La Proprietà Edilizia

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la Numero 2 - 2025

Poste Italiane Spa Spedizione abbonamento postale 70% DCB Roma

Rivista di aggiornamento e approfondimento tecnico-giuridico

Federproprietà partecipa agli Stati generali delle Aree protette Pag. 10

Amministratore di condominio ed attività di intermediazione immobiliare: la Cassazione si pronuncia, ma rimangono i dubbi Pag. 24

Milano conferma: l’ex socio moroso deve lasciare l’alloggio Pag. 35

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Giovanni

Giuseppe

Inidoneità

Locazione

Amministratore di condominio ed attività di intermediazione immobiliare: la Cassazione si pronuncia, ma rimangono i dubbi Leonardo

Domanda di mediazione comunicata con PEC all’amministratore ed interruzione del termine di decadenza ex art. 1137 c.c.

Leonardo

Milano conferma: l’ex socio moroso deve lasciare l’alloggio

Francesca Pizzagalli - Nicola A. Maggio

Clever Servizi Energetici leader di

nel settore residenziale

Direttore editoriale: Giovanni Bardanzellu Direttore responsabile: Francesco Caputo Amministrazione: Via S. Nicola da Tolentino, 21 - 00187 Roma • Tel.: 06.485611 (r.a.) • Editrice: ARPE - Via San Nicola da Tolentino, 21 - 00187 - Roma Stampa: ARTI GRAFICHE PICENE S.r.l. - Via Vaccareccia, 57 - 00071 Pomezia (RM). Contiene I.P. Autorizzazione - Tribunale di Roma n. 4740 del 19/7/1955 •

IL PAPA, LA PACE E LA NUOVA INTELLIGENZA

Presidente ARPE E FEDERPROPRIETÀ

Èmorto Papa Francesco ed al suo funerale lo piangeva tutta l’enorme folla che aveva invaso le strade di Roma, credenti e non, potenti e gente umile, compresi quelli, fra i potenti, che egli aveva preso a sberle con la celebre frase “Chi costruisce muri e non ponti non può dirsi cristiano”.

“La sua opera costante, i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati, dei profughi e dei poveri, nonché il suo continuo grido che nessuno si salva da solo di fronte agli orrori delle tante guerre di questi anni, implorando continuamente la pace ed invitando tutti alla ragionevolezza ” – ha detto nell’omelia funebre il cardinale Giovanni Battista Re, Decano del collegio cardinalizio – hanno congiunto il suo servizio di fede quale suc-

cessore dell’Apostolo Pietro al servizio dell’uomo in tutte le sue dimensioni, in adempimento di quella che è stata sempre la sua missione: convincere che la Chiesa è la casa di tutti”.

La sua speranza di pace, che tutti gli uomini desiderano, si è improvvisamente manifestata nell’inatteso faccia a faccia – dopo quello burrascoso nella Casa Ovale a Washington di due mesi fa che aveva fatto crollare le speranze di far cessare la guerra - fra il Presidente americano Trump (uno di quelli presi a sberle dal papa) e quello ucraino Zelensky, seduti uno di fronte all’altro un’ora prima del funerale all’interno della Basilica di San Pietro, il Tempio della Cristianità, chinati sulle rispettive sedie con le teste che quasi si toccano ed il primo con l’atteggiamento

non più sfacciato ed arrogante, ma di chi sembra interessato ad ascoltare le implorazioni e le che già ha fatto epoca, ma che ci auguriamo diventi il primo atto di una vera e concreta pace, che tutto il mondo auspica. Se così fosse, quell’incontro dovrebbe senza dubbio annoverarsi come un miracolo di Papa Francesco.

Nonostante gli sforzi compiuti da questo governo (l’avvio del piano casa è un segnale molto importante), il settore delle politiche abitative in Italia necessita di una nuova e più convinta attenzione da parte dell’esecutivo e delle amministrazioni locali.

La domanda di alloggi a prezzi accessibili continua a susoprattutto nelle aree urbane

ad alta densità abitativa. Per affrontare queste problematiche, è necessario un coordinamento

ed un maggior coinvolgimento delle comunità locali nella progettazione e gestione degli interventi. Lo abbiamo scritto tante volte su queste pagine. Pensiamo solo al fenomeno dell’overturism, che sta cambiando il volto e il tessuto sociale di molte delle nostre città, soprattutto quelle d’arte, trasformando gli appartamenti in camere d’albergo e stravolgendo in negativo il

In questo contesto, l’Unione Europea ha riconosciuto l’ur-

tiva e ha avviato discussioni per sviluppare un piano di emergenza che unisca risorse europee, nazionali e private. L’obiettivo è fornire alle città gli strumenti necessari per sviluppare politiche abitative inclusive e sostenibili, in grado di rispondere alle esigenze abitative delle diverse categorie di cittadini.

In questo senso, la possibilità di utilizzare i fondi di coesione europei a sostegno delle politiche per la casa rappresenta un’opportunità strategica anche per il nostro Paese.

I fondi di coesione, come noto, sono stati pensati e rappresentano una risorsa fondamentale per ridurre le disuguaglianze territoriali e promuovere uno sviluppo equilibrato all’interno dell’Unione Europea. Nel periodo di programmazione 2021-2027, l’Italia ha a disposizione oltre 75 miliardi di euro provenienti dai Fondi strutturali e di investimento europei (SIE), tra cui il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo di coesione. L’obiettivo è uno solo:

sostenere la crescita inclusiva e sostenibile.

La novità, annunciata recentemente dal ministro Fitto e ripresa poi da Salvini, è che questi fondi potranno essere impiegati anche per progetti di sostegno alle politiche abitative. Tradizionalmente, i fondi di coesionere infrastrutture, innovazione e sviluppo economico. Tuttavia, a partire dal ciclo di programmazione 2021-2027, è emersa una crescente attenzione verso le politiche abitative. In tutti gli Stati dell’Unione si è via via affermato il principio che quello all’abitare è diritto fondamentale ed un elemento chiave per la coesione sociale e territoriale. L’integrazione delle politiche abitative nella politica di coesione mira dunque a garantire l’accesso ad alloggi adeguati, sicuri ed economici per tutti i cittadini, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili della popo-

lazione.

Un altro sguardo all’Europa. Nel nuovo ciclo di programma-

fondi di coesione è destinata a interventi nel settore dell’edilizia abitativa. Secondo la Direzione generale per la politica regionale e urbana della Unione Europea sono stati stanziati 7,5 miliardi di euro per l’edilizia abitativa, cifra che sale a 10,5to nazionale. Di questi, l’86% èriguarda la costruzione e la riabitative, inclusi alloggi per migranti e rifugiati.

In Italia queste risorse sonoventi di ristrutturazione e ammodernamento del patrimonio edilizio pubblico, con particolare attenzione alla sicurezza sismica, all’adattamento clima-

Ed è una utilizzazione necessaria se si pensa che, come dimostrato da una recente ricerca di cui l’ANCE ha parlato nella conferenza di presentazione dell’appuntamento “Città nel futuro 2030-2050” che si terrà a Roma nel prossimo mese di ottobre, nel nostro Paese il 94% dei Comuni è a rischio frane, alluvioni, erosione costiera; che circa 30mila chilometri di vie d’acqua sono state “tombate” e sono la causa di molti disastri.

Ma cominciamo a destinare questi fondi di coesione anche al miglioramento della qualità abitativa, come stanno facendo la Regione Emilia-Romagna, che ha destinato 124 milioni di euro, provenienti appunto dal Fondo Complementare al PNRR, per lasidenziale pubblica ed il Comune di Messina, dove, grazie alla strategia territoriale Capacity, che ha combinato investimenti pubblici e privati, è stato possibile migliorare le condizioni abitative di oltre 200 persone, precedentemente residenti in una

baraccopoli, attraverso intere l’accesso ad alloggi dignitosi; dimostrando, così, come i fondi di coesione possano contribuire a trasformare situazioni di degrado in opportunità di inclusione sociale.

La strada è quella giusta. Non resta che seguirla. Tanto più considerando che essa potrebbe essere facilitata dal fatto che da un paio d’anni l’intero modello urbanistico ha cominciato a parlare una nuova lingua grazie alle prime applicazioni dell’AI nel ridisegnare le nostre città.

Scrive “Il Foglio”, in un articolo che mi ha molto colpito ed interessato, il cui testo è stato realizzato con AI e pubblicato qualche giorno fa, che tempo fa si discuteva di densità, viabilità, cubature, parcheggi.bana lavorano con dataset, predizione, ottimizzazione, apprendimento automatico. Se prima si progettava per come si pensava che sarebbero andate le cose,

aggregano, si trasformano”. Ed è per questo che “molte città europee hanno cominciato a costruire copie virtuali di sé stesse: modelli dinamici e tridimensionali che replicano, secondo per secondo, il funzionamento dell’intero sistema urbano. Sono simulatori

tempo reale, che permettono di testare cosa succederebbe se si chiudesse una strada per lavori, se un nuovo grattacielo sorgesse in una certa zona, se il trasporto pubblico aumentasse la frequenza nelle ore di punta”.

In Italia, continua l’articolo, “dal 2023 almeno tre città (Torino, Bologna e Milano) hanno cominciato ad investire in piattaforme di digital twin urbani”, per decidere dove inserire nuovi spazi verdi e piste ciclabili (a Bologna questo esperimento ha consentito di accertare che, spostando di 150 metri la pista ciclabile rispetto al luogo ove era -

ne iniziale, avrebbe aumentato del 35% la fruizione da parte dei cittadini), ovvero per prevedere l’impatto acustico delle nuove linee tranviarie (Milano e Torino). A Firenze “è in fase avanzata la sperimentazione di un sistema integrato che, combinando previsioni meteo, eventi pubblici ed orari scolastici, riesce a suggerire in tempo reale le migliori soluzioni di trasporto agli utenti, direttamente via app”. alcune nostre città, come Reggio Emilia e Genova, “sono già stati attivati sportelli urbani digitali dove è possibile dialogare con un assistente virtuale per proporre idee di rigenerazione, segnalare spazi abbandonati, proporre usi temporanei del suolo”.

È un modo per rendere più intelligenti le nostre città? Ai posteri l’ardua sentenza.

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DIRITTO TRIBUTARIO

Martedì e Venerdì 11:00-13:00

Martedì 15:30-18:30

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La telenovela delle polizze catastrofali

Attraverso gli emendamenti al decreto Milleproroghe, quasi tutti i partiti hanno chiesto di spostare, ancora una volta, in avanti, il termine per adeguarsi alla disposizione introdotta più di un anno fa, con la legge di bi-

simo il 31 marzo per adeguarsi all’obbligo di stipulare polizze contro i danni di calamità naturali ed eventi catastrofali. Il termine era già stato prorogato rispetto a

2024. Ora FI, M5s, Civici d’Italia-Nm, Iv, Pd e Misto propongono ancora uno slittamento al 30 giugno 2025; Lega, Autonomie, Iv Pd propongono al 31 dicembre 2025, un emendamento Pd rinvia

addirittura al 31 gennaio 2026. Campa cavallo!!!

Con l’aria che tira bisogna sperare che ci si fermi al prossimo giugno. Nel frattempo anche il contenuto del Decreto è stato rivisto in alcune parti a seguito dei pareri del Consiglio di Stato, uno dei quali relativo al periodo transitorio lasciato alle imprese prima che scattasse l’obbligo di stipulare la polizza (tre mesi di tempo).

Intanto continuano ad arrivare conferme dei disastri procurati

In due recenti report dei principali ri-assicuratori mondiali, che uragani, incendi e inondazioni hanno causato, nel 2024, 320

miliardi di dollari di danni, un terzo in più rispetto ai 268 miliar-

rologiche sono state responsabili del 93% delle perdite totali e del 97% delle perdite assicurate. Gli eventi nel 2024 sono stati pari a 136 miliardi di dollari, di cui circa 67 miliardi assicurati. Circa due terzi dei sinistri totali si sono ve-

Centrale e Caraibi.

Uno studio poi di Banca d’Italia ha confermato che l’esposizione delle aziende al rischio idrogeologico potrebbe causare perdite economiche in Europa tali da raggiungere i 44 miliardi di euro l’anno entro il 2100. Con l’Italia che potrebbe subire ingenti danni solo per frane che

Ispra ha stimato una frequenza di 1.000 eventi l’anno, 100 dei quali dovrebbero andare a colpire in

e reti stradali. Sempre secondo Bankitalia, il 35% delle aziende manifatturiere è potenzialmente esposto a inondazioni, frane e alluvioni.

Accanto a questi dati che di per sé già sono preoccupanti si aggiunge il quadro che emer-

hanno avuto sulla popolazione italiana, Infatti secondo il Centro di monitoraggio degli spostamenti interni l’Idm ci dice che dal 2008 al 2022 gli spostamenti interni sono stati 147 mila, gran parte dei quali dovuti a eventi sismici. Per le voci “Alluvione”, Movimenti di massa secca e bagnata”, il dato degli sfollati interni arriva a 28.400 che diventa 71 mila, il doppio, nel 2023. Inoltre il Rapporto Periodico sul Rischio posto alla Popolazione italiana da Frane e Inondazioni – Primo Semestre 2024, realizzato dall’Irpi-Cnr, riepiloga che tra il 1973 e il 2022 i morti sono stati 1616, i dispersi 40, i feriti 1867 e gli sfollati 334.245. Tra il 2009 e il 2022, gli sfollati sono stati 55.917 (91 morti e 139 feriti) da gennaio a luglio del 2024 le persone allontanate dalla propria abitazione sono state 655 (sette morti, cinque feriti). Il report Ispra dal titolo “Deserto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio” dal 2021 è ancora attuale. Le aree a pericolosità idraulica elevata in Italia rappresentano il 5,4% di tutto il territorio nazionale, che raggiungono il 29,4% con il 10% delle aree a pericolosità media e il 14% a pericolosità bassa. Anche secondo il Cnr per il periodo 1973/2022 e il 2019/2023 emerge che le regioni colpite sono tutte le regioni italiane, nessuna porzione del nostro territorio è stata

risparmiata. Per quanto riguarda il pericolo alluvione gli italiani che vivono in un’area ad elevato rischio sono 2,4 milioni, in area a medio rischio sono 6,8, a basso rischio oltre 12,2: in totale più di 21 milioni a cui si aggiungono 226 mila imprese per rischio frana. Dunque le persone in pericolo sono 5,7 milioni.

La conferma ci arriva anche dall’Osservatorio “Città Clima” di Legambiente, realizzato in collaborazione con il Gruppo Unipol,rologici più violenti in Italia sono arrivati a 351, nell’ultimo anno. Si tratta di un numero in costante crescita negli ultimi dieci anni di allagamenti, esondazioni, siccità, frane di quasi 6 volte rispetto al 2015. Il Nord Italia è il più colpito con 198 eventi, seguito dal Sud con 92 e dal Centro con 61. Per quanto riguarda la siccità, le regioni più colpite sono state Sicilia (16 eventi), Sardegna (9), Basilicata (3). Mentre sul fronte degli allagamenti in Lombardia si sono registrati 25 eventi meteo estremi, a seguire l’Emilia Romagna (22) e la Sicilia (15). In tema

Romagna (14) eventi, Lombardia (8), Veneto (5).

Inoltre sempre secondo l’Osservatorio i danni su infrastrutture e immobili provocati dal cambiamento climatico aumen-

5 miliardi di euro l’anno, un incremento di circa 12 volte rispetto alle stime dei danni attuali.

Di fronte a questi dati, che dovrebbero destare forti preoccupazioni, non si comprende perché alcune forze politiche resistino e cerchino di procrastinare l’entrata in vigore dell’obbligo ad assicurarsi, nonostante il mondo assicurativo sia già preparato a questo appuntamento con pro-

sioni del decreto.

Alla luce di questo scenario, che non potrebbe essere più fosco, giustamente il Ministro per la protezione civile e politiche del mare, Nello Musumeci, continua ormai da tempo a sostenere con grande forza e, sopratutto, con competenza e cognizione di causa che solo “la prevenzione ci può salvare. L’Italia è il paese europeo più esposto ai rischi naturali, dalle alluvioni alle frane, dai terremoti agli incendi boschivi. - ha dichiarato infatti ad un’intervista data ad Edoardo Romagnoli apparsa sul quotidiano “Il Tempo”-. Ma c’è chi continua che siano sempre gli altri a fare qualcosa, assistendo impotente ai danni umani e materiali incontenibili. Con gravi ricadute anche sulla nostra economia”. Il Ministro, che su questo tema del-

competenza che pochi, anche nel governo possono vantare, ha recentemente dato alle stampe un libro/intervista “Gli italiani e rischi naturali” per i tipi di Rubbettino, (Nello Musumeci: “Gli italiani e i rischi naturali. Perché la prevenzione ci può salvare”, intervista con Giuseppe Caporale, Pagg. 120 - € 10,00 - Casa Editrice: Rubbettino Editore) nel quale ha fatto il quadro della situazione ed ha anche con proposte serie e praticabili indicato la strada che dovrebbe imboccare il Paese per

con più consapevolezza. Partendo innanzitutto con l’introduzione della polizza assicurativa già prevista dalla legge di bilancio del 2024 per le aziende e che andrebbe estesa al più presto anche alle abitazioni dei privati che attualmente sono coperti solo per il 6%.

*Responsabile Tesoro e Finanza Federproprietà

Federproprietà partecipa agli Stati generali delle Aree protette

Il 17 e 18 dicembre, nella sede della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, Federproprietà, quale associazione di protezione ambientale riconosciuta del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica con decreto ministeriale emesso il 12 gennaio 2006 n. Dec/ RAS/011/2006, ha partecipato agli “Stati Generali delle Aree protette italiane” organizzati dallo stesso ministero in collaborazione con Federparchi-Europarc Italia. A dieci anni dall’ultima convocazione il Ministero dell’ambiente ha chiamato a raccolta tutti gli attori del sistema nazionale delle Aree protette al protagonisti sia per la necessità di “fare rete” e sia per coinvolgere i soggetti protagonisti nei meccanismi di rinnovo della legge quadro 394/91.

Gli incontri che si sono svolti in due giornate hanno visto la presenza, insieme al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin, e al Sottosegretario Claudio Barbaro, delegato alle aree protette, anche i Ministri Nello Musumeci, Alessandro Giuli e Daniela Santanchè, il Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Patrizio La Pietra, i rappresentanti delle 79 organizzazioni ambientaliste invitate al confronto, i presidenti degli Enti parco e della Aree marine protette, rappresentanti di enti locali, del mondo della ricerca e delle università, dei corpi militari impegnati nella tutela dell’ambiente, e un confronto tra esponenti di tutti i partiti politici, di governo e opposizione. L’Italia è il Paese europeo con la maggio-

re varietà di specie viventi e tra i Paesi con più biodiversità del mondo, pur rappresentando, territorialmente, una percentuale fra lo 0,2 e lo 0,5% del pianeta. In Italia si contano circa 1049 aree protette: 24 Parchi nazionali; 30 Aree Marine Protette (il santuario Pelagos e 2 parchi sommersi); 149 Riserve naturali statali; 149 Parchi regionali; 450 Riserve regionali; 5 Parchi geominerari. A questi vanno aggiunte altre aree protette nazionali e regionali, i siti Natura 2000, i siti Ramsar, le riserve MAB UNESCO, le zone ZSC. Le aree protette coinvolgono il 31% di tutti i piccoli comuni italiani (parliamo di un’estensione di ettari terra di 3.303.559 e di ettari mare di 2.867.524), dunque sono fondamentali come propulsori dello sviluppo sostenibile, come preziosa risorsa per l’eco turismo, l’agricoltura bio, la pesca sostenibile, dunque anche per l’economia dei territori.

Obiettivo degli Stati generali era quello di pervenire a proposte operative, possibilmente condivise, per programmare e realizzare un sistema delle aree

contesto nazionale, europeo e internazionale, pienamente co-nali e negli indirizzi di gestione,cacemente nella conservazione

e nella valorizzazione delle riconosciute valenze ambientali, naturalistiche e culturali, garante della partecipazione attiva delle comunità che vivono i territori protetti. I meccanismi previsti dalla 394, dopo piu’ di un trentennio di applicazione, possono essere rivisti e perfezionati Il modello della governance dei parchi nazionali è evidentemente gravato da sequele di adempimenti e allineamenti istituzionali

ritardi, contenziosi e immobilismo. Il Sistema delle Aree Marine Protette e quello delle riserve naturali Statali sono piu’ snelli; tuttavia tali Aree non hanno né un proprio livello di governance né funzioni istituzionali proprie in senso stretto, essendo la loro natura giuridica diversa che svolgono in regime di delega determinate funzioni statali. Il panorama dei Parchi e delle Riserve re-

legislative e quindi il Ministero dell’ambiente non puo’ formalmente coinvolgere questa enorme porzione di territorio tutelato in una proiezione unitaria di governo ambientale del territorio. Si avverte il bisogno di sempli-

costruire una programmazione integrata e concretamente applicabile che corrisponda ad una narrazione condivisa. Le aree protette potranno da un lato al monitoraggio degli ecosistemi e dall’altro svolgere un ruolo educativo fondamentale, sensibilizzando il pubblico sull’importanza del ripristino della natura per la biodiversità e per l’uomo attraverso programmi di educazione ambientale, visite guidate e attività didattiche coinvolgendo le comunità locali favorendo il loro impegno nella tuetla degli ecosistemi.

Francesco Granato membro del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico al Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica

Francesco Granato, Vicepresidente vicario di Federproprietà, è stato nominato componente del Comitato nazionale per lo sviluppo del verde pubblico del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica per il prossimo quadriennio con decreto del Ministro Gilberto Pichetto Fratin.

Il Comitato, istituito con legge 14 gennaio 2013 n. 10, è composto da sedici membri, nominati tra persone di particolare e comprovata competenza ed esperienza tecnica, culturale, professionale o giuridica nel settore ambientale e ne sono membri di diritto il Comandante del CUFA, Comando Unità forestali, ambientali a agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri e il Presidente del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali.

Il contributo dell’avv. Granato in seno al Comitato, quale membro designato per le Associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell’articolo 13 della legge luglio 1986, n. 349 - fra le quali si annovera Federproprietà - si inserirà nelle seguenti azioni di competenzatuare monitoraggi sull'attuazione delle disposizioni della legge 29 gennaio 1992, n. 113, e di tutte le vigenti disposizioni dito del verde pubblico e privato; promuovere l'attività degli enti -

viduare i percorsi progettuali e le opere necessarie a garantire l'attuazione delle disposizioni in materia; proporre un piano nazionale che, d'intesa con la Con-colo 8 del decreto legislativo 28

linee guida per la realizzazione di aree verdi permanenti intorno alle maggiori conurbazioni e per consentire un adeguamento dell'edilizia e delle infrastrutture pubbliche e scolastiche che

quanto previsto dagli articoli 5 e 6 della presente legge, anche attraverso il rinverdimento delle pareti e dei lastrici solari, la creazione di giardini e orti e il miglioramento degli spazi; ve -

dagli enti locali a garanzia della sicurezza delle alberate stradali e dei singoli alberi posti a dimora in giardini e aree pubbliche e promuovere tali attività per migliorare la tutela dei cittadini; predisporre una relazione, da trasmettere alle Camere entro il 30 maggio di ogni anno, recante i risultati del monitoraggio e la prospettazione degli interventi necessari a garantire la piena attuazione della normativa di settore; monitorare l'attuazione delle azioni poste in essere dalle istituzioni scolastiche nella Giornata nazionale degli alberi; promuovere gli interventi volti a favorire i giardini storici.

Legge di Bilancio 2025

ALESSANDRO CANEBA*

La Legge di Bilancio 2025 (Legge 30 dicembre 2024 n. 207) come tradizione, contiene alcune importantivoristica e aziendale. -

pali novità sono le seguenti: Irpef a tre scaglioni Confermata la riduzione a tre scaglioni delle aliquote Irpef già prevista nella legge di bilancio 2025. La struttura del modello Irpef conferma il regime transitorio in vigore per il 2024, che prevede un sistema fondato su tre scaglioni di reddito:

quota del 23%;

euro, con aliquota del 35%; - oltre 50mila euro, con aliquota del 43 per cento -

scali - L’articolo 1, comma 10, della legge di bilancio 2025 con riferimento ai percettori di redditi complessivamente superiori a 75.000 euro, pone alcuni limiti per la fruizione delle detrazioni dall’imposta sul reddito, parametrati in relazione al reddito percepito nonché al numero di

In particolare, per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro gli oneri e le spese per i quali è prevista una detrazione dall’imposta lorda, sia dal TUIR sia da altre disposizioni normative, considerati complessivamente, sono ammessi in de-

calcolato moltiplicando un im-

porto base determinato in corrispondenza del reddito complessivo del contribuente per appositi

nati fuori del matrimonio ricono-

presenti nel nucleo familiare delco.

Sono escluse dal computo dell’ammontare complessivo de-

di 75.000 euro le spese sanitarie, le somme detraibili investite in start-up innovative e le somme detraibili investite nelle PMI innovative.

computo, oltre agli interessi passivi di mutuo anche le rate delle spese edilizie detraibili ai sensi dell’art. 16 bis del TUIR ovvero di altre disposizioni normative so-

nonché i premi di assicurazione detraibili, sostenuti in dipendendicembre 2024.

Detrazioni per familiari a carico - L’articolo 1, comma 11, della legge di bilancio 2025 , prevede che la detrazione per carichi di famiglia spettante con riferimennella misura di 950 euro per ciafuori del matrimonio riconosciuti, età pari o superiore a 21 anni ma inferiore a 30 anni nonché perriore a 30 anni con disabilità.

Bonus per lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore a € 20.000 Erogazione di una somma non tassata determinata in misura percentuale a scaglioni di reddito (dal 7,1 al 4,8%)

Ulteriore detrazione per i lavoratori dipendenti con reddito complessivo superiore a € 20.000 Riconosciuta una detrazione Irpef di € 1.000 per redditi ad azzerarsi con reddito di € 40.000

Bonus per le nuove nascite Bonus una tantum di € 1.000, che non concorre alla formazione del reddito complessivo IRPEF, perio 2025 viene introdotto un contributo una tantum pari a 1.000 euro, destinato alle famiglie congazione del bonus avverrà nel mese successivo alla nascita o -

Bonus per gli asili nido Il boasili nido pubblici o privati. Dalco non verrà più considerato nelcesso al bonus

Aumenta la detrazione Irpef per le spese scolastiche Elevata da € 800 a € 1.000 a spesa detraibile per la frequenza alle scuole dell’infanzia, del primo ciclo d’istruzione e della scuola seconda-

ria di secondo grado. La legge di bilancio ha elevato, a partire dal 2025, l’importo annuo detraibile delle spese sostenute per la frequenza di scuole dell’infanzia del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di

per alunno o studente il limite di spesa massima ammessa in de-

31 dicembre 2024 tale importo era pari a 800 euro).Si ricorda che la detrazione può essere usufrui-

tuato con versamento bancario o postale o altri sistemi tracciabili (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari).

Incremento risorse bonus psicologico Incrementato lo stanziamento previsto per il bonus per prestazioni di psicoteramassimo di € 600 per persona in base ISEE)

Artigiani e commercianti In sede di prima iscrizione nel 2025

si potrà richiedere all’Inps una riduzione della contribuzione dovuta in misura pari al 50% per 36 mesi. Per gli imprenditori, anche in regime forfetario, che si iscrivono nell’anno 2025 per la prima volta alla gestione previdenziale INPS degli artigiani o dei commercianti, viene introdotta la possibilità di chiedere una riduzione transitoria della contribuzione in misura pari al 50% per una durata di trentasei mesi.

Bonus incrementi occupazionali Prorogata al 2025 la maggiorazione del 20% della deduzione relativa al costo del lavoro incrementale derivante da assunzioni di dipendenti a tempo indeterminato prevista dalla legge di bilancio 2024

Riduzione IRES al 20% A favore delle imprese che investono in beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati e rispettano altri requisiti anche di tipo occupazionali. Si attende il de-

Risoluzione, cessione e proroga dei contratti

Si parla di risoluzione del contratto se il rapporto tra le parti è interrotto prima della scadenza naturale: occorre versare entro 30 giorni l’imposta di registro in

Se i locatori hanno optato per il regime della cedolare secca l’imposta di registro non è dovuta.

Si parla di cessione se il locatore o il conduttore viene sostituito nel contratto da un nuovo soggetto. Se l’accordo tra le parti non prevede il pagamento di un corrispettivo, occorre versare l’imposta

(67 euro). In caso contrario, l’imposta di registro è pari al 2% del corrispettivo pattuito (con un minimo di 67 euro).

Si parla di proroga se la durata del contratto viene prolungata per un periodo ulteriore. La proroga va sempre comunicata all’Agenzia e versare l’imposta di registro. Se ad essere prorogato è un contratto con cedolare secca, è necessario confermare l’opzione per la tassazione sostitutiva.

Si parla di rinegoziazione del canone se le parti del contratto decidono di comune

canone di locazione o di comunicato all’agenzia delel Entrate.

della riduzione dell’aliquota

investimenti in beni strumentali tecnologicamente avanzati a decorrere dal 2025

Per i regimi forfettari Sale da 30mila a 35mila euro la soglia di sbarramento di ingresso alla Flat Tax per dipendenti e pensionati. -

te di reddito da lavoro dipendente o da pensione oltre il quale non è possibile accedere al regime forfettario del 15% o 5% per nuove attività

Obbligo PEC Per gli amministratori delle società scatta l’obbligo di attivare una casella di

Il limite di spesa resta di 96.000 euro per unità immobiliare.

Nel caso in cui le spese siano sostenute dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi

abitazione principale, l’aliquota aumenta:

- al 50% nel 2025;

- al 36% nel biennio 2026-2027.

Sisma Bonus Vengono rimodulate le aliquote utilizzabili per gli interventi di riduzione del rischio sismico:

- sismabonus esteso al triennio 2025-2027 con le seguenti aliquote:

a. 36% nel 2025;

di digitalizzazione del sistema, la legge di bilancio 2025 estende infatti l’obbligo di dotarsi di una casella PEC anche “agli amministratori di imprese costituite in forma societaria”. L’obbligo scat-

la sua attuazione dovranno esse-

ni attuative, soprattutto per quanto riguarda le società già iscritte al registro delle imprese.

Tassazione criptoattività Si -

plina dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri proventi derivanti dalle operazioni in cripto attività realizzati a de-

nalzando la relativa aliquota al 33% ed eliminando la soglia di esenzione pari a 2 mila euro.

Ristrutturazioni edilizie

Vengono eliminate le spese per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili;

L’aliquota del bonus casa sarà:

- del 36% nel 2025;

- del 30% nel biennio 20262027;

b. 30% nel biennio 20262027;

- nel caso in cui le spese siano sostenute dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi

abitazione principale, l’aliquota aumenta:

a. al 50% nel 2025; b. al 36% nel biennio 20262027

Ecobonus anche il bonus per il risparmio energetico viene prorogato per il triennio 2025-2027 con le seguenti aliquote:

- 36% nel 2025;

- 30% nel biennio 2026-2027; - nel caso in cui le spese siano sostenute dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi

abitazione principale, l’aliquota aumenta:

- al 50% nel 2025; - al 36% nel biennio 2026-2027. Bonus Elettrodomestici Contributo del 30% sul costo di elet-

energetica, con un massimo di 100 euro, che sale a € 200 per le famiglie con un ISEE inferiore a €

alla sostituzione di elettrodome-cienti dal punto di vista energetico, contribuendo al contenimento dei consumi e delle emissioni. Il bonus si applica esclusivamente

Spetta per l’acquisto di elettroenergetica non inferiore alla nuova classe energetica B, prodotti nel territorio dell’Unione europea, con contestuale smaltimento dell’elettrodomestico sostituito. Il contributo è fruibile per l’acquisto di un solo elettrodomestico. Il Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Mef dovrà emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, un decreto per stabilire criteri, modalità e termini per l’assegnazione del contributo.

Bonus mobili: detrazione al 50% anche nel 2025 confermata la detrazione d’imposta del 50%

massimo di 5 mila euro che può essere sfruttata in dichiarazione dei redditi in dieci quote annuali di pari importo. Il presupposto è che la spesa per arredi ed elettrodomestici sia necessariamente collegata a lavori di recupero del patrimonio edilizio (manutenzioni straordinarie o ristrutturazioni) che danno diritto alla detrazione del 50 per cento. Inre un bonus trainato. Va segnalato però che nonostante la tagliola destinata ad abbattersi dal 2025 sui bonus edilizi, per la detrazione su arredi ed elettrodomestici non verrà fatta alcuna distinzione tra abitazione principale e seconde case: l’ali-rà, infatti, in entrambi i casi al 50 per cento. Riconfermati i requisiti che devono avere i grandi elettrodomestici nuovi per essere

agevolati: classe energetica non inferiore classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica.

Nessuna proroga per il bonus verde La legge di Bilancio 2025 non proroga invece il “bonus verde”. Pertanto, al momento, la detrazione si può usufruire solo per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2024.

Fino al 31 dicembre 2025 è poi disponibile il bonus barriere architettoniche.

Non bisogna inoltre dimenticare che i bonus edilizi rientrano nella stretta delle detrazioni IRPEF introdotta dalla legge di Bilancio 2025 per i contribuenti con redditi superiori a 75.000 euro.

Rideterminazione del valore di terreni e partecipazioni - L’articolo 1, comma 30, della legge di bilancio 2025 introduce a regime la possibilità di avvalersi della rideterminazione del costo di acquisto delle partecipazioni, negoziate e non negoziate, e dei -

zione agricola.

In particolare, possono formare oggetto di rivalutazione le partecipazioni (negoziate e non) -

scun anno, a condizione che, entro il termine del 30 novembre del medesimo anno, si proceda al versamento di apposita imposta sostitutiva.

Analogamente, entro il 30 novembre di ciascun anno, i contribuenti possano optare, mediante pagamento di un’imposta sostitutiva per la rivalutazionenazione agricola posseduti alla anno.

Assegnazione agevolata beni ai soci Si ripropone il regi-

gnazione agevolata” di beni ai soci. Più precisamente, le società commerciali che assegnano o cedono beni (immobili o mobili registrati) non strumentali ai soci entro il 30 settembre 2025 versano in due rate un’imposta sostitutiva pari all’8% (ovvero pari al 10,5% se la società -

mente riconosciuto dei medesimi beni.

Estromissione beni Per le imprese individuali, la Legge propone la facoltà di estromissione dal proprio patrimonio dei beni immobili strumentali non produttivi di reddito fondiario, includendovi anche i beni posseduti al 31 ottobre 2024, a condizione che l’esclusione sia posta in essere -

gio 2025.

Obbligo di pagamento tracciabile per poter essere detratte dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo, alcune spese devono essere obbligatoriamente pagate con mezzi tracciabili (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari). Per il reddito di lavoro dipendente i rimborsi delle spese per vitto, alloggio, viaggio

autoservizi pubblici non di linea (servizio di taxi e servizio di noleggio con conducente). Per il reddito di lavoro autonomo le spese relative a prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande e le spese

mediante autoservizi pubblici non di linea addebitate analiticamente al committente, nonché i rimborsi analitici relativi alle medesime spese sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autono-

mi. Per il reddito d’impresa, nei limiti previsti, le spese di vitto e alloggio, nonché i rimborsi analitici delle spese per viaggio e tra-

servizi pubblici non di linea, sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autonomi e le spese di rappresentanza.

Quindi nuove regole per le spese di trasferta e i rimborsi relativi a vitto, alloggio, viaggio e trasporto, inclusi taxi e NCC. Queste spese devono essere pagate con metodi tracciabili per poter -

PEF e IRAP e per evitare l’imponiper i dipendenti (art. 1, cc. 81-83, Legge 30 dicembre 2024, n. 207). N.B. Sono esenti da queste restri-

con autoservizi pubblici di linea. I lavoratori in trasferta dovranno dunque utilizzare carte di credito personali o aziendali anche per le spese correnti come taxi e ristoranti. Nell’elenco delle spese che devono essere pagate in modo tracciabile non rientrano i costi chilometrici chiesti a rimborso dai dipendenti.

Esenzione IMU sisma L’esenzione dall’IMU per i fabbricati ad uso abitativo, ubicati nelle regioni Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici che hanno colpito entrambi i territori rispettivamente nel 2022 e nel 2023, ètervenuta ricostruzione o agibilità. Inoltre, sono prorogate al 31 dicembre 2025 le esenzioni in favore dei contribuenti residenti o aventi sede legale nei comuni siti nel cratere sismico 2016/2017 dalle imposte di bollo e di registro, nonché dall’Irpef, dall’Ires e dall’IMU.

*Dottore Commercialista, Consulente ARPE

Massimario di GIURISPRUDENZA

Intellegibilità del rendiconto condominiale: alcune delucidazioni in merito.

Con la recente ordinanza n. 10869 del 24 aprile 2025, la II Sez. Civile della Corte di Cassazione ha ribadito, puntualizzandone alcuni connotati, un importante principio già espresso in precedenti arresti - su tutti Cass. Sez. II sent. n. 28257 del 9/10/2023 e Cass. Sez. II sent. n. 1370 del 18/1/2023 - e cioè quello secondo cui la documentazione contabile condominiale, pur non necessitando di forme rigorose come quelle previste per la predisposizione dei documenti contabili societari, deve comunque essere “intellegibile”, cioè essere predisposta in modo da consentire al condomino di

le uscite, i modi di impiego delle somme versate a titolo di oneri e la ripartizione delle spese.

Nella controversia oggi in esame, alcuni condo-

Tribunale di Genova la delibera con la quale l’assemblea aveva approvato il rendiconto consuntivo dell’esercizio condominiale 2010 ed il relativo piano di ripartizione delle spese, sostenendo che, per alcune voci, fossero stati violati i principi di chiacaratterizzare il bilancio medesimo.

Nonostante le rimostranze mosse dal Condominio convenuto, costituitosi nel giudizio, il Tribunale accoglieva l’impugnazione ed annullava la delibera consuntivo”. Il Condominio, pertanto, interponeva appello e la Corte territoriale di Genova, accogliendone i motivi, riformava la sentenza di primo grado, ritenendo che il rendiconto non dovesse ripor-

singole voci di spesa, potendo i condomini fare richiesta di tale documentazione all’amministrazio-

avuto la possibilità di esaminare preventivamenteza dei dati riportati alle singole voci di spesa indicate nel rendiconto.

I condomini, dunque, proponevano ricorso in Cassazione fondando la loro pretesa sul presupposto che il rendiconto dovrebbe mettere il condomino – intendendo per esso anche chi non possieda -

dominiale, senza che gli sia necessario attivarsi per un controllo preventivo della documentazione giu-

La Corte, però, sostanzialmente confermando quanto disposto dalla Corte d’Appello, ha respinto il ricorso, ribadendo il principio secondo cui il rendiconto è funzionale all’esigenza di porre i condomini in condizione di sapere come sono state concretamente utilizzate le quote versate, cui corrisponde l’obbligo dell’amministrazione condominiale di mettere a disposizione degli stessi la docu-

Il rendiconto, però, prosegue la Suprema Corte, non deve essere redato in forma rigorosa, considerato che non trovano diretta applicazione nella materia condominiale, le norme prescritte dalla legge per la predisposizione dei bilanci delle società. Resta il fatto, comunque, che il rendiconto condominiale, per essere valido, deve essere privo di vizi intrinseci e deve essere accompagnato dalla

Invero, come si desume dagli artt. 263 e 264 c.p.c.,

che si applicano anche nell’ipotesi di rendiconto

te costituisce il presupposto fondamentale perché esse possano essere contestate.

Nel caso di specie, invero, i condomini avevano avuto la possibilità di esaminare preventivamente la documentazione messa a disposizione dall’am

dati riportati con le voci di spesa indicate nel ren diconto.

Di conseguenza, in presenza della documenta

ministratore, richiedere chiarimenti e svolgere le

In sostanza, con la decisione dello scorso aprile, la Corte di Cassazione ha voluto ribadire il concetto che il rendiconto condominiale deve essere re-

c.c., il quale impone di dare conto delle voci di entrata e di uscita e di ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del Condominio, dei fondi disponibili e delle eventuali riserve, che devono es-

Il rendiconto, come è noto, si compone di un e di una nota sintetica esplicativa della gestione. Pertanto, benché la documentazione contabile condominiale non necessiti di forme rigorose come per le società, la stessa, lo ribadiamo, deve comunque rendere intellegibili le entrate, le uscite, i modi di impiego e la ripartizione delle spese.

cabili a posteriori per i condomini e per gli even-

ministratore (tra tutti proprio il Giudice, in caso di impugnazione della delibera di approvazione del consuntivo, ma si pensi anche al revisore contabile

verrà volta per volta adattato al caso concreto dal giudicante.

mentazione condominiale prima dello svolgimento

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Inidoneità dell’immobile

all’esercizio dell’attività

del conduttore per difetto di autorizzazioni

amministrative

Non è raro che un conduttore prenda in locazione

svolgerci una determinata attività commerciale, che viene, però, impedita dal mancato rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, per cui al locatore se ne imputa (risoluzione del contratto e/o risarcimento del danno).

Il disposto normativo applicabile a tale situazione è l’art. 1575 c.c., il quale contempla, tra le obbligazioni principali del locatore, quelle di: 1) consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione; 2) mantenerla in istato da servire all’uso convenuto, e 3) garantirne il locazione; qui rileva soprattutto il n. 2), unitamente al successivo art. 1576 c.c., in base al quale il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore; soccorre allo scopo anche l’art. 1578 c.c.,

secondo cui, se al momento della consegna, la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili.

Una recente sentenza del Supremo Collegio (n. 14067 del 22 maggio 2023) si è occupata della suddetta fattispecie - riguardante soprattutto le locazioni ad uso diverso da quello abitativo, ma con principi esportabili anche in quelle ad uso abitativo (segnatamente, riguardo al rilascio della c.d. abitabilità) - cercando di delineare compiutamente, per un verso, gli adempimenti a carico del locatore, e, per altro verso, gli oneri di controllo in capo al conduttore.

La causa originava da uno sfratto per morosità intimato da un locatore, citando in giudizio il conduttore per la convalida, sull’assunto che il locale di proprietà del primo era stato con-

cesso in locazione per l’esercizio dell’attività di bar, e che il conduttore si era moroso nel pagamento dei canoni ed aveva intrapreso lavori edili senza l’autorizzazione del proprietario.

Il conduttore contestava la morosità, chiedendo, in via riconvenzionale, dichiararsi la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore in quanto l’immobile, preso in locazione per essere adibito a bar, non aveva la struttura idonea per consentire la preparazione di

in particolare, non era dotato di un doppio bagno con antibagno, essenziale per poter procedere alla preparazione degli alimenti da servizi ai clienti.

Istruita la causa con interrogatorio formale, prove testimoniali e CTU, il Tribunale rigettava la domanda principale del locatore ed accoglieva la riconvenzionale del conduttore, dichiarando risolto il contratto per inadempimento del locatore, con conseguente condanna di quest’ultimo al risarcimento

del danno.

La Corte d’Appello, ribaltando il verdetto di prime cure, rilevava che il conduttore aveva eseguito lavori di adeguamento strutturale dell’immobile senza chiedere l’autorizzazione del locatore e dichiarava che la risoluzione del contratto dovesse imputarsi a fatto e colpa del conduttore, non sussistendo alcuna obbligazione del locatore ai sensi degli artt. 1575 e 1576 c.c. di procedere all’esecuzione di opere di modi-

cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità sopravvenute alla consegna.

Ad avviso del giudice distrettuale, le obbligazioni del locatore di cui agli artt. 1575 e 1576 c.c. non comprendono l’esecuzionesformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all’uso convenuto.

In particolare, l’art. 1575 c.c. non impone al locatore alcun obbligo di apportare alla cosa da per renderla idonea allo scopo cui intende destinarlo il conduttore, nemmeno nel caso in cui lo scopo sia espressamente indicato in contratto, a meno che quell’obbligo non venga concordato con patto espresso.

Il conduttore, qualora avesse ritenuto esiziale il mancato adeguamento strutturale, avrebbe potuto esercitare il recesso dal contratto, ma, in mancanza di tale recesso, non avrebbe mai potuto sospendere il pagamento dei canoni di locazione, di guisa che la sua condotta doveva considerarsi tale da condurre alla declaratoria di risoluzione del contratto per suo inadempimento.

Il conduttore, soccombente

nel giudizio di secondo grado, proponeva ricorso per cassazione, evidenziando che il locatore, oltre agli obblighi di cui agli artt. 1575 e 1576 c.c., fosse gravato anche dell’obbligo di assicurare, ai sensi dell’art. 1578 c.c., che la cosa locata fosse immune da vizi che la rendessero inidonea all’u-

in caso di inottemperanza ai suddetti obblighi, la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore.

I giudizi di Piazza Cavour hanno ritenuto tale doglianza infondata.

-

la Corte territoriale si rivela in linea con l’orientamento di legittimità, secondo cui, nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di

del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che

egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali auto-cuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato.

La destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottengave, diventa invece rilevante, qua-

quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia -

mobile in relazione all’uso convenuto, solo se abbia formato

enunciazione, nello stesso contratto, che la locazione sia stipu-

lata per un certo uso.

obblighi del locatore di consegnare la cosa in buono stato di manutenzione e di mantenerla in stato da servire all’uso convenuto (v., soprattutto, il n. 2 dell’art. 1575 c.c., nonché il successivo art. 1576 c.c.) non rientra quello di apportare alla cosa stessa leti per renderla idonea alla destinazione pattuita, né, tantomeno, quella di assicurare al conduttore la possibilità di apportarvele egli stesso, pur potendo le parti accordarsi in tal senso (v., tra le altre, Cass. 25 novembre 2014, n. 24987; Cass. 30 gennaio 2009, n. 2458; tra le pronunce di merito, si segnalano Trib, Torre Annunziata 17 gennaio 2014 e Trib. Roma 3 novembre 2009).

D’altronde, grava sul condut-

caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che si è ripromesso.

Più delicata è la questione - risolta diversamente in giurisprudenza - relativa alla sussistenza, a carico del locatore, di consegnare un immobile dotato delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività che intende svolgervi il conduttore, che si correla con la questione riguardante l’oggetto del “buono stato manutentivo” che va garantito al conduttore, nel senso se esso concerna le sole qualità della cosa locata oppure investa anche quelle giuridiche.

Secondo un primo indirizzocui sembra aderire la pronuncia in commento, cui adde Cass. 7 giugno 2018, n. 14731; Cass. 25

dicembre 2009, n. 25278; Cass. 8 giugno 2007, n. 13395; Cass. 13 marzo 2007, n. 5836 - grava sul

che le caratteristiche del bene si-

ano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, sicchè, qualora il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è -

bilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato, precisando che la destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche

amministrative, diventa rilevanquale elemento presupposto o,bligo assunto dal locatore nella dell’immobile in relazione all’uso convenuto, unicamente se ab-

pattuizione tra le parti.

Secondo un diverso orientamento - di cui sono espressione Cass. 7 giugno 2011, n. 12286; Cass. 19 luglio 2008, n. 20067; Cass. 28 marzo 2006, n. 7081 - che dà, a vario titolo, rilievo al difetto della documentazione in oggetto, la mancanza delle autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarità (e, in particolare, la sua abitabilità e la sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale) costituisce inadempimento del locatore

contratto ai sensi dell’art. 1578 c.c., a meno che il conduttore non sia a conoscenza della situazione e l’abbia consapevolmente accettata.

In base ad una tesi, per così dire, mediana - riconducibile a Cass. 26 luglio 2016, n. 15377; Cass. 16 giugno 2014, n. 13651nella locazione di immobili per

uso diverso da quello abitativo, convenzionalmente destinati ad un’attività il cui esercizio richie-

dipendenti anche dalla situazione edilizia del bene, l’inadempimento del locatore può con-

di tali titoli dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire in radice il rilascio degli atti amministrativi necessari e, quindi, l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito, oppure quando il locatore abbia assunto

necessari titoli abilitativi, restando invece escluso allorché il conduttore abbia conosciuta e consapevolmente accettata l’assoluta impossibilità di ottenerli; in quest’ottica, peraltro, l’inidoneidel conseguimento dell’agibilità determina il mancato rispetto delle qualità che l’immobile deve possedere e, quindi, un vizio della cosa locata, con conseguente esperibilità del rimedio risolutorio previsto dall’art. 1578 c.c.

Ad ogni buon conto, sul versante processuale, grava sul conduttore - anche in applicazione del principio di vicinanza della prova - l’onere di individuare e dimostrare l’esistenza di quel vizio che diminuisce in modo apprezzabile l’idoneità del bene all’uso pattuito, spettando, invece, al locatore di provare, rispettivamente, che i vizi erano conosciuti o facilmente riconoscibili dal conduttore, laddove intenda paralizzare la domanda di risoluzione o di riduzione del corrispettivo, oppure di averli senza colpa ignorati al momento della consegna, se intenda andare esente dal risarcimento dei danni derivanti dai vizi della cosa.

*Magistrato, Presidente sezione lavoro Corte di Appello di Roma

Locazione conclusa iure privatorum dalla P.A. e obiettivi di Spending Review

Allorchè agisce iure privatorum in un rapporto di locazione, la Pubblica

Amministrazione deve pur sempre rispettare gli obblighi stabiliti dalla legge in capo alla parte conduttrice, e ciò anche se deduce l’eccezionale stato

che, indiscutibilmente, costituisce un “fatto notorio”, in quanto emergente da tutta la normativa dettata dal legislatore in materia di spending review.

In quest’ottica, si rivela molto interessante la fattispecie sostanziale sottoposta, di recente, allo scrutinio del Supremo Collegio, che aveva ad oggetto un contratto di locazione relativo ad immobile per uso commerciale concesso in godimento all’Inail; a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 95/2012 (“Riduzione della spesa degli Enti pubblici non territoriali”), convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, l’I-

stituto comunicava al locatore la volontà di recedere dal contratto ex art. 27 della legge n. 392/1978, evidenziando che il legislatore -

guire obiettivi di contenimento della spesa per l’acquisto di beni e servizi e di riduzione della spesa pubblica, che gli Enti pubblici non territoriali dovessero adot-

“razionalizzato il proprio patrimonio immobiliare strumentale mediante l’attivazione immediata di iniziative di ottimizzazione degli spazi da avviare sull’intero territorio nazionale che prevedano l’accorpamento del personale

ubicati nel medesimo Comune e

relazione ai criteri della domanda potenziale, della prossimità all’utenza e delle innovate modalità operative connesse all’aumento dell’informatizzazione dei servizi”. Pertanto, l’Inail evocava in

giudizio il locatore, chiedendo che venisse dichiarata la legittimità del recesso anticipato dal contratto di locazione dell’immobile, con conseguente esonero del conduttore dal pagamento dei canoni.

Il locatore, nel costituirsi in giudizio, spiegava domanda riconvenzionale volta ad accertare, invece, che il contratto di locazione si era rinnovato di sei anni in sei anni, e che l’Istituto fosse obbligato a pagare i canonidenza.

Il Tribunale riteneva legittimo il recesso anticipato ex art. 27 della legge n. 392/1978 e dichia-to di locazione, respingendo la domanda riconvenzionale spiegata dal locatore.

Quest’ultimo impugnava la sentenza dinanzi alla Corte d’Appello, la quale, ribaltando l’esito del giudizio di prime cure, riget-

tava la domanda dal conduttore proposta con l’originario atto introduttivo ed accoglieva la domanda riconvenzionale, condannando l’Istituto appellato alla corresponsione, in favore del locatore, di tutti i canoni, applicando, però, la riduzione del 15% prevista dall’art. 8, comma 4, dello stesso decreto-legge n. 95/2012.

L’Inail ricorreva per la cassazione della suddetta decisione, sostenendo - in buona sostanza - che i gravi motivi di recesso ben potevano essere rappresentati da sfavorevoli situazioni economiche sopravvenute al contratto, indipendenti dalla volontà del conduttore, che potevano rendere intollerabilmente oneroso il contratto di locazione, e richiamando, a supporto della doglianza, che, all’epoca del recesso, erano vigenti una serie di diposizioni che obbligavano tagli di spesa alle P.A. e piani di razionalizzazione degli spazi adibiti a

alle Amministrazioni interessate l’onere di attivarsi per contrarre le uscite.

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto tali doglianze nel complesso infondate.

In linea generale, si è premesso che l’art. 27, ultimo comma, della legge n. 392/1978 è applicabile anche ai contratti stipulati da Enti pubblici in qualità di conduttori, pur se non espressamente richiamato dall’art. 42 della stessa legge (v., tra le altre, Cass. 22 novembre 2000, n. 15082; Cass. 8 gennaio 2005, n. 262; Cass. 28 giugno 2012, n. 10874).

Inoltre, costituisce principio consolidato - ripetutamente affermato riguardo ai contratti di locazioni di immobili urbani destinati ad uso diverso da quello abitativo stipulati tra privati - che i gravi motivi di cui alla norma de qua devono sostanziarsi in

fatti “involontari, imprevedibili e sopravvenuti” alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere “oltremodo gravosa” per il conduttore medesimo, sotto il -

ne del rapporto locativo, sicché essi non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valuta-

in ordine all’opportunità o meno di continuare ad occupare l’immobile locato, ma devono avere carattere oggettivo, ravvisabile, tuttavia, anche in un andamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all’attività dell’impresa), sopravvenuto ed oggettivamente imprevedibile, che, imponendo l’ampliamento o la riduzione della struttura aziendale, sia tale da rendere particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo (v., da ultimo, Cass. 7 marzo 2023, n. 6731; Cass. 9 maggio 2023, n. 12461).

potestativo di recesso del conduttore, a norma dell’art. 27 del-

te che egli manifesti al locatore, con lettera raccomandata o altra modalità equipollente, il grave motivo per cui intende recedere dal contratto di locazione, senza avere anche l’onere di spiegare le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui tale motivo è fondato, né di darne la prova, perché queste attività devono esser svolte in caso di contestazione da parte del locatore.

Trattandosi, però, di recesso “titolato”, la comunicazione del conduttore non può prescindere

con la conseguenza che tale requisito inerisce al perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso, e risponde anche alla

la precisa e tempestiva contesta-

zione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo (v. Cass. 17 gennaio 2012, n. 549), dovendo anche escludersi che il conduttore possa esplicitare successivamente le ragioni della determinazione assunta (v. Cass. 30 giugno 2015, n. 13368).

In quest’ordine di concetti, dagli atti di causa, è emerso che l’Istituto ricorrente, nel comunicare al locatore la volontà di recedere dal contratto, aveva fatto riferimento esclusivamente agli articoli del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7

la sua iniziativa adducendo “la necessità di perseguire gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica imposti alle P.A. dal legislatore e di razionalizzazione degli spazi”.

Tuttavia, in tale comunicazione di recesso, non è stato dedotto, quale grave motivo, la sopravvenuta insostenibilità del pagamento del canone in dipendenza di sopravvenute disposizioni normative che imponevano tagli di spesa, sicché, del tutto correttamente, la Corte territoriale, nel valutare la ricorrenza dei presupposti per il valido esercizio del recesso anticipato, ha tenuto conto delle sole ragioni evidenziate dall’Istituto conduttore, senza pronunciarsi sulle altre disposizioni legislative che sono state invocate per la prima volta in -

portare la doglianza, il cui esame è precluso, stante la novità della censure, non essendo consentito individuare i “gravi motivi” in altre circostanze di fatto non dedotte dal conduttore all’atto del recesso, anche laddove trattasi di disposizioni normative astrattamente suscettibili di integrare

scioglimento anticipato dal rapporto contrattuale.

In altri termini, i motivi di recesso devono intendersi cristallizzati in quelli manifestati nella lettera di recesso, tra i quali non rientrava il “risparmio di spesa”, che era stato dedotto solo in sede giudiziale; ad ogni buon conto, l’Istituto conduttore non aveva

perseguimento delle esigenze di razionalizzazione degli spazi ed economicità del bilancio.

D’altronde, costituisce principio acquisito nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’onere,

i gravi motivi contestualmente alla dichiarazione di recesso ai sensi dell’art. 27 della legge n. 392/1978, ancorché non espressamente previsto da detta norma, deve ritenersi conseguente alla logica dell’istituto, atteso che al conduttore è consentito di sciogliersi dal contratto solo se ricorrano gravi motivi, e il locatore deve poter conoscere tali motivi già al momento in cui il recesso è esercitato, dovendo egli assumere le proprie determinazioni sulla base di un chiaro comportamento dell’altra parte del contratto,

precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso stesso (v., ex multis, Cass. 27 ottobre 2011, n. 22392; Cass. 6 giugno 2008, n. 15058; Cass. 29 marzo 2006, n. 7241; Cass. 26 novembre 2002, n. 16676).

Nella specie, il giudice distrettuale aveva correttamente circoscritto la propria valutazione ai motivi addotti con la lettera di recesso, non potendo questi essere integrati con quelli postulati, al “risparmio di spesa”.

A ciò deve aggiungersi che, se

è vero che la scelta di recedere non può prescindere dall’apprezzamento dell’attività esercitata dal conduttore, quale indicata dall’art. 27, oppure contemplata direttamente o indirettamente nell’art. 42 della medesima legge, per cui, ove la scelta di recedere sia operata da un Ente pubblico, non può prescindersi dal-

blicistica” del conduttore, una volta che lo stesso si sia avvalso dello strumento privatistico, non consente di ritenere che la legittimità del recesso sia apprezzata, dando rilievo esclusivamente alle determinazioni perseguite dal soggetto pubblico, seppure nell’adempimento delle sue funzioni (v. Cass. 19 dicembre 2014, n. 26892: nella specie, si era statuito che la decisione di un Comune di far costruire un proprio immobile per ospitarvi una scuola non costituisse, di per sé, motivo idoneo di recesso anticipato dal contratto di locazione in corso, essendo necessario che tale scelta fosse stata determinata da

a soddisfare l’interesse pubblico in questione in modo più idoneo rispetto a quanto già non avvenisse tramite l’utilizzo del bene condotto in locazione).

Un’altra rilevante applicazione della normativa in materia di spending review in materia di locazione, ma questa volta in favore della parte conduttrice, si è avuta, di recente, in un’altra pronuncia del Supremo Collegio (v. Cass. 19 ottobre 2023, n. 29027), il quale - premesso che la riduzione del canone di locazione imposta dal decreto-legge n. 95/2012, non è applicabile solo ai contratti di locazione, bensì ad ogni contratto volto al conseguimento, da parte di Enti pubblici, della disponibilità di un bene

Registrazione contratti di comodato

ll comodato di un bene immobile va registrato entro 30 giorni dalla data dell’atto, se in forma scritta. Se invece il contratto è verbale, occorre registrarlo solo se viene enunciato in un altro atto sottoposto a registrazione.

La registrazione del contratto -

tuata telematicamente avvalendosi dei servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate o presentando presso qualsiasizia delle Entrate il modello di richiesta di registrazione atti privati (modello RAP).

destinato a soddisfare un’esigenza pubblicistica, prescindendo dalla fonte del rapporto - ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 4, del citato decreto-legge n. 95/2012, convertito dalla legge n. 135/2012, che, nell’àmbito della c.d. spending review, impone la riduzione del 15% del canone dovuto dalle Amministrazioni centrali, in quanto la scelta legislativa, dettata da necessari obiettivigionevole, né determina alcunatadino nella sicurezza giuridica, non costituendo nemmeno un intervento legislativo di carattere improvviso ed imprevedibile sui termini dei rapporti di durata. *Magistrato, Presidente sezione lavoro Corte di Appello di Roma

Amministratore di condominio ed attività di intermediazione immobiliare: la Cassazione si pronuncia, ma rimangono i dubbi

Con l’ordinanza del 18 luglio 2024, n. 19827, la Sez. II della Cassazione è intervenuta su una questione “aperta”, relativamente alla individuazione di una causa di incompatibilità nell’esercizio dell’attività di intermediazione immobiliare, da parte di un soggetto che svolga la professione di amministratore di condominio.

Ad oggi l’opinione prevalente tra gli studiosi tende a ritenere le due professioni incompatibili per una serie di condivisibili ragioni.

Prima fra tutte, quella che

di interessi che potrebbe sorgere agente immobiliare ha l’obiettivo di facilitare la compravendita o la locazione di immobili, ponendosi in una situazione di terzietà rispetto alle parti, pur portando avanti un proprio interesse economico, quale è quello di far con-

Al contrario, l’amministratore di condominio deve tutelare gli interessi collettivi di una sola parte: i condomini.

Ecco allora che, se questi due ruoli dovessero coincidere nella stessa persona, potrebbero veri-

personale dell’agente immobiliare (concludere la compravendita)

entrerebbe in contrasto con il dovere di imparzialità dell’amministratore.

L’amministratore-agente immobiliare potrebbe infatti priunità immobiliari all’interno del condominio che amministra, a scapito di altre opportunità sul mercato, per ottenere una commissione; come pure, potrebbe orientare le decisioni dell’assemblea condominiale in modo da favorire la vendita o la valorizzazione di determinate unità immobiliari, anche se ciò non fosse nell’interesse generale del condominio.

l’amministratore ha accesso ad informazioni sensibili sui condo-

be utilizzare a proprio vantaggio nell’attività di agente immobiliare.

A rendere ancora più convincente questa interpretazione “negazionista” è intervenuto il Ministero dello Sviluppo Economico,attraverso la pubblicazione sul proprio sito della Circolare 3719/C del 10.5.2019, prot. 107259, ove le incompatibilità dell’attività mediatizia vengono riportate alle seguenti ipotesi: a) attività imprenditoriali di produzione, vendita, rappresen-

tanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione;

b) attività svolta in qualità di dipendente (ad esclusione delle imprese di mediazione) di ente pubblico o privato, o di istitutotivo;

c) esercizio di professioni in-

settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione;teressi.

La questione è stata anche oggetto di attenzione da parte della giurisprudenza amministrativa: in particolare del Consiglio di Stato Sez. VI, checon l’ordinanza 11 aprile 2023 n. 365, ha sollevato questione di pregiudizialità invitando la Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, a pronunciarsisul punto: “Se l’agente immobiliare può comunque svolgere anche l’attività di amministratore di condominio, salvo il caso in cui non cerchi di vendere/acquistare il fabbricato che amministra, visto che in questo caso si paleserebbe un con-

mo organo di giustizia europeo avveniva aseguito dell’appello avverso la sentenza del T.A.R. dell’ Emilia Romagna n.7/2022, che aveva confermato l’incompatibilità dell’agente immobiliare all’amministratore di condominio in quanto: “è evidente che l’elevato numero di fabbricati (ciascuno formato da una pluralità di appartamenti) presso i quali il professionista ricopre il ruolo di amministratore può ostacolare – nell’esercizio contestuale dell’attività di intermediazione –la serena ed imparziale selezione di proposte appropriate a favore dei clienti. In buona sostanza, il professionista non è né distaccato né equidistante rispetto al reperimento di soluzioni adeguate, e può essere ragionevolmente indotto a orientare i potenziali acquirenti verso i locali inseriti

l’incarico di amministratore, trascurando altre opportunità abitative ugualmente interessanti.

che non è controbilanciato da garanzie di trasparenza sul ‘doppio incarico’ rivestito”.

Senza entrare nel merito del contenzioso, il Consiglio di Stato adito in seconda istanza ha così rimesso la questione alla Corte di Giustizia in quanto: “a. l’appellante ha invocato la protezione di situazioni soggettive riconosciute dal diritto dell’Unione ed ha dedotto la violazione di principi e diritti dell’Unione; b. la Corte di Giustizia detiene il monopolio interpretativo in ordine al diritto dell’Unione e, conseguentemente, alla compatibilità delle norme interne dei singoli Stati membri con il diritto dell’Unione”.

Su questo scenariosi colloca l’ordinanza in commento, che valorizza un precedente, invero risalente, della terza sezione della Suprema Corte, ove si sta-

biliva che: “Il requisito della ‘indipendenza’ indispensabile per la sussistenza del rapporto di mediazione va inteso come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d’opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l’attività dell’intermediario. Di conseguenza con riguardo alla compravendita di un appartamento compreso in fabbricato condominiale, all’amministratore del condominio non è precluso di espletare attività di intermediazione, tra il singolo condomino alienante ed il terzo acquirente,

alla sfera delle attribuzioni entro cui, ai sensi degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., è circoscritto il potere dell’amministratore di rappresentare il singolo condomino e di tutelare gli interessi dell’ente di gestione al quale lo stesso partecipa”.(Cass. civ., sez. III, 14 marzo 1984, n. 1750).

Da ciò i giudici di Piazza Cavour hanno tratto spunto percompatibilità generale, ci sono alcune situazioni in cui l’esercizio contemporaneo delle due attività potrebbe essere ammesso.

caso di condomini molto piccoli (cosiddetti condomini minimi), con pochi proprietari e una ge-

caso di vendite occasionali. -

stratore può essere intermediario di una vendita di un immobile in condominio, poiché nel caso di specie si tratterebbe di una intermediazione non costante: per la Suprema Corte, quindi, non è inibita l’attività di intermediazione che abbia ad oggetto un appartamento sito in un condominio che egli amministri, a condizione che

al rapporto che lega l’amministratore al condominio.

Ad avvalorare tale linea permissiva è poi intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 4 ottobre 2024 (causa C – 242/23) - che si è così pronunciata sull’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato, di cui supra - nel cui testo si evidenzia come l’art. 25, Dir. 123/2006 preveda al comma 2, lett. a) che i requisiti relativi alle professioni regolamentate siano ammessi solo nei limiti in cui rispetto di norme di deontologiatà di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità.

Ciò premesso, i giudici europei hanno poi rilevato che, sebbene non si possa escludere una di interessi, in particolare quando le attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini vengano esercitate nei confronti di uno stesso bene o di beni comparabili, un tale rischio non è necessariamente destinato a realizzarsi in ogni circostanza, cosicché l’esistenza di un si può presumere.

Da ultimo, con la sentenza 7 marzo 2025, n. 1925, il Consiglio di Stato - chiarendo come la Corte di Giustizia abbia sancito

delle attività di amministratore di condomini ed agente immobiliare sia contraria ai principi ed al

provvedimenti del MISE e della CCIAA di Bologna, che avevano ritenuto incompatibili le due attività di mediatore e amministratore di condominio in virtù della mera costatazione del loro svolgimento congiunto in forma imprenditoriale.

*Avvocato, Consulente ARPE

Domanda di mediazione comunicata con PEC all’amministratore ed interruzione del termine di decadenza ex art. 1137 c.c.

Con una recente sentenza dell’11 ottobre 2024, n. 16557, la Sezione V del Tribunale di Roma -

la comunicazione PEC inviata da un condomino all’amministratore, per invitarlo alla mediazione,

previsti dall’art. 1137 c.c..

La controversia nasceva dall’impugnazione di una delibera assembleare da parte di una condomina che, assente dall’assemblea, lamentava il mancato ricevimento di un corretto avviso di convocazione, sostenendo in particolare come l’unica PEC pervenutale prima della riunione non indicasse chiaramente luogo, data, orario e ordine del giorno dell’assemblea.

In giudizio il condominio eccepiva la decadenza dell’attrice dal

diritto di impugnare la delibera in quanto l’invito alla mediazione obbligatoria, trasmesso via PEC dall’attrice all’amministratore, non era idoneo a interrompere i termini previsti dall’art. 1137 c.c., poiché non conforme ai requisiti di legge.

La pronunzia qui in commentema dell’interpretazione delle norme relative alla mediazione obbligatoria ex D.Lgs. 28/2010 e alle modalità di trasmissione delle comunicazioni.

L’articolo 5 del decreto legislativo n. 28/2010 prevede infatti che, da quando la domanda di mediazione viene comunicata alle parti, essa produce gli stessiscrizione dei termini; se poi il tentativo di mediazione fallisce,

la domanda va proposta entro lo stesso termine di decadenza, che decorre dal deposito del verbale presso la segreteria dell’organismo di mediazione.re la decadenza dai termini per l’impugnazione della delibera assembleare, è necessario eseguire la comunicazione alla controparte con una raccomandata con ricevuta di ritorno o con una pec, a cui allegare l’istanza di mediazione.

Per la difesa del condominio,ruttivi, l’invito alla mediazione avrebbe dovuto essere noraccomandata con ricevuta di ritorno, o comunque inviato a un

Il Tribunale ha invece eviden-

ziato che l’indirizzo PEC dell’amministratore, utilizzato dalla condomina, risultava chiaramente indicato in precedenti comunica-

l’assenza di un’alternativa valida, fornita dall’amministratore stesso, non poteva comportare l’invalidità della comunicazione:

come strumento idoneo a garantire la certezza della ricezione, purché utilizzata correttamente.

Relativamente all’idoneità dell’invito in mediazione a mezzo PEC a interrompere i termini di decadenza di cui all’art. 1137 c.c., il Tribunale ha poi precisato che:

- la PEC inviata dall’attrice all’amministratore è idonea a interrompere il termine di decadenza; la normativa vigente non obbliga l’amministratore condominiale a dotarsi di un indirizzo PEC, ma se questo è utilizzato

esso acquisisce piena validità; - l’invito alla mediazione rispetta i requisiti previsti dal D. Lgs. 28/2010, in quanto pervenuto all’amministratore tramite un canale idoneo e tracciabile, come previsto dalla legge.

principio per il quale, in assenza di espliciti limiti normativi o convenzionali, l’uso di un indirizzo PEC valido e noto, fornito dall’amministratore, soddisfa i requisiti di comunicazione per la mediazione obbligatoria, bilanciando adeguatamente formalità e sostanza e tutelando al contempo la certezza delle comunicazioni.

La PEC, dunque, allorquando correttamente utilizzata, rappre-

valido per garantire la trasparenza e la tracciabilità delle comunicazioni.

idealmente ad altra, di poco antecedente, sempre del Tribunale

capitolino, in cui è stata chiarita la validità della comunicazione di una domanda di mediazione, promossa in pendenza di un giudizio ed indirizzata al difensore costituito della parte chiamata.

A seguito dell’avvio di un procedimento di mediazione, esperito nel corso di una causa avente ad oggetto una materia per la quale il tentativo di conciliazione è obbligatorio a pena di improcedibilità, veniva redatto verbale negativo, in cui si dava atto della regolare ricezione delle convocazioni di tutte le parti e della comunicazione di mancata adesione da parte del difensore della convenuta.

Tuttavia, nell’ambito delle memorie integrative disposte dal Giudice, la convenuta eccepiva l’improcedibilità della domanda, per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, atteso che la convocazione in mediazione non le era stata

al proprio legale costituito in giudizio.

Con la sentenza n. 7558 del 30.04.2024, il Tribunale di Roma, reputando valido l’invito alla mediazione ex articolo 5 D. Lgs.

costituito in giudizio, ha ritenuto che la procedura di mediazione fosse stata regolarmente espletata.

Infatti, l’articolo 8 del D. Lgs. 28/2010 stabilisce che, in materia di mediazione “la domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante”.

La suddetta disposizione mira, dunque, a garantire l’instaurazione del contraddittorio prescindendo dall’applicazione di rigidi formalismi: tale impostazione, del resto, trova conferma nello stesso dettato normativo atteso che, secondo l’articolo 3,

comma 3 del D. Lgs. 28/2010, gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità.

Nel caso di specie, l’instaurazione del procedimento di mediazione era avvenuta prima della fase di merito e la relativa comunicazione era stata indirizzata al difensore della parte chiamata, presso cui la stessa aveva eletto domicilio.

Dal che, come conclude il Tribunale nella pronunzia suindicata, “… è evidente l’idoneità dell’invito dell’attore a entrare nella sfera conoscitiva del convenuto e a consentire a quest’ultimo di partecipare al procedimento di mediazione”.

Avvocato, Consulente ARPE

Comunicazione proroga o risoluzioni contratti a cedolare secca

L’articolo 3 bis del Dl n. 34/2019 ha abrogato l’ultimo periodo art. 3, comma 3, del Dlgs n. 23/2011, che, in caso di mancata comunicazione della proroga o della risoluzione del contratto di locazione in regime di cedolare secca, prevedeva la sanzione di 100 euro, ridotta a 50 se la comunicazione era presentata entro trenta giorni. Tuttavia, qualora non si comunichi la risoluzione il contribuente riceverà comuni-

le suddette comunicazioni per evitare complicazioni e adempimenti futuri.

Milano conferma: l’ex socio moroso deve lasciare l’alloggio

FRANCESCA PIZZAGALLI - NICOLA A. MAGGIO*

Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 2906/2025, ha ribadito un principio ormai consolidato: il socio di una cooperativa edilizia che viene escluso per morosità perde ogni diritto di permanenza nell’alloggio ricevuto in assegnazione.

La vicenda riguardava un appartamento di edilizia sociale assegnato nel 2009 a un socio che, a partire dal 2019, aveva cessato di pagare i canoni di godimento e le spese accessorie. La cooperativa deliberava l’esclusione del socio ai sensi del proprio statuto e gli comunicava formalmente la decisione tramite raccomandata. Trascorso inutilmente il termine per impugnare la delibera, la cooperativa agiva in giudizio per ottenere il rilascio dell’immobile e il pagamento delle somme dovute.

Il Tribunale meneghino ha accolto integralmente la domanda, accertando che il convenuto occupava l’alloggio senza alcun titolo valido e condannandolo al rilascio dell’immobile, oltre al pagamento di una somma a titolo di canoni non versati, indennità di occupazione e spese accessorie. Decisiva, secondo il giudice, è stata altresì la mancanza di contestazioni da parte dell’ex socio, che non ha fornito alcuna prova né della legittimità della sua permanenza nell’alloggio né del pagamento delle som-

me richieste.

La sentenza valorizza il principio dell’onere della prova, secondo cui, in caso di contestazione, è il convenuto a dover dimostrare l’esistenza di un titolo che legittimi la sua occupazione dell’immobile. In assenza di tali elementi, il Tribunale ha ritenuto pienamente legittima la richiesta della cooperativa.

A confermare l’impostazione del Tribunale di Milano si richiama la sentenza del Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di impresa, n.

caso che presente un’analogia: anche in quel giudizio, un socio escluso continuava ad abitare un alloggio della cooperativa, pur non avendo più alcun titolo. I giuil socio, prima dell’assegnazione nell’interesse della cooperativa, che ne resta proprietaria. Quando viene meno il rapporto sociale per esclusione, viene meno anche il diritto di permanenza. Il socio, divenuto semplice occupante, è tenuto a rilasciare l’immobile e a versare un’indennità per l’occupazione abusiva.

Il principio è stato ribadito anche dalla Corte di Cassazione in più occasioni. Nella sentenza n. 10425 del 2005, la Corte

divenuta esecutiva, comporta automaticamente la perdita del diritto all’alloggio, legittimando la cooperativa a chiedere il rilascio. La sentenza n. 2749 del 2008 ha ulteriormente chiaritonitiva, il socio è solo un detentore dell’immobile, nell’interesse della cooperativa: l’esclusione fa venir meno anche questa posizione, rendendo l’occupazionetenza n. 13641 del 2013, la Cassazione ha distinto tra il rapporto sociale (associativo) e quello di scambio (economico): quando cessa il primo, si estinguono i diritti legati all’uso dell’immobile, restando solo eventuali pretese restitutorie delle somme versate per la prenotazione.

Queste pronunce, lette insieme, delineano un quadro chiaro a favore della cooperativa e, più in generale, del buon governo del patrimonio abitativo gestito in forma collettiva. Per tutelarsive devono adottare delibere di esclusione ben motivate, documentare con precisione ogni fase (dalla morosità all’invio delle comunicazioni) e agire in giudizio senza ritardi, soprattutto nei casi in cui il socio non lascia spontaneamente l’alloggio.

*Avvocati, Federproprietà Milano

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