Impianto Sonoro Scolpito

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27-06-2006

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La Cosmogonia sonora delle pietre di Sciola

Fonemi intraducibili, articolazioni di suoni rochi e profondi, a tratti solo respiri dolenti, bisbigli o pianti cangianti in lamento. Note liquide che scivolano affaticate tra brusii e sussurri metallici. Un linguaggio misterioso e alieno, inaspettatamente familiare seppure inequivocabilmente altro. È la voce suggestiva e straniante delle Pietre sonore di Pinuccio Sciola: non suono disciplinato nel tessuto ordinato di una partitura musicale ma materia fisica vibrante, alla quale lo scultore si accosta con la stessa tensione dialettica con cui si rapporta alla fisica plasticità della materia litica. Perché il suono è, per Sciola, sostanza intrinseca alla pietra. Un’intuizione, questa, che ha portato l’artista ad individuare, in anni recenti, una inedita dimensione della prassi scultorea e a riattraversare territori già noti, esplorandone nuove possibili direzioni, fino a tracciare un itinerario innegabilmente singolare e difficilmente uguagliabile. L’insistere sulla medesima materia litica affrontata negli anni Ottanta e Novanta, tuttavia, assume ora connotazioni differenti. Sciola non cede solo alla seduzione della pietra, al fascino della materia primordiale, alla imponente monumentalità di basalti consumati nello scorrere infinito dei giorni. No, il suo è un abbandono nuovo, un incanto cui non può e non vuole sottrarsi: è la voce del Tempo – prigioniero antico incastonato tra i cristalli di rocce magmatiche nate agli albori del Cosmo – che lo chiama, e lui, ammaliato, si lascia catturare. Nato in un’isola di pietra, l’artista ha maturato nel tempo la convinzione che questa materia antica, che lui stesso definisce suggestivamente “spina dorsale del mondo”, sia la memoria tangibile dell’origine dell’universo e che trattenga in sé, imprigionata nelle sue concrezioni, la storia codificata del suo dipanarsi nel tempo. Una memoria ancestrale la cui voce struggente, annichilita di intimi trattenuti respiri, sgorga oggi dalle viscere profonde e segrete delle pietre-sculture attraverso le fenditure sensibili create dall’artista, per ricongiungersi alla voce di un tempo presente: e questa, indubbiamente, appare essere la declinazione di un nuovo ed avvincente statuto estetico. Le Pietre sonore rappresentano, infatti, gli esiti più alti e significativi della stagione matura del percorso di Sciola, un percorso lungo quasi un cinquantennio che, sebbene composito e variegato, ha saputo preservare una chiara coerenza progettuale ed una originale cifra estetica e stilistica. Un percorso nato sul finire degli anni Cinquanta, quando Sciola, non ancora diciottenne, muove i primi passi nell’ambito della sperimentazione plastica, seguendo una vocazione che già da bambino lo aveva portato a cimentarsi con il disegno ed il modellato in creta fino alla scoperta della pietra e delle sue inesauribili suggestioni. Sono gli anni della formazione, ma già le sue sculture rivelano l’impronta di una forte personalità artistica che, nel tempo, si orienta progressivamente verso una rigorosa essenzializzazione delle forme, in un procedere che è sempre più colloquio attivo, confronto dialettico con la materia che abilità tecnica. Per Sciola, infatti, la pietra non è mai sostanza inerte da scolpire o modellare, ma piuttosto entità animata di vita pro-


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