ai corsi di laurea! Ma quanti, entrando in un pollaio o dal macellaio, saprebbero distinguere un pollo di qualità? C’è chi lo giudica per la cresta, chi per il piumaggio, chi per la grandezza, o ancora per le zampe o per le uova che in genere produce.

Uno storico abbandono Incontriamo Francesco Scelza, archeologo salernitano, per conoscere gli sviluppi in seguito alla manifestazione “500 NO al MIBACT”. - Perché hai partecipato alla manifestazione “500 NO al MIBACT” tenutasi a Roma l’11 Gennaio? La manifestazione di Roma è nata in seguito al decreto sui 500 tirocinanti da impiegare all’interno delle strutture del Ministero dei Beni Culturali, per svolgere un’attività di formazione e pratica di catalogazione, non solo di quelli archeologici. - Cosa vi ha spinto a dire no?

Bisognerebbe capire chi ha fissato questi standard a cui ci stiamo conformando, e quali sono i criteri che li indicano come i migliori da seguire. Adeguarsi al cosiddetto “modello americano” è senza alcun dubbio la scelta ideale? Il sistema di formazione di cui stiamo parlando è differente dal nostro: all’interno di un’organizzazione molto più simile a quella di un liceo, dove i ragazzi sono seguiti giorno per giorno e incalzati da continue esercitazioni, lo sbilanciamento verso un apprendimento più “pratico” è quasi naturale; esportare solo alcune peculiarità di questo fantomatico modello americano e innestarle su di un approccio al sapere così diverso come il nostro potrebbe essere controproducente. Anna Colacori e Stefano D’Aessandro

Abbiamo detto no al decreto in questione per diverse ragioni. Il ciclo di formazione per uno studente in Beni Culturali, specializzazione compresa, dura sette anni. Ci viene proposto ora un ulteriore anno di formazione che non dà né garanzie né diritto all’ingresso nel mondo del lavoro. Questa è la motivazione principale. La seconda è che questo bando non è aperto solo al mondo dei beni culturali, per accedervi basta il titolo di laurea triennale, un’età fino ai 35 anni, e neanche il massimo dei voti. È un bando che, se va avanti, credo che accoglierà migliaia di richieste. L’ultimo punto è che noi ci troviamo in una crisi generale del Paese Italia ma anche del settore specifico e questo tipo di risposta risulterebbe soltanto un palliativo. - Quali sono i bisogni imminenti per gli studenti e professionisti del settore? Noi, facendo politica da anni attraverso le associazioni di categoria in questo campo, siamo giunti alla consapevolezza che per affrontare in maniera organica il problema si deve attuare un livello di riforma generale che va dalle strutture di tutela, vale a dire le sovrintendenze, a quelle della valorizzazione, che non sono ben formalizzate e descritte dalla legge. È necessario che chi vuole fare lo storico dell’arte, l’archeologo, l’archivista, sappia fin dall’inizio del suo percorso quanti anni debba spendere di studio, cosa debba studiare, quali sono i campi in cui può intervenire, quali sono le reali oppor-

- Cosa vuol dire questa rinnovata coesione dei professionisti dei Beni Culturali? A seguito della manifestazione contro il decreto dei 500, tutto il comparto dei Beni Culturali è fermo per dire no a questo decreto. La coesione è molto significativa perché ci fa capire che questi non vanno segmentati come se ad ognuno competesse solo una porzione di storia. Anche l’attuale assetto organizzativo del Ministero deve accogliere questo indirizzo. Dividere l’unità significa produrre costi inutili. - Questa rinnovata coesione, secondo te, può aprire una discussione di lungo periodo ad esempio sul tema della valorizzazione? Il tema della valorizzazione è un tema molto importante e delicato, ancora non abbiamo una legge generale. La valorizzazione si differenzia dalla tutela poiché non è un tema esclusivo dello Stato; al contrario vi possono partecipare anche altri soggetti. I due concetti sono inscindibili: di fatti, non si può tutelare se il bene non viene valorizzato, cioè messo a disposizione di tutti i cittadini. Questo settore potrebbe portare occupazione, tuttavia mancano ancora le regole su chi possa fare cosa. - Ad una riforma della didattica in merito ai Beni Culturali non è seguito un riassetto strutturale. Che tipo di idee avete in proposito? Sempre nel tema di affrontare un rinnovamento del campo nei Beni Culturali, mi viene da suggerire, tra le tante cose, il fatto che a fronte di un’università che è progredita in quanto a formazione, non è corrisposto ancora un miglioramento ed una riforma delle strutture, prima di tutto Statali, che dovrebbero tentare di accogliere ed essere la risposta a questa varietà e a questo miglioramento che si è ottenuto con la didattica. Le strutture della tutela sono rimaste identiche, o pressappoco tali, a quelle nate negli anni ’70. Carlo Arcioni e Tommaso Mauro

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tunità e così via.

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NON TI SEMBRA CHE MANCHI QUALCOSA?

IL NOSTRO PROSSIMO VIGNETTISTA POTRESTI ESSERE TU! 5


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«Vendimi questa penna».

Addio e grazie per il pesce!

Immaginate un Giovedì come tutti gli altri. L'ennesima sbronza al pub del giorno prima intontisce i vostri sensi impedendovi di avere coscienza di ciò che state facendo; qualche reminescenza della serata prima vi riporta alla realtà, ed è così che vi accorgete dei Bulldozer fermi all'esterno della vostra abitazione. Non uno, non due, non avete il tempo di contarli, perché finalmente, con una certa flemma, i ricordi di ciò che di lì a poco sta per accadere si fanno tangibili. E' quello che vive Arthur Dent quel maledetto giovedì, ritrovandosi a sguazzare nel fango per impedire alle macchine di demolire la propria casa per avviare i lavori di costruzione di una tangenziale. Il particolare si fa universale, letteralmente. Con la comparsa di Ford Prefect, amico del protagonista, Dent scoprirà che lo stesso destino della sua casa è stato scritto, molto tempo prima, per il pianeta "praticamente innocuo" che abita: la Terra dev'essere demolita per, ironia della sorte, la costruzione di un'autostrada iperspaziale. Ford non è altro che un alieno proveniente dalla stella Betelgeuse impiantato sulla Terra, ricercatore della "Guida Galattica per Autostoppisti", illustre guida in voga (tranne sul nostro Pianeta) tra coloro che hanno intenzione di andare a zonzo per l'Universo. La famosa guida aveva soppiantato molte delle enciclopedie più illustri grazie al suo modico prezzo ma, soprattutto, per la rassicurante scritta in copertina "Non fatevi prendere dal panico!". Asciugamano alla mano (l'asciugamano è notoriamente l'oggetto più versatile che avrete con voi durante il viaggio interstellare), i due amici saliranno a bordo di una navicella Vogon, rozza e ottusa specie aliena conosciuta per le loro pessime poesie. Sono i Vogon, infatti, ad essere stati incaricati dell'azione di demolizione del Pianeta. Ciò che resta del terzo pianeta del sistema solare sarà qualche detrito vagante e il vuoto silenzio dello spazio. Ha inizio così la bizzarra avventura di Arthur, che dalla sua tranquilla vita si vedrà catapultato in un mondo fatto di pesci di Babele, straordinari animali che, una volta nell'orecchio, captano le onde sonore rendendo ogni lingua comprensibile. A bordo della Cuore d'Oro, navicella alimentata da un Motore ad improbabilità infinita (strumento che rende possibile oltrepassare la quinta dimensione), Arthur, accompagnerà Zaphod Beeblebrox, Presidente dell'Universo, Trillian, superstite umana e il bizzarro robot sensibile Marvin, nel viaggio verso il fantastico Pianeta Magrathea. "Guida galattica per autostoppisti" di Douglas Adams offre a chi lo legge la possibilità di staccare la spina dal mondo e tuffarsi in un'esperienza fuori dal comune, alimentata da

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The Wolf of Wall Street: sell me this pen!

un'ironia ragionata e pungente nei confronti della razza umana, con sfumature filosofiche e teologiche e una scrittura che cerca di dare risposte eclettiche a dubbi e domande infondate di molti, ricco di aneddoti fuori dal comune sulla vita, l'universo e tutto quanto. Ma nell'accingervi alla lettura ricordate: Non fatevi prendere dal panico! Laura Ferraro

Novella senza voce Ti ricordi l’ultimo abbraccio? L’ultima volta che mi hai stretto la mano? Quando non potevo nemmeno sentirla. Prova a non pensarci, quanto può durare? Quando ci siamo riviste te lo ricordi? I mattoni; gli estranei; i mattoni, uno sopra l’altro, uno vicino all’altro fino a chiudermi, fino al bianco, che ironia per una che nella vita sognava solo di respirare l’autunno. Quando ci siamo riviste era solo tutto offuscato, tu non mi sentivi e io cercavo di non guardarti. Perché continui a piangere? Perché non hai urlato quando potevi? Perché non riesci a stare al passo? Sono solo fiori, è solo tutto bianco. Prendi quando ci siamo riviste, prendi quella signora vestita di verde, perché le chiedi di non piangere? Prendila con te e sedetevi vicine, suonate per me, per gli alberi che ombreggiano il bianco, chiudi gli occhi e suona. Per quel segno della croce che non hai fatto quando ci siamo riviste, per quel fiammifero che porti ancora in tasca non curante. Guarda che sole, quello che riesci a vedere; tanto se volti pagina non vuol dire che sia finita qui. Conta ciò che hai dimenticato, conta quel fuoco che spegni ogni volta che lo accendi, conta che la signora vestita di verde non può scendere le scale, conta che io non posso salirle. Alza gli occhi al cielo dopo l’assolo della batteria, asciugati le lacrime e continua a suonare per me all’ombra di quell’albero. Smettila di far tremare quel piede o non possiamo tornare a casa, io non tremo per il freddo, ma come fai a non capire che ho paura? Come faccio a dirtelo se non ho voce? Conta che l’ultima volta che ci siamo riviste io non c’ero già più. E ora canta… M.L.

A Jordan Belfort bastano pochi istanti per sondare la natura del proprio interlocutore e capire se ha di fronte un bersaglio o un tiratore scelto da plasmare a propria immagine e somiglianza e condurre sulla strada della truffa, del profitto e degli eccessi. Il broker, fondatore della Stratton Oakmont, insegue fino al parossismo una degenerazione distorta dell'American dream, che lo porta, con più droghe che sangue nelle vene, durante le esaltate arringhe che tiene periodicamente ai suoi dipendenti, a sbraitare come un invasato sulla possibilità di imprimere una svolta decisiva alla vita di chiunque lavori per lui, permettendogli di guadagnare quantità inimmaginabili di denaro e trasformando i desideri di un tempo in realtà.

Alla sua quarta candidatura all'Oscar, un DiCaprio pirotecni-

co, guidato dalla sapiente mano di Scorsese, dà vita ad un individuo fanatico, dipendente dal sesso, dalla cocaina e dal quaaludes, ossessionato dal successo e dai soldi e incapace di accettare una qualsiasi sconfitta, nella vita come sul lavoro. Scorsese, dimostrando la vitalità registica di un esordiente, levigata però dal suo esperto talento narrativo, ci immerge nella frenetica e insaziabile megalomania di un uomo che non si accontenta mai, ma si agita e vive sempre al limite, spostandone i confini di volta in volta più in là. La rappresentazione di un simile personaggio, che per 180 minuti giganteggia vorace, tracotante e spudorato sullo schermo, ha scatenato non poche polemiche, facendo risorgere il vecchio dilemma: il cinema mitizza il male o semplicemente lo rappresenta raccontando una storia? Le vittime delle truffe di Belfort hanno pesantemente criticato l'opera, accusandola di trasformare un criminale in idolo carismatico; addirittura c'è stato chi ha invitato al boicottaggio della pellicola. Tuttavia, queste ataviche discussioni sul fascino del male e sul potere d'immedesimazione e l'influenza sociale del mezzo cinematografico mi sembra conducano inevitabilmente ad un vicolo cieco. Il cinema e gli spettatori preferiranno sempre un cattivo spumeggiante ad un buono sonnacchioso. La realtà poi, si sa, è un'altra storia. Camilla Di Spirito

“La tradizione è morta, l’emozione mai”: il ritorno degli Estra “Scomparire, dire addio, fuggire: è una vita che lo sento dire”: loro lo hanno fatto e ora tornano dopo 10 lunghi anni dall’ultimo live. La fortunata carriera solista di Giulio Casale non lasciava presagire un ritorno di una delle band più importanti della scena rock italiana degli anni ’90. Gli Estra con il loro rock d’autore hanno lasciato un segno indelebile nella memoria dei fan. In circa 10 anni di attività hanno firmato alcuni dei dischi di quel decennio (“Nordest Cowboys” e “Tunnel Supermarket” su tutti) insieme ai Marlene Kuntz, CSI e molti altri. Il loro ritorno sulle scene è un segno di devozione per il pubblico che per anni ha invocato una reunion ed ora la band di Treviso torna solo per 4 date per glorificare il mito underground degli Estra. Per anni ho sognato di essere nato nei ‘70/’80 per poter vivere il fermento della musica italiana (e non solo) di quegli anni ed ora loro tornano per vivere me.

Di seguito le date dei concerti: - Venerdì 11 Aprile 2014: Rncade (TV) - New Age Club; - Mercoledì 16 Aprile 2014: Milano - Tunnel; - Giovedì 17 Aprile 2014: Firenze - Viper Club; - Mercoledì 23 APRILE 2014: Roma - Init Franco Galato

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ues Froussot. Si chiamava Jacq quel classico e d’amore, con es nc fra co si as Cl o. fascinante accento bisbetic la femme, la plus es êt us vo u, ea “Par di n dimendu monde” lie a fasce. Per no ag m e ni ra st i riva di Pantalon lo che lo ricop el pp ca ffo bu ticare quel fascino. esto l’amava. Lo odiava. Per qu sé. Non per ello sempre con br m l’o el qu a av Port riparata. ere una smorfia av r pe a m a, gi ia vera e la piog endere una stor pr di o ad gr in Lui era gia. afore trasformarla in bu ore, con le met af et m le n co e “Mai giocar amore.” può nascere un Angelo Pulito

Foto di Felicia M. Iannone

L’Europa ci premia

Guarda il cielo Guarda il cielo conta le nuvole. Attento, non cadere. Quella sembra un orso quella una nuvola quell’altra una delusion e inaspettata Credevi fosse facile imma ginare immagina di immaginar e. Felice

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