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L’arco Dicembre 2009

ANNO XXII n. 4

PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “L’ARCO” - MAZARA DEL VALLO - Reg. Trib. Marsala n. 86-5/89 del 2/3/1989 - Distribuzione gratuita

Editoriale

PASSATO E... FUTURO di Giuseppe Fabrizi

E' stato, per l'Arco, un anno denso di avvenimenti e di mutamenti! Il cambio sofferto e doloroso del Direttore Responsabile, Dr. Nino Corleo, che per venti anni ha firmato il giornale, cui ha profuso tutto il suo entusiasmo, le sue indubbie capacità di giornalista onesto intellettualmente, e la sua incessante operosità. L'allontanamento, altrettanto sofferto, del Dr. Mario Caiazzo, compagno “ab inizio” di avventura, uomo di grandi virtù e di specchiata fede cristiana, elegante e colto, sempre preciso, lucido e puntuale nelle sue discussioni sulle più svariate tematiche. L'adesione però entusiastica di un nuovo direttore responsabile, il Prof. Onorato Bucci, illustre studioso e docente universitario, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università degli Studi del Molise, nonché Membro del Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi antichi della Chiesa, fine letterato, dotato di una vasta cultura umanistica, ha ridato subito lustro e soprattutto rinnovato slancio al nostro impegno e a quello di tutto il comitato di redazione per la costruzione di un nuovo giornale! L'Arco infatti, pur rimanendo ancorato tenacemente al territorio, ha ampliato il suo orizzonte, dibattendo tematiche di ampio respiro come l'Islam, la solidarietà e la cooperazione internazionale, temi quest'ultimi presenti nel panorama editoriale nazionale. Abbiamo poi deciso, per assicurare una diffusione più capillare a livello nazionale e internazionale e la possibilità di colloquiare con i nostri lettori, di mettere il giornale in rete internet, al sito www.arcomazara.it, di fare, quindi, un moderno periodico on line. Il nostro impegno con i lettori rimarrà, pur con queste novità, invariato e si farà anzi sempre più stretto. Infatti noi continueremo con l'impegno di sempre, e con la nostra voce libera parleremo ai mazaresi e per i mazaresi, ma sempre nel precipuo interesse della nostra amata città e del nostro territorio. Daremo vita a manifestazioni culturali e saremo sempre al fianco di chi organizza progetti per restituire alla nostra Mazara l'orgoglio culturale di essere ”inclita urbs”, ma di questo parleremo l'anno venturo! Intanto come fornire un contributo per celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia? Ne abbiamo parlato a lungo con il nostro Direttore e all'interno della Redazione. E il risultato è stato che cercheremo di parlare della Sicilia e di Mazara del Vallo e della Penisola italiana, nei loro rapporti prima dell'Unificazione e dopo, sino ai giorni nostri, senza rinnegare nulla del passato (che comunque ci appartiene, ma per capire il passato: quali errori abbiamo cioè fatto e sono stati fatti, quali errori potevamo non fare e che invece abbiamo fatto, e perché in nome di un'autonomia siciliana (che esiste prima che fosse codificata: spero che questo sia riconosciuto da tutti e che nessuno possa rimproverarcelo) ci siamo troppo spesso dilaniati e lacerati al nostro interno e nei confronti dello Stato Nazionale: un esame di coscienza, dunque, perché segna poi il dolore dei peccati e il proponimento di non commettere più gli stessi errori (e di non farne altri, di nessun altro tipo). Credo che questo sia il modo migliore per arrivare al 2011, ai 150 anni dall'Unità Nazionale! Per ora, a nome di tutto il Comitato di Redazione e dei componenti dell'Associazione Culturale “L'Arco”, sentiamo il dovere di esprimere a tutti i cittadini mazaresi i nostri più fervidi voti augurali, esteso anche alle tante famiglie mazaresi che vivono fuori Mazara, un po' sparse nell'Italia e nel mondo, ed alle numerose famiglie degli immigrati, tunisini e non, presenti nella nostra comunità cittadina. A tutti porgiamo di vero cuore gli auguri per un Sereno e Santo Natale e che il 2010 sia per tutti un anno ricco di salute, di pace, di benessere e di solidarietà sociale.

CARI MAZARESI - Lettera dal Burkina Faso di fratel Vincenzo Luise

Abbiamo ricevuto da fratel Vincenzo Luise, Padre Camilliano, missionario in Burkina Faso, la seguente lettera, c h e p u b b l i c h i a m o integralmente.Questa lettera, scritta da un semplice frate, è testimonianza vibrante di una profonda fede religiosa e, nella sua semplicità, ci parla di Dio e del prossimo. Essa costituisce una pagina bellissima, ricca di sentimenti, che ci fa riflettere moltissimo sul nostro modo di vivere la vita nella cosiddetta civiltà occidentale del terzo millennio e sul significato, vero e profondo, della carità cristiana e dell'amore verso il prossimo, verso i poveri e verso gli ammalati. Illustre Professore Giuseppe Fabrizi e Amici di Arco-baleno onlus, chi le scrive è un religioso Camilliano: Fr.Vincenzo Luise, per grazia di Dio missionario in Burkina Faso, paese dell'Africa tra i più poveri del mondo. Come camilliano ho la missione di Amore nella cura dei malati, di tutti i malati, membra del corpo mistico di Gesù sofferente, e come tale assisto i malati di lebbra, che sono circa 1.800, residenti i più in un quartiere di Ouagadougou. Loro sono il mio Paradiso e come tale hanno diritto all'Amore supremo che si trasforma in cibo, medicine, vestiario, alloggio, cura delle piaghe, ecc… Il Malato per me è Gesù crocifisso e come tale l'adoro, è Lui che mi dona tutto, è il Tutto. Gesù soffre in croce, ebbene se c'è un Malato lascio Lui e corro dal malato; Gesù ha la Mamma, Maria, ed io faccio da Mamma al malato! La vocazione camilliana è dare Amore e farsi mangiare dall'Amore. Ho timore che

questa grandissima grazia di Dio sia troppo pesante: ma ci sono i miei Padroni e Signori che me la rendono leggera, perché l'Amore che essi mi donano è grandissimo e mi rendono leggero questo carisma d'Amore. Dai miei Signori e Padroni voglio essere mangiato, digerito e assimilato. Scusatemi di tutte queste chiacchiere ma Voi, Professore e Amici di Arco-baleno onlus state marciando sullo stesso viottolo della Carità, che lo rende un'autostrada, perché l'offerta di 1.840 euro, date con amore, è il pegno del vostro cuore grandissimo a favore di questi poverelli che non hanno la più grande ricchezza, che è la salute. Sua Eccellenza Mons. Vito Rallo, Nunzio Apostolico in Burkina Faso, mi ha

consegnato la busta piena, colma del vostro Amore per i malati di lebbra. Basta il mio grazie?... certamente no! Il grazie ve lo donano, ve lo dicono questi Gesù in terra: i lebbrosi e, attraverso loro, lo stesso Gesù. E dove c'è Gesù c'è la Mamma, Maria, e anche Lei vi ha detto:grazie! Che il Datore di tutte le grazie vi riempia di Grazie Celesti e benedica Voi e le vostre famiglie. Da parte mia non mancherò di pregare il Signore Gesù e la Mammina Maria, per tutti Voi! Con stima ed affetto, vostro in Cristo Gesù, Fratel Vincenzo Luise, Camilliano. Scritta in Ouagadougou il 3 novembre 2009.


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L’arco

La carboneria italiana è meridionale e ha radici cattoliche, fra Napoli e la Sicilia, ispirata e protetta dall’Inghilterra di Onorato Bucci La necessità di unire l'Italia non fu soltanto un'esigenza della cultura e degli strati sociali più elevati della Penisola del Nord ma trovò ascolto anche nella parte meridionale del territorio di quella che sarà chiamata la Nazione Italiana ma che era già intesa come tale dalla classe culturale dei vari Stati in cui era divisa la Penisola. La radice di questo movimento storico-culturale è da vedere nei circoli illuministici del Napoletano che erano diffusi da Napoli all'Istmo di Messina e che nella loro resa politica è tutta meridionale e si concretizza dagli impulsi antibonapartisti da cui nacque, nei sodalizi che presero il nome di Charbonniers in Francia e Carbonari in Italia, con propri riti e simboli ricavati dalla passione di Cristo verso il settimo decennio del XVIII secolo. La testimonianza esplicita di Pietro Colletta e di Giuseppe Rossetti porta a fissare un dato imprescindibile, e cioè che questa associazione di mutuo soccorso fra i militari di bassa forza assunse un carattere decisamente antinapoleonico con spiccate tendenze repubblicane, dando vita a fratellanze segrete che si diffusero, certamente per gradi, in tutto il Meridione d'Italia con una grossa differenza rispetto al resto della Penisola, con caratteristiche profondamente cattoliche o semplicemente cristiane in avversione al grossolano anticlericalismo professato dal partito dei dominatori francesi da un lato, con un colore tipicamente popolaresco perché costituito da elementi piccolo borghesi e dal bassoclero, tutti pervasi da profondo attaccamento alla propria terra dell'altra. Ciò lo si dovette non solo all'humus precedente creato dalla cultura illuministica napoletana caratterizzata da Vincenzo Cuoco ma anche dalla copertura che gli Inglesi diedero a tutto questo movimento che si diffuse soprattutto nel Molise dove, sul seme di Cuoco sorsero i Pepe, i De Attelis, la Frangipane e una miriade di sacerdoti che trovarono nei Vescovi Tria (a Larino) e De Luca (Ripalimosani) fino ad Agnone (Labanca), i testimoni più evidenti. Il risultato fu che la Carboneria meridionale è essenzialmente una Massoneria del tutto cattolicizzata con scala gerarchica da due a nove gradi e una organizzazione trapartita in Vendite, Vendite Madri e Alte Vendite cui spettava la direzione suprema dell'Ordine, con Cristo crocifisso a grande Maestro dell'Ordine ma con una scarsa propensione verso la Resurrezione. Quando lord Bentick fu inviato in Sicilia, la

Carboneria si diffuse anche nell'Isola e si diffuse talmente capillarmente tanto che le classi nobili isolane offrirono il regno di Sicilia alla Corona Inglese (ottobre 1813). Da qui la reazione durissima della relazione di Vincenzo Dandolo (29 novembre 1813) al Viceré Eugenio sull'entità della Carboneria a Napoli e in Sicilia e di qui l'accusa fatta ai Carbonari di aver sostituito parole evangeliche a quelle massoniche, al fine di rendere più accetto il suo intento alla piccola borghesia e ai militari, dal soldato al capitano, su pressione e istigazione dell'oro inglese. La reazione borbonica fu durissima tanto più che gli Inglesi avevano operato con l'appoggio borbonico ma al tempo stesso infiltrandosi nell'esercito sì che c'era una prevalenza gerarchica carbonara dell'Alta Vendita sulle decisioni del Governo. Di qui la ribellione dei Borboni all'Inghilterra e di qui la richiesta, subito ottenuta, del pronunciamento di fedeltà del 1820 delle alte gerarchie militari del Re. Questi avvenimenti, comunque, la dicono lunga su quanto accadrà successivamente allorché ci saranno episodi salienti dell'Unità della penisola: l'adesione dell'alta borghesia napoletana e siciliana alle indicazioni inglesi,

il comportamento filo-inglese (cioè filo risorgimentale) dell'esercito borbonico e soprattutto l'accoglienza fatta dall'Inghilterra a tutti i transfughi carbonari non solo meridionali ma del resto dell'Italia (quelli del Canavese, di Milano, di Genova, con i nomi di Filadelfi, l'Aldelfi e i Federati) dove i carbonari meridionali si diffusero, a Londra (dove non a caso si rifugiò Mazzini) e poi a Parigi, sotto il nome di Carbonari riformati, mentre il resto (che non si attenne alle indicazioni dei Filippo Buonarroti, Borio-Carminati e Carlo Bianco) si d i ff u s e a M a l t a , C o r s i c a e C o r f ù . Particolare attenzione, su spinta inglese, ebbe della Sicilia la Carboneria meridionale, perché nell'isola visse e prosperò una carboneria antinapoleonica la cui azione traluce di frequente nei processi politici anteriori al 1848: è attraverso la Carboneria che nacque e si diffuse la Massoneria in Sicilia, come operazione inglese di cui ignoriamo le particolari attenzioni sul territorio che andrebbero studiate dai documenti conservati negli archivi delle grandi famiglie siciliane. Non c'è dubbio che “con i moti del 31 venne consumato il divorzio tra la Giovine Italia e gli

uomini del passato” come ebbe a dire Mazzini, (e qui per “uomini del passato” Mazzini intendeva gli affiliati alla Carboneria), ma l'Unità Italiana, l'associazione che diede vita ai moti del '48 a Napoli, fu tutta completamente gestita da carbonari. Nata a Napoli nel giugno di quell'anno, dopo i fatti del 15 maggio, ad opera di Filippo Agresti, Michele Pironti e Luigi Settembrini (che fu poi esiliato nel Molise e nelle Ricordanze ricorda momenti struggenti passati a Sant'Agapito, il piccolo borgo sulle pendici del Matese che si affaccia sulla Valle di Isernia), l'associazione si divise in Gran Consiglio, Circoli Generali, Circoli Provinciali, Distrettuali e Comunali, partecipando alla insurrezione del 5-7 settembre quando a Napoli si innalzò per la prima volta il Tricolore. Unì certamente tutta la classe culturale napoletana, dalla città partenopea alla Puglia e alla Calabria. Vi aderì Poerio e fu di tendenza fortemente cattolica, sollecitando il Papa ad intervenire per una Italia federale unita contro lo straniero (nel proclama ai Popoli Napoletani).

L’autonomia della Sicilia, il “sicilianismo e la nazione siciliana” di Onorato Bucci Parlare dell'Autonomia della Sicilia, della Nazione Siciliana e del cosiddetto "Sicilianismo" non è semplice, ma è ragionevolmente deducibile dalla storia dell'Isola, fin dalla sua storia Antica, dal rapporto che questa terra ebbe con la cultura micenea, e poi greca, e quindi fenicia, e cartaginese, e romana, fino ai Vespri, del XIII secolo. C'è tuttavia un dato, nella storia postmoderna dell'Isola che ci dà chiara la concezione dell'autonomia della Sicilia. Se la Nazione Siciliana nasce fin dai primordi della storia della Sicilia, è al 1799 che quella Nazione sviluppa la presenza della sua libertà culturale e politica, quando, nella pacifica e idilliaca Sicilia (come allora la considerava il suo grande poeta Giovanni Meli) la corte borbonica vi si rifugiò nel momento in cui Napoli fu invasa dai Francesi e vi si trattenne fino al 1802 e ritornarvi poi nel 1806 per attendervi il crollo della potenza napoleonica. E' in quel periodo che maturò il dissidio insanabile fra la Corte e i Siciliani; fra il “Continente” come si dirà poi, e la terra di Sicilia, fra l'Italia

rappresentata da Napoli e la Trinacria, confermando quindi l'isolamento culturale e politico dell'Isola affermato già rispetto ai Savoia e agli Absurgo d'Austria dell'immediata epoca precedente, con il fallimento delle riforme avanzate dal vicerè Marchese Caracciolo. Ebbene, nel periodo 1802-1806, si affermarono gli attentati alla costituzione siciliana, che voleva dire gli attentati all'individualità storica e politica della Sicilia. Legittimo tutore della Costituzione siciliana, si levò il Parlamento che era l'erede dell'aristocrazia feudale, il quale si ribellò all'arresto di cinque fra i maggiori rappresentanti parlamentari (G. Ventimiglia principe di Belmonte; C. Cottone principe di Castelnuovo, G. Riggio principe di Aci; G. Alliata principe di Villafranca, A. Grioeni duca d'Angiò). Ad appoggiare la ribellione fu W. C. Bentinock, ministro plenipotenziario dell'Inghilterra in Sicilia, e da allora l'Impero Britannico non distolse più lo sguardo dalla Trinacria favorendo la costituzione dei circoli massonici nell'isola e

preparando l'adesione ai moti della Rivoluzione italiana che si avranno di lì a poco. L'intervento inglese (sorretto dalla forza di 14.000 uomini) impose come Vicario Generale per la Sicilia il principe ereditario Francesco, diede vita alla nuova costituzione elaborata da Paolo Balsamo, approvata nel 1812, con due Camere, quella dei Pari (composta dai membri dei due estinti Bracci reintegrati) e quella dei Comuni, elettiva, di chiara derivazione inglese. L'Ordinamento Costituzionale siciliano fallì miseramente per la lotta dei due partiti al suo interno (i Cronici, dal giornale La Cronaca di Sicilia, costituzionalisti e filobritannici e gli Anticronici, realisti e rivoluzionari) cosicché, quando il Bentinack fu richiamato in Inghilterra e quando fu tolto il presidio militare inglese in Sicilia, Ferdinando I sciolse il Parlamento il 15 maggio 1815 abolendo l'8 dicembre 1816 la Costituzione e proclamandosi Re del Regno delle Due Sicilie. In quel momento la secolare indipendenza siciliana, la Nazione Siciliana, il Sicilianismo erano finiti.


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PRESERVATIVO E SFIDA DELLA PROPAGAZIONE DELL'AIDS Una testimonianza dal Burkina Faso di Sibir Nestor Samné Introduzione Dopo la violenta tempesta mediatica che ha scosso il mondo in merito alle dichiarazioni del Papa sull'AIDS, alcuni politici e intellettuali hanno gridato allo scandalo. Il 3 aprile scorso il parlamento belga ha approvato una risoluzione che definisce come “inaccettabili” le recenti dichiarazioni del Papa sulla lotta contro l'AIDS. Durante questo periodo è anche innegabile che altri spiriti si liberassero progressivamente delle loro passioni. Ciascuno deve essere a uno stadio della digestione di ciò che ha optato di ritenere per sé, certamente, dopo tutte le riflessioni che sono state fatte sulla situazione. Ma, al di là delle motivazioni più o meno confessate di queste polemiche, dovremmo chiederci se la dichiarazione del Papa sui profilattici è stata considerata con un'attenzione sufficiente e seria, o se non è stata piuttosto esaminata attraverso un filtro non obiettivo da alcuni mass-media occidentali ? Del testo dell'intervista del Papa, alcune persone hanno estrapolato e brandito questa frase come uno stendardo di scandalo al mondo: " (…) non si può risolvere questo flagello attraverso la distribuzione dei preservativi : al contrario, essi aumentano il problema» Che cosa c'è di scandaloso in questa affermazione ? – Detto diversamente, è falso dire che: I preservativi (distribuiti), aumentano il problema e, di conseguenza, non si può risolvere questo flagello (solamente) con questo metodo? Si rende opportuno presentare il punto di vista di alcuni eminenti ricercatori che hanno scritto sui condom e sulla loro utilizzazione in prestigiose riviste scientifiche internazionali, che ogni uomo, senza pregiudizi, può consultare. I - Storia Qual è l'origine del condom? Perché gli uomini lo hanno inventato? Secondo l'archeologia, la scoperta del condom risale al 3000 a.C. in Egitto (1). I soldati egiziani utilizzavano principalmente i condom fatti di intestini di pecore (2) per proteggersi dalle malattie veneree, molto diffuse. Notiamo che in questa epoca, dalle patologie veneree come la sifilide, la gonorrea, si guariva difficilmente a causa dell'assenza di antibiotici. I militari, lontani delle loro spose durante le lunghe campagne belliche, conoscevano i rischi che correvano frequentando le prostitute, e prendevano le loro precauzioni con tale genere di profilattico. È nel X secolo d.C. che il preservativo conosce veramente una grande modifica

strutturale e morfologica in Cina ed in Giappone. I giapponesi e i cinesi nella loro finezza, verso gli anni 900 della nostra era, inventarono rispettivamente dei preservativi a base di squame di tartaruga e di carta di seta lubrificata. È solamente verso la metà dell'ultimo secolo, con le teorie della “liberazione dei sessi” e del “sesso sicuro”, che il preservativo, fatto oramai di lattice, entra pienamente in una nuova era superando la sua funzione primaria di protezione e di prevenzione contro la sifilide, per diventare anche un mezzo del piacere. II - Affidabilità ed efficacia del preservativo Il virus del SIDA: Secondo i ricercatori, il VIH è un retrovirus molto piccolo da 100 a 120 nm di diametro (3). Esso è 60 volte più piccolo del batterio che causa la sifilide, e circa 400 volte più piccolo dello spermatozoo umano. Il condom: è fatto di lattice e ha una moltitudine dei piccoli fori: i pori. Nel lattice naturale queste particelle porose misurano da 0.1 a 5 micron. L'efficacia dell'effetto barriera e integrità dei preservativi in lattice sono verificate da una prova di fuoriuscita. Il problema è che la sensibilità del test di fuoriuscita per i piccoli difetti della membrana non è molto grande. Roland e i suoi collaboratori hanno calcolato che il più piccolo orifizio rilevabileattraverso questo test in condizioni ideali doveva misurare 1012 micron (4). Questo limite di sensibilità del test rende critico il problema dei difetti delle membrane in elastomero. Oggi, dunque, la presenza di difetti nel lattice, dovuti a errori di fabbricazione, è ben stabilita. Per il VIH, ogni orifizio più grande dello 0,10 micrometro sarebbe da considerare come una fuoriuscita attraverso la quale il virus potrebbe passare. Infatti, certi studi in vitro hanno mostrato che le membrane di lattice dei preservativi erano impermeabili al VIH e ad altri agenti degli IST (5). Tuttavia, questi risultati sono stati messi in questione - in particolare in occasione della V Conferenza Internazionale sul VIH/SIDA a Montreal - dopo che dei preservativi molto controllati, prodotti da fabbricanti molto conosciuti hanno mostrato una permeabilità alle microsfere di misura superiore a quella del VIH (6 preservativi su 69) (6). Gordon concludeva da questi risultati che i metodi attuali per controllare la qualità dei condom non erano sufficienti perché se ne possa dedurre che i preservativi erano impermeabili al VIH. Lo stesso Gordon pensa che i preservativi in lattice falliscono anche nel prevenire le gravidanze a causa delle rotture di questi elementi. Il lattice può ridurre solamente la probabilità di trasmissione del virus. Ma si tratta solamente di una riduzione, non di una barriera assoluta. Ci sono dei forellini nel lattice e questi pori sono sufficientemente grandi per lasciare passare delle particelle della misura del VIH, e anche della misura degli spermatozoi per alcuni di questi piccoli orifizi (8). Così, Carey e collaboratori hanno osservato attraverso il 33% delle membrane dei preservativi in lattice studiati, il passaggio di particelle della misura del VIH (9). L'indice di Pearl del contraccettivo è compreso tra 2 e 15, con un valore medio tra 2 e 34. Il tasso di insuccesso del preservativo maschile nella prevenzione della gravidanza, definito come

la probabilità di gravidanza su un periodo di un anno per una donna che utilizza il preservativo solamente come mezzo contraccettivo, è dell'ordine dal 5 al 30% (il 4% nelle coppie molto motivate di un'Associazione di Programmazione Familiare, secondo Vessey (10), tra il 6 e 22% delle coppie studiate da Grady (11). Uno studio americano su larga scala circa l'efficacia dei differenti preservativi per prevenire le gravidanze mostra un insuccesso del 15% tra i giovani utenti durante il loro primo anno di utilizzazione, e un insuccesso del 2% tra le coppie esperte nell'uso del dispositivo (12). In certe circostanze, lo spermatozoo che è 400 volte più grande del VIH, arriva a passare attraverso i pori del preservativo. Il paragone di proporzione può essere applicato all'elefante e alla capra! La capretta è almeno 400 volte più piccola dell'imponente pachiderma! Ed è qui che ci poniamo una domanda legittima: da un buco dove un elefante può passare, quante capre possono passare al tempo stesso attraverso il medesimo orificio? Chi ha degli orecchi per intendere, intenda! Senza dubbio, il condom preserva dalle infezioni sessualmente trasmissibili come la sifilide, la gonorrea ecc. Ma di fronte all'AIDS la protezione del preservativo è sotto condizione. La sua efficacia e la sua affidabilità non dipendono da un'assicurazione incondizionata. Parecchi parametri sono da prendere in conto: la struttura porosa del lattice, la possibilità di perdite e di rotture, la degradazione possibile del latex; la contaminazione della superficie esterna del condom dal VIH, le macchie del profilattico causate dal VIH presente nelle secrezioni uretrali e vaginali, e tanti altri elementi di ordine fisico e psicologico! A proposito della discriminazione nell'utilizzazione dei preservativi: il profilattico perforato o lacerato espone di più la donna. Da ciò discende anche la femminilizzazione della problematica dell'AIDS. Parlando del preservativo, manteniamo come riflesso l'immagine del preservativo maschile. Orbene questo esporrebbe di più le donne. Procediamo per ipotesi. Qui, per coppia, bisogna intendere partner “uomo-donna”. * - Coppia di cui l'uomo è sieronegativo e la donna sieropositiva. In questo caso, se l'uomo utilizza un preservativo per i rapporti, e se il preservativo si strappasse, l'uomo conserverebbe sempre una possibilità di non essere contaminato dalla donna a meno che abbia delle piaghe o delle lesioni sul suo sesso. * - Coppia di cui l'uomo è sieropositivo e la donna sieronegativa. In questa circostanza, se il preservativo è di cattiva qualità o se si strappasse, la probabilità che la donna sia contaminata si rinforza, poiché tutta la riserva dello sperma infettato dal virus dell'AIDS ha la strada

libera per andare il più lontano possibile nel tratto sessuale femminile. * - Nel caso in cui il preservativo restasse intatto. Anche qui, teoricamente, le probabilità dell'uomo di non essere infettato supererebbero quelle della donna perché esisterebbe una pressione dello sperma all'interno del profilattico. In ogni caso, esiste oggi tutta una varietà di marche di preservativi e di conseguenza, nelle condizioni normali, la loro efficacia varia dall'80% (13) al 96% (14) secondo le loro qualità di fabbricazione. Certo, i preservativi non sono sicuri al 100% ma, se utilizzati correttamente, possono ridurre sessualmente i rischi di malattie trasmissibili, ivi compresa l'AIDS, come raccomandato dall'OMS e da alcuni ricercatori biomedici (15,16). Considerando tutti questi rischi e questi pericoli di infezioni, è facilmente deducibile che colui che utilizza il preservativo non è dunque fuori pericolo al 100% dall'essere contaminato dal VIH/AIDS. III - Distribuzione di preservativi e propagazione del VIH/SIDA in Africa Si considera generalmente che il primo caso accertato di AIDS, in Burkina, sia stato identificato nell'anno 1986; la lotta si è chiusa subito, con l'istituzione di una società di promozione di preservativi : PROMACO. In occasione del Primo Congresso Nazionale di Bioetica, i partecipanti hanno constatato, sulla base delle comunicazioni scientifiche fatte, che obiettivamente, la promozione del “tutto preservativo”, aveva contribuito ad aumentare i rapporti sessuali occasionali e la moltiplicazione dei partner, e di conseguenza, a decuplicare i casi di infezione da VIH/AIDS. È stato chiesto, per motivi di salute pubblica, di ritirare alcune pubblicità televisive troppo volgari e incitatrici e di mirare un po' di più ad un'educazione morale sana dei giovani nel campo della sessualità. Concretamente, come avviene la pubblicità e la commercializzazione dei preservativi? - La propaganda: negli stabilimenti scolastici, in occasione delle riunioni dette di educazione sessuale e di prevenzione delle IST (malattie sessualmente trasmissibili) e delle gravidanze indesiderate, gli incaricati cercano di parlare di una “sessualità senza complesso” ai giovani; si mostra loro come utilizzare i preservativi e i contraccettivi orali. Una distribuzione di scatolette di pillole è fatta alle ragazze ed alcuni preservativi sono proposti ai ragazzi. Spesso, davanti alla reticenza dei ragazzi, si danno i preservativi in "scatole" alle ragazze. Durante le feste di fine anno negli istituti, ci sono distribuzioni “preventive” di preservativi; non è raro vedere dei balli di ragazze concludersi con lancio di preservativi all'assemblea come piccole caramelle! In occasione delle promozioni di fine studio nelle grandi scuole, i genitori si fanno carico di distribuire


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pubblicamente pacchetti di preservativi ai felici diplomati. - L'assuefazione: lo scopo di tutto il martellamento pubblicitario è di creare un'abitudine tra i giovani, sostenuta del resto da una certa letteratura disonesta, sfruttando la psicanalisi di Freud sulle pulsioni umane; le relazioni sessuali frequenti sarebbero indispensabili all'equilibrio mentale e la verginità delle ragazze le predisporrebbe ad avere turbe psichiche... - Alcuni tipi di preservativi che non possono più essere commercializzati in Occidente, sono scaricati in Africa! Per l'Africa tutto è buono perché c'è urgenza; ed è così che si trova in vendita ogni marca di preservativi nelle sordide botteghe di quartiere, tra i pacchetti di sigarette e le scatole di fiammiferi, nelle condizioni di conservazione più dubbie. IV - Aspetti economici e politici del preservativo. C'è anche una verità meno buona da dire, ma la cui espressione rimane tuttavia indispensabile. Se il preservativo è, secondo alcuni, ciò che di cui ha bisogno l'Africa per sopravvivere, esso è diventato oggi una manna economica per quelli che lo producono. L'economia influenza la politica e il politico, ne consegue che la storia del preservativo è, a non voler dubitare, un territorio di caccia aspramente custodito da alcuni politici. La sua commercializzazione e la sua volgarizzazione entrano nell'elenco delle responsabilità prioritarie di certi organismi internazionali del Nord, che finanziano i programmi di sviluppo nei paesi del Sud. In mooré si dice che " ka soom meng yoob yaa toogo " (per colui che non è libero, non è facile trovare uno/a amante). La politica che non dispone sempre dei mezzi per sostenersi, si vede obbligata ad agire in favore dell'economia che, a sua volta, finanzia la politica. La tempesta mediatica sulle dichiarazioni del Papa non si giustificherebbe in Europa, per questo verso della medaglia? Non si è organizzata per giustificare agli occhi dei contribuenti europei che i milioni di euro spesi per la distribuzione dei preservativi erano ben giustificati ed effettivamente spesi? Le cifre sulla diffusione dell'AIDS nell'Africa subsahariana sono in rialzo, sì o no? Si è passati da 20,4 milioni nel 2001 a 22 milioni nel 2007. Una pandemia che, secondo alcuni occidentali, è da attribuire agli africani che continuano a rimanere selvaggi e ignoranti, senza civiltà, e che non sanno utilizzare correttamente i preservativi! Inoltre è possibile comprendere che la tempesta mediatica è servita, soprattutto, a non parlare di altri mali dell'Africa, che il Papa invece, vero amico dell'Africa, ha sottolineato : la malaria, la penuria alimentare, la mancanza di risorse di acqua, la corruzione, le multinazionali, lo sfruttamento delle risorse naturali dell'Africa, le ingiustizie, la situazione della donna, il non rispetto dei diritti umani ecc. Una campagna mediatica che ha anche nascosto il resto

degli interventi del Papa sulla responsabilità umana nelle relazioni sessuali, sull'AIDS, le sue parole di compassione, la sua richiesta di gratuità nelle terapie contro l'AIDS per l'Africa, ecc. Ma tutto ciò non sembra interessare alcuni europei e, soprattutto, coloro che hanno degli interessi economici su questo Continente tormentato che è diventato preda della malattia del secolo e della miseria. Per confortare gli africani che sono sotto il giogo della povertà, delle guerre fratricide e delle malattie infettive, il Santo Padre ha convocato un secondo Sinodo dei Vescovi sui problemi dell'Africa nel mese di ottobre 2009, affinché essi possano riflettere insieme sui molteplici mali che minano e lacerano il continente nero, culla dell'umanità. Nell'Instrumentum laboris (del 19 marzo 2009) il Papa invita gli africani alla riconciliazione, allo sradicamento dell'egoismo che alimenta l'esca del guadagno, la corruzione e l'avarizia, e spinge alla deviazione di beni e ricchezze destinate a interi popoli. Secondo il Sommo Pontefice “La sete di potere provoca il disprezzo di tutte le regole elementari di buon governo, utilizza l'ignoranza dei popoli, manipola le differenze politiche, etniche, tribali e religiose, e installa la cultura del guerriero come eroe e quella del debito per sacrifici passati o torti commessi” (I.L. n.11). Inoltre, secondo il Santo Padre “in connivenza con uomini e donne del continente africano, forze internazionali sfruttano questa miseria del cuore umano che non è specifica delle società africane. Esse fomentano le guerre per la vendita delle armi. Sostengono poteri politici irrispettosi dei diritti umani e dei principi democratici per assicurarsi, come contropartita, dei vantaggi economici

(sfruttamento delle risorse naturali, acquisizione di mercati importanti, ecc.). Minacciano, infine, di destabilizzare le nazioni e di eliminare tutti coloro che vogliono affrancarsi dalla loro tutela” (I.L. n.12). Pertanto il Papa invita “i Padri sinodali ad esaminare questi drammi di cui le società africane sono in parte responsabili e in parte vittime” (I.L.n.13). Si comprende allora perché alcuni mass-media, alcune personalità politiche o società economiche che non vogliono essere denunciate pubblicamente dal Papa, hanno provato a creare delle polemiche intorno a questa frase! Il loro scopo era di mascherare attraverso un fracasso inaudito il messaggio papale all'Africa. Oramai abbiamo smascherato quei mass-media che, sotto la copertura del relativismo morale, si sono accaniti senza rispetto, senza dignità e senza nessuna deontologia giornalistica sulle affermazioni del Papa estrapolandole dal loro contesto, per snaturarle e porre in ridicolo Sua Santità. CONCLUSIONE V - Il Papa ama l'Africa Il Papa, più informato di quanto non si creda su tutti i parametri dai quali dipendono l'affidabilità e l'efficacia dal preservativo, non può incoraggiare in nessun caso la sua distribuzione. Infatti, abbiamo appena visto che nel medesimo mondo scientifico non c'è uniformità e univocità di idee sul preservativo in quanto alla sua efficacia, affidabilità e diffusione. Le voci scientifiche sul profilattico sono discordanti e divergenti. Il Papa non ha fatto altro che ripetere in modo più alto ciò che alcuni organismi ed eminenti ricercatori biomedici pensano a voce bassa o hanno scritto: il profilattico non preserva al 100% dalla trasmissione sessuale del VIH e, di conseguenza, la sua distribuzione potrebbe favorire la propagazione dell'AIDS. La dichiarazione del Commissione di Bioetica della Conferenza Episcopale del Burkina-Niger ha chiarito il senso della risposta del Santo Padre che è da leggere alla luce della dottrina della Chiesa su tale questione. Di conseguenza, non ritengo necessario ripetere ciò che è stato illustrato in modo così brillante dalla suddetta Commissione. La Chiesa non gestisce direttamente l'intimità della sessualità delle coppie sposate legalmente. Ma resta convinta che ogni coppia, per grazia di Dio, ha le capacità di santificarsi nella verità e nella fedeltà. Il Papa non augura che gli africani muoiano di AIDS. Egli ci mostra la strada della vera vita,

L’arco

l'itinerario della perfezione, la strada della felicità. Egli sa che l'Africa, ad immagine di un corpo umano, fragilizzato dalla Sindrome dell'Immunodeficienza Acquisita (AIDS), ha perso l'Immunità dei suoi valori, delle sue tradizioni umane positive e di tutto ciò che costituiva la sua legittima fierezza! Coloro che possono e vogliono aiutare l'Africa a ritrovare l'Immunità acquisita dei suoi valori ancestrali si facciano avanti! Cari amici, chi è stato e resta il vero amico degli Africani? Colui che ci nasconde la verità o colui che ha il coraggio di andare contro corrente per farla conoscere a tutti? Il Papa Benedetto XVI ama gli africani e vuole la loro felicità, in nome del Cristo che rappresenta sulla terra! ____________________________________ [1] Gouviac A, des Laboratoires Ansell, http://www.magpluspharmacie.com/pr_servatif.h tml. 2 Studyrama, Condom Story, http://www.studyrama.com/article.php3?id_articl e=5123 3 L. Stryer, Biochimica, terza edizione, Zanichelli, Bologne 1992, p.1002. 4 C.M.Roland, The Barrier Performance of Latex Rubber, Rubber World, vol.208, nº3, june 1993. 5 Centers for Disease Control, Condoms for prevention of sexually transmitted diseases, MMWR 1988, 37, 133-137. 6 B.A.Hermann, S.M. Retta, I.E.Rinaldi, A simulated physiologic test of latex condoms, Vth Internat.Conf.on AIDS, 1989, Abstracts WAP 101. 7 R.Gordon, A critical Review of the physics and statictics of condoms and their role in individual versus societal survival of the AIDS epidemic, J.Sex.Mar.Ther., 1989, 15, 5-30. 8 C.M.Roland, J.W.Sobieski, Rubber Chemistry and Technology, 1989, 62, 683. 9 R.F.Carey, W.A.Herman, S.M.Retta, J . E . R i n a l d i , B . A . H e r m a n , T. W. A t h e y, Effectiveness of Latex Condoms as barrier to Human Immunodeficiency Virus-sized Particles Under Conditions of Simulates Use, Sexually Transmitted Diseases, 1992, 19, 230-234. 10 M.P.Vessey, L.Villard Mackintosh, letter, The Lancet, March 7 1987, vol.I, Nº8532, p.568. 11 Grady et al., Contraceptive Failure in the US: Estimates from the 1982 National Survey of Family Growth, Family Planning Perspectives, vol.18, nº5, sept.oct. 1986, p.204, 207. 12 E.F.Jones, J.D.Forrest, Contraceptive Failure in the United States: Revised Estimates from the 1982 National Survey of Family Growth, Family Planning Perspectives, 1989, 21:3, p.103,109. 13 Weller S, Davis K. Condom effectiveness in reducing heterosexual HIV transmission. C o c h r a n e D a t a b a s e S y s t R e v. 2002;(1):CD003255. 14 Davis KR, Weller SC. The effectiveness of condoms in reducing heterosexual transmission of HIV. Fam Plann Perspect. 1999 NovDec;31(6):272-9. 15 Sekadde-Kigondu and J.O. Oguto et al? ., 1999. Condom Acceptability and Use Among Patients Attending Sexually transmitted diseases (STD) clinic. http://libdoc.who.int/hq/1994/51927.pdf 16 D.J. Shelton and J.R. Harris, 1990. Role of the condom in combat in global Aids: Application of Sutton's Law of Public Health. Heterosexuel Transmission of Aids, 27: 327-337. (traduzione dal francese dell’articolo “Préservatif et défis de la propagation du SIDA” di Sibir Nestor

Testo dell’intervista che Benedetto XVI ha concesso ai giornalisti, il 17 marzo 2009, durante il volo verso il Camerun Domanda: “Santità, tra i molti mali che travagliano l’Africa, vi è anche e in particolare quello della diffusione dell’Aids. La posizione della Chiesa cattolica sul modo di lottare contro di esso viene spesso considerata non realistica e non efficace. Lei affronterà questo tema, durante il viaggio?”. Papa: “Io direi il contrario: penso che la realtà più efficiente, più presente sul fronte della lotta contro l’Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti, con le sue diverse realtà. Penso alla Comunità di Sant’Egidio che fa tanto, visibilmente e anche invisibilmente, per la lotta contro l’Aids, ai Camilliani, a tutte le Suore che sono al servizio dei malati. Direi che non si può superare questo problema dell’Aids unicamente con i soldi, sebbene necessario. Se non c’è l’anima, se gli africani non si aiutano, non si può risolvere questo flagello con la distribuzione di preservativi: al contrario essi aumentano il problema. La soluzione può trovarsi solo in un duplice impegno: il primo, un’umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovamento spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l’uno con l’altro, e secondo, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti, la disponibilità, anche a prezzo di sacrifici, con rinunce personali, ad essere accanto a coloro che soffrono. Questi sono i fattori che aiutano e che portano visibili progressi. Perciò, direi questa nostra duplice forza di rinnovare l’uomo interiormente, di dare forza spirituale e umana per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e di quello dell’altro, e questa capacità di soffrire con i sofferenti, di rimanere presenti nelle situazioni di prova. Mi sembra che questa sia la giusta risposta, e la Chiesa fa questo, offrendo così un contributo grandissimo ed importante. Ringraziamo tutti coloro che lo fanno.


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AIDS E LA “CORTINA DI GOMMA” ovvero il preservativo che non preserva!

Come dermatologo ho avuto modo di occuparmi di AIDS nei bambini allorché, circa 15 anni fa, Mino Damato, il noto giornalista televisivo della RAI-Tv, venne a cercarmi, nel mio reparto di Dermatologia Pediatrica del Policlinico Gemelli di Roma, per invitarmi a visitare i reparti di Pediatria dell'Ospedale Victor Babes di Bucarest in Romania. E' iniziata così una collaborazione intensa, che è durata più di dieci anni, durante i quali io e i miei più stretti collaboratori ci siamo alternati ripetutamente per garantire il nostro servizio di dermatologia a questi bambini, malati di Aids, e con tante patologie cutanee correlate all'AIDS stesso! Una volta guariti tali bambini venivano avviati in case famiglie a Singureni, un piccolo villaggio a trenta chilometri da Bucarest, dove vivevano in piccoli gruppi, con un capofamiglia, di solito una suora o una volontaria laica! In tutti questi anni questa esperienza si è rivelata per me incredibile sul piano professionale e su quello umano, nel senso dell'arricchimento spirituale, in quanto ho incontrato la malattia in piccoli corpicini pieni di sofferenza e nel contempo di grande umanità. E in tutto questo tempo è stato poco è niente quello che io ho potuto fare come medico o come persona rispetto a quello che io ho ricevuto in termini di affetto da questi meravigliosi piccoli pazienti, carichi di fierezza e di grande dignità pur nella disgrazia di una malattia ricca per loro di grandi sofferenze. E visitando l'anno scorso Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso (1.600.000 abitanti circa!) sono stato colpito, durante le mie visite alle strutture sanitarie ospedaliere esistenti dalle carenze strutturali e funzionali che ruotano attorno a questa malattia nei paesi africani, da qualcuno definita la peste del terzo millennio. Mancano strutture e reparti adeguati, manca il personale addetto, dove spesso la buona volontà

sostituisce la competenza e la professionalità, sono carenti le attrezzature e sono esigui ed insufficienti i medicinali (farmaci antiretrovirali!) atti a curare questa malattia. Queste carenze sono in parte mascherate dalla realizzazione di progetti di solidarietà internazionale (vedi il reparto per l'AIDS pediatrico presso l'Ospedale dei Camilliani, costruito e funzionante con 40 posti letto dedicati all'AIDS pediatrico grazie all'aiuto e alla attività costante di medici pediatri italiani provenienti dall'Università di Brescia e per grande merito di uno straordinario sacerdote missionario italiano, P. Salvatore Pignatelli, cha quasi da solo, assieme ad un pugno di volenterosi collaboratori, tra i quali Fr Vincenzo Luise, cura più di mille malati di AIDS. Tutto ciò mi ha indotto a fare alcune riflessioni sull'AIDS nei paesi sottosviluppati, come quelli africani, sulle modalità di contagio e soprattutto sulle possibilità di prevenirlo! Il Burkina Faso è uno dei paesi dell'Africa Occidentale più colpiti dalla pandemia HIVAIDS. Recenti stime indicano infatti che su una popolazione complessiva di circa 14 milioni di abitanti siano almeno 600.000 i pazienti sieropositivi e che ogni anno almeno 40.000 persone muoiano di AIDS! Ogni anno inoltre vengono segnalati almeno 40.000 nuovi casi di AIDS e di questi circa 10.000 sono bambini, che hanno contratto l'infezione dalla madre durante la gravidanza o al momento del parto o nei primi mesi di vita con l'allattamento al seno! Nel Marzo di quest'anno sono stato colpito, come medico, da una frase, pronunziata da Sua Santità Benedetto XVI durante una sua visita in Africa. Egli infatti ha affermato con forza che “l'AIDS non si sconfigge distribuendo i preservativi, ma attraverso una educazione sanitaria attenta e puntuale e soprattutto attraverso una educazione alla d i g n i t à u m a n a ! ” Queste parole, dissonanti ed antitetiche a quanto mass media e posizioni governative avevano sino ad allora amplificato, attribuendo all'impiego del profilattico l'unico scudo reale ed efficace per evitare il contagio di tale malattia mi ha indotto ad effettuare alcune rigorose, sul piano scientifico, ricerche bibliografiche sull'argomento e quindi sulla effettiva utilità del preservativo di prevenire la malattia AIDS.

E, riassumendo brevemente quanto trovato in letteratura scientifica, sono rimasto impressionato dai seguenti dati scientifici. Innanzitutto occorre dire che il diametro massimo del virus HIV è di circa 0,1 micron, mentre il diametro della testa di uno spermatozoo umano è dell'ordine di 2,5 micron (cioè 25 volte più grande del diametro massimo del v i r u s H I V ! ) Negli anni '60, con l'introduzione della pillola anticoncezionale, il preservativo venne quasi del tutto abbandonato, perché ritenuto meno sicuro della pillola stessa. Infatti è stato osservato che in una percentuale variabile dal 13% al 20% il preservativo non riusciva a bloccare tutti gli spermatozoi e quindi si potevano avere dal 13 al 20% di gravidanze indesiderate. Ma abbiamo appena detto che la testa dello spermatozoo è 25 volte più grande del diametro del virus HIV e da questo deriva che il virus dell'AIDS può attraversare più facilmente, rispetto allo spermatozoo, la parete gommata, la cosiddetta “cortina di gomma”, del preservativo! L e A z i e n d e produttrici dei p r o f i l a t t i c i ovviamente esaltano e garantiscono nei loro depliant pubblicitari l'assoluta impenetrabilità della p a r e t e d e l preservativo portando come prova il superamento del “test di permeabilità”. Questo test di permeabilità consiste nel riempire un profilattico con 300 ml di acqua distillata e di tenerlo appeso per qualche ora, verificando che non vi siano perdite. Le molecole dell'acqua sono ovviamente più piccole del virus HIV e pertanto se non passa l'acqua è consequenziale, per le Case produttrici, che non passa nemmeno il virus HIV. In realtà noi sappiamo che in questi esperimenti (cioè se riempiamo di acqua distillata un preservativo!) intervengono anche altri fattori fisici diversi dalla permeabilità, che sono la capillarità e la tensione superficiale. Infatti nel 1990 Davis e Schroeder, due illustri scienziati, hanno condotto un esperimento molto semplice utilizzando il Microscopio Elettronico. Essi hanno praticato nelle pareti dei profilattici in esame dei forellini larghi circa 1 micron (larghi cioè 10 volte di più del diametro massimo del virus HIV e molto più grandi delle molecole di acqua distillata!), e li hanno successivamente sottoposti al test di permeabilità, che è stato brillantemente superato! Essi però hanno concluso che pur praticando nelle pareti dei fori più grandi delle molecole di acqua esse, a causa della capillarità e della tensione elastica, non fuoriescono attraverso la parete. Carey due anni dopo ha condotto un altro interessante esperimento. Egli ha preso dei profilattici nuovi e li ha riempiti di microsferule fluorescenti del diametro di 0,1 micron (cioè grandi quanto il diametro del virus HIV!). Li ha sottoposti a stiramenti e traumi, simili a quelli che subiscono durante un atto sessuale, e il risultato è stata una perdita, cioè una fuoriuscita di sferule pari a circa 6.000 sferule al minuto!

di Giuseppe Fabrizi Presidente dell’ "International Society of Pediatric Dermatology"

Roland, infine, noto ricercatore di Washington, osservando la superficie gommata di un profilattico al Microscopio Elettronico, ha scoperto come essa sia costellata da una miriade di crateri e di canali. I crateri larghi circa 15 micron, sono profondi 30 micron, cioè non attraversano la parete del profilattico a tutto spessore, ma la loro presenza lo rende più vulnerabile ai traumatismi ripetuti di un atto sessuale. I canali invece sono larghi 5 micron (cioè 50 volte più grandi del diametro massimo del virus!) ed attraversano numerosi e a tutto spessore perforandola completamente la

parete gommata del preservativo e rendendola pertanto attraversabile dal virus HIV! Un gruppo di studio europeo infine ha pubblicato sul British Journal of Medicine alcuni dati circa il grado di protezione del profilattico che è risultata intorno al 69% e lo stesso FDC, Ente Americano che controlla la validità dei prodotti farmaceutici, ha inviato una circolare a tutti gli Ospedali degli USA scrivendo che “il preservativo può solo ridurre il rischio di contrarre le malattie veneree e l'AIDS, ma non lo elimina del tutto!” Un'ultima considerazione infine, ma non per questo meno importante. La possibilità che un preservativo si laceri durante un rapporto sessuale aumenta dal 3% al 6% per i preservativi nuovi sino ad arrivare al 18,6% per quelli più vecchi di qualche anno ed in entrambi i casi questa percentuale aumenta in modo esponenziale con l'aumento della temperatura ambientale. E' in errore quindi sul piano scientifico chi afferma che per combattere l'AIDS in Africa è sufficiente l'uso del preservativo dato che, in molti paesi africani dove l'AIDS è endemico, il clima è sempre caldo torrido e quindi aumenta la possibilità che il profilattico si laceri più facilmente! Sul piano quindi meramente scientifico possiamo, alla luce di quanto letto, affermare che il preservativo diminuisce del 69% la probabilità di contrarre l'AIDS, ma certamente non la esclude del tutto! Tutte le altre considerazioni di tipo etico o pratico naturalmente esulano dagli obiettivi scientifici di questo articolo.


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L’arco

UNA GOCCIA PER LA VITA Attività di Arco-baleno onlus in Burkina Faso Ci sembra giusto, ad appena 18 mesi dalla costituzione di Arco-baleno onlus, portare a conoscenza dei soci e dei cittadini mazaresi, quanto sino ad oggi è stato fatto, grazie anche alla generosità e alla adesione incondizionata da parte di molti amici e benefattori. Come sapete il nostro slogan è “una goccia per la vita”, perché l'impegno primario della nostra onlus è quello di fare in modo che i burkinabè, soprattutto quelli che abitano in zone rurali, indipendentemente dal loro credo religioso, possano avere l'accesso all'acqua potabile, elemento per noi scontato, ma che in Burkina Faso si evidenzia come l'elemento più prezioso per la sopravvivenza stessa. Senza acqua non c'è vita, non vi sarebbero campi coltivati, non esisterebbero cereali, come riso, mais e miglio, sementi e verdure, frutta e alimenti di

prima necessità per la vita di questa popolazione, che ha la sfortuna di vivere in un terreno desertico dell'Africa centrooccidentale, al di sotto della fascia del Sahel. Ebbene entro la fine di questo anno sono stati già realizzati, grazie all'aiuto finanziario di una fondazione bancaria, ben sette pozzi per l'acqua potabile, che daranno acqua da bere e per cucinare a migliaia di persone. Durante la nostra visita all'Ospedale "Paolo VI" ad Ouagadougou avevamo assunto l'impegno di costruire “ex novo” un moderno reparto di pediatria, struttura sanitaria indispensabile in uno Stato dove la metà circa dell'intera popolazione è in età infantile. Ebbene, attraverso una sottoscrizione, lanciata a Roma, la generosità di moltissimi amici romani e non, ci (hanno) ha permesso di raccogliere la somma sufficiente per realizzare questo ambizioso progetto e con l'inizio del 2010 avranno inizio i lavori per portare a compimento in pochi mesi tale progetto. In seguito all'alluvione del 1° settembre stiamo cercando di dare una mano a Fratel Vincenzo, missionario Camilliano in Burkina Faso. C'è la necessità di costruire un villaggio per i lebbrosi, di 30 case circa, per trenta famiglie rimaste senza tetto. Il costo di ciascuna costruzione abitativa è di circa 1.100 Euro ciascuna. Abbiamo lanciato nella

nostra città una c a m p a g n a denominata “un euro al mese”! Previa visita ai dirigenti scolastici e loro disponibilità, saranno portati nelle classi dei salvadanai, dove tutti gli studenti che lo desiderano possono contribuire con l'apporto di un euro al mese sino alla fine dell'anno s c o l a s t i c o . La somma raccolta sarà inviata alla Caritas del Burkina Faso e sarà devoluta per contribuire al miglioramento del processo di scolarizzazione in questa terra d'Africa. Infine dall'inizio del prossimo anno, lanciamo un'iniziativa che consenta, aiutando con un contributo di 500 euro l'anno di adottare uno studente, di Facoltà diverse, e di portarlo sino alla laurea. Il progetto si chiamerà: pro.me.s.so (PROgramma per il MErito allo Studio SOlidale) e consentirà di migliorare il tasso di scolarizzazione in questo paese. Arco-baleno infine ha organizzato direttamente o ha partecipato a manifestazioni di solidarietà che si sono svolte a Mazara del Vallo e provincia e tutte le somme raccolte sono state impiegate per aiutare poveri, ammalati, carcerati, ecc.

di Giuseppe Fabrizi

L'elenco dettagliato delle somme e la loro relativa destinazione finale può essere letta nel rapporto finale inviatoci da S.E. Mons. Vito Rallo, consultabile ciccando sul sito: www.arcomazara.it ed andando sul link: Arco-baleno onlus. Naturalmente chiunque sia interessato a fare una donazione, che come è noto è anche deducibile dalle tasse, può farlo utilizzando i seguenti codici IBAN e specificando il fine della donazione stessa: Conto BancoPosta IBAN: IT 77 S 07601 16400 98952625 Conto Unicredit - Banca di Roma s.p.a. IBAN: IT 38 P 03002 03360 000400540498. Noi di Arco-baleno onlus ringraziamo tutti e siamo certi che non rimarremo soli durante questo cammino!

UNA NUOVA UNITA’: la celebrazione e i nuovi valori Il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia è un'occasione che, temo, ci stia scivolando tra le dita. I preparativi procedono in sordina, senza entusiasmo, e pare servano a poco i richiami dei componenti del comitato nazionale delle celebrazioni per dare nuovo impulso all'imbolsito cavallo risorgimentale. Proprio qui, nell'odierna Provincia di Trapani, i mille giunsero e cominciarono l'avventura della nazione: lo sbarco a Marsala, la marcia verso Palermo, la battaglia di Calatafimi. Da qui mosse i primi passi, ancora nell'incertezza dell'esito che si doveva giocare in altre battaglie ed a prezzo della vita, la storia di questo paese. Da qui dove tutto idealmente ebbe inizio, dovremmo rispolverare l'orgoglio nazionale, sventolare il tricolore, ripercorrere, onorandola, la storia di quegli uomini e di quei giovani che scelsero di imbarcarsi a Quarto per venire qui a combattere, a morire, a fare qualcosa che, stante il Regno delle Due Sicilie ancora in piedi, significava attentare allo Stato, alto tradimento, rivoluzione. Da qui, dove tutto idealmente ebbe inizio, dovremmo essere immersi in febbrili preparativi, per trasmettere un

messaggio di orgoglio e partecipazione. Da qui, dove tutto ebbe idealmente inizio, potremmo avere l'occasione per essere promotori di un messaggio di rinnovata unità nazionale, di ripensamento del senso di patria nel segno della convivenza, dell'integrazione, della solidarietà. Celebrare la rivoluzione dei Mille: venivano a fare l'Italia. E noi? Pare che finora la Provincia di Trapani abbia pensato ad una regata velica per celebrare in modo degno l'avvenimento. Una regata importante, fatta bene, di caratura internazionale. Una regata velica? Qualcuno, alla Provincia, dovrebbe fare un salto a Calatafimi, scarpinare fino ad un obelisco, solitario e solenne, piantato sulla sommità di un'altura che domina il paesaggio: è il monumento del Pianto Romano, il sacrario dei caduti della battaglia di Calatafimi. E carpirne almeno un insegnamento. Puntare più in alto e con sacrificio. Con un patriottismo fiaccato dal tempo, dal logorio di una storia nazionale che dopo i fatti del novecento non riesce ad emanciparsi del tutto dalla paura del nazionalismo e dei suoi effetti, viviamo con contraddizione l'attaccamento alla bandiera, l'orgoglio della nazione. Pronti a cantare l'inno ogni volta che l'undici nazionale scende in campo, ogni volta che un nostro atleta sale sul gradino più alto del podio, pronti a stringerci commossi attorno a delle bare avvolte nel tricolore, a sentirci partecipi dei successi dei nostri ricercatori, dei nostri marchi di qualità: moda, letteratura, architettura... Ma pronti anche ad esaltare i nostri provincialismi (che alcuni chiamano federalismo), ad esaltare i nostri valori e la nostra identità fino al parossismo dell'intransigenza, della segregazione, dell'intolleranza, del rifiuto dell'altro e della diversità. Eppure dovremmo essere così forti e consapevoli della nostra identità da non temere “contaminazioni”, da non temere “invasioni”, da non temere “l'altro”.

Capita così che il dibattito sulla costruzione di nuove moschee si trasformi in bagarre penosa e che il dialogo già difficile diventi scontro, muro contro muro. E' per questo che lancio una provocazione. Pensiamo in grande, siamo ambiziosi, armiamoci di coraggio e costruiamo una nuova unità. Rifacciamo l'Italia. Organizziamola al contrario questa regata, sbarchiamo in Liguria, e combattiamo pacificamente per esportare il meglio dei nostri valori, di mazaresi e di siciliani. Portiamo con noi i nostri sogni , i nostri ideali, le nostre storie: quelle di una città che convive con una numerosa comunità tunisina, di una città che accoglie e non rifiuta, di una città che con fatica e decisione affronta la strada del dialogo. Di una città solidale anche nelle difficoltà, di una città i cui pescatori formano equipaggi misti che si dividono fatica e sudore sul mare e che, oltre al pesce, qualche volta riportano anche statue di bronzo che sembrano vive. Una città che esalta nelle difficoltà il valore della vita e del rispetto altrui, una città i cui pescatori sfidano il mare in burrasca per raccogliere gli S.O.S. degli immigrati che affrontano il loro viaggio della speranza, e li soccorrono, li ripescano anch'essi e li riportano a riva. Una città che è capace di migliorarsi, di cambiare, di fare scelte coraggiose: essere una città multiculturale, senza paure, come dalle pagine di questo giornale hanno scritto il nostro sindaco ed il nostro vescovo. Questa è Mazara del Vallo. Una Mazara del Vallo da esportazione. Un piccolo pezzo di Italia, ancora poco conosciuto. Ma d'altra parte, chi, a parte i liguri, conosceva Quarto 151 anni fa? Presto, tutti a bordo.

di Gabriele Mulè

L’arco ANNO XXII n. 4 DICEMBRE 2009 Periodico dell’Associazione Culturale “L’Arco”

Fondatore Giuseppe Fabrizi Direttore Responsabile Onorato Bucci Comitato di redazione Onorato Bucci - Giuseppe Fabrizi Pietro Foraci - Enzo Gancitano Nino Gancitano - Gabriele Mulé Michele Norrito - Giuseppe Pernice Tonino Salvo Segreteria di Redazione Bice Provenzano Redazione Via G. Toniolo, 3 - 91026 Mazara del Vallo Registrazione Tribunale di Marsala n.86-5/89 del 2/3/1989 Finito di stampare presso: Rallo s.r.l. Mazara del Vallo


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