Natale 2009

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Pensieri, riflessioni, racconti, ... ESTATE DI SAN MARTINO - Istadela de San Martin di Emma Valcanover Mentre mi muovo nei vani della Casa di Riposo S. Spirito, poso i piedi della mia fantasia, su ciò che era in passato remoto, l’amata planimetria che sta sotto i miei nostalgici passi. Un prato con alberi da frutto: i maestosi ciliegi, e, umile, il nespolo confuso con i prugni, meli, peri, viti e pergole. I campetti di verze e patate, con protezione di alte piante di fagioli, affinché la mucca non tentasse di banchettare nel verde proibito; poi, il vero orto, ben cintato da reti metalliche, invidiato per le verdure speciali, per quel tempo, dove io – golosa – andavo a rubacchiare i pomodorini, le carote, le grosse fragole. In tal fine il giardino, tutto in cerchio attorno al grande castagno; in un’accorta simmetria le aiuole, dove trionfano i gigli, il gladiolo, le dalie, le zinnie e le rose. Per ogni stagione un’idea nuova: in autunno i crisantemi in piena fioritura, portavano impressa la passione del papà che li coltivava apposta per ornare le tombe nelle Feste dei Santi. C’era da innamorarsi a guardare l’edera rampicante sulle mura di cinta che davano all’ambiente un aspetto claustrale, la magnifica serra, dove tra i tanti fiori risultavano le camelie, le azalee, le fresie, i limoni, gli aranci, e nella zona d’ombra le piante esotiche; tutto un grazioso insieme che ricordava le Riviere d’Italia ed anche estere, come ci raccontava la padrona Signora Luisa Montel. Tutto ciò non era così quel giorno di San Martino del 1927, quando arrivai, aiutando papà a tirare il carretto carico di utensili e masserizie varie. L’emozione quasi mi paralizzava nell’entrare dal portone di servizio, calpestando il fogliame del noce che stava a ridosso dello stabile fungente fienile e stalla. Mi ritrovai in mezzo agli abeti che poi durante gli anni son diventati giganti. Alto lo sguardo, quel mattino posai gli occhi sul campanile che trovai immediatamente così familiare! Non ero mai stata a Pergine, anche se avevo già sei anni e Santa Caterina non è poi tanto distante. Guardandomi intorno, scoprii che tutto era incolto, trasandato. Ci vollero le mani esperte del papà, improvvisato, mezzadro e giardiniere appassionato per rendere tutto meraviglioso! Ci volle l’amore vero dei miei genitori per fronteggiare la precarietà; i sacrifici furono molteplici; sembravano insuperabili in quel tempo di grave crisi… Vinse la ferrea volontà. Fiancheggiava Via delle Pive, lungo l’alto muro, un viale di noccioli e carpini, un’ombrosa galleria fatta ad arte, dove fiorivano spesse le dicentre dette “Cuor di Maria” oppure nel nostro dialetto “Scarpette della Madonna”, mughetti a volontà, e Sigilli di Salomone; un fiore che cresce nei boschi ma che per me erano una vera novità: tutte quelle campanule bianco-verdine rampicanti sul lungo gambo: sotto ogni bella foglia un fiore. Quel fatidico giorno, il ticchettio delle nocciole che cadevano sul viale mi sembrò un qualcosa di magico! Tutto il fogliame rosseggiante! Quanti ricordi, quanti!… Ma quel giorno di San Martino, l’undici novembre del 1927, camminando a fianco dell’amata zia Clementina, mentre i miei genitori si apprestavano a sistemare le povere cose nell’alloggio altrettanto disagevole, e ad accudire alle mie sorelline, colsi una grande foglia di edera…”ah, cominciamo bene – disse la zia – non si può riattaccare”… e mi mollò una sberla sulla mano così sonora che ancora ricordo. … Ma la commozione più profonda di quel giorno, fu quando, nel bel mezzo della superba Marzola tramontava il sole e spandeva gli ultimi raggi nel cielo a colori, abbagliata, posai gli occhi e terra e vidi, dietro un sasso, una bellissima viola mammola sbocciata quel giorno tra le verdi folte foglie; mi sembrò che volesse salutarmi, darmi umilmente la “benvenuta”! Tratto da “L’Eco della Casa di Riposo” - Natale 1997 Pagina 6

IL PONTE


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