Organo Ufficiale dell’Associazione Regionale Pugliesi
Anno II Num. 5 iscritta all’albo della Regione Puglia delle Associazioni e delle Federazioni di Associazioni dei Pugliesi nel Mondo Sede: Via Pietro Calvi, 29 - 20129 MILANO - e-mail: arpugliesi@tiscali.it - www.arpugliesi.com - gruppo Facebook “Terre di Puglia”
Un’estate TRICOLORE
150 d’Italia... anche ad Agosto
PUGLIA: TERRA RICCA D’ESPERIENZE E DI RISORSE In quest’inizio estate torrido, immersi nell’afa di Milano, noi Pugliesi non perdiamo tempo e continuiamo a correre per raggiungere, con il nostro lavoro, gli obiettivi di una vita. Pur lontani, infatti, dalla nostra terra, non ne perdiamo il valore, il colore ed il sapore, perché essa è sempre “tatuata”nel nostro cuore. Non possiamo dimenticare, l’acre profumo delle terre arate dai contadini delle valli salentine; non possiamo scordare il rosso della terra arsa dal sole d’agosto, che si perde con i suoi riflessi mogano, nel blu dello splendido mare, che bagna le terre del tavoliere. Per questo, anche se lontani, per i motivi più disparati: lavoro, famiglia, scelta di vita, necessità terapeutiche, non dimentichiamo, ma probabilmente sarebbe più corretto dire, non possiamo dimenticare, il nostro legame con una terra che scandisce ogni nostro gesto, indipendentemente dalla latitudine geografica, in cui viviamo. Questo fortissimo legame con le nostre origini, non ci impedisce, tuttavia, di assaporare le peculiarità dei territori che viviamo, lontani dal tavoliere. Milano, il Duomo, il Castello Sforzesco, le curiose vie animate di Brera, i Navigli, le vie caratteristiche descritte dal Manzoni, ne “I Promessi Sposi”, magari poco conosciute, ma ricche di quell’essere meneghino, che segna un legame con le origini che probabilmente solo noi possiamo comprendere a fondo, sono elementi, tratti di storia, esperienze di vita, che contraddistinguono il nostro essere e, se ben assaporate, ci permettono di acquisire un valore “cosmopolita” di cittadini del mondo. Ancora di più, proprio, nel 2011 un anno che sarà ricordato come l’anno dell’Italia, l’anno in cui il nostro straordinario Paese ha compiuto 150 anni, senza mai segnare il passo. Molti sono stati i momenti di crisi, tensioni sociali, ma mai l’Italia ha perso la sua caparbietà e la sua creatività. E questo, perché noi Italiani, seppur arroccati su posizioni spesso eccessivamente campanilistiche, siamo sempre stati in grado di trasformare le differenze “territoriali” in qualità da esportare in Europa e nel Mondo. Per questo, oggi, le diverse comunità locali sono in grado di fondersi in un tutt’uno rappresentato dalla nostra bandiera che, seppur tripartita nei colori bianco rosso e verde, ben delinea la fusione di esperienze, cultura e sviluppo che ci contraddistinguono senza soluzione di continuità. Cav. Dino Abbascià Presidente Associazione Regionale Pugliesi
La Striscia
di Alessandro Guido
Armandone, giovane trentaquattrenne tarantino studente di economia e commercio, un po’ fuori corso, un po’ no, riflette tanto su temi di attualità tarantina e non, spesso sfocia nel mondiale, ma comunque senza mai preoccuparsi troppo essendo in ogni caso vicino a mammà con la quale vive quotidianamante, condivide riflessioni e proiezioni, e soprattutto, la PASTA AL FORNO past a u furne.
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Sommario
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ESTATE: tempo per valorizzare l’amicizia
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L’Ass. Regionale Pugliesi ...corre con te!
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Il Tricolore: una storia lunga due secoli
Filippo Minutilli: una vita per l’Unità d’Italia
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La festa del ritorno
La ricerca scientifica in Casa Sollievo della Sofferenza
anno II, n.5 arpugliesi@tiscali.it info: 347 4024651 - 392 5743734
Editore: Associazione Regionale Pugliesi Presidente: Dino Abbascià Direttore Responsabile: Agostino Picicco Fondatori e co-direttori: Giuseppe Selvaggi e Giuseppe De Carlo
Tutte le lingue della Puglia
Geovana Cléa e i colori del Brasile
I Pugliesi celebrano a Milano i 150 anni dell’Unità d’Italia
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Popoli e minoranze linguistiche in terra di Puglia
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TeleNorba: da Ottobre operativa anche a Milano
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Mendicante di sogni
Hanno Collaborato: Renato A. Bandi, Ornella Bongiorni, Michele Bucci, Stanislao De Guido, Giulia Guardiani, Alessandro Guido, Armando Pisanello, Paolo Rausa, Felice Ricchiuti, Anna Santacroce, Angelo Vescovi, Elena Zinni.
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Puglia in Tavola: le ricette per l’estate
La direzione declina ogni responsabilità al contenuto degli articoli firmati, poiché essi sono diretta espressione del pensiero degli autori. La direzione si riserva di rifiutare qualsiasi collaborazione o inserzione di cui non approvi il contenuto. Foto e manoscritti, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. La collaborazione a questo giornale è a titolo gratuito. Realizzato in collaborazione con:
Stampa: S&G - Galugnano (Le) Redazione e Sede Legale: Via Pietro Calvi, 29 - Milano Pagina 3
ESTATE: TEMPO PER VALORIZZARE L’AMICIZIA di Agostino Picicco
Estate: tempo di vacanza, tempo di riposo, ma anche tempo di riflessione sul passato e di impostazione del nuovo anno di attività. La vacanza porta a dare il giusto spazio a lavoro, affetti, occupazioni. La serenità e il riposo consentono di esaminare agevolmente la dimensione profonda della vita, di vivere la bellezza delle cose, di riscoprire relazioni autentiche, di prolungare il contatto con la natura, di ritrovare vecchi amici, di recuperare il gioco e la festa, di scoprire o visitare posti nuovi vicino casa o in giro per il mondo, in bicicletta o in aereo, da soli o in compagnia. Si tratta, insomma, di godere del tempo libero senza l’assillo del lavoro e senza l’ansia di dipendere da cellulare e computer. Ci sono cose che per tutto l’inverno rimandiamo all’estate: qualche hobby da riprendere, la stanza da sistemare, qualche lettura arretrata, la risposta a lettere che da parecchio attendono, anche la cura del corpo da effettuare tramite il nuoto o l’esercizio fisico. Stupore e creatività diventano altresì emozioni da recuperare. Occorre anche considerare dettagli organizzativi che nella fretta si rischia di perdere di vista e che invece vanno ricollocati al loro posto. In particolare la vacanza, faPagina 4
vorendo incontri piacevoli, apre all’amicizia, aiuta il recupero di vecchie relazioni, fa rinsaldare rapporti iniziati, concede il tempo per chiacchierate lunghe e distese, che predispongono alla conversazione, alla conoscenza reciproca, al confronto, al desiderio di incontro, all’attenzione a chi è con noi. Se durante l’anno c’è il rischio che le persone passino in secondo piano e sembrino importanti le iniziative, gli affari, le incombenze da sbrigare, la vacanza diventa un tempo propizio per valorizzare chi è con noi, per dedicare tempo e attenzione, per riflettere su come migliorare i rapporti, per adoperarsi in questo. Le uscite permettono di ritrovare persone perse di vista da anni, il rientro a casa consente di incontrare chi per la lontananza non si è frequentato più. In vacanza si ci può dedicare di più al dialogo, a uno scambio di idee, al confronto su quello che si pensa, si studia, si legge. E’ importante comunicarsi riflessioni anche su tali temi, che comunque favoriscono la crescita e la maturità personale. Ciò porterà a comprendere che la vita diventa gioiosa e serena in base alla qualità delle relazioni che si stabiliscono. Buona estate in Puglia!
L’Associazione Regionale Pugliesi di Giuseppe De Carlo … corre con te! Sfogliando o scorrendo le pagine del nuovo numero di Tacco & Sperone, periodico nazionale dell’Associazione Regionale Pugliesi, non potrà sfuggirvi una novità: uno strano quadratino fatto di puntini neri. Non siamo impazziti, tranquilli, il caldo è tanto ma non ci ha dato alla testa. Si tratta del “Qr code”, erede intelligente del codice a barre. Una rivoluzione che, da questo numero, approda sulle pagine di Tacco & Sperone. Essa sta contagiando tutto il mondo; da Tokyo a New York, Londra, Parigi e Barcellona, i codici Qr sono sui manifesti pubblicitari, etichette di abbigliamento e prodotti alimentari, inserzioni, biglietti da visita, magliette, tatuaggi e persino sulle tombe. Il Qr code è una sorta di trait d’union tra il mondo cartaceo e quello multimediale di internet. Una porta d’accesso a contenuti aggiuntivi che, per la loro natura digitale non troverebbero spazio sulla carta e che invece arrivano, via web, direttamente sullo schermo del telefonino o del tuo smartphone.
vi porterà immediatamente nella pagina web dedicata con tantissimi contenuti multimediali. Dunque… basta inquadrarlo con l’obiettivo del cellulare (che abbia un’applicazione idonea alla lettura) e, il codice Qr, che è l’abbreviazione inglese di «quick response» (risposta rapida), prende vita e racconta tutto di sé; sul display arrivano, infatti, video e pagine internet, preparate ad hoc, per approfondire l’argomento a cui è legato.
Ancora una volta l’Associazione Regionale Pugliesi corre con te… per aggiornarti in tempo reale e proporti contenuti sempre nuovi e dinamici. Chi si ferma resta indietro e per noi che ci occupiamo di comunicare emozioni è una sfida continua… iniziata con il sito web…continuata con le newsletters, migliorata con youtube e il canale dedicato, il periodico e facebook, la diretta tv… ed ora Qr code, per un’informazione sempre più dinamica… noi corriamo con te!
Come funziona? Semplice, dopo aver scaricato un lettore di QR Codes per il vostro smartphone, fate una fotografia allo “strano quadratino”: il browser del vostro telefonino
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IL TRICOLORE, una storia lunga due secoli di Michele Bucci
Era il 17 marzo 1861 quando il primo Parlamento proclamò l’Unità d’Italia. In questo secolo e mezzo il Paese è cambiato profondamente: ha modificato i propri modelli di riferimento, ha lasciato alle spalle secoli di povertà per conquistare i primissimi posti nel mondo, ha affrontato e superato gravi momenti di crisi. La ricorrenza dei 150 anni è un’occasione fondamentale per rivedere la nostra storia, discutere il presente guardando ad un futuro possibile, per riscoprire il senso di appartenenza ad un popolo e l’identità culturale del nostro Paese. Quello che più di ogni altro ci fa sentire Italiani, orgogliosi ed innamorati di questa terra è il tricolore, la nostra bandiera, quella che ha ispirato negli anni numerosi poeti, scrittori ed artisti italiani che spinPagina 6
ti dall’amore per la patria hanno arricchito il nostro paese, esportando in tutto il mondo le sue bellezze e la sua genialità. Cento anni or sono, nel primo centenario del Tricolore, il 7 gennaio 1897, fu commemorato proprio con un discorso a Reggio Emilia del grande poeta Giosuè Carducci, il quale si rivolse alla Bandiera con queste parole: “Sii benedetta! Benedetta nell’immacolata origine, benedetta nella via di prove e di sventure per cui immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e sempre nei secoli!”. Ed aggiunse: “quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e si angusta: il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi;
il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene della gioventù dei poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi!”. Il tricolore italiano fa la sua prima comparsa a Reggio Emilia, quando nel 1797 il Parlamento della Repubblica Cispadana adotta la combinazione dei tre colori come propria Bandiera. Le tante repubbliche di ispirazione giacobina sorte in epoca napoleonica per contrastare le monarchie assolute, avevano quasi tutte bandiere a tre fasce, di vari colori, ispirate al modello nato con la Rivoluzione Francese. In particolare, quella della Legione Lombarda era bianca, rossa e verde, così come gli stendardi della Legione Italiana, che raccoglieva i soldati dell’Emilia e della Romagna. Da qui, probabilmente, la scelta del bianco, rosso e verde per la bandiera Cispadana. In questo periodo nascono gli ideali di indipendenza che alimenteranno il Risorgimento e anche la bandiera assume un nuovo significato: non più segno dinastico e militare ma simbolo del popolo e della libertà. Con la Restaurazione, il vessillo tricolore viene soffocato, ma per gli Italiani in lotta continua a essere un emblema di libertà e speranza: è innalzato durante i moti e le rivolte e ispira persino i versi dell’inno di Mameli. Nel 1848, con la concessione di Costituzioni in tante parti d’Italia, la bandiera diventa il simbolo della riscossa nazionale e Carlo Alberto, annunciando la Prima Guerra d’Indipendenza, dichiara che le sue truppe, per dimostrare il “sentimento dell’unione italiana”, combatteranno con appuntato sull’uniforme lo scudo dei Savoia sovrapposto al tricolore. Questa resta la bandiera italiana anche dopo la proclamazione dell’unità d’Italia nel 1861 e solo nel 1925 una legge stabilisce l’aspetto del vessillo nazionale, vietandone qualsiasi variante. La bandiera che sventoliamo oggi nasce invece con la Repubblica. L’Assemblea Costituente la approva il 24 marzo del 1947 e l’articolo 12 della nostra Costituzione la descrive così: “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a bande verticali e di eguali dimensioni”.
il Presidente Ciampi, diceva del Tricolore che rappresenta il simbolo moderno di un popolo antico, ricco di cultura, di tradizioni, di arte e di nobiltà d’animo, ma anche sofferente per secoli per la mancanza di una insegna che lo unisse, che rappresentasse la volontà di un destino comune. Noi amiamo il Tricolore come i nostri padri, perché il Tricolore, ha rappresentato il riscatto, il risveglio, il miracolo di un popolo che, all’improvviso, diventa volontà comune. Viva l’Italia, viva il tricolore.
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I PUGLIESI CELEBRANO A MILANO I 150 ANNI DELL’UNITA’ D’ITALIA Anche i pugliesi-milanesi hanno dato il loro contributo ai festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia. L’hanno fatto come al solito in grande organizzando un evento di ampio respiro su “L’idea d’Italia nella letteratura”. In pratica, su progetto di Paolo Rausa e avvalendosi di video, canzoni e letture sceniche di attori dilettanti, sono stati letti circa trenta brani che riguardavano il concetto di Italia dei massimi esponenti della letteratura italiana, da Dante a Pasolini. Si è trattato di un viaggio alle radici dell’idea d’Italia e alle basi della sua unità, attraverso diversi periodi storici (dal risorgimento al fascismo ai nostri giorni), condotti quasi per mano da vari autori della letteratura italiana. Questo spettacolo multimediale, ha dimostrato come la letteratura e la lingua italiana abbiano cooperato attivamente all’unificazione d’Italia. Ne è emerso che tanti poeti e uomini di lettere, già prima del 1861 si sentivano italiani e magnificavano – avvalendosi dell’estro della loro vena artistica – le caratteristiche del territorio e declamavano i sentimenti dell’identità culturale nazionale. I video, tratti dai film più famosi del repertorio cinematografico italiano, hanno fatto da sfondo alle letture dei periodi storici evidenziati dai singoli let-
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di Agostino Picicco
terati, e le musiche hanno ripreso temi e contesti di attualità. Si è cercato, infatti, di combinare passato e presente per rendere chiaro il ruolo che i più illustri letterati italiani hanno dato alla crescita, oltre che alla formazione, della nazione. Un modo originale ed inedito per celebrare un significativo anniversario in sintonia con il sentire nazionale, e anche un modo – in chiave quasi scolastica – per apprendere e per crescere insieme nel sentimento nazionale. La manifestazione è stata patrocinata dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Milano e dall’Associazione Regionale Pugliesi, e ha raccolto presso lo Spazio Oberdan numerosi Pugliesi e non, che hanno gustato l’evento artistico, conclusosi con l’ascolto dell’inno nazionale, rigorosamente in piedi. In qualche modo tale evento ha fatto da pendant ad un’altra rilevante manifestazione che si è svolta a Milano
sempre nel mese di maggio relativa ai 150 anni dell’Esercito Italiano. Una grande, articolata e imponente manifestazione dal titolo “Festeggi… Amo l’Esercito”, che ha coinvolto anche le comunità regionali, in particolar modo quella pugliese, insieme all’Esercito per festeggiare, ricordare, celebrare una istituzione significativa nel corso del tempo per le vicende nazionali del passato (basti pensare solo alle due Guerre Mondiali) ma anche da sostenere oggi nel suo impegno di difesa e di contributo alla pace nel mondo in considerazione delle missioni umanitarie svolte in tutto il globo e che costano – purtroppo - tante vite umane. Anche a questi eroi – e tra loro ai tanti Pugliesi impegnati nelle forze di difesa - è andato il nostro pensiero mentre le note della celebre fanfara dei bersaglieri riecheggiavano forti nell’Auditorium milanese, alla presenza delle più alte autorità regionali, militari e civili. Ai momenti ufficiali si sono piacevolmente aggiunti quelli più artistici che hanno visto all’opera protagonisti del mondo dello spettacolo quali – tra gli altri – Ivana Spagna, Paolo Limiti, Mario Lavezzi, Giorgio Pasotti, e gruppi musicali di intrattenimento, per offrire un’idea dell’Esercito Italiano meno distante e più vicina alla gente e alle sue necessità.
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FILIPPO MINUTILLI Una Vita per l’Unità d’Italia di Anna Santacroce
Il titolo di questo articolo prende spunto dall’omonimo libro scritto nel 1987 dal prof. Vito A. Sirago, originario di Grumo Appula (BA), sulla vita di Filippo Minutilli, anch’egli nativo di Grumo. Filippo Minutilli nasce a Grumo Appula il 12 maggio 1813 da donna Aurora Ugenti (grumese) e da don Nicola Minutilli, nativo di Gravina di Puglia ma trasferitosi a Grumo dopo il matrimonio. Donna Aurora era sorella di don Pietro Ugenti, uomo colto ed in vista, oratore nella “Vendita” la società segreta dei “Carbonari” operante in Grumo. Alla stessa “vendita” appartiene anche Giovanni Scippa, nato per caso a Ruvo dove il padre svolgeva l’attività di giudice, ma figlio di grumesi e grumese egli stesso. Da queste due persone influenti, lo zio don Pietro Ugenti e l’amico di famiglia Giovanni Scippa, il piccolo Filippo apprende le prime rudimentali informazioni sulla situazione politica creatasi nel Mezzogiorno. A 8 anni, un giorno accompagnò lo zio in un viaggio fatto in carrozza fino a Canneto. La presenza del ragazzo e la carrozza degli Ugenti avrebbe evitato di destare sospetti nelle autorità che non avrebbero cercato, al suo interno, i patrioti Morelli e Silvati inseguiti da ordini di cattura e portati in salvo per farli espatriare. Don Pietro era d’accordo con Giovanni Scippa, che aveva programmato lo stratagemma. Queste prime esperienze di natura “politica” furono i semi che lo portarono all’adesione all’idea mazziniana di una Repubblica dell’Italia Unita. Il giovanetto divenne sempre più studioso e riflessivo tanto che, finiti gli studi a Grumo, i suoi genitori decisero di mandarlo a studiare a Napoli al Collegio della Nunziatella. Qui decide di seguire un corso di studi pratici, per esem-
pio, l’architetto per poter costruire ponti e strade. Mentre si trova a Napoli (dove da Grumo l’ha seguito la famiglia), riceve la visita di Giovanni Scippa che, liberato dall’esilio coatto passato ad Altamura per aver aiutato Morelli e Silvati nella fuga, si sente rinvigorito da nuovo fervore repubblicano. Filippo sente i discorsi di Scippa e si convince ancora di più dell’idea repubblica. Intanto, terminati con sommo profitto gli studi alla Nunziatella, decide di entrare nell’esercito come “geniere”. Col grado di tenente Filippo Minutilli, nel febbraio del 1843 viene inviato al Forte di Messina per il restauro della Fortezza. Il giovane ufficiale è elegante e di buone maniere, viene rispettato e incanta la truppa e gli altri ufficiali. I suoi ordini sono precisi e chiari, non ama parlare più del necessario, tanto che il comandante della Fortezza lo invita a cena presso la sua abitazione. Qui Filippo conosce tutta la famiglia del maggiore Pirrone e viene attratto dalla figlia primogenita, Maria Antonia. I due giovani simpatizzano e, pur non essendo di grande gradimento la provenienza continentale di Filippo (teme l’allontanamento della figlia), il
comandante accetta che Filippo sposi sua figlia. Gli sposi si amano teneramente, ma per Filippo è un tormento dover far conoscere alla moglie, poco per volta, le sue idee politiche. Con sapienza e pazienza, il giovane spiega alla moglie i suoi ideali di vita, etica e politica. Maria Antonia non sa niente di tutto ciò, ma la serietà e serenità del marito la portano ad accettare quel tanto che egli le viene a poco a poco spiegando. Non parla apertamente del fatto che aderisce alla Giovane Italia, delle sue idee sull’unità d’Italia e sulla Repubblica, parla delle difficoltà dei contadini, della povertà, dei soprusi. Nel 1945 nasce la prima figlia, Adelina. Maria Antonia ora conosce molto più delle idee del marito e teme per la sua vita. Nel 1848 i Siciliani si ribellano al re Ferdinando I, chiedendo l’autonomia della Sicilia. Filippo Minutilli, col grado di capitano comanda direttamente le
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batterie della Fortezza. Suo suocero è il comandante. Inizia la sommossa popolare e il comandante Pirrone dà ordini di sparare contro la folla che si avvicina alla Fortezza. Filippo non spara e, al suocero che in quel momento si trovava nella sua abitazione, impone l’ordine di non uscire di casa. Il genero dà ordine di non sparare e, alla folla, accalcatasi sotto le mura della Fortezza, dice che non farà sparare ma che la gente deve andare via di lì, di non assalire. La folla ascolta e si allontana senza incidenti. Lo stesso è successo a Palermo dove si è costituito un governo provvisorio. Minutilli manda un dispaccio esponendo i fatti accaduti a Messina. Gli giunge un elogio e la promozione a comandante della Fortezza per aver condotto l’azione senza spargimento di sangue. Il suocero, costretto in casa, per la vergogna dell’affronto, rifiuta di vedere la figlia. Il re a Napoli non digerisce la rivolta e affida a Carlo Filangieri l’incarico di recarsi a sedare la rivolta con uomini e mezzi adeguati. Giunto a tiro di cannone dalla Fortezza di Messina, Filangieri intima di arrendersi. Minutilli ha l’ordine di difenderla ad oltranza e scatena uno scambio di cannonate che dalle navi colpiscono la Fortezza. Vista la difficoltà di difesa (le navi al comando di Filangieri sono tante e si dispongono a ventaglio intorno al porto ed alla Fortezza), Minutilli, posti in salvo i suoi uomini, travestito da caffettiere, lascia Messina su una nave inglese che può uscire dal porto senza alcun problema. Maria Antonia è preoccupatissima per la sorte del marito. Sa di sicuro che non è morto, ma non sa dove possa trovarsi. Il comandante Pirrone, umiliato dal genero, non accetta di ritornare al suo posto dopo quanto aveva disposto suo genero, ma, vista la situazione, accetta di aiutare la figlia con i tre bambini nati in quegli anni. Dopo parecchi giorni, un pescivendolo, discretamente, avvisa la signora di recarsi al porto per avere notizie di suo marito. Fingendosi a passeggio con i
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bambini, Maria Antonia si reca lungo il molo dove un marinaio le consegna una lettera del marito. Giunta a casa legge: egli sta bene, si trova a Malta in territorio inglese; parla della situazione locale, ma non un accenno alla sua vita né a quando potrà finire l’esilio. Fisso, ogni quindici giorni, Filippo Minutilli manda una lettera affettuosa alla moglie ed ai figli, lettere lunghe e dettagliate sulla vita che conduce a Malta. La corrispondenza s’interrompe per un mese e poi riprende da Costantinopoli dove l’esule si era rifugiato con altri fuoriusciti italiani e greci. Passano due anni: Maria Antonia crede nelle idee del marito ed anche lei è convinta che l’Italia unita si farà. Ancora una volta la lettera salta un turno e giunge dopo un mese, questa volta con il francobollo del regno sardo. La lettera racconta del rientro di Filippo a Genova per mezzo di una nave che issava una bandiera tricolore con lo stemma dei Savoia. A Costantinopoli, il comandante della nave lo aveva riconosciuto per averlo sentito nominare come eroe; gli aveva subito dato il passaggio per il rientro a Genova. La lettera narra della sua sofferenza durante il passaggio attraverso lo Stretto di Messina sapendo che lì vi si trovava la sua famiglia. Si sta prodigando per far avere i passaporti alla moglie ed ai figli perché possano recarsi a Genova e riunire così la famiglia. A Genova, per una decina d’anni, la famiglia abita nel Casone del Livio, fuori Porta d’Arco, I Scala a destra, porta n° 5. Filippo non rinuncia alle sue idee, anzi qui è più libero di muoversi con altri patrioti che
le condividono. Per vivere si arrangia a dare lezioni private fino a quando viene assunto dalla Ditta Parodi per la costruzione del tratto ferroviario tra Genova e Torino. Gli viene affidato il compito di operare per lo scavo del tunnel sotto il Passo dei Giovi. Il lavoro piace al nostro eroe e ci mette tutto il suo impegno. Intanto, mantiene rapporti epistolari con Giovanni Scippa e Vito Trerotoli, i grumesi che non hanno mai fatto mancare il loro convincimento nell’idea dell’Italia Unita e Repubblicana. A Genova Filippo entra in una “Carboneria”, frequenta persone con le quali discute sul da farsi per giungere ad un’azione che affermi quanto sognato dai Cospiratori. I patrioti Francesco Crispi e Rosolino Pilo preparano la rivolta di Palermo. A Genova viene designato Garibaldi come capo della spedizione per la sollevazione della popolazione siciliana. Si avviano i preparativi. Anche in casa Minutilli, Maria Antonia prepara le camicie rosse per il marito e gli amici più stretti. Questa sarà la fine di un periodo di vita regolare per tutta la famiglia. Filippo non si dispiace di lasciare il lavoro che tanto gli piace. Tanto si può riprendere! La Patria non può attendere
quando chiama. La notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, Filippo Minutilli sale a bordo e, con gli altri “Cacciatori delle Alpi”, fanno rotta verso la Sicilia. Ora vengono definiti “I Mille” la cui spedizione avvierà il processo di unificazione dell’Italia. L’8 maggio Garibaldi dà un ordinamento al suo esercito. A Filippo viene affidato un corpo del Genio che comprende 18 persone, tra ingegneri e sterratori col compito di costruire bombe, tenere in ordine il materiale bellico, aprire la viabilità ai carriaggi. Fanno parte anche i radiotelegrafisti comandati da Giambattista Pentasuglia di Matera. Lo sbarco a Marsala non comporta difficoltà, quindi “I Mille” si dirigono verso l’interno della Sicilia. Molti giovani locali si uniscono ai prodi che, con marce forzate e faticose, giungono a Salemi il 13 maggio dove sono accolti festosamente. Il corpo comandato da Filippo Minutilli s’ingrossa sempre di più a beneficio del servizio. Il 15 maggio avviene la battaglia di Calatafimi, durissima per ambo gli eserciti: i borbonici con i fucili e i garibaldini con la baionetta inastata. La battaglia è una sconfitta per i borbonici. Il giorno dopo l’esercito garibaldino entra in Calatafimi senza alcuna difficoltà. Minutilli, come usa fare di consueto, cerca carta e penna e scrive alla famiglia: “Mia carissima Consorte e miei cari figli …”. Una lunghissima lettera minu-
ziosa, regolare, equilibrata nell’esposizione dei fatti come sempre sono le sue lettere. L’avanzata continua verso Corleone e Palermo e da qui, vittoria dopo vittoria, i garibaldini si dirigono verso Messina. Giunti in questa città, si fanno i progetti per passare nel Continente. Data la sua competenza e conoscenza, Filippo Minutilli viene nominato “Direttore del Genio Militare in Sicilia”. Dovrà curare la ricostruzione di opere militari e quelle civili di pubblica utilità. Il suo grado è di Colonnello Brigadiere. Il 24 ottobre 1860, il Senato della città di Palermo stila un foglio, in cui riconoscendo Minutilli Filippo Brigadiere “uno dei 1000 prodi” sbarcati con Garibaldi a Marsala il dì 11 maggio 1860, gli conferisce una medaglia commemorativa offerta dalla “Cittadina rappresentanza”. A fine maggio 1861, invece, Filippo Minutilli viene esonerato dalla Direzione Generale del Genio in Sicilia per fare le consegne nelle mani del nuovo comandante. Al Minutilli viene consegnata una lettera con sperticati elogi per il suo operato firmata da Gen. Raffaele Cadorna. Garibaldi aveva preteso dal re Vittorio Emanuele II che i militari che avevano combattuto con lui fossero integrati nel nuovo esercito italiano con pari gradi e funzioni raggiunti nella milizia garibaldina. Ciò non fu mantenuto e, per il Minutilli, se vuole
rimanere nell’esercito, viene offerto il grado di colonnello dell’esercito italiano di stanza a Perugia. Minutilli ha 48 anni ed ha dedicato la sua vita alla realizzazione dell’Unità d’Italia. Accetta malvolentieri lo spostamento a Perugia anche perché, ormai, la sua famiglia è tornata definitivamente a Messina. Nel nuovo compito, il colonnello si comporta come sempre: serio, capace, cordiale e responsabile con la truppa con la quale condivide ogni forma di esercitazione. Minutilli è benvoluto da tutti e riesce ad inserirsi in questo nuovo compito pur con in cuore l’amarezza per la famiglia lontana. A 50 anni è ancora un uomo robusto e sano, ben allenato agli strapazzi.. Eppure si sente spossato e si sente deperire. Consulta medici che non riescono a diagnosticare la natura di tale stato. Ordinano riposo. La moglie si reca a Perugia per prelevarlo e portarlo a Messina con la convinzione che in famiglia si sentirà meglio recuperandosi completamente. Pur essendosi ormai ambientato a Perugia, Minutilli è costretto a dare le dimissioni per tornare nella città, il cui clima è senz’altro meno freddo e può giovare alla sua salute. Il 30 luglio 1864, a 51 anni Filippo Minutilli muore. La sua indole di cedere il passo a chi si faceva avanti, la morte prematura, la scarsità di documenti hanno fatto sì che questo glorioso figlio di Grumo non venisse messo nel giusto rilievo. Il prof. Sirago, con pochi documenti originali (lettere alla famiglia, documenti militari, citazioni su scritti vari sull’Unità d’Italia) ha ricavato una biografia che in taluni tratti è stata sapientemente collegata nei vari accadimenti. A Grumo è apposta una lapide commemorativa nello scalone del Comune ed è stato eretto un monumento a ricordo nel giardino di via Monteverde.
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La festa del ritorno di Giuseppe Selvaggi
L’estate è la stagione del ritorno a “casa”, si torna da emigrati e non da turisti perché questa è la condizione del nostro animo: da emigrati ci sentiamo più vicini ai luoghi che viviamo solo per pochi giorni l’anno, ci rimpossessiamo di parte della nostra storia. Perché si torna? Le motivazioni sono le più diverse, da quelle affettive, a quelle olfattive. Le feste, le sagre, le mangiate tra amici …. un fiore da portare sulla tomba di chi abbiamo amato … alla fine, quando si parte, una parola di conforto ai nostri “ vecchi” che restano silenziosi li ad aspettare il tuo prossimo ritorno. Sono anni che non vedo la “festa dei santi patroni”, ho nostalgia di tutto quello da cui prima fuggivo: la banda, le luminarie, i fuochi d’artificio, la processione, i venditori ambulanti, gli schiamazzi dei bambini, la copeta, lo spumone, la cassata e ….. una voce (che non c’è più) che precedeva le mie uscite serali: “peppin la mamm attent, rtirat subbt nan si facin tard”. Quella che avrei voluto raccontare è la storia di un padre e di un figlio, della vita sospesa di quel che resta di una famiglia che attende il ritorno dell’emigrante. E’ un ritorno reale, che io ho vissuto diverse volte nella mia vita. Da bambino aspettavo come una festa il ritorno del nonno materno che viveva all’estero, per me era un evento straordinario. Ricordo che il suo arrivo mi riempiva di gioia, sentivo di avere un amico, che ai miei occhi di bambino sembrava un gigante buono; tutte le volte gli chiedevo di raccontarmi “storie” e lui non mi deludeva mai. Quando mio nonno ripartiva divenPagina 12
tavo feroce. Non lo volevo far partire, mi aggrappavo alle sue gambe e mi dovevano prendere di forza perché non riuscivano a staccarmi da lui. Quel ritorno fa il paio con i miei ritorni di oggi, solo che oggi sono io che parto e chi vorrebbe che restassi è l’anziano padre che ogni volta mi sussurra: “perché non resti?”. E così la gioia dell’arrivo diventa la tristezza della partenza. Quest’anno so che in paese stanno organizzando una “Festa del ritorno”, nel mese di agosto, quando c’è il maggior numero di emigrati e tanti di questi vivono come me a Milano. In tanti paesi del nostro Sud, amministrazioni e pro loco attente stanno organizzando “la Festa del ritorno” con tanti eventi e appuntamenti per darci il benvenuto … possiamo mai deluderli e mancare alla festa? Questa festa è un tentativo di dialogo con il paese, un dialogo tra chi resta e chi parte, una realtà che ho sempre sentito, fin dai tempi in cui
vedevo arrivare e partire tanta gente, perché la lontananza non ti fa toccare gli altri e, quindi, c’è un’esigenza forte di contatto da soddisfare. C’è un libro intitolato “Il paese e l’ombra”, in cui si parla del paese e dell’ombra del paese che vive fuori: il ritorno rappresenta il momento in cui l’ombra si ricongiunge al corpo e il paese ridiventa vivo. Tutte le volte che parto per tornare alla mia vera “casa” i figli”milanesi” mi guardano e mi dicono: “ecco, ora comincia a parlare dialetto e non c’è verso di farlo smettere” . Dentro di me, questo passaggio dall’italiano al dialetto mi consente di evitare la retorica, la nostalgia scontata o la facile denuncia che trovo spesso in tante storie di emigrazione. A Torino qualche anno fa ero andato apposta per assistere a una rappresentazione teatrale “la turnàta”, ci siamo poi trattenuti con l’attore Mario Perotta (bravissimo), il senso era:” Se sei emigrante la prima cosa che ti devi imparare è che nna enùta è solo nna enùta, mentre la turnàta è per sempre... - Due termini per indicare la stessa cosa: il ritorno. Ma la differenza è fondamentale. Me l’hanno spiegata con parole semplici ma inequivocabili. Nna enùta (una venuta), è nna fesseria, il tempo di guardarsi attorno veloci, senza mettere a fuoco i luoghi e le facce, per ripartire subito e dimenticare… La turnàta, invece, è altra cosa... vuol dire che hai raggiunto l’obiettivo, ti sei sistemato, puoi mettere a fuoco, ricordare le facce e i luoghi perché ora stai per tornarci, definitivamente.” Comunque, volevo solo dirvi godiamoci questa estate.
LA RICERCA SCIENTIFICA IN CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA L’Ospedale è stato classificato Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) con decreto del Ministero della Sanità del 16.7.1991. L’area di specializzazione riguarda il settore delle “malattie genetiche ed eredo-familiari” e la ricerca clinica e preclinica dell’Istituto è indirizzata nell’ambito di questa classificazione. I laboratori di ricerca negli ultimi anni sono stati impegnati in numerosi progetti di studio che hanno per oggetto sia diverse malattie rare che malattie comuni, come le vasculopatie e i difetti della coagu-
lazione sanguigna, il diabete, l’osteoporosi e le artropatie, la schizofrenia, le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (malattia di Chron e rettocolite ulcerosa), l’epatite C, l’ipertensione arteriosa, le nefropatie, il morbo di Parkinson e il morbo di Alzheimer. Altre ricerche indagano alcune patologie oncologiche quali i tumori della mammella, del colon-retto, del pancreas, del fegato, del polmone, del cervello e le leucemie. Sono inoltre oggetto di ricerca alcune patologie pediatriche di rilevanza sociale come la
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fibrosi cistica, le malattie in particolare La ricerca scientifica è uno gnostici, muscolari e in particolare per lo screening di mutale atrofie muscolari spina- degli elementi qualificanti zioni geniche comuni e in li, la sindrome di Noonan, programmi di terapia gedell’Istituto, la sindrome di Williamsnica e di trapianto. Beuren, la distrofia di Du- un settore di attività che Una delle caratteristichenne, la sindrome di Leche della ricerca genetiopard, le sordità genetiche ca è quella della rapidità apporta e le malformazioni congenidel suo trasferimento dal te. I nostri ricercatori han- un contributo notevole al laboratorio al paziente. no inoltre prodotto imporPer la sua stessa natura, progresso scientifico, tanti risultati nello studio il progresso delle conocon risultati importanti ridelle ciliopatie che hanno scenze sulle basi biologiun ruolo importante nelche delle malattie ha un conosciuti le sindromi di Joubert e di impatto più diretto e imMeckel, gravi sindromi che a livello internazionale. mediato nella diagnosi. comportano un ritardo nelI laboratori dell’Istituto lo sviluppo mentale. hanno prodotto numeroLa ricerca molecolare delle si risultati originali circa malattie dell’adulto è rivolla mappatura ed il clota all’analisi dei pazienti affetti da emocroma- naggio di geni-malattia. Tali conoscenze sono tosi ereditaria, cistinuria, distrofia miotonica, state utilizzate per la validazione diagnostica, tireopatie ereditarie e alla identificazione dei la diagnosi presintomatica, l’identificazione fattori di rischio per l’ictus. L’Istituto è impe- di eterozigoti a rischio, la diagnosi prenatale, gnato nella messa a punto di protocolli dia- lo sviluppo di progetti pilota di screening e il rilevamento di dati epidemiologici di molte malattie. La Casa Sollievo della Sofferenza produce annualmente circa 180 pubblicazioni scientifiche su prestigiose riviste internazionali del campo biomedico. La ricerca sulle cellule staminali Le patologie neurodegenerative affliggono una larga parte della popolazione e causano un progressivo deterioramento delle funzioni motorie (tremori e movimenti incontrollati) e cognitive (demenza). Malattie come il morbo di Parkinson, Alzheimer e Corea di Huntington sono fra le più note e diffuse ma anche patologie come la Sclerosi Laterale Amiotrofica causano grandi sofferenze ai pazienti e ai loro familiari per la gravità dei sintomi, e il loro decorso progressivo è grave- mente invalidante se non letale. Solo di Sclerosi Multipla si ammalano 5 persone al giorno, per un totale di 1.400.000 di malati nel mondo di cui 57.000 in Italia. La Sclerosi Laterale Amiotrofica ne colpisce Pagina 14
7000 in Italia con 3 nuovi malati l’anno ogni 100.000 persone. Infine, per il Morbo di Alzheimer sono quasi 906.000 i malati in Italia con 96.000 nuove diagnosi all’anno. Purtroppo, per queste e altre malattie neurodegenerative, non esistono ancora terapie risolutive: per questo in Ospedale è stato avviato un gruppo attivo nell’ambito della medicina rigenerativa e delle cellule staminali somatiche (i.e. adulte) che conduce degli studi in questo settore e in quello delle nanotecnologie biomediche. L’obiettivo primario della ricerca è, dunque, dare un forte impulso alla realizzazione di sperimentazioni cliniche sull’uomo per sviluppare nel più breve tempo possibile terapie cellulari efficaci per le patologie neurodegenerative. Prof. Angelo Vescovi Direttore Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza
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SLA: trapianto di cellule staminali La commissione competente dell’Istituto Superiore di Sanità ha approvato la nostra richiesta di procedere con la sperimentazione di fase I che prevede il trapianto di cellule staminali cerebrali umane in pazienti affetti da SLA. Abbiamo quindi recepito le conclusioni descritte nel documento di approvazione della commissione di fase I e abbiamo potuto delineare i passaggi successivi, che porteranno all’arruolamento dei pazienti. E quindi all’inizio vero e proprio della sperimentazione. La fase successiva, già avviata, è quella di assolvere all’obbligo di legge di inoltrare, a seguito della ricevuta autorizzazione di cui sopra, il dossier scientifico della sperimentazione ai comitati etici dei vari centri ospedalieri coinvolti nello studio a cominciare da quello ternano, in cui si deve di necessità svolgere l’intervento di trapianto, poiché le cellule sono prodotte in quella sede e non possono, al momento, essere spostate prima del trapianto. I comitati etici vaglieranno il protocollo e ci forniranno il loro parere, auspicabilmente positivo, in tempi plausibilmente contenuti. Sottolineiamo che questo passaggio è obbligatorio ed è volto all’analisi definitiva della sicurezza del trial in relazione ai mezzi ed alle strutture ospedaliere a disposizione degli sperimentatori, tutto a tutela dei pazienti che verranno coinvolti. Inoltre, i comitati etici aiuteranno a definire conclusivamente i criteri di selezione reclutamento pazienti, che diverranno quindi disponibili esclusivamente alla fine di questo processo, il quale si può iniziare solo ora che è stata ottenuta l’autorizzazione della commissione dell’ISS. Il parere di questi comitati è vincolante, perché il Direttore Generale del centro che ospiterà la sperimentazione possa autorizzarne l’effettivo inizio. Parallelamente si stanno svolgendo meeting di tipo organizzativo con i responsabili neurologi, neurochirurghi per organizzare gli aspetti pratici per l’inizio della sperimentazione nei minimi dettagli. Pagina 15
POPOLI E MINORANZE LINGUISTICHE di Renato Antonio Bandi IN TERRA DI PUGLIA Da vari decenni, con l’avvento della globalizzazione e con lo spostamento sempre più massiccio di popoli da una nazione all’altra, l’Unione Europea ha approvato, con vari documenti, la tutela e la protezione delle minoranze linguistiche.
alla fine, una parte delle truppe si ritirò, mentre un’altra parte rimase in Puglia; secondo invece una tesi di Pierre Gilles, l’emigrazione fu effettuata da religiosi valdesi, a fronte di persecuzioni religiose.
Per quanto riguarda l’Italia, la legge 482 del 15/12/1999 pro- Gli idiomi della zona sono tre: muove la valorizzazione delle lingue minoritarie tutelate nel l’italiano standard Paese. Cito i primi due articoli della legge. il dialetto pugliese, che dall’Unità d’Italia viene sempre più parlato dalla popolazione locale ART. 1: il francoprovenzale, inteso come lingua materna degli abitanti. 1) La lingua ufficiale della Repubblica è l’italiano 2) La Repubblica, che valorizza il patrimonio linguistico e culMINORANZA GRECA: turale della lingua italiana, promuove altresì la valorizzazione delle lingue e delle culture tutelate dalla presente legge. Risiede nel Salento. La lingua viene chiamata dai greci odierni “KATOITALIOTIKA”= ITALIANO MERIDIONALE ART. 2: L’area salentina comprende nove comuni della regione storica In attuazione dell’art. 6 della Costituzione ed in armonia con i definita “Grecia Salentina”: Calimera, Castrignano de’Greci, Coprincipi generali stabiliti dagli organismi europei ed internazio- rigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, nali, la Repubblica tutela la lingua e cultura delle popolazioni Sternatia, Zollino. Gli abitanti in totale sono più di 40000. albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di L’emigrazione greca nella penisola salentina avvenne sia anquelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il la- ticamente, con la Magna Grecia, sia sotto l’Impero Bizantino, dino, l’occitano ed il sardo. immigrazione massiccia effettuata prevalentemente da molti religiosi perseguitati e da soldati con le campagne militari Anche la Puglia è stata sempre frazionata da una diversità di cul- dell’imperatore Basilio I. I villaggi avevano cultura e lingua greture provenienti da altre realtà geografiche, e si è sempre posto ca; di religione erano ortodossi. la questione di legami, rapporti ed interazioni. Dopo le dominazioni angioina, normanna ed aragonese, il clero L’interazione delle civiltà è partita addirittura dalla Magna Gre- cattolico estromise quello ortodosso, e con il passare dei secoli, cia. E fa si che oggi la Puglia è caratterizzata non soltanto da mi- anche i parlanti la lingua greca diminuirono sensibilmente. noranze linguistiche, ma anche di innesti che interessano tutto Per arrestare questa emorragia, per iniziativa dei nove comuil Mediterraneo. ni suddetti, venne istituita nel 2001 l’Unione dei Comuni della Proviamo ad identificarle geograficamente, queste minoranze. Grecia Salentina, con l’obiettivo di rinsaldare e far rivivere usi, costumi e consuetudini originarie della popolazione. MINORANZA FRANCO-PROVENZALE: La lingua né mil “Griko”, simile al greco modierno, con inflessioni Risiede nei due piccoli comuni di Celle e Faeto, in porovincia di leccesi e neolatine. Foggia, che formano l’isola linguistica della Daunia Arpitana. Il folklore grecanico è ricco, soprattutto nella poesia e nella muLa questione dell’origine di questa comunità non è ancora stata sica. Vi sono gruppi musicali tipo i Ghetonia, gli Aramirè, i Machiarita, visto che l’ambito linguistico franco-provenzale si trova nekà. a circa 800 Km., a cavallo tra Italia, Francia e Svizzera. A Melpignano, ogni estate, si svolge la famosa Notte della TaSicuramente l’origine risale al Medioevo; gli antenati di questa ranta, a cui partecipano migliaia di giovani, danzando tutta la Comunità probabilmente erano dei soldati angioini stanziati notte, cantando e recitando poesie in dialetto salentino e griko. provvisoriamente in zona, per rivitalizzare la zona di Lucera; Pagina 16
MINORANZA ALBANESE: Risiede nei comuni di Casalvecchio di Puglia e Chieuti (provincia di Foggia) e nel comune di San Marzano di San Giuseppe (provincia di Taranto) La minoranza è individuata con l’etnonimo “arberesh”, che significa albanese, dal termine “arber/arberi, che individuava l’Albania nel xv e xvi secolo, nel periodo delle migrazioni. Attualmente l’etimo è “shqiper”i, non più “arberi” La lingua parlata è l’arberisht, forma dialettale che si collega con la lingua parlata nel sud dell’Albania.
Nacquero inoltre negli anni 70 associazioni quali Unione Comunità Italo-Albanesi, Difesa della Minoranza Albanese ed Associazione Culturale Italo-Albanese. Come vediamo, in tutte queste comunità c’è un minimo comun denominatore: la difesa delle proprie origini, usi, consuetudini e tradizioni. Si può concludere dicendo che tutelare una minoranza presente sul territorio non significa solamente tutelare la propria lingua, ma ci sono molti altri aspetti, che vanno dalla letteratura, alla musica, all’arte. Bisogna produrre uno sforzo comune per riconoscere e tutelare le diversità culturali e linguistiche, per contrastare il rischio di globalizzazione e perdita di identità. Come affermato anche dall’Unione Europea, la promozione e sviluppo della diversità linguistica aumenta la consapevolezza della diversità culturale e contribuisce ad eliminare la xenofobia.
Le migrazioni dall’Albania erano già presenti prima della conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi, motivate soprattutto dal commercio nei territori sotto l’Impero Romano e poi della Repubblica di Venezia. Le più importanti migrazioni, tuttavia, avvennero a causa dell’invasione turca, dal xv al xviii secolo. In Italia meridionale gli esuli vennero accolti come martiri cristiani, per aver combattuto l’invasione turca. L’Arberesh diede vita nei secoli passati ad una notevole produ- Inoltre, la tutela e la promozione di queste comunità, per la cara zione letteraria, il cui maggior esponente, G. De Radda, raccolse Puglia, sarebbe una fantastica “botta di cultura”, senso di ospiicanti popolari e le tradizioni della propria gente. talità e sviluppo ulteriore del turismo.
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Tutte le lingue della Puglia di Elena Zinni
Pino Campagna non si sbaglia quando dice che le “lingue pugliesi” sono davvero tante. Con spirito burlesco, il comico di origini foggiane ha ben marcato la varietà delle lingue di minoranza parlate in Puglia. Ma non c’è soltanto una complessità di fonetica e di espressioni. La ricchezza di idiomi nasconde anche un’insolita geografia linguistica. E sono proprio i dialetti della Puglia a svelarci la sua millenaria storia di regione di frontiera.
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Un esempio fra tutti è la presenza della minoranza franco-provenzale, una delle meno conosciute di Italia, che risiede nei due piccoli comuni di Celle e di Faeto, in provincia di Foggia. Intorno all’anno 1000, presso il torrente Freddo, fu costruito un convento dedicato a San Nicola. Quel luogo era stato scelto dai monaci per accogliere e difendere i pellegrini che andavano in Terra Santa. Successivamente, per via della malaria, i religiosi si spostarono sulla montagna, dove oggi è situato Celle di San Vito e qui costruirono delle cellette che servivano loro come dimora estiva. Nel 1105, per cause ancora sconosciute, il convento fu abbandonato. Dopo un secolo, grazie all’opera del Papa Gregorio IX, nell’anno 1228 il convento tornò a rivivere. Gregorio IX chiamò dalla Spagna i Cavalieri di Calatrava, che rimasero in Italia pochissimo tempo poiché nel 1284 furono richiama-
ti in Spagna. Il convento a poco a poco, senza le dovute riparazioni, cadde per sempre in rovina. Su quella montagna rimasero solo le cellette, che verso la fine del 1200 vennero occupate da una colonia di provenzali, soldati mercenari di Carlo d’Angiò, che reduci da Lucera, dopo aver sconfitto i Saraceni, avevano occupato la piccola città. Ma le truppe inviate dall’angioino non andarono mai via, anzi, lo stesso re, proprio con un secondo editto (20 ottobre 1274), inviò negli stessi luoghi genieri, magistri ed artigiani al fine di rinforzare i baluardi, edificare monumenti e chiese per assicurarsi un presidio permanente in Puglia. Giunsero così migliaia di persone dalla Francia che restarono per sempre in questi luoghi conservando la loro lingua originaria. Dalle celle abitate dai coloni provenzali e dal piccolo santuario dedicato a San Vito, il paese prese appunto il nome di Celle di San Vito. Secondo un’altra fonte, pare che il dialetto occitano parlato nel subappennino dauno trarrebbe origine da un gruppo di popolazione valdese venuto dalla Provenza nel 1400 per sfuggire alla persecuzione religiosa in atto in quella regione e quindi insediatosi sulle montagne. Restando ancora nel territorio della Puglia, ma scendendo a Sud, nel Salento, dall’estremità meridionale del Capo di Leuca e verso
Lecce, esiste una piccola zona nel cuore di questa provincia che ha conservato ancora la lingua grecanica. Per salutarsi al mattino si dice “kaliemeras”, anzi Calimera è proprio il nome di uno dei comuni della Grecìa salentina. Per alcuni la lingua grecanica deriverebbe direttamente dall’influenza della Grecia classica, per altri dalla grecità di epoca bizantina. Ancora oggi, nel Salento, in ben nove paesi si parla il griko: Calimera, Sternatia, Zollino, Melpignano, Corigliano d’Otranto, Castrignano dei Greci, Martano, Martignano e Soleto. La particolarità di questa lingua si evince anche dalle sue antiche canzoni e dalle filastrocche, come pure dai canti funebri, i “morolia”, studiati dai filologi di tutta l’Europa. Una tradizione antica, portata con orgoglio nel terzo millennio. Un’ulteriore minoranza linguistica presente in Puglia è l’albanese, parlato da numerose, piccole comunità distribuite anche in altre province dell’Italia meridionale. Esse sono il risultato di successive immigrazioni dai Balcani svoltesi principalmente nel corso di due secoli (XV-XVII). Alla base di queste immigrazioni vi sono stati eventi bellici che hanno richiamato molti albanesi come uomini d’arme, e fenomeni di declino demografico dell’area interessata. Gli albanesi hanno in genere ripopolato paesi già esistenti, di rado ne hanno costruito di nuovi. A dispetto delle loro differenti origini e della notevole frammentazione territoriale, i paesi di lingua albanese formano uno spazio culturale unitario, la cosiddetta Arberia, che, come tale, ha Pagina 19
svolto un ruolo importante nella storia dell’intero popolo albanese. Con molte e accentuate particolarità locali, la lingua parlata dalla minoranza Arbëreshë è collegata alla variante tosko dell’albanese, che è lingua ufficiale della madre patria. La storia del popolo Arbëreshë è una storia che trova nelle identità delle culture mediterranee una chiave di lettura fondamentale. I paesi che registrano usi, costumi, lingua, tradizione e storia Arbëreshë in Italia sono cinquan-
Crispieri (frazione di Faggiano) e San Giorgio Jonico. La Provincia di Torino, sensibile e attiva nella tutela, nella valorizzazione e nella promozione delle lingue di minoranza storica, ha predisposto, per il 2 luglio di quest’anno, un ricco programma di eventi, così da “unire”, altrettanto simbolicamente, tutte le minoranze linguistiche storiche presenti sull’intero territorio nazionale. La Giornata nazionale delle minoranze linguistiche storiche in Italia
ta. In Puglia ce ne sono tre: uno in provincia di Taranto, San Marzano di San Giuseppe, e gli altri due in provincia di Foggia, Chieuti e Casalvecchio di Puglia. In passato l’Arbëreshë era parlato anche in altri comuni della Provincia di Taranto come Faggiano, Carotino, Monteiasi, Montemesola, Monteparano, Roccaforzata, San
sarà anche occasione di confronto istituzionale tra Conferenza delle Regioni, Unione Province d’Italia e Dipartimento Affari Regionali per verificare l’applicazione della Legge 482/1999 (Norme a tutela delle minoranze linguistiche storiche) e reperire fondi per la salvaguardia e la valorizzazione delle 12 lingue di minoranza tutelate. Pagina 19
Geovana Cléa e i colori del Brasile Colore intenso, puro, fluido che si fa corporeo sulla tela, incandescente per il sentimento che trasuda, tangibile come l’emozione che lo guida e che diventa, d’impatto, reale. È una festa per gli occhi e, soprattutto, per il cuore la pittura di Geovana Cléa, artista brasiliana ormai affermata in Italia, patria d’adozione in cui risiede da diversi anni. Originaria di Maceiò Alagoas, nel nordest del Brasile, Geovana Cléa ha iniziato ad esporre in Italia nel 2005 a Milano e da lì in tantissime altre città italiane ed europee. Una vita intensa, un
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viaggio complesso che l’artista riesce a intrappolare con i suoi colori, con un linguaggio artistico che risulta inscindibile dalla vicenda biografica a cui appartiene. Ecco che allora ritorna sempre quella patria tanto amata, con i suoi sorrisi, la sua tranquillità, i suoi colori caldi e gioiosi, per poi trasformarsi in nostalgia, in una freddezza generata dalla difficoltà del distacco che tuttavia non perde forza e fiducia nel futuro. C’è tutto questo quando Geovana Cléa dipinge il suo Brasile, quando immortala i sentimenti legati al suo passato e poi ritorna a un presente fatto di occhi nuovi, estranei, che osservano con stupore un nuovo arrivato. E c’è una potenza espressiva fuori dal comune, che non può separarsi dall’afflato mistico che la produce e la pervade, reso concretamente con quei tocchi color oro che sono motivo ricorrente nelle sue opere. L’arte per Cléa è un dono di Dio ed è per questo motivo che la sua creatività non può essere fine a se stessa, ma deve diventare veicolo per un messaggio di amore, di pace e di solidarietà. Coerente, infatti, con una concezione che vede l’arte come linguaggio universale, come mezzo per comunicare qualcosa che, come la sensazione, non ha identità, l’artista brasiliana si impegna da sempre in progetti finalizzati al miglioramento dell’integrazione. Quest’anno in particolare ha ideato e realizzato al Latinoamerican-
do Expo, al Forum di Assago, un progetto tutto suo, una mostra d’arte contemporanea dal titolo “Brasile Italia, l’arte dell’incontro” che ha riunito otto artisti italiani e brasiliani, sotto il segno della fratellanza. Artista vera, madre e donna forte che è riuscita a costruirsi una vita nuova e ad affermarsi in un paese totalmente differente dalla sua terra d’origine: Geovana Cléa è un esempio vivente di come l’arte possa diventare un modo, stupendo, per oltrepassare le barriere del pregiudizio e costruire una vera amicizia fra i popoli. Giulia Guardiani
Carissimi Amici Pugliesi, Con questa e-mail vorrei ringraziare il Presidente dell’Associazione Regionale Pugliesi a Milano e tutti i soci presenti alla mostra “Brasile Italia, l’arte dell’incontro”. Sono molto felice e onorata che siate venuti a rendermi omaggio, perché questo progetto da me ideato è un tentativo di migliorare l’integrazione tra due popoli che già da tanti anni sono legati e l’arte è un veicolo fantastico per parlare d’amore e di pace. Sicuramente la vostra presenza ha reso l’arte dell’incontro ancora più bella. Un forte abbraccio con amicizia e affetto Geovana Clèa
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Mendicante di sogni di Paolo Rausa
Ho conosciuto Sergio Nigretti, detenuto presso la II Casa Circondariale di Milano-Bollate, l’anno scorso in una riunione della Commissione Cultura, quando ho proposto la rappresentazione della conferenza/spettacolo “Natura e cultura nel mondo romano: la parola agli autori latini”. La reazione dei componenti, per lo più detenuti, mi ha destato stupore e meraviglia, la piacevole sensazione che forse la mia proposta cercava di accogliere la domanda di sapere e di conoscenza che i cosiddetti “dannati della terra” rivolgono al mondo esterno. Quelli che poi diventeranno i volti familiari di Sergio, Ciccio, Marco, Antonio, Nino, Claudio, Enrico, Marco, ecc. mescolati a quelli dei volontari Michele e Renato e delle operatrici culturali, Catia e Anna per tutte, ci sembravano, a me e all’attore Gerardo Placido che mi aveva accompagnato in questa insolita avventura socioculturale, allora visti per la prima volta, dei volti indistinti. Quella nostra proposta intrepida è stata ricambiata da una grande dose di umanità, quella vera, che quell’esperienza ci ha iniettato. Al termine della rappresentazione Sergio Nigretti, dopo aver ringraziato tutti, proprio tutti, ha terminato, rivolto a noi: “Grazie! Ci avete regalato una serata di libertà!”. Il teatro e la poesia: possiamo istituire un parallelismo nel caso di Sergio Nigretti? Credo di sì. Sergio attraversa con la poesia l’animo umano. I suoi abissi più reconditi e riemerge alla vita. La poesia per lui è introspezione dolorosa, consapevole scandaglio di una vita spesa nell’errore. Alla ricerca di un amore desiderato e forse irrimediabilmente perduto. O forse no? Il ricordo a volte dà tregua, quel profumo voluttuoso, quel bacio rubato la cui dolcezza ancora inebria, il dolce frutto dell’amore, i figli, che rappresentano un’isola di serenità in un tourbillon di sogni infranti, di disillusioni, di amarezze, di pianti, di singhiozzi, di sentimenti che esprimono una passione spenta per una figura femminile che rivela una ferita ancora aperta e bruciante. Il linguaggio adoperato da Sergio Nigretti è secco, essenziale, non ammette mediazioni. I concetti espressi non concedono tregua, brevi, asciutti, disperati se a volte non comparisse una qualche speranza di rasserenamento: un filo di speranza (in Divino), la serenità (in Simone), l’innocenza piena (in Serena), il dondolo che culla (in Sara), l’aggrapparsi tenace al tempo (in Aggrappato), il desiderio spasmodico di coltivare le emozioni (in Nel tragitto), la dolente umanità di una vita che ci lascia (in L’ultima carezza), il desiderio voluttuoso di riposare in un letto di rose rosse (in E ora lasciatemi), fino a quella che sembra la resa finale ma che si rivela il suo contrario, la rivendicazione dell’amore e della vita come pienezza, consapevole che “dove l’emozione non vive restano briciole che lacerano i sogni” (in Non esiste).
Il libro sarà presentato il 25 settembre ore 18,00 presso la Biblioteca Isimbardi della Provincia di Milano, in via Vivaio 1.
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Puglia in Tavola Le ricette per l’estate
BUCCE DI FICO D’INDIA FRITTE Ingredienti: bucce di fichi d’india mature sode e carnose, uova, farina, zucchero semolato o miele. Sbattete le uova. Con un coltellino molto affilato togliete la buccia dalla pellicola esterna, passate la polpa così ottenuta prima nell’uovo sbattuto e poi nella farina. Friggete in abbondante olio di oliva, scolatele e ponetele su carta assorbente. Cospargete di zucchero semolato o miele. *** LA COTOGNATA Ingredienti: 800 gr cotogni biologici puliti, 500 gr di zucchero, 1 litro di acqua. Lavate e pulite le mele cotogne, pesatele e tagliatele in pezzi. Mettetele in una casseruola con l’acqua. Lasciate cuocere lentamente fino ad ottenere una poltiglia che passerete al passaverdura. In un altro tegame fate sciogliere lo zucchero con un po’ di acqua, quindi unire la purea di mele e cuocete ancora fino a quando la preparazione non avrà assunto un bel colore ambrato. Stendete la marmellata su carta da forno oleata, livellate la superficie e lasciate raffreddare, quindi tagliate in pezzi e conservatela in barattoli di vetro. *** INVOLTINI DI MELANZANA Ingredienti: 4 melanzane medie, 2 cucchiai di farina 00, olio di semi per friggere, fogli di carta assorbente, 500 gr. di salsa di pomodoro, 300 gr. di salsa besciamella, 500 gr. di mozzarella o formaggio filante, un mazzetto di basilico, 40 gr. di formaggio grattugiato, sale fino q.b. Sbucciate le melanzane, affettatele, cospargetele di sale fino e sistematele a strati in una scolapasta con un peso sopra per permettere alle fette di rilasciare la loro acqua di vegetazione. Fatto questo, infarinate le
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a cura di Antonia Scarciglia spargete di formaggio grattugiato e di pomodorini tagliati a pezzettini. Infornate a 180° per venti minuti circa. *** FAVE ALLA PIGNATA Ingredienti: fave bianche (conosciute come fave nette), olio extravergine di oliva, pane casereccio, cicorie di campagna.
fette così ottenute, passatele nell’uovo sbattuto con un pizzico di sale, e friggetele in olio bollente. Una volta cotte, sistematele su carta assorbente per eliminare l’unto in eccesso. Una volta asciugate, mettete su ogni fetta un pezzo di mozzarella e una foglia di basilico, arrotolate ogni fetta su se stesse e sistemate gli involtini così ottenuti in una teglia con un pò di salsa di pomodoro. Versa sugli involtini la rimanente salsa di pomodoro con la besciamella, cospargere di formaggio grattugiato e infornare a 190° per dieci minuti circa. La preparazione si presta bene anche come contorno. *** SEPPIOLINE RIPIENE Ingredienti: Seppie, aglio, origano, vino bianco secco, pane grattato, pomodori pelati, prezzemolo, formaggio, grattugiato, uova, capperi. Pulite le seppie, tenetene da parte un pò intere e le restanti, tagliatele finemente e fatele rosolare con dell’ aglio, l’ olio e un pizzico di origano. Bagnate con vino bianco secco, salate e pepate. Fuori dal fuoco aggiungete pan grattato, qualche pomodoro pelato tritato, del prezzemolo tritato, formaggio grattugiato, le uova necessarie, qualche capperino sott’aceto. Impastate il tutto, e controllate la consistenza, se dovesse risultare troppo duro, ammorbiditelo con un pò d’acqua o vino bianco. Riempite le seppioline, sistematele in una teglia unta d’olio, co-
Cuocere le fave in abbondante acqua leggermente salata, fino a quando non si saranno completamente sciolte formando un purè. Nel frattempo, pulite e lavate le cicorie. Quindi lessate le verdure in abbondante acqua salata. A parte friggete dei crostini di pane. Versarle in piatti fondi il purè, condite con un filo di olio, e guarnite con i crostini di pane e un nido di cicorie. *** TIELLA Ingredienti: 400 g di patate, 200 g di riso, 700 g di cozze, aglio, cipolla, pomodori freschi rossi, pecorino grattugiato, olio extravergine d’oliva, prezzemolo, sale, pepe. Sul fondo di una teglia dai bordi alti e ben oliata disporre un po’ di cipolla affettata e qualche pomodoro sfilettato. Coprire con uno strato di patate sbucciate e affettate, spolverizzare con pecorino e quindi mettere uno strato di riso crudo, ma bagnato e ben scolato. Sul riso poggiare le cozze aperte a metà (dopo avere ben spazzolato e lavato i gusci), qualche pezzo di pomodoro sfilacciato e qualche fettina di cipolla. Spruzzare con altro pecorino e un po’ di pepe. Coprire con un altro strato di patate, condirlo e proseguire con il riso e le cozze a strati finché la teglia sarà colma. L’ultimo strato, che deve essere di patate, va abbondantemente cosparso di pecorino, pepe e pane grattugiato; su tutto va versato un filo d’olio. Aggiungere infine, versandola in modo da non guastare il composto, un po’ d’acqua leggermente salata. Cuocere in forno preriscaldato a 180° per circa tre quarti d’ora