Art App n. 2

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botanica

Elogio della diversità . In natura la varietà delle specie vegetali . è una ricchezza per la sopravvivenza . dell’uomo ma ha contribuito anche a costruire . la sua storia, la sua sensibilità e la sua cultura .

Volpine o giovanazze, bianche d’estate o tonde d’inverno, c’è una pera per ogni stagione

di Isabella Dalla Ragione

F

ino a pochi decenni fa, salendo su un’altura qualunque, lo sguardo poteva spaziare sulla campagna coltivata e ci si poteva ogni tanto appoggiare, come un uccello stanco, sui grandi alberi da frutto, da legno e da ombra, sulle siepi che delimitavano i campi, sui brevi filari di pioppi cipressini, sugli aceri campestri che come mariti sorreggevano le loro viti-mogli, sui gelsi rigogliosi che davano il cibo per i bachi da seta, tra i salici dai lunghi rami colorati che servivano a legare le viti o a fare tutti i contenitori per le necessità familiari. Una trama fitta come un ricamo, frutto della capacità di ascoltare il mondo naturale, risultato di un sapiente e durissimo lavoro dell’uomo e dei suoi animali, di una conoscenza profonda, raffinata e quasi filosofica delle stagioni, della terra e delle piante. Come diceva il grande studioso Camporesi: “sottili fascinazioni euclidee, quali, diversamente dal caos silvestre, dal tumulto disordinato della boscaglia, emanano dall’impianto arboreo, razionale come la mappa di una città ideale, come una geometrica scacchiera, come un matematico labirinto dal ‘mirabile ordine’ delle colture predisposte dall’intelligenza che le combina e le intreccia seguendo antichi saperi ortensi.” Il paesaggio rurale era dunque mirabilmente ordinato ma straordinariamente complesso e vario, perché la complessità era assolutamente necessaria alla sopravvivenza delle popolazioni contadine ed era garanzia di futuro.

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numero 2

Nulla era lasciato al caso; come la ricamatrice che intreccia senza sbagliare i suoi minuscoli fili, così gli agricoltori lavoravano i terreni disponendo ogni singola zolla nel giusto verso, disegnando un paesaggio meraviglioso, anche se questo era frutto di tanta fatica e tanta sofferenza, perché dalla sapienza e dall’esperienza dipendeva la vita di intere comunità. La complessità di tutti i paesaggi rurali, nelle diverse pedologie e molteplici tradizioni e saperi dell’Italia intera, si basava sulla coltivazione di tante specie e varietà diverse sia arboree che erbacee, per poter garantire ogni anno produzione e sopravvivenza; con tanta diversità la produttività poteva non essere elevata ma c’era una maggiore stabilità produttiva media data proprio dalla coesistenza di tante piante differenti resistenti alle diverse malattie o in grado di sopportare le une il caldo le altre il freddo, le une l’umidità le altre la siccità. Un immenso tesoro sviluppato dalle comunità locali in millenni di coesistenza tra l’uomo e le piante, che è in gran parte scomparso in pochi decenni sotto i colpi dell’industrializzazione, dell’intensificazione dell’agricoltura, dei cambiamenti socio economici. Molte erano ad esempio le specie arboree, ormai quasi dimenticate, che trovavano spazio nei terreni coltivati: i generosi fichi che ombreggiavano le concimaie e che, oltre ai soavi frutti che maturavano due o anche tre volte l’anno, davano legno per gli zoccoli dei bambini; i pioppi cipressini, i


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