Psichiatria gennaio aprile 2011

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APRASSIA OCULOMOTORIA CONGENITA

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alle forme “tipo Cogan”, con una compromissione neurologica minore e un’evoluzione più frequentemente favorevole. Tale dato trova conferma in letteratura dove si sottolinea come l’aprassia oculomotoria idiopatica tenda a migliorare nel tempo, a differenza di quella associata ad altri quadri neuroradiologici (Tusa e Hove, 1999). Molti autori hanno posto l’accento sul fatto che in questi bambini vi sia un ritardo delle acquisizioni neuropsicologiche (ritardo del linguaggio, difficoltà di apprendimento) e neuromotorie (ipotonia, ritardo della deambulazione, impaccio motorio, oral motor apraxia) (Cogan, 1952; Fielder et al., 1986; Rappaport et al., 1987; Harris et al., 1996; Marr Green e Willshaw, 2005). Non sempre l’aprassia oculomotoria va incontro ad un miglioramento con la crescita: il disturbo oculomotorio sembrerebbe seguire la stessa evoluzione del ritardo psicomotorio (Fazzi et al., 1995). Sebbene dal punto di vista eziopatogenetico ci siano ancora tanti dubbi, dal punto di vista clinico le nostre osservazioni documentano chiaramente l’esistenza delle due forme di COMA (tipica ed atipica) e uno dei quesiti più frequentemente posti al clinico è cosa fare per aiutare i bambini. L’utilizzo, il sostegno ed il potenziamento della funzione visiva appare di primaria importanza in un percorso ri-adattativo. Accanto a ciò è determinante il timing di intervento, la cui precocità è essenziale nell’ottica di creare quell’ambiente arricchito che si dimostra essere uno dei più potenti attivatori della plasticità del sistema nervoso centrale e delle sue possibilità di riorganizzazione dopo eventi lesionali, tanto più per quanto riguarda la funzione di sguardo la cui teoria di “maturazione” è da tempo nota e discussa (Sabbadini e Bonini, 1876; Caforio, Sabbadini et al., 1980). Secondo tale ipotesi alla nascita lo sguardo è caratterizzato da una iniziale caoticità a cui segue precocemente una fase di tendenza all’iperfissazione, di brevissima durata in bambini sani ma durevole e talvolta permanente in casi patologici, in particolare nella disprassia. In epoche ancora successive la motilità oculare diviene a scatti, giustificata da una esplorazione ambientale che avviene inizialmente tramite arrampicamento maculo-maculare (scivolamento della fissazione da un oggetto ad un altro, sufficientemente vicino da essere anch’esso all’interno della macula), che si evolverà nel tempo in arrampicamento saccadico e poi in vera e propria esplorazione saccadica, determinata dalla curiosità e dall’interesse. Questo tipo di evoluzione ordinale può essere applicata anche all’approccio riabilitativo, facendo attenzione a non prescindere dall’approccio globale che mira al miglioramento della funzione come parte di una globalità, e quindi come funzione adattiva. In questa ottica è possibile formulare una serie di suggerimenti utili per il potenziamento delle funzioni visive e/o oculomotorie nei soggetti con aprassia oculomotoria: il primo compito del riabilitatore è di individuare la distanza alla quale il soggetto “mette a fuoco” in modo ottimale, poiché è da essa che si deve partire nelle attività di rieducazione. Parallelamente è importante allenare il soggetto a lavorare a diverse distanze focali, avvicinando e allontanando gradualmente i target proposti. Una volta stabilita la distanza ideale a cui lavorare, è importante allenare la fissazione, cercando di prolungarne i tempi di mantenimento: è possibile utilizzare a questo scopo l’evocazione del riflesso di fissazione (volto a raggiungere un oggetto che compare alla periferia del campo visivo), che serve al soggetto per abituarsi a


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