Argo XV / Oscenità

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Perché l’inchiesta nei campi di pomodori in Puglia, o quella nell’edilizia del Nord, che sviluppano la questione dell’economia della clandestinità in modo essenziale per comprendere la questione migratoria, non figurano nell’edizione francese del libro? L’editore ha preferito concentrarsi sulle condizioni del viaggio e delle espulsioni. E dedicare così più spazio alle foto, che l’editore italiano ha scelto di non pubblicare. Di solito chi ti fa domande su Bilal ti chiede anche notizie di Joseph e James, i due fratelli liberiani la cui storia rimane sospesa? Visto come hai deciso di chiudere il libro, se alla fine della lettura si passa immediatamente ad un livello di riflessione generale, politica, teorica, senza chiedere cosa succede alle persone reali di cui parli, credi che qualcosa si perda? Sono riusciti ad arrivare in Europa, Joseph e James? No, ritengo che non si perda nulla. Conosciamo molto delle condizioni di vita in Africa, non conoscevamo nulla di quanto avviene durante il viaggio e durante le deportazioni verso il deserto. Per questo mi sono fermato al loro ritorno nel campo profughi in Ghana. Joseph e James sono la dimostrazione di quanto la solidarietà possa essere controproducente. Non sono mai arrivati in Europa. Per solidarietà avevo detto loro che il viaggio in barca fino a Lampedusa era pericoloso, che il dodici per cento di chi parte dalla costa muore. Avevo spiegato che nelle loro condizioni di rifugiati liberiani, non avrebbero avuto problemi ad arrivare in Europa. Si sono spaventati, mi hanno ascoltato, si sono procurati i visti necessari. E non sono mai arrivati. Di questo io sono colpevole. Questa però è anche la dimostrazione di quanto la democrazia contemporanea, quella sopravvissuta dopo la caduta dei grandi ideali liberali e socialisti dell’Ottocento, sia l’espressione massima della menzogna. Un sistema in cui chi rispetta la legge, come James e Joseph, viene punito e chi la viola entrando in Europa illegalmente rischia perfino di essere premiato. Il nostro Paese in particolare non è stato in grado di programmare politiche di massa sull’immigrazione diverse dalle sanatorie, che sono il premio doveroso ai più forti, ai più furbi, ai più fortunati, agli eroi, a quanti sono sopravvissuti e sopravvivono alla roulette russa quotidiana. Ma un Paese civile non dovrebbe avere bisogno di eroi. Basterebbero regole funzionanti e uguali per tutti. È come se il liberismo senza limiti di questi anni abbia imposto agli immigrati le sue stesse paranoie. L’ha fatto consapevolmente riducendo il costo del lavoro e ottenendo così guadagni immensi. Basta guardare all’edilizia, all’agricoltura, ma anche all’industria. Non è solo responsabilità degli imprenditori, è anche l’effetto della globalizzazione senza regole, dell’ingresso nella nostra filiera produttiva di potenze illiberali come la Cina. Quando penso a James e Joseph penso che la democrazia, come forma politica positiva che ambisce al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini, sia ormai morta. Ed è colpa di tutti. Cerchiamo di amministrare l’immigrazione, con un costo 8


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