#MAGAZINE

#magazine IL CORRIERE

Numero 2 25 Novembre 2021

#DIEGO

A DIO

24

CHI SIAMO SUPPLEMENTO DE

SOMMARIO

IL CORRIERE DI PIANURA

Direttore Responsabile Antonio Di Maio

Coordinatore di redazione Augusto Santojanni

#MAGAZINE Diretto da Armando De Martino Con Antonio Di Maio REDAZIONE

Graziella Tetta, Carmen Costabile Rosa Caputo, Annamaria Marmo, Fulvio Feo, Emanuela Guarnieri, Roberta Luppino, Cristina Varchetta, Daniele De Falco, Matteo Esposito, Lello Consolo, Crescenzo Mele, Chiara Ferrante, Maria Palma Gramaglia

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03

PRIMO ANNO DOPO LA CHIESA DI DIEGO DIEGO

06

22

10

24

ESCLUSIVA VOCE ARGENTINA UNA VITA DI ECCESSI LO STUDIO SCIENTIFICO

E' STATA LA MANO DI DIO

BINOMIO DI SANGUE

12 LA VIDA ES UNA TOMBOLA

25

NOVEMBRE 2021 #MAGAZINE ANNO NUMERO SPECIALE DIEGO

1 NUMERO

14

TRE VOLTE

28

SOGNO E INCUBO

16

NO HASTAG SOLO IL RICORDO

IL MONDO A TERRA MAGAZINECORRIERE@LIBERO.IT

18 LA FRAGILITA' DI UN MITO

32

04

MIMMO CARRATELLI

26

30 CHE VUOL DIRE ESSERE UN DIO?

LA FAM(A) DI DIEGO

EDITORIALE DELLA STORICA FIRMA DEL GIORNALISMO NAPOLETANO

#10COMANDAMENTI #Armando De Martino

Di eci come i comandamenti , i l pri mo mai nomi narti i nvano, i n campi che non hanno mai senti to affondare i tuoi tacchetti , i n sal otti che non ti avranno mai .

Di eci , denomi nato Ci el o, per i ndi care si a l a perfezi one che i l di ssol vi mento di tutte l e cose.

Di eci , composto dal numero uno e da un cerchi o, dal pri mo assol uto al l a chi usura del l e cose.

Di eci come l e tue vi te e come l e vol te che ci vi eni i n mente durante ogni parti ta.

Di eci , come i l mi nuto del secondo tempo i n cui l ' Inghi l terra si i ngi nocchi ò ai tuoi pi edi e i ndi etro si portò i l mondo.

Di eci come i ri tocchi del l e campane, quel mal i nconi co e ri peti ti vo suono che ri sol l everà i l ri cordo ogni vol ta che i l pal l one sfi ora l ’ erba.

Di eci come l e vol te che ho vi sto mi o nonno pi angere ai pi edi del tuo geni o e mi o padre sal tare al l a fi ne del tuo si ni stro.

Di eci come gl i “ hi j os de puta” che hai url ato contro i soprusi , contro l e i ngi usti zi e, per i tuoi popol i , per l e tue genti .

Di eci come i l numero si mbol o del l ’ ori gi ne del l ’ Uni verso e tu sei stato i l pri nci pi o di un pal l one che rotol ava i n mani era opposta e contrari a ma comprensi bi l e a chi si affi dava al l a gi oi a.

Di eci come una magl i a, quell a che stendi amo e stenderemo sui fi l i che partono da Napol i e arri vano a Buenos Ai res, e umi di pi angeranno sempre l ’ addi o al l a vi ta mortal e del l ’ ul ti mo si mbol o trasversal e del l a nostra umani tà.

Oj e vi ta, oj e vi ta mi a. .

Oj e core e chi stu core… si . . Stato ‘ o pri mme ammore… ‘ o pri mme ‘ e l ’ ul ti mo sarraj e pe’ mme

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PRIMO ANNO DOPO DIEGO #Armando De Martino

"Gi ocò, vi nse, pi sci ò e fu sconfi tto" Gal eano si nteti zza Di ego i n un

verso e l a sua vi ta i n un crogi ol o

di vi rgol e che l o sospendono i n mezzo al l a stori a, al l a l eggenda, al l a povertà d' ani mo e al l a sua esal tazi one pi ù autenti ca.

Il pri mo anno dopo Di ego ci porta al dovere di amare un senti mento pi ù che a constatare l ' assurdo. La l ogi ca kanti ana si confi gura al l orché ogni sua azi one è servi ta per di veni re un ri cordo, un turbamento, un assol o, una esagerazi one, una contraddi zi one ma pur sempre un fenomeno real e: Maradona non era uno dei tanti né è stato sol o un cal ci atore. Trasversal e nel l a pagi na del secondo novecento, usato dai potenti e sfruttata l a sua i mmagi ne fi no a sfi ni rl a. Da Fi del a Chavez al l e i nvetti ve contro Bush e al l a Chi esa. La l otta al l ' arroganza dei verti ci del l a Fi fa ed i l pri mo a denunci are i l mal essere i tal i co del razzi smo terri tori al e. Vi tti ma di una macchi na di fango a cui si è esposto senza opporsi aval l andol a con i l suo sti l e di vi ta a l i mi te, esagerato e vi ol ento che però ha pagato sul l a sua pel l e senza sconti , senza chi edere commi serazi one. Sol o come sol o è restato fi no al l ' ul ti mo respi ro.

Nessuno ha mai chi esto a Di ego di essere un esempi o ma chi unque ha vi sto i n l ui l a mani festazi one del l a ri val sa degl i ul ti mi . Dagl i argenti ni i n Mexi co ' 86

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EDITORIALE ai napol etani nei sette anni pi ù emozi onanti del l a stori a dell a ci ttà. Ci si è aggrappati al l a sua natural e arte, al l a sua beffarda capaci tà di i rri dere l a normal i tà, al l a sua rassegnazi one ad accettarsi tossi codi pendente senza sfuggi re al l a condanna dei perbeni sti di quel l i che a Usa ' 94, pri ma l o i mpl orarono e poi lo ri mandarono nel baratro, nel l a di struzi one del l a l eggenda. Ma l ui vi nse, vi nse ancora. Nel l a stori a ci entri i nvol ontari amente e l ui ci è entrato con l a sua cari ca emoti va tal mente esagerata da consumare ogni bri ci ol o di ragi one. Di ego a Napol i ha trovato i l mondo per cui era nato. Ha trovato l o specchi o empati co che l o ri fl etteva. Ha trovato l a l i bertà di essere e l a pri gi one di dover resi stere al l ' oppressi one del l a meravi gl i a.

Nessun cal ci atore è mai ri usci to a sfondare l a porta del l a stori a, nessuno è mai stato capace di trasci nare spontaneamente popol i ai suoi pi edi anche quando gl i servi vano sol o per cammi nare.

Nessun uomo, dopo Papa Gi ovanni II, è ri usci to a fermare i l mondo al l a noti zi a del l a sua morte e a provocare spontanee processi oni di preghi era per l a sua di parti ta.

Dunque, possi amo di rl o, ad un anno dal suo addi o: Di ego Armando Maradona è ancora l ' ul ti mo eroe popol are mondi al e, si mbol o degl i ul ti mi e trasversal e come un di o pl ebeo.

DIEGUITO MIO

Quella casa, l'ultima casa, fuori Buenos Aires, sul fiume Paranà, la casa della solitudine definitiva, abbandonato da tutti, imbottito di medicinali accompagnati dall'alcol, oh, Diego, quanta pena, quanta lontananza per poterti tendere l'ultima mano e regalare l'ultimo sorriso al campione supremo e ineguagliabile che tanto ci ha regalato, Diego, la mattina di un novembre di un anno fa, una giornata di sole a Buenos Aires e, nella casa sul Paranà, la fine solitaria.

Quante volte, Diego, eri stato davanti al muro nero della morte negli anni strazianti della droga che ti divorava il fisico e ti annebbiava la testa?

Quanto sei stato forte, tenace, indomabile tutte le volte che ti sei ripreso, lottando come un leone, lottando contro la tua padrona bianca che velocemente ti distruggeva? Quei due giorni drammatici a Punta del Est nel gennaio 2000 e a Buenos Aires nel 2007 quando ti presentasti al cospetto del Barba, come poi avresti raccontato, e il Barba ti disse che non era venuto il momento. Mai così vicino alla morte, Dieguito.

Mimmo Carratelli Una lunga battaglia, le cadute e le riscosse, il tuo cuore di leone contro tutti, tu che avevi illuminato il mondo con la gioia del tuo gioco unico e inarrivabile e il mondo che t'ha inseguito e braccato, le squalifiche, gli arresti, il dileggio, il mostro da sbattere in prima pagina, tu che eri un angelo di felicità e generosità.

Nessuno da nessuna parte ti ha amato come Napoli, "seconda mamma mia" cantasti, perché qui, nel golfo, sei stato lo scugnizzo di sette anni insieme fra gioie e tradimenti, gloria e dissipazione, e l'ultima trappola di un antidoping vilmente orchestrato per portarti via.

Ah, Diego, è già passato un anno, e la tua mancanza è forte, come è stata forte sempre la tua presenza ovunque tu stessi, mentre a Napoli giganteschi murales nei quartieri più popolari della città, dove più intenso è l'amore del popolo, ti ricordano ai nostri occhi e al nostro cuore, i tuoi riccioli e i tuoi occhi neri, il bel sorriso, la tua storia breve ma infinita. Mercoledì 25 novembre dell'anno bisestile che è stato il 2020. Era sera a Napoli, una dolcissima sera nel cuore di un autunno napoletano mite e languido.

E alla cinque della sera il fulmine della notizia devastante. Laggiù, a Buenos Aires, era mattina tardi quando il tuo cuore s'è fermato, stremato dalle ultime sofferenze, schiacciato dalla solitudine finale.

Pianse tutto il mondo. Pianse Napoli che è stata il tuo mondo.

Non ci sono più lacrime, non c'è più pianto, il dolore si è allontanato, solo il rimpianto e la nostalgia sono ancora più forti, e il ricordo di te imperituro.

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INTERVISTA ESCLUSIVA #EMANUELA GUARNIERI

#ESCLUIVADALLARGENTINA “Qué este amor no se termine nunca”.

“Yo les agradezco el amor que me tienen, por haber sido solo un simple jugador de fútbol”. “Yo, lo que más quise, fue hacerlo felices”. E ci ha fatto veramente felici, Maradona, con un sogno semplice, che, come tutti i sogni semplici, era un sogno grande: il riscatto del Sud del Mondo, prendendo a calci un pallone.

“D i e g o h a s e m p r e g i o c a t o e d è s e m p r e stato dalla parte degli umili, degli oppressi, dei poveri”- comincia così la testimonianza per il nostro magazine di Diego Zelonka, giornalista e speaker argentino di Radio SI 91.1. “Ciò che è successo in Argentina con la morte di Maradona è stato ciò che è successo varie volte nel nostro paese con la morte di altri idoli popolari: penso alla morte di Gardel, di Rodrigo, di Juan Domingo Perón, di Evita, di altri sportivi come Galindez e Bonavena. Il calcio è l’espressione più rappresentativa dell’essenza argentina e Maradona rappresentò totalmente quest’essenza”. il m i t o M a r a d o n a s o r g e n e g l i A r g e n t i n o s juniors, una squadra piccola dove il piccolo Cebollita approdò dopo essersi fatto notare nei campetti fangosi e improvvisati di Villa Fiorito, quando Diego era semplicemente "el pelusa”, il bambino dalla folta chioma della periferia bonaerense. Non passò molto tempo che Diego realizzò il sogno di suo padre andando a giocare nella sua squadra del cuore: il Boca Juniors che del rinomato quartiere della capitale portava il nome. Boca, che alla bocca del Riachuelo sorse ai principi del XIX secolo e che, da quella bocca, fece ingerire all’Argentina milioni di italiani e che, da allora, ci ha reso fratelli “a la distancia” per sempre. Fu poi il tempo del Barcellona, tappa sofferta e necessaria prima di approdare al Napoli.

“La squadra napoletana,- osserva Zelonka durante la nostra intervista- fino all’arrivo di Diego passava in modo irrilevante nel panorama del calcio italiano. Era però una squadra molto radicata, per di più in una città come Napoli. Il famoso sud Italia, la sua questione con il nord: Diego, che veniva dal sud del Gran Buenos Aires e da un posto come Villa FIorito, trovò in questo sud italiano e in questa città ilsuo p o s t o n e l m o n d o e , p r o p r io l ì , s i consacrò”. Diego Romero, altro speaker argentino, ci ha raccontato di come da ragazzino improvvisamente in Argentina imparò dove fosse Napoli: “sono nato nel ‘78 e Maradona nell’88 era a Napoli. Ero molto piccolo ma ricordo bene che El gràfico, una delle principali riviste sportive qui in Argentina, dedicava sempre una copertina o almeno una nota a Maradona. Diego portò Napoli nel mondo e noi ragazzi argentini conoscemmo questa città e la sua cultura: eravamo molto simili in tante cose e le due città si avvicinavano sempre di più, legate in un’unica passione calcistica, uniti da un unico calciatore, da un sud all’altro del mondo.

Targa in memoria di DIego Armando Maradona "CASA BARRIO PATERNAL" Dove visse. Foto esclusiva #Magazine

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Come dimenticarlo mentre palleggia con un enorme gonfiabile del globo terrestre? In quell'immagine la bravura di un calciatore, ma non solo. In quel gioco divertito una metafora più grande: l’affronto al potente, l’affronto alla Fifa, le partite organizzate per beneficenza nonostante gli avvertimenti di Fifa e Afa di non farlo, gli scontri con Grondona ogni volta che fu necessario. Maradona non era, però, solo un giocatore di calcio. “Era una persona che lottava contro ogni cosa sbagliata di se stesso,mi dice commosso Romero negli audio whatsapp che ci siamo scambiati da Napoli a Buenos Aires andata e ritorno,era in una continua lotta eterna con i suoi demoni, per cercare di essere ogni giorno migliore. In campo faceva esattamente questo: cancellava con una pennellata tutte le cose che gli venivano male come essere umano e come persona. Nella vita era terreno almeno quanto era divino nel giocare a calcio.

Era difficile vedere come si faceva del male e si curava con il calcio ogni volta che prendeva un pallone: ogni volta che tirava una gambeta, ogni volta che giocava con una caviglia a pezzi, ogni volta che credevi che quella palla era persa ma arrivava lui e con la punta del botìn faceva un “miracolo”. Più lo guardavi più ti rendevi conto che Maradona era magia, allegria, passione, e sì, Maradona per noi è ststo anche tristezza. Quando durante i mondiali negli Stati Uniti fu trovato positivo al doping io e mio padre piangevamo abbracciati avanti alla televisione. “La pelota nunca se manchó” disse Diego in quell’occasione.

Il calcio, quello no, mai si macchiò mai delle colpe dell’uomo Diego. Grazie a Dio, sono stato suo contemporaneo per poterlo vedere”. Diego positivo al doping negli Stati Uniti, anche nel racconto di Zelonka, è la foto anni ‘90 di un paese paralizzato dal dolore: “Non c’era nessuno per strada, la gente camminava con lo sguardo perso o addirittura piangendo, si fermava avanti alle vetrine con le tv dei negozi di elettrodomestici a guardare le notizie continuamente r i p e t u t e s u D ie g o . L ’ A r g e n t i n a e r a t r i s t e e colpita. Quando Maradona è morto, esattamente un anno fa, è successa la stessa cosa, come in un Dèja vu. E’ morto il nostro ultimo idolo popolare e noi, ora, siamo rimasti orfani”.

Guaglio’ che fatto?

Ma comme? Se fa accussì?

Piglia ‘o pallone, muovete, miettele nderr comme se fa tu!

Guarda...

Stanno tutti quanti llà!

‘A gente do’ palazzo che hai arrevutate mo’ te sbattene ‘e mmane, e che vvò ffa?

“Hijos de puta” dincelle pure a là!

S’è fermato ‘o core, pe’ ore sta città ha aizata ‘a capa, pe’ te cercà, pe’ te truvà, pe’ te chiammà!

“Diego, Diego,Diego” E l’eco t’accumpagna addo’ nun se po’ cchiu turnà.

Guaglio’ che fatto?

Y todo el pueblo cantó: Nun ce dato ‘o tiempo ‘e arragiunà, ce piazzato na palla all’incrocio "Maradó, Maradó" che proprio nun puteveme piglià.

Eh già! Nuje mica ‘o sapimme comme more nu Dio? ‘O putimme sulo pregà..

E mo’ ch’o cielo s’e arrepigliata ‘a luce e c’ha stutato ‘a storia, truove n’angulillo ‘e pace pe’ t’arrepusà.

E ride, Die’, ride, ride, ride..Nun te fermà!

'E sufferto na vita sana pe' ce fa sunnà!

Ah, appena trase, senza fa notà all’ate, chella mano che te prestaje Dio, tuornancella ‘a dà, po essere che vedenne chell ch' c'ha levato forse nu juorne te fa turnà...

armando de martino

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Stadio Diego Armando Maradona Argentinos Juniors A Sx Casa Maradona ai tempi dell'Argentinos Juniros

#CHIARA FERRANTE

LA MANO DI DIO

#LAMANODIDIO E’ stata la mano di Dio: quando Maradona salvò la vita a Sorrentino «Sono emozionato a ritornare a Napoli venti anni dopo il mio primo film» dichiara Sorrentino. E’ stata la mano di Dio è, per la prima volta nella carriera del regista, un film intimo e personale, un romanzo di formazione allegro e doloroso che permette all’artista di avverare un desiderio: quello del ritorno a casa. Come ben sa chi è appassionato di calcio, il termine mano di Dio si riferisce alla rete segnata di mano dal mitico Diego Armando Maradona nei quarti di finale del mondiale 1986 contro gli invasori inglesi. In quel mondiale l’Argentina vinse la finale contro la Germania dell’Ovest, portandosi a casa la Coppa del Mondo ed entrando nella storia per quel goal firmato dal Pibe de oro. Non è una novità per Sorrentino omaggiare il calciatore argentino: Nel film Youth- La giovinezza (2016) è presente una versione trasfigurata di Maradona intento a palleggiare su un campo da tennis. Trasfigurazione che il campione ha molto apprezzato, ringraziando pubblicamente il regista. Ma non è finita qui, infatti durante la premiazione degli Oscar, dopo aver vinto il premio come miglior film straniero con La grande bellezza, Sorrentino dedicò la statuetta d’oro a Fellini, ai Talking heads, a Scorsese e a Maradona.

Il rapporto quasi sacro tra Sorrentino e la figura di Maradona è tutto da scoprire, e lo si può fare grazie a questo film La pellicola è uscita elle sale il 24 novembre, alla viglia della morte del grande calciatore r raccontando l’esperienza di vita di Sorrentino che sarà interpretato da un giovanissimo attore esordiente. Con un cast stellare che include i nomi di Toni Servillo (fedele amico del regista), Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo, il lungometraggio è ambientato nella Napoli degli anni ‘80 e racconta la vita di Fabietto Schisa (alter ego del regista), un sedicenne che riuscirà a vivere il sogno di tutti i giovani della generazione X: vedere Maradona dal vivo. A questa grande gioia si contrappone una tragedia inaspettata, che sconvolgerà la sua vita. Così in questo continuo intrecciarsi di eventi, il regista campano trasporta tramite il giovane attore Filippo Scotti, la storia della sua esistenza, facendo i conti con la sua adolescenza sofferta e con la morte dei suoi genitori.

Morte che, a detta sempre del regista, è stata una linea di passaggio tra adolescenza ed età adulta forzata e frettolosa. La sana napoletanità è sicuramente il punto cardine di questo film, che mescola sapientemente lacrime e risate, in uno squarcio semprevivo rivolto a Partenope, che riprende come dichiarato dal regista, un unico nume, un'unica guida cinematografica: quella di Massimo Troisi. Ma se l’anima del Pulcinella senza maschera rivive all’interno di questo film, è innegabile la dedica a Maradona, che per Sorrentino, come del resto per i napoletani degli ’80, è più di una guida. Egli dichiara Infatti che Maradona gli salvò la vita, poiché quando i genitori morirono per una fuga di gas nel loro appartamento, Paolo, come Fabietto nel film, era allo stadio con i suoi ​a m i c i a v e d e r e E l P i b e d e O r o , i l m i t i c o D i e g o Armando Maradona. E’ innegabile che Napoli, negli anni 80, era una tragedia a cielo aperto. Il sisma provò sia la città stessa che l’animo dei cittadini ma, che piaccia o meno, Maradona con il suo arrivo presso la SSC Napoli nell‘84, riuscì a risanare e a tirare fuori dalle macerie l’animo del popolo lottando, dialogando col pallone, facendo divertire la gente. La carità che contraddistingue il campione e l’amore viscerale per la sua gente, ha fatto del campione linea guida di una generazione intera, incluso il regista il quale ha particolare attenzione verso gli ultimi e le minoranze. Ha dichiarato infatti a Che tempo che fa: «Voglio che i miei figli sappiano che il futuro ci può essere per tutti,anche per quelli che partono con handicap». Dichiarazione molto forte, importante,che dimostra l’immensità dell’anima di Sorrentino, specchio dell’anima di Maradona, spirito guida del cineasta Partenopeo. Nessuno infatti, dimenticherà mai la mitica partita di calcio tra Maradona e Alì, il bimbo di 7 anni portatore di handicap che espresse il desiderio di giocare con il suo idolo. A fine match, l’ex Napoli scrisse «Grazie Alì, per il tuo esempio. Il tuo amico Diego» Paolo Sorrentino, a cui auguriamo ogni bene, è senza dubbio orgoglio partenopeo come lo è, da sempre e per sempre, Diego Armando Maradona. E se vogliamo sostenere davvero questa terra, se vogliamo smentire le dicerie di chi non vive la città, andiamolo a vedere questo film. Andiamo al cinema. E dimostreremo ancora una volta che Napoli è terra di artisti e che i napoletani sono capaci, nonostante le contraddizioni caratterizzanti, di far battere di orgoglio il corazón , come ci insegnò, qualche goal fa, qualcuno passato a Napoli. pagina 10

#DANIELE DE FALCO

#LAVIDAESUNATOMBOLA Si può dire che Diego è stato un vero e proprio rivoluzionario, una rockstar a tutti gli effetti. Ha fatto parlare di sé con i suoi piedi e non solo. Molti artisti del mondo dello spettacolo lo hanno esaltato per le sue doti balistiche, mentre altri hanno scelto di toccare corde più sottili e delicate, quelle riguardanti la vita del campione fuori dal campo, non sempre esemplare sotto alcuni aspetti. La sua propensione per la musica e per il ballo sono conosciute da tutti. Diego non ha mai nascosto, da buon argentino, la sua dote per le arti musicali. Nel 1987, Maradona apparve per la prima volta sugli schermi senza un pallone tra i piedi e non in un campo da calcio. Diversamente da quanto si possa immaginare, si ritrovò a duettare con i ”Pimpinela”, nelle vesti di cantante. Insieme al famoso gruppo argentino, Diego prese parte al singolo “Querida amiga”. Quest’ ultimo riuscì a fare un’ ottima figura, divertendo e sbalordendo gli ascoltatori. El pibe, come già annunciato precedentemente, fu anche idolo indiscusso di alcuni grandi icone della musica. I Queen, ad esempio, invitarono Maradona sul palco durante uno dei loro concerti al “Josè Amalafitani”, stadio del Velez Sarsfield, nell’ ultima tappa del loro tour argentino del 1981.

Freddie Mecury raccontò entusiasta i momenti trascorsi nel backstage insieme al campione sudamericano, dove avvenne uno scambio di magliette in segno di amicizia e di stima reciproca. La foto che ritrae la band e il calciatore rispettivamente con le magliette scambiate, una albiceleste e l’ altra del Regno Unito, destò molto scalpore.

Qualche tempo dopo, infatti, sarebbe avvenuto il massacro delle isole Falkland, perpetrato dall’ esercito inglese ai danni del popolo argentino. Un tragico evento storico che tutti ricordano con sgomento.

Non meno importante l’ avvenimento che vide coinvolti i fratelli Gallagher, membri fondatori degli Oasis, e il campione argentino, incontratisi per caso in un bar nel paese d’ origine di Maradona.

Entrambi i fratelli hanno ricordato con affetto la scomparsa di Diego, pubblicando sui social network una foto che li ritrae insieme nei primi anni Novanta. Ci sono molti artisti, invece, che hanno voluto menzionare la figura del campione sudamericano in alcuni dei loro estratti musicali, mentre altri hanno preferito realizzare dei singoli dedicati solo ed esclusivamente a lui. Tra questi vi è Pino Daniele, che scrisse per Diego il “Tango della Buena Suerte”; Francesco Baccini, che inserì il singolo intitolato “Diego Armando Maradona” nel suo album “Nomi e cognomi”; ed Enrico Ruggeri che con “Il fantasista” riuscì a dare voce alle magie compiute dai migliori numeri dieci del calcio, collocando Maradona, insieme ad altri campioni, tra gli “sregolati del calcio”. A mio avviso, uno dei singoli maggiormente iconici, accurati e profondi che descrivono a pieno il vissuto di Maradona, dai successi alle cadute, è la “Mano de Dios”. Scritta dal cantautore argentino Alejandro Romero e portato per la prima volta da Rodrigo Bueno, collega e cognato di Alejandro, la "Mano de Dios” è in assoluto la canzone che Diego in persona considerava maggiormente rappresentativa, frutto della fusione tra i generi della tarantella e del paso doble. Ultimo, ma non meno importante, è il singolo “La Vida es una tombola”, scritto da Manu Chao. A dir poco struggenti le immagini del cantante che si esibì per strada sotto gli occhi di Maradona, in lacrime nel vedere dedicatogli dal vivo un capolavoro di tale portata.

Parole iconiche e piene di significato quelle di Manu Chao: << La vida es una tombola, de noche e de dia>>. La vita è una tombola, fatta di alti e di bassi, a momenti sei sulla cresta dell’onda, in altri sei l’ultimo scarto di questo mondo. Molta gente giudica, punta il dito, e ricorda solamente il marcio, dimenticando tutto ciò che di buono questa persona ha fatto, rappresentato e detto. C’è solo una cosa che è certa, ossia che, tra genio e sregolatezza, Maradona, come stesso fu lui a dire, non sarà mai un uomo comune. Dopo un anno dalla morte il suo ricordo è ancora vivo.

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#GIOVANNI SPINA

Solo a Napoli poteva nascere la leggenda di Maradona. Solo noi napoletani potevamo farne un idolo, un Santo laico. È vero, le sue doti di calciatore sarebbero emerse dappertutto, il suo magico piede sinistro avrebbe disegnato in qualunque città i suoi impenetrabili disegni, fatti di linee impossibili, tracciate col quel pallone, che, sfidando ogni legge di gravità terrena, poteva librarsi nell'aria, e, novello Icaro, volare su Napoli, assaporandone i profumi, i suoni nascosti e le grida di una città da sempre in bilico fra l'Inferno quotidiano e il Paradiso sognato, per poi planare dolcemente verso la porta avversaria: sì, proprio lì, in quell'angolino dove nessun portiere, nemmeno il più bravo del mondo, sarebbe potuto arrivare.

#SOGNEINCUBO

Direbbe il Poeta: “ Ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole: ed è subito... ”: no, non è subito sera, ma è subito GOL: un gol che trafigge gli avversari e cancella la solitudine di ogni napoletano, che finalmente può sentirsi parte di un mondo da cui era stato perennemente escluso. Un dribbling di Maradona, che evita uno, due, tre, quattro avversari e depone lievemente il pallone in rete, in quello stadio dove si gioca, o in quei bar che trasmettono la partita, o nelle case affollate, davanti alla TV o ad una semplice radiolina, affratella il ricco e il povero, il professore e l'analfabeta, il professionista e l'operaio, uomini e donne, vecchi e bambini: e tutti si sentono parte di un sogno, di un ideale, di una rivincita contro un mondo che li voleva perdenti.

Ecco: ho parlato di sogno. Ogni vero napoletano dovrebbe avere nel cuore un sogno: vedere la propria città liberarsi dalla zavorra che da sempre si porta dentro. Molti fanno finta di non vedere lo stato di degrado, sia materiale che morale, in cui Napoli si trova. Oppure, trovano subito il colpevole: i Padani, i giornali del Nord, i migranti, e via di questo passo. Nessuno che abbia il coraggio di dire: forse un po' di colpa è anche di noi napoletani. Tutta la spazzatura che vediamo in giro non viene dal Nord, la produciamo noi. Tutti i rifiuti che vediamo sui marciapiedi non li gettano gli extraterrestri, li gettiamo noi. Tutti i minori, che non vanno a scuola e lavorano in nero, sono figli nostri, e i loro datori di lavoro sono napoletani doc. Tutto lo sfruttamento lavorativo che vediamo in giro è opera di “bravi” napoletani,

che, coi soldi guadagnati i l.l e c i t a m e n t e , s e n e v a n n o i n g i r o s u i l o r o S U V , e g u a i s e u n p o v e r o p e d o n e s i a r r i s c h i a a p a s s a r g l i d a v a n t i : c o m e m i n i m o r i s c h i a d i f i n i r e i n u n o s p e d a l e , dove sarà curato malissimo, perché i medici bravi se ne stanno nelle

cliniche private, a curare bene chi può permetterselo. E potrei continuare all'infinito. Ma che cosa c'entra Maradona con questo? Semplice: il buon Diego ha dimostrato che migliorare si può. Il suo numero 10 era il simbolo dei nuovi comandamenti, raccolti in un unico precetto: siamo tutti uguali, davanti a Dio e davanti ed a un pallone. Sta a noi spingere quel pallone nella porta giusta, senza farci intimidire da nessun avversario.

Insieme possiamo farcela. Ma i sogni difficilmente si realizzano. E Diego ci ha voluto dimostrare anche questo: spesso i sogni si trasformano in incubi, perché il nemico contro cui combattere è molto forte. Così come la parte buona di Napoli lo ha osannato, ed ha vissuto con lui il sogno di un possibile riscatto, la parte cattiva della città, che non voleva che quel sogno si realizzasse, lo ha abbattuto. Maradona è stato trascinato nell'incubo della droga e della vita sregolata, espressione dell'anima nera della città, perché stava diventando il simbolo della possibile “città nuova” che Napoli avrebbe potuto essere.

E per quelli che vivono di soprusi e sopraffazione, di affari e commerci illeciti, distruggere un sogno, e trasformarlo in un incubo, diventa l'unica strada possibile. E, a quanto pare (e Maradona ne è la prova lampante) ci sono riusciti benissimo.

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#FULVIO FEO

POCHI GIOCATORI DI CALCIO POSSONO VANTARSI DI AVER VINTO UN MONDIALE, MA DIEGO ARMANDO MARADONA QUEL MONDIALE LO VINSE DA SOLO, E IN QUEL MONDIALE CI FU LA MATERIALIZZAZIONE DI UN SUO SOGNO AVUTO DA BAMBINO, “PARTECIPARE AD UN MONDIALE, E VINCERLO”. IL CALCIO SI SA, È UNO SPORT DI SQUADRA MA QUELLO CHE DIEGO RIUSCÌ A FARE NEL 1986 IN MESSICO, TRASCINANDO L'ARGENTINA DI CARLOS BILARDO A SOLLEVARE LA COPPA DEL MONDO ALLO STADIO AZTECA DI CITTÀ DEL MESSICO DAVANTI A 114 MILA SPETTATORI FU VERA STORIA.

#ILMONDOATERRA L' Argenti na è reduce da Spagna ' 82, dove Maradona è stato ri empi to di botte dai brasi l i ani e sbattuto fuori dal l ' I tal i a che di venterà poi campi one del mondo. Dopo l a faci l e vi ttori a al l ’ esordi o contro l a Corea del Sud, cenerentol a del gi rone, l a seconda parti ta vede l ' Al bi cel este affrontare l ' I tal i a campi one i n cari ca, che nel frattempo ha steccato l a pri ma pareggi ando con l a Bul gari a e va i n vantaggi o dopo pochi mi nuti grazi e a un ri gore di Al tobel l i . È i l 34' del pri mo tempo quando Di ego offre i l pri mo assaggi o di un peri odo fantasti co: ri ceve un l anci o da Val dano i n area e sfi ora l a pal l a di si ni stro ( ovvi amente) quel tanto che basta per di segnare una trai ettori a l enta e mal i gna. Nel repl ay si vede che Gi ovanni Gal l i , al l ora porti ere degl i azzurri gui dati ancora da Bearzot, pri ma tende l a mano e poi l a ri trae forse gi udi cando fuori i l ti ro mal i gno di Di ego. Che i nvece va a i nsaccarsi l entamente nel pal o pi ù l ontano. La parti ta fi ni sce 1 a 1, l ' Argenti na vi nce i l gi rone battendo anche l a Bul gari a ( con i sol i ti Val dano e Burruchaga, che poi scompari ranno dai tabel l i ni per ri appari re nel momento pi ù di ffi ci l e) e agl i ottavi di fi nal e i ncontrerà i l catti vi ssi mo Uruguay Per tutta l a parti ta Maradona vi ene preso a cal ci , mal trattato e provocato dagl i uruguagi ma non perde mai l a cal ma. E con una fi nta da i l vi a al l ' azi one che porterà i n goal Pedro Pabl o Pascul l i , con un ti ro da rapi natore d’ area di ri gore dando i l pass al l ' Argenti na per i quarti . E qui l a stori a si fa l eggenda. I l 22 gi ugno 1986 al l o stadi o Atzeca, l ' Argenti na i ncontra l ' I nghi l terra. La parti ta ha un si gni fi cato pol i ti co ben preci so perché quattro anni pri ma i l regi me mi l i tare argenti no aveva scatenato l a guerra del l e Fal kl and aggredendo l e i sol e Mal vi nas che appartenevano al Regno Uni to e costri ngendo a un i ntervento mi l i tare l a pri ma mi ni stra Margareth Thatcher. I bri tanni ci vi ncono e The I ron Lady fonderà su quel tri onfo gran parte del suo appeal el ettoral e negl i anni successi vi . Ma gl i argenti ni vogl i ono prendersi una ri vi nci ta sul campo di gi oco. Al 51' del secondo tempo, quando l a parti ta è ancora sul l o 0 a 0, Maradona ri ceve pal l a sul l a tre quarti , sal ta due i ngl esi come se fossero bi ri l l i e appoggi a a Val dano andando a fare l a sovrapposi zi one i n area con poche speranze vi sta l a sua al tezza e l a presenza del “ gi gante” Shi l ton tra i pal i . Un ri mpal l o, ed ecco i l campani l e su cui i l mi ti co porti erone i ngl ese comi nci a ad accennare l ' usci ta. Forse è un po' i n ri tardo, di certo quel l o che vedono gl i spettatori è che quando sono entrambi vi ci ni al pal l one Maradona arri va pri ma di l ui e manda l a pal l a i n rete. I repl ay chi ari ranno come si a stato possi bi l e:

Di ego ha toccato i l pal l one con l a mano, l ' arbi tro non se ne è accorto, i l goal è val i do e nel l ' i ntervi sta a fi ne parti ta Maradona di rà che a mandare i l pal l one i n rete è stata “ l a mano di Di o”. Quattro mi nuti dopo Di ego Maradona si farà perdonare l ' anti sporti vi tà real i zzando i l goal che tutti abbi amo sognato di fare da bambi ni . Héctor Enri que passa una pal l a i nnocua a Maradona, una deci na di metri dentro l a propri a metà campo, Di ego l a raccogl i e e fi l a verso l a porta: i n sol i 10 secondi percorre 60 metri , sal ta Hoddl e, Rei d, Sansom, Butcher, Fenwi ck, i l porti ere Shi l ton, e appoggi a i n rete per i l 2-0.

La parti ta fi ni sce. I l Di o del cal ci o è sceso sul l a terra, esattamente al l o stadi o Atzeca.

I n semi fi nal e l ' Al bi cel este di Bi l ardo i ncontra i l Bel gi o mentre nessuno ha pi ù dubbi : con un Maradona così perdere un mondi al e è pi ù di ffi ci l e che vi ncerl o. Di ego va i n goal l a pri ma vol ta con un pal l onetto di si ni stro sul l ' usci ta del porti ere. Dodi ci mi nuti dopo un al tro sl al om, meno ubri acante di quel l o con gl i i ngl esi , l o porta a segnare l a rete del 2 a 0 che mette al si curo i l ri sul tato e certi fi ca che i n campo c' è un gi ocatore sol o che val e l a pena guardare. I n fi nal e l ' Argenti na trova una Germani a ri cca di campi oni Di ego è i n di ffi col tà ma un suo cal ci o di puni zi one i n area regal a l a pri ma rete del central e Brown, è l ui a dare i l vi a con quel l o che oggi chi ameremmo un passaggi o- chi ave al l ' azi one che porta i n goal Val dano per i l raddoppi o. Ma l a Germani a ha carattere e ri monta con Rummeni gge e Voel l er. Al l ' 80' l e due squadre sono i n pari tà. Tre mi nuti dopo Di ego è nel cerchi o di centrocampo, appoggi a di testa a un compagno che gl i resti tui sce i l pal l one, al za l a testa e vede che Burruchaga sta scattando verso l ' area. È di etro l a ri ga di centrocampo ma vede una l i nea di passaggi o che è “ essenzi al e” e “ i nvi si bi l e agl i occhi ” di noi comuni mortal i , ma non al Pi ccol o Pri nci pe che sta per di ventare re grazi e al l a Vol pe con l a magl i a numero 7. Di ego l anci a l ' al a destra verso l a porta, l ui real i zza i l goal del 3 a 2 e l ' Argenti na di venta per l a seconda vol ta campi one del mondo. Grazi e a un geni o del cal ci o che ha cambi ato, da sol o, l a stori a di un Mondi al e.

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#CRESCENZO MELE

"SENTIVO DI RAPPRESENTARE UNA PARTE DELL’ITALIA CHE NON CONTAVA NULLA " È IN QUESTA AFFERMAZIONE TANTO SEMPLICE QUANTO VERA CHE SI SPIEGA L’AMORE SCONFINATO, FOLLE, VISCERALE DELLA CITTÀ DI NAPOLI PER L’ UOMO E IL CALCIATORE MARADONA. SOLO CHI È NAPOLETANO COME CHI SCRIVE O PIÙ IN GENERALE MERIDIONALE, COSTRETTO SEMPRE A DIMOSTRARE DI VALERE IL DOPPIO, DI ESSERE ONESTO DUE VOLTE PER OTTENERE CIÒ CHE AD ALTRI INVECE È GARANTITO, PUÒ CAPIRE.

#LAFRAGILITADIUNMITO Per questo Maradona è un figlio di Napoli sic et simpliciter e rebus sic stantibus. Una vita di eccessi e di sregolatezze. Era il 28 settembre del 1989 e Diego Armando Maradona viene ascoltato dal procuratore Antimafia Federico Cafiero de Raho come testimone in merito al rinvenimento di a l c u n e f o to c h e r i t r a e v a n o i l c a m p i o n e argentino in compagnia dei boss del clan Giuliano nella loro casa. Lo stesso Maradona aveva denunciato di essere v i t t i m a d i t e l e f o n a t e a n o n i m e c h e lo perseguitavano intimandogli di lasciare Napoli e di tornare in Argentina. Queste le motivazioni della convocazione. Le foto lo ritraggono in atteggiamenti conviviali con i fratelli Giuliano: Nunzio, Carmine, Raffaele e Erminia. I figli dello storico capo-clan Luigi che era da tempo in carcere. Gli scatti erano diversi. Maradona nella vasca da bagno ricoperta d’oro a forma di conchiglia abbracciato a Carmine e Raffaele Giuliano. Maradona che brinda con loro due. Maradona che sorride agli occhi azzurri di Erminia Giuliano detta Celeste mentre lei beve un calice di champagne. Nel palazzetto di vico Pace a Forcella quella notte si festeggia con champagne e cocaina e il quartiere è letteralmente in subbuglio per quella visita tanto cercata,agognata e infine ricevuta. I Giuliano cercano e ottengono la legittimazione popolare che deriva dalla frequentazione di una stella conclamata del calcio mondiale. Il clan cerca di rafforzarsi sul territorio e imporre anche fuori da Forcella la sua supremazia e la sua leadership.

Quando de Raho gli mostra le foto accadde l’impensabile, da subito egli percepisce l’enorme fragilità dell’uomo, la debolezza interiore che riesce a superare solo giocando in campo,

Maradona dimostra subito la sua difficoltà nel giustificare i rapporti conclamati da quelle foto. Si rende conto di dove si era recato, con chi si è accompagnato. De Raho dichiara in un’intervista rilasciata un anno fa di non essersi mai trovato dinanzi ad una simile scena in tanti anni di lavoro in magistratura. Eh si, il Pibe de oro con la sua abilità atletica si alza di scatto dalla sedia e si allontana. Fu il Procuratore che ordina al suo avvocato Vincenzo Siniscalchi che nel frattempo è fuori ad attenderlo (la prassi se si è testimoni e non indagati) di farlo rientrare immediatamente Le foto faranno poi il giro del mondo gettando una luce sinistra sull'intera città, sulla squadra ma soprattutto sul campione di Lanus.

Anni di polemiche, inchieste giudiziarie.

Inizia il lento, inesorabile declino del giocatore. Si allarga un baratro dal quale Maradona non riuscirà mai più ad emergere se non a sprazzi e con esiti per lo più infausti. Una vicenda umana complessa e dolorosa che tutto il mondo conosce, sulla quale sono stati versati fiumi di inchiostro e ai quali non si sente oramai il bisogno di aggiungere nulla.

Quelle frequentazioni rimarranno per sempre l’ emblema di una città dove il labile confine tra bene e male, le zone grigie, di penombra, le collusioni e le complicità sono da tempo immemore le sue note distintive insieme alla genialità, l’ imprevisto, l’incredibile energia e creatività che si sprigionano nelle sue viscere Un’esplosione d’ imprevedibilità che talvolta dà vita a ciò che nemmeno si osa immaginare. "La mort d’un Dieu" titolò un anno fa l’ Equipe. Come dargli torto. Forse da quel 25 novembre 2020 la sirena Partenope ha smesso di cantare.

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#ANNAMARIA MARMO

#IGLESIAMARADONIANA "DIEGO NOSTRO CHE SEI NEI CAMPI, SIA SANTIFICATO IL TUO SINISTRO. VENGA A NOI IL TUO CALCIO, SIANO ESALTATI I TUOI GOL, COME IN CIELO COSÌ IN TERRA. DACCI OGGI LA NOSTRA DOSE QUOTIDIANA DI MAGIA, PERDONA GLI INGLESI, COME NOI PERDONIAMO LA CAMORRA NAPOLETANA. NON CI INDURRE IN FUORIGIOCO E LIBERACI DA HAVELANGE E PELÉ. DIEGO "

Diego Armando Maradona è considerato dal popolo napoletano e non solo, uno dei più grandi calciatori della storia. Per questo motivo nell’anno 1998 un gruppo di tifosi sfegatati, capeggiati dai giornalisti Hernàn Amez e Alejandro Veròn, tradussero l’infinita stima e l’immenso amore per il calciatore, in un vero e proprio culto: nacque così la Chiesa di Maradona. Come ogni culto che si rispetti , anche la “Iglesia de Maradona”, presenta rituali, messe, sacramenti, riti di iniziazione e addirittura miracoli. I sacramenti e le festività cristiane sono state modificate e adattate al fine di rendere onore al D10s. Il battesimo di un nuovo adepto viene celebrato attraverso un solenne giuramento sull’autobiografia del calciatore, il Natale invece viene festeggiato nel giorno del compleanno del pibe de oro, ovvero ogni 30 ottobre.

Il 22 giugno è invece la data fissa, designata per la Santa Pasqua: in questa data infatti, nel 1986 si disputò la partita Argentina –Inghilterra, match passato alla storia, nel quale Maradona segnò prima il goal della Mano de Dios e poi il Gol del Secolo. Il 22 novembre dell’anno 2006 Mauricio Bustamante e Jaqueline Veròn, furono i primi sposi a convolare a nozze, giurandosi reciproca fedeltà dinanzi ad un poster di Maradona e scambiandosi le fedi ponendo le mani su di un pallone.

Piuttosto particolari risultano essere i 10 comandamenti della Chiesa Maradoniana: 1 .N o n d i s o n o r a r e i l p a l l o n e 2.Ama il calcio sopra ogni cosa 3.Dichiara il tuo amore incondizionato per il calcio

4 .D i f e n d i l a m a g l i a d e l l ’ A r g e n t i n a , rispettando la gente 5.Diffondi la parola di Diego Armando Maradona in tutto l’universo 6 .Lo d a i t e m p i d o v e p r e d i c ò e i l o r o manti sacri 7.Non proclamare il nome di Diego in nome di un unico club 8.Segui i principi della Chiesa Maradoniana 9.Usa Diego come secondo nome e chiama così uno dei tuoi figli 10.Non vivere estraniato dalla realtà e non essere inutile.

Il 7 luglio 2021 nella cittadina messicana di Puebla è stato inaugurato un edificio dove i fedeli della Iglesia Maradoniana posso celebrare il culto. All’interno della chiesa è possibile ripercorrere una vera e propria Via Crucis composta da foto di Maradona che ripercorrono la sua vita dall'infanzia, agli incontri passati alla storia ed emblematici con Fidel Castro e Papa Francesco. All’entrata della chiesa è possibile trovare due vasi grandi e ricolmi di palloni, mentre un’immagine di Diego con cappello da charro messicano, è la prima immagine che tutti i fedeli possono vedere appena varcata la soglia della chiesa. Oggi il culto Maradoniano raccoglie a sé 820mila iscritti di 60 Paesi nel mondo e in 600 città. Tra i celebri seguaci annoveriamo, Michael Owen,Ronaldinho e addirittura Lionel Messi, per molti suo erede calcistico ma non di carisma. Possiamo sicuramente dire che, ovunque Diego si sia fermato ,è riuscito a cambiare le persone, le città e tratti della cultura.

Murales, personaggi del presepe, Maradona è ovunque a Napoli come in Argentina, resta nel cuore di chi l’ha amato calcisticamente e non, più di un’icona, una vera e propria divinità.

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#CARMEN COSTABILE

UNA VITA DI ECCESSI

POCHI SANNO, CHE NEL 2008 QUESTO SUO ASPETTO LO HA RESO OGGETTO DI UNA RICERCA SCIENTIFICA DA PARTE DELLA REGENT UNIVERSITY, IN VIRGINIA. IN QUESTO STUDIO, INFATTI, I RICERCATORI SI SONO INTERROGATI SULL’INFLUENZA DELLE CELEBRITÀ DEL MONDO SPORTIVO IN TERMINI DI SALUTE PUBBLICA, ED IN PARTICOLARE, NEL CASO DI DIEGO, SULL’UTILIZZO DI DROGHE.

#DIEGOELARICERCASCIENTIFICA

Dottoressa Carmen Costabile Biologa-Nutrizionista Tutor di educazione alimentare e divulgatrice scientifica

Secondo le ricostruzioni più credibili, M a r a d o n a fu d i p e n d e n t e d a l l a c o c a i n a , più o meno con continuità, dal 1982 al 2004. Negli anni successivi al suo ritiro, avvenuto nel 1997, a causa degli eccessi di cibo, alcol e cocaina, le sue condizioni di salute peggiorarono progressivamente, portandolo ad una serie di ricoveri. Nel 2000 a causa di un’overdose, infatti, finì in terapia intensiva perché l’eccessiva dose di cocaina gli provocò “ipertensione arteriosa e aritmia ventricolare “. Un infarto, un ricovero per epatite, due interventi di bypass gastrici (uno nel 2004 e uno nel 2015) a causa del suo vertiginoso aumento di peso, fino alla sua morte precoce a soli 60 anni.

Gli studi, avvenuti nel 2008, si sono basati sulle “Teorie del coinvolgimento” dello psicologo sociale Robert Cialdini; queste sono sostanzialmente tre, e studiano il coinvolgimento degli individui quando sono esposti all’influenza di un personaggio pubblico: 1) la “teoria della gloria riflessa” , in cui il tifoso vede la sua squadra come un’estensione del sé 2) la “interazione parasociale”, un coinvolgimento emotivo che porta alla partecipazione assidua agli eventi che interessano il personaggio o alla collezione di cimeli sportivi

3) “l’identificazione” , ossia la forma di coinvolgimento più forte che si verifica quando una persona vuole somigliare a tal punto al personaggio fino ad emularlo. Sulla base di queste teorie, gli studiosi hanno formulato dei questionari che hanno poi sottoposto ad un campione di 360 giovani, di 4 centri universitari argentini.

Dall’analisi è venuto fuori che la forma di coinvolgimento più diffusa, nei confronti di Maradona, è stata l’interazione parasociale, associata ad una maggiore consapevolezza dei rischi legati all’utilizzo di stupefacenti, una maggiore coscienza e preoccupazione verso il proprio stato di salute e un maggior coinvolgimento in programmi di prevenzione verso l’utilizzo di droghe. Che quindi anche il lato più “oscuro” di questo personaggio, così amato e venerato, non sia stato di insegnamento per i più giovani? Lui stesso, d'altronde, ha sottolineato come fosse stato il più grande errore della sua vita.

Errore, non di certo da emulare, che ha portato ad una morte precoce ed una breve carriera calcistica.

#LOSTUDIO

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#ROSA CAPUTO

CALCIO E LETTERATURA BINOMIO DI SANGUE

#BINOMIODISANGUE

A Maradona si deve anche il merito di aver fatto capire ai molti che tra calcio e letteratura scorre quasi lo stesso sangue, una parentela subdola, una comprensione quasi viscerale, una tensione e una reciprocità che raramente si intercettano tra uno sport e un’arte.Il binomio calcio–letteratura come un legame inscindibile innescato dal campione argentino. Non a caso Diego Armando Maradona per la sua grandiosità è paragonabile ad un romanzo, a un’opera d’arte, a un capolavoro. Maradona è leggenda, una leggenda che spesso viene tramandata e ricordata oralmente attraverso i racconti di tanti, che nel rimembrare qualche sua ardua impresa calcistica ancora si commuovono. Nel tempo El Pibe de oro è diventato un mito, poiché come nei miti riceve quel dono “paranormale” che solo la divinità poteva concedere: un talento ineguagliabile per il calcio, la giusta dote per farne poi un miracolo. Qualcuno ha preferito però denigrarlo e condannarlo , scindendo l’immagine dell’indiscusso genio sportivo dall’uomo vittima di una condotta morale dissoluta. Così fiumi di inchiostro per descrivere la sua figura mitica, ma al tempo stesso le sue mille contraddizioni di uomo, il suo dicotomico essere genio e sregolatezza. Diversi gli autori che negli anni hanno esaltato ed osannato le sue ultraterrene abilità calcistiche di quel Diego emblema della divinità artistica e talento innato e allo stesso tempo fragilità e predisposizione all'errore. Così scrisse il grande scrittore uruguaiano EDUARDO GALEANO in una sua opera "Maradona si è trasformato in una specie di Dio sporco, il più umano degli dei, e questo spiega la sua venerazione universale che ha conquistato più di qualsiasi altro giocatore. Un Dio sporco, che ci somiglia: donnaiolo, bevitore,irresponsabile, bugiardo, fanfarone. Però gli dei per quanto siano umani non si ritirano mai”.

Del fuoriclasse argentino, lo scrittore OSVALDO SORIANO, suo connazionale, oltre a ritenerlo “ una benedizione di Dio” raccontò “ il rigore più lungo del mondo ” rendendo letterario un episodio avvenuto nella Valle del Rio Negro e definendo Maradona “ l’ultimo eroe della modernità”. Ma Soriano fu anche uno dei primi ,nel 1979 in Argentina, a parlare di “ quel giovane riccioluto dalle potenzialità infinite ” in una lettera al giornalista Giovanni Arpino, al fine di segnalare il talento di una giovane stella, di quello che diverrà il migliore calciatore della storia, uno dei personaggi più iconici dentro e fuori del campo. Maradona con la sua personalità indomita e plebea è stato anche simbolo per l' America latina e per gli ultimi della terra, contro l’arroganza dei potenti. Il più grande numero 10 di tutti i tempi, lontano dai potenti, vicino agli ultimi tra i quali è nato, accanto ai quali si è schierato anche dopo essere divenuto il primo. Diego Maradona “ El Diez” è stato molto di più dell’icona del calcio e il suo mito non potrà mai essere sconfitto, perché lui “ El Pibe de oro” morto a sessant'anni, giusto un anno fa è oggi ineluttabilmente nel pantheon degli eroi. Lui l’antieroe argentino è divenuto eroe nonostante tutto, nonostante le sue tante cadute e contraddizioni e non a caso è finito nell'anno più nefasto della storia moderna perché gli dei sentirono l’esigenza di riprendersi quel loro eroe per deliziarsi ancora dopo mesi di buio.

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#GRAZIELLA TETTA

TRE

VOLTE

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#ILRICORDO Mi risulta difficile non sorridere con malinconia nel raccontare le tre volte in cui la mia strada e quella di Diego Armando Maradona si sono incrociate. La prima volta ero tra quei marciatori della Partenope che si allenavano sulla pista di atletica nel 1984, ero tra quei pochi fortunati che, dopo pochi giorni dalla sua presentazione, potevano vedere i suoi allenamenti il venerdì al San Paolo. In uno di quei venerdì, spinta dal desiderio di mostrare ai miei compagni un suo autografo, mi avvicinai mentre lui scendeva negli spogliatoi per tendergli una sua foto e chiamarlo, come se fosse un amico “Diego me la firmi?” Come faceva con tutti i ragazzi che a turno glielo chiedevano; sorrise, mi scompigliò i capelli e tracciò il suo nome su quella foto che lo vedeva con i riccioli più lunghi e un mezzo sorriso. Negli anni successivi, le lunghe ore dei miei allenamenti del venerdì avevano momenti felici quando arrivava Diego in campo, sempre dopo tutti, scaldava il piede sinistro con un paio di tiri, scherzava con i compagni, faceva un paio di reti e strizzava l’occhio a noi che macinavamo metri sotto gli occhi attenti del nostro allenatore, poi scappava via, tanto le divinità non hanno bisogno di allenarsi. Si sa la marcia è uno sport solitario e, per questo ero sola quando, un pomeriggio, un tiro di Francini superò la metà campo per colpirmi di striscio e farmi interrompere bruscamente il ritmo,

Diego schizzò dal campo, mi raggiunse e...MI PARLO’! Mi chiese se mi fossi fatta male, se avessi bisogno di un aiuto, poi, per consolarmi si tolse la maglia, la firmò e me la mise tra le mani, mentre io con occhi sgranati lo guardavo stupita. Mi scompigliò di nuovo i capelli e rifacendomi l’occhiolino scappò negli spogliatoi.

Trascorsero molti anni, Diego aveva lasciato Napoli e le polemiche, anche lontano lo avevano seguito, ma il 9 giugno del 2005, Napoli era in delirio per il ritorno di Maradona al San Paolo per l’addio al calcio di Ciro Ferrara, mio marito riuscì a procurarsi due biglietti in tribuna e lui era lì, a pochi sediolini da noi, acclamato da tutti, col sorriso di chi è tornato a casa, con 80.000 occhi puntati addosso, quasi più che sul campo nonostante ci fossero oltre a Ferrara tanti campioni: Careca, Bagni. Zidane, Nedved.

Ibrahimovic, ma Diego era sugli spalti e tanto bastava. Quasi a fine incontro si alza e passa proprio davanti a me, allungo il braccio e gli sfioro la mano sinistra esclamando ad alta voce “ La mano de D10s”, si volta, sorride, guarda mio marito e gli chiede – E’ tua moglie?. Quando lui annuisce, mi fa l’occhiolino, mi scompiglia i capelli come aveva già fatto in passato, e va via lasciandomi l’ultimo ricordo del suo sorriso

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#LELLO CONSOLO

#NIENTETWITTERSOLODIEGO

Q u e s t a s e t t i m a n a n o n c ' è T w i t t er c h e tenga, non c'è Hashtag di tendenza che mi mi possa distogliere dal dire la mia, qualcuno mi perdonerà, perché #Magazine si dedica esclusivamente ad una figura estremamente importante per il mondo del calcio ma soprattutto per i tifosi del Napoli.

Diego Armando Maradona.

Ho vissuto Diego. Noi ventenni degli anni '80, ne eravamo innamorati per la sua e la nostra voglia di riscatto, era il Sud che,con pochi mezzi, sfidava il ricco Nord abbiamo gioito, pianto sofferto e soprattutto Vinto con lui e per lui. Questo Diego lo sapeva e accettava questo nostro a m o r e s o f f o c a n te p e r c h é c i a m a v a a sua volta. Cari 20enni e 30enni di questo millennio,vi domanderete come faccio ad esserne sicuro?

Allora faccio una domanda io, chi avrebbe sopportato chi ti soffoca e quasi ti uccide d'amore? Non ascoltate chi vi racconta le sue debolezze, lo farà solo perché non crede,non conosce, un ateo del pallone. Maradona faceva male solo a sé stesso e spesso anche le persone che gli stavano più vicine,di cui si fidava, lo hanno sfruttato. I tifosi del Napoli no e gli perdonavano tutto.

Senza la sua sregolatezza non sarebbe stato genio e non sarebbe stato amato così follemente.

Era il D10s del pallone e su questo nessuno potrà mai sindacare (nessuno ha mai firmato un autografo con un numero), ma dal volto estremamente umano e dotato di una grande anima fragile. Vi racconto un aneddoto, un carissimo amico mi ha raccontato una storia che vi farà capire perché Diego è Napoli e Napoli sarà sempre di Diego.

E r a a L i v e r p o o l p e r la v o r o e s e s e i u n appassionato di calcio, non puoi non andare a vedere una partita all' Anfield, ad un certo punto, in tribuna, ci fu del trambusto, un capannello di persone faceva scudo ad un signore che provava a farsi largo tra le mani di chi avrebbe voluto toccarlo, a Liverpool non a Napoli, poi la confusione si calmò e lui poté r i c o n o s c e r e D i e g o c he s i a c c o m o d a v a per vedere la partita. Come avrei fatto anche io, questo amico,non essendo troppo lontano, provò a chiamarlo più volte come facevano tutti: "DIEGO, DIEGOOO!!!", niente, troppa gente a chiamare, non si girava, ma p r o p r i o m e n t r e s ta v a a n d a n d o v i a , ormai sconfortato dal fatto che Diego non avrebbe risposto, gridò con quanto fiato aveva in gola: " DIEGOOO, SONO DI NAPOLI, NAPOLI È Q U I " . Fu a q u e l p u n t o c h e D i e g o s i voltò, lo guardò e urlò " Sei di Napoli?" ,accennando solo con un gesto del capo, questo amico disse sì, lui portandosi la mano sul Cuore, esclamò: "Napoli è sempre qui".

Ecco potete piangere, perché io mi sono commosso ascoltando e lui si commosse per la seconda volta raccontando, questo è Diego, al di là di tutte le critiche e le revisioni storiche.

Chi ha vissuto Diego, non può non amarlo, qualcuno potrà dire che abbiamo il prosciutto sugli occhi, può darsi, ma è un prosciutto dolcissimo e g u a i a c h i c e r c a d i t o g l i e r c e l o.

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#MATTEO ESPOSITO

#CHEVUOLDIREESSEREUNDIO? Cosa significa essere un Dio nell'unica città al mondo liberatasi dal nazifascismo con le sue stesse mani?

Sebbene sfugga alla maggior parte delle persone, un po’ per ignoranza ed un po’ per irrimediabilmente danneggiata memoria a breve termine, la città di Napoli sarà per sempre ricordata da tutti gli storici come la “Città Ingovernabile”. In questo futile obiettivo hanno fallito personalità politiche celebri, come: Capetingi, Filippo III di Spagna, Napoleone e persino il Terzo Reich di Adolf Hitler.

Infatti, quando gli Alleati giunsero nel capoluogo partenopeo, i nazisti erano stati messi in fuga dalla popolazione civile. Insomma, siamo paragonabili ad uno stupendo puledro selvatico il cui muso può essere accarezzato solo da chi riteniamo all'altezza. Siamo Noi, la città di Napoli, a decidere chi può governarci. Potranno anche avere la politica, ma non avranno mai il nostro cuore senza averci dimostrato un amore cieco, come quello che noi stessi proviamo per questa città.

Tutto questo è vero fino ad un certo punto. Esiste una persona che abbiamo eletto a ruolo di Dio. Una personalità talmente forte che viene rispettata persino da chi di lui non ne sa abbastanza. Solo chi lo ama lo può criticare. Esempio di riscatto sociale, culturale e calcistico: Diego Armando Maradona. Ma oltre la sacralità nota, questi era certamente un figlio.

Rapporto di amore viscerale con la madre Dona Dalma, per la quale ogni fibra del suo cuore batteva. Lontana da lei, e molto prima della vittoria del primo scudetto, Maradona fu adottato dalla città di Napoli. Un cordone ombelicale transoceanico che univa due luoghi di sofferenza in due paesi lontani migliaia di chilometri “Argentina Mergellina è la rotta dei campioni” – citava una non troppo vecchia canzone.

Ed è proprio qui che la città di Napoli decise che lui, capa riccia e sguardo da furbetto, sarebbe diventato il suo, il nostro, Nuovo ed Unico Re. Ma un re povero. Anche se povero non lo fu di certo, nonostante la sofferenza presente nella sua infanzia non potesse essere affatto cancellata da qualche milioncino qua e là. Re povero o Dio mortale. In entrambi i casi, Maradona non si tolse mai dagli occhi la povertà delle sue origini.

Non bastavano le supercar, gli yachts, le ville e gli orologi d’oro. Nulla sarebbe mai riuscito a strapparlo dal profano nel quale era cresciuto. Non avrebbe certamente mai potuto pensare che sarebbe stata proprio quella profanità a dargli un ruolo sacro, al pari di San Gennaro o Massimo Troisi. Anche se la più grande responsabilità di un campione, sia esso un dio o meno, è la capacità di utilizzare la propria influenza e notorietà in maniera positiva, diventando così un esempio per tutti coloro i quali non hanno ancora trovato la propria strada, o peggio, l’hanno perduta. Diventare un vero e proprio faro in questo tempestoso mare di etica compromessa. La verità è che Maradona non lo si può spiegare. E’ il ricordo di nostro padre. E’ l’esultanza di nostro nonno. E’ le lacrime di nostro fratello. Ma soprattutto, Diego è la speranza di una città: troppo forte per morire ma troppo complessa per essere risolta. Potremmo citare la droga, le cattive amicizie o la mano della camorra.

Potremmo persino dire che come icona pop avrebbe potuto e dovuto fare di più, essendo diventato l’esempio di riscatto per eccellenza, ma nulla scalfirebbe anche lontanamente un simbolo, eretto dalla speranza di una città malata da sempre e speranzosa di guarire da altrettanto tempo. Chi ama non dimentica e Diego Armando Maradona è come il ricordo del primo amore: può aver anche fatto un male cane, ma non lasceremmo mai a nessun altro il diritto di criticarlo se non a chi lo ha amato davvero.

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#R MO AB TE TE PP OPS II N TO # RO T AE LS U O

#LAFAM(A)DIDIEGO

Di Diego Armando Maradona si è detto tutto, eppure pare non sia mai abbastanza. Storie, successi, goal, cadute, gloria e passioni. Ma c’è una storia che forse non tutti conoscono, una storia che unisce il suo amore per il pallone con il buon cibo.Originario dell’Argentina, Maradona ha vissuto un’infanzia povera e da adolescente soleva guadagnarsi una fetta di carne ogni dieci palleggi da un macellaio vicino Villa Fiorito. Nulla di strano se non fosse che la carne vinta faceva parte di quelle andate a male o che, rimaste invendute per troppo tempo, non potevano più essere presentate al pubblico. Per Diego però quella carne, rappresentava un premio o più semplicemente un pasto.

A partire poi dagli anni dei successi, Maradona aveva l’abitudine di farsi inviare carne fresca dall'Argentina per averne sempre a disposizione.

Potrebbe sembrare un vezzo e forse un po' lo era. Magari aveva nostalgia di casa, oppure non voleva ricordare la fame che aveva patito? Napoli è una città ricca di amore, di passione, e soprattutto di buon cibo, proprio quello che il campione amava. Peccato non potesse goderne come avrebbe voluto, i suoi tifosi raramente gli permettevano di stare tranquillo in un locale e lui, era costretto a ridurre il più possibile le uscite pubbliche.

Certo, c’erano alcuni ristoranti che gli permettevano una certa riservatezza, che riusciva a frequentare di tanto in tanto, come “Mimì alla Ferrovia”, “D’Angelo Santa Caterina” o il “Sarago”.

Gli piacevano gli spaghetti, le lumache e il pesce. Il pesce non mancava mai, tutte le mattine i pescatori lo omaggiavano con del buon pesce fresco, quanto alle lumache le mangiava in ogni modo, ma sugli spaghetti c’è invece da soffermarsi.La moglie del capitano della squadra dell’epoca, Giuseppe Bruscolotti, in un’intervista raccontò che una sera a cena non avendo molta voglia di cucinare, preparò dei semplicissimi spaghetti aglio, olio e peperoncino, un piatto che Maradona gradì al punto da farne uno dei suoi preferiti. Da lì poi la storia racconta che nacquero i famosi “Spaghetti alla Maradona”, perché fu lo stesso Diego a suggerirne l’aggiunta di pangrattato aromatizzato. I più vicini a lui, hanno poi sostenuto che al termine di ogni partita chiedesse al cuoco di prepararne un piatto.

Insomma, non era certo uno che seguiva diete, amava il buon cibo, semplice e di qualità, forse un po' come era il suo gioco, pulito e indimenticabile.