Moda e Fragranze

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centro/00826/06.2015 18.06.2015 BIMESTRALE - COPIA EURO 0,001 SUPPLEMENTO N. 4 AD ARTRIBUNE MAGAZINE N. 74 Racconti • Incontri • Insiders • Spazio espositivo • Curriculum • Voci FOCUS MODA FASHION & FRAGRANZE

anno XIII | 74

settembre — ottobre 2023

Supplemento n. 4

SUPPLEMENTO A CURA DI

Alessia Caliendo

DIRETTORE

Massimiliano Tonelli

PUBBLICITÀ & MARKETING

Cristiana Margiacchi

393 6586637 Rosa Pittau 339 2882259 adv@artribune.com

EXTRASETTORE

downloadPubblicità s.r.l. via Boscovich 17 – Milano via Sardegna 69 – Roma 02 71091866 | 06 42011918 info@downloadadv.it

REDAZIONE | EDITORE via Ottavio Gasparri 13/17 Roma redazione@artribune.com

PROGETTO GRAFICO

Alessandro Naldi

STAMPA

CSQ – Centro Stampa

Quotidiani via dell’Industria 52 Erbusco (BS)

COPERTINA

IED E MAISON VALENTINO

Progetto Fragile Surface

IED per Artribune

Registrazione presso il Tribunale di Roma

n. 184/2011 del 17/6/ 2011

Chiuso in redazione il 4/9/2023

HANNO COLLABORATO:

Giulio Solfrizzi

Elena Canesso

Margherita Cuccia

Lara Gastaldi

Aurora Mandelli

LA NOSTRA ITALIA TRA MODA E PROFUMERIA ARTISTICA

Questo speciale si pone l’obiettivo di far riscoprire l’identità culturale dell’industria della moda italiana ripercorrendo la penisola da nord a sud. Attraverso un mosaico di immagini uniche prodotte da 40 talenti, riconducibili ad un alfabeto visivo semplice e deduttivo, l’itinerario viaggia per tutto il paese nello spazio e nel tempo, narrando l’arte della moda tra passato e presente, e le capacità creative quanto tecniche che costituiscono lo studio di una fragranza. Perché anche la profumeria artistica, parte del “bello e ben fatto” italiano, ha la capacità di lavorare e nobilitare la materia in senso progettuale ed estetico. Spesso vittima di cliché, il Made in Italy viene qui idealizzato come un vasto spazio espositivo prodotto con cura artigianale, mirando a stimolare il “sentimento della bellezza” di cui si fanno promotrici le realtà formative che hanno partecipato al nostro racconto.

■ Alessia Caliendo

16.

26. La comunità Bipoc italiana

28. Cina e Italia si incontrano nei profumi artistici di Jijide

50. Il futuro della moda italiana passa anche da Milano

MILANO

30. La rivincita dei nasi al femminile In Astra VARESE

18.

VERONA

34. Il mestiere di buyer per una realtà di ricerca nella moda

FIRENZE

23. L’arte e lo sport dietro U.S. Polo Assn.

ROMA

20. Sacro e Profumo nell’arte di Filippo Sorcinelli

24. Quando una sartoria diventa (quasi) museo

48. Focus sul panorama formativo L’università americana che tratta di arte nel cuore di Roma

36. 24 fotografi per il 2024

32. Tra editoria e pratiche curatoriali Saul Mercadent VENEZIA

20. Sacro e Profumo nell’arte di Filippo Sorcinelli SANTARCANGELO DI ROMAGNA

NAPOLI

12. L’Altra Napoli

Racconti Incontri Insiders Spazio espositivo Curriculum Voci

La montagna e l’universo al femminile di LaMunt BOLZANO / MONTEBELLUNA (TV) Laboratorio Olfattivo di nome e di fatto TORINO

LA COPERTINA CON IED E MAISON VALENTINO

Sulla cover di questo numero speciale è stato ospitato un progetto internazionale della Maison Valentino in collaborazione con 1 Granary, piattaforma editoriale di formazione e incubatore, con sede a Londra, che punta alla moda d’archivio come strumento di ispirazione per la creatività futura: Valentino Vintage, iniziativa di circolarità per generare e ri-generare una nuova creatività, risvegliando la bellezza senza tempo e costruendo una comunità creativa di appassionati di moda sempre più consapevole.  Il progetto ha coinvolto sette vintage store in altrettante città in tutto il mondo attraverso takover dedicati, invitando la comunità globale a portare i propri capi Valentino nelle boutique vintage e a scambiarli con l’opzione di acquistare un nuovo abito offrendo ai clienti la possibilità di riscoprire il fascino delle creazioni del passato e vivere una modalità di shopping responsabile. In un’ottica di giving back, mirata sul territorio ma con respiro globale, Valentino ha donato cinque abiti Valentino Vintage alle sette scuole di moda e arte presenti nelle location internazionali coinvolte, tra cui, per l’Italia, IED Milano, assieme anche al partner creativo1 Granary. L’obiettivo è stato quello di trasmettere in modo innovativo craftmanship e il know-how della Maison, scoprendo i codici iconici della maestria artigianale di Valentino e il suo universo estetico. Cinque abiti Valentino Vintage, realizzati sotto la direzione creativa di Pierpaolo Piccioli, IED Roma Alumnus, sono parte di una speciale donazione ai talenti dell’Istituto Europeo di Design, unico partner accademico italiano del progetto, che li hanno reinterpretati visivamente con lo stesso intento di avvicinare le nuove generazioni all’universo estetico e alla maestria artigianale del marchio; e di esplorare il potenziale dei pezzi d’archivio come strumento sostenibile ed etico

Così un gruppo di 60 studenti dei corsi di Fashion Design e Fashion Marketing & Communication di IED Milano, ha lavorato insieme per ripensare e realizzare la propria visione dei cinque capi attraverso l’abilità artigianale, il mezzo fotografico, l’approccio al video e le tecniche illustrative. “Ci piaceva l’idea che potessero avvicinarsi al brand e ai capi donati con assoluto rispetto per la loro storia ma con la possibilità di vederlo da un’altra angolazione”, afferma Olivia Spinelli, coordinatrice  della scuola di moda IED di Milano.

Fragile Surface - IED x Artribune

Il progetto Fragile Surface si propone di raccontare i temi centrali della contemporaneità attraverso immagini e contenuti multimediali realizzati da studenti e Alumni dello IED. Le loro immagini sono capaci di avviare un percorso in cui il lettore possa approfondire gli aspetti artistici, tecnici e relazionali alla base di ogni scatto scelto per la copertina, simbolo della soglia da attraversare (con un QR code) per immergersi nella profondità e nella poliedricità di questi. La cover del primo Speciale Moda e Profumeria artistica fa parte dell’ambito disciplinare dedicato alla fotografia, e gli studenti coinvolti sono A. Stampatori, V. Trionfo e G. Leggio, guidati dal docente Mirko De Propris e la fotografia di Elisa Bontempo.

LA COPERTINA
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La moda è multiforme poiché cambia volto stagione dopo stagione, tra tagli, linee e colori. Talvolta abbandona il mondo dei vestiti per sfociare in temi sociali e politici come la sostenibilità. Ritorna, però, sempre sui propri passi: dalle tendenze dei decenni precedenti ai già noti libri e alle già organizzate mostre, che aiutano chiunque voglia comprendere le sue origini o evoluzioni tecnologiche. Questi, in ordine sparso, sono anche i macro-gruppi che racchiudono le notizie qui riportate, denotando una moda dai confini labili. ■ Giulio Solfrizzi

MOSTRE E EVENTI

01. La mostra sulla storia dei profumi d’Oriente a Parigi

L’Institut du Monde Arabe di Parigi presenta una mostra dedicata ai profumi d’Oriente dal 26 settembre 2023 all’11 febbraio 2024 Quasi 200 opere tra manoscritti, fotografie, dispositivi profumati e installazioni per raccontare le origini dei profumi, il ruolo degli oli e delle fragranze, la storia dei balsami e delle fumigazioni, tipiche pratiche culturali. La mostra è un’esperienza olfattiva a 360 gradi per i visitatori, che coinvolge tutti i sensi e invita ad immergersi nei profumi appositamente creati dal profumiere Christopher Sheldrake

Dall’Arabia all’India, passando per tutto il Mediterraneo, l’esposizione svela le origini delle essenze che hanno caratterizzato nei secoli il commercio profumiero arabo, come l’ambra grigia, il muschio, la mirra e il legno di oud.

02. L’evoluzione della moda sportiva in mostra per le Olimpiadi 2024

Il Palais Galliera di Parigi ospita La mode en mouvement, una mostra cronologica che esplora il rapporto tra moda e sport fino al 7 settembre 2025. In concomitanza con i Giochi Olimpici e Paralimpici 2024 di Parigi, la mostra rivela come l’abbigliamento sportivo abbia influenzato nei secoli gli standard di bellezza con oltre 200 opere provenienti da Bibliothèque Forney (Parigi), Patrimoine CHANEL, Emile Hermès Collection e Maison Yohji Yamamoto, mostrando l’evoluzione della moda sportiva a partire dal XVIII secolo. L’evento fa parte di attività collaterali a sostegno dei Giochi Olimpici 2024, a cui aderiscono musei e siti parigini promuovendo il tema “arte e sport”. (photo: La mode en mouvement ©Peter Knapp) ■ Lara Gastaldi

03. La speciale installazione immersiva a Pitti Fragranze 2023

Il tema della ventunesima edizione di Pitti Fragranze, il salone dedicato alla profumeria artistica internazionale, è la “Percezione Reinventata”, che indaga le differenti percezioni delle fragranze grazie all’incontro tra tecnologia e arte con l’installazione immersiva “Symbiotic Experience _ la percezione reinventata”. Si tratta di un percorso multi-sensoriale, nato dal lavoro di Alberto Morillas, Coralie Spicher, Serge Majoullier e Jerome Di Marino, artisti digitali e profumieri, che apre nuove frontiere nella fruizione del profumo, consentendo di reinterpretare il concetto di fragranza. Alla dimensione visiva e olfattiva, si aggiunge anche quella uditiva grazie al sottofondo musicale realizzato con AI generativa dal compositore e sound designer Alessandro Meistro, offrendo un’esperienza che reagisce ai movimenti del pubblico partecipante.

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(photo: Giovanni Sala) ■ Lara Gastaldi

04. A Marsiglia una mostra al limite tra moda e folklore

“Cosa hanno in comune un copricapo tirolese e un cappello Chanel? Una camicetta tradizionale rumena e un outfit Yves Saint Laurent? Una giacca JeanPaul Gaultier e un’armatura bretone?”. Visitabile fino al 6 novembre 2023, la mostra Fashion Folklore al Mucem di Marsiglia si propone proprio di sondare questo dialogo tra costume tradizionale e haute couture, offrendoci una lettura storica dei confini porosi tra creazioni artistiche e culture popolari. Un rapporto icastico e complesso, qui portato alla luce. (photo: Weinsanto)

05. “Christian Lacroix per la Comédie-Française” in mostra a Lacoste

Celebrazione della collaborazione tra Christian Lacroix e la ComédieFrançaise, la rassegna Christian Lacroix Habille Peer Gynt pour la Comédie-Française presenta 40 costumi realizzati dallo stilista per la messa in scena della celebre saga teatrale di Henrik Ibsen, ammirabili fino al 1 novembre al museo SCAD FASH di Lacoste, Francia. L’opulenza e i dettagli stravaganti tipici dell’opera dello stilista si estendono dalla passerella al palcoscenico, portando in vita i personaggi del poema e accompagnando il pubblico nel suo universo fantastico.

06. La mostra sui look delle star al Victoria & Albert Museum di Londra

Fino al 27 aprile 2024, la mostra DIVA al Victoria & Albert Museum di Londra presenta oltre 250 oggetti tra moda, fotografia, design e musica, accompagnati da più di 60 look. Attraverso personaggi come Whitney Houston, Maria Callas, Tina Turner e Cher, la mostra analizza il legame tra donne, potere e creatività nell’ambito dello spettacolo, evidenziando l’influenza dei performer nel ridefinire la società attraverso concetti creativi e personalità forti, con un focus su femminismo e diritti civili. Oltre ai costumi da palcoscenico, sono esposti oggetti personali delle star, tra cui l’abito di Elton John indossato per il suo 50° compleanno e l’outfit di Marilyn Monroe nel film “A qualcuno piace caldo”. Sono anche presenti vari look di Rihanna, inclusa la memorabile creazione di Swarovski indossata ai CFDA Awards nel 2014. (photo: David Corio)

BOOKS

07. I lavori della famosa costumista hollywoodiana in un volume deluxe

Per tre decenni la costume designer Ruth E. Carter ha creato alcuni dei costumi più iconici di Hollywood, dallo streetwear Anni ‘80 di “Fa’ la cosa giusta” a film storici come “Malcolm X” e “Selma e Marshall”; da commedie come “Love & Basketball” e “Dolemite Is My Name” fino al Marvel Cinematic Universe con la saga di “Black Panther”. Il lavoro di Carter offre una rappresentazione diversificata della cultura nera e africana nella storia, nella contemporaneità e nell’immaginario fantasy. Edito da Chronicle Books, il volume deluxe di Carter, The Art of Ruth E. Carter: Costuming Black History and the Afrofuture, from Do the Right Thing to Black Panther, approfondisce i suoi lavori con storie, retroscena, moodboard inedite e foto dei set delle diverse produzioni.

08. L’indagine di Charlie Porter nei guardaroba del Bloomsbury Group

Cosa c’è alla base delle nostre scelte di abbigliamento? Per rispondere a questa domanda, lo scrittore e critico di moda Charlie Porter svela nel suo ultimo libro Bring No Clothes i guardaroba dei primi del Novecento, in particolare di sei membri del Bloomsbury Group, il collettivo di artisti che promuoveva una rivoluzione sociale e culturale nel Regno Unito fino al secondo dopoguerra. Porter si focalizza su ciascun membro del Bloomsbury raccontando aspetti peculiari del loro abbigliamento: dai bottoni di E. M. Forster alla creatività degli orli fuori posto di Vanessa Bell, fino alle iconiche calze arancioni di Virginia Woolf. Edito da Penguin Random House, il libro mostra come l’abbigliamento possa essere un mezzo di liberazione intellettuale e sessuale, oppure uno strumento di controllo patriarcale. ■ Lara Gastaldi

09. Il volume da collezione che racconta il Dior di Raf Simons Continua la serie di pubblicazioni sulla storia della Maison Dior, con ciascun volume dedicato ad epoche differenti del marchio. L’ultimo volume, il sesto della Dior Series edita da Assouline, racconta gli anni dal 2012 al 2015, quando lo stilista belga Raf Simons è stato direttore creativo del marchio. Fu un periodo importante per la casa di moda parigina perché Simons adottò un approccio contemporaneo alla romanticità di Dior, unendo un’estetica essenziale ad una femminilità poetica non estranea al marchio. Con testi redatti dal critico di moda Tim Blanks, aggiunti agli scatti di Laziz Hamani, il volume scopre la visione creativa del fashion designer belga che ha saputo (re)inventare la donna Dior, presentandone i tratti più caratteristici.

■ Lara Gastaldi

10. Un libro analizza il sistema moda contemporaneo Pubblicato nel 2023 dall’editore indipendente Valiz, il volume Radical Fashion Exercises esplora la moda in maniera più ampia grazie ai contributi di numerosi stilisti, curatori e professionisti del settore mettendo in discussione le politiche e l’economia del fashion system contemporaneo. Il volume raccoglie oltre cento riflessioni critiche che sfidano il lettore a vedere la moda non semplicemente come un prodotto commerciale, ma come un fenomeno stratificato, storico, culturale, sociale ed economico connesso alla vita quotidiana, all’ambiente e alle prospettive future. Il libro è suddiviso in nove temi, che rappresentano i diversi territori in cui la pratica della moda sta attualmente subendo profondi cambiamenti.

OSSERVATORIO MODA E FRAGRANZE
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11. Casa Susanna: il racconto delle minoranze sessuali nell’America del dopoguerra

Casa Susanna, il libro di Isabelle Bonnet e Sophie Hackett pubblicato da Editions Textuel, racconta un esempio significativo nella storia della comunità LGBTQIA+ americana attraverso una serie di fotografie amatoriali. Le foto sono state scattate presso l’omonima villa nella campagna di New York che, fino al 1968, aprì le sue porte a chiunque volesse liberarsi degli abiti maschili per vivere liberamente come donne. Ingegneri o contabili si ritrovavano in questa oasi fuori dal mondo per superare insieme la sofferenza e la solitudine dell’emarginazione sociale. Così

Casa Susanna mostra uomini nella loro condizione di clandestinità, a causa degli incontri segreti, che però trovavano nella fotografia una dimostrazione della propria felice, per quanto celata, realtà.

TECH / INNOVAZIONE

13. La personalizzazione virtuale delle sneakers di

Hockerty

Hockerty rivoluziona lo shopping online con la sua tecnologia “3D TRY-ON”, permettendo ai clienti di provare virtualmente modelli di sneakers personalizzabili. Lanciata il 10 luglio 2023, questa soluzione consente ai clienti di scegliere tra una vasta selezione di layout, colori e dettagli. E, grazie alla tecnologia di try-on in 3D, le sneakers personalizzate verranno sovrapposte alle calzature “reali”, offrendo agli acquirenti un’anteprima del risultato finale senza la necessità di scaricare app aggiuntive ma provando direttamente dal sito del brand utilizzando la fotocamera del proprio smartphone. L’esempio di Hockerty rappresenta un passo in avanti nel settore della moda, dove sempre più aziende stanno sperimentando tecnologie di realtà virtuale e realtà aumentata nello shopping online.

14. Il progetto che combatte le discriminazioni nella moda con l’AI

Un progetto di intelligenza artificiale e un’app sono parte del progetto Hearth, ideato da African Fashion Gate in collaborazione con LABoratorio d’Impresa 5.0 per denunciare razzismo e discriminazione nel mondo del fashion. Operativi dall’autunno 2023, Hearth funge da monitor per individuare problematiche discriminatorie in ogni fase della produzione tessile e di tutta la filiera; mentre l’App HH raccoglie tutte le segnalazioni con chatbot attivi sia su smartphone sia sul web. I dati ottenuti, elaborati con tecniche di Data Analytics, sono utilizzati per studiare le diverse espressioni di discriminazione, mirando a sviluppare strategie e piani di intervento per recuperare il disagio sociale provocato da queste.

12. Una riflessione sul packaging di profumi e fragranze

Nella corsa al consumo, spesso il packaging degli oggetti viene scartato, considerato non interessante o dannoso per l’ambiente. Tuttavia, il design delle confezioni, oltre a trasmettere l’identità dei brand e il proprio contenuto, può arricchire l’esperienza del cliente. Il volume

Packaged for Life: Scent, edito dal publishing e book design studio Victionary, celebra proprio il mondo dei prodotti profumati, che affascina di più se accompagnato da un packaging inusuale e creativo. Questi sono in grado di evocare sensazioni, viaggi temporali o spaziali e di creare ambienti unici attraverso l’olfatto, dalle fragranze alle candele con note floreali o fruttate. Ma possono andare oltre grazie all’estetica.

15. L’investimento da 15 milioni di sterline per sviluppare la moda nel Metaverso

La start up britannica Drest ha raccolto 15 milioni di sterline per lo sviluppo di “Drest Game 2.0”, uno styling game interattivo nel web3 che offre agli utenti la possibilità di curare il guardaroba perfetto testando virtualmente i look delle passerelle nel metaverso. Dalla nascita nel 2019, il progetto ha visto crescere i suoi utenti del 250% collaborando con oltre 260 marchi di lusso, tra cui Gucci, Prada e Valentino. Ma Drest, ideato dall’ex caporedattore di Harper’s Bazaar UK, Lucy Yeomans, voleva inizialmente occuparsi di moda tradizionale, per poi spostarsi nel mondo virtuale del metaverso lanciando circa due anni fa il prodotto web3 “Supermodels”, che realizza gli avatar 3D di alcune famose modelle come Natalia Vodianova, Precious Lee e Irina Shayk.

Start up innovative del settore moda si trova nelle regioni del Centro

31,1% 2022-23

26,8% 7,8% 4,7%

11,6%

11 12 13 14 15
Lombardia Lazio
Fonte: Osservatorio sull’Open Innovation e il Corporate Venture Capital Italiano
Emilia Romagna Toscana

In Francia i vestiti non si buttano grazie ad un bonus

Ad ottobre 2023 il governo francese darà il via al Fonds Réparation Textile, bonus per la riparazione di vestiti e scarpe il cui obiettivo è aumentare del 35% il volume di calzature e tessuti riparati entro il 2028. Ogni anno in Francia vengono gettate 600.000 tonnellate di vestiti, e solo il 10% di questi viene riciclato. Così l’iniziativa promuove la riparazione di abiti per ridurre l’impatto ambientale, creare nuove opportunità lavorative e salvaguardare gli artigiani locali. Una misura simile al bonus rammendo francese potrebbe arrivare anche in Italia grazie al sostegno e supporto di Lapam Federimpresa, associazione di imprese artigiane impegnate nel riciclo e recupero di materiali. L’obiettivo, in questo caso, sarebbe dare valore al Made in Italy, oltre a contrastare il fast fashion. ■ Lara Gastaldi

Il report del British Fashion Council sulla longevità degli abiti

L’Institute of Positive Fashion (IPF), parte del British Fashion Council (BFC), ha presentato un report durante la fase

2 del Circular Fashion Ecosystem

Project, il progetto che promuove l’economia circolare nel Regno Unito suggerendo modelli di produzione lineari degli abiti. Lo studio invita all’utilizzo di etichette RFID e QR code per fornire informazioni e istruzioni atti alla conservazione ed estensione di vita dei tessuti. Infatti, le tecnologie RFID (a radiofrequenze) e NFC (wireless) possono offrire informazioni su provenienza e tracciabilità, nonché indicazioni sul lavaggio e asciugatura in base alla composizione dei materiali e al loro riciclo o smaltimento. Fungendo da passaporti digitali, in linea con il Green Deal europeo, sono destinati a diventare un obbligo per creare un ecosistema di moda circolare entro il 2030. ■ Lara

SOSTENIBILITÀ

La guida per una moda più sostenibile di Cambridge Institute e Fashion Pact

Il Fashion Pact, l’iniziativa sostenibile per la moda inaugurata durante il G7 del 2009, e University of Cambridge Institute for Sustainability Leadership hanno sviluppato una guida per ridurre l’impatto ambientale. Rivelata al recente Global Fashion Summit di Copenhagen, la guida fissa obiettivi di sostenibilità e fornisce direttive all’industria tessile, che rappresenta il 10% delle emissioni di CO2 globali con lo sfruttamento di acqua e materie prime come cotone e pelle. Sulla base di questi dati, la guida fa parte di un progetto biennale che fissa obiettivi misurabili per la tutela della biodiversità. Numerosi brand e gruppi della moda, tra cui Kering, Chanel, H&M, Adidas e Burberry, hanno aderito alla roadmap di attività.

Un brand italiano in testa alla classifica sulla trasparenza dei marchi di moda

Mentre lo sfruttamento umano e ambientale prospera impunemente, gran parte della catena del valore della moda rimane torbida. Proprio per questo esce annualmente dal 2015 il Fashion Transparency Index, report elaborato dal movimento Fashion Revolution che analizza e classifica 250 dei più grandi marchi e rivenditori di moda al mondo in base alla divulgazione pubblica delle proprie politiche ambientali, dei diritti umani, delle pratiche e impatti eco-sostenibili. Sono ben 258 gli indicatori che vengono utilizzati per classificarli. E nonostante i dati rivelino una percentuale ancora lontanissima dal concetto di trasparenza, quindi ancora di più di sostenibilità, nel 2023 due brand hanno raggiunto per la prima volta l’80% dei risultati: l’italiano OVS in testa, seguito da Gucci. ■

OSSERVATORIO MODA E FRAGRANZE
€ 5,23 mld € 6,8 mld 2015 2019 2023 € 8,08 mld € 12,5 mld 2025 2030 previsione +8,7% +9,1% +6,8% Il mercato mondiale della moda green Fonti: Ricerca MFF e PwC Italia 11

L’altra Napoli

Una storia senza fine, quella di Napoli, che l’ha portata ad essere una delle mete più ambite del 2023. Ma per contrastare ogni codificazione folkloristica trasmessa sui social media, la città è stata raccontata nel progetto visivo di Artribune promosso dal brand Unending La prospettiva è cambiata e riconduce alla Partenope degli ambienti culturali, dove tutti i nostri oratori sono partecipi di un atto di sperimentazione e ibridazione per la città: dalla neuroarchitettura come bene collettivo alla cucina come gesto politico; dal fare musica come atto di onestà alla performance come mezzo inclusivo. I protagonisti hanno tutti vissuto la migrazione di ritorno alle origini e rappresentano i profili modernissimi di coloro che hanno tradotto la creatività internazionale in strumenti per la propria terra, senza mai usurparla. Per loro risulta difficoltoso portare avanti una propria visione personale, a causa dell’agire comune che tende a massimizzare e a stereotipare. Ma l’attivismo è più forte che mai e mira a tutelare il patrimonio culinario, musicale, architettonico e artistico della città.

La storia di Marco Ambrosino parte dalle onde del mare procidano. La sua formazione avviene sul campo per puro diletto e con la convinzione che la cucina sia un laboratorio artigianale dove si manipola la materia fino a trovare espressioni e spunti innovativi e controversi. Il moto ondoso è parte dei percorsi della sua vita: dalle scene stellate in nord Europa fino alla Spagna, per poi porre le basi a Milano con il ristorante 28 posti, un’esperienza durata otto anni “che per la ristorazione sono ere

Unending

Brand di abbigliamento nato dall’estro di due giovani donne napoletane che portano il proprio know-how settoriale nel progetto 100% sostenibile, consapevoli che al giorno d’oggi il bisogno globale sia uno degli elementi fondamentali nel sistema produttivo della moda. Eppure coloranti naturali, fibre riciclate, materiali eco-compatibili e packaging sostenibile vengono selezionati con minuzia e raccontano un prodotto che si approccia al minimalismo giapponese e scandinavo, privandosi di qualsiasi classificazione di genere.

geologiche”. La colonna portante della sua vita è la famiglia, ed è proprio la moglie architetto a sfidarlo nel creare il Collettivo Mediterraneo, composto principalmente da chef per cui la cucina è un atto politico. Ma attenzione a parlare di radici piuttosto che del risultato di contaminazioni, perché in questo consiste il ristorante Sustanza. Il destino ha voluto che Vincenzo Scotto Jonno, appartenente ad una famiglia di armatori, da cui prende il nome il complesso dove si trova l’omonimo bar e il progetto neonato di Ambrosino, fosse procidano. Da tempo balenava nella testa di Marco di ritornare in Campania, e la Galleria Vittorio Emanuele III (ovvero Principe di Napoli), “quella meno nota e non la Galleria Umberto I”, aveva un potenziale incre-

dibile secondo l’imprenditore Luca Iannuzzi. “L’ultimo utilizzo di questi locali era rivolto ad uffici pubblici ma all’origine vi era un café chantant, aperto proprio da Scotto Jonno nel 1893. Lo stesso divenne uno dei cinque più famosi café chantant d’Europa”. Viene così affidato dal Comune di Napoli per dar vita ad attività culturali immerse in oltre 1800 volumi storici, acquisiti da Iannuzzi e consultabili gratuitamente, che raccontano il passaggio temporale tra il Regno delle Due Sicilie e l’Unità d’Italia. “L’ingombrante presenza del folklore napoletano inabissa il resto, però è anche vero che subisce mutamenti. Io cerco da sempre di vivere nell’anacronismo che non è un’accezione negativa ma semplicemente il non avere la velleità di intervenire sul presente; piuttosto di proiettarsi nel futuro”. Disegnare quello che sarà è diventato parte integrante del suo progetto. Infatti, grazie ad un foglio e una matita, ma anche ad un pennello, Ambrosino rende il suo percorso culinario terapeutico e totalizzante. Ogni piatto o proposta nasce da un moodboard, una tavola delle idee, che condivide con la sua squadra. Come il caso di quelli dedicati ai piatti tradizionali della cucina povera degli Anni Cinquanta, ai quali è arrivato grazie ad una quantità enorme di documentazioni visive neorealiste. “Di un piatto solo buono ce ne facciamo poco” perché “va raccontato con il sentimento e con le sue difficoltà di realizzazione, proprio come l’ingegnosità che occorre per raccontare, in un momento come questo, la città di Napoli”.

La Niña cantante

Raggiungiamo Carola Moccia, in arte LA NIÑA, in uno studio di registrazione nella zona di Mezzocannone, lo stesso spazio che ha dato vita alla storica casa discografica napoletana Phonotype Records sotto la nuova gestione di Auditorium 900.  “Non immaginavo che una musica così partenopea potesse diventare parte integrante di un linguaggio comune”, ci svela a poche ore dal suo

live in terra sarda. Ma ci tiene a precisare che i suoi testi sono intrisi di dovere e moralità nei confronti della città, e che non la vuole cannibalizzare attraverso la semplice strada del riscatto. Pensa anche che gli stereotipi sono uno dei danni maggiori che Napoli subisce da tempo, e per questo decide di non porre la città al centro dei suoi brani. Viene piuttosto sussurrata nei visual, curati da Kawasaki Ninjia, e attraverso le note della lirica napoletana che utilizza per connettersi al suo io trascendentale. Gli stessi acquisiscono un suono tribale ma anche futuristico, utili per raccontarne il tessuto multietnico intriso di storie di donne, di uomini e di diverse identità. Quanto Napoli sia pronta ad accogliere questa invasione di presenze e luci della ribalta non ci è dato saperlo, sta di fatto che concordiamo quanto Napoli sia diventata oramai un brand, in cui la stessa

RACCONTI 13

stenta a riconoscersi. “Ho una laurea in filosofia, amo il design, non ho nessuna drammatica storia alle spalle né tantomeno fingo di essere una ragazza di Scampia. Sono nata alle pendici del Vesuvio e ciò che vedo sui social, tra tutti TikTok, è totalmente diseducativo”. Chi ha vissuto qui a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta riconosce come tutto ciò sia lo specchio di quello che si vedeva nelle TV private dell’epoca, che facevano eco grottesco a quelle berlusconiane. ”Napoli vanta il primato di ospitare la più antica università laica e statale del mondo, la Federico II, e la strada per riconoscerne il patrimonio culturale diventa impervia senza una divulgazione idonea che miri al cuore del tessuto sociale divorato dal narcisismo”. Ripensa all’amore per la città da parte di Lucio Dalla e di Renzo Arbore, e si chiede come mai non si riesca a promuovere un evento strutturato dedicato alla musica (ma ci svela che sta lavorando con le istituzioni per far sì che ciò accada). “Se io ti cito La gatta Cenerentola di De Simone, sai di cosa stiamo parlando? Di un pezzo della storia musicale mondiale, non italiana, apprezzato anche dal leader dei Blur, Demon Albarn, dichiarato estimatore del protagonista Beppe Barra”.

Antonio Di Maro architetto

Antonio Di Maro è un nome noto a molti in città, e non solo, grazie alle riviste d’interni che celebrano la progettazione degli spazi privati e pubblici a lui affidata. Quello di cui può fregiarsi Napoli è il suo appassionato intervento e ruolo accademico nell’ambito della neuroarchitettura, settore in cui sperimenta dal 2013, quando da “scanzonato architetto”, come ama definirsi, ne resta affascinato a seguito di un seminario. L’emozionalità connessa agli spazi gli fanno instaurare rapporto con gli Stati Uniti per sentire la voce dei neuroscienziati coinvolti nello studio del suddetto. Apporta, quindi, un grande contributo

alla città grazie alla progettazione della sala d’attesa del reparto oncologico neonatale del Pausilipon, riuscendo a rendere ludico un ambiente ostile al mondo infantile grazie all’installazione di una foresta tridimensionale realizzata con materiali sostenibili. Ci prova ad esularsi dal pathos nel raccontare la grandezza di Napoli dal punto di vista storico e culturale, iniziando a parlare dell’osmosi che ne ha riequilibrato le sorti nel corso degli anni. L’ultimo decennio, lo stesso della sua ascesa progettuale, è stato quello della fierezza di Napoli anche al di fuori del Mezzogiorno. Così, come tanti intellettuali, provvede a valorizzarla e a sentire il dovere di raccontarla, nei convegni e nelle lecture a cui è invitato, come vero e proprio punto di riferimento che ne caratterizza gli elementi culturali, compositivi e materici. Non è campanilismo ma attivismo concreto

nei confronti di una città insabbiata da temi che restano in superficie, a suo dire, “anche a causa dell’incapacità di fare networking da parte di noi professionisti”. L’apporto al tessuto artistico e culturale locale di Antonio Di Maro si è recentemente arricchito del recupero di un appartamento in via Broggia, nel pieno della Napoli ottocentesca, dove ha scomposto le stratificazioni e portato alla luce gli affreschi abissati dalle precedenti ristrutturazioni per scoprire linguaggi connessi all’esoterismo e alla massoneria. Un incontro tra misticismo e opere di artisti contemporanei autoctoni.

Mariano Carluccio

Ballerino

Nel cuore di Riviera di Chiaia, lontani dallo scenario che contraddistingue una delle zone più vive di Napoli per i suoi locali notturni, incontriamo Mariano Carluccio e il suo profilo artistico connesso alla danza che l’ha portato al di fuori del capoluogo campano per molto tempo. Il ballo ha aiutato Mariano ad esprimersi attraverso un linguaggio non verbale, avendo molta fatica nell’esporsi a parole in un ambiente distante dalle sue visioni e dalla sua identità. Napoli è stata, però, lo slancio formativo che, grazie ad una delle scuole più operative e note sul territorio, il Lyceum di Mara Fusco, gli ha consentito di diplomarsi e ottenere stage in altrettante scuole all’estero. È così che Mariano ha collezionato una serie di riconoscimenti accademici l’università delle arti Codarts a Rotterdam, dove si confronta con i più importanti coreografi mondiali insieme a 30 colleghi di ogni nazionalità. Seguono spettacoli teatrali e televisivi, e l’approdo in Israele che ha rafforzato ancora di più il legame con la sua città natale. “Vivevo in un kibbutz ed ero perfettamente integrato nella comunità che poneva la danza come assoluta priorità, essendo stato fondato il luogo in cui stavo proprio da una compagnia. Per spiegarlo al meglio, il kibbutz è una base abitativa e

Lo sguardo scelto per raccontare L’Altra Napoli è di Gabriele Galasso

Nato in Umbria ma con origini napoletane, Gabriele Galasso si laurea al DAMS indirizzo cinema all’Alma Mater Studiorum di Bologna e capisce che la sua espressione avviene grazie al mezzo fotografico. Si diploma in fotografia presso Spazio Labò, dove diventa docente. Il suo interesse fotografico si rivolge alla ricerca artistica personale svolgendo anche lavori su commissione per brand, aziende e eventi. Progetta, inoltre, programmi educativi rivolti ai più piccoli, che sensibilizzino l’infanzia e l’adolescenza al linguaggio fotografico.

Si ringraziano Corte Satriano Residence e Patio srl

lavorativa di proprietà collettiva basata su rigide regole. Quello di cui facevo parte era internazionalizzato e mi ha consentito di scavare nel profondo, di contaminare la mia espressività artistica ma allo stesso tempo di capire quanto ancora le mie radici fossero ancorate qui e di quanto avessi bisogno della loro linfa vitale”. Anche lui colpito dalla migrazione di ritorno? In un certo senso sì, e non poteva andare meglio visto che farà parte del cast di un lungometraggio girato a Parigi con Selena Gomez come protagonista. Il sogno resta comunque quello di divulgare la danza contemporanea e performativa in città, anche improvvisando nei luoghi pubblici per renderla fruibile dalla collettività.

Alessia Caliendo

RACCONTI
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Laboratorio Olfattivo Di nome e di fatto

Gli Dei creano gli odori, gli uomini fabbricano i profumi ”, scrive il saggista Jean Giono, ed è da questa affermazione che decidono di partire Daniela Caon e Roberto Drago di Laboratorio Olfattivo. Un progetto, il loro, nato nel 2009, spinto dalla profonda passione per il mondo della profumeria artistica, a sua volta figlia di “quella che vent’anni fa era la profumeria di nicchia oggi allargatasi”, e ideato per proporre “eleganza, qualità e originalità ad un prezzo coerente”.

LA PROFUMERIA ARTISTICA INCLUSIVA

L’obiettivo non è di certo relegare l’originale uso del profumo ad una ristretta cerchia di persone come accadeva durante il Rinascimento, quando era diffuso solo fra le nobili dame e nei conventi delle maggiori città italiane, che avevano almeno un frate alchimista. Piuttosto il direttore creativo del marchio, Roberto Drago, decide di abbracciare i consumatori di oltre 50 paesi nel mondo facendo confluire le energie dei nasi più eclettici del momento, sempre col fine di mettere in campo le loro doti artistiche per produrre in piena libertà le fragranze. Questa, però, non è l’unica iniziativa volta a diffondere la cultura olfattiva, perché

Lo sguardo scelto per raccontare Laboratorio Olfattivo è di Luigi Greco

Fotografo e artista visivo, nato a Moncalieri (TO), si diploma in fotografia allo IED di Torino nel 2020. L’interesse verso il linguaggio fotografico lo porta a sviluppare i suoi progetti con un approccio multidisciplinare e attento al contemporaneo.

Nel 2021 il suo progetto “Missing Ring” diventa parte della collezione del Mufoco. Attualmente lavora come montatore video e fotografo freelance, continuando la sua formazione universitaria a Torino.

Caon e Drago hanno fondato una società, chiamata appunto Kaon, per distribuire e produrre profumeria artistica in Italia e all’estero. Attraverso questa, monitorano attentamente i principali trend del mercato e scelgono con cura i marchi da distribuire, ambendo a “selezionare prodotti e servizi di alta qualità per tutti i clienti, intessendo con loro relazioni di fiducia”. È anche un modo per rispettare il consumatore e rimanere coerenti con la visione aziendale, che sia nella produzione o nella distribuzione, ricordandosi perché questa avventura fatta di emozioni e fragranze sia cominciata. Ma anche come sia partita, ovvero “cercando nuovi marchi di fragranze da distribuire sulle riviste internazionali di moda”.

L’ESSENZA DI LABORATORIO OLFATTIVO

Le ultime della Masters’ Collection, ad esempio, sono frutto della collaborazione con i maestri JeanClaude Ellena, Lucien Ferrero e Dominique Ropion. Questi, come altri profumieri, sono partiti da un input, dalla loro idea originaria sentendo l’esigenza di raccontare la storia di un ricordo, di un viaggio o di una sensazione alla base della creazione dei profumi di Laboratorio Olfattivo. Così facendo, un universo

di suggestioni ed atmosfere viene racchiuso in un flacone dal valore inestimabile poiché custodisce al suo interno “esperienze emozionali” da vivere attraverso il senso dell’olfatto. Esperienze che, dal 2009 ad oggi, si sono susseguite in svariate collezioni come Laboratorio in Bianco, Laboratorio in Fiore e Laboratorio in Nero e le collezioni della Masters'Collection e del Viaggio in Italia by Jean-Claude Ellena, le quali hanno consolidato la presenza del marchio e la sua personalità distintiva. Elementi nobili e preziosi, alla pari di fiori come il garofano d’India e altre risorse, sono ciò da cui derivano le fragranze sviluppate nel corso degli anni, che necessitano pur sempre della maestria del naso durante la composizione: solo in quel caso si potrà parlare di vera qualità. La particolarità delle loro creazioni, percepibile annusando, viene bilanciata da confezioni minimaliste, e altrettanti negozi dal design lineare quanto riflettuto, per lasciare il giusto spazio all’esplorazione e alla scoperta attraverso una pluralità di suggestioni e dettagli. Si aggiungono poi le pareti esperienziali nei punti vendita, svariati eventi tra Roma, Milano e Torino, e incontri divulgativi finalizzati a rendere consapevoli i propri consumatori. In questo modo, è lecito parlare di profumeria artistica dato che l’arte dell’ideare e creare profumi diventa punto di partenza e d’arrivo, rispettando l’animo genuino di un‘attività tanto simile ad una disciplina artistica. E distanziandosi da coloro che “definiscono artistici i profumi solo in base al costo, creando un assioma assolutamente non corretto”, come afferma il direttore creativo Roberto Drago.

Linee Maison Tahité - Officine Creative e Anthologie by Lucien Ferrero

Nel 2014 nasce Kaon Lab come ramo produzione della società Kaon, con l’intento di produrre linee proprie e Private Label. Oltre a Laboratorio Olfattivo, vantano tra le loro creature Maison Tahité - Officine Creative e Anthologie by Lucien Ferrero. La prima esplora materie prime iconiche della profumeria cercando di rappresentarle, volta per volta, in modo originale e contemporaneo. La manifattura del loro packaging, interamente sostenibile e riciclabile, avviene utilizzando cartone riciclato, colla vegetale e carta realizzata con gusci di mandorle. La seconda, invece, è una collezione del Maestro Lucien Ferrero, nutrita dal sodalizio rinnovato con l’amico e collega Jean-Claude Ellena. Non è altro che la rielaborazione, in chiave futuristica, dell’originale linea di Lucien Ferrero. La chicca da sapere assolutamente? Sulle confezioni, in carta ruvida riciclata post consumo e prodotta nel rispetto di rigorosi standard ambientali, è impiegato il linguaggio Braille per fornire una traduzione il più possibile universale.

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La montagna e l’universo al femminile di LaMunt

Ci troviamo a Bolzano, nel quartier generale, o per meglio dire “house of brands”, dei marchi del gruppo Oberalp, Leader nella progettazione e produzione di articoli per gli sport di montagna. L’edificio, concepito per essere energeticamente autonomo, è stato progettato dagli architetti Cino Zucchi e Filippo Pagliani con l’idea di sviluppare uno spazio composto da volumi dal profilo mistilineo, uniti da grandi vetrate e da una innovativa pelle di alluminio elettrocolorato, che ricorda i massicci dolomitici. Questa è anche la sede di LaMunt, il primo brand creato interamente all’interno del gruppo, che vuole stravolgere l’idea degli sport di montagna, troppo spesso vissuti come ad alta performance e ritenuti appannaggio esclusivo del pubblico maschile. Ma la montagna, che non a caso secondo LaMunt è declinata al femminile, è un luogo in cui sono proprio le donne a sentirsi a proprio agio, sia quando vogliono misurarsi con i propri limiti che quando vogliono lasciarsi ispirare da ciò che le circonda. Uno sguardo differente con cui creare una collezione in grado di vestire in modo differente.

ALLE PENDICI DI LAMUNT

La mente dietro questa nuova realtà è di Ruth Oberrauch fondatrice del brand e vice-president Oberalp Group (in foto). Con una formazione internazionale nel brand management focalizzato sui temi di sostenibilità, approda nell’azienda di famiglia, il gruppo Oberalp, come sustainability manager. Nel 2020 fonda LaMunt, il primo marchio d’abbigliamento disegnato ‘da e per’ le donne amanti della montagna. Al centro di tutto sta la possibilità di connettersi con la natura e con il proprio sé interiore: “Non importa quanto tempo ci trascorro”, ci confida la fondatrice, “per me la montagna rimane sempre un luogo magico, un posto dove ritrovare me stessa, fare un respiro profondo e ricaricare le batterie”. Così l’amore per l’alta quota diventa un “gioco da ragazze”, in cui le linee sinuose e i colori polverosi scardinano quello che per anni ha tenuto lontano la femminilità più contemporanea in questo settore. Negli ultimi tempi, infatti, sempre più donne si sono avvicinate al mondo della montagna, dal trekking fino al climbing, e il turismo annesso a queste attività è in forte espansione.

IL SIGNIFICATO E L’IMPEGNO DI LAMUNT

Il senso e le radici del marchio risiedono nel suo stesso nome: ‘LaMunt’ è un termine ladino, lingua della Val Badia, terra natale della nonna di

Lo sguardo scelto per raccontare LaMunt è di Agostino Chiarucci

Agostino Chiarucci è un laureando dello Ied di Milano, con un trascorso formativo nell’ambito artistico. Utilizza la fotografia per imprimere i ricordi che vive durante le esperienze immersive nella natura, spinto dal forte legame con gli sport outdoor, in particolare ciò che riguarda l’alta quota.

Le quote della manodopera femminile nellʼindustria italiana del tessile e abbigliamento (2021)

48,6% lavoratori dipendenti 66,7% industria tessile

59,5% abbigliamento 28,6% manifattura

Ruth a cui infatti dobbiamo l’essenza stessa del marchio che significa esattamente ‘la montagna’. Un legame profondo, tra luoghi e generazioni, che ricorda quanta cura sia necessaria per tutelare l’universo femminile e l’ambiente che lo circonda. Con lo stesso spirito è stato creato il principio “LaMunt cares”, che racconta con trasparenza l’impegno aziendale nel realizzare capi sostenibili, utilizzare materiali riciclati di alta qualità come il cachemire e, al tempo stesso, valorizzare il corpo delle donne. Un esempio è il ReMOCA Pad, l’imbottitura isolante sintetica ottenuta grazie al riutilizzo degli scarti di produzione di POMOCA, il brand Oberalp per lo scialpinismo. Altro passo, tanto importante quanto coraggioso, è stata la scelta di rinunciare da subito all’utilizzo dei PFC - componenti chimici non biodegradabili utilizzati in molti casi per rendere i prodotti impermeabili - poiché pericolosi per l’ambiente e per l’uomo.

GLI ALTRI PROGETTI DI LAMUNT

Molto attivo sui social, il brand sta promuovendo il concept ‘tailor-it-yourself’ che invita ogni donna, con forbici alla mano, a personalizzare la lunghezza e la vestibilità dei propri capi: “Si tratta di uno dei progetti nati dopo aver ascoltato le diverse donne appassionate di montagna con cui siamo in contatto ogni giorno e che sono da sem-

Fonte: L’Occupazione Femminile nell’Industria italiana del Tessile&Abbigliamento

pre alle prese con un abbigliamento che non valorizza le innumerevoli diversità di forme dell’universo femminile”. Altri dettagli e accorgimenti vengono definiti nella fase di progettazione e ce li spiega la product developer Samuela Caldato direttamente dall’area R&D di Montebelluna, dove avviene lo sviluppo del prodotto: “Nessuno finora aveva pensato a piccoli accorgimenti ‘al femminile’ per il mondo dello sport di montagna, come una zip per regolare la vestibilità dei capi o il raffinato risvolto in contrasto per accorciarli”. Visitando il luogo in cui lavora Samuela insieme al suo team, ci si accorge di quanto possa durare il processo creativo: dai 3 ai 6 mesi per la parte di concept e, dopo aver elaborato a mano i bozzetti, si scelgono i tessuti, si sviluppano i cartamodelli e si cuciono i prototipi nella sartoria interna, in grado anche di ripristinare i capi a cui si è più affezionate. Sempre nel segno del principio “LaMunt cares”, il brand sta progettando, per il futuro, un desk cliente-azienda attraverso il quale sarà possibile usufruire della sartoria LaMunt per il ripristino dei propri capi.

LE PROSSIME VETTE DI LAMUNT

La consapevolezza con la quale il team LaMunt prende decisioni nello sviluppo prodotto, hanno consentito al brand di diventare membro leader della Fair Wear Foundation, NOG impegnata nella promozione e nel miglioramento delle condizioni di lavoro nell’industria tessile. La presenza di LaMunt è già tangibile nel mercato europeo (Germania, Austria, Svizzera, Francia e Belgio) e in specifici cluster di distribuzione, come i negozi nelle località alpine e le boutique rivolte al lifestyle delle grandi città.

RACCONTI
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Alessia Caliendo

Sacro e Profumo nell’arte di Filippo Sorcinelli

La parabola dell’artista a tutto tondo Filippo Sorcinelli è, in senso figurativo, il perfetto esempio per rappresentare il viaggio di questo numero speciale nell’Italia creativa dell’arte, della moda e della profumeria artistica. Nella storia del design è possibile citare artisti che hanno traslato il proprio estro in varie declinazioni della progettualità e dell’imprenditoria, tra tutti Piero Fornasetti, Gio Ponti e Bruno Munari. Risulta comunque molto difficile pensare a chi abbia siglato innovazioni in ambiti fino ad allora inesplorati come i paramenti sacri e la profumeria artistica. Perlomeno prima di un ventennio fa, quando Filippo Sorcinelli ha dato avvio alla sua carriera.

LA FORMAZIONE

DI FILIPPO SORCINELLI

Il suo percorso inizia dal subire il fascino degli ambienti ecclesiastici dove, guidato dalla madre che faceva le pulizie della chiesa di Mondolfo (Pesaro e Urbino), scopre tra le altre cose, i paramenti sacri. Le sacrestie sono luoghi di rigore, misticismo e opulenza a partire dal profumo di incenso che si respira e che evoca emozioni connesse alla spiritualità. Seguono per Sorcinelli gli studi all’Istituto d’Arte e al Conservatorio Gioachino Rossini di Pesaro, poi il perfezionamento presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma. L’improvvisazione all’organo, che ne ha segnato anche l’approdo alla cattedrale di Notre Dame, è uno dei suoi maggiori talenti così come quello di essere una fucina di idee che l’hanno guidato a creare due attività imprenditoriali dal carattere unico, e in continuo bilico tra il sacro e un’apparente profano.

DA MONDOLFO, SANTARCANGELO DI ROMAGNA, AL VATICANO

Le tappe per raccontare Sorcinelli iniziano diramandosi in due regioni confinanti: le Marche, sua regione d’origine, e il cuore della Romagna, quella d’adozione. La prima patria di Raffaello e, più vicino a noi e allo stesso Filippo, il fotografo Mario Giacomelli, tra l’altro scelto come tributo attraverso una sua opera olfattiva. La seconda invece, che viene rappresentata dal fotografo Luigi Ghirri, tra topografia e iconografia. Una linearità in contrasto ma in dialopgo con la sontuosa eleganza impiantata proprio qui, a Santarcangelo di Romagna, da Filippo Sorcinelli e il suo Atelier LAVS (termine in latino con riferimento alla lode, ma anche acronimo di Laboratorio Atelier Vesti Sacre). Un progetto ambizioso che ha rivoluzionato a livello mondiale i paramenti sacri, nato sulla convinzione che “un paramento non è di

proprietà di una persona, ma di una chiesa, e al termine del suo uso liturgico, entra a far parte del suo patrimonio artistico”. Partendo da questo intento, Filippo ha deciso di rivoluzionare la manifattura delle vesti ecclesiastiche ambendo all’eccellenza dei tessuti, dei ricami, delle passamanerie, delle minuterie e degli elementi preziosi, utilizzando ispirazioni e materiali dell’alta moda per la prima volta nella storia. Come? Viaggiando tra fiere settoriali e producendo mood board, tavole ispirazionali, che non si allontanino da quelle degli uffici stile delle grandi maison. Il tutto con l’intento di rendere la veste liturgica viva e contemporanea, e non connessa ad un’idea di antica staticità. La forte conoscenza nell’ambito liturgico gli ha consentito uno studio avanzato dei

paramenti sacri, i cui dettagli e tessuti differiscono dalla tradizione. Ed è così che una casula, il manto che copre la gerarchia ecclesiastica, una mitra, ovvero il copricapo, e un piviale, l’ampia veste liturgica aperta sul davanti e fermata sul petto da un fermaglio, vengono prodotti in una modalità inedita sia in termini di manifattura che progettuali. “Inizialmente è stato molto difficile far comprendere un prodotto così diverso rispetto a quelli fin prima presentati, ma il passaparola è stato d’aiuto. Molti sacerdoti sono rimasti destabilizzati, poi ne hanno compreso il senso della progettualità unito alla competenza in materia di chi rispetta tutte le regole liturgiche”.

L’APPROCCIO DI ATELIER LAVS

A distanza di oltre 20 anni, Atelier LAVS è diventato un punto di riferimento che ha curato, con cadenza periodica, le celebrazioni di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco. Qui ogni celebrante viene seguito dall’inizio alla fine per la realizzazione di richieste tailor made, così come avviene nella sede romana e in quella di Assisi. Questa attività ha curato anche la vestizione dei santi, come è avvenuto per Papa Celestino V, grazie all’abilità di un laboratorio sartoriale, perlopiù femminile ed under 35, per sfatare il mito che i giovani non sono appassionati di manodopera; e grazie all’approccio slow alla realizzazione, che consente una produzione veramente Made in Italy. L’unico strappo alla regola viene fatto per un ricamificio presente tra le eccellenze locali, utilizzato dai grandi nomi della moda internazionale. Ciò non toglie che Atelier LAVS viva della soddisfazione delle proprie committenze e di un customer care ineccepibile, che spesso consegna personalmente e consente la riparazione per fornire alle vesti un ciclo di vita a lungo termine: “L’emozione più grande in fondo è vedere le nostre opere prendere vita nelle cattedrali del culto religioso cattolico, dalle piccole chiese fino ad arrivare in mondovisione”. Perché loro non

RACCONTI
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producono solo vesti sacre, ma croci, pettorali, anelli, calici e bacoli pastorali. E i profumi artistici nascono proprio da questa esperienza, pur continuando il percorso con un atelier indipendente sempre sotto il “cappello” di Filippo Sorcinelli.

LA PROFUMERIA ARTISTICA SACRA (E PROFANA)

Tutto nasce infatti dal metodo di confezionamento dei paramenti sacri per i propri committenti. Gli stessi, prima di essere spediti in sofisticati packaging, vengono profumati con una fragranza a base d’incenso. Le richieste per uso personale non sono tardate ad arrivare, ed è lì che il lato imprenditoriale di Filippo Sorcinelli ha preso il sopravvento e ha dato vita a LAVS, il primo profumo omonimo. Proprio in questo settore, l’estro di Filippo Sorcinelli riesce a raggiungere picchi di creatività e passioni estreme capaci di travolgere i sensi di coloro che decidono di scoprirlo. L’attualità e la sfera intima e sociale dell’individuo sono i punti di partenza per raccontare i suoi profumi, così come la musica, il cinema e la sacralità, fino ad arrivare all’erotismo. Creazioni come Notre-Dame 15/4/2019, che ricorda l’incendio della cattedrale di Notre Dame di Parigi avvenuto proprio nel 2019, basato su note “del legno bruciato rinfrescato dall’acqua che scorre”, disorientano e appassionano; così come la fragranza ispirata al terremoto del 2016 in Marche e Umbria. Dal nome evocativo, Epicentro, contribuisce con i suoi ricavi alla ricostruzione di alcune aree, senza dimenticare la collezione Extrait de perversion, indagine sociale ed olfattiva che descrive momenti intimi dell’uomo identificati come tabù.

LA COLLABORAZIONE COME PUNTO DI FORZA

Lo storytelling di ogni profumo è presente anche nei flaconi materici, vere opere della manifattura artigianale italiana in grado di custodire e rispec-

Lo sguardo scelto per raccontare Filippo Sorcinelli è di Tiziano Demuro

Tiziano Demuro è un artista visivo. Consegue la laurea magistrale in fotografia presso l’ABA Brera a Milano, dove oggi vive e lavora anche come docente dopo una parentesi lavorativa in Lituania presso il Kaunas Photo Festival. Il suo percorso sull’immagine contemporanea è affrontato attraverso sperimentazioni crossmediali. La sua ricerca si focalizza su storie che comunemente soggiacciono a narrazioni primarie che le sovrastano. Nella produzione più recente, si è focalizzato sullo studio dell’immagine in relazione all’olfatto e alle pratiche sinestetiche che ne scaturiscono.

Si ringrazia Mirko Sperlonga

chiare l’estratto custodito. Ma qual è il tilt che genera la creazione di una fragranza? Così come l’improvvisazione all’organo, si tratta di puro impulso emozionale. Filippo Sorcinelli non è da solo in questa ascesa ma, sin dall’inizio della sua esplorazione verso il mondo della profumeria artistica, viene seguito dal suo “naso” di fiducia, Carlo Ribero. Una fusione empatica, la loro, suddivisa tra Milano, dove si trova il laboratorio di Carlo e nascono le fragranze, e Mondolfo, che sancisce il prosieguo della catena produttiva dalla produzione artigianale dei flaconi fino al sigillo finale. Così come a Santarcangelo, anche nell’headquarter di Mondolfo esiste una forza lavoro molto giovane e appassionata nel vivere le evoluzioni di un’azienda arrivata ad un’ampia gamma di proposte, accogliendo anche il mondo della cosmesi e delle profumazioni d’ambiente, disponibili in distributori selezionati e nei due monomarca italiani a Milano e Roma.

UNA CARRIERA SOTTO IL SEGNO DELL’ARTE

Le declinazioni espressive di Filippo Sorcinelli, inoltre, trovano la massima espressione nei percorsi espositivi personali – dove dialogano insieme la sua pittura, la scultura, le istallazioni olfattive e la musica - e per i quali gli viene affidata la curatela. Si menziona tra tutte la mostra In Persona Christi - Benedetto XVI e Francesco nei parametri di Filippo Sorcinelli presso il Museo Diocesano Pio IX di Imola, inaugurata lo scorso aprile. Qui piviali, casule e mitre, intessuti di lane, broccati e sete pregiate, insieme ad opere di argenteria come calici e pastorali provenienti dagli archivi dell’Atelier LAVS, hanno avviato un’esperienza sensoriale delle fragranze, progettate dallo stesso Sorcinelli, consentendogli di inaugurare un ulteriore capitolo della sua eclettica vita professionale.

L’arte e lo sport dietro U.S. Polo Assn.

Intervista al CEO e Presidente di U.S. Polo Assn., J. Michael Prince, che affronta il legame con l’arte italiana nell’interesse di amplificare il valore del brand globale, alla continua ricerca del design e della produzione di alta qualità

Da sempre autenticamente connesso al mondo dello sport, U.S. Polo Assn. dialoga anche con l’arte e la musica. Non potevamo scegliere location migliore, vale a dire la città di Firenze, per celebrare questo connubio al Giardino Torrigiani in occasione di Pitti Immagine 104. Abbiamo pensato quanto fosse importante celebrare le emozioni che gravitano attorno ad ogni forma d’arte, così come i valori presenti nello sport. Ed eccoci qui ad allargare i nostri orizzonti.

Come vi siete approcciati al mondo dell’arte nella sua totalità?

La nostra scelta è ricaduta sullo scultore Antonio Signorini, da sempre strettamente connesso al mondo equestre. Per U.S. Polo Assn. e il suo evento ai Giardini Torrigiani, ha creato miniature di ARCTURUS e SUN: i due cavalli volanti in bronzo alti 10 metri installati al centro di Piazza del Carmine a Firenze, che fanno parte del progetto “Attraverso”. Mentre per la musica ci siamo affidati ai Planet Funk, gruppo rock che ha celebrato i propri 20 anni sulla scena musicale, in qualità di portabandiera del territorio toscano.

Siete presenti in Italia a supporto della FISE (Federazione Italiana Sport Equestri) ma anche con un prodotto che in Europa si inspira al Made in Italy?

L’Europa è fonte di costante ispirazione per noi così come l’Italia e il Mar Mediterraneo, a cui è ispirata la collezione della prossima Primavera/ Estate presentata al Pitti 104. I colori sono cangianti, vibranti e allegri, e tutto viene tradotto

Lo sguardo che ha incontrato J. Michael Prince è di Angelo Guttadauro

Angelo Guttadauro si laurea nel 2014 all’Accademia di Belle Arti. Inizia come fotografo freelance lavorando per diverse agenzie pubblicitarie, e dal 2019 al 2021 produce la serie fotografica “Connect with materiæ” sotto lo pseudonimo di Guttæ. Inizia poi a collaborare con testate giornalistiche internazionali, etichette discografiche, musicisti, brand e privati.

nella nostra ampia gamma di abiti e accessori. Il Made in Italy e il legame con la vostra terra oramai fanno parte del nostro DNA. Tutto ciò si traduce in una particolare sensibilità nello specifico nel mercato italiano.

Infatti sono presenti collaborazioni esclusive con importanti studi di design italiani. Quali sono le partnership di cui vi forgiate?

Incom è uno dei nostri partner licenziatari più consolidati per il comparto apparel in Europa. Il CEO Lorenzo Nencini, insieme al suo team, mette costantemente a disposizione know-how e idee visionarie. Direi che insieme non sbagliamo un colpo, e siamo davvero entusiasti dell’apporto che Incom fornisce alle nostre collezioni. Menziono anche Eurotrade, il quale riproduce per l’ambito dell’orologeria e della gioielleria lo stile classico americano di ispirazione sportiva che si evolve stagione dopo stagione attraverso dettagli, forme e colori; così come i nostri partner nell’ambito delle borse e delle calzature di alta qualità e creatività prodotte in Italia da Bonis e Eastlab.

Il motto di Pitti Immagine 104 è stato “Play Your Part”, quindi “fai la tua parte nel mondo”. Valido se si tratti di sport, vita o sostenibilità Com’è operativo il brand in tal senso?

Vogliamo essere partecipi del cambiamento globale e lo facciamo offrendo una varietà di prodotti 100% sostenibili in tutto il mondo. Collaboriamo con gruppi come 4Ocean, con sede in Florida, che si occupano di ripulire i corsi d’acqua del mondo eliminando la plastica. La stessa, una volta recuperata, viene trasformata in materia prima per la manifattura tessile. Per noi questo è importante perché la nostra missione aziendale guarda al futuro del pianeta e vuole contribuire a salvaguardarlo il più possibile.

Alessia Caliendo

INCONTRI 23

Quando una sartoria diventa (quasi) museo

Dino Trappetti, caratterizzato da un’eleganza nello spirito che si manifesta poi nella postura, nel portamento raffinato e nella dizione naturalmente senza accenti, ha ricevuto a giugno 2023 un’onorificenza alla Carriera da parte della Camera dei Deputati. Socio sin dagli esordi del grande amico Umberto Tirelli, sarto, non ha mai lavorato con lui, occupandosi invece di pubbliche relazioni all’interno dei vertici della cultura e dell’arte. Negli anni Novanta, però, ha ereditato la Sartoria per proseguire meticolosamente il lavoro già iniziato da Tirelli. Questa ha fatto la storia del cinema, del teatro e della lirica interpretando i sogni di registi e costumisti, ed elevando ad arte gli abiti che hanno permesso agli attori di fondersi con l’epoca e con i personaggi, contribuendo alla vincita di 17 Oscar. Oggi la loro collezione di abiti, una delle più importanti al mondo vantando 315.000 pezzi, tra cui gli abiti autentici della Regina Margherita e di Carolina Bonaparte, è il risultato di una ricerca durata tutta la vita, quella di Tirelli, continuata poi da Dino Trappetti.

Siamo stati accolti in un clima quasi familiare da Alessandro Trappetti e Laura Nobile, suoi nipoti. Tirelli viveva addirittura nell’appartamento di fronte alla Sartoria, coltivando una certa intimità con costumisti e allievi. Si può definire un’azienda familiare questa?

Tutto iniziò con l’aiuto di amici fraterni nel 1964. Ero poco più che ventenne e già conoscevo bene Tirelli. Quando volle mettersi in proprio, mi sono offerto di aiutarlo con una quota, ma non ho mai lavorato con lui. Tirelli si fidava totalmente di me, ero il suo socio ed amico, poi comprammo anche una casa insieme a Capri e il nostro divenne un rapporto familiare. La familiarità qui si esprime anche nel modo in cui viviamo il lavoro, i rapporti con i collaboratori, le sarte e il fattorino. Antonio, il magazziniere ormai lo sento come un fratello. Io sono subentrato quando Tirelli, poco prima di morire, mi ha lasciato gran parte della sua quota.

Lei era da sempre legato alla Sartoria, ma com’è nata l’amicizia con Tirelli?

Frequentavo e amavo molto il teatro. Poi un amico mi portò in una filodrammatica in cui il regista era Andrea Camilleri, non ancora il famoso autore di Montalbano. Io avevo 17 anni e fui subito preso. I costumi li forniva una piccola sartoria, ma quando si decise di produrre La locandiera di Goldoni andammo alla Safas, una sartoria di alto livello. Lì conobbi Tirelli che ne era il direttore. Siamo diventati subito amici e venne a teatro a vederci. Così iniziò la nostra amicizia, e io ebbi la fortuna di conoscere il suo mondo.

Tirelli sembra un personaggio da film!

Era un fuoco d’artificio - risponde ridendo -, era “inarrestabile” come dice Tosi in un’intervista: lavorava moltissimo ma si divertiva. È stato una presenza indispensabile nella mia vita. Pur di lavorare in teatro, iniziai dal basso facendo il fattorino/tuttofare al Festival di Spoleto del 1965. Solo tre mesi dopo, accompagnando in macchina Giancarlo Menotti a Perugia, mi notò e cambiò la mia vita per sempre. Iniziai con lui a lavorare nelle pubbliche relazioni, che è diventato poi il mio mestiere. Nella vita bisogna essere pronti a fare qualsiasi cosa, nessun lavoro è mai umiliante. Io sono stato fortunato però ho osato, rischiato.

E qual è la sua produzione sartoriale preferita fino ad oggi?

La più grande fu Il Gattopardo (l'abito indossato da Claudia Cardinale nella foto in basso a sinistra), di cui Tirelli, scelto da Visconti, aveva realizzato i costumi pur non avendo ancora fondato la sartoria a suo nome. Fu proprio in questa occasione che comprese la possibilità di mettersi in proprio, e così ebbe inizio la Sartoria.

Quella che avete vissuto è stata un’epoca d’oro del cinema e della storia di Roma. Col passare degli anni si può dire che si parli meno di arte e più di budget?

Io seguo e coltivo l’insegnamento appreso da Tirelli, il quale, se interessato a qualcosa, si metteva e la faceva. Per lui era un investimento sul futuro. Noi facciamo tutto il possibile affinché il prodotto venga presentato in modo impeccabile. Una una buona stoffa, ben tagliata e ben cucita, diventa quella che chiamo “la riserva aurifera dell’azienda”

E ha mai pensato che la vostra collezione potesse dare vita ad un museo?

A cavallo di questo secolo, nacque in maniera lungimirante un progetto con Francesco Rutelli, allora sindaco di Roma. Si era scelta una sede e iniziarono gli investimenti. Purtroppo il posto scelto non era più disponibile, ma io avevo già fatto restaurare 200 abiti autentici. Oggi sono disponibile a riprendere il progetto, perché mi piacerebbe gestire esposizioni temporanee in cui il cinema, le serie televisive, il design e gli abiti della nostra collezione siano in costante dialogo e a disposizione di tutti.

Qui nel suo studio vedo i bozzetti delle collaborazioni della Sartoria con i maestri dell’alta moda, tra cui Karl Lagerfeld, Versace e Valentino. Ma quanto deve la moda alle suggestioni che vengono dal grande cinema?

Un esempio è quando, nel 1968, Tosi realizzò per la Caduta degli Dei di Luchino Visconti meravigliosi vestiti in stile anni Trenta, indossati

Lo sguardo scelto per raccontare la Sartoria

Tirelli è di Vittore Buzzi

Autore di fotografia contemporanea e docente ha vinto numerosi premi fra cui: World Press Photo, Premio della Federchimica, Premio della Provincia di Milano, Premio Yann Geffroy. Ha pubblicato sulle principali testate nazionali ed internazionali. Sue immagini sono presenti in collezioni pubbliche e private.

dall’attrice Ingrid Thulin. Ci fu una riscoperta clamorosa di quel decennio, la cui linea ancora oggi non si perde di vista. Il liscio scivolato morbido, con la vita appena segnata, per me è il massimo della femminilità.

Quali invece sono oggi gli impegni della Fondazione Tirelli Trappetti per il futuro?

Stiamo collaborando con New York, Tokyo, Londra e Parigi. Stiamo preparando una mostra importante a Roma per il 60esimo della Tirelli in occasione della festa del cinema del prossimo anno, organizzata con Gianluca Farinelli e promossa dalla Commissione Cultura della Camera dei Deputati.

INCONTRI 25

La comunità BIPOC nella moda italiana

Il punto di vista di sei talenti e protagonisti del fashion system ci restituisce una panoramica sull’inclusività etnica nella moda italiana e sulle comunità Black, Indigenous and People Of Color al suo interno

Da dove iniziare? Visiting prof in varie università; direttrice del dipartimento di Fashion Design dell’Accademia delle belle arti di Douala; talent scout alla ricerca di Unseen Profiles, talenti invisibili per il sistema. Quando ho creato Afro Fashion Association nel 2015, ero piena di sogni e ho deciso di credere nella moda in quanto strumento universale di comunicazione a livello personale e pubblico. Oggi, il fashion system vive un’evoluzione dal punto di vista della diversità, ma io credo sia gonfiata dal tokenismo. Dopo Black Lives Matter, c’è stata un’enorme attenzione sul tema e un conseguente declino, quasi fosse stato un trend; e questo è molto triste. Io penso che l’Italia abbia il potenziale per proporre un modello di società multiculturale, come ha saputo abilmente fare con il Made in Italy o il food. In che modo? Allontanandosi dal paternalismo e garantendo meritocrazia, dialogo e interscambio culturale come basilari prerogative.

Zenam significa raggio di sole in dialetto Bamiléké. Ho scelto questo nome quando mi sono trasferito da Parigi a Milano e osservavo nelle boutique i colori ombrosi delle collezioni dei grandi brand. Non capivo perché non ci fossero rappresentazioni multiculturali nella moda italiana, e proprio su questo vuoto ho puntato la mia luce mélangé, generata dai miei viaggi e dall’impatto della colonizzazione francese sulla mia cul-

tura. Il brand Zenam si basa sull’integrazione subregionale dell’Africa subsahariana, fondendo Made in Italy e tradizioni artigianali locali per dare vita a collezioni ibride con stampe inedite e un influsso internazionale.

Abbia Maswi Make-up artist, creator e insegnante

Nel 2015 ho creato l’hashtag #focusondarkskin perché mi sono resa conto che in Italia mancava proprio una nicchia di professionisti ed una formazione adeguata a riguardo. Sono andata a Parigi e in Spagna a fare corsi di formazione e master per approfondire il trucco dark skin e portarlo in accademia come professionista specializzata in pelle nera. Oggi insegno e vivo nelle Marche, da tre anni lavoro con celebrities, coltivo il mio seguito sui social con contenuti dedicati; tutto ciò mi ha aiutata a dare visibilità al mio lavoro e alla mia inclusivity mission nel mondo make-up.

Lo sguardo scelto per raccontare i 5 talenti BIPOC è di Marzio

Emilio Villa

Marzio Emilio Villa è un artista black-indigenous, nato in Brasile, che vive e lavora a Milano. Dal 2012 espone in maniera ricorrente presso la galleria parigina Myriam Bouagal Galerie. Dal 2020 al 2022 ha collaborato attivamente con il quotidiano Wall Street Journal. Nel 2021 il suo lavoro “Privileges” entra a far parte della collezione permanente del MUDEC di Milano. Con il progetto “the five stages of grief” partecipa, invece, al PhotoVogue Festival 2022 nella collettiva Italian Panorama.

mia personalità multiforme, tra influenze romantiche e linee maschili. A Milano ho intrapreso il mio percorso nel fashion come consulente d’immagine, stylist, producer, talent manager e docente di Image Consulting in Accademia del Lusso. La rete nata attorno alla volontà di normalizzare le diversità ha condotto naturalmente a Wariboko, la mia agenzia di management che oggi conta 38 talenti afro-discendenti nei settori moda, pubblicità, cinema e doppiaggio.

Quando ho imparato a truccarmi, dovevo farmi mandare fondotinta e correttori dagli US, perché in Italia non esistevano tonalità di prodotto adatte a me. Oggi l’offerta di molti brand è più ampia e questo è un miglioramento. Frequentare l’accademia in Italia mi ha dato l’attestato, ma è stato completamente infruttuoso per le mie competenze: oggi sono specializzata in make-up dark skin, grazie a corsi in Repubblica Dominicana, Spagna e master online con insegnanti brasiliane e dominicane.

Talent Manager, imprenditrice e consulente d’immagine

Mi definisco fieramente un’imprenditrice, figlia di imprenditori nigeriani. La mia passione per la moda nasce con me a Carpi, distretto manifatturiero di maglieria, dai pomeriggi passati nella stireria dei miei a immaginare la storia di abiti e tessuti. Lo stile trendy di mia mamma, unito a quello classico di mio padre, hanno dato vita alla

Dai venti ai trent’anni ho vissuto a Parigi e ho iniziato a sviluppare i temi di razzismo e discriminazione tramite il mezzo fotografico. Dal 2022 ho visto un regresso nel dialogo sulle disparità razziali. Credo che nessuno abbia mai preso sul serio il discorso, che sia stato trattato come un fenomeno passeggero. Non mi aspetto di assistere a grandi rivoluzioni ideologiche nella mia generazione. Negli anni ‘60 l’assassinio di Malcolm X provò che il retaggio della schiavitù, terminata cent’anni prima, era ancora vivo e forte nella società americana. Ma questo racconta quanto sia impervia la strada del progresso.

INCONTRI
Betty Sosa Make-up artist e creator Charity Dago Marzio Emilio Villa Fotografo
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Cina e Italia si incontrano nei profumi artistici di Jijide

Jijide è un’espressione cinese che rappresenta la joie de vivre, ma anche il nome di un marchio di profumi artistici sostenibili che nasce da una conversazione tra tre amici, Andrea, Adam e Fanqi. Loro volevano “solo” trasmettere la ricchezza delle proprie culture, e l’hanno fatto con le fragranze.

Unire elementi della tradizione cinese a quella italiana, e viceversa, cosa vi ha fatto scoprire sul mondo dei profumi?

Jijide è partito interiorizzando e contaminando due tradizioni millenarie, quella cinese e quella italiana, applicando su di loro uno sguardo contemporaneo e innovativo quanto capace di plasmare fragranze che raccontino il dialogo tra culture. Grazie a questa prima esperienza, quella della collezione che chiamiamo “Personalità”, ci siamo resi conto dell’assenza nel mondo del profumo di una proposta che proponesse come valore principe la volontà di far scoprire la pluralità delle culture e la bellezza che può nascere dal loro incontro.

L’approccio di Jijide lo definite come inclusivo. Ma in cosa consiste l’inclusione nel mondo dei profumi?

Per rispondere ci serve un aneddoto personale. Noi iniziamo ad interessarci al mondo del profumo nel 2015, quando Fanqi ci propone di pensare ad una boccetta di profumo da viaggio per il mercato cinese. Da qualche anno stava crescendo in Cina l’interesse per i profumi occidentali. Capitava sempre più spesso, passeggiando nelle città cinesi, di percepire intense scie di profumo lasciate da adolescenti. Scopriamo che si stava diffondendo l’abitudine tra i giovani di creare gruppi di acquisto per comprare i costosi profumi europei, scegliendo formati grandi e dividendoli in piccole boccette. Questo ci ha fatto capire che il mondo del profumo di qualità, di nicchia o artistico non era capace di dialogare con contesti nuovi e più aperti.

Cosa, dunque, è identificabile come “di nicchia” nei vostri prodotti?

Preferiamo parlare di profumeria artistica invece che di nicchia, proprio per scardinare il carattere elitario. La profumeria di nicchia ha l’audacia di non seguire le tendenze di mercato, di allonta-

Lo sguardo scelto per raccontare Jijide è di Luca Strano

Luca Strano è un fotografo italiano con base a Londra e Milano. Le sue immagini sono semplici, calme ed evocative del suo interesse per il momento presente. Nel suo lavoro combina ricerca personale e attività commissionate.

Elaborazione grafica a cura di Celeste Accoto

narsi da quanto già fatto per poi scoprire; a volte ha la capacità di anticipare o addirittura avviare fenomeni poi di massa. La profumeria di nicchia insegna il metodo che permette di raggiungere un risultato alto, a partire da una scelta espressiva. Jijide ha acquisito dalla profumeria di nicchia la capacità di innovazione, il metodo di sviluppo e la potenza della narrazione. Su di questo si basa l’efficacia dei nostri prodotti di raccontare i nostri valori, in dialogo con la libertà e la personalità dei nasi coinvolti.

Avete portato fragranze artistiche anche nella vostra collezione casa. Perché?

2021-22

+16,4%

crescita delle vendite dei cosmetici a connotazione sostenibile

90%

dellʼimpatto di una fragranza deriva dalla sua confezione

Profumare gli ambienti è, con diverse accezioni, un gesto presente sia nella tradizione orientale sia in quella occidentale. È legato alla sacralità dei luoghi, alla consacrazione degli spazi e alla cura del corpo. Così come vestiamo un profumo quando siamo fuori di casa, allo stesso modo possiamo decorarne i nostri ambienti. Gli oggetti che sono da sempre utilizzati per profumare gli ambienti hanno anch’essi un carattere e un comportamento che necessitano di cura e attenzione per progettare al meglio il loro effetto. Non è molto noto quanto la capacità di una candela di rilasciare profumo sia legata allo stato di fusione della cera, piuttosto che al fatto che la fiamma sia accesa. La nostra proposta per la casa vuole insegnare come usare candele o diffusori, proprio perché diamo massimo valore alla materia.

E cosa prevedete nel futuro per Jijide?

Un profumo ricaricabile taglia fino a

le emissioni 5 volte

1,5%

emissioni globali di gas serra dellʼindustria cosmetica

A fine ottobre lanceremo due nuove fragranze: Riso e Grano. Il lancio a Natale è semplicemente determinato dai tempi di produzione. Queste due sono state realizzate da una perfume designer cinese, Zimo Luo, e una franco-libanese, Nour Akoum. Racconteranno atmosfere tipiche delle rispettive città, Shanghai e Parigi, evocando sensazioni di gioia e condivisione legate al tema del cibo. Sono le prime fragranze della collezione “Dialogo”, per la quale immaginiamo un nuovo capitolo ogni anno. Costituiscono un’evoluzione che guarda a sviluppi futuri perché Jijide è per sua natura chiamato a rinnovarsi ogni giorno, seguendo il suo tempo.

Fonte LifeGate
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La rivincita dei nasi al femminile “In Astra”

In Astra è una maison italiana di profumeria artistica nata nel 2020, le cui fragranze, ispirate alle costellazioni, sono curate dalle sorelle Fabiola e Sofia, rispettivamente direttrice artistica e naso

Si parla spesso di “sorellanza universale” e la vostra è a tutti gli effetti una fusione di intenti e di sangue. Ma la profumeria artistica è davvero orientata verso business al femminile?

Confermiamo. Negli ultimi anni si sta valicando lo stereotipo del naso, creatore di fragranze al maschile, ma anche nell’ambito dirigenziale annesso al settore. Se pensiamo alla prima e alla seconda metà del Novecento, le donne potevano davvero essere contate sulle dita di una mano. Per fortuna la virata è percepibile e l’apertura alla visione femminile si vede anche dall’ascesa della formazione settoriale.

Sofia, tu sei diplomata al Grasse Institute of Perfumery. Quanto è importante formarsi nell’ambito della profumeria artistica e quali sono i passaggi che deve affrontare un naso per definirsi tale?

Nell’ambito della profumeria artistica si tende a peccare di approssimazione professionale, e non vi è nulla di più sbagliato. Il naso è simile ad un alchimista e il training per esserlo è serrato: una vera e propria palestra quotidiana che dissocia la mente dall’olfatto. Vi è bisogno della conoscenza delle materie prime e delle reazioni generate dalle varie formule. Si tratta di un lavoro laboratoriale con chiare linee guida.

Parlate di esperienze trascendentali ed evocazioni; le vostre fragranze sono addirittura in grado di guidare verso viaggi interstellari. Ma restando sulla Terra dove vorreste condurre chi vi sceglie?

Il profumo deve essere un luogo sicuro e intimo per ogni consumatore. L’olfatto è un senso primordiale, tocca le varie corde della memoria e dell’anima quindi ci piace l’idea di connetterlo a qualsiasi idea di viaggio che sia fisica o onirica.

D’altronde è nella scelta, da astrofile, di guardare verso l’ignoto che l’universo e i suoi segreti diventano ispirazioni per In Astra. Spiegateci il parallelismo tra stelle e profumi. Guardare le stelle è sempre stata la nostra passione, ma amiamo ragionare ad ampio spettro partendo dall’universo e dalla natura come forma d’arte per eccellenza. Inoltre, l’astronomia è il perfetto connubio tra arte e scienza, ed è lo stesso che rappresenta il nostro approccio alla profumeria artistica.

Lo sguardo scelto per raccontare In Astra è di Lorenzo Marzi

Lorenzo Marzi è un fotografo e regista italiano. Crea immagini che sono al tempo stesso surreali e reali, spesso facendo interagire elementi del mondo naturale con componenti astratte e inaspettate. Usa colori vivaci, composizioni oniriche, ed è attento alle luci e alle ombre per creare un’aura di mistero.

Si ringrazia Villa Litta (Lainate)

Proponete quattro fragranze per quattro stelle, raccontate con le note olfattive e uno storytelling emozionante. Ma come si sceglie la propria stella? Lasciandosi guidare dalle emozioni. Il profumo è un momento personale che varia in base al pH della pelle di chi lo indossa. Individualmente riusciamo a comprendere dove ci conduce il gusto, ma il profumo è come una macchina del tempo: può proiettarci nel passato come nel futuro.

Invece il packaging decreta il segmento a cui ambisce In Astra, una nicchia che respira arte e che vuole uno scrigno prezioso ed elegante nel design. Abbiamo progettato un packaging che potesse connettersi al concetto astrale, quindi il blu scuro e il dorato. Il vero gioiello per noi è il tappo materico che traduce perfettamente il concetto di arte e scienza. Infatti ricorda la stella supergigante rossa Betelgeuse, da cui prende il nome una delle nostre fragranze.

E se doveste fare un punto della situazione, dove vi proiettereste in questo momento?

A segnare il nostro inizio è stato un momento globale (la pandemia di Covid-19) non dei migliori, che però ha guidato le scelte dei consumatori verso oggetti unici e consapevoli. La proiezione più imminente riguarda il lancio di una nuova fragranza nella nostra galassia, previsto all’inizio del 2024.

Incidenza della profumeria artistica sul mercato globale del beauty

Incidenza della profumeria artistica sul mercato italiano

2022

volume di fatturato

5470
2027
$ la profumeria di nicchia raggiungerà un fatturato di Fonti Il Sole 24 ore e Business Research Insights
<2% 10% incidenza sulla profumeria alcolica 2,7% beauty business italiano
fragranze
mld
310mln €
14% canale profumeria 30%
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Tra editoria e pratiche curatoriali. Intervista a Saul Marcadent

Ricercatore e curatore, Saul Marcadent racconta la contemporaneità dell’editoria stampata indipendente accogliendo Artribune negli spazi di lavoro all’Università Iuav di Venezia.

Come converge nel sistema moda il dialogo tra pratiche editoriali e pratiche curatoriali? Con immediatezza. Le riviste sono piattaforme, palestre, luoghi dove le persone possono sperimentare e confrontarsi. Sono spazi curatoriali estesi ben oltre la bidimensionalità.

Penso alla serie di eventi Publishing Traffic o al journal Dune

Questi progetti, connessi al mio lavoro di ricerca allo Iuav, mi hanno permesso di agire nel punto di intersezione tra curatela, editoria e sistema della moda. L’uno dando tridimensionalità ai contenuti delle riviste coinvolte nel ciclo di incontri curati per Gucci Garden a Firenze, l’altro segnando un passaggio dalla riflessione sul magazine alla sua realizzazione.

Lo sguardo scelto per raccontare Saul Marcadent è di Melissa Vizza

Melissa Vizza è una giovane fotografa laureata in Fashion Design allo IUAV, che ha recentemente terminato un Master in Fashion Styling al Polimoda di Firenze. La passione per la fotografia analogica nasce per lo più come mezzo per indagare il corpo ritraendolo in un modo del tutto personale. Melissa non da sempre un significato ad ogni suo scatto, ma lascia spazio all’osservatore così da consentire una libera interpretazione il cui risultato è fatto di gesti sottili e sguardi.

Oggi la resilienza della carta stampata può sembrare un paradosso…

Citando Freek Lomme, oggi avvertiamo l’urgenza di riappropriarci di una consistenza tattile-materica. L’attenzione delle riviste indipendenti ad aspetti formali, come la scelta di una carta piuttosto che un tipo di rilegatura, è intrecciata al contenuto. Li rende oggetti slegati da ogni dimensione di periodicità. Penso per esempio a Mémoire Universelle, pubblicazione in forma di “enciclopedia soggettiva” che prevede nove uscite, una a distanza di due anni dall’altra.

È un aspetto che approfondisci nel tuo laboratorio di Publishing qui allo Iuav?

Lavoriamo molto sull’oggetto partendo dalla curatela di collezioni di riviste e archivi di immagini esistenti. La prima edizione mirava a generare produzioni editoriali bootleg - un esercizio didattico incluso nel volume Radical Fashion Exercises che consiste nel creare un “gemello cattivo” dell’originale, smontandolo e rimontandolo. Nella successiva abbiamo sperimentato le possibilità della rilegatura a spirale. Quest’anno collaboreremo con il magazine Hunter grazie a Giorgio Calace.

Invece che prospettiva assumi con Tempi responsabili-Responsible Times?

Dalla collaborazione con l’azienda tessile Manteco e ispirato dalla pratica del collezionista Seth Siegelaub, mi sono interessato alla materialità, dalla pagina al tessuto. È un progetto sulla cultura della sostenibilità aperto alle contaminazioni e radicalmente diverso dai precedenti: giornate di studio e workshop sono tasselli di un processo di ricerca vivo, che prenderà la forma di un libro entro il 2024.

Fonte Independent Publishers Guild 2023 Vendite dellʼeditoria indipendente 28% 72% libri stampati e riviste formati digitali e audio Nuovi titoli media annua di autori esordienti nuovi titoli 65 19% altre identità di genere 66% 34% sesso femminile sesso maschile 0,2% Acquirenti
Aurora Mandelli
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Il mestiere di buyer per una realtà di ricerca nella moda

Il negozio multi-brand Macondo, che prende il nome dal paese immaginario del romanzo Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez, nasce con l’intento di essere una piattaforma per la moda ma anche un centro culturale per lo scambio di idee. Incontriamo allora il buyer Manuel Marelli, che si occupa dei loro acquisti commerciali e ci parla sia della sua profilatura professionale sia del mondo in cui operano i concept store.

Quanto è cambiato il ruolo del buyer di un concept store, che nel primo decennio degli anni Duemila si rapportava con scenari più classici e adesso con l’universo digitale?

Di sicuro il cambiamento è tangibile. Io sono nato professionalmente nell’era digitale quindi riesco a sentirmi perfettamente a mio agio nel traslare la mia percezione nel sistema di ricerca e promozione virtuale. Ci sono molti più player del passato, quindi le personalità e le visioni individuali devono emergere con uno storytelling caratterizzante. Non è facile ma sicuramente facilitante.

Macondo è situato nel pieno centro di Verona, e gli interni sono stati progettati dallo studio scandinavo Stamuli. Come avete concepito i suoi spazi?

Abbiamo un network incredibile composto soprattutto da talenti che sono parte della nostra famiglia professionale. Quello che vedi è frutto di anni di sinergie; tutto è nato grazie alla nostra connessione con l’agenzia creativa scandinava Moon, cresciuta sui nostri stessi binari e con la nostra stessa cifra estetica. È il partner più adatto, forte dell’aver seguito il marchio Acne Studios dagli albori, i cui codici stilistici sono parte di ogni Millennial appassionato di moda, poiché volevamo leggerezza negli spazi e funzionalità

La moda è solo l’apice dell’universo Macondo. La selezione Collateral comprende oggettistica, fragranze, magazine e libri. Ma quali sono i cinque feticci di questa stagione che ogni cultore non dovrebbe lasciarsi sfuggire?

Un brand che posso consigliare è sicuramente Frama, il quale sviluppa collezioni a 360 gradi: dal beauty all’interior fino a progettare spazi dedicati al food, come una brasserie danese. Abbiamo le loro candele da appendere alla pareti, minimal, essenziali e celebrative; poi il cuscino trasparente di JW Anderson, da utilizzare anche come accessorio. Consiglio anche di non perdere photo book

e magazine indipendenti tipo Self Service magazine, i cui contenuti sono tutte le campagne dei brand che hanno ospitato nel contenitore editoriale durante gli ultimi 25 anni. Abbiamo pure gli sgabelli in ebano di Project213a, un collettivo francese che ha iniziato producendo vasi, e i profumi di Vyrao creati da Yasmin Sewell, ex fashion director di Farfetch, che adesso produce una linea completamente naturale.

Macondo è una fucina di contenuti visivi. Come scegliete i talenti con cui collaborate?

Proprio come l’omonimo romanzo, è un villaggio brulicante di storie: lasciamo la libertà di esprimersi e “giocare”. Alcune produzioni nascono spontaneamente solo per il fatto che riceviamo

costantemente proposte creative. Sin da subito abbiamo posizionato Macondo in maniera differente, esulandoci dall’idea di concept store classico e proponendolo come un cubo esperienziale, con un’esposizione non discorsiva e aperto alla curiosità sia territoriale sia internazionale. Molti brand, infatti, ci inseriscono nel loro piano media, quindi di comunicazione, concependoci come una piattaforma fisica e digitale in cui presenziare non solo per le vendite.

Oltre a distribuire ed essere presenti su molte testate, editate internamente una fanzine annuale che raccoglie i migliori progetti di Macondo. Come avete strutturato questa ulteriore attività?

Abbiamo iniziato alla fine del 2020 con l’intento di lasciare ai nostri affezionati un documento che raccogliesse tutti i progetti digitali che abbiamo prodotto durante la pandemia di Covid-19, un momento storico per la collettività in cui ci siamo reinventati. Si trattava di dieci copie numerate, confezionate manualmente, e la richiesta è stata notevole al punto tale che abbiamo replicato negli anni a seguire. Nel 2022 abbiamo raggiunto le 200 copie, e adesso stiamo ambendo a numeri maggiori.

I brand del sistema moda mondiale, come Sacai e Farfetch, scelgono la vostra piattaforma fisica e digitale per eventi esclusivi. Quali saranno quelli in vista del 2024?

Siamo in conversazione con Paloma Wool, brand spagnolo in ascesa con cui lavoriamo molto bene

Lo sguardo che racconta Manuel Marelli e Macondo è di Riccardo Romani

Riccardo Romani ha iniziato a fotografare durante gli anni universitari quando ha acquistato la prima Reflex. Il background da grafico e appassionato di sneakers ha plasmato quella che è la sua ricerca estetica attuale, divisa tra street e fashion. Ama raccontare storie e personalità attraverso l’utilizzo di dettagli significativi, così come produrre flash visivi che permettano di esplorare soggetti dinamici e stimolanti, capaci di portare vibrazioni glamour nel contesto urbano (e viceversa).

in virtù di una moda democratica. Personalizzeremo anche le nostre vetrine con la collaborazione tra JW Anderson e Michael Clark. Ma periodicamente dedichiamo visual a stilisti emergenti offrendo loro la possibilità di farsi conoscere dai nostri clienti, e nei prossimi mesi continueremo questa attività.

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24 fotografi per il 2024

Giulia Lacolutti

Dopo la laurea magistrale in economia dell’arte, si diploma in fotografia e video all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano, e in visual storytelling alla Fondazione Pedro Meyer di Città del Messico. La sua opera indaga i comportamenti dell’essere umano e si articola attraverso la fotografia, la performance, il ricamo, il film e l’installazione. Ha vinto premi, esposto in mostre collettive e personali, tra cui La Triennale, e fatto parte di collezioni pubbliche e private. Nel 2023 ha anche pubblicato I don’t care (about football), edito da Bruno (Venezia).

Fotografia realizzata per Italia Inclusiva, un progetto originale del Ministero Italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale curato da Baringo.

Alex Garelli

Talento italo-ucraino nato in Romagna, viene selezionato per partecipare a Foto Factory Modena presso Fondazione Fotografia dopo la laurea in Linguaggi del cinema presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nel 2021 viene invitato da Silvia Camporesi all’interno del progetto Camera Work PR2, e lo stesso anno espone a Parma in una parte collaterale della mostra Abecedario d’Artista. A fine 2021, invece, partecipa a Photobuster Rimini, open call del collettivo Cesura.

Italenti della fotografia sono tanti, anche giovani, ma hanno bisogno di essere identificati e sostenuti. È per questo motivo che abbiamo selezionato, in vista del nuovo anno, 24 fotografi italiani capaci di raccontare in totale libertà le sfaccettature delle tematiche che esploriamo. Con provenienze territoriali variegate, gli sguardi individuati conducono nei sentieri della finzione, del surrealismo, dell’emozione, dell'intimità e della natura, rimettendo in gioco tutto l’alfabeto delle immagini tradizionali. Ad aiutarli è la ricerca visiva, che si espande oltre le interpretazioni dirette nel definire la pratica documentaria. E ogni opera è talmente personale, quanto sentita, da suggerire allo spettatore di riconfigurare il proprio modo di vedere la bellezza.

Alessandro Truffa

Fotografo e artista visivo torinese, il suo lavoro si concentra sui temi legati alle relazioni di cura e alle tradizioni rituali, spaziando tra campi disciplinari eterogenei. Si diploma all’ISIA di Urbino dove approfondisce la pratica editoriale e quella fotografica. Nel 2022 pubblica Fuoco contro Fuoco, il suo primo libro fotografico con Giostre Edizioni.

Alessandro Timpanaro

Dopo aver trascorso l’infanzia e l’adolescenza nella sua città natale, Bari, si laurea in fashion design all’università IUAV di Venezia, dove sviluppa l’interesse per la fotografia come strumento di introspezione e indagine della contemporaneità. L’attitudine documentaristica, combinata ad un’attenzione al linguaggio della moda, ha orientato il suo sguardo verso scene semplici di vita quotidiana che possono nascondere atti di ribellione.

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Vito Lauciello

Può definirsi un fotografo (barese) da quando a 7 anni ha ricevuto una piccola fotocamera compatta. Così inizia a praticare la fotografia da autodidatta su più campi sperimentando nuove tecniche e visioni, e credendo che il medium sia un puro atto liberatorio. Successivamente ha sviluppato una forte passione per la fotografia analogica creando una camera oscura in un laboratorio urbano, dando vita a corsi dedicati alla pellicola. Contestualmente ha frequentato un master in fotografia commerciale allo Spazio Labò, ampliando il proprio bacino di esposizioni e pubblicazioni, e la preparazione tecnica.

Martina Zanin

Artista visiva nata a San Daniele del Friuli (Udine), utilizza diversi media. Sono centrali alla sua pratica la fotografia, la scrittura, l’installazione e i libri d’artista. È l’autrice del libro fotografico I Made Them Run Away, pubblicato da Skinnerboox, e di Older Than Love, un libro d’artista. Nel 2021 vince il primo premio di Camera Work, ed è tra i vincitori di numerosi contest come Giovane Fotografia Italiana. Il suo lavoro è stato esposto in mostre personali e collettive a livello nazionale ed internazionale; alcune sue opere fanno parte di collezioni pubbliche come MoMA Library e MEP Paris.

Nasce a Moncalieri (Torino) e si laurea all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cuneo), concentrando i suoi interessi su studi ambientali ed economia sostenibile applicata alle produzioni enogastronomiche. Da sempre appassionata di fotografia e comunicazione attraverso le immagini, si trasferisce poi a Roma per conseguire gli studi all’Istituto Superiore di Fotografia. Durante la sua carriera accademica, ha ottenuto diverse pubblicazioni, documentato eventi e partecipato sia a mostre collettive sia a workshop con artisti come Erik Kessels, Luca Santese e Marco Valli.

Elena Costa Jacopo Noera

Artista visivo modenese che lavora con la fotografia, la grafica, il video e l’installazione, si è dedicato per un periodo all’art direction. Nel 2018 decide di tornare a studiare e si iscrive al master in arti visive presso la FMAV di Modena; poi inizia a proporsi come fotografo freelance collaborando con riviste italiane e internazionali. In concomitanza con la sua carriera da fotografo, ripercorre le proprie radici e nel 2021, insieme alla sua compagna Isabella Nardon, fonda muah!, uno studio specializzato in direzione artistica, branding e ricerca sull’immagine contemporanea. Continua la ricerca artistica mentre la sua opera End of the Games è stata premiata e acquistata dalla FMAV, entrando nella collezione permanente della fondazione.

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Leandro Colantoni

La sua è una delicata fotografia documentaria in grado di catturare tenerezza, mistero ed emozione in ogni fotogramma. Le immagini di Colantoni osservano il quotidiano, offrendo una finestra sull’anima della cultura e del paesaggio siciliano. Scelto dal New York Times come talento autoctono per documentare la realtà circostante, attualmente vive e lavora in Sicilia.

Olimpia Taliani de Marchio

Fotografa marchigiana affascinata dagli scatti di suo nonno ed interessata a ciò che le accade attorno, si avvicina sin da piccola al mondo della fotografia per raccontare attraverso le immagini le sensazioni che prova. Nella sua ricerca troviamo una particolare attenzione al mondo femminile e a quello della natura, che conducono ad un album di memorie composto da piccole cose, gesti, espressioni e sentimenti. Predilige il mondo analogico a quello digitale, in quanto il processo a più passaggi le fa percepire il risultato finale come autentico e reale.

Napoletano di nascita, si occupa di fotografia da quando aveva 16 anni grazie al padre fotografo. Inizia a lavorare con la moda per poi dedicarsi ad una serie di progetti personali. Il suo interesse è la ricerca del particolare e del nascosto, col fine di valorizzare le diversità. Negli ultimi anni è diventato molto più introspettivo e ha plasmato l’immagine sui suoi stati d’animo. Ciò gli ha consentito di lavorare su diversi livelli espressivi e narrativi.

Luigi Lista Chiara Bruschini

Ama definirsi appartenente al mare, a quello del litorale laziale. La ricerca nella quotidianità di scene surreali, momenti che evocano ricordi e analisi introspettive, la guida nell’osservare il mondo circostante; il desiderio di tracciare un ponte tra il passato e il presente, trovando tra la folla volti che potessero avere un’altra collocazione storica: questo l’ha spinta ad iscriversi all’Istituto Superiore di Fotografia, sviluppando competenze nel campo della ritrattistica, fotografia di moda e scena teatrale. Situazioni illusorie, talvolta oniriche, con riferimenti al mondo dell’arte, soprattutto per il periodo rinascimentale, danno vita alla sua immaginazione che la porta a Parigi.

SPAZIO ESPOSITIVO 41

Alessia Calzavara

Veneziana di nascita, è una fotografa che indaga il paesaggio e la sua rappresentazione partendo da contesti legati al gioco e al quotidiano. Dopo studi linguistici, intraprende un percorso formativo di fotografia, grafica e comunicazione visiva presso l’istituto ISFAV (Padova), dove sviluppa le basi tecniche della pratica fotografica digitale e analogica. Nel 2021 studia fotografia presso Spazio Labò di Bologna, esplorando le discipline dell’arte contemporanea legate alla progettazione fotografica e del libro fotografico.

Martina De Giorgi

Nata e cresciuta in Salento, si trasferisce a Torino per frequentare il corso di laurea triennale in comunicazione culturale. Da sempre appassionata dello strumento fotografico, decide di integrare la propria formazione accademica antropologica iniziando un percorso di studi presso la scuola di fotografia Spazio Labò di Bologna, dove è attualmente studentessa al terzo anno di fotografia.

Si diploma all’accademia di fotografia Mohole di Milano ed entra al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma dove tuttora studia per diventare Direttore della Fotografia. Ha sempre nutrito un amore per l’immagine in tutte le sue forme: nella pittura, nel cinema e, in generale, nell’arte. Scopre e utilizza la fotografia come mezzo di espressione attraverso il quale mostra frammenti della propria realtà, racconta storie, traduce idee e sensazioni in immagini. Si definisce, ancor prima di fotografa, una pensatrice e un’osservatrice. Ha un’attenzione meticolosa verso le forme, i colori e le luci, che utilizza come vocabolario visivo.

Marlene Bialas Andrea Squeo

Nato e cresciuto a Milano, scopre la fotografia nel 2017. Venendo dalla strada, mantiene il tocco dinamico del repor

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tage senza troppe regole. Il suo approccio artistico rivela una bellezza senza tempo all’interno del quotidiano, grazie al contatto intuitivo con ambienti e soggetti, che avviene celebrando l’irrilevante e trovando fascino nell’ordinario. Perché il suo occhio è attratto da dettagli sottili e scene che spesso vengono trascurate, valorizzando le “imperfezioni autentiche” di ciò che ci circonda.

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Sara Pavan

Nasce a Gallarate (Varese) e frequenta un istituto superiore di fotografia. Inizia, grazie ad un amico, a lavorare come modella approcciandosi alla fotografia di nudo, e ben presto capisce che il mondo dell’autoritratto la appassiona. Unisce a questa pratica fotografica quella del ritocco, che le consente di sperimentare la manipolazione visiva e di giocare con i propri scatti.

Maria Felicia Iannone

Fotografa campana diplomata in fashion design presso l’ISD di Napoli, nel 2018 fonda Lunatique Studio, uno spazio in cui attualmente lavora come fotografa di moda. L’anno dopo partecipa alla mostra collettiva Ethereal curata da Imagenation e tenutasi a Parigi. Nel 2022, invece, prende parte ad una residenza artistica a Salandra, nel cui contesto si dedica allo studio della fotografia in pellicola e della camera oscura. L’esperienza si rivela il punto di partenza di un rinnovato approccio alla fotografia: lento, immersivo e nostalgico.

Arthur Buoso

Fotografo queer originario di Padova, si laurea in fotografia e nuovi media a Firenze. Nel 2022 si appassiona al mondo dell’illuminotecnica, grazie ad esperienze come fotografo di backstage ed assistente in sala posa. Comincia poi a muovere i primi passi nel mondo editoriale e della ritrattistica queer. Nelle sue immagini, capitelli e madonnine kitsch si alternano a colorati ritratti di artistə LGBTQIA+, e icone transfemministe queer si mescolano a figurine cattoliche dal fascino démodé, contribuendo ad un portfolio fotografico multi sfaccettato.

Fin da piccola è stata affascinata dal mezzo fotografico, osservando suo papà scattare durante i viaggi e le gite di famiglia. La fotografia è diventata nel tempo un pensiero costante e un modo naturale per esprimere la propria creatività. Nel 2022 si laurea in questa alla Rome University of Fine Arts (RUFA), e ottiene la prima pubblicazione durante gli studi. Poi si dedica completamente alla fotografia partecipando ad esposizioni collettive in Europa e ottenendo importanti riconoscimenti editoriali.

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Beatrice Salomone

Clara Borrelli

Artista nata e cresciuta a Parma, mescola moda e musica tra Milano e Berlino. Dopo la laurea in creazione di contenuti nel 2020, ha lavorato con svariate redazioni e magazine internazionali, e curato i contenuti visivi per eventi.

Alex Tabellini

Vive a Modena e si forma alla scuola biennale di fotografia contemporanea di Spazio Labò, con cui ha collaborato anche in qualità di assistente e insegnante. Nel 2021 è stato selezionato da GUP magazine come Fresh Eyes talent e nel 2023 ha vinto il miglior portfolio assoluto a Fotografia Europea 2023, oltre ad essere co-fondatore e presidente di Sugar Paper. La sua pratica artistica oscilla tra una registrazione documentaria della realtà e una narrazione ambigua per attivare il potere evocativo ed immaginifico del medium fotografico.

Luigi Angelico

La nascita della sua passione avviene nel laboratorio del nonno paterno a Caltagirone (CT), scultore ceramista ed insegnante d’arte. Eredita una certa sensibilità verso tutto ciò che è artistico, tradotta anche nella fotografia. Attualmente vive a Milano e, a seguito di un percorso accademico, ha consolidato la sua visione definendola come unico mezzo per esprimere le proprie emozioni.

Mirko Sperlonga

Romano con una forte propensione per la tecnica fotografica, che ha approfondito specializzandosi in illuminotecnica e scatto digitale avanzato, si è diplomato in Fotografia di moda all’Istituto Superiore di Fotografia. Attualmente espone presso alcune gallerie statunitensi con l’idea di continuare a lavorare nell’ambito della fotografia documentaria, sempre in dialogo con il fashion.

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L’università americana che tratta di arte nel cuore di Roma

L’arte a servizio del mondo della moda e della profumeria non può che provenire dai diversi scenari del panorama formativo, in cui spiccano le eccellenze peninsulari. E perché non studiare le discipline artistiche in alcune delle più belle sedi storiche romane, e in uno spaccato di notevole pregio come quello della tradizione americana delle arti liberali? I seminari e i corsi della John Cabot University, infatti, si svolgono nei campus del quartiere Trastevere di Roma, nella cui libreria, insignita di varie pubblicazioni e progettata dallo studio AEV Architetti, ma anche negli altri spazi comuni, abbiamo incontrato le matricole, gli studenti e gli alumni di successo. I professori sono accademici, professionisti e mentori che invitano gli studenti provenienti da oltre 75 paesi al confronto e all’approfondimento costante. Un approccio indipendente alle discipline, il loro, che dal 1972, e nel nome di Giovanni Caboto, abile navigatore ed esploratore italiano del XV secolo, offre corsi di laurea e programmi di studio accreditati in Italia e all’estero

per alimentare il sapere nell’ambito della cultura, della creatività e degli affari internazionali. Il polo formativo è un vero e proprio passepartout che apre le porte nei confronti delle migliori scuole di specializzazioni e del lavoro offrendo stage presso multinazionali e organizzazioni internazionali, ONG, consolati, uffici governativi e musei di tutto il mondo.

L’ESPERIENZA ACCADEMICA DELLA JOHN CABOT

Le opportunità di interazione tra docenti, personale e studenti sono fornite su base continuativa in vari modi: attraverso opportunità sociali e culturali organizzate all’interno dell’Università come lezioni pubbliche forum e conferenze; con contatti all’esterno dell’Università che mirano ad interagire con con studiosi internazionali, leader del mondo degli affari e del governo; e attraverso consulenze accademiche, professionali e personali. Uno degli obiettivi principali del programma didattico della John Cabot è quello di fornire a

Alumni Master of Arts

“Nonostante abbia iniziato il percorso di studi nel pieno periodo pandemico, l’esperienza accademica è stata indimenticabile. Ho acquisito un pensiero critico e mi sono state offerte opportunità di approfondimento e ricerca di notevole prestigio. La ricchezza e la varietà degli insegnamenti condivisa da docenti specializzati, ognuno nel proprio campo, mi hanno offerto un’ampia panoramica sul mondo dell’arte. Sono attualmente impegnata come coordinatrice didattica in ambito accademico”.

Alumni Master of Arts

Michal Luynn Schumate

“Vengo da un percorso universitario effettuato nel mio paese, gli Stati Uniti, e solo dopo molti anni ho realizzato di voler proseguire gli studi con un master. Sono una studentessa del primo anno operativo del Master of Arts, il 2017, uno dei percorsi formativi più stimolanti mai affrontati. Ho vissuto appieno il tessuto artistico romano, analizzandolo a fondo e percependo la fusione con il territorio. Attualmente sto conseguendo un dottorato in Cultural Heritage al prestigioso IMT di Lucca”.

ogni studente la preparazione necessaria per l’apprendimento permanente e la realizzazione personale in un ambiente sempre più multiculturale. Infatti, il contesto accademico, che incoraggia la sensibilità verso le diverse origini etniche e culturali, li guida ad avere successo nelle comunità internazionali del mondo degli affari, del servizio pubblico e dell’università grazie ai più alti ideali di realizzazione professionale e personale e che motivano un’analoga dedizione all’eccellenza nei loro colleghi. Le classi della John Cabot University a Roma, tutte in lingua inglese, sono composte in media da circa 15 studenti favorendo un ambiente di confronto intimo e sereno che invita all’approfondimento e alla produttività.

BACHELOR E MASTER OF ARTS IN ART HISTORY

Tra le tante proposte, ci sono anche gli studi in Storia dell’Arte, Undergraduate e Master, che guidano gli studenti verso la padronanza professionale della tematica ponendo l’accento sulla ricerca museale e archeologica, con un particolare focus sulla cultura di Roma e del Mediterraneo, comprendendone l’impatto mondiale tra passato e presente. I temi affrontati sono tra i più svariati: dalla pittura manierista alla ritrattistica romana antica; dalla miniatura medievale dei manoscritti fino all’antiquaria barocca; dalla critica d’arte americana del XIX secolo alla fotografia contemporanea in Europa e in Africa. I seminari di ricerca sono periodicamente arricchiti dalla partecipa-

Lo sguardo scelto per raccontare la John Cabot University è di Ersilia Tarullo

Ersilia Tarullo è una fotografa e artista visiva. Nel 2020 conclude il ciclo di studi triennale presso l’ISFCI, Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma e a seguito consegue il Master in Fotogiornalismo. La sua ricerca propone temi a carattere intimista, utilizzando la fotografia come mezzo espressivo di indagine individuale.

zione di ospiti di spicco provenienti da altre università, accademie straniere, musei e contesti culturali, accolti dai docenti che vantano dottorati di ricerca e altri titoli avanzati in storia dell’arte e archeologia presso importanti istituzioni, tra cui le Università di Oxford, Chicago, Monaco di Baviera, Pennsylvania ed Edimburgo. Il conseguimento di questi percorsi, presso la John Cabot, può essere il primo step verso un’affascinante carriera nel settore dell’arte, applicata a tematiche da noi trattate come giornalismo, media e altre vocazioni creative.

CURRICULUM
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Il futuro della moda italiana passa anche da Milano

La politica non se ne cura abbastanza, molti la ritengono addirittura superficiale. Ma la moda è parte del presente e del futuro dell’Italia. E l’Assessora del Comune di Milano Alessia Cappello ne sa qualcosa

2023

Il fatturato del settore (insieme ai comparti collegati, come gioielleria e occhiali) arriverà a € 103,5mld +5,3%

2022

La moda non ha un luogo preciso, ma Milano ne è la capitale italiana sin dalla seconda metà degli Anni Sessanta, quando i marchi del lusso l’hanno scelta per le loro sfilate. Oggi è proprio qui che “i nuovi talenti crescono e trovano ispirazione grazie alle Accademie”, come afferma Alessia Cappello, Assessora al Lavoro e allo Sviluppo Economico con delega alla Moda del Comune di Milano. “La città è un vivaio di creatività che fornisce opportunità per formarsi e costruire carriere”, ma “a fare la differenza è la nostra fashion week, una vetrina per i più conosciuti e un trampolino per i meno”. Diventata uno degli appuntamenti più attesi, “negli anni la moda italiana ha dimostrato di sapersi adattare alle dinamiche che hanno attraversato il mondo, non solo del lusso”. Il futuro della moda italiana, però, dipende anche dalle decisioni di politici che ignorano i vestiti. “Non sono beni di prima necessità, ma possono aiutare il Paese; purtroppo, per una parte di politica, la moda rimane un mondo fatto di lustrini, senza considerare che dà lavoro a quasi 25 milioni di persone e che ne ha fatturati l’anno scorso più di 100”. Questa mancanza potrebbe compromettere un sistema che, contribuendo al 5% del PIL italiano, necessita di avviare un processo di innovazione:

“Solo così l’Italia potrà mantenere la sua posizione di prestigio nel mercato globale e soddisfare le esigenze di una clientela più attenta all’impatto ambientale e sociale”. Un aspetto che si aggiunge ai 300 mila posti vacanti nel Made in Italy e ai giovani stilisti trascurati. Infatti, i concorsi di moda, privati, fanno ciò che dovrebbe fare lo Stato: aiutare economicamente gli emergenti. Diventa “fondamentale trovare un equilibrio tra l’iniziativa privata e l’intervento dello Stato e del sistema scolastico per garantire un accesso equo alle opportunità del settore. In questo modo alimenteremmo creatività e innovazione”, che “permetterebbe ai talenti italiani di emergere e all’Italia di rimanere al centro della moda”.

€ 70mln

VOCI
Fonte Camera Nazionale della Moda Italiana
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La Milan Fashion Week di febbraio 2020 ha portato in città un indotto di
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