Architettiverona 130

Page 1

Caterina Delaini, Massimo Falconi, Samuel Fattorelli, Alberto Ghezzi y Alvarez, Francesco Monicelli, Michela Morgante, Gianni Perbellini, Francesca Rapisarda, Gianpietro Rinaldi, Nicola Tommasini

CONTRIBUTI FOTOGRAFICI

Lorenzo Linthout, Marco Toté

130

Anna Braioni, Guido Pigozzi, Fabrizio Quagini, Federica Provoli

REDAZIONE

ART DIRECTION, DESIGN & ILLUSTRATION

SI RINGRAZIANO

Consiglieri Andrea Alban, Michele De Mori, Andrea Galliazzo, Roberta Organo, Fabio Pasqualini, Francesca Piantavigna, Leopoldo Tinazzi, Paola Tosi, Enrico Savoia, Alberto Vignolo

Gli articoli e le note firmate esprimono l’opinione degli autori, e non impegnano l’editore e la redazione del periodico. La rivista è aperta a quanti, architetti e non, intendano offrire la loro collaborazione. La riproduzione di testi e immagini è consentita citando la fonte.

Happycentro www.happycentro.it

DIRETTORE Alberto Vignolo

• Presidente Matteo •Faustini VicePresidenti Paola Bonuzzi Cesare Benedetti• Segretario Chiara Tenca

rivista.architettiverona.it

Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona Via Santa Teresa 2 — 37135 Verona T. 045 8034959 — F. 045 architetti@verona.archiworld.it592319

LaDISTRIBUZIONErivistaèdistribuita gratuitamente agli iscritti all’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Verona e a quanti ne facciano richiesta PERCONCESSIONARIAhttps://architettiverona.it/distribuzione/all’indirizzoESCLUSIVALAPUBBLICITÀ

Cierre Grafica Paolo Pavan: T. 348 530 2853 info@promoprintverona.it

• Tesoriere Leonardo •Modenese

L’etichetta FSC ® garantisce che il materiale utilizzato per questa pubblicazione proviene da fonti gestite in maniera responsabile e da altre fonti controllate.

EDITORE

https://architettiverona.it/rivista/ Rivista trimestrale di architettura e cultura del progetto fondata nel 1959 Terza edizione • anno XXX n. 3 • Luglio/Settembre 2022

DIRETTORE RESPONSABILE Matteo Faustini

CONSIGLIO DELL’ORDINE

STAMPA Cierre Grafica www.cierrenet.it

Federica Guerra, Angela Lion, Luisella Zeri, Damiano Capuzzo, Filippo Romano, Leopoldo Tinazzi, Laura Bonadiman, Giorgia Negri, Marzia Guastella, Nicolò Olivieri, Giulia Biondani, Federico Morati, Ilaria Sartori rivista@architettiverona.it

21

CONTRIBUTI A QUESTO NUMERO

024 EDITORIALE Questioni archigeneredi di Alberto Vignolo 028 PROGETTO Tra le curve del paesaggio di Leopoldo Tinazzi 038 PROGETTO L’affinamentodelprogetto di Nicola Tommasini 048 PROGETTO La fabbrica del vino di Angela Lion 052 PROGETTO Una cantina per Bardolino di Caterina Delaini 058 STORIA & PROGETTO Scuola dicivilearchitettura di Federica Guerra 066 INTERIORS Salus per Garda di Angela Lion 2022 #03

114

ODEON

ODEON Sulla città militare: ad esempio di Gianni Perbellini

ODEON Immagini sotto (dentro) esposte di Alberto Vignolo

ODEON Non fare la sfinge di Luciano Cenna

STUDIOVISIT OFF

096

ODEON GiuseppeattraversamentiTommasi:inquattroatti di Samuel GianpietroFattorelli,Rinaldi

23 069

ODEON Un cittadinomonumento di Marzia Guastella

La foresta che avanza di Alberto Ghezzi y Alvarez

104

QUASI ARCHITETTI Immaginare il futuro di Francesca Rapisarda

Santa Maria in Stelle, un borgo del Rinascimento di Francesco Monicelli

094

098

108

Cartoline da Monaco di Massimo Falconi

089

Viaggio in provincia: tra Illasi e Tregnago di Luisella Zeri

084

091

PORTFOLIO Ladelpersistenzacilindro di Guido Zanderigo

TERRITORIO

ITINERARIO

INTERIORS

SAGGIO

130 130

097

Domesticità fuori casa di Nicolò Olivieri

Quattro passi in centro di Michela Morgante

119

074

24

del suffisso in -éssa a far fuori la questione: perché di architettesse, vengono i brividi solo a provarne a scrivere. Certo, esiste la semplice forma femminile, l’architetta, che suona però assai scivolosa soprattutto quando si sale di numero: basta infatti che diventino già due –numero bello rotondo e sinuoso - che le architette entrano di filato nella sfera (nelle sfere) della malizia e della licenziosità. E chissà poi le filastrocche e gli scioglilingua: otto architette entravano, in fila per sei col resto di due...

Testo: Alberto Vignolo Foto: Lorenzo Linthout

Come è ampiamente noto, un tempo la figura dell’architetto era capace di riassumere in se stessa una molteplicità di competenze e di saperi, che si traducevano di fatto nella capacità di esprimersi alle diverse scale progettuali e nei diversi ambiti lavorativi che si potevano prospettare. Fin troppo facile sarebbe al riguardo citare l’abusato slogan di Rogers preso a prestito da Muthesius (si, quella del cucchiaio...).

Del resto, a ogni consonante corrispondono gusti, pratiche e modelli specifici, e anche perversioni del caso. C’è a chi piace green e chi è un adepto del paradigma “tutto nero”, ci sono quelli del “lo fàmo strano” – e mai come alle forme e

Questioni di archigenere

A questo approccio globale e onnicomprensivo corrispondeva una figura professionale che racchiudeva nominalmente tutte queste competenze sotto il rassicurante cappello del genere maschile, comprese le un tempo rare, poi sempre più numerose e oggi quanto meno paritarie figure delle architetto donne. Ecco, la trappola del genere è Inscattata!tempidi politicallly correct, di colorati e sbandieranti cortei e di consessi in cui si deve rigorosamente dare il benvenuto “alle partecipanti e ai partecipanti”, una formula come quella precedente – le architetto donne – sarebbe in primo luogo dubbia e comunque a rischio eresia. Sarà che, a fronte delle dottoresse, delle professoresse e persino delle già più incerte sindachesse, ad esempio, ci manca l’ombrello protettivo

fanno gli stili architettonici, i modi di costruire, i materiali in voga e pure il linguaggio. Un architetto donna appartenente alla generazione dei boomers rivendicheràprobabilmenteconorgoglioil suo essere architetto con la o, mentre sarà normale per una più giovane millenials chiamarsi architetta senza alcuna paranoia o imbarazzo degli interlocutori. L’unica regola a cui tener fede dovrebbe essere quella della massima inclusività: a ciascuno – anzi, a ciascuna e a ciascuno – la sua vocale, e che tutte-tutti siano liberi di usarle. Questo è in fondo il medesimo principio che informa le differenze non solo di genere, ma di attitudine professionale, di conoscenze, di specializzazione e di ambito lavorativo. A ben vedere, nel mondo degli architetti l’acronimo APPC è il corrispondente di quell’altro che impazza, quel LGBTQ che vuole dire: ce n’è per tutti i gusti e ognuno faccia quello che crede e vuole, professionalmente parlando (anche).

La prossima frontiera pare essere quella della famigerata schwa, che dovrebbe appiattire tutto in un neutro “architett Ə ” buono per tutte le occasioni: un vero incubo per la tipografia e una disperazione nella caccia del carattere sulle tastiere, dove abbiamo appena imparato a scovare chioccioline e cancelletti vari, e una improbabile pronuncia corrispondente a quella della “u”. Ma qui ci vorrebbe un redivivo Totò: Architettu sarà Lei! E allora? In realtà, il genere ha una dimensione sostanzialmente culturale, avendo a che fare con un senso di appartenenza e identificazione con i modelli sociali di riferimento. I modelli cambiano, seguono l’onda del momento, così lo

2022 #03

Le vocali, come le parole, sono importanti: ma anche le consonanti

01-02. Generi architettonici: femminile (Dijon, Francia) e maschile (Spandau, Berlino, Germania).

« L’unica regola a cui tener fede dovrebbe essere quella della massima inclusività: a ciascuno – anzi, a ciascuna e a ciascuno –la sua vocale »

agli stili architettonici la definizione pare appropriata – e feticismi di ogni tipo, dall’uso di questo o di quel materiale alle idolatrie per il Maestro del momento.

A monte di tutto questo, vi è in realtà una distinzione molto evidente e netta, che prescinde genere e orientamento e riguarda piuttosto il “sesso” di appartenenza: progettisti o funzionari? Liberi professionisti o dipendenti? E ancora, insegnanti o intellettuali benestanti e benpensanti? Con tutte le possibili ibridazioni e mescolanze bi o trans che possiamo pensare, in una festosa ammucchiata professionale, allegra e senza falsi pudori.

Ma il nostro APPC rimane un tentativo sostanzialmente forzoso: perché se si spacca il capello in quattro facendo a pezzi la figura unitaria dell’architetto (quella del cucchiaio), allora gli orientamenti

da includere sono ben di più dei cari pianificatori, sparute anime belle devote al pubblico servizio, dei paesaggisti che tutti nominano e vorrebbero e che nessuno trova – anche per la competizione o ambiguità con agronomi, forestali e simili –, e dei conservatori che non si capisce bene se siano dei topi da biblioteca chini su libri polverosi o dei restauratori che non si sporcano le unghie in cantiere. Che dire ad esempio dei moltissimi architetti di interni, o degli specialisti di sicurezza o di catasto, o dei tecnici di cantiere, o degli specialisti di costruzioni in legno, in paglia o in pizze di fango (ci saranno senz’altro)?

25 01

In fondo, bastava la grande e accogliente forma della A di architetto a comprendere tutti sotto la sua ombra protettiva. Ma erano altri tempi.

02 130

Particolare del volume produtttivo realizzato nella Val d’Alpone. Cfr. pp. 48-51 (foto di Lorenzo Linthout).

2022 #03 PROGETTO L’architettura della nuova cantina Pieropan riunisce in un unico grande volume ipogeo tutti gli spazi produttivi connessi all’arte della vinificazione e alla sua contemporanea declinazione commerciale e comunicativa Tra le curve del paesaggio 01 Progetto: A.c.M.e studio Testo: Leopoldo Tinazzi Foto: Marco Totè, Jürgen Eheim

Soave

La storia dell’azienda parte dal suo più antico vi gneto, il Calvarino, ancora produttivo, che venne piantato nel 1901. Per tutta la prima metà del seco lo scorso, la fama della cantina è cresciuta a livello locale, indissolubilmente legata alla produzione del vino Soave. Ma è stato soprattutto grazie all’opera di ricerca e perfezionamento dei metodi produtti vi iniziata da Leonildo, rimasto l’u nico erede dei vigneti di famiglia nel 1970, a rendere Pieropan un punto di riferimento a livello italiano ed inter Lanazionale.sedestorica è sempre stata a palaz zo Pullici, tra le mura del borgo an tico di Soave, ma, date le dimensioni raggiunte dalla produzione negli ulti mi due decenni, ormai era diventata troppo piccola e logisticamente sco moda. Tristemente, nel 2018, appena iniziata la genesi progettuale del nuo vo stabilimento, Leonildo è scom parso. La sua forza di innovatore si è trasferita ai figli, Andrea e Dario, che insieme alla madre Teresita hanno portato avanti il progetto di ricollocamento e ingrandimento della sede aziendale.

04.

130 29

In un’assolata mattina di inizio estate incontriamo l’architetto Moreno Zurlo di A.c.M.e. studio. Il punto di ritrovo è il cancello di entrata della nuo va sede della cantina Pieropan, di cui l’architetto è stato project manager. Il sito si trova sulle pri me colline fuori dalle mura di Soave e, ancora in fase preliminare, venne scelto dal progettista insie me alla committenza, la famiglia Pieropan, la quale rappresenta a tutt’oggi un’istituzione all’interno del mondo vinicolo italiano.

03.

La visita al nuovo complesso produttivo parte dall’esterno. È infatti a livello di inserimento pae saggistico che si trova la prima ragione del proget to, il principio generatore, il gesto fondativo. Una serie di schizzi di studio riporta alcuni disegni sti lizzati dell’intorno, in cui i filari di vigne appaiono come macchie e i perimetri di confine degli appez zamenti come linee più grosse. Questi bozzetti fan no capire come l’idea sia nata proprio guardando il paesaggio, con il fine di trovare una mediazione ar monica tra natura, agricoltura e architettura. I se

01. La facciata della cantina emerge da un taglio sottile nel profilo della collina.

02. Studio della morfologia del contesto. Veduta da sud con il nuovo vigneto posto in copertura. Schemi di inserimento nel volume costruito all’interno del suolo.

gni curvilinei dei confini hanno fornito la matrice da cui estrarre una nuova forma, che ha determina to l’aspetto compositivo del progetto. Date queste premesse, la cantina è sostanzialmente un volume ipogeo artificiale, in cui il disegno del la parte visibile dall’esterno, ovvero della facciata da cui i locali di rappresentanza e alcuni spazi pro duttivi prendono luce, riprende le forme del con testo paesaggistico. Il lungo prospetto rappresenta quindi un taglio sottile e longilineo nella collina, in cui una grande falda aggettante incornicia una serie di tagli vetrati a tutta altezza alternati a setti litici che contribuiscono a tenere in piedi l’immen sa copertura, sulla quale è stato ripiantato un nuovo

04 02 03

vigneto. La scansione delle parti vetrate con quelle strutturali è una sequenza a perdita d’occhio, data la lunghezza del fronte, in cui, ad ogni parte ve trata, succede un setto rivestito da un involucro in pietra di Vicenza dai profili sempre diversi. Questa teoria di monoliti, l’uno diverso dall’altro secondo un principio di variazione geometrica sul tema del la deformazione assiale, funziona come una quin ta teatrale le cui pieghe appaiono morbide alla luce del sole, che alzandosi e abbassandosi durante la giornata ne modifica le proporzioni. L’immagine complessiva ricorda un sistema trilitico, dichiara tamente artificiale ma implicitamente legato all’e vocazione di un mondo arcaico e in sintonia con la Ilnatura.grande sporto che accompagna tutta la facciata protegge dalle intemperie e crea ombra, accompa gnando all’ingresso della cantina in vari punti, cia scuno dei quali corrispondente a un lungo corridoio che attraversa per tutta la profondità il grande vo lume scavato nella collina. Se a livello esterno l’in tervento risponde ad esigenze compositive di inse rimento paesaggistico e di rappresentanza, a livello

06 05 2022 #03 PROGETTO 30

05. Planimetria generale.

06. Veduta dall’ingresso verso l’esterno (foto di Jürgen Eheim). curve del paesaggio

Tra le

07

interno lo stabilimento segue inevitabilmente le re gole dettate da funzionalità e logistica. L’organizzazione della cantina è infatti studiata per ospitare l’intero ciclo produttivo vinicolo, creando un flusso di lavoro ininterrotto, in cui le generose dimensioni degli spazi rendessero possibile anche un certo grado di flessibilità e adattabilità alle esi genze contingenti.

08. Il piazzale d’ingresso sul versante sud, con in primo piano le colonne lapidee che ritmano la facciata.

la facciata, per un totale di nove scompartimenti, consentendo il passaggio dei mezzi d’opera e met tendoli in comunicazione con i vari settori in cui avvengono macerazione, maturazione e imbotti Alcunigliamento.diquesti scompartimenti sono dei gioielli di architettura per la produzione, come ad esempio la sala per l’affinamento in cemento, dove uno stretto percorso si snoda tra gli alti setti delle vasche. L’a spetto industriale e, se vogliamo più ingegneristi co, è controllato e mitigato da alcune scelte, come

0809

La cantina è sostanzialmente un volume ipogeo artificiale in cui il disegno della parte visibile dall’esterno riprende le forme del contesto paesaggistico »

«

130 31

A livello macroscopico lo schema distributivo è im postato su un grande parallelepipedo (l’intero vo lume ipogeo) attraversato per tutta la lunghezza da un grande passaggio coperto, collegato ai due estremi con un piazzale di entrata e uno di uscita. Sostanzialmente, una volta varcato l’ingresso della proprietà la circolazione dei mezzi agricoli coincide con un loop che entra ed esce dalla collina. Il passaggio coperto suddivide lo spazio produttivo in due zone, a loro volta attraversate perpendico larmente dai lunghi corridoi di collegamento con

07. Sezione trasversale.

09. L’uscita sul piazzale sud della strada interna centrale.

2022 #03 PROGETTO 32 12

Alla fine della zona produttiva si approda a una se rie di tre sale dedicate all’affinamento dei vini più pregiati, in cui l’allestimento e lo studio dell’illu minazione sono da ambiente museale. È qui che ri mangono prima di essere imbottigliate le etichette fiore all’occhiello della cantina.

12. Portali scorrevoli di chiusura tra vari settori (foto di Jürgen Eheim).

Tra le curve del paesaggio

Si inizia con la prima sala, in cui matura il vino Calvarino all’interno di una serie di vasche in ce mento dalla forma a calice. La disposizione regola re e simmetrica di quelle più piccole al centro e più grandi all’esterno si combina con un assetto lumi noso soffuso, in cui le basi dei calici sono illuminate una ad una. Successivamente si passa alla seconda sala, in cui vengono affinati i vini rossi in botti di legno, per finire con la terza in cui riposa il vino bianco. Alla fine di questo spazio si trova appeso in posizione centrale ed enfatica un grande piatto do rato di circa due metri di diametro, simbolo dell’a cino d’uva, l’oggetto di culto a cui si rivolge il rito

10-11. Negli spazi produttivi l’acciaio di vasche e canalizzazioni è la materia predominante (foto di Jürgen Eheim).

10 11

quella di nascondere quasi tutto l’apparato impian tistico all’interno di vani che sono veri e propri ele menti architettonici, come gli armadi che fanno da portali tra i vari scompartimenti.

IMPRESE E FORNITORI Progress, Impresa Mantovani (opere edili) Grassi Pietre (facciata in pietra) Ecosteel (carpenteria metallica) Auroport (portoni e serramenti) Cubi (impianti elettrici e meccanici)

Progetto preliminare: 2018 Progetto definitivo-esecutivo: 2019 Realizzazione: 2019-2021

COMMITTENTE Società agricola Pieropan di Leonildo Pieropan & C.

CRONOLOGIA

130 33

PROGETTO ARCHITETTONICO A.c.M.e. studio - Raffaela Braggio, Giovanni Castiglioni, Filippo Legnaghi, Moreno Zurlo

DIREZIONE LAVORI arch. Moreno Zurlo CONSULENTI Delta Ingegneria (progetto strutture) ing. Ivan Travaglini (progetto ing.impianti)Andrea Pilati (geotecnica) ing. Michele Moschen (sicurezza)

13

13. Lo snodo distributivo tra l’ingresso, l’accesso agli uffici al piano superiore e la zona produttiva.

La nuova cantina Pieropan rappresenta un esem pio di architettura vinicola in cui una netta presa di posizione sul tema dell’inserimento paesaggistico si declina nella formulazione di un linguaggio ideato appositamente per il progetto. Il valore di questo esperimento si colloca nel repertorio dell’architet tura contemporanea, non necessariamente lega ta all’evoluzione dei linguaggi locali ma motivata dalla libertà espressiva consentita dalle possibilità costruttive attuali. In questo senso l’intervento rap presenta uno sforzo progettuale molto coraggioso, nella doppia sfida dell’innovare e del sembrare par te di un contesto antropico e paesaggistico mille nario.

14. Piante dei due livelli della zona receptionwine shop e uffici. 15-16. Il percorso dall’ingresso agli uffici (foto di Jürgen Eheim)

della vinificazione. A completare lo stabilimento si trovano gli uffici, una serie di sale per riunioni, corsi e degustazioni e, infine, il wineshop, punto di partenza e arrivo di ogni visita.

14

Tra curve del

2022 #03 PROGETTO 34 16

paesaggio 15

17

le

17. La sala l’invecchiamentoper in legno con il grande acino dorato sul fondo.

www.acme-studio.it

Negli anni di attività, lo studio si è distinto con lavori che hanno toccato ambiti diversi: il restauro monumentale e gli interventi sull’edilizia storica, il social housing e l’edilizia residenziale, l’architettura sacra, le realtà produttive e agricole con particolare attenzione alle cantine vinicole. Tra queste, la cantina Valentina Cubi (cfr. «AV» 82, pp. 18-25) , la cantina Zymé («AV» 108, pp. 16-25), il fruttaio Massimago ( («AV» 118, pp. 4045).

130 35 18

18. La sala con le botti a tulipe in cemento illuminate in maniera scenografica. 19. La collezione aziendale di bottiglie. A.C.M.E. STUDIO A.c.M.e. studio (Raffaela Braggio, Giovanni Castiglioni, Filippo Legnaghi, Moreno Zurlo) è uno studio associato di architettura fondato a Verona da un gruppo di architetti provenienti da varie università italiane (Venezia, Milano, Roma).

19

2022 #03 PROGETTO 36

22 20 21 Tra le curve del paesaggio

21-22.

20. Il grande sporto della copertura sul fronte principale. Il profilo concavoconvesso del fronte è segnato dalle variazioni geometriche delle colonne rivestite in pietra di Vicenza.

130 37

2022 #03 PROGETTO Un palinsesto di spazi chiusi e aperti legati sia ai processi di vinificazione che alla fruizione della cantina da parte dei visitatori mette in campo la dimensione temporale come materia comune a vino e architettura L’affinamento del progetto Progetto: arch. Francesco Copersino Testo: Nicola Tommasini delPeschieraGarda 01

04. Controcampo della cavea verde verso gli uffici.

02

Il tempo di questo progetto non è solo inteso come durata effettiva dei lavori, tra fasi di progetto e di cantiere (in verità piuttosto lunghi e complessi per ché legati alle condizioni particolari e peculiari dell’azienda vinicola), ma anche come attore a più livelli: antagonista condizionante alcune scelte, ma anche protagonista utilizzato e controllato dagli au tori – l’architetto Francesco Copersino, coadiuvato dagli architetti Antonio Pampani e Antonio Bon tempi – come paziente artigiano che completerà l’o L’assettopera. della cantina attualmente visibile è il punto di arrivo di diverse fasi di progetto e di costruzione che si sono alternate e sovrapposte tra loro, condi zionandosi a vicenda, ma che hanno anche permes so una progressiva “entrata in produzione” di varie attività produttive dei vignaioli, cominciate mano a mano già duranti i diversi stralci della costruzione e di vitale importanza nell’economia dell’azienda. Alcune coordinate temporali. È del 2014 l’acqui sizione di circa 5 ettari di terreno vicini alla sede storica dell’azienda agricola, interessati da un pre esistente fabbricato rurale. Si comincia subito con la conversione dell’area, con l’impianto di nuovi vi gneti e la realizzazione degli uffici commerciali e amministrativi e degli spazi di vendita parzialmente ricavati nel fabbricato esistente, di cui si comincia un robusto restyling e ampliamento. Vengono rea lizzate alcune incisive opere di movimento terra che hanno mirato al recupero della topografia originaria del luogo e al riassetto delle linee di drenaggio del terreno, riportate verso il vicino laghetto del Frassi no. Si procede inoltre al primo importante scavo a nord dell’edificio esistente per la realizzazione del fabbricato parzialmente ipogeo della barricaia di in Siamovecchiamento.nel2016, la cantina prende forma e commit tenza e progettisti, stimolati dalle prime realizza zioni, revisionano l’impianto di progetto. Si aggiun gono nel programma funzionale nuovi futuri spazi

03 04

produttivi e, con essi, gli architetti ragionano sulle relazioni tra i volumi attraverso gli spazi aperti e il verde, che cominciano ad assumere, con la loro te atralità, un carattere di centralità nella composizio ne e nell’idea del percorso “espositivo” della cantina. Il 2017 vede un avvicendamento nell’impresa edile e l’inizio in campo del secondo stralcio di opere. I progettisti cominciano parallelamente a lavorare sul terzo stralcio: il fabbricato per la vinificazione e la tettoia per la vendemmia. Anche in questa fase vari ripensamenti portano a smontare e rimontare, nuo vamente, l’impianto di Siprogetto.giunge al 2019, men tre si completano i fab bricati del terzo stralcio parte la avutocontoleAvventuralitàpletamentoglibricatodeldell’imbottigliamentodell’ultimo:progettazioneilfabbricatoemagazzino,ilfabdeiserviziperoperatorieilcomdellaviabiovest.progettuaecostruttivadicermoltocomplessa,unprogettochehabisognodilun

01. La cavea verde verso il fronte della barricaia.

02-03. Ortofoto prima e dopo l’intervento.

130 39

La lunga costruzione della nuova cantina Ottella in un’area di recente acquisizione in località Boschetti a Peschiera del Garda è un’esperienza su cui il tem po ha giocato un ruolo chiave, fatto di per sé già interessante per una cantina vinicola dove esso rap presenta uno dei “materiali” di lavoro più importanti e nascosti.

05. Scala esterna in cor-ten di accesso al piano superiore del fabbricato preesistente.

08 L’affinamento del progetto 1 23 54 76 8 99 10 11 12 11

06. Percorso scoperto tra volumi della 07-08.cantina.Planimetria generale piano terra (1. uffici e sala riunioni; 2. degustazioni; 3. magazzino; 4. imbottigliamento; 5. magazzino pieni; 6. vuoto su vinificazione botti alte; 7. vendemmia e presse) e piano seminterrato (8. barricaia; 9. vinificazione botti basse; 10. vinificazione botti alte; 11. locali tecnici; 12. collegamento uffici).

2022 #03 PROGETTO 40 06 0705

CRONOLOGIA Progetto e Realizzazione: 2014-2020 09 « Questo progetto inserisce in maniera coerente Ottella all’interno della contemporanea idea di cantina aperta » 09. Controcampo del passaggio tra i volumi di cemento ricoperti di verde con la scala in cor-ten.

CONSULENTI ing. Giovanni Montresor (progetto e d.l. strutture), ing. Fabio Valentini (progetto strutture in legno), per. ind. Riccardo Caleffi-Studio Progetti Integrati (progetto impianti elettrici), ing. Alessia CanteriUniteck (ingegneria ambientale), ing. Giovanni Spellini (acustica), S.T.A. Società Trattamento Acque (progetto impianto depurazione), Sordato (progetto impianti di cantina)

IMPRESE E FORNITORI Vecchio Costruzioni (opere edili), Costruzioni Allegri (opere edili), Imolalegno (opere in legno), Cbmetal di Bonatti e Castrini (serramenti e opere in ferro), Bettari (carpenterie metalliche), Mombrini (pavimentazioni interne), S.T.A. (impianto di depurazione), Sordato (impianti di cantina), Garda Impianti (impianti elettrici) Santigaro Giardini (opere in verde)

ghi tempi di decantazione e affinamento, ma che hanno portato a un risultato finale estremamente interessante, in cui si sovrappongono diversi temi progettuali – da un uso esclusivo di materiali nobili e grezzi non lavorati a calibrati intrecci tra spazio interno ed esterno – con una forte carica teatrale e scenografica. Essa porta questa cantina ad essere in qualche modo affine, nell’idea e nel carattere del lo spazio proposto, a un museo, dove il percorso espositivo interno è una promenade per visitare in successione i diversi spazi, studiati per rac contare ai visitatori, non senza soluzioni dalla forte carica artistica ed espressiva, le diverse anime del lavoro di cantina e l’immagine commerciale dell’azienda. Si inserisce qui l’interessante contributo delle ope re dell’artista tedesca Julia Bornefeld (vincitrice del Premio Arte Contemporanea Ottella for GAM ad ArtVerona 2017) le cui opere sono disposte lungo il

percorso esterno e in pochi calibrati punti interni. Il suo è un contributo dall’animo femminino, dove roso contrappeso agli spazi robusti, decisi e conno tati da una forte carica materica grezza pensati dai Tuttaprogettisti.lacantina oggi – comprensiva degli edifici e delle zone produttive e della parte di ospitalità e vendita e amministrazione – ha una dimensione e una complessità archi tettonica notevole, ma è sorprendente la capa cità del progetto di mi tigarne l’impatto visivo attraverso poche mos se. La prima è quella di interrare quasi intera mente buona parte delle zone produttive (per sfruttare anche l’inerzia ter mica del sottosuolo nel controllo delle temperature interne), la seconda è l’utilizzo di un verde di pro getto e con esso del tempo. Il verde cresce e ricopre in maniera controllata e calibrata i volumi, legando l’immagine del costruito sempre più alla terra, alla

COMMITTENTE diOttellaFrancesco e Michele Montresor

PROGETTO ARCHITETTONICO E DIREZIONE LAVORI arch. Francesco Copersino COLLABORATORI arch. Antonio Pampani arch. Antonio Bontempi

130 41

vinificazione (botti basse e alte) e tettoia vendemmia.

Un grande taglio sulla facciata illumina la prima parte della sala, ben presto però lo spazio si allunga verso la parte più interna e ombrosa dove le botti a

Da qui comincia il percorso. Attraverso una scala in cor-ten si scende in una prima sala degustazione ipogea, scura e spoglia, da cui si esce all’esterno. Tra gli spazi interstiziali ricavati tra i volumi è disegnato un percorso che attraversa alcuni profumati giardini e patii e porta verso l’ingresso della barricaia, posto programmaticamente a diventare il proscenio della grande cavea verde che risolve il dislivello verso lo spazio di arrivo del percorso principale. È il pun to centrale del percorso, la vera “sala principale” del museo messo in scena dal progetto.

11. Sezione trasversale sui invecchiamento,fabbricati

12. Prospetto est: da sinistra, wine shop, uffici e fabbricato invecchiamento.

10

Il fronte della parte amministrativa e dello shop è un volume che emerge dall’edificio preesistente. Pesan ti e profondi portali in cor-ten scandiscono le aper ture degli uffici, internamente dominati dai colori scuri e terrosi del pavimento in calcestruzzo grez zo brunito. La sala degustazione, funzionalmente collegata agli uffici e posta sul lato sud, è ricavata all’interno del volume preesistente, le cui aperture ad arco sono state chiuse da scandole in legno grez zo che lasciano filtrare la luce verso un interno om broso e fresco.

L’affinamento del progetto 11

2022 #03 PROGETTO 42 12

10. Impaginato grafico per gli elementi di connessione e passaggio tra barricaia e vinificazione.

vigna e ai colori del passare delle stagioni. Una prima mossa del progetto è stata, come detto, la revisione della topografia originaria, con un grande scavo nell’area a nord e all’impianto di un primo vi gneto dalla forma a fagiolo nella parte centrale an tistante l’edificio preesistente. Questo vigneto è la prima immagine che si ha della cantina entrando nella proprietà, e il percorso circolare che lo disegna orbita attorno alle nuove vigne, si allontana e si ri avvicina all’edificio principale, costeggiando i fronti ciechi in cemento delle nuove strutture, su cui il ver de rampicante si colora di verde e di rosso e disegna nella stagione invernale sottili vene.

COPERSINOFRANCESCO

13. Volumi tecnici e produttivi visti dall’accesso principale. 14. La sagoma a boomerang della tettoia di copertura dell’area destinata a vendemmia e presse.

www.copersinopartners.it1314

Nato a Capurso (Bari) nel 1954, studia architettura a Firenze e si laurea nel 1978 con una tesi sull’architettura bioclimatica sul Lago di Garda sotto la guida di Giuliano Maggiora, architetto, filosofo e semiologo. Dal 1982 inizia il percorso di libero professionista occupandosi della progettazione di interni residenziali, commerciali, ricettivi e produttivi, tutti indistintamente caratterizzati da una forte sintonia con i temi contemporanei della ricerca, sia in campo funzionale che nell’uso dei materiali. Negli anni Novanta lavora in alcuni paesi europei (Parigi, Belgrado, Mosca) e nel 2002 si affaccia alla Cina con alcuni lavori di ristrutturazione e interior design. Tra i progetti completati o in corso d’opera, le residenze Itaca a Desenzano del Garda, la Locanda del Benaco a Salò, alcuni degli interni rinnovati presso il Park Hotel a Desenzano del Garda, la cantina “Le Sincette” in Valtenesi-Lago di Garda.

130 43

L’affinamento del progetto

15

Da qui si risale; il percorso perde un pò dello stra niamento dello spazio interrato e si fa più tecnico e operativo, anche per l’uso di una geometria di pro getto più netta, regolare ed efficiente. Una piccola strada esterna distribuisce gli spazi operativi rica vati entro i grandi volumi di cemento delle zone di vinificazione, imbottigliamento e magazzino.

17

taglio finestrato.

terra si confrontano con il lampadario-scultura di Julia Bornefeld, composto da catene dorate che con il loro movimento alludono alla schiuma generata nel vino in maturazione.

15-16. L’edificio vinificazionedellainbotti

17. Il verde industrialenaturalizzarampicantelamatricedeivolumi in calcestruzzo a vista.

Tutta la cantina, gli spazi costruiti e gli spazi aperti, sono il frutto di un progetto che ci possiamo im maginare possa avere richiesto, nel suo farsi, un impegno straordinario. Sembra che la penna degli architetti non si sia mai realmente staccata dal fo glio, in un continuo e incessante lavoro di cesello e di affinamento, di rifiuto di qualsiasi tecnologia e soluzione standardizzata e industriale. Tutto è arti gianale, disegnato, tutto è su misura per quel parti colare momento e funzione, tutto è studiato per at tirare l’occhio e la curiosità del visitatore. La paletta dei materiali è fatta esclusivamente di materiali no

2022 #03 PROGETTO 44

Tutti gli spazi tra i volumi sono estremamente ric chi e densi, sono spazi in cui il verde entra in dialo go con pochi altri materiali – cemento, ghiaia e corten – ma che tengono unito l’intero sistema. Interessante notare come il verde abbia un ruolo centrale anche nell’aumentare la qualità degli spazi di lavoro. È il caso della ricchezza spaziale di cui è dotata la sala dedicata all’imbottigliamento, unico luogo dove è richiesta la presenza fissa del persona le, parallela al fabbricato degli uffici e staccata da esso da una piccola corte in ghiaia e da un lussureg giante giardino di ortensie, su cui si apre un lungo

alte: il passaggio per visitatori e veduta interna.

Il volume della vinificazione è forse l’elemento di maggiore peso visivo, con un grande vuoto a doppia altezza, di cui metà interrata, che fuoriesce dalla li nea del terreno in un grande volume scuro rivestito in legno. Sul suo retro si colloca la tettoia che ospita i concitati momenti della vendemmia e dell’arrivo delle uve in cantina: con un altro scarto di proget to, l’architettura assume un linguaggio ancora più tecnico, dominato dagli esili ed efficaci profili delle travature a boomerang della tettoia.

16

19

130 45 18

19. Scala di accesso agli spazi tecnici in copertura tra i volumi produttivi.

18. Elemento connessionedi e portale in cor-ten tra gli edifici vinificazione e imbottigliamento.

2022 #03 PROGETTO 46 20-21. Testata dell’edificio preesistente riformato, e fronte principale rivestito in scandole di legno. 22-23. L’area imbottogliamento affacciata su un giardino di ortensie. 22 23 21 L’affinamento del progetto 20

bili non lavorati: ferro, cemento, legno, vetro. Questo progetto inserisce in maniera coerente Ot tella all’interno della contemporanea idea di cantina aperta, dove l’inserimento all’interno degli spazi di lavoro di percorsi esperienziali e di visita mutuano il carattere di questi edifici verso una dimensione più evocativa e comunicativa. Tutta la teatralità del per corso diventa quindi carattere essenziale dell’espe rienza di visita, il suo svilupparsi e aggrovigliarsi tra interno ed esterno, tra luce e ombra, tra verde e ce mento, tra ferro e vetro mira non solo ad essere mero racconto del lavoro in cantina, ma anche e soprat tutto a rapire il visitatore. Il percorso mette in suc cessione scene architettoniche connotate dalla forte teatralità e riesce ad essere vibrante e coinvolgente, perché consente la totale immersione nella dimen sione materica e temporale della cantina. •

25

130 47 24. Interno della barricaia con Bornefeld.luminosal’installazionediJulia 25. Sala ipogea.degustazione 24

arch.

diMontecchiaCrosara

Foto:

2022 #03 PROGETTO

La fabbrica del vino

Testo:

Progetto: Michele Marcazzan Angela Lion Lorenzo Linthout

01

Una struttura produttiva per la vinificazione trova spazio in un contenitore a misura posto a dialogare con la vasta estensione dei vitigni che caratterizza la parte meridionale della Val d’Alpone

04 03

A sua volta, il primo volume è costituito da un ele mento centrale più alto, completamente chiuso, al cui interno sono ospitate le cisterne per la raccolta del mosto e la sua trasformazione in vino; la parte anulare, più bassa, accoglie le aree funzionali per le lavorazioni nei porticati, oltre a spazi di deposito e di servizio in un piccolo volume chiuso a due livelli posto sul fronte principale.

Nell’industria vinicola, il complesso dei locali adi biti alla vinificazione, alla lavorazione e alla con servazione del vino prende il nome di cantina: un termine che evoca spazi interrati e freschi, botti, ambiti riservati all’accoglienza e alla degustazione, e percorsi di visita sempre più importanti. La “can tina” che presentiamo di seguito, realizzata nella propaggine più estrema dell’est veronese a Montec chia di Crosara, si distingue per l’accezione del ter mine, ridotto all’essenza: di fatto, si tratta di uno spazio di produzione duro e puro, industrializzato. Come ci racconta il progettista, l’architetto Mi chele Marcazzan, il progetto nasce dall’esigenza di un’azienda locale di dotarsi di un edificio funziona le alla propria attività, un sistema edilizio che fa vorisse lo svolgersi del processo di vinificazione in maniera ottimale, riducendo spazi superflui.

02. Ortofoto dell’intervento.individuazionecon

Il tema progettuale è qui rappresentato dal concetto di ‘fabbrica’ affacciata direttamente sul vigneto »

«

Ne risulta un’architettura caratterizzata dai vuo ti sui pieni, il che conferisce leggerezza alla com posizione. I porticati creano anche una profonda ombreggiatura sul volume centrale, contribuendo a mitigare gli effetti dell’irraggiamento estivo nella stagione calda, consentendo viceversa un apporto di calore quando l’angolo d’incidenza solare è minore, nella stagione invernale.

Una macchina per fare il vino, dunque. La riflessio ne iniziale sul progetto tiene conto soprattutto del le dimensioni e degli ingombri considerevoli delle attrezzature per la vinificazione; in parallelo, l’esi genza è quella di una composizione architettonica che attenuasse il più possibile l’impatto nel paesag gio del nuovo edificio. Ciò si traduce in un impianto costituito da due volumi accostati, che corrispon dono a due successive fasi realizzative: il primo è quello più articolato e definito morfologicamente, al quale è stato poi accostato un ampliamento dalla forma elementare.

01. Veduta d’insieme della cantina.

130 49 02

03. Schizzo di studio.

04. Inserimento del manufatto nel paesaggistico.contesto

Lo spazio interno altro non è che l’involucro, quasi a filo, delle grandi botti in acciaio, direttamente col legate agli spazi coperti per le lavorazioni dove sono

Dall’esterno, l’ effetto è di sostanziale chiusura e stereometria del volume; l’ampliamento della can tina realizzato un ina seconda fase costruttiva ha accentuato tale aspetto, con una figura cubica inte

Le superfici di porte e portoni sono in legno color noce, mentre le finestre nella loro vista esterna sono caratterizzate da frangisole sempre in legno della medesima colorazione.

in acciaio visibili dall’esterno hanno una finitura corten, con un particolare ef fetto cromatico che bene si inserisce nell’insieme e nel contesto.

08. Dettaglio del rivestimento in lamiera.

07 La fabbrica del vino 05 06

Il volume interno invece è basato su un telaio strut turale in profilati di acciaio, a sostegno di una “pel le” cui è affidata l’immagine più evidente nel profilo del paesaggio. Occorre infatti ricordare che il con testo è caratterizzato dal vincolo ambientale gene rato dal torrente Alpone, e che il sito della cantina è sul limitare di un’area a vigneto a perdita d’occhio. Una pannellatura isolata con la superficie esterna in lamiera metallica corrugata è caratterizzata dall’ef fetto rame invecchiato della patinatura; nella parte superiore del volume, il corrugamento ondulato la scia spazio a una fitta sequenza di lamelle che om breggiano le retrostanti aperture necessarie all’ae razione dello spazio produttivo.

09. I materiali di progetto: cemento pigmentato e lamiera color rame ossidato.

ramente rivestita in lamiera corrugata color rame, senza alcuna apertura ombreggiata in questo caso. Le coperture piane sono una diretta conseguenza delle figure elementari della composizione, e rie scono al contempo a mascherare l’impianto foto voltaico e le pendenze per la raccolta delle acque Lemeteoriche.partistrutturali

05. Planimetria di progetto: sulla destra l’ampliamento.

07. I tagli di luce schermati da lamelle orizzontali in prossimità dei locali di servizio.

06. Veduta dell’attacco del volume realizzato nella seconda fase con quello originario.

Il tema progettuale è qui rappresentato dal concet to di ‘fabbrica’ affacciata direttamente sul vigneto; tutto il resto dell’immaginario ‘cantina’ di fatto qui non è presente. L’intorno, con le sue macchine agri cole sparse qua e là insieme ad attrezzi e strumenti vari, rende vera e viva la campagna produttiva, sen za alcuna concessione estetizzante.

2022 #03 PROGETTO 50

ubicati i macchinari destinati alla trasformazione dell’uva appena raccolta nei vigneti circostanti. Alle due figure della composizione corrispondono scelte materiche nette e caratterizzanti. Il volume esterno si caratterizza per la particolare declinazio ne di un materiale molto comune, il calcestruzzo, colorato in una tonalità terra, lavorato a vista con la trama della casseratura in legno e successivamente lavato prima della maturazione. Le superfici assu mono così un aspetto materico e cromatico simile alla pietra.

Di ‘fabbriche’ così ce ne sono in realtà parecchie, insediate dentro edifici insospettabili di matrice storica o, peggio, in anonimi capannoni prefabbri cati. La delicatezza del contesto, ed il conseguente vincolo paesaggistico, ha fatto sì che questo proget to si sia dovuto confrontare inesorabilmente con il luogo.

130 51 COMMITTENTE Posenato Carlo Alberto PROGETTO ARCHITETTONICO E DIREZIONE LAVORI arch. Michele Marcazzan CONSULENTI ing. Massimo Bolla (strutture) IMPRESE E FORNITORI Percam costruzioni, Baraldo Silvano & C., Oemmepi CRONOLOGIA Progetto e realizzazione: 2013-2014 Ampliamento: 2017-2018 08 09

2022 #03 PROGETTO Un approccio alla costruzione nel paesaggio lacustre nella proposta progettuale di Barozzi Veiga per una cantina con annessa guest house Una cantina per Bardolino 01 Progetto: Barozzi Veiga Testo: Caterina Delaini

Bardolino

ne di piccoli gioielli dell’architettura contemporanea, di cui Villa Ottolen ghi di Carlo Scarpa e Casa Pederzo li di Angelo Mangiarotti sono casi esemplari e modelli insuperati. Nel 2016 la famiglia Guerrieri Riz zardi, già intervenuta tra l’altro nel centro storico con il recupero di Bor go Bardolino (cfr. «AV» 110, pp. 3641), incarica Barozzi Veiga – studio italo spagnolo basato a Barcellona con all’attivo numerose realizzazioni in tutta Europa – di realizzare un’e stensione della propria azienda vitivi nicola.

Il contesto è quello delle pendici che salgono dolcemente verso l’entro terra: il nuovo edificio doveva quin di inserirsi nel paesaggio gardesano, fra uliveti, frutteti, vigneti, cipressi e oleandri. Questo intervento non è ancora stato realizzato, ma sono sta te rese note alcune viste e planimetrie che qui pubblichiamo e che rendono chiara l’atmosfera ricercata. Il progetto si compone di due par ti fondamentali: un primo gruppo di edifici tra via Costabella e via dei Campazzi amplia gli spazi dell’at tuale azienda vinicola, e comprende un museo, un piccolo auditorium, un punto vendita e un ristorante. Dall’al tro lato di via Costabella, un altro edificio ospita invece una piccola fo resteria con uno spazio dedicato alla degustazione dei vini per gli ospiti che vogliono prolungare la visita alla cantina.

01. Veduta dei nuovi volumi dalla corte interna della Wine Cellar.

Goethe pensava che l’Italia fosse il “regno della forma”, il luogo dove più che in qualunque altro fosse perce pibile il segno positivo del passaggio dell’uomo, dove costruzione e natu ra sono in completa armonia. Non è un caso quindi che nel suo viaggio descriva il lago di Garda come “uno spettacolo di ricchezza e di grazia”, un “maestoso spettacolo della natura”, spettacolo che, nonostante l’aumento esponenziale di edificato degli ultimi cinquant’anni, rimane ancora protet to e tutelato – nei casi migliori - an che dall’intelligenza e dall’accortezza delle politiche e dei tecnici locali. Proprio lungo le rive del lago, a par tire dagli anni Settanta, è Bardolino a diventare panorama di alcuni edifi ci passati alla storia dell’architettura. Il fascino del luogo unito alle capacità delle amministrazioni locali ha pre disposto e predispone alla costruzio

02 03

03. Controcampo della corte interna della Wine Cellar.

Il progetto diventa parte del contesto, è un oggetto che si stratifica gentilmente nell’ambiente solare del lago »

02. dell’aereaInquadramentodiprogetto nel contesto urbano.

130 53

«

Per entrambe le parti, il tema indagato dal progetto è il rapporto tra architet tura e paesaggio. Il primo nucleo vie ne immaginato su un declivio collina re che degrada verso est, in direzione della Valsorda, e si configura come un recinto contenente una serie di edi fici, chiuso verso l’esterno. Si viene a formare così una sorta di acropoli in cemento armato, un piccolo borgo _ come affermano gli stessi progettisti _ fatto di volumi puri che poggiano su un podio. Il recinto viene scandito so lamente da poche aperture trapezoi dali. Solo una volta entrati si scopre il giardino interno, un luogo silenzioso dove elementi naturali come la vege tazione e l’acqua si fondono al costrui to e creano una nuova scenografia. Il progetto per il secondo edificio in verte completamente i rapporti tra in terno ed esterno, tra costruito e pa esaggio. Si tratta infatti di un unico volume appoggiato sul pendio di via Costabella e direttamente affacciato verso il lago, un podio con un’ampia copertura piana in calcestruzzo soste nuta solo da grandi setti triangolari. Il grande volume vetrato si apre total mente al paesaggio e contiene gli ap partamenti per gli ospiti e lo spazio

Una cantina Bardolino

per

04 05

07. Modello di progetto.

05. Planimetria di progetto della Wine Cellar.

2022 #03 PROGETTO 54

04. Sezione trasversale: in evidenza la relazione tra il volume della cantina esistente, a monte, e i nuovi volumi di progetto.

06. Il volume d’ingresso alla Wine Cellar da Via Costabella.

07

130 55

06

Barozzi Veiga intuiscono che pochi ma calibrati segni possono modifica re significativamente il paesaggio. Gli essenziali volumi in calcestruzzo, ri tagliati da aperture che producono ef fetti di forte chiaroscuro, si stagliano nel paesaggio, e anziché opporsi ad esso, vi si integrano. Il progetto diven ta parte del contesto, è un oggetto che si stratifica gentilmente nell’ambiente solare del lago.

per la degustazione dei vini. Se nel primo nucleo – l’acropoli/bor go – il tentativo sembra quello di vo ler costruire un complesso comple tamente introverso e chiuso verso la natura, nel secondo edificio – la Guest House – l’obiettivo invece è quello di costruire viste e prospettive verso il lago e il paesaggio. Anche a livello strutturale e morfologico, nel borgo si può notare come le apertu re trapezoidali scandiscano le mem brature spesse delle murature in cal cestruzzo, mentre nella Guest House questo rapporto si ribalta: le facciate sono completamente aperte verso il paesaggio e ad essere triangolari sono

La ricerca dello studio è indirizzata, come affermano essi stessi, a una sor ta di “monumentalità sentimentale”

i setti di sostegno alla copertura.

(Sentimental monumentality), una ri cerca di equilibrio tra la specificità di

un luogo e l’autonomia del linguag gio architettonico. Il contesto è l’ele mento chiave e rilevante per leggere le intenzioni architettoniche dei due progettisti. Nel progetto per Bardoli no c’è il tentativo da un lato di realiz zare una continuità con il paesaggio, e dall’altro l’aspirazione a realizzare oggetti specifici e autonomi, che si pongono come elementi complemen tari al contesto, capaci di creare nuo

10

2022 #03 PROGETTO 56 09 08. Sezione trasversale e pianta della copertura della Guest House. 09. Veduta dall’interno della Guest House e l’affaccio sul lago. 10. Fotoinserimento della Guest House nel contesto dell’uliveto. 11 Una cantina per Bardolino

08

Il progetto per la cantina Guerrie ri Rizzardi si inserisce all’interno di una linea di condotta perseguita ne gli ultimi decenni per Bardolino, un approccio definito e chiaro che ha saputo fare scuola quanto meno per l’area del Garda veronese. Al di là delle considerazioni sulla scelta dei progettisti – sicuramente un nome di richiamo nella scena architetto nica internazionale –, se realizzato

130 57

avrebbe potuto rappresentare un in vestimento anche per la comunità, una good practice a dimostrazione di come una valorizzazione consapevo le (e non reazionaria) del patrimonio collettivo possa produrre bellezza e benessere. •

ve dinamiche con esso. Forse Barozzi Veiga, più di molti altri studi, riesce a cogliere, in questo come in molti altri casi, quello che è parte dello spirito dell’architettura italiana, cioè la capacità di costruire composi zioni armoniche e raffinate; invece di proporre architetture provocanti, pre feriscono abbassare i toni scegliendo di realizzare, con poche pennellate, un quadro brillante e luminoso.

BAROZZI VEIGA

www.barozziveiga.com

Barozzi Veiga, studio fondato a Barcellona nel 2004, lavora a livello internazionale su commissioni pubbliche e private, con particolare attenzione agli edifici culturali, civici ed educativi. Il loro lavoro è stato ampiamente esposto e pubblicato sulla stampa specializzata. Fabrizio Barozzi (1976) è cresciuto a Rovereto; ha studiato architettura allo IUAV di Venezia prima e in seguito presso la Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Sevilla e l’École d’Architecture de Paris La Villette. Alberto Veiga (1973), è cresciuto a Santiago de Compostela e ha studiato architettura presso la Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Navarra. Fabrizio e Alberto tengono regolarmente conferenze sul loro approccio teorico e progettuale e partecipano alle attività accademiche in tutto il mondo. Sono stati invitati a presentare il loro lavoro al MIT, Cornell University, Yale School of Architecture, IIT Chicago, Royal Academy of Arts di Londra, Berlage Institute, ETH Zürich, IUAV Venezia, University of Hong Kong e FAUP Oporto, tra molte altre importanti università e istituzioni in tutto il mondo. Nel 2020 entrambi sono stati nominati membri stranieri dell’Académie d’Architecture.

STORIA & PROGETTO 58 2022 #03 Testo: Federica Guerra Foto: Lorenzo Linthout La scuola media realizzata nel 1973 da Alessandro Casarini e Giorgio Quagini esprime l’ideale di un luogo della partecipazione e del confronto democratico SCUOLA ARCHITETTURADI CIVILE 01

VeronesePovegliano

cui si trova si oppone la scuola come centro di attività sociali aperte alla città. Numerosi sono gli esempi realizzati in ambito nazionale da parte di progettisti che diventeranno poi grandi maestri1, ma riflessi del dibattito inerente la nuova scuola si riverberano anche nel panorama veronese, dove al modello sociale ben si sposa un caratterizzante linguaggio brutalista, con l’uso sapiente e caparbio del béton brut. I più noti esempi sono le Scuole Medie Valerio Catullo di Libero Cecchini, Lauro D’Alberto e Gianni Perbellini (1967), le Scuole Elementari A. Fraccaroli di Luigi Calcagni e Luciano Cenna con Giorgio Ugolini (1972) e, in provincia, l’Istituto Tecnico di San Bonifacio di Rinaldo Olivieri (1966). D’altra parte gli anni Settanta vedono anche la piena attuazione della legge 167/62 che prevedeva, sul fronte degli interventi per l’edilizia sociale, la partecipazione degli

i

del

un

59130

attuatori tramite la cessione delle aree alle opere cosiddette “a scomputo”, in particolare per la realizzazione dei servizi complementari tra cui gli edifici scolastici. Questo darà spinta alla costruzione di innumerevoli scuole in ogni area di espansione peep, con esiti spesso molto spartani improntati a una spiccia funzionalità, che hanno lasciato in eredità un comparto edilizio oggi di difficile gestione 2 doveva diventare secondo progettisti un simbolo di modernità, un avamposto della nuova urbanizzazione paese e quindi, in definitiva, “monumento”

Gli anni Settanta rappresentano per il mondo della scuola uno spartiacque tra l’istituzione tradizionale piramidale, consolidata dalle riforme degli anni Venti del Novecento, e le nuove formule sperimentali che cercano di adeguare la scuola al modello di società che in quegli anni di grande fermento si andava affermando. Alcune di queste riforme avranno grande riscontro nel mondo dell’architettura scolastica, interpretandone le istanze e i modelli innovativi. Alle tradizionali attività educative frontali si oppongono così quelle laboratoriali, agli spazi minimali per le attività di socializzazione si sostituiscono i grandi spazi polifunzionali aperti anche alla collettività, e alla scuola come organismo chiuso in se stesso e avulso dal contesto in

»

01. basamentoL’imponentea setti in calcestruzzo, ripetuto sui quattro acaratterizzaprospetti,l’attaccoterra. 02. Planimetria allanuoval’inserimentocondellascuolarispettoVillaBalladoro. 03. Opuscolo divulgativo delle scuola.realizzazioneindidell’amministrazioneattivitàPovegliano,editooccasionedelladella 04. Veduta d’insieme: il corpo sommitale delle aule basamentale.el’alternanzaricomponedivuotipienidellaparte 02 In questo clima culturare si colloca anche la scuola media Alessandro Manzoni di Povegliano Veronese, uno dei pochissimi e riusciti esperimenti di scuole innovative fuori dall’ambito cittadino, realizzata nel 1973 dagli architetti Alessandro Casarini e Giorgio Quagini. Abbiamo incontrato i due progettisti – ora a meritato riposo – in una calda mattina di giugno presso lo studio Casarini, un’oasi di 03 04 « L’edificio

05. Prospetti e sezioni di progetto, comprendenti la soluzione per la palestra (realizzata in maniera difforme). Il volume dell’edificio risulta protetto e arretrato rispetto al filo degli imponenti setti in calcestruzzo.

05 06

06.

STORIA & PROGETTO 60 2022 #03

pace e silenzio nel cuore della città storica. Sono loro che ci hanno raccontato, oltre alla formazione, alla lunga amicizia e collaborazione professionale nel corso degli anni, l’esperienza della costruzione di quell’edificio che è rimasto nella loro carriera come esempio più alto di Eranoricerca.proprio gli anni Settanta quando Giorgio Quagini svolgeva l’incarico di tecnico comunale esterno nel piccolo paese a sud di Verona, quando in occasione della realizzazione del peep di via Pace e in attuazione della citata legge 167, si rese disponibile la vasta area prospiciente la Villa Balladoro per la realizzazione della nuova scuola media. Quagini ricorda sorridendo che, più che in stretta osservanza della legge, quell’individuazione avvenne “in salsa veronese”, cioè non come un vero esproprio ma piuttosto un accordo pubblico–privato che tuttavia riservò alla nuova scuola un luogo privilegiato e di grande pregnanza urbanistica. La localizzazione era assai delicata, tanto da

61130 07 07. Pianta del piano terra con gli uffici gliamministrativi,ambulatori, la biblioteca e le aule per le attività libere, spazi accessibili anche da utenti esterni. 08. Scorcio sull’esterno da un angolare.interpianopianerottolodiunascala 08

I progettisti non si sono piegati di fronte all’imponente testimonianza storica della villa, ma vi hanno giustapposto un nuovo caposaldo urbano, testimone di una nuova idea di società. Non per nulla il riferimento culturale è stato il convento lecorbusierano della Tourette, una struttura rigorosa e austera di un brutalismo esemplare, che ben interpretava il ruolo pubblico che si voleva rimarcare nel nuovo edificio.

spingere Quagini a chiedere la collaborazione dell’amico e collega Casarini.

I temi in campo erano molti: innanzitutto il rapporto che il nuovo edificio avrebbe dovuto avere con l’adiacente edificio storico 3 , ma anche con la nascente area residenziale che la scuola andava a servire. E poi la questione del linguaggio del nuovo edificio, in stretta correlazione col suo ruolo urbano; infine il modello educativo di riferimento che si sarebbe voluto rappresentare nella nuova scuola. Quell’edificio doveva diventare secondo i progettisti un simbolo di modernità, un avamposto della nuova urbanizzazione del paese e quindi, in definitiva, un “monumento”.

Ancora oggi sono leggibili alcune scelte determinanti che concorrono a questo forte carattere: la collocazione centrale nell’area e la perfetta rispondenza dei quattro prospetti, per non determinare un orientamento principale rispetto all’abitato; il lavoro minuzioso sulla forma primitiva del solido “per forza di levare”, con continue cavature di volumi, agli angoli e al basamento; i tagli inferti all’unitarietà del corpo di fabbrica e la possibilità, infine, di ricomposizione della forma grazie al massiccio volume sommitale delle aule; l’uso del calcestruzzo negli elementi prefabbricati della copertura, che se da un lato rientra nella scia delle nuove sperimentazioni che si stavano svolgendo in quegli anni in Italia sulla standardizzazione, dall’altra risponde perfettamente all’esigenza di monumentalità a prezzi controllati del nuovo edificio 4 . L’accesso agli spazi interni avviene attraverso quello che è, a tutti gli effetti, un luogo di sacralità laica: un ampio atrio quadrangolare

11. Sequenza di scatti relativi alle fasi di coperturaprefabbricatedelleinstallazionegranditraviadell’atrio.

centrale, a tutta altezza, un po’ agorà un po’ aula d’udienze, un po’ teatro un po’ giardino d’inverno, avvolto in una luce avvolgente proveniente dalle ampie vetrate aperte asimmetricamente sui ballatoi che per altri due piani si svolgono intorno a questo snodo centrale. Sta tutto nel ruolo di questo spazio il senso profondo che i progettisti hanno voluto dare al “monumento”: la scuola come luogo della partecipazione e dell’educazione al confronto democratico. Sono i temi che si dibattevano in quegli anni – i decreti delegati, i nascenti consigli di classe partecipati – ma qui, a Povegliano, ne abbiamo esperienza fisica Cosìdiretta.intorno al vuoto centrale si susseguono gli spazi per la didattica: al piano terra gli uffici amministrativi ma anche ambulatori, la biblioteca e aule per le attività libere, tutti spazi utilizzabili anche da utenti esterni, mentre al piano primo, raggiungibile da quattro corpi scala posizionati agli angoli, vi sono le quattro grandi aule speciali attrezzate per le attività laboratoriali e, solo all’ultimo piano, le aule tradizionali per la didattica frontale. Grande importanza assumono gli spazi

10. Il profilo dei cupolini in plexiglas sull’atrio in una veduta all’epoca della realizzazione dai tetti di un cantiere adiacente.

STORIA & PROGETTO 62 2022 #03

09. Veduta dal sotto in su della coperture a “cassettoni” dell’atrio centrale.

12. Il suggestivo spazio dell’atrio centrale, su cui fanno perno i ballatoi di distribuzione alle aule. 09

10 11

2 Cfr. F. Guerra, Come va la scuola?, in «AV» 107, pp. 36-43.

interstiziali ai volumi delle aule, piccoli ambiti fluidi a destinazione libera, caratterizzati dalla presenza della luce diretta, adatti per lo studio individuale, per la socializzazione, per l’allestimento di piccole mostre.

63130

1 Alcuni esempi sono: Maurizio Sacripanti, Scuola elementare Feal di Molfetta (BA, 1970); Gino Valle, Scuole medie di Chirignano (VE), 1976 e di Bissuola (VE) 1976; Aldo Rossi, Scuole medie di Broni (PV), 1979 e Scuola elementare di Fagnano Olona (VA), 1972.

3 Il settecentescocomplesso di Villa Balladoro è costituito dal corpo centrale del palazzo e dalle ali laterali con rustici, modificati

nelle due torri merlate nel XVIII secolo. È preceduta da un cortile e presenta su retro un ampio parco. Essa costituisce, nella maglia compatta e regolare dell’edificato, un evento urbano eccezionale, una discontinuità significativa. 4 I progettisti

Marghera.venireEdilechecoperturapièdagrandil’installazionericordanodelletravidicopertura22metrirealizzatead’operaeissateinconicarripontel’impresa–Coop.Gonzaghese–fecedaicantierinavalidi

Ognuno degli ambiti individuati adotta un diverso rapporto con l’esterno, mediato dalla presenza dei setti in calcestruzzo che orientano la veduta e lasciano filtrare diverse proiezioni della luce diurna. Così i laboratori godono del pieno sole ma risultano arretrati rispetto al filo del piano superiore, mentre le aule tradizionali sono protette dai brise soleil ; il piano terra vede protetta la privacy dalle profonde lame ortogonali alle facciate e

gli spazi di relazione si aprono in particolari cannocchiali di luce. Insomma, pare che l’architettura della scuola non sia che “il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi sotto la L’altroluce”.elemento caratterizzante l’interno dell’edificio è la presenza dei massicci “cassettoni” prefabbricati a travi incrociate del solaio dell’atrio, su cui si aprono le cinque aperture a cupolino, mentre nelle aule la struttura dei pilastri a lama articola lo spazio in modo non convenzionale, suddividendolo in ambiti ad uso diverso.

Di non secondaria importanza la presenza, nel progetto, di un secondo volume per la palestra

12

non si parlava di efficienza energetica, e che sono oggi chiaramente obsoleti dal punto di vista delle prestazioni ambientali. Ma di fronte alla suggestione che suscitano, vale la pena di interrogarsi su quanto la nostra società sia disposta a “spendere”, in termini di risorse energetiche ma anche manutentive, pur di celebrare il loro ruolo. Forse proprio in quanto monumenti risulta inopportuno attualizzarli nella loro efficienza prestazionale e, ripensando a usi meno vincolanti di quelli scolastici, accettarne l’obsolescenza in virtù del loro ruolo civile. •

con annessa mensa scolastica – poi realizzato in forme povere e poco armoniose – che avrebbe dovuto completare l’offerta di attività a servizio della scuola e del quartiere. All’epoca della sua costruzione l’edificio non godette di immediato successo, sebbene per la sua realizzazione vennero impiegate risorse economiche ingenti e si verificarono fortunate combinazioni come la riuscita collaborazione tra i progettisti, l’ingegnere Delfanti, strutturista degli articolati elementi prefabbricati, e l’Impresa appaltante, la Cooperativa Edile Gonzaghese, che si prodigò per rispondere alle richieste dei progettisti. L’imponente edificio è oggi integrato nel tessuto abitativo di Povegliano, e crea con la vicina Villa Balladoro – diventata nel frattempo di propretà comunale e in attesa di restauri con finalità collettive e culturali – una centralità urbana, una sorta di fuori scala che riafferma il ruolo pubblico dell’edificio scolastico. Rimane il problema della gestione di questo tipo di edifici, progettati in un’epoca in cui ancora

STORIA & PROGETTO 64 2022 #03

14. Veduta d’insieme della scuola in cui si evidenzia il sapiente gioco di pieni e vuoti che caratterizzano il volume.

13 14

13. La scuola e villa Balladoro fronteggianosi con pari dignità in una immagine all’epoca realizzazionedella(foto di Graziella Menichelli)

65130

0201

Salus per Garda

creando quel senso di accoglienza e di benessere che trasporta il visitato re al suo interno incuriosito dagli in tervalli volumetrici, ciascuno dei quali si contraddistingue sia per i materia li che per i colori. Ciò che colpisce è l’atmosfera quasi mistica e rarefatta: piccole ‘piazze’ dedicate a relax e con versazione si alternano ad ambienti fortemente connotati dai servizi offer ti. I volumi, imponenti come mauso lei, disegnano il luogo, suscitando nel visitatore l’interesse a seguire percorsi sensoriali volti non solo al benessere: un’esperienza da viversi liberamen

Progetto: arch. Emilia Quattrina

2022 #03 INTERIORS 66

Il rinnovo dei servizi per l’ospitalità alberghiera dà forma a uno spazio interno disegnato come una cittadella per il benessere

Ne è espressione la riforma integrale realizzata nel 2021 degli spazi della spa, che propongono agli ospiti una nuova sperimentazione di benessere, tra piacere estetico e corporeo. Svilup pato su oltre 400 mq e firmato dall’ar chitetto Emilia Quattrina, il proget to della nuova spa ha saputo dar voce alle istanze contemporanee. Lo spa zio si articola in maniera minimale

Per chi desidera regalarsi un momen to di svago sul Garda, il grande ba cino del lago è solo una delle oppor tunità, quella primigenia, a partire dalla quale le strutture per l’ospitalità hanno via via incrementato i servizi. Nel tempo, anche ciò che era innova tivo appena realizzato è entrato in un ciclo di necessario re-design, da cui il bisogno di un profondo rinnovamento sia degli standard qualitativi che de gli spazi. Entro queste coordinate di riferimento si colloca l’intervento re alizzato all’interno dell’Hotel Regina Adelaide a Garda. Aperto pionieristi camente nel 1965 agli albori del pri mo turismo gardesano, l’hotel nasce dalla conversione all’uso ricettivo di un edificio eclettico presumibilmente degli inizi del Novecento. Nel tempo, la struttura si è man mano ampliata, fino a diventare oggi un vero e proprio “albergo diffuso”. Negli anni Novan ta la proprietà realizza un importante ampliamento della struttura con una nuova ala dotata di un ampio inter rato, comprendente una piscina e una innovativa, per l’epoca, spa. Negli ultimi anni Nicolò Tedeschi, sulle orme della madre Annalisa, ha sviluppato vari interventi di rinno vo dell’hotel, come il nuovo ingres so, il restyling del giardino che acco glie la piscina esterna e la nuova area beauty&wellness al piano primo, con ferendo una nuova allure di modernità

in sintonia con l’atmosfera classica ti pica del Regina Adelaide.

Testo: Angela Lion

Foto: Stefano Bellamoli

« Alla base del progetto c’è la volontà di creare uno spazio ludico, capace di generare negli ospiti un desiderio di esplorazione »

130 67 01. Un percorso assiale tra due nicchie per le docce. 02-03. L’acqua diventa materiale da costruzione degli spazi e non solo elemento per la cura del corpo e dello spirito. 04. L’area relax è identificata da un diaframma ad archi che disegna la spazialità interna. 05. Scorcio sulla sauna finlandese. 06. Planimetria di progetto. 0403 COMMITTENTE Hotel Regina Adelaide PROGETTO arch. Emilia Quattrina, Nicolò Tedeschi PROGETTO ESECUTIVO arch. Emilia Quattrina IMPRESE E FORNITORI Errepi costruire (opere edili), Starpool (servizi SPA), Viabizzuno (progetto MGNBiasiCEAIdroemmeilluminotecnico),(progettotermotecnico),(rubinetteriaearredobagno),EmilioeFigli(marmiepietre),(intonacinaturali),Bellotti interni (arredi e infissi su misura), Roda (lettini e poltrone) CRONOLOGIA Progetto e realizzazione: 2019-2021 0506

“Alla base del progetto – racconta Emilia Quattrina – c’è la volontà di creare uno spazio ludico, capace di generare negli ospiti un desiderio di esplorazione. La scoperta di luoghi e servizi, celati attraverso una distribu zione ragionata, è modalità di naviga zione degli ambienti: aiuta a renderli propri e intimi. In sintesi, è uno spazio Innarrativo.questo senso va detto che il pro getto delle Terme di Vals di Peter Zumthor è stato per noi di grande ispirazione. Per creare uno spazio suf ficientemente libero e aperto all’inter pretazione, abbiamo preferito muo vere verso una generale monocromia, che nasconde però cura sottile nella lavorazione dei materiali. Non si im pone all’ospite, lo affianca nella navi gazione. Un’esperienza ottica e tattile: lo spazio è progettato per essere vissu to a piedi nudi”.

07. Rivestrmento lapideo per pavimento, seduta integrata e pareti del bagno turco.

08. Veduta generale dall’area benessere verso la piscina.

09. Zona riposo retrostante la sauna con affaccio sulla piscina.

te secondo una propria sequenza, ri gorosamente scalzi camminando sul calcareo marmo Biancone punteggia to di ammoniti. I materiali alternano un’adeguata tecnologia contempora nea a intellettuali rimandi a grandi classici dell’architettura: gli intonaci a calce, schiacciati o dilavati, i tassel li in marmo Giallo reale che caratte rizzano il bagno turco, gli stilemi del PerNovecento.quanto riguarda la dotazione fun zionale, oltre alla piscina riscaldata con vasca idromassaggio è presente una sauna finlandese, classicamen te realizzata con l’aromatico legno di cirmolo, una sauna mediterranea in legno d’ulivo, bagno turco, calida rium e frigidarium, e diverse aree re lax. Non manca una tisaneria con un arredo su disegno di grande calore materico, oltre all’area spogliatoi con i servizi dedicati agli ospiti.

2022 #03 INTERIORS 68

07 08 Salus per Garda 09

130 69

Foto: Eros Mauroner (studio notarile), Tiziano Cristofoli (sala polivalente)

01. Il lungo bancone che attraversa lo spazio dello studio in tutta la sua larghezza.

Studio notarile, San Pietro in Cariano

02. Pareti in ferro e vetro definiscono ambiti più riservati dello studio.

03. Dall’ingresso, veduta del bancone corrispondenzain della reception e, sul fondo, la cucina.

La produzione di uno studio profes sionale trova nel suo farsi temi e ma teriali che ricorrono, sembrano quasi inseguirsi e, pur senza diventare cifra o stile, diventano a volte elementi di riconoscibilità. È così che, andando a visitare i due casi che presentiamo di seguito, frutto del lavoro appassio nato di Simone Salvaro e Marco Gri goletti alias Blocco.18_architettura, veniamo colpiti dalla presenza di un fuoco attorno al quale entrambi i pro getti sembrano svilupparsi. Ci troviamo in due comuni limitro fi, San Pietro in Cariano e Marano di Valpolicella, dove due spazi esistenti dalla diversissima natura sono sta

Testo: Nicolò Olivieri

01 0302

ti riformati per nuovi usi. Nel primo caso la committenza era quella di uno studio notarile, le cui necessità sono sostanzialmente quelle di una serie di uffici, tra cui alcuni connotati da una dimensione rituale e “ufficiale”; il luogo è il piano terra di una palazzina di recente costruzione. L’altro caso ha interessato un ex ristorante pizzeria, da attrezzare a sala polivalente per una banca cooperativa del territorio.

Progetti: Blocco.18_architettura

Due progetti di interni per uno spazio uffici e per una sala multifunzionale ricercano un tono domestico attraverso l’uso dei materiali e la connotazione dei servizi

Domesticità fuori casa

Se Frank Lloyd Wright aveva un’idea precisa dell’ambiente domestico, che doveva avere un focolare quale ful cro della vita familiare ed elemento conviviale di relazione, da tempo è la cucina che ne ha preso il posto quale

04. Una delle sale stipula arredate con elementi dal sapore domestico. 05. Pianta generale dello studio. 06. La cucina come luogo di incontro e socializzazione per dipendenti e collaboratori dell’ufficio. 07-08. Variazioni cromatiche e materiche per i bagni. 06 Cinquanta sfumature di bianco 0504 0807

2022 #03 INTERIORS 70

perno attorno a far ruotare gli spazi di vita. La cosa singolare è che, usciti dall’ambiente domestico, ritroviamo la cucina, o quanto meno il luogo per la preparazione dei cibi e per la loro consumazione, come elemento inu sitatamente di spicco – il focus sim bolico – di funzioni apparentemente anodine come il notariato e la poli funzionalità.

L’accoglienza e un carattere sostan zialmente domestico è infatti ciò che caratterizza lo studio del notaio Alba Buonaiuto. Un forte segno distinti vo mette a sistema il progetto, sia in planimetria che nel momento in cui si accede: ecco il lungo bancone che attraversa l’ambiente in tutta la sua larghezza, una linea forte che da re ception diventa panca-seduta, e attra versando una parete vetrata entra in uno spazio più privato e si fa infine scrivania della titolare dello studio. Il grande open space è attrezzato con pannelli in ferro e vetro che permet tono di definire ambienti di lavoro indipendenti in base alle necessità. L’atmosfera domestica torna nelle sale stipula, che sarebbe meglio definire sale da pranzo: calce a parete, rovere naturale a pavimento, ampie tende in lino, importanti librerie, grandi tavo li in marmo con lampadari e sedie in legno danno la sensazione di essere in una casa. Sicuramente un’ottima stra tegia per dare serenità alla clientela e metterla a proprio agio in momen ti importanti. Le cromie selezionate dalla palette colori Kerakoll di Pie

10.

0910 PROGETTI arch.arch.Blocco.18_architetturaMarcoGrigolettiSimoneSalvaro STUDIOCOMMITTENTENOTARILE Notaio Alba Buonaiuto IMPRESE E FORNITORI Valteco CarpenteriaCostruzioni,Meghi, Pauletti superfici, Forme di Luce, Mobili Dal Bosco, Modo +, Falegnameria Zerosei, Liuni, Acquamarina, Ermecini Tendaggi, San Benedetto Group CRONOLOGIA Progetto e realizzazione: 2019-2020 SALACOMMITTENTEMULTIFUNZIONALE BCC Valpolicella Benaco Banca IMPRESE E FORNITORI Valteco Costruzioni, New P Systems, Idroair, Square, Forme di Luce, Azzolini Arredamenti CRONOLOGIA Progetto e realizzazione: 2020-2021

Valpolicella

ro Lissoni lavorano in armonia con i complementi di arredo. Ma ecco finalmente la cucina, ben visibile dall’ingresso in quanto posta dietro la reception, dalla quale è se parata da un vetro trasparente. No nostante i colori scuri, la cucina tra smette un’idea di domesticità, di un luogo dove i colleghi possono scam biare una parola e pranzare insieme. Analogamente, anche per i bagni del lo studio l’approccio è “casalingo”: forte caratterizzazione cromatica tra bianco e nero, lavandini in marmo su misura e arredi a contrasto. L’esterno dello studio è invece ripensato attra verso la negazione degli autobloccan

Sala multifunzionale BCC Benaco Banca, Marano di Valpolicella Un “lingotto” in ottone cela al proprio interno le attrezzature di cucina. La sala piccola con lo sviluppo lungo le pareti dell’elemento di arredo in ottone, parte contenitore e parte seduta.

130 71

09.

13. La sala grande configurata in modalità conferenza.

14. I bagni con il mobile lavabo in ottone.

ti esistenti, sovrapponendo un giar dino zen con pietre scure di diversa granulometria e una lunga panca in ferro che accompagna dal parcheggio

« Usciti apparentementedomestico,dall’ambienteritroviamolacucinacomefocussimbolicodifunzionianodine

»

L’altroall’ingresso.progetto che ha visto impe gnati gli architetti di Blocco_18 si trova all’imbocco di Valgatara, dove è stata allestita una sala conferenze po lifunzionale collegata alla sede della BCC Valpolicella Benaco Banca. In questo progetto di architettura degli interni ritroviamo il tema del foco lare, in questo caso custodito gelosa mente all’interno di un “lingotto” in Unottone.principio di flessibilità informa le scelte progettuali, dal momento che lo spazio polifunzionale per definizione deve poter accogliere diversi tipi di iniziative. Due sale divise da una pa rete mobile in ferro e vetro fumè sono utilizzabili in modalità autonoma o

11. La separazione tra le due sale con una quinta mobile in vetri fumé. 12. Planimetria di progetto. 12. Planimetria generale.

2022 #03 INTERIORS 72

13

1211

14

getto: oltre al mobile-cucina caratte rizza la porta dei servizi e il mobile bagno con il lavabo. Altro elemento caratterizzante è sicuramente l’im piantistica a vista, palesata dai grandi tubi del trattamento aria che dialoga no con i soffitti e con i pilastri trat tati con la stessa cromia. Di contro, anche in questo caso come nel prece dente l’uso di materiali di tipo dome stico è palpabile: ritornano elementi soffici come i tendaggi e il pavimen to in moquette, che contrastano con gli elementi tecnologici che caratte rizzano fortemente l’ambiente, e l’at tenzione riservata ai bagni li riscatta dall’essere semplici “servizi”. •

15 BLOCCO.18

www.blocco18.it

16. Nella veduta generale è evidente la voluta assonanza tra condotti dell’impianto di trattamento aria e le colonne circolari.

15. Elemento ricorrente nel progetto, l’ottone è utilizzato anche per la porta dei bagni.

130 73

16

Blocco.18 nasce nel 2008 dall’incontro degli architetti Marco Grigoletti e Simone Salvaro che, dopo aver compiuto molteplici esperienze nel campo dell’architettura d’interni, della scenografia, della fotografia industriale e del contract, hanno riunito le loro passioni in un progetto comune. Il nome dello studio trae spunto dalle block houses, sistemi costruttivi modulari in legno caratterizzate dalla semplicità costruttiva e compositiva, e dal valore (0,18) inteso come trasmittanza termica ideale. Tra i lavori dello studio, il Bike Hostel Gabanel a Bussolengo, pubblicato su «AV» 126, pp. 42-47.

congiunta per eventi di maggior re spiro. La conformazione base, con le sedute disposte nella sala più grande, può essere liberata impilando sedu te e tavoli e disponendoli all’interno di apposite armadiature. La sala pic cola presenta delle cablature a soffitto che permettono di collegare differen ti dispositivi, e può essere utilizzata come punto d’appoggio per cene o per eventuali catering grazie alle attrez zature di cucina inserite “a sorpresa” nell’elemento di arredo minimale che corre lungo il perimetro dello spazio, attraversa la vetrata divisoria e si insi nua nella sala grande. Una cucina sui generis, dunque, pensata per una di mensione conviviale e anche spetta colare legata al mondo gastronomico. L’ottone è la materia cardine del pro

Il caso originale e straordinario delle ville quattro-cinquecentesche che hanno definito, assieme all’antica chiesa parrocchiale, lo sviluppo del borgo

SAGGIO

Testo: Francesco Monicelli

Santa Maria in Stelle, un borgo del Rinascimento

01. Francesco Cornale, 29 Genaro 1735, Confini possessi Giusti in Villa delle Stelle, ASVr Fondo Campagna 154, particolare.

03. Villa Puttini.GiustiSambonifacio,PalazzodiCampagna,Montagna,GiustiSanQuiricoMontagna,Maffei,Tonelli,oggi

02

02. Veduta zenitale di Santa Maria in Stelle: A area del Palazzo Nuovo distrutto nel 1675; B Villa Giusti Puttini; C Pantheon; D Barco Giusti Bianchini; E Corte ai Casai.

A B

01

03

A questo punto si rende necessario in dagare i vari rami in cui si divisero i Giusti a partire dalla metà del Quat trocento, considerato che gli attuali Conti Giusti del Giardino rappresen tano il solo fuoco non estinto, ma che ve ne erano altri illustri e facoltosi. Secondo il canonico Carlo Carinelli (Verona 1640-1721), archivista del la Biblioteca Capitolare, storico e ge nealogista, autore del manoscritto La verità nel suo centro riconosciuta, nelle famiglie nobili e cittadine di Verona, da Carlo Carinelli, cittadino romano, cano nico veronese (Biblioteca Civica Vero na), la famiglia Giusti migra a Vero na nella contrada dell’Isolo di Sopra intorno al 1240 proveniente da Por to di Legnago. L’attività principale è quella di “radaroli”, ossia imprenditori nel trasporto di merci lungo l’Adige. Successivamente investono in attività mercantili e soprattutto nella produ zione e commercio dei panni lana, la

130 75

D E C

Ai veronesi è noto il piccolo borgo di Santa Maria in Stelle, adagiato sul versante orientale all’inizio della Val pantena, per l’ipogeo che faceva par te del complesso residenziale voluto da Publio Pomponio Corneliano nei primi decenni del III secolo dell’era volgare e successivamente convertito al culto cristiano, come testimoniano gli affreschi della fine del IV e del V secolo. Tuttavia, i più ignorano le tre ville quattro-cinquecentesche (origi nariamente erano quattro) che han no definito, assieme all’antica chiesa parrocchiale, lo sviluppo del borgo. Un caso originale e straordinario che vale la pena di essere approfondito e che vede coinvolta inizialmente la fa miglia Montagna e successivamente, in maniera determinante, quelle dei Giusti di San Quirico, dei Giusti di San Vitale alla Disciplina e dei Giusti di San Nazzaro.

principale fonte di ricchezza nella Ve rona del tempo. Nel 1360 Gomberto Giusti risulta allibrato nella contrada dell’Isolo di Sopra, così il figlio Giu sto I. Nel 1411 con Provolo I, che dal 1408 siede nel Consiglio cittadino, (figlio di Giusto I), “scapizador” os sia cimatore, ma più in generale fab bricante e mercante di panni lana, la famiglia si trasferisce in contrada San Vitale al Muro Novo (residuo delle mura urbiche comunali), un lotto di terra con due fabbricati prospicienti la strada “Comun”, la romana via Postu mia, vicino all’Acqua Morta, a ridosso del monte Castion. Al tempo si tratta di una zona periferica, anche se all’in terno del perimetro urbano definito dalla cinta muraria scaligera, adatta alle attività produttive, relativamente popolata, dove emergono i due com plessi benedettini dei Santi Nazzaro e Celso e di Santa Maria in Organo. Nel 1429 i tre figli di Provolo I, Pier

Pietra (via Ponte Pietra 5). Questi due fuochi continueranno a rimanere in trecciati tra di loro. Dai Giusti Pon te Pietra, eredi dei Giusti San Vitale Muro Novo, discendono gli attuali Giusti del Giardino. Giacomo non ha discendenza, men tre due figli di Giusto II, Lelio I e Antonio avviano altri due rami della famiglia. Il primogenito Lelio I, giu rista, giudice, podestà a Firenze e a Bologna, kavalier, morto nel 1482 in circostanze misteriose impiccato dai veronesi (Marin Sanudo, I Diarii), si trasferisce a San Quirico (via Mazzini 19) con l’acquisizione del patrimonio Montagna per il matrimonio contratto nel 1446 con Zilia Campagna, vedo va di Bonsignorio Montagna. Succes sivamente i suoi due figli, Giusto III e Zenovello, daranno origine a due fuochi separati e nel 1488 divideran no in due nuclei distinti le case di San

04 Santa Maria in Stelle, un borgo del Rinascimento 06

04-05. Portale rinascimentale nel fronte interno del rustico di villa Giusti Puttini proveniente dal Palazzo Nuovo. Scorcio della corte Giusti Puttini con la torre colombara trecentesca.

Francesco (giurista laureatosi presso lo Studio patavino a riprova della avan zata sociale della famiglia), Giacomo e Giusto II acquistano il vicariato di Gazzo nella bassa pianura veronese al confine con il mantovano. Si tratta di un fondo con sei corti agricole, seicen to ettari coltivati, bosco da legna, valli da pesca, un mulino, una pila da riso, un porto sul fiume Tartaro, una fuci na da fabbro, il diritto di riscuotere i dazi e l’amministrazione della giusti zia in prima istanza. Nel 1502 i Giusti ottengono dal Senato Veneto l’eleva zione del vicariato di Gazzo a contea, titolo di cui si fregeranno tutti i mem bri della famiglia. I figli di Pier Fran cesco danno avvio a due rami distinti della famiglia. Infatti, il primogenito Provolo II eredita le case di San Vitale Muro Novo, mentre il secondogenito Girolamo Nicola, pure giurista, pren de casa nella contrada di Ponte della

05

SAGGIO 2022 #0376

06. Gio. Batta. Pellesina, 29 Ottbre 1755 – 18 Febraro 1756, Rilievo, ampiezza, confini e rendita delle proprietà Campagna, ASVr Fondo Campagna 324, particolare. Cerchiato in rosso il barco Giusti Bianchini.

07-08. Facciata verso la corte di villa Giusti Puttini, e portale a bugnato a diamante proveniente dal Palazzo Nuovo inserito nel fronte esterno del rustico della villa Giusti Puttini, in due immagini

Questo fuoco non ha interessi a Gaz zo, ma possiede consistenti fondi agra ri a Porto di Legnago e a Fagnano. Bartolomeo, figlio di Antonio, non ha discendenza maschile, per cui fa eredi i cugini Giusto III e Zenovello Giusti di San Quirico. Sarà il secondogenito di Zenovello, Lelio II, a trasferirsi nel palazzo di via Carducci e a prosegui re il ramo dei Giusti San Vitale Disci Aplina.questo punto va ricordato Ercole, il terzogenito di Zenovello, che si trasfe risce a San Giovanni in Valle (tutto ra visibile in vicolo Borgo Tascherio 27 una casa con affrescato lo stemma Giusti) probabilmente per dissapori con il padre. Infatti, Ercole convive contemporaneamente con la moglie e tre figli legittimi, e con la “governado ra del conte” e sei figli naturali. L’unico maschio legittimo di Ercole, Giusto, si trasferirà nella contrada di Falsorgo

130 77

09 08

09. Palazzo Montagna e Palazzo Nuovo in una mappa del 1625 ASVe, Provveditori ai beni inculti, Verona, r. 74, m. 64, dis. 5, particolare.

Quirico. Oltre alle case di San Qui rico, Zilia Campagna vedova Mon tagna conferisce al marito di secondo voto Lelio I le terre dei Montagna a Santa Maria in Stelle. Al primogeni to Giusto III, giurista, resta il palaz zo Montagna alle Stelle, per cui il suo fuoco possiamo chiamarlo dei Giusti di San Quirico Palazzo Montagna. Mentre il secondogenito Zenovello costruisce a Santa Maria in Stelle in torno al 1490 una sua residenza, in lo calità Casale del lago, che chiamiamo Palazzo Nuovo, dotato di una grande peschiera-conserva d’acqua rettango lare, dando avvio al fuoco dei Giusti di San Quirico Palazzo Nuovo. Il secondogenito di Giusto II, Anto nio, prende casa a San Vitale alla Di sciplina, di fronte alla chiesa di Santa Maria della Neve o della Giustizia o della Disciplina, da cui l’antica deno minazione della attuale via Carducci.

degli anni Settanta.

07

10-12. Particolari degli affreschi di villa Giusti Puttini. Il Gerolimetto).StefanieaparticolariInveroDomenicopotrebbefrescanteessereBrusasorzi.cisonoriconducibiliNiccolòCrollalanzaaSigismondode’(fotodiCesare

no triangolare. Mentre il primo piano viene scandito da quattro finestre cen tinate. Si tratta di elementi architetto nici in pietra scolpiti con decorazioni rinascimentali. Molto raffinato anche il fianco destro dell’edificio che affac cia sulla corte, con una preziosa fine stra architravata sormontata da tim pano arcuato, e una bifora centinata. L’interno, con poche superfetazioni, conserva i pavimenti in cotto, i soffitti a travatura decorata e la ricca decora zione cinquecentesca a fresco, sia pure in buona parte sotto scialbo. Da notare la torre colombara trecentesca, il viri dario ricco di acque e l’edificio rustico di servizio che conserva uno straordi nario portale centinato rinascimentale in rosso ammonitico e un portale cen tinato a bugnato a diamante. Si tratta di elementi architettonici provenienti dal Palazzo Nuovo demolito nel 1675 per ordine del Senato Veneto per pu nire dei loro misfatti i fratelli Provolo e Zenovello Giusti, che probabilmente vi risiedevano stabilmente. Invero questo fuoco della famiglia non è insolito a prepotenze e delit ti. Infatti, Ottavio Giusti San Vitale

(via Oberdan 11) dando avvio all’omo nimo ramo, cui spetta la costruzione della villa di Vendri.

Santa Maria in Stelle, un borgo del Rinascimento

Quindi a Santa Maria in Stelle pos siamo già individuare due residenze: il Palazzo Montagna e il Palazzo Nuo vo. Il Palazzo Montagna (oggi Putti ni) è lo Iustianum indagato da Stefa no Lodi. Un edificio isolato a pianta rettangolare con tetto a due falde, in origine a portico, tamponato quando entra in possesso dei Giusti, che lo do tano in facciata di un portale centinato centrale e sul lato destro di una por ta architravata sormontata da timpa

13 1110 12

SAGGIO 2022 #0378

13. Particolare di un davanzale con lo stemma Giusti al primo piano di villa Giusti Puttini (foto di Cesare Gerolimetto).

Disciplina (1555c-ante 1593), censito come soldato, (probabile committen te dell’attuale facciata del palazzo di via Carducci 41 e comproprietario del Palazzo Nuovo con i congiunti di San Quirico Palazzo Nuovo) per contra sti con il cugino Giusto Giusti di Fal sorgo, ne incendia le case e i fienili a Gazzo e a Santa Maria in Stelle, più precisamente a Vendri. A seguito del fatto, il doge Pasquale Cicogna, con dogale del 10 settembre 1585, bandi sce Ottavio dallo Stato Veneto e ne or dina la confisca dei beni a favore del cugino a risarcimento dei danni subiti valutati in 18.000 ducati. La demoli zione del Palazzo Nuovo comporta il trasferimento dei Giusti di San Qui rico, comproprietari dell’immobile, nella vecchia corte ai Casai, sita dietro la parrocchiale di Santa Maria Assun ta. Nella mappa di Francesco Corna le del 29 gennaio 1735 (ASVr), si tro va indicata la “Casa domenicale detta delli Casali delli Sig:ri Co: Co: Gio: Battista Giusti e Cesare Nipote Giu sti habitata dalli Sud:ti Co: Co: dopo la distruzione del Pallazzo e migliora ta”. Fino a pochi anni orsono era pos sibile notare tra le due finestre a de stra della bifora centrale, uno stemma con cimiero a testa di drago. Inoltre, con la demolizione del Palazzo Nuovo nel 1675 vengono trasferiti nella corte ai Casai molti elementi architettonici di recupero. Tra questi i conci con la scritta moy∑Eion iustum (forse parte di un portale a bugnato a diamante) e un raffinato portale rinascimentale in marmo rosso di Verona con al centro della chiave di volta lo stemma a cra nio di cavallo dei Giusti e ai lati, soste nuti da nastri, due stemmi Rangoni, sempre a cranio di cavallo. Il matrimo nio tra Zenovello Giusti e la modene se Amabilia Rangoni dovrebbe essere avvenuto intorno al 1488, poco prima

15 14-15.

16-17.nellaPalazzoprovenienticinquecenteschiedaldistruttoNuovoinseriticorteaiCasai.FrammenticinquecenteschiforsediunportaleprovenientidaldistruttoPalazzoNuovoinseritinellacorteaiCasaiconinciselescritte moy ∑ eion iustum 14 1716

familiare. Tanto che alla morte pre matura del figlio Claudio (testamen to 19 agosto 1608), la moglie Ippoli ta Allegri lascia le case di San Quirico e si trasferisce con i figli nel palazzo degli Allegri in contrada San Nazza ro (forse nell’antico palazzo Allegri di via Gaetano Trezza 62 e non del gran de palazzo Allegri di via San Vitale 32). Il Barco delle Stelle viene quindi venduto ante 1622 a Giovan Battista Cervi. Con il matrimonio di Laura Cervi fu Giovan Battista con Ales sandro Noris, il barco passa a questa famiglia. Successivamente Samaritana Noris fu Alessandro, sposata a Giovan Francesco Campagna di San Benedet to, lascia, con testamento del 4 marzo 1724 e successivi codicilli, il barco del le Stelle al figlio Ruffino Campagna, nato nel 1710. Ultimo di cinque figli, Ruffino sposerà Orsola Rambaldi. Il figlio Giovan Francesco avrà una sola figlia, Samaritana, che nel 1808 spo sa Pier Luigi Peccana. È probabile che spetti a questa famiglia la costruzio ne della attuale casa padronale edifi cata in continuità del barco ridotto a soli usi rurali, ma dove sopravvivono due sale di rappresentanza un tempo di grande magnificenza. Frammenti di epoca romana

della costruzione del Palazzo Nuovo. Da notare, inoltre, la presenza di due are Dallaromane.cartografia antica (mappa del 1625 ASVe e mappa del 1748 ASVr) si può rilevare la vastità del Palazzo Nuovo a pianta quadrata, mentre la ricchezza delle decorazioni la possia mo verificare ancora oggi nella corte, che costituiva parte dell’area recinta ta antistante il Palazzo Nuovo. Infatti, sono visibili molti frammenti del pa lazzo demolito dai Veneziani: capi telli, epigrafi, pezzi di colonna, un’a ra romana. Il Palazzo Nuovo, infatti, ospitava il moy∑Eion iustum. È ipo tizzabile che conservasse molti reper ti romani provenienti dalla villa dei Pomponi, considerato che non è da escludere che sorgesse proprio sul se dime di Riassumendo,questa.

130 79

nel piccolo borgo di Santa Maria in Stelle esistono: l’an tico Palazzo Montagna (oggi Putti ni), testimonianze del Palazzo Nuovo (distrutto), il Palazzo ai Casai (oggi frazionato). Oltre a queste residenze, troviamo una quarta villa, il grande Barco Giusti (oggi Bianchini). Im ponente costruzione, mai terminata, dove sono riscontrabili, sotto il log giato a nove luci con mascheroni in chiave di volta, di matrice ridolfiana, finestre e porte con cornici identiche a quelle del pianterreno della facciata interna del Palazzo ai Casai. Il che te stimonia la contemporaneità di lavori nelle due fabbriche. Ma chi è il com mittente del barco? Probabilmente Francesco Giusti di San Quirico Pa lazzo Nuovo (1527c-ante 1583). In fatti, probabilmente, questi, in seguito a divisione ereditaria, viene liquidato della sua quota del Palazzo Nuovo. È anche ipotizzabile che le ingenti spese affrontate per la costruzione del barco, abbiano compromesso il patrimonio

Il fuoco dei Giusti di San Quirico Palazzo Montagna si estingue nella prima metà dei Seicento con Isabel la Giusti nei Sambonifacio, famiglia cui passano tanto la quota del palaz zo di San Quirico (che sarà affittato in parte all’Accademia dei Filotimi) che il Palazzo Montagna alle Stelle. I Sambonifacio non hanno interesse per il palazzo alle Stelle, e questo spiega l’eccezionale conservazione del com plesso, non compromesso da rifaci Uguccionementi-rimodernamenti.GiustidiSan Nazzaro, nato nel 1605, terzogenito di Claudio e Ippolita Allegri, sposa Angelica Bo nanome di Santa Eufemia, di cui ac quisisce l’intero patrimonio, tra cui la villa di Bussolengo. Uguccione si tra sferirà prima a Santa Eufemia e suc cessivamente (ante 1632) a San Pie tro in Carnario, dando inizio a questo fuoco. Tale fuoco si estingue nel 1819 con la morte di Uguccione Giusti To nelli, sepolto nell’oratorio di San Do nato, che aveva costruito nel 1812 in località Moroni, sopra Santa Maria in Stelle, “attiguo al Palazzino di sua vil leggiatura”. Uguccione Giusti Tonelli lascia un notevole patrimonio immo biliare alla moglie Francesca Montoli quale erede usufruttuaria. Alla morte di questa nel 1820, gli ingenti cespi ti vengono dispersi fra quasi quaranta aventi diritto. Da notare che, mentre il primogenito di Uguccione e Angeli ca Bonanome, Claudio, risiede in San Pietro in Carnario, il secondogenito Cesare, una volta sposato, va ad abi tare a San Quirico. Sono il nipote di questi, Giovan Battista, e il pronipote Cesare, i Giusti residenti nella “Casa domenicale detta delli Casali” a Santa Maria in Stelle. Le fondamenta del Palazzo Nuovo e i resti della grande peschiera, insiti su terreni di proprietà della Curia di

18. Gio. Batta. Pellesina, 26 Giugno 1748, Rilievo acque di spettanza Giusti, ASVr Fondo Campagna 337, particolare. Cerchiati in rosso i ruderi del Palazzo Nuovo distrutto nel 1675.

19-20. Fronte e interno del portico del barco Giusti di San Quirico Palazzo Nuovo poi Giusti di San Nazzaro, Cervi, Noris, Campagna di San Benedetto, Peccana, oggi Bianchini (foto di Cesare Gerolimetto).

18 1920

SAGGIO 2022 #0380

Santa Maria in Stelle, un borgo del Rinascimento

Verona, sono stati totalmente distrut ti nei primi anni Duemila per la co struzione di abitazioni in edilizia con venzionata (una vicenda, questa, sulla quale sarebbe necessario uno specifico approfondimento con tanto di nomi e date). Una accurata, quanto necessa ria, indagine archeologica preventiva avrebbe permesso non solo di trovare i resti del Palazzo Nuovo e della pe schiera, ma anche di accertare l’ipotesi che il Palazzo Nuovo, il moy∑Eion iu stum, costruito intorno al 1490 e di strutto nel 1675, sorgesse sul sedime della villa dei Pomponi.

130 81

Post scriptum

dopo la dipartita del reverendo, che un giorno di gennaio lo aveva trova to in corte che si lavava con l’acqua sorgiva. “Ma don Gastone, fa molto freddo oggi!” e don Gastone di ri mando: “Il freddo c’è per chi lo vuol sentire”.

22

Stefano Lodi, Lo Iustianum. Una villa umanistica nei pressi di Verona, in «Italia medioevale e umanistica», XXXIX, 1996.

ce dorata. Se non ricordo male si trat tava di membri della antica famiglia veronese dei Medici, da cui discen deva la madre o un suo avo. Ovvia mente rimasi colpito e affascinato dal Pochicomplesso.anni dopo, nel 1977, arrivò a Verona il professor Renzo Chiarelli con l’incarico di soprintendente del la neo Soprintendenza ai Beni Ar tistici e Storici del Veneto. La sede era alla Dogana di Terra ai Filippi ni, ben lungi da essere restaurata. Gli uffici occupavano poche stanze e lo studio del professor Chiarelli era ri scaldato da una stufa, credo a carbo ne. Gli parlai del Palazzo Montagna mostrandogli delle fotografie e orga nizzammo un sopralluogo con il mio mezzo (la Soprintendenza non ave va auto di servizio). Per l’occasione il professor Chiarelli aveva convoca to un giovane storico dell’arte appena assunto: Vittorio Sgarbi.

Camilla Mileto, Il Palazzo Dominicale di Villa Giusti-Puttini a Santa Maria in Stelle–Verona: conoscenza del manufatto e ipotesi di restauro, tesi di laurea IUAV Venezia , a.a. 1997-98.

21

22. Portale rinascimentale proveniente dal Palazzo Nuovo distrutto nel 1675 inserito in un rustico della corte ai Casai.

Il primo “incontro” con il borgo di Santa Maria in Stelle, legato ovvia mente al Pantheon, risale ai prima anni Settanta, quando con una daf 44 andavo alla scoperta del territo rio veronese. Allora nel grande bar co oggi Bianchini si accedeva molto facilmente, così al Palazzo ai Casai. Il Palazzo Montagna, poi, era abita to da un anzianissimo prete, solitario, burbero, ma ospitale. La proprietà era del signor Aldo Puttini, che abitava in una villa costruita dall’architetto Arrigo Rudi in mezzo ai vigneti (cfr. «AV» 117, pp. 86-93). Il signor Putti ni aveva comperato il palazzo con gli annessi campi da un ordine religioso, e insieme al palazzo anche don Ga stone, molto vecchio, ma che avrebbe superato i cent’anni.

Don Gastone era alto, magro, di tem pra robusta e di buona famiglia. Abi tava due stanze al piano terreno con una cucina economica, un camino, un secchiaio. C’erano però anche un bu sto settecentesco in marmo di dama e un grande ritratto di famiglia di metà Ottocento con una importante corni

21. Facciata interna della corte ai Casai, Giusti di San Vitale alla Disciplina, oggi frazionata.

Il professore fu entusiasta del com plesso e diede incarico al giovane funzionario di predisporre due vinco li, uno per gli edifici, in accordo con la Soprintendenza ai Beni Architet tonici e Ambientali, e uno per gli in terni affrescati, specificatamente di competenza della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici. Ricordo la meraviglia del professor Chiarelli per il portale a bugnato a diamante di ti pologia ferrarese (proveniente dal di strutto Palazzo Nuovo). Il professo re commentò: “Era nota la presenza a Verona di un allievo di Biagio Ros setti, questa ne è la testimonianza”. In seguito a questo, il professor Chiarelli mi offrì l’incarico di Ispettore onora rio. Stupidamente rifiutai: ero laurea to da poco e pensavo di andare chissà Riguardodove… a don Gastone, il compian to signor Puttini mi raccontò, anni

Sac. Germano Alberti, Cenni Storici della vecchia e della nuova chiesa di San Donato in contrada Maroni di Valpantena, Verona, Arti Grafiche A. Chiamenti, Via Tezone n. 4, 8 ottobre 1917.

Cenni bibliografici

2022 #03

La partecipata visita agli interventi di Giuseppe Tommasi a Castelvecchio. Cfr. pp. 84-88 (foto di Gianpietro Rinaldi).

L’Arena, oggi usata come un teatro, può diventare un teatro? Attorno a questo interrogativo “Ci mette il becco LC” nel consueto filo diretto con «AV»

La foresta che avanza

94.

Un contributo al dibattito sull’eredità del patrimonio militare di Verona a partire dagli esiti del convegno sul tema pubblicati nello scorso numero della rivista

Nel decennale della scomparsa dell’architetto un’iniziativa per raccontare attraverso l’esperienza diretta la sua opera e inaugurare un progetto più ampio di studio e valorizzazione del suo lascito

Immagini sotto (dentro) esposte

89.

Gli studi e gli esiti dei primi cantieri di restauro del Lazzaretto di Verona in un volume propedeutico al suo auspicato integrale recupero

Giuseppe inattraversamentiTommasi:quattroatti

84.

96.

Il «canneto partecipato» di Maria Grazia Eccheli all’interno della manifestazione “Bosco in città” come contributo alle iniziative del progetto Ri-Ciak per un cinema di comunità a Veronetta

91.

Non fare la sfinge

Una riflessione in margine alla mostra fotografica promossa da Fondazione Cariverona e incentrata sui suoi infiniti cantieri

ODEON 83130

97.

Un monumento cittadino

Sulla città militare: ad esempio

Nel decennale della scomparsa dell’architetto un’iniziativa per raccontare attraverso l’esperienza diretta la sua opera e inaugurare un progetto più ampio di studio e valorizzazione del suo lascito

Foto: Gianpietro Rinaldi

Testo: Samuel Fattorelli, Gianpietro Rinaldi

84 2022 #03

Giuseppe attraversamentiTommasi:inquattro atti

ODEON 85130

Tommasi con la sua opera lascia una lezione completa ed esemplare di architettura: risulta evidente la sua propensione a considerare la reinterpretazione della tradizione classica, con cui si pone in costante rapporto, come norma per l’architettura moderna; nelle sue opere le citazioni di elementi si combinano con la rigorosa razionalità geometrica, con l’onestà della ricerca su forme, tecniche e scelte dei materiali. Quest’anno il gruppo di lavoro “Archivio Giuseppe Tommasi” si chiedeva come rendere omaggio all’architetto nel decennale della scomparsa. Le condizioni ancora incerte legate alla pandemia non hanno agevolato e permesso l’organizzazione di una mostra a lui dedicata; mostra che rimane comunque un progetto in cantiere per il futuro. Le opere, le testimonianze e gli scritti di e su Giuseppe Tommasi hanno trovato spesso spazio su questa rivista che ha ampiamente dato valore al lavoro dell’architetto; è sembrata quindi un’ottima occasione condividere la volontà di ricordarlo proprio con «AV», trovando subito disponibilità e interesse in merito. Alberto Vignolo ha avuto l’idea di celebrare la ricorrenza proponendo alcune visite a quattro opere significative dell’architetto, quattro luoghi simbolo dell’esperienza professionale di Tommasi, per entrare in stretto rapporto con le architetture attraverso il racconto di profondi conoscitori, collaboratori, amici e committenti. Un anniversario itinerante per guidare i visitatori attraverso i luoghi, utilizzando

MUSEO DI CASTELVECCHIO

01. Un momento al teatro privato a Sanguinetto: i visitatori partecipano al racconto del progetto. 02-04. Visita all’allestimento della statua di Mastino II del Museo di Castelvecchio: dal cortile del museo e all’interno della Torre dell’Orologio.

Apartire

La prima tappa degli Itinerari si è svolta al Museo di Castelvecchio, e si è aperta con i saluti di Antonella Arzone che ha accolto i visitatori, facendo le veci di Francesca Rossi cui va un ringraziamento sentito per il supporto all’iniziativa nel Museo, luogo che ha interessato un’importante collaborazione di Tommasi, iniziata nel 2000 e purtroppo interrotta nel 2012. Paola Marini, allora dirigente dei Civici

dalla pubblicazione della tesi di Alessandro Merigo e Gianpietro Rinaldi, “Giuseppe Tommasi - L’arte della professione” (2015), si è formato e consolidato un gruppo di interessati tra cui familiari, collaboratori dell’architetto e studiosi che si è prefissato lo scopo di occuparsi della divulgazione e del mantenimento dell’archivio e dell’opera di Giuseppe Tommasi (1948-2012), una personalità di rilievo della cultura architettonica italiana tra XX e XXI secolo. Veronese di nascita, studente al Politecnico di Milano e all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, l’architetto è entrato in contatto con la lezione di Aldo Rossi e, prima come allievo e poi come collaboratore, con Carlo GiuseppeScarpa.

non solo parole e occhi ma anche gambe, orecchie, menti e cuori. Quattro esempi molto diversi nel contesto e nell’intervento, ma in fondo facce della stessa L’iniziativamedaglia.“Giuseppe Tommasi: Itinerari” si è svolta in due sabati, il 28 maggio e l’11 giugno, ed è stata promossa dall’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Verona con la collaborazione di Museo di Castelvecchio - Musei Civici di Verona, Amici dei Civici Musei di Verona e Archivio Giuseppe Tommasi.

03 02 04

Musei d’Arte e Monumenti, ha guidato la visita portando alla memoria le tracce lasciate dall’architetto nei lavori svolti sull’intero complesso, raccontando dagli inizi il rapporto di Tommasi con il museo, con l’allestimento della mostra su Carlo Scarpa curata assieme all’amico Guido Pietropoli, alla costituzione del Comitato Paritetico e con i preziosi fondi regionali che hanno dato avvio a un lungo periodo di valorizzazione e restauro del museo. Nel percorso si è potuto entrare in contatto con i vari episodi dove è intervenuto con precisione artigianale Tommasi, dagli aspetti più tecnici ma fondamentali, come il passaggio di nuovi impianti, il restauro degli intonaci, l’inserimento di un ascensore, fino all’allestimento nella torre Ladell’orologio.visitaèstata un susseguirsi di racconti e testimonianze di professionisti che hanno partecipato al restauro del museo, che hanno fatto emergere la capacità di Tommasi di lavorare in un luogo con così tante complessità. Carlo Poli ha ricordato come grazie alla presenza di Tommasi si sono potuti coinvolgere gli stessi artigiani e maestri del settore che avevano lavorato al restauro scarpiano, come Guido De Luigi per il restauro degli intonaci che ha fatto “respirare” nuovamente l’odore dell’olio di lino cotto degli stucchi.

05-06. Visita al B&B Pianaura Suites a Marano di Valpolicella: l’estradosso dei volumi ipogei e il giardino formale.

L’Informatore Agrario: l’impluvio dell’atrio e la facciata dell’edificio.

Cuore della visita è stato il racconto dell’allestimento progettato da Tommasi nel 2006 della statua equestre di Mastino II nella Torre dell’Orologio con il recupero dei camminamenti e del giardino segreto: il solaio di pietra di Prun e acciaio cor-ten si sviluppa su tre lati affacciandosi sul vuoto sottostante, questo è sorretto da puntoni color minio che evocano l’impalcatura lignea che venne realizzata per la mostra “Il luogo della forma” di Gianfranco Pardi nel 1981. Da un preciso punto del solaio della torre si possono contemplare entrambe le statue: Mastino si osserva frontalmente mentre Cangrande si può scorgere in lontananza tramite l’apertura preesistente. Maurizio Cossato e Guido Pietropoli ricordano come l’intervento per la statua del signore scaligero sia giunto attraverso un pellegrinaggio da interventi minimali, dialogando con l’intervento di Scarpa, offrendo al visitatore visioni alternative e instaurando così un continuo dialogo silenzioso tra i due Signori Scaligeri e l’opera scarpiana. In conclusione Alessandro Tommasi, Gianandrea Gazzola e Maria Girelli Bruni hanno parlato delle innovazioni progettuali, alcune rimaste ancora un sogno, come la “vela” a protezione della statua di Cangrande che grazie a dei contrappesi si sarebbe dovuta aprire durante la notte, altre invece sperimentate, come i sistemi di illuminazione della galleria e di restauro degli infissi.

07-08. Visita alla sede del giornale Edizioni

86 2022 #03

0507 06

L’arrivo è emozionante: ci si trova davanti un prospetto dalle proporzioni classiche in un contesto industriale nato e sviluppatosi senza alcuna logica di progetto. Elena Rizzotti, presidente della casa editrice, ha accolto i visitatori e riassunto la storia della rivista e raccontato la necessità di nuovi spazi che portarono nel 1994 al progetto di Tommasi (1994-1995). La visita è stata guidata da Damiano Zerman, collaboratore dell’architetto negli ultimi vent’anni, che spiega come il progetto della facciata prenda ispirazione dal Seminario Vescovile di Feltre, di cui Tommasi reinterpreta i rapporti neoclassici in chiave contemporanea: dal bugnato del basamento alla partizione in sette della parte superiore con colonne e pieni laterali degli ordini a definire la loggia trapezoidale; inoltre l’edificio originale, un semplice manufatto industriale, non era allineato alla strada.

EDIZIONI L’INFORMATORE AGRARIO

verso il paesaggio, la scala interna – un “mobile” che arreda lo spazio – racchiude la moderna impiantistica che nella pianta seicentesca originale non era certo prevista; nelle opere murarie e nelle finiture si ritrovano materiali e tecniche della tradizione sapientemente posati dagli artigiani Gliscelti.spazi verdi vengono progettati da Alberto Ballestriero che utilizza sulle svariate balze essenze autoctone sviluppate secondo diversi gradienti di naturalità, dalle siepi di bosso al prato di graminacee. Degli esterni e degli interni si è goduto pienamente nonostante il pomeriggio grigio e piovoso grazie alla qualità dell’ambiente dove l’ospitalità è connaturata anche grazie alla cura di ogni dettaglio da parte dei proprietari.

ODEON 87130 08

La visita a Pianaura, una contrada sulle colline di Marano di Valpolicella, ha offerto un’ulteriore sfaccettatura del lavoro di Giuseppe Tommasi: il capitolo dedicato alle residenze private. Il progetto ha previsto la riforma – termine che l’architetto preferiva rispetto alle definizioni da Testo Unico, come ricorda il suo collaboratore Luigi Rodighiero – dell’antica contrada agricola. I proprietari e committenti Mara e Filippo Turco hanno condiviso l’esperienza delle fasi di lavoro e del cantiere realizzato in due momenti tra il 1998 e il 2010 a dieci anni di distanza, dieci anni che segnano anche le diverse esigenze della committenza che cercava per la prima fase, la torre, un ambiente rurale minimalista e per la seconda, la porzione retrostante, destinata anche a B&B, un approccio moderno dell’abitare. L’impronta di Tommasi in questo progetto è evidente in ogni punto si volga lo sguardo: spazi “a misura d’uomo” come ci tengono a ricordare i committenti, aperture come dei piccoli scorci

B&B PIANAURA SUITES

L’entrata incontra un’infilata di spazi dove emerge una forte orizzontalità; il percorso si dipana in tre momenti partendo dall’esterno: l’architettura (il prospetto), la natura (l’impluvio), per finire la cultura (la biblioteca). Attraversata la soglia, l’asse principale conduce al grande atrio interno dove al centro troviamo un pozzo di luce che va a illuminare uno spazio progettato da Alberto Ballestriero con un labirinto ispirato a quello rappresentato a Palazzo Ducale a Mantova, che originariamente doveva ospitare dei giochi d’acqua, e un giuggiolo. Successivamente si arriva alla corposa biblioteca della casa editrice progettata interamente dall’architetto. Oltre la sala una porta semitrasparente con alle spalle una parete bianca richiama la continuità dell’asse principale su cui sono distribuiti gli spazi di lavoro. Gli uffici sono disposti secondo un’attenta alternanza di volumi che consentono all’illuminazione naturale di rompere il fondale prospettico del corridoio per offrire a chi lo vive uno spazio confortevole. Salendo al piano primo, quattro colonne in rame richiamano alla mente l’idea di due ariose logge,

Nella seconda giornata di questo percorso-racconto di architetture dal vivo ci si è recati alla sede de L’informatore Agrario, storica realtà editoriale veronese fondata nel 1945 da Alberto Rizzotti.

TEATRO PRIVATO

Abitazioni, laboratori e centro sociale a Sandrà, in «AV» 81, 2008, pp. 62-65

A. Merigo, G. Rinaldi, Il mondo del possibile, in «AV» 105, 2016, pp. 24-27

G. Iacometti, Urbanistica nell’architettura, in «AV» 81, 2008, pp. 66-67

A. Masciantonio, Giuseppe Tommasi e i disegni per casa Ottolenghi, in «AV» 92, 2012, pp. 74-76

M. Bondavalli, Opera prima, ultima dimora, in «AV» 99, 2014, pp. 22-25

L. Sagramoso, Dal Bucintoro all’aerostato, in «AV» 91, 2012, pp. 102-103

D. Zerman, Tre progetti incompiuti, in «AV» 91, 2012, pp. 98-101

N. Brunelli (a cura di), Alcune opere di Giuseppe Tommasi, in «AV» 91, 2012, p. 88

N. Brunelli, Una vela per Cangrande, in «AV» 86, 2010, pp. 100-103

La facciata di San Nicolò, in «AV» 80, 2007, pp. 72-73

Scritti18-25suGiuseppe

09 10

09-10. Visita al Teatro privato di Sanguinetto: particolare della gelosia in mattoni verso il giardino (foto di Alessandro Tommasi) e l’ingresso.

Il collocamento della statua di Mastino II nella torre dell’orologio di Castelvecchio, in «AV» 80, 2007, pp. 38-45

Sull’abitare il tempo, in «AV» 81, 2008, pp. 81-82 Una civile educazione, in «AV» 83, 2009, p. 55

La modernità della tradizione, in «AV» 88, 2011, pp.

L’ingresso al piccolo teatro ellittico in legno (1993-1994) inserito in un vecchio magazzino agricolo a Sanguinetto (VR) appare da subito come un’esperienza fuori dall’ordinario. I misurati passaggi che portano al teatro, alla cavea e agli spazi segreti fanno immergere passo dopo passo il visitatore in una dimensione fuori dal tempo, dove il mondo classico e contemporaneo si fondono, nuovamente. Il teatro è costruito in legno e come nell’anfiteatro romano vi è distacco tra arena e gradinata che in questo caso avviene mediante un criptoportico. Umberto Polazzo, amico dell’architetto e committente, racconta ai visitatori la riforma dell’antico magazzino agricolo. L’arte, il mistero e la storia vengono tradotti in forme, materia e spazio dove riverbera il mito, come emerge da un dialogo tra Umberto Polazzo, Luigi Scapini e Gabriel Sala ai quali le caratteristiche del luogo, affini al modello di teatro anatomico richiamano alla mente «il bianco gesso di cui sono cosparsi i sette titani che smembrano

88 2022 #03

L. Rodighiero, I ferri del mestiere, in «AV» 91, 2012, pp.88-94

A. Vignolo (a cura di), Frammenti di un discorso sul verde - Giardino in collina, in «AV» 87, 2011, pp. 60-61

N. Brunelli, Una vela per Cangrande, in «AV» 94, 2013, pp. 22-23

A. Di Lieto, S. Menon, Una torre tira l’altra, in «AV» 94, 2013, pp. 10-15

valorizzando il corpo scala e il percorso distributivo che si sviluppa sui lati del cortile interno. I quattro prospetti sono scanditi da lesene ad architravi in alluminio dove, al loro interno, i serramenti di colorazione verde spariscono nell’ombra.

A. Masciantonio, Discrezione, proporzione, dettaglio, in «AV» 113, 2018, pp. 18-27

GIUSEPPE TOMMASI SU «AV»: UNA BIBLIOGRAFIA

Tommasi

L. Scapini, La formazione di un maestro architetto, in «AV» 91, 2012, pp. 104-105

il corpo di Diónysos, ricomposto in un corpo femminile». Sala cita anche Giulio Camillo Delminio e la sua “idea del theatro” che in questo progetto si manifesta. Luigi Rodighiero ricorda le sperimentazioni dell’uso dei materiali, la messa in forma dei modelli disegnati in studio e il percorso, dall’immaginazione alla realizzazione dell’opera. Le quattro visite hanno reso i partecipanti osservatori attivi delle architetture di Tommasi, che seduti sulle gradinate del teatrino sono diventati parte vivificante dell’architettura, figure perfettamente accolte dal luogo, spettatori di se stessi e dell’ospite invisibile al centro del teatro: lo spazio, vuoto e silente, che trova definizione con la forma architettonica.

Scritti di Giuseppe Tommasi

L. Rodighiero, Neoclassico industriale, in «AV» 91, 2012, pp. 94-97

Un monumento cittadino

definito il “cantiere della conoscenza”. Si tratta del progetto promosso dal Fai e dall’Università di Verona il cui esito è riportato nel volume dal titolo Il Lazzaretto di Verona. Storia di un monumento cittadino, presentato lo scorso giugno a Palazzo della Gran Guardia. Il lungo lavoro di ricerca è stato avviato dopo l’accordo tra il Comune e il Fondo Ambiente Italiano al quale, nel 2014, era stata affidata la gestione del monumento (cfr. «AV» 100).

In questi anni il Fai ha intrapreso, in collaborazione con varie istituzioni cittadine, una serie di operazioni per il recupero e la tutela del monumento e del suo contesto: dalla rimozione della vegetazione alla bonifica bellica fino all’indagine archeologica e al rilievo architettonico per documentare lo stato di fatto e predisporre il progetto di restauro. I risultati raggiunti sono notevoli ma il lavoro, interrotto per mancanza di fondi, è ancora molto ampio e oneroso. Nel 2021 la gestione è stata restituita al Comune e, in attesa di

Ancor prima, alcuni volontari della delegazione Fai di Verona, desiderosi di sottrarre il Lazzaretto alla condizione di degrado in cui versava, avevano acceso i riflettori sulla questione organizzando momenti d’incontro per definire una strategia d’intervento (cfr. «AV» 96).

ulteriori sviluppi, l’incessante attività di valorizzazione da parte di realtà locali, come l’Associazione Culturale Amici del Lazzaretto, rende questo sito attivo e cerca di non vanificare quanto compiuto finora. L’approccio multidisciplinare che ha affiancato gli interventi in loco ha reso il cantiere “una vera e propria operazione culturale”, come ha affermato Daniela Bruno, vice presidente del Fai per gli Affari Culturali e curatrice del volume insieme a Patrizia Basso, Gian Maria Varanini e Matteo Annibaletto. L’obiettivo è restituire una memoria alla città che possa testimoniare la storia della comunità e divulgare la conoscenza del proprio 01

Gli studi e gli esiti dei primi cantieri di restauro del Lazzaretto di Verona in un volume propedeutico al suo auspicato integrale recupero

Èstato

01-02. L’esito dei primi lavori al Lazzaretto di Verona, (foto di Daniela Bruno, © FAI - Fondo Ambiente Italiano).

02

ODEON 89130

Testo: Marzia Guastella

03

Progetto328

territorio; il testo racchiude quindi un’esplorazione a tutto tondo del Lazzaretto attraverso ventidue contributi che ricostruiscono un profilo storico, sociale ed economico, nonché architettonico e paesaggistico, delineando i tratti di un monumento identitario per la città, nonostante la posizione decentrata. Colpisce la curiosa analogia tra gli argomenti trattati e il nostro recente vissuto: per mesi siamo stati catapultati in una realtà insolita, difficile e, per certi versi, opprimente che ha lasciato un segno profondo nella storia dell’umanità; mai come oggi possiamo comprendere appieno il significato del termine “isolamento” che rappresenta una condizione propria di luoghi come il Lazzaretto. Frammenti del passato che ritornano alla mente, dinamiche che si ripetono ma con una maggiore consapevolezza dettata dalla conoscenza e dagli strumenti acquisiti nel tempo. Lo studio sul Lazzaretto indaga infatti il rapporto con il contesto ambientale ma soprattutto culturale mostrando le differenze con la situazione attuale; la peculiare posizione, entro una delle anse dell’Adige, viene analizzata fin dalle prime pagine per comprendere sia i cambiamenti naturali e morfologici del paesaggio sia le contaminazioni antropiche che testimoniano l’evoluzione della quotidianità. Tale studio è stato condotto attraverso un’accurata ricerca cartografica e archivistica che ha permesso di ricostruire il contesto prima del Lazzaretto individuando quegli edifici di cui rimangono solo lievi tracce e scoprendo il grande vuoto dell’epoca romana in antitesi con i primi insediamenti di età medievale

03. Adriano Cristofoli, Mappa del Lazzaretto e vicine pertinenze (particolare), 1754.

La progressiva trasformazione della funzione sanitaria in militare è ben descritta nelle ultime pagine dove emerge il rammarico per un edificio danneggiato dai cambiamenti di cui nessuno si è mai preoccupato realmente; piuttosto, un continuo e negligente tira e molla tra il comune e l’amministrazione militare ha portato alla devastazione totale del monumento culminata con la tragica esplosione del 1945, un evento indelebile raccontato attraverso una toccante testimonianza che chiude il volume e un importante capitolo sulla storia del Lazzaretto. •

04. Veduta aerea del Lazzaretto nel 1931.

dediti perlopiù a esperienze religiose. Interessanti rivelazioni ma anche incongruenze; le varie fonti hanno rilevato infatti discrepanze tra i disegni del Lazzaretto e l’opera realizzata. L’indagine architettonica cerca di sciogliere i dubbi sul progetto attribuito a Michele Sanmicheli ripercorrendo le ipotesi sostenute dai maggiori studiosi dell’architetto e analizzando le vicende edili ed economiche; mentre, la ricerca archeologica svela tecniche costruttive ed elementi architettonici di grande pregio. Un consistente excursus riguarda poi la nascita dei primi lazzaretti, le attività legate alla diffusione delle epidemie e le inevitabili conseguenze che hanno originato credenze popolari e religiose, situazioni di forte smarrimento insieme a gesti di grande umanità.

a cura di Patrizia Basso, Daniela Bruno, Gian Maria Varanini, Matteo Skira,AnnibalettoMilano 2021 pp.

promosso dal FAIFondo per l’Ambiente Italiano in collaborazione con il Comune di Verona e l’Università di Verona, Dipartimento di Culture e Civiltà

04

90 2022 #03

IL LAZZARETTO DI VERONA STORIA DI UN MONUMENTO CITTADINO

Sulla città militare: ad esempio

02 01

01-02. Opere di difesa di Copenaghen: la cittadella murata e la cerchia delle fortificazioni esterne.

Un contributo al dibattito sull’eredità del patrimonio militare di Verona a partire dagli esiti del convegno sul tema pubblicati nello scorso numero della rivista

ODEON 91130

Testo: Gianni Perbellini

nella rete delle connessioni del sistema geo-ambientale nord italiano da tempi remoti ha rappresentato il centro primario del traffici con il nord dell’Europa e tra i due mari Tirreno e Adriatico e quindi dei relativi interessi mercantili, ma soprattutto militari per il loro controllo.

Le nuove mura individuano ancor oggi il sistema vocato per la migliore difesa militare, definendo però anche la forma e la consistenza dell’espansione urbana futura, con l’individuazione, esternamente alle antiche mura romane e comunali, di tutta una corona di nuovi spazi per quell’espansione che chiese e conventi anticipano. Consolidata ormai la sua forma e dimensione, superata la breve parentesi viscontea e carrarese, dopo la guerre cambraiche Verona torna ad essere fortezza di confine nella triangolazione difensiva dello Stato di Terra della Serenissima. In tale ruolo sperimenta la guerra d’ingegno del doge Gritti, e lungo il perimetro murato le sue difese vengono innovate dai i primi bastioni della scuola fortificatoria rinascimentale veneta, o meglio italiana, permettendo così quattro secoli di pace.

Verona subisce poi il passaggio delle campagne napoleoniche, con la sua suddivisione lungo il corso dell’Adige , la demolizione dei bastioni cinquecenteschi e la soppressione di chiese e conventi, all’interno delle mura, acquisiti così dallo Stato. La città dopo la caduta dell’impero napoleonico diventava la fortezza più meridionale di quello austro-ungarico. In tale ruolo dopo il 1848 quale città militare, rappresentava la perfetta piazza di evoluzione dell’armata imperiale per la regione fortificata del Quadrilatero (Verona, Mantova, Peschiera e Legnago). Piazzaforte esclusivamente militare la cui rigenerazione urbana, per renderla adatta alla guerra moderna, era sotto l’esclusivo controllo militare. Ricostruiti i bastioni con l’erezione nel fossato di un muro alla Carnot, questi erano aggiornati: tra il 1848 e

La città da piazzaforte militare assumeva anche caratteristiche civili dopo che Giulio Cesare nel 49 a.C. concedeva il ruolo di Municipio e solo molti secoli più tardi, la dimensione e la struttura di capitale della Marca Veronese con Cangrande agli inizi del XIV secolo, nel periodo di maggior fortuna della la proto signoria scaligera.

In

riferimento al tema di cui si è occupata Architetti Verona nel n.129/02.2022, mi permetto qualche considerazione aggiuntiva circa la possibile valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale che la storia e in particolare quella militare del XIX secolo ci ha lasciato in Veronaeredità.

92 2022 #03

03

03-04.danese.LaNieuweHollandseWaterlinie(Linead’acquaolandese),sistemadifensivodeiPaesiBassiprogettataperdifendereAmsterdam,Rotterdam,L’Aja,Utrecht.

02. Copenaghen, pianta e veduta aerea del Kastellet (Cittadella), fortezza pentagonale un tempo parte del sistema di mura della città

il welfare dei militari, erano a totale carico dello Stato, dapprima il Regio-Imperial Austroungarico governo e poi quello del Regno d’Italia. La città impegnata nella difesa dello Stato era, infatti, per oltre il 30% utilizzata dai militari che vi disponevano anche di servizi per l’intera armata (120.000 uomini).

il1859 da una corona di 21 forti esterni dislocati a prima nord sulle colline e poi a sud lungo il Ciglione, tra 1859 e il 1866 da un’ulteriore corona di 10 forti, più esterni e distanziati in risposta alle gittate delle nuove artiglierie a canna rigata. All’interno del perimetro bastionato a servizio dell’armata erano organizzati i necessari servizi, quali caserme, magazzini e laboratori non solo d’arma, un ospedale militare, molini e forni, come proposti dalla nuova Scienza della Sussistenza in sostituzione della tradizionale guerra che nutre la guerra e più in generale quale strumento sociale a favore della popolazione civile, come l’ammasso grani il cui prezzo era controllato e calmierato dallo Stato nelle situazioni di crisi.

nel 1866 prima di consegnarla all’Italia. In realtà sono state proprio queste le applicazioni meccaniche sperimentali che, tra e dopo le due guerre mondiali, quando la città si smilitarizza, contribuiscono allo sviluppo industriale dell’attività molitoria, della produzione di forni continui a vapore, o a quella di magazzinaggio con la stazione frigorifera collegata al mercato agricolo e più in generale quale elemento dello sviluppo dell’agroalimentare veronese. Mentre il mercato militare per il rinnovo annuale dei quadrupedi dell’esercito che alla fine dell’ottocento equivalevano a circa il 15% degli uomini dell’armata, diventava la Fiera Cavalli. Fino alla fine della prima guerra mondiale, Verona era dunque stata quella città fortezza militare moderna ed efficiente, che si alzava con le note della sveglia e andava a dormire con quelle del silenzio; in tale funzione quindi l’enorme mole di opere difensive ma anche di servizio che il suo ruolo attivo richiedeva, così come tutta la serie di progetti, studi e realizzazioni non solo difensive ma anche per il funzionamento della piazzaforte e

A questo riguardo la Provianda di Santa Marta costituisce il laboratorio in cui, tra l’altro, si sperimentano i macchinari a vapore per la movimentazione e le lavorazioni, i silos a celle chiuse per la conservazione, la panificazione con i forni aerotermi a carrelli mobili, allestimenti tutti motivo di orgoglio degli autori A. Tunkler, A. Neredi Rainer, F. Artmann, che firmano l’opera

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il trasferimento delle attività più impattanti e la progressiva smilitarizzazione della città hanno determinato una gran quantità di spazi e di edifici soprannumerari rispetto alle funzioni per cui erano nati, o erano stati adattati, ma sopratutto ha modificato l’equilibrio urbano isolando e frammentando insiemi e volumi diventati unitari, in particolare quelli relativi alla corona di caserme, magazzini, laboratori e depositi d’arma che avevano sostituito la serie degli ex conventi distribuita nelle aree risultanti tra le mura comunali e quelle magistrali, o del tutto autonomi come l’Arsenale in Campagnola. Volumi edificati che, se sono in parte stati recuperati da iniziative pubbliche o private, dimostrano ora come per

A titolo di esempio, iniziative simili a quelle che richiederebbe le fortificazioni veronesi sono state attuate per le mura di Lucca, convertite a uso ludico ricreativo (passeggiate, orto botanico) già dal 1800, poi conservate e migliorate; o per quelle di Ferrara, recuperate tra il 1980 e il 1999 grazie al Progetto Mura e a un cospicuo finanziamento statale (fondi F.I.O.), oggi integrate in un sistema museale e culturale, similmente a Cittadella (Pd) che, negli ultimi dieci anni, ha recuperato le mura quale contenitore culturale, grazie a vari contributi regionali. Questi sistemi fortificati hanno

« Iniziative simili a quelle che richiederebbe le fortificazioni veronesi sono state attuate per le mura di Lucca, Ferrara e Cittadella »

A livello europeo gli esempi maggiormente confrontabili con le dimensioni del sistema veronese sono due. Il sistema difensivo di Copenaghen, censito grazie a InterSave (Ministeri dell’ambiente e dell’energia con l’Agenzie del patrimonio naturale e delle foreste) e catalogato nei volumi del Byatlas København nel 1994, individua i perimetri delle mura e delle cinture di forti esterni come green belts, la cittadella come museo e destina a usi civili i forti marittimi. In Olanda il sistema fortificato Nieuwe Hollandse Waterlinie (un sito lungo 85 e largo da 3 a 5 km), la cui conservazione, mantenimento e il riuso sono pianificati, coordinati e finanziati grazie al Rijnowen Pact, che iniziato con la Nota Belvedere nel 1999, è stato sottoscritto definitivamente da 5 ministeri, 5 regioni e 25 municipalità nel 2008.

all’incirca dimensioni che vanno da un terzo a un quinto di quello veronese.

l’Arsenale o Castel San Pietro il limite che le forze cittadine non riescono a superare. La campagna per la valorizzazione delle mura di Verona ha avuto inizio nel 1985 con il coinvolgimento delle stampa locale e specialistica, grazie al progetto proposto dal Collegio Ingegneri e Architetti di Verona e presentato dall’impresa Mazzi ai sensi dell’art 15 della legge 41/86, approvato dalla Commissione Tecnica Nazionale e non più finanziato l’anno successivo. Il Congresso Internazionale sulle Mura del 1987 e la legge 225/89 con la cessione delle mura magistrali di Verona dallo Stato al demanio comunale (di cui non sono mai stabilite le modalità per tale passaggio) dimostrano che l’importanza e il valore culturale anche internazionale di tale patrimonio non bastano al loro recupero e valorizzazione, pur essendo sufficienti a fare dichiarare nel 2000 patrimonio unesco Verona città fortificata, esemplare per storia e continuità. La dimensione e l’estensione delle mura e dei forti veronesi sono tali che il loro recupero e il successivo mantenimento risultano difficilmente affrontabili se non integrate

in un quadro economico-finanziario di livello superiore a quello municipale.

03 04

ODEON 93130

la kermesse di Francesco Ronzon: lo spettatore è accolto nel panificio di Santa Marta, nel maieutico progetto di Carmassi, dentro il cortile perimetrato da ballatoi che rimanda alle atmosfere del teatro elisabettiano: visioni proiettate sui muri e musica dal vivo ethnoambient-soundscape suonata interamente tramite strumenti fisici e non digitali. La performance integra il mondo visuale e musicale per immergere l’ascoltatore in una

01

lussureggiante giungla sonora, ottenuta attraverso l’ibridazione tra affreschi elettronici, percussioni, suoni di foreste pluviali, strumenti a fiato e voci. La genealogia di queste esperienze sonore è rintracciabile negli esperimenti di Brian Eno, Jon Hassell, Don Cherry, Nana Vasconcelos. Per la parte visiva, immagini ambientali e immersive scorrono attraverso la performance unendo udito e vista in un’intrigante sinergia.

Il «canneto partecipato» di Maria Grazia Eccheli all’interno della manifestazione “Bosco in città” come contributo alle iniziative del progetto Ri-Ciak per un cinema di comunità a Veronetta

La

Testo: Alberto Ghezzi y Alvarez

L’ingresso nella dimensione della “foresta immaginata” di Ronzon permette di introdurre al meglio l’intervento del “canneto partecipato”, pensato per essere effimero e autocostruito dai volontari dell’associazione. Inizia così la trasformazione della corte in evento, in termini temporali e spaziali. Il progetto, nella sua prima versione, prevede di popolare la corte di alti setti verdi: un «labirinto» frammentato è pensato in rete metallica che sostiene alti fusti di bambù. Il risultato dell’intervento rende l’attraversamento della corte da e verso via Cantarane un percorso ricco di occasioni spaziali. Chi si trovi in questa «porzione di periferia all’interno della città storica» (nelle parole dell’architetto), riconquistata da questo esercito di muri verdi, vedrebbe lo spazio come un punto di interesse tra i grigi condomini. Il «bosco» immaginato dal progetto non cerca di ricreare pedissequamente l’immagine pittoresca della natura selvaggia che si riprende i suoi spazi; nella sua composizione geometrica, fatta di muri la cui tessitura è appunto il verde del bambù, denuncia la mano umana che lo ha ideato e costruito. Denuncia, inoltre, la propria appartenenza al mondo fatto di piani sfalsati della scenografia teatrale. La scena è in questo caso uno spazio urbano attraversato distrattamente, reso vitale dagli attori verdi che avanzano tra le due gallerie.

corte su cui si affaccia l’ex cinema Ciak è uno spazio attraversato distrattamente dagli abitanti di Veronetta, una parentesi a cielo aperto tra le due gallerie che conducono a via Cantarane da un lato e via XX Settembre dall’altro. Questo brano di città, appartenente al tessuto storico dell’espansione scaligera medievale, è sorvegliato da condomini anni Settanta, ed era un tempo foyer all’aria aperta del cinema Embassy – così si chiamava in origine – che si sviluppa sotto il suo selciato. Grazie all’associazione ViveVisioni e al progetto Ri-Ciak, che intende rigenerare sia gli intriganti spazi ammantati di luce e ombre che la sala ipogea per farne un cinema di comunità, questo indefinito «passaggio interno» vive da qualche anno una vitale rinascita. Tra le iniziative proposte quella che ha particolarmente rinvigorito questo brano di città è il Canneto partecipato, installazione pensata da Maria Grazia Eccheli con Claudia Cavallo all’interno della manifestazione Ri-Ciak: Un bosco in città, un impegno per l’ambiente, la cultura e l’economia di prossimità tenutasi il 17 e il 18 giugno, inserita all’interno della rassegna Veronetta Contemporanea Estate promossa dall’Università degli Studi di AnticipaVerona.lacostruzione del “bosco”

94 2022 #03

La foresta che avanza

città, guidata da una mano sapiente, possa essere di successo anche nella limitata disponibilità di mezzi. Ad essere riuscita è la trasformazione di un «vuoto» tra le due grandi arterie di Veronetta, apparentemente poco significativo, in occasione di sosta, di riflessione anche percettiva dell’utente, e, perché no, anche di gioco. Il proposito originale dell’installazione, ovvero richiamare l’attenzione su temi ambientali sempre attuali, è indipendente dalla possibilità di godere dell’opera come semplice re-immaginazione dello spazio L’utilizzourbano.delverde non è qui semplice dichiarazione ecologista, non è ingrediente magico aggiunto al grigiore di una corte dimenticata per renderla «vivibile», proprio perché il suo valore figurativo nella dispositio e nei valori percettivi e spaziali va oltre la semplice cosmesi del verde in Quandocittà. la sapienza del progettista nel saper cogliere le necessità di un luogo anche dal punto di vista formale si unisce alla volontà

04. Piccole cinemaanimanodanzatricilacortedell’exCiak.

L’utilizzo di piante ottenute gratuitamente dai volontari, seguendo il principio del riuso e della condivisione richiamate dall’iniziativa, muta il progetto iniziale nei suoi esiti formali, ma non nell’effetto avuto sulla rivitalizzazione della corte: i setti verdi divengono canneti liberati dalla rete metallica prevista inizialmente, oltre che una trama vegetale tessuta sul muro ovest. Il canneto di bambù sulla bianca parete, quasi un affresco da giardino pompeiano, funge da scenografia al filare di leggii da cui recitare alcuni brani tratti dal Sogno di Una Notte di Mezza Estate, curati da Andrea de Manincor. Un esagerato, nero tappeto, che il riflesso del sole sembra trasformare in acqua, è il palco su cui danzano le piccole fatine di Barbara de Nucci.

95130

ODEON

02

02. Il canneto di bambù sulla bianca parete di fondo della corte come elemento scenografico.

03

Una «foresta che avanza», come quella di Birnam profetizzata dalle streghe del Macbeth shakespeariano.

esige sempre di più la trasformazione di spazi preesistenti, diviene fondamentale e pone nuovi scenari di successo frutto della collaborazione tra l’architetto e la comunità, come nel caso del Bosco in Città.

• 04

03. La prima versione del progetto con i supporti del verde in rete metallica (render di Claudia Cavallo).

di un gruppo di cittadini, la riqualificazione urbana conosce interventi di qualità, al di fuori della retorica e della moda. Il ruolo del progettista capace di cogliere il «canto del luogo», in un mondo che

01. “Occhio di bue” sui leggii utilizzati per il reading shakespeariano con il canneto sul fondo.

La popolarità dell’intervento tra gli abitanti del quartiere dimostra come la trasformazione di un brano di

96 2022 #03

Un’esposizione

In fondo, questo carattere non finito può a ben ragione essere considerato la cifra di una vicenda che potrebbe sembrare quasi grottesca. Alcune date lo rendono evidente: a Castel San Pietro i lavori sono iniziati 17 anni fa, al Capitanio sono stati effettuati dal 2013 al 2018 per poi fermarsi. In entrambi i casi, sono stati portati a compimento i lavori più

0201

lavori di restauro dei grandi cantieri per stessi Castel San Pietro e Palazzo del Capitanio; i suoi scatti sono stati allestiti in alcune sale degli stessi monumenti rese temporaneamente agibili, tanto che ai visitatori armati di prammatica di cellulare è parso di trovarsi entro un loop di immagini in sequenza, ritraendo spazi in cui erano appese fotografie degli stessi... Il carattere dell’esposizionetemporaneohaconsentito di fruire di luoghi (molto poco comuni, invero) che sono a tutti gli effetti ancora di cantiere, ovviamente messi in sicurezza: ma la suggestione del non finito, delle murature ancora scarnificate con l’evidenza dei consolidamenti strutturali o delle tracce impiantistiche, grazie a un’ottima illuminazione delle opere, è parsa congeniale a un’idea di spazio espositivo molto efficace e suggestiva, anche se verosimilmente lontana dalle effettive ipotesi di progetto, con gli intonaci rifatti a puntino e tutto quanto comme il faut.

Testo: Alberto Vignolo

Immagini sotto (dentro) esposte

Una riflessione in margine alla mostra fotografica promossa da Fondazione Cariverona e incentrata sui suoi infiniti cantieri

onerosi, dalle indagini archeologiche – particolarmente rilevanti sul colle – ai consolidamenti strutturali ai restauri di tutte le superfici esterne, oltre alla riforma dei percorsi con la creazione di scale, ascensori e vie di fuga. Mancherebbero “solamente” le opere di finitura interna compresa l’impiantistica, che per strutture di

01-02. Due dell’esposizionevedute nelle sale al piano terreno di Palazzo dei Capitani.

fotografica proposta in alcune date da maggio a settembre 2022 ha offerto la possibilità di gettare uno sguardo dal di dentro ai cantieri – per la verità eterni, e dei quali non si vede la fine – di due luoghi simbolo della città, Castel San Pietro e Palazzo del Capitanio, che assieme alla Stazione frigorifera sono anche i soggetti delle foto esposte. Luoghi comuni , questo il titolo dell’esposizione – curata dagli studenti partecipanti al workshop Visual Art Collection Management and Curating promosso da Università di Verona, Accademia di Belle Arti di Verona, Istituto Universitario Salesiano (iusve) – , ha proposto alcuni degli scatti commissionati in tempi diversi da Fondazione Cariverona a Gabriele Basilico prima e poi ad Alessandra Chemollo, per ritrarre gli immobili entrati a far parte del proprio patrimonio. Il lavoro di Basilico, già mostrato in più occasioni e allestito negli spazi istituzionali di Fondazione a Palazzo Pellegrini, ritraeva nel 2006 i Magazzini Generali nello status di straordinari reperti di archeologia industriale: un fermo immagine che preludeva la radicale riforma di quegli spazi. Alessandra Chemollo ha invece documentato in fieri i

A parte l’uso proprio o meno del monumento rappresentato dalla funzione con cui assiduamente, e sempre di più, si tende a sottoporre la sua struttura fisica, è noto a tutti che ci siamo abituati a tollerare l’uso, talora non adeguato e forse improprio anche degli spazi esterni a supporto logistico e spettacolisceltesianoquestione,Ma,dell’Anfiteatro.cheunspazioperIlprogrammatiinvasacheprimaveradurantedell’Anfiteatro-Teatro.funzionaleEinfatti,granpartedell’anno,dallaall’autunno,sopportiamopiazzaBrasialetteralmentedallescenedeglispettacoliperlastagioneestiva.SoprintendenteTinéèintervenutodenunciareildegradodiquellourbanoprestigioso,oscuratodaammassodisfingiefintecolonnesisovrappongonoallearcateseosserviamolecausedellanonpuòsfuggirechelanaturaleconseguenzadidiprogrammazionedegliestiviinBra.Sièreagito

ad un inizio di crisi di pubblico degli anni scorsi, sia infittendo il programma e cambiandolo ogni sera, che enfatizzandone la spettacolarità concessa da un palcoscenico di dimensioni inusuali. Ma anche cercando di dare risposte alla crescente richiesta del pubblico di protagonisti di fama internazionale, per i ruoli di canto e per le regie, le scenografie ecc. Da cui, presumo, il riproporre gli allestimenti di Zeffirelli con l’invasione degli spazi esterni per accatastare le scene, ma forse anche il risparmio di nuovi allestimenti. In tutto questo si evidenzia la tendenza ad affermare la stagione operistica estiva in Arena come il massimo di ogni aspetto: il teatro più grande, lo spettacolo più spettacolare, i nomi più prestigiosi, ma anche la “ricetta” più classica e sicura. Non innovare ne è la conseguenza più semplice e diretta. Ma solo dalla innovazione delle rappresentazioni della lirica potremmo aspettarci un avvenire che non richieda i cavalli e gli elefanti in scena – per essere apprezzato – e la fisicità delle colonne e delle sfingi in Bra. Le tecnologie ci sono, come ci sono i giovani di rincalzo della vecchia guardia, sia come interpreti che come pubblico. Eppoi, chi ha in mano quei famosi bottoni pigiando i quali si modificano gli avvenimenti, non pensa che la tradizione per sopravvivere debba prendere aria né più né meno di uno di noi, pur tenendosi una sciarpa sulla bocca?

Ma in realtà è solo un monumento d’epoca romana, ampiamente ricostruito e ampiamente crollato, per il quale, considerata la sua straordinaria posizione e una sufficiente compatibilità, oltre un secolo fa è stata inventata una diversa funzione, aggiornando quella precedente, simile ma più prosaica, via via ampliata specie di recente, per il richiamo che esercita sul pubblico. Tutta una serie di fattori positivi la celebrano – è il più grande teatro all’aperto del mondo, vi hanno cantato i più grandi artisti della lirica e della musica rock, le recenti serate collegate alla tv ne hanno diffuso le immagini nel mondo, eccetera – se fosse un personaggio si direbbe che è sull’onda. Chi si può permettere di esporla a critiche anche soltanto per mettere il dito sulle carenze

Testo: Luciano Cenna

Non resta dunque che avanzare un’ipotesi suggestiva, ispirata dall’esposizione fotografica e, in parallelo, dal celebre Museo dell’Innocenza, invenzione letteraria di Orhan Pamuk che ha poi trovato concretezza fuori dalle pagine del libro in un edificio a Istambul. Raccogliendo la grande mole di progetti incompiuti, idee disattese, comunicati smentiti dai fatti, accordi saltati e proposte velleitarie, si potrebbe dare corpo a un maestoso Museo della Titubanza. Ci si può spingere fino a immaginare un ordinamento museologico che comprenda alcune delle sezioni portanti: Tempo perduto, Mancanza di visione, Onde del momento, Fondazione e affondamento, Bello ma costa troppo, eccetera. Con tutta evidenza, si tratta solo di una giocosa provocazione: nell’attesa. •

La

In realtà l’unico Luogo comune che si possa ricordare è quello dei ciclici annunci della ripartenza dei lavori, della data di conclusione e del nuovo, o vecchio, progetto per un museo di volta in volta di arte contemporanea, di storia naturale, o della città. Per non parlare dei Magazzini Generali – ci ricordiamo ancora le ipotesi di musei, auditori, scuole e accademie -, all’interno dei quali si prospetta l’apertura della Stazione Frigorifera a fine 2022, mentre ancora rimane un incognita la sistemazione generale dell’area nonostante le strombazzate demolizioni di parte del muro di cinta. Staremo a vedere.

si usa e la si fa funzionare come se lo fosse, un teatro.

funzionali che si manifestano aggravandosi negli anni? Io lo faccio, con l’intenzione di offrire qualche possibile utile spunto perché l’Arena diventi un Teatro. E di ciò intendo parlare chiedendo ospitalità a questa rivista di architettura, sia in quanto tale che per essere veronese, la rivista. Ma anche avendo fiducia nella azione di accompagnamento che la categoria degli architetti può svolgere prendendo posizione sul destino urbano, prima ancora che urbanistico, di Verona.

tipo espositivo-museale non sono di poco conto. Già, ma per quale museo, o musei? Perché il nodo da sciogliere rimane quello dell’effettivo utilizzo di questi spazi, posta l’assodata destinazione espositiva.

L’Arena, oggi usata come un teatro, può diventare un teatro? Attorno a questo interrogativo “Ci mette il becco LC” nel consueto filo diretto con «AV»

Non fare la sfinge

ODEON 97130

01

Quattro passi in centro

Territorio Territorio 2022 #0398 La vicenda della pedonalizzazione del centro antico di Verona : un’esperienza all’avanguardia in Italia simbolo della cultura progressista del dopo boom

Testo: Michela Morgante

Territorio

“A Verona puoi camminare riparato e difeso come in una calle veneziana attraverso tutto il centro”. L’itinera rio indicato dalla rivista letteraria di Ugo Ojetti è quello classico della pas seggiata in centro storico ancora oggi, dall’ex palazzo delle Poste all’Arena. L’articolista citava l’esempio scalige ro nel 1932, e i diritti del “povero pe done”, lamentando come le legittime esigenze dei non automobilisti fossero estranee agli obiettivi dei coevi piani Comeregolatori1.noto, sin dagli anni Dieci larga parte della teoria italiana d’interven to è di matrice giovannoniana, un’ala avanzata della cultura di piano che af frontava la sfida della modernizzazio ne urbana postulando la contestua le conservazione dei tessuti antichi. Solo “caute demolizioni” e allarga menti stradali capillari, per adatta re la viabilità interna alle pressioni di volumi sempre crescenti di traffi co veicolare. Verona non fa eccezione, e la vicenda del concorso per il Piano regolatore del 1931-2 ci parla, nelle diversificate proposte dei partecipan ti, dell’insanabile contraddizione tra teoria (la tutela dei tessuti storici) e prassi (le spinte a una loro continua erosione).Èpurvero che sul fronte della pedo nalità, la città scaligera offriva un pre cedente quasi unico in Italia. Quella via Nuova poi Mazzini che, lastricata nell’ultimo tratto verso la Bra sin da gli anni Venti dell’Ottocento, era sta ta drasticamente preclusa al passaggio di qualunque mezzo di trasporto, per espressa volontà dei frontisti 2 . Po nendosi così un vincolo di non faci le risoluzione, la messa a sistema del cuore della Verona romana, il polo d’attrazione gemello verso l’Arena e il resto del complesso urbanizzato, in progressiva evoluzione. Nodo questo,

Il diradamento bellico e il Piano di Ricostruzione riproporranno con drammatica attualità tutte le minute questioni irrisolte del centro urbano, gettando le basi di quel commercio locale legato alla vocazione turistica che nei decenni a seguire finirà per cancellare quasi ogni servizio di vi cinato dal cuore cittadino. Nei pri mi anni Cinquanta tramite il Piano di Ricostruzione si allarga un lungo tratto di via Stella, nell’auspicio di un suo prossimo decollo, in quanto diret trice strategica tra Veronetta e la Bra. L’adozione di portici, proposta conti nuamente inserita dai tecnici in quegli anni, sembrava l’uovo di Colombo per coniugare il proliferare di nuovi eser cizi commerciali e sezioni stradali via via insufficienti 3. Negli anni della Ri costruzione il fronte conservazionista

della modernizzazione-salvaguardia di Verona, su cui sostanzialmente fra nerà il confronto nazionale lanciato dall’amministrazione scaligera fra le due guerre.

130 99

0302

01. Automobili fino all’imbocco di via Mazzini nel 1978 (foto di Raffaello Bassotto, Archivio Bassotto). 02-03. Veduta e planimetria di piazza Bra con le auto in sosta attorno ai giardini (foto: archivio Morando).

Territorio Territorio 2022 #03100

ricavano i flussi dai quartieri esterni nella nuova zona direzionale a sud Madell’Arena.giàMarconi guardava aperta mente a un prossimo collasso della rete interna all’ansa dello scacchiere romano, dovuto precisamente ai vet tori di attraversamento. Giungendo a menzionare, probabilmente per la prima volta a Verona, l’opzione di un “divieto assoluto del traffico veicolare nella città interna” – si badi, già alla data 1957. Peraltro, l’urbanista roma no riteneva l’ipotesi chiusura piutto sto rischiosa sul piano economico, ol tre che subordinata alle indispensabili premesse tecniche – la realizzazione di una corona di parcheggi esterni6. Di fatto, fino all’ultimo scorcio de gli anni Cinquanta, le esigenze di circolazione automobilistica rimane vano sovrane, prova ne sia il pazien te rifacimento dei due ponti monu mentali ad opera del Soprintendente Gazzola, ritenuti irrinunciabili nella rete viaria né più né meno degli al tri attraversamenti d’Adige. Non ne viene minimamente ipotizzata la pe donalizzazione, nonostante la disa gevole curvatura all’estradosso, anzi: l’integrità dell’immagine del bene storico-artistico fu contemperata con una maggiore tenuta alle sollecitazio ni statiche sul piano stradale. E Gaz zola, come noto, aveva rinunciato a monte, per principio, all’adozione di una struttura indipendente in cemen to Negliarmato7anni immediatamente seguen ti, epoca di boom edilizio ma anche di vertiginoso decollo turistico della città, la frequentata via commerciale verso l’Arena diventava un caso cita to persino all’estero. Accade che nel 1963, in epoca di declino delle aree centrali inglesi, e di degrado degli spazi collettivi nel cuore delle new

04-05. Corso Porta Borsari all’innesto con piazza Erbe e all’imbocco da corso Cavour con il transito dei mezzi pubblici e privati, fine anni Cinquanta (archivio Morando).

aveva tremato per il ventilato poten ziamento di via Cappello con portici su entrambi i fronti (idea in verità ri salente già ai tempi del prefetto Sor mani Moretti4). Per quanto suoni oggi incredibile, a differenza della via delle “vasche”, il cardo massimo restava an cora “uno dei punti definiti nevralgi ci del movimento circolatorio cittadi no”5. Dal 1952 verrà imposto il senso unico, misura che preludeva alla deci sione – non lontana – di chiudere de finitivamente al traffico via Cappel lo, con ciò rafforzando la fisionomia tradizionalmente pedonale delle aree centrali scaligere. Lo schema di circolazione previsto dal piano Marconi mirava ad allegge rire il nucleo storico drenando i flus si veicolari e convogliandoli lungo un anello di scorrimento esterno, inte grato da un paio di trasversali di pe netrazione che sostanzialmente sca

06. Transito veicolare sul ponte di Castelvecchio in una cartolina del 1955 (archivio Morando).

0504

Territorio

towns, l’eccentrico animatore del la Architectural Review Hubert Ha stings segnalasse con ammirata ironia la pedonalità storica di via Mazzini, da lui presentata come la Regent stre et italiana. Atto non solo di “coraggio foriero di dividendi” ma dispositivo, anche, di auto-regolazione del traffi co. Il nucleo intorno alla strada delle vetrine veniva infatti presentato come una sorta di “rotatoria a scala urba na” 8 che consentiva la libera fruizione pedonale di un ambito ampio, blan damente permeato dalla circolazione veicolare circostante. Ma in quello stesso 1963 le cose si sta vano muovendo anche a livello locale. Il Comune, che aveva già in cantiere la Variante Generale al piano Marco ni, affidava all’ACI uno studio qualiquantitativo sulla circolazione scali gera, tramite rilevazioni del traffico di penetrazione “a mezzo apparecchia

chiusura del traffico, un vero e proprio salto quantico rispetto al vincolo otto centesco su via Mazzini.

ni dell’ex sindaco Giorgio Zanotto: la sosta come servizio prestato al citta dino dalla collettività, non come di ritto del singolo. Analogamente, l’as sessore Alberto De Mori invocava la sottrazione delle città al dominio del la mobilità privata per restituirle al godimento della gente. È profonda mente errata – dichiarava – la prassi di adattare i tessuti d’antico impianto alle esigenze dei veicoli11. Per inciso, l’anno seguente, l’avvo cato Gozzi diventava sindaco, soste nuto da una giunta di centrosinistra dc-psi. Anche a Verona i tempi sem brano dunque culturalmente e politi camente maturi per lanciare un’ope razione a dir poco scandalosa, rimasta profondamente divisiva per un lungo decennio almeno: la drastica cancel lazione delle auto dai centri stori ci italiani, con obiettivi incrociati di riduzione del rumore, contenimen

to dello smog, tutela e valorizzazio ne del patrimonio d’arte. In modo alquanto inatteso, il centro scaligero sarà pilota al fianco delle città rosse – l’immancabile Bologna e le altre precorritrici della pedonalità Peru gia, Siena e Firenze –, tutti nuclei a morfologia compatta. L’Italia, e Ve rona con essa, si stava allineando al meglio della sperimentazione di vehi cle-free zones o pedestrian precincts eu ropea. Gli Stati Uniti ci osservavano da Nell’amministrazionelontano12 veronese cir colavano dunque, e piuttosto preco cemente, quelle istanze progressiste che additavano uno degli aspetti più inquietanti del più generale suicidio di massa oggi tristemente evocato in tema di Antropocene e cambiamen to climatico. L’immagine apocalitti ca, elaborata in forma di battuta dal critico della affluent society John Gal

130 101

Nello stesso ‘64, a scopo dimostrati vo, venivano eliminate le auto in sosta tradizionalmente allineate nel vallo dell’Arena e lungo il listòn. L’occa sione del provvedimento era il terzo “Convegno nazionale degli assesso ri comunali alla polizia urbana e al traffico”, al palazzo della Gran Guar dia, evento di rango nazionale che in quest’edizione annoverava un urba nista di fama come Giuseppe Cam pos Venuti. Pur non pronunciando in quella sede parole esplicite in favore delle pedonalizzazioni, Campos insi ste su un’ottica urbanistica – cioè non di settore – del tema viabilità e sul la priorità d’investimento nei mezzi Ilpubblici.clima locale, piuttosto avanzato, è ben descritto anche dalle affermazio

« L’annuncio dellaConsigliovennepedonalizzazionedatoincomunaleil9febbraio1968» 09

ture elettropneumatiche” e questiona ri “con risposta pagata” distribuiti in quattro lingue9. L’obiettivo era quello di individuare le rotte preferite dagli automobilisti in centro e quantificare la pressione esercitata dalla periferia entro l’ansa dell’Adige. Dai risulta ti, pubblicati nel 196410, emergeva il dato delle centomila auto in ingres so al giorno, e il peso preponderante del tragitto est-sud, ovvero da ponte Nuovo alla Bra tramite via Stella e via Anfiteatro. L’analisi sarà fondamen tale per suffragare il primo provve dimento integrale e generalizzato di

tanza e cultura. Nel 1967 dell’isola pedonale cittadi na compare la prima definizione pla nimetrica, all’interno di una pubbli cazione di settore. Si trattava di uno studio dell’ingegnere capo della se zione Viabilità del Comune, Fran co Sciarretta, e si basava sui risultati dell’inchiesta del ’6314. L’area inte ressata, un triangolo delimitato dalle cosiddette “linee di desiderio” (ponte Nuovo-Bra, Bra-ponte della Vittoriaponte Garibaldi, ponte Garibaldiponte Nuovo), era racchiusa entro strade a senso unico, per fluidificare il traffico e recuperare posti auto. Il provvedimento di chiusura, “un pro cesso spontaneo che gli stessi utenti della strada hanno suscitato”15, veni va presentato come immediata conse guenza della fotografia dello stato di fatto. I dati d’afflusso giornaliero mi surati non erano sostenibili da sezio

07. Questionariostatisticoelaboratodall’AutomobileClubd’Italianel1963sul traffico a Verona.

ni stradali inferiori ai 5 metri; sistemi alternativi (semafori, sensi unici ecc.) non sarebbero bastati. Si profilava in vece la creazione di uno shopping cen ter pedonale – tale viene definito nel testo – di cui la città tutta non poteva che giovarsi economicamente.

Le reazioni non furono, a dire il vero, unanimemente favorevoli, come ri corda, di nuovo, un osservatore esterno, lo scrittore americano Her bert R. Lottman, un attento croni sta dell’urban renewal europeo16. Il quale si dichiarava ammirato di una decisione tanto tempestiva, presa co raggiosamente, senza rinviare al mo mento della realizzazione dei grandi parcheggi sotterranei già compresi nello studio (e sopraggiunti solo un paio di decenni dopo).

09. Un polemico volantino diffuso nel 1968 contro la proposta formazione dell’isola pedonale.

10. Assedio di autoveicoli anche nei pressi della Biblioteca Civica (foto di Vincenzo Amato, archivio Morando).

07 08 09

va effettiva, dopo un braccio di ferro durato mesi, a partire dal novembre seguente (a Bologna l’isola pedonale era in funzione da settembre), schie rando un cordone di cinquanta vigili. Lottman riporta nel dettaglio la sol levazione dei commercianti (compat tamente contrari tutti i 67 esercenti di piazza Erbe, più il gestore del Caffè Dante), il volantinaggio compiuto da gli stessi (“Attentato!”), l’irruzione in municipio, il ricorso tentato a Roma senza successo. Tutte azioni che frut teranno al fronte avverso (costitui tosi dal ’69 nelle mitiche “Botteghe del centro”) una parziale riapertura di piazza Erbe, concessa dal sindaco Gozzi a seguito delle pressioni18

Territorio Territorio 2022 #03102

braith, era quella dell’ultimo uomo asfissiato dal monossido di carbonio cui venivano propinati i recenti suc cessi in termini di pil Ma andiamo con ordine. È del 1966 (occhio alle date) il concretizzarsi di un’azione della Soprintendenza sulla revisione urbanistica intrapresa dal Comune di Verona. Passa il vinco lo complessivo sul tessuto del nucleo storico, schedato isolato per isolato e sottoposto a piani particolareggiati (solo interventi di risanamento) oltre al piano paesistico della collina ur bana. È questo il quadro concettuale in cui la stampa nazionale annuncia l’avvio dell’isola pedonale veronese –come detto una delle primissime in Italia13. L’insieme ambiva ad essere un programma di valorizzazione at tiva, non un congelamento, orientato ad usi compatibili delle aree centrali, essenzialmente residenza, rappresen

L’annuncio della pedonalizzazione venne dato in Consiglio comunale il 9 febbraio 196817. La chiusura diventa

10

19 Il centro storico si svuota e i suoi abitanti invecchiano, in «L’Arena», 15 aprile 1973.

18 Lottman, cit., pp 168-169.

10. Mappa all’allargamentorelativa della zona a traffico limitato nel centro di Verona, 2012.

che il centro di Verona subisce il noto processo di gentrificazione19. Difficile stabilire quale ne sia la causa e qua le l’effetto, tra politiche urbanistiche e dinamiche demografico-insediativefenomeni a rinforzo tendenzialmente circolare. Resta il valore di una scelta politica illuminata e precoce, simbolo culturale della Verona progressista del dopo boom. •

1 C. Gamba, Il povero pedone, in «Pegaso», 1932 p. 608.

3 Sul tema rinvio al mio saggio «Il piano è redatto con giudizioso accorgimento, un po’ azzardoso in qualche parte».

Tutela e urbanistica a confronto nella ricostruzione del centro di Verona, in M. Vecchiato (a cura di), Verona. La Guerra e la Ricostruzione, La Grafica, 2006, pp. 4128-165.L.Sormani Moretti, La provincia di Verona. Monografia statistica, economica, amministrativa, Olschki, 1898-1904, vol. III, p. 198.

6 P. Marconi, Verona. Lo sviluppo storico e il Piano regolatore generale della città, in «Urbanistica», 22, pp. 72-73.

9 Verona: studio della circolazione, in «Segnalazioni stradali ACI», a. 2, sett., fasc. 7, 1963, p. 55.

15 Ibidem, p. 17.

Department of Housing and Urban Development. Office of International Affairs, Vehicle-free zones in city centers. The European experience, in HUD International Brief, 16, giugno 1972, vol. 16. Roma, Venezia, Verona sono citate accanto alle coeve in città tedesche (47), olandesi (20), francesi (15), inglesi (11).

7 P. Gazzola, Ponti romani: ponte Pietra a Verona, Olschki, 1963.

Territorio

130 103

10 Automobile Club d’Italia, Analisi del traffico extraurbano: Verona, Editrice dell’automobile, 1964.

11

8 Rispettivamente: “an act of courage which has paid dividends” e “a city-sized roundabout ”, cfr. I. De Wolfe [pseud. di H. de Cronin Hastings], The Italian Townscape, The Architectural Press, 1962, pp. 200-201.

5 A. Tommasoli, Via Cappello, in «Vita veronese», 6, 1953, pp. 27-30.

sua collina e il centro storico, in «Corriere della sera», 5 marzo 1966, p. 7.

14 F. Sciarretta, Analisi del centro storico di Verona e proposte per misure operative, in «Segnalazioni stradali ACI», a. 6, nov-dic., 1967, fasc. 32, p. 14 e ss.

13 S. Meccoli, Verona vuole difendere la

16 H. R. Lottman, How Cities are Saved, Universe Books, 1976, pp 167-169.

A fronte di una società locale che im metteva 3000 nuove auto al mese, la perimetrazione individuata dallo stu dio tecnico del 1967 risultava peraltro piuttosto ambiziosa. L’ambito diven terà compiutamente operante solo in una fase molto più tarda, con l’am pliamento della zona pedonale attua to nell’estate 2012 (nel frattempo, con la ztl , dal 1990, erano state attivate ulteriori limitazioni, per fasce orarie). Certamente la vicenda di pedonaliz zazione che abbiamo descritto non fu una semplice misura di regolazione del traffico, ma il tentativo di adot tare una visione integrata del ruo lo urbano del centro, anche se presto superata dagli eventi, e scavalcata da dinamiche alla scala “metropolita na”. Il provvedimento di chiusura fu infatti cronologicamente contiguo al varo del primo centro commerciale in senso moderno, “la Rinascente-Città mercato” a Bussolengo, comodamen te a portata di mano dal capoluogo e dotata di ampie aree parcheggio al suo contorno (la localizzazione risul tava già decisa nel 1971). Quanto ai modelli di comportamento sociale, il divieto ai mezzi a motore nei gior ni festivi, generalizzato sul territorio nazionale dall’austerity tra dicembre 1973 e primavera 1974, certamente aiutò a superare le resistenze collettive e a promuovere nuove forme di mo bilità dolce come abitudine diffusa. Al contempo, i censimenti storici ci parlano dell’invecchiamento della po polazione all’epoca residente in cen tro, di un progressivo spopolamento dell’ansa per effetto del declino del tessuto e di emergenti preferenze abi tative suburbane. Quando trionfano le tipologie a bassa densità nel verde dei comuni della corona (Valpolicel la e dintorni), mentre, con l’avvio del la stagione delle ristrutturazioni, an

3. Convegno nazionale degli assessori comunali alla polizia urbana e al traffico. Promosso dal Comune di Verona, 1964, infra.12US

2 A. Tommasoli, Verona nelle sue strade, Edizioni di Vita Veronese, 1954, p. 28.

17 Consiglio comunale: è stata annunciata l’imminente chiusura del centro storico, in «L’Arena», 9 febbraio, 1968.

di

01

Testo: Francesca Rapisarda, Politecnico Milano

104 2022 #03 QUASI ARCHITETTI La riconversione della ex-scuola elementare di Affi in un progetto di inclusività sociale sviluppato come sperimentazione didattica e presentato alla cittadinanza in una mostra ilImmaginarefuturo

01. Veduta di insieme della mostra allestita nella Biblioteca Comunale di Affi.

te, ritenuto meno significativo e rap presentativo, si sono concentrate la maggior parte delle rivisitazioni pro gettuali. La scelta è stata favorita an che dalla posizione di tale volumetria prospiciente al parco urbano che con duce alla Chiesa e ha suggerito pos sibili aperture ed estensioni visive sul contesto verde circostante.

105130

Ballysa Loris, Funari Sara.

02. Pianta piano primo, progetto degli studenti Asfinio Niccolò, Bai Laura,

03. Pianta piano rialzato, progetto gruppo Canova Chiara, Carati Elena, Carugno Leonardo, Castelli Giada.

In una prospettiva di recupero e di rilancio delle strutture edilizie pree sistenti nella città di Affi, una signi ficativa sperimentazione didattica ha riguardato la riconversione della ex scuola elementare in una prospetti va di inclusività sociale, guardando con interesse alle linee guida del Pro gramma di Ricerca sufabbricapalestrazionepoitiantistante.affacciatosviluppatotepostoIlvipiùcettodelprocessiganizzazionetraversoautonome,personeditivotosufficientil’usoscolasticostatiCarolaconImmaInternigettazioneNell’ambitodelmentofit)di#NewEuropeanBauhausInternazionaleeall’internounaconvenzionequadro(noprofrailComunediAffieilDipartidiArchitetturaeStudiUrbaniPolitecnicodiMilano.delLaboratoriodiProdell’ArchitetturadegliguidatodalleprofessoresseForinoeFrancescaRapisardalearchitetteGretaAllegrettieD’Ambros,glistudentisonochiamatiaprogettarel’edificoesistentericonvertendoneinunaresidenzaperanzianiau(socialhousing).L’obietprincipaleèstataladefinizionespazidellostareedelconvivereperavantineglianni,maancoracapacidicorroborareatlalorodistribuzioneeriorlaqualitàdell’abitareeidiappropriazionedeiluoghiviveresecondoundifferentecondicasaperindividuisoliononadattiausufruireglispaziabitatidiuntempo.complessoscolasticodiAffiècomdauncorpodifabbricarisalenaiprimidecennidelNovecento,suduelivellifuoriterraesustradaconungiardinoUnaseriediampliamenerifacimentidaglianniOttantainhannocondottoallaconformaattuale,conl’addizionediunasullatoestediuncorpodisullatonord.Inparticolare,quest’ultimoampliamentorecen

03

A partire dall’analisi dell’edificio esi stente e del suo intorno urbano, i gio vani progettisti hanno offerto nuove letture a seconda delle ipotesi di riu so proposte: ragionando sulla parte originaria della scuola e le successive addizioni, hanno operato sottrazio ni o addizioni volumetriche, sfonda menti interni, rivestimenti di facciata o altre operazioni progettuali volte a dare nuova vita all’edificio, senza de molirne l’impianto strutturale e la sciando inalterata la parte più antica. In alcuni casi la palestra è stata inte 02

106 2022 #03 QUASI ARCHITETTI

coppie: sono stati arricchiti di molti luoghi per stare insieme quali sog giorni, sale lettura e biblioteca, cuci ne e sale da pranzo, laboratori, patii e orti, per incentivare lo spirito comu nitario, la condivisione di esperienze, l’incontro fra le persone. Non manca no, inoltre, un’infermeria-studio me dico, una sala per fisioterapie, un uf ficio per i residenti e le relazioni con il pubblico. La ricerca di privacy e, al contempo, di opportunità di interre lazione vengono approfondite anche attraverso il disegno dell’arredo con cui attrezzare e caratterizzare un dif ferente modo di abitare, offrendo una prospettiva di “abitare condiviso” e di benessere per le generazioni più fra gili, ma accogliendo al contempo an che visitatori o utenti esterni.

Martina, Peverelli Greta.

grata nei progetti con nuove funzio ni, in altri ha mantenuto la sua de stinazione originaria, ma è stata in parte rivista ampliandone il possibile uso anche da parte dei non residenti la struttura dell’ex scuola, attraverso nuovi sistemi di accesso per render la più facilmente raggiungibile. Altro tema progettuale sondato è stato il re cupero dell’attacco a terra del fabbri cato e del suo rapporto con la strada. Il limite della recinzione, attualmen te necessaria per il plesso scolastico, è stato rimosso a favore di un disegno dell’area esterna, che in alcuni casi ha previsto uno scavo in (ampia) trincea per recuperare con più agio il livello seminterrato dell’edificio, che diventa così una nuova pizza pubblica raccor data con gradonate o rampe verdi con il livello stradale.

Fra le finalità del progetto vi era, in fatti, anche la ricerca di integrazione degli ospiti di questa nuova struttu

050406

04. Plastico di progetto, gruppo Catania Matteo, Devecchi Greta, Dell’Acqua Camilla, Poncemmi Fabio.

05. Esploso e sezioni, progetto gruppo Caporale Benedetta, Perrone Antonio, Parisi

06. Sezione e prospetto nord. progetto gruppo Catania Matteo, Devecchi Greta, Dell’Acqua Camilla, Poncemmi Fabio.

Gli interni sono stati ripensati per of frire appartamenti individuali o per

Gli studenti hanno così immaginato il futuro della ex scuola, ma soprat tutto un modo di vivere e di stare insieme: grazie al progetto architet tonico le relazioni di inclusività fra generazioni differenti possono ani marsi in una cornice di bellezza e Glifunzionalità.esitidellaboratorio sono stati og getto di una mostra tenuta lo scorso maggio-giugno presso la biblioteca comunale di Affi. L’ex stazione tra sformata in sala lettura-studio (cfr. «AV» 85, pp. 56-63) ha accolto una selezione dei lavori degli studenti: modelli in scala, schizzi e disegni di progetto sono stati esposti alle pareti o al soffitto in un allestimento legge

ra con individui di altre fasce di età: i piani terra spesso accolgono labora tori, bar, sale corsi e per piccole espo sizioni, ambienti di co-working, bar e spazi flessibili e polifunzionali, che interagiscono con l’area verde anti stante il corpo edilizio e sono rivolti a tutta la comunità di Affi, che potrà usufruire delle strutture e attrezzatu re del centro residenziale.

ro e composto: con pochi mezzi si è riusciti a dare valore ai contenuti in mostra. Sui tavoli rivestiti con carta da pacco e disposti al centro delle sale sono stati appoggiati i piani terra dei modelli (rigorosamente monocroma tici di colore bianco), i cui livelli supe riori sono stati sospesi ai soffitti degli spazi, in modo da rendere facilmente comprensibili i vari progetto al pub blico mediante la riproduzione tri dimensionale in scala. Inoltre, ai lati delle diverse sale sono stati appesi con pinze da disegno i disegni, gli appun ti e le note di corredo e spiegazione dei singoli progetti. Con questa mostra si è conclusa la ri cerca didattica e ci si augura si pos sa aver reso maggiormente partecipe la collettività di Affi della potenzia lità che riveste un possibile progetto di rifunzionalizzazione del complesso della ex scuola elementare. Si apre, a questo punto, un dibattito su possibili interventi futuri su questo manufatto, di cui con l’esperienza didattica del laboratorio si è inteso dare una possi bile interpretazione. •

VIVERE INSIEME! Progetti del Laboratorio di Progettazione dell’Architettura degli Interni a.a. Scuolaarch.conprof.prof.2021-2022ImmaForinoFrancescaRapisardaarch.GretaAllegretti,CarolaD’AmbrosAUIC|Politecnicodi Milano Corso di Laurea in Progettazione dell’Architettura

07

08

08. Pianta piano seminterrato, progetto gruppo Daiu Marsida, Verni Zoe, Vecchierelli Federica, Zauli Simone.

107130

07. Prospetto sud e sezione, progetto gruppo Paganini Filippo, Palmisano Piero, Petrella Ludovica, Pasqualini Francesco.

MOSTRA Biblioteca Comunale di Affi 27 maggio-05 giugno 2022 a cura di Greta Allegretti e Carola Allestimento:D’Ambros Francesca Rapisarda Promossa da Comune di Affi (VR), Dipartimento di Architettura e Studi Urbani DASTU | Politecnico di Milano, Scuola di Architettura e Ingegneria delle Costruzioni | Politecnico di Milano, Interior Reuse Lab | DASTU L’evento fa parte #NewEuropeanBauhausdelDesigning“NEWBAUHAUS@POLIMI.dell’iniziativatheNewNormal”PolitecnicodiMilano|

Testo: Massimo Falconi

daCartolineMonaco

01

2022 #03108

Se cammini per strada a Monaco può capitare di sentire Hi – seguito da un – Servus! quando due persone si incontrano, e mi piace iniziare a raccontare la mia esperienza nella capitale bavarese partendo proprio da questa espressione che unisce il saluto internazionale per antonomasia al tipico saluto bavarese. Questo duplice carattere, tra internazionale e locale, ben sintetizza a mio parere le anime di questa città. Da un lato, infatti, Monaco è una città sempre più internazionale con il 28,5% di popolazione straniera proveniente da tutto il mondo, che arriva quasi al 45% se si sommano i migranti di seconda generazione; dall’altro lato, resta pur sempre una città molto

Hi, Servus!

Massimo Falconi, originario dell’entroterra gardesano, ha conseguito la laurea Triennale in Architettura presso il Politecnico di Milano e la laurea Magistrale a Venezia nel 2018, con un progetto sulla riqualificazione dell’area ex BAM di Verona, con relatore Marco Ferrari (cfr. «AV» 120, pp. 78-81), che gli è valso il premio per la “Miglior tesi di laurea 2018” dell’Università IUAV. Durante e dopo gli studi, come ci racconta di seguito, ha fatto e sta facendo esperienza professionale a Monaco di Baviera. Al momento lavora nel giovane studio Westner Schührer Zöhrer Architekten, e come junior teaching assistant nel corso di progettazione tenuto dai professori Bruno Krucker e Stephen Bates presso la TUM (Technische Universität München).

L’esperienza personale e una testimonianza in presa diretta sulla realtà architettonica di Monaco di Baviera da parte di un giovane architetto veronese che lì vive e lavora

Architetti veronesi raccontano la loro esperienza professionale “fuori dalle mura”

05. St Thomas Morus: planimetria piano terra.

02 03 0604

130 109 05

01. St Thomas Morus, nuovo centro parrocchiale e asilo, Monaco di Baviera (Westner Schührer Zöhrer Architekten): disegno esecutivo facciata asilo. A destra: ritratto di Massimo Falconi).

legata alle sue tradizioni, in cui non mancano Dirndl e Lederhosen (vestiti tradizionali) per le occasioni speciali, e si percepisce un certo orgoglio per la cultura e prodotti locali, tra tutti automobili e birra.

Esperienza personale

06. St Thomas Morus: mockup facciata centro parrocchiale (foto S. Schels).

02. St Thomas Morus: modello 1:50 (foto di Simon Burko).

Riguardando al mio percorso, posso dire un po’ sorridendo che rientra anch’esso in un Hi, Servus! Infatti l’approdo a Monaco nel 2016 per un anno di Erasmus, durante la laurea Magistrale allo IUAV, fu guidato fondamentalmente da due fattori: l’offerta internazionale che l’università offriva, grazie alla quale non era necessario nessun prerequisito di conoscenza della lingua tedesca ma solamente dell’inglese; e l’interesse di seguire il corso di progettazione dei professori Stephen Bates e Bruno Krucker, di cui conobbi il lavoro grazie a un articolo su «Domus» (n. 974, novembre 2013). L’anno di studio presso l’Università Tecnica di Monaco (TUM) fu molto intenso, e cercai di seguire i corsi dei docenti che più mi interessavano, sia tedeschi che internazionali, anche a costo di non veder riconosciuto qualche credito. Oltre a quelle di Krucker e Bates, ebbi in particolare l’opportunità di seguire le lezioni di Thomas Auer (fondatore e socio dello studio Transolar) sul tema Climate responsive building, di Florian Nagler sul tema Einfach Bauen (costruire semplice) e un workshop di una settimana con l’architetto londinese Adam Kahn.

03-04. St Thomas Morus: modello 1:50 progetto (foto S. Burko) e modello 1:100 concept.

07. St Thomas Morus: disegno esecutivo piano terra asilo.

Parallelamente all’università, iniziai a seguire dei corsi di lingua tedesca e a fare apprendistato nell’appena fondato studio Westner Schührer Zöhrer Architekten, dove tutt’ora mi trovo. Proprio qui nell’agosto 2017, a Erasmus ormai finito, lavorai allo studio di fattibilità per la trasformazione di un complesso ecclesiastico vicino al centro di Monaco, progetto di cui adesso stiamo seguendo il cantiere. Il tema fondamentale della proposta era il ricollocamento all’interno della chiesa di parte delle funzioni accessorie (sacrestia, uffici, ecc.) e di una grande sala per gli eventi che si trovavano in edifici limitrofi non più agibili, lasciando spazio così a un nuovo asilo; il tutto preservando e ristrutturando la Chiesa e parte degli edifici esistenti, vincolati dal Denkmalschutz (Soprintendenza locale). Così, dopo essere tornato in Italia per concludere gli studi, qualche giorno dopo la discussione della mia tesi ricevetti la proposta di tornare a Monaco per seguire lo sviluppo del progetto. Ed eccomi ancora qui dove finalmente, dopo diversi stop&go dovuti al Covid,

07

2022 #03110

08. St Thomas Morus: mockup facciata asilo (foto S. Schels).

09. St Thomas Morus: inizio del cantiere (foto M. Falconi).

alle tempistiche della Soprintendenza e della burocrazia (eh sì… anche in Germania esiste!), il progetto è finalmente in cantiere.

AWWSCZ

Al momento nello studio AWWSCZ siamo in sei persone e lavoriamo su diverse tipologie di progetti, sia per committenti pubblici che privati, come ad esempio il centro sportivo ad Olympiapark vincitore nel 2021 del premio di architettura della città di Monaco (BDA-Preis ) oppure la Gartenhaus, riconversione di un piccolo capanno in una casa vacanza.

Panorama architettonico

La mia attuale posizione permette di osservare il panorama architettonico di Monaco da una posizione molto ravvicinata. Sebbene sia difficile sintetizzare l’articolata geografia di uffici, si può notare la presenza di grandi studi dalla dimensione internazionale, come ad esempio HENN e Auer+Weber, e un nutrito schieramento di studi di medie dimensioni ben consolidati e molto tradizionali, tra quali emergono per la qualità del loro lavoro, nonché per la loro posizione di professori presso la TUM, Florian Nagler e Andreas Hild. Tuttavia in questi ultimi anni sta emergendo una realtà molto interessante e dinamica di giovani e piccoli studi, che cerca di porsi in modo alternativo rispetto agli schemi correnti. Un ritratto di questa situazione è stato delineato nell’edizione Bayern della rivista svizzera «Archithese» nel novembre 2018 e nella mostra “The next possible city - position of young architects in Munich” sempre nel 2018 all’Architekturgalerie di Monaco, in cui è stato chiesto a circa una quindicina di giovani professionisti monacensi di esporre il proprio lavoro. Tra questi, oltre allo studio in cui lavoro erano presenti, per citarne alcuni, Max Otto Zitzelsberger, Buero Kofink Schels e Studio Europa. Uno delle caratteristiche che accomuna questa generazione, oltre al dato anagrafico, è il rapporto con l’università in cui molti di questi giovani architetti operano a vario livello. L’ambito accademico offre un approccio progettuale molto artigianale, l’influenza di una dimensione internazionale e una sempre crescente attenzione alle tematiche del costruire in modo sostenibile.

09 08

L’immagine quotidiana della città di Monaco al di fuori del centro storico e delle icone architettoniche più note come ad esempio l’Olympiastadium e l’Allianz Arena, quella che si percepisce muovendosi in bici da un quartiere all’altro, è l’esito del lavoro di una serie di professionisti locali che hanno operato nel corso del secolo scorso e che si può dividere fondamentalmente in due momenti, quello antecedente alla seconda guerra mondiale focalizzato sull’espansione delle struttura urbana della città, e quello successiva che si è cimentato con il tema della ricostruzione.

Local heroes

10 10-11.modello(fotoArchitekten):SchührerdiOlympiapark,VereinsgebäudeMonacoBaviera(WestnerZöhrervedutaS.Schels)e(fotoS.Burko).

12. Concorso per un edificio residenziale a Moosach, Monaco di Baviera (Westner Schührer Zöhrer Architekten).

12 1514

130 111

13. Lavori dello studio Westner Schührer Zöhrer Architekten in mostra per il “Förderpreis 2018”. 14-15. Gartenhaus, Monaco di Baviera (Westner Schührer esternaArchitekten):Zöhrervedutaeinterno(foto S. Schels).

La struttura urbana della Monaco di oggi è ancora fortemente influenzata dall’espansione urbana all’esterno del nucleo medievale pianificata da Theodor Fischer a cavallo tra Ottocento e Novecento e dal suo Münchner Staffelbauordnung, con l’obiettivo di portare la città a un milione di abitanti. L’approccio urbano pragmatico e artistico (Stadtbaukunst) si confronta con le esigenze del suo tempo e i luoghi in cui interviene. Le strade

1113

Questi anni spesi nella capitale bavarese, oltre all’esperienza professionale, sono stati importanti per riflettere sugli aspetti positivi e le buone pratiche che contraddistinguono questa città e di cui, a mio avviso, si può far tesoro anche per possibili applicazioni nel contesto italiano. In primis la ricchezza degli spazi verdi è un aspetto che contraddistingue fortemente Monaco: non solo come sinonimo di qualità del tempo libero, ma anche come strumento, sempre più necessario, per la salvaguardia del clima delle nostre città. L’attenzione a questo aspetto è dimostrato da una apposito autorità (Naturschutzbehörde) che si occupa della protezione del patrimonio naturale attraverso la mappatura e l’individuazione delle specie animali e vegetali da proteggere a seconda della tipologia e dell’età. Non di rado capita che alcuni progetti architettonici vengano fortemente ridimensionati a causa dei limiti imposti da questo organo, e allo stesso tempo di vedere qualche insolito animale, come scoiattoli o lepri, girovagare nei cortili della città.

17. Alte Pinakotheke, Leo von Klenze 1836ricostruzione Hans Döllgast 1957 (foto M. Falconi).

Learning from Monaco

16. Estratto Staffelbauplandel 1912 di Theodor Fischer, Franz Schiermeier Verlag, München.

curve e i grandi blocchi (Normalblock) leggermente deformati rispondono alla geografia del luogo e conducono a una ricca collezione di prospettive urbane. Le stesse che Le Corbusier definì “le strade dell’asino”, ma che tuttavia ancora oggi convincono per la loro naturalezza. La generazione che si è adoperata nella ricostruzione della città dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale può essere collocata tra gli anni Cinquanta e Settanta, come ritratto minuziosamente nel libro 50 60 70, Architektur aus drei Jahrzehten im Münchner Stadtbild Herausgegeben di Alexander Fthenakis. Tra i principali architetti si possono citare in particolare Hans Döllgast, impegnato principalmente nella ricostruzione di edifici pubblici come ad esempio l’Alte Pinakoteke di Leo von Klenze, e i suoi allievi tra i quali Franz Hart, Josef Wiedemann e Sep Ruf, in prima linea nel delineare l’immagine “moderna” della città di Monaco.

2022 #03112

18. Scorcio parteHohenzollernstraße,sudell’espansione di Theodor Fischer (foto M. Falconi).

16 17 18

21. Copertina del volume 50 60 70, Architektur aus drei Jahrzehten im

130 113

Münchner HerausgegebenStadtbild di Alexander Fthenakis. 22-23.FranzSalvadorgarage,Hart1964–1965, e edificio per uffici nella Promenadenplatz, Josef Wiedemann, 1960-62 (foto M. Falconi).

19 20 21 22 23

Allo stesso tempo sul modello delle città nord europee la presa di coscienza dell’importanza di muoversi in modo sostenibile, in particolare in bicicletta, è sempre più radicata nell’opinione pubblica ed è supportata da una buona rete ciclabile, che rende questo tipo di spostamento, non solo green ma anche pratico e conveniente. Infine, come citato all’inizio, la dimensione internazionale e una certa apertura a persone provenienti da tutto il mondo, in un rapporto di scambio reciproco, sta sviluppando un’atmosfera positiva, sia sul lato sociale come su quello economico, ed è partecipe di quel clima cosmopolita che si respira per strada. •

19. Englischer Garten (foto M. Falconi).

20. Edificio per abitazioni nella Theresienstraße, Sep Ruf, 1952 (foto M. Falconi).

TregnagoIllasi, brano della d’Illasi partire luogo eponimo, segni della storia, progetti rimasti sulla carta ancora divenire una defilata opera veronese Paolo Portoghesi

Testi: Luisella Zeri

Val

Un

a

tra

dal

130

Viaggio in provincia: tra Illasi e Tregnago

o

e

in

di

2022 #03

Foto: Lorenzo Linthout (itinerario), Moreno Maggi (municipio Tregnago)

Piazza della Libertà, Illasi, sole ab bacinante, esterno giorno. La faccia ta del municipio se ne sta sulle sue, mentre dall’altro lato fa da controcan po un edificio macchiato dal tempo. Nel mezzo noi, una piccola compagi ne della redazione di «AV», che inizia da qui questa puntata del Viaggio in provincia. Tutto è immobile, fermo nel tempo, quasi fosse la scenografia di un film. La barista cinese ci guarda incredula, incapace di realizzare che qualcuno possa avventurarsi qui in questa estate rovente. “Tulisti o tec nici?”, domanda mentre ci serve due aranciate e un’acqua e menta. Noi, che questa volta non sappiamo cosa rispondere, scopriamo di essere capi tati in paese proprio il giorno di aper tura al pubblico degli uffici comunali. Toh, a volte il caso…

115130

prima rintracciandoli nella memoria e poi lungo il percorso, alcuni esem pi virtuosi già approfonditi sulle pa gine della nostra rivista. Ritroviamo così ad esempio il maneggio di Illasi e la scuola di Colognola ai Colli (cfr. «AV» 118), o la cantina annessa ai ru stici di Villa Pellegrini Cipolla a Tre gnago («AV» 91).

La Val d’Illasi, posta alle pendici del Carega e attraversata dall’omonimo progno, è raggiungibile da Verona tramite diversi nodi stradali, fra cui l’attraversamento diretto dal centro città. Dietro al finestrino scorre un paesaggio collinare di valore rico nosciuto a cui si sovrappongono in sequenza gli abitati di San Marti no Buon Albergo, Vago di Lavagno, Colognola ai Colli, in una ritmica alternanza di case rurali più o meno ristrutturate, lottizzazioni, piccoli e medi capannoni a destinazione mista e alcuni immancabili centri commer ciali. Lo sguardo dell’abitante locale, abituato a vivere questi spazi, riesce a distinguere alcuni punti di riferimen to contemporanei, più folkloristici che caratteristici, tanto che all’osser vatore forestiero difficilmente saltano Maall’occhio.anche noi, a caccia di esotismo provinciale, abbiamo una serie di punti di riferimento a cui appoggiar ci: è così che cerchiamo di ricordare,

Tra questi distillati segni del presen te, all’interno di un paesaggio strati ficato sul quale il tempo ha lavorato in modo più o meno impetuoso, emerge però con forza la presenza del passa to, ovvero i segni della storia che qui si manifesta appieno nelle grandi vil le, elementi fondativi della campagna veneta. Oggi trasformate in cantine vitivinicole, aziende agricole, loca tion per eventi o in alcuni casi in tutte e tre le cose assieme, queste dimore signorili rappresentano i nuclei attor no ai quali si sono aggregati gli abi tati. Emblematica a tale riguardo è la struttura urbana di Tregnago, che si sviluppa su due strade quasi paralle le collegate da vie perpendicolari più strette lungo le quali sono sorte le case contadine.

0103. Il municipio di Illasi e la sua piazza, rimasta allo stato di sconfinata distesa di asfalto, con l’edificio di rimpetto alla casa comunale e la tensostruttura sul retro verso i campi sportivi.

0201 03

04-06. Ville in valle: uno scorcio del viale di cipressi nel parco di Villa Pellegrini Cipolla Pieropan a Tregnago, Villa Perez PompeiSagramosoPompeieVillaCarlottiaIllasi.

116 2022 #03

Se un tempo attorno alle ville si for mavano circoli culturali di artisti e poeti, oggi non ci sono più i ricchi me cenati a mantenere questa pratica: ma la vita di campagna rappresenta anco ra il ritiro d’eccellenza per lo studio e la riflessione. Tra Illasi e Tregnago si scopre così la presenza di intellettuali legati al territorio o per motivi gene alogici e di nascita, o grazie a fortuiti colpi di fulmine che li hanno portano a insediare qui dimore e atelier. Come ad esempio Dino Formaggio, filosofo e critico d’arte, e Alessandro Tutino, urbanista e professore allo IUAV, che tra l’altro nel 2006 fecero parte della giuria di un concorso di idee per ri pensare le piazze di Illasi L’area di progetto era davvero estesa, in quanto abbracciava il sistema dei luoghi centrali del paese che, nono stante la presenza degli edifici istitu zionali e la prossimità con le ville sto

04 06 05

Lungo il nostro itinerario abbiamo individuato le più celebri. La set tecentesca villa Pompei Carlotti si staglia sullo sfondo del profilo della piazza di Illasi, ed è l’emblema del la residenza di una ricca famiglia di origine patrizia, i Pompei, per molto tempo proprietari di gran parte del paese. Poco oltre, sulla strada verso nord, ecco villa Perez Pompei Sagra moso, che alle delizie architettoniche affianca quelle culinarie del ristorante stellato ospitato al suo interno. A Tregnago è protagonista la già ci tata Villa Pellegrini Cipolla poi Pie ropan, di epoca cinquecentesca, ca ratterizzata da un alto muro di cinta che la nasconde alla vista, anche se il nominativo dell’attuale proprietà non lascia dubbi sulla sua destinazio ne eno-turistica: che altro non è se la trasposizione contemporanea dell’an tico otium

07 0908 10

Un esito diverso, nonostante una vi cenda assai tormentata, ha riguardato invece piazza Massalongo a Tregna go e l’ampliamento della sede muni cipale. Il nuovo edificio sorge sul se dime delle ex carceri austriache, che vennero demolite per fare spazio a un centro servizi per la Val d’Illasi, com prendente una mostra permanente del ferro battuto. Il progetto del 1972 è firmato da Rinaldo Olivieri, il can tiere prende avvio ma viene poi bloc cato. Dopo una lunga stasi, si decide di destinare l’edificio a uffici comu nali, in ampliamento dell’adiacente sede municipale di palazzo Pellegrini. Fino agli anni Ottanta si susseguono le proposte redatte dai tecnici comu

nali, ma nessuna di queste convince la Soprintendenza. La svolta avviene con il coinvolgimento di Paolo Por toghesi, una personalità indiscutibi le, negli anni in cui stava elaborando un progetto per piazza Isolo a Verona (cfr. AV» 35, pp. 18-19). Piera Legna ghi è il tramite che lo porta a Tregna go: il progetto dei nuovi uffici muni cipali è del 1987, si avvia nuovamente il cantiere ma il fallimento dell’im presa conduce a una nuova lunga sta si. Finalmente nel 2001 grazie alla spinta dell’amministrazione comu nale in carica i lavori riprendono, e

07-10. Resti di archeologia industriale nell’area dell’ex Italcementi a Tregnago con alcuni innesti contemporanei.

117130

riche, risultava – e risulta a tutt’oggi – scarsamente riconoscibile come spa zio collettivo urbano: si tratta di una sconfinata distesa di asfalto, interrot ta solo dalla scansione delle righe dei parcheggi, due metri e mezzo per cin que, ritmiche e inesorabili. Girando attorno al palazzo municipale il pa esaggio non cambia: ancora asfalto, una tensostruttura, un campo da cal cio. Eppure, qui, una volta era tutto verde e parco, almeno su carta. Il progetto vincitore del consorso (au tori Cegan, Patuzzi, Zalin) si faceva carico della molteplice articolazio ne del contesto, mettendo in dialogo i segni della contemporaneità con le tracce della storia. Su carta prende vano vita l’area del mercato, un nuovo grande parco pubblico, la piazza prin cipale che assumeva nuova importan za in relazione con la chiesa e il mu nicipio, originando un nuovo sagrato dalla duplice veste sacra e civile. Cosa ne è stato di quel progetto? In perfetta tradizione concorsuale italica, nulla, il nulla più assoluto; fatta salva la traccia a futura memoria sulle pagine di «AV» (si veda il numero 78).

L’ultima tappa del nostro percorso ci porta appena fuori dall’abitato di Tre gnago, lungo la circonvallazione, dove le ciminere che svettano nel paesag gio segnalano l’inconfondibile sago ma dell’ex Italcementi, storico inse diamento industriale del luogo. Un profilo che, ce ne rendiamo conto ap pena arriviamo, è davvero suggestivo, quasi una cattedrale gotica dei tempi moderni. La costruzione dell’insedia mento produttivo, iniziata nel 1922, portò progresso e crescita economica al paese, in un periodo di scarsa red ditività agricola delle terre. Complice il rinvenimento di cave calcaree nelle colline attorno alla vallata, la fabbri ca lavorò fino al 1973 quando chiuse i battenti dopo un declino comincia

l’edificio viene inaugurato nel 2006. Portoghesi riversa nel progetto le emozioni provate durante una visita alle cave di Prun. Dal punto di vista planimetrico l’edificio fa un passo in dietro rispetto agli edifici storici fra cui è incastonato, quasi a omaggiare l’adiacente palazzo e l’eco del suo bro lo diventato piazza. Nonostante ciò, la sua posizione mediana rispetto allo spazio aperto e l’essere un didascalico catalogo postmoderno dei tipi e delle forme della’architettura tradizionale lessinica, lo porta a fare un inevitabi le balzo in avanti, diventando il vero protagonista della scena urbana. Tut to, guardando il prospetto, richiama il ritmo e le forme delle contrade del la Lessinia: le finestre del piano ter ra, dove la piattabanda è alleggerita dal motivo delle due lastre disposte a “cappuccina” riproducono fedelmente un motivo rilevato a Cerna, le feritoie verticali del primo piano si ispirano a un dettaglio osservato a Zamberlini, il porticato d’ingresso coperto da lastro

12. Piazza Massalongo a Tregnago: Palazzo Pellegrini in primo piano e il suo ampliamento sulla destra. (foto di Moreno Maggi).

12 13 11

118 2022 #03

11. Ampliamento del municipio dei Tregnago, arch. Paolo piano(1987-2006):Portoghesipiantaterreno.

ni di pietra e limitato da setti verticali non lasciano dubbi sullo studio porta to avanti dall’architetto. Sul timpano è accolta un’opera scultorea metallica di Piera Legnaghi, quasi un omaggio per essere riuscita a portare la firma di Portoghesi in Val d’Illasi.

13. Il portico di accesso ai nuovo uffici comunali in una veduta laterale (foto di Moreno Maggi).

119130

e sovradimensionata rispetto al terri torio in cui è inserita. Sono figli del cementificio il nuovo polo scolastico, l’auditorium comunale con sale per associazioni, il palazzetto dello sport e alcuni condomini. Buona parte delle opere pubbliche sono state realizzate grazie alla perequazione dei comparti Conresidenziali.lesueforme quasi gotiche, i cu nicoli, le volte e gli alti camini il ce mentificio chiude il nostro percorso come una metafora dei luoghi visita ti. Sotto lo strato di polvere dell’ab bandono che appiattisce e uniforma i luoghi, si nascondono le opportunità e le occasioni. Questi eventi non sem pre vedono la luce, o forse la vedono solo in parte, ma possono sicuramen te diventare terreno fertile su cui rein ventare e costruire nuovi pezzi di un racconto che proietta la valle nel fu turo. •

14-16. Veduta notturna, particolare della tessitura lapidea del fronte e veduta generale della nuova sede comunale a Tregnago (foto di Moreno Maggi).

16 15

to negli anni Sessanta. La presenza del cementifico ha rivestito per anni un ruolo fondamentale nel territo rio dal punto di vista economico, ma forni e comignoli, una volta spenti, sono rimasti a lungo immobili e svuo tati mentre si apriva il dibattito sul la riconversione dell’area. A fine anni Ottanta l’impianto è stato oggetto di un piano particolareggiato di inizia tiva pubblica, previsto come varian te al prg elaborato da Bruno Dolcet ta del 1987. Nel 2003 viene redatta la prima convenzione, che prevedeva la conservazione degli elementi più ca ratteristici di archeologia industriale, il recupero del 90% del volume inter no al recinto fra residenza e altre de stinazioni e ulteriori metri cubi co struiti nell’area verde esterna. Degli interventi previsti dal piano, ad oggi è stata effettivamente realizzata solo una parte, forse un po’ troppo spinta

14

120 2022 #03

LA

Foto: Guido Zanderigo

IG: zanderigoguido 03 01 0402

Figura geometrica generata per estrusione di una pianta circolare lungo un asse verticale, diversamente dalla rarissima sfera e dallo sporadico cono, il cilindro gode di una costante fortuna architettonica, attraverso tutte le epoche. Le sue declinazioni sono molteplici: che sia uno smusso in cerca di identità, un pilastro cresciuto fino a diventare abitabile, un elemento svettante privo di una direzione prevalente, o ancora un coronamento a guisa di cappello – a cilindro, per l’appunto – fino ad essere sottoposto a torsioni, deformazioni o a cadere riverso, quasi esangue e per questo un po’ Sembraschiacciato.essere andato a caccia di cilindri –ma non solo, si tratta invero di una selezione molto parziale – Guido Zanderigo, fotografo per diletto e incessante flâneur, al cui repertorio di casi veronesi abbiamo attinto per formare questa gallery. A ciascuno il suo (cilindro): anche senza l’ausilio delle didascalie, il gioco a riconoscerli è aperto. ( AV ).

PORTFOLIO: PERSISTENZA DEL CILINDRO

121130 01. Verona, via del Risorgimento. 02. Verona, piazzale Cadorna, Genio Civile. 03. Verona, via Todeschini. 04. Verona, via Cefalonia. 05. Verona, Polo Zanotto. 06. Verona, via Gramsci. 07. Verona, via XXIV Maggio. 08. Verona, via Betteloni. 05 07 08 06

122 2022 #03 12 11 10 09

123130 09. Verona, palazzo del Mutilato (retro). 10. Fumane (VR), cementificio. 11. Verona, viale dell’Industria. 12. Passaggio di Napoleone, Domegliara (VR) . 13. Verona, via Montanari. 14. Verona, area ex Bentegodi, Cittadella. 15. Sant’Ambrogio di Valpolicella (VR), area ex fiera. 16. Verona, corso Milano. 13 14 15 16

L’interpretazione narrativa di Martinelli Luce

Corso Milano, 140 - Verona - formediluceverona.it ILLUMINAZIONE E DESIGN 01 03 04 02 Non è solo design: è concept progettuale e filosofia produttiva che si trasforma in prodotti iconici, a Verona da Formediluce

All’inizio degli anni Cinquanta nasceva Martinelli Luce, nel centro di Lucca, in uno scantinato che Elio Martinelli – fondatore dell’azienda – chiamava “Laboratorio”. Qui la sua creatività si esprimeva al meglio e prendeva forma, dando vita a oggetti semplici, ma ricchi di personalità. Il successo è arrivato grazie ad anni di continua sperimentazione, ricerca, sviluppo tecnologico, innovazione e collaborazioni con noti designer, tutti fattori che hanno portato il marchio ad essere sempre al passo con le richieste del mercato e al di sopra delle mode.

Sono numerose le lampade apprezzate in Italia e all’estero, ma quattro in particolare sono diventate delle vere icone: Pipistrello e Ruspa (Gae Aulenti,1965 e 1968), Cobra e Serpente (Elio Martinelli,1968 e 1965).

Pipistrello, uno dei riferimenti del design. Innovazione, estetica, riconoscibilità, fanno parte della storia di questa lampada e ne hanno determinato il successo. Sempre attuale, la lampada Pipistrello è riuscita nel tempo a trasformarsi pur mantenendo

AVDIBACHECALA 2022 #03124 #publiredazionale formediluceverona.it DESIGN FORME DI LUCE CORSO MILANO 140 37138 VERONA TEL +39 045 810 INFO@FORMEDILUCEVERONA.ITWWW.FORMEDILUCEVERONA.IT1138

Cobra, sinuosa ed elegante, una sfera semiaperta ipnotica, più di un semplice punto luce: caratteristiche di innovazione e design ne fanno un pezzo iconico che ha da subito conquistato il pubblico.

Ruspa, una lampada scultura oggi in versione gialla per celebrare il decennale della scomparsa di Gae Aulenti.

Serpente, lampada a luce diffusa che racchiude nella sua sinuosità un’innovazione incredibile per i tempi: la realizzazione del diffusore di metacrilato con un particolare stampo concepito appositamente per creare nel diffusore stesso un sottosquadro in corrispondenza del suo bordo libero.

01-02. Le lampade Cobra e Serpente disegnate da Elio Martinelli: variazioni sul tema della semisfera sospesa.

03. L’iconica Pipistrello disegnata da Gae Aulenti per lo showroom Olivetti di Parigi.

04. Ruspa: il movimento del braccio e della testa della lampada ricordano quello della macchina da cantiere.

AVDIBACHECALA 125130 #publiredazionale BERTI SNC DI BERTI STEFANO VIA I MAGGIO 34 37012 BUSSOLENGO (VR) TEL +39 045 7150689 TEL +39 328 986 INFO@BERTIVERONA.ITWWW.BERTIVERONA.IT9051 Dal 1890 solidità, utilità, bellezza Sezionali - Basculanti - Serramenti - Carpenteria

La conoscenza dei materiali sviluppata nel corso di quattro generazioni e la continua ricerca di nuovi materiali e soluzioni, permette a Stefano insieme ai suoi collaboratori e agli studi di progettazione di realizzare i desideri della committenza.

Stefano Berti quarta generazione dell’azienda Artgiana Berti snc realizza prodotti, non solo per il residenziale, basculanti, sezionali ( con un ns brevetto), serramenti in alluminio, ma anche, prodotti per l’industria di pregio come facciate continue uniche, personalizzate e arricchite da carpenteria su misura.

01-03. Due scale gemelle realizzate in uno spazio commerciale nel centro di Cannes, con struttura in acciaio (al centro la lavorazione in officina) rivestita in marmo, corrimano in acciaio AISI 304 lucidato a specchio e cromato oro, parapetto con elementi in vetro soffiato.

AVDIBACHECALA 2022 #03126 #publiredazionale METAL RIV SRL LOC. CAVATERRE ZAI, 4 37020 RIVALTA DI BRENTINO BELLUNO (VR) TEL +39 045 INFO@METALRIV.ITWWW.METALRIV.IT6284069 I sarti del metallo

L’esperienza di MetalRiv a disposizione di progettisti e imprese

Con l’obiettivo di garantire uno standard di elevata efficienza e qualità per il cliente, l’azienda costantemente si aggiorna con le normative e le certificazioni di settore, facendo formazione interna e incrementando il personale.

Particolare attenzione dedichiamo all’aggiornamento e all’addestramento del nostro personale (in ambito sicurezza, saldatura, certificazioni) e alla ricerca delle migliori soluzioni in termini di qualità-prezzo. Una qualità, la nostra,

La nostra professionalità si traduce in un rapporto costante con la clientela che supportiamo con personale qualificato sia in ambito di sviluppo dei disegni sia in ambito di produzione e realizzazione del progetto. In fase di design abbiamo sviluppato l’utilizzo di programmi di ultima generazione, passando dal tradizionale Autocad all’innovativo BIM (Business Information Modelling, con programmi come Tekla e Inventor).

Vantiamo anche collaborazioni nel mondo dell’arte, affiancando artisti e scultori di fama mondiale nella realizzazione dei loro progetti, garantendo la massima qualità tra l’artigianato e l’industriale.

Partnership, costanza e impegno ci hanno consentito recentemente di raggiungere un importante traguardo: il passaggio da una classe di esecuzione EXC2 a EXC3, biglietto da visita per la realizzazione di lavorazioni di sempre maggior spessore.

La versatilità della nostra azienda e dei nostri materiali ci consentono di collaborare anche con settori come il vitivinicolo, l’agricoltura, il tessile e l’alimentare. Non da ultimo il settore dell’ecologia, dove la nostra esperienza ci ha portato a sviluppare linee complete in acciaio inox dedicate allo smaltimento.

MetalRiv s.r.l. è un´azienda che opera con serietà e professionalità dal 1969 nel settore metalmeccanico, specializzandosi nella realizzazione di carpenterie metalliche medio pesanti e pesanti in acciaio.

Particolare attenzione è stata posta negli anni all’acciaio inox in tutte le sue finiture, forme e campi di utilizzo.

L’azienda vanta svariate realizzazioni e referenze nel campo industriale, con collaborazioni sempre maggiori nell’ambito delle costruzioni, sia private che pubbliche, con imprese di costruzione del nostro territorio affermate da anni.

01 0302

che si realizza ricorrendo alle migliori materie prime certificate, affiancandoci a partner di lunga data e a nuovi, per dare al cliente la possibilità di scegliere, con lavorazioni sempre coerenti con il periodo di avanzamento tecnologico.

Grazie alla nostra esperienza formata negli anni, offriamo oggi il nostro supporto e le nostre realizzazioni nel campo dell’architettura e del design, garantendo tutta la nostra disponibilità per la realizzazione del prodotto in linea con le richieste e le esigenze del cliente.

È possibile scaricare i numeri arretrati all’indirizzo architettiverona.it/rivista/ultimo-numero-e-archivio/. Seguici anche su instagram @architettiverona.

TRAAV: CONTANOCOSELECHE

Vuoi continuare a leggere «AV»? Puoi riceverla la rivista puntualmente in formato digitale o richiedere la spedizione del cartaceo su: www.architettiveronaweb.it/distribuzione.

Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.