Arcireport n 14 2014

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arcireport n. 14 | 17 aprile 2014

esteri

Barghouthi cittadino onorario di Palermo di Luisa Morgantini Assopace Palestina

La Campagna Free Marwan Barghouthi and all palestinian prisioners è stata lanciata dalla cella di Robben Island in Sud Africa, la stessa dove trascorse tanti anni della propria vita Mandela, condannato da un governo razzista per le sue lotte. Le stesse lotte di Marwan Barghouthi che ha passato ormai 19 anni in carcere. In Italia con questa campagna vogliamo dare voce alla causa palestinese e in modo particolare alla condizione di detenzione delle migliaia di prigionieri palestinesi. Sono 5224 i detenuti nelle carceri israeliane, 210 minorenni, 21 donne, 187 in detenzione amministrativa. Restano in carcere senza processo e senza accuse, secretate per ragioni «di sicurezza». Dal 1967 sono 800mila i palestinesi che sono stati nelle carceri israeliane, il 20% della popolazione e 73 sono morti sotto tortura. Il volto di questa campagna è quello di Marwan Barghouthi, definito da molti il «Mandela palestinese». Marwan è stato il primo parlamentare ad essere arrestato dalle forze israeliane. Nel giugno del 2004 è stato condannato a cinque ergastoli. Ha sostenuto che il popolo palestinese può, secondo il diritto internazionale, difendersi rispondendo anche con azioni militari all’occupazione

israeliana, al furto delle terre, delle risorse e delle vita, ma non ha mai difeso attacchi suicidi contro i civili. Questa campagna si ispira a quella che ha coinvolto il mondo intero per la liberazione di Mandela. Hanno già aderito cinque premi Nobel per la Pace, intellettuali e politici. In Italia alla campagna promossa da Assopace Palestina e Fondazione internazionale Basso hanno già aderito, tra gli altri, Cgil, Fiom, Libera, Arci, Rete della Pace. Tra le attività, una settimana di iniziative con la presenza di Fadwa Barghouthi, avvocato e moglie di Marwan. Martedì scorso a Palermo, dal sindaco Leoluca Orlando, a Marwan è stata conferita la cittadinanza onoraria. Un gesto importante, ma non deve essere il solo; obiettivo della campagna è di avere molti comuni che voteranno risoluzioni per la libertà dei detenuti e per dare la cittadinanza onoraria a Marwan, come hanno fatto 40 comuni in Francia. In occasione del lancio della Campagna in Sudafrica, Marwan ha scritto una lettera dal carcere, in cui traspare amarezza, ma soprattutto determinazione e speranza. «Quando vi verrà chiesto da che parte state - conclude Marwan - scegliete sempre la parte della libertà e della dignità

contro l’oppressione, dei diritti umani contro la negazione dei diritti, della pace e della convivenza contro l’occupazione e l’apartheid. Solo così si può servire la causa della pace e agire per il progresso dell’umanità». Cittadini e associazioni possono fare pressione sulle istituzioni affinché prendano una chiara posizione riguardo alla liberazione dei prigionieri e sulle violazioni dei diritti umani che subiscono costantemente. Occorre esortare il nostro governo ad adottare misure più attente alla tutela dei diritti umani del popolo palestinese, recedendo da accordi commerciali che sostengono di fatto l’occupazione. Il primo passo per attivarsi è contattare il comitato nazionale attraverso l’indirizzo mail freemarwan.italia@gmail.com A Roma il 16 aprile nel parco dell’Ambasciata palestinese, Fadwa Barghouthi è con noi per dire con Mandela «solo gli uomini liberi possono negoziare». Cultura e musiche del mediterraneo faranno compagnia alla nostra speranza e il 17 - Giornata internazionale dei prigionieri - siamo a Campo dei Fiori per dire «Libertà per Marwan, libertà per tutti I palestinesi. Siate con noi per la libertà!»

Turchia, la Corte boccia la riforma della giustizia La Corte Costituzionale turca ha parzialmente annullato la controversa legge di riforma del Consiglio superiore della magistratura promulgata dal governo del premier Erdogan. Gli articoli abrogati sono quelli che conferivano al ministro della Giustizia un potere decisionale molto ampio sul funzionamento e la composizione degli organismi del consiglio. La riforma aveva suscitato un’ondata di proteste sia tra i partiti all’opposizione sia tra gli avvocati e i magistrati, perché ritenuta un passo verso la fine della separazione dei poteri esecutivo e giudiziario. Dopo la pubblicazione della legge, il ministro della Giustizia aveva interrotto l’incarico dei 600 funzionari dell’organismo, nominandone dei nuovi, fatta eccezione solo per i componenti del consiglio generale. Nel processo di ‘rinnovamento’ era compreso anche il personale dell’Accademia nazionale di giurisprudenza, l’istituzione che provvede alla formazione dei futuri giudici e magistrati. Non è la prima volta che la corte costitu-

zionale si contrappone alle leggi lampo approvate dal governo turco negli ultimi mesi, ritenute una conseguenza diretta della tangentopoli che ha coinvolto lo stesso esecutivo. Per Ankara, che nega ogni tipo di accusa, parte della magistratura è coinvolta nel ‘complotto’ ordito da uno ‘Stato parallelo’. A guidare il piano sarebbe l’imam Gülen, ex alleato del premier, in esilio volontario negli Stati Uniti. È noto infatti che il movimento Hizmet del potente Gülen gode di una grande influenza all’interno della magistratura turca. La corte ha già recentemente decretato l’annullamento del blocco di Twitter, rimasto inaccessibile per quasi due settimane. Il premier Erdogan ha reagito duramente alla decisione del tribunale, definendola «contraria agli interessi della nazione» e affermando di non rispettarla. Nel frattempo la corte ha firmato una nuova sentenza che annulla un’altra legge, quella che attribuiva all’ente statale di tecnologia informatica la facoltà di definire le norme secondo le quali

dovrebbero essere elaborati e protetti i dati personali che circolano nel campo della comunicazione elettronica. Un’altra ‘precauzione’ del governo per tenere il flusso di dati informatici sotto stretto controllo. Ma i provvedimenti assunti dal governo negli scorsi mesi (tra cui anche la legge sulla limitazione di internet e il blocco di Youtube) sono motivo di preoccupazione anche per l’Unione Europea e hanno creato dei dubbi sul processo di adesione della Turchia all’UE. Il governo Erdogan può approvare anche le leggi più controverse perché forte di una maggioranza parlamentare assoluta e la vittoria alle elezioni amministrative dello scorso 30 marzo ha dimostrato che questo vantaggio non verrà perso facilmente. La corte costituzionale è oggi l’unica istituzione in grado di mettere in discussione le sue decisioni. Lo ha fatto di nuovo ieri, inaugurando un account Twitter a proprio nome. Un atto simbolico che ha suggellato la sentenza emessa nella stessa giornata.


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