Storie di Caregiver familiari

Storie di caregiver familiari

I racconti di chi si è preso cura del proprio anziano

Storie di Caregiver Premessa Il termine

anglosassone “caregiver“ è entrato ormai stabilmente nell’uso comune: indica “colui che si prende cura” e si riferisce a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile. I “caregiver” dei pazienti con demenza sono la grande maggioranza. Sono in genere donne (74%), di cui il 31% di età inferiore a 45 anni, il 38% di età compresa tra 46 e 60, il 18% tra 61 e 70 e ben il 13% oltre i 70.

Quando un familiare volontariamente assume l’impegno di fornire aiuto e

supporto al malato nel suo percorso di recupero fisico, mentale ed affettivo nell’ambiente domestico, si fa carico di un compito difficile e gravoso.

In molti casi, il carico assistenziale all’interno della famiglia è gestito da un’unica persona in quanto gli altri membri gradatamente abbandonano il peso dell’assistenza, delegando sempre più ad un solo membro della famiglia. Il familiare che si occupa dell’assistenza, rischia così di essere isolato e di isolarsi emotivamente e socialmente dalla vita pubblica e privata, fino ad arrivare gradualmente ad una vera e propria crisi psichica.

Spesso, per chi si trova ad affrontare il peso del doversi prendere cura di una

persona cara, raccontare la propria esperienza può essere “liberatorio” da un lato ma anche un atto di generosità e condivisione a favore di coloro che, nella stessa condizione, si trovano a svolgere il ruolo di caregiver.

Un sentito ringraziamento a quei familiari che hanno partecipato ai corsi di

formazione per caregiver e che ci hanno consentito di pubblicare le loro storie rispondendo a queste domande:

Cosa è accaduto al tuo familiare?

Come hai affrontato la situazione?

Come è cambiata la tua vita?

Quali sono i tuoi bisogni?

Cosa significa per te “essere caregiver”?

Se anche tu vuoi raccontare la tua esperienza, la tua storia: vai su www.caregiverfamiliare.it e partecipa a “Storie di Caregiver” lo spazio per raccontarsi e leggere on line le esperienze di coloro che si prendono cura di un proprio caro.

Storie di Caregiver

1

La mia vita è molto diversa.....

Il familiare che assisto è il mio papà. E’ cominciato tutto da un problema di

Ad un tratto aveva iniziato a scrivere con una grafia sempre più piccola, io glielo facevo notare ma lui continuava, come se non si accorgesse del cambiamento

All’inizio

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Facendo delle visite di controllo ed,

in particolare, dopo alcune TAC, i medici gli hanno diagnosticato una forma di demenza che nel 2009 si è acutizzata causandogli gravi problemi nei movimenti e all’apparato urinario (incontinenza).

del 2010 mio padre ha avuto un’emorragia al cervello, è stato ricoverato all’ospedale dove hanno cercato di drenare i liquidi in eccesso, purtroppo questa terapia non è stata efficace perché l’emorragia era molto estesa e gli ha arrecato gravi danni all’apparato articolare. Inoltre mio padre è stato sottoposto ad un intervento di tracheotomia perché erano sopraggiunti problemi respiratori e a causa di ciò ora non riesce a parlare.

Come ho affrontato la situazione? La

malattia non è stata molto graduale cosicchè ho dovuto assecondare giorno dopo giorno le sue necessità.

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Non ho avuto il tempo di pianificare il mio operato ma ho agito cercando di aiutarlo nel migliore dei modi.

Tornando indietro con gli anni, posso affermare che i primi disturbi di salute

di mio padre sono giunti prima dell’emorragia, ossia quando ha iniziato ad avere problemi di incontinenza fecale: dovevamo cambiarlo e lavarlo. Siccome si muoveva pochissimo è stato molto duro, ma siamo riusciti comunque a gestirlo. Oggi si è aggiunto il problema dell’utilizzo del respiratore in seguito alla tracheotomia. Quando è stato dimesso dall’ospedale, soprattutto i primi giorni, abbiamo dovuto imparare ad usare il respiratore, in questo compito ci sono stati di grande aiuto gli assistenti sociali, gli infermieri e i familiari. Infatti dopo questa fase iniziale, tutto è stato più spontaneo e siamo riusciti a gestire bene la situazione di mio padre.

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polmoni, un enfisema polmonare, dovuto probabilmente al fatto che è un gran fumatore. Quando gli è stato diagnosticato questo problema nel 2003, gli è stato consigliato di smettere di fumare per non compromettere ulteriormente la sua salute, purtroppo mio padre ha resistito solo per poco tempo e poi ha iniziato a fumare di nuovo.

La mia vita rispetto a quella delle mie amiche che non hanno problemi di

questo tipo è molto diversa. Però, se considero il mio passato, non posso dire ci sia stato un grande cambiamento. In passato infatti, ho dovuto assistere i miei nonni che vivevano con noi: mio nonno da quando ero bambina e la nonna, in seguito, a causa di un’amputazione alla gamba. Anche se questa precedente esperienza è stata diversa – sia per l’età in cui l’ho affrontata sia per la diversa malattia che i miei nonni avevano rispetto a mio padre – credo che mi abbia aiutato a gestire meglio la situazione attuale, grazie anche alla collaborazione di familiari e vicini di casa. Penso che sia molto importante riuscire a mantenere i contatti con gli altri: con gli amici, i vicini di casa, che possono essere d’aiuto anche per svagarsi un po’.

La parola Caregiver. Io non sapevo neanche che esistesse questa parola e mi

ha fatto piacere sapere che esiste e che la sua definizione racchiude il significato di “prendersi cura della persona che non ha più la possibilità di esprimersi e starle accanto per poter così spiegare ai dottori i cambiamenti e i bisogni che emergono giorno per giorno”. Una cosa importante che ho appreso dalla mia esperienza di caregiving è di tenere sempre al corrente il medico di base di qualsiasi cosa accada poiché osservando quotidianamente i cambiamenti della persona assistita, si riesce a capire la gravità della malattia/sintomo e prenotare per tempo le visite necessarie.

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Quando si devono affrontare queste

Per me essere un caregiver situazioni familiari, quando giorno è una soddisfazione perché per giorno si assiste ai cambiamenti sento che sono un punto di di un parente malato, può capitare di pensare: “Non è più il padre di prima!” riferimento per i miei familiari Soprattutto nel mio caso: mio padre era e ho il loro appoggio. una persona con tanta voglia di fare, allegro, un gran lavoratore e amante della compagnia.

Col passare del tempo però, bisogna farsene una ragione, cercare di non pensare e andare avanti comunque per il bene del familiare di cui ci si prende cura perché continua ad essere una persona importante della famiglia.

Storie di Caregiver Quante volte ho chiesto aiuto...

2

Un giorno mia suocera si è persa per strada e non riusciva più a trovare la strada

per tornare a casa, da quel giorno la confusione mentale è rimasta e andava gradatamente a peggiorare in breve tempo. Con l’aiuto del medico di famiglia ho cercato di affrontare la situazione: ho avuto momenti di scoraggiamento, l’ansia mi prendeva nei momenti di crisi peggiori, avevo paura di non riuscire.

Il medico è stato molto paziente perché telefonavo spesso per chiedere aiuto.

Con noi in famiglia avevo un cognato celibe che mi aiutava, ma purtroppo una grave malattia se l’è portato via in poco tempo. Il problema più grosso era il lavoro: essendo una lavorante a domicilio, dovevo consegnare il lavoro alla data stabilita. Ho lavorato di notte, le ore che trascorrevo abitualmente in famiglia, le impegnavo a lavorare. Con mio marito non uscivamo più insieme e ci alternavamo, uno doveva sempre essere in casa con la nonna.

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La mia vita è cambiata totalmente. La nonna peggiorava, ho dovuto ridurre il lavoro e di conseguenza le entrate, mio marito lavorava come dipendente.

Abbiamo chiesto aiuto (non finanziario) ai suoi fratelli, ma come spesso succede, chi è esterno e ha una propria famiglia, ha una disponibilità molto scarsa. Ogni settimana venivano le infermiere dell’USL per il catetere e le medicazioni alle piaghe da decubito. Un mio cognato, vista la situazione per noi quasi insostenibile, veniva ad aiutarci e tutti i venerdì sera veniva con sua moglie così io e mio marito potevamo uscire

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Quali erano i miei bisogni? Tanti !!!! Meno burocrazia, ho dovuto andare tre

volte alla visita per l’accompagnamento, pannoloni, letto, carrozzina per le scale, materasso da decubito, tutto mi è stato dato e sono grata alla nostra sanità. Ma quanti viaggi a Carpi per le richieste, mancava sempre o un documento o non c’era l’interessata.

Essere caregiver significa rinunciare a una vita sociale, a tante piccole cose che erano nel tuo quotidiano. La dolcezza, la gratitudine che cogli nei loro sguardi quando li aiuti non ha nessun prezzo, ti si riempie il cuore e dimentichi tutto.

Mi sono presa cura della nonna per sette anni, da un anno non c’è più. Il suo ricordo accompagna le mie giornate con serenità.

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Una buona figlia...

Il giorno 2 agosto 1986, la mia mamma che abitava con il figlio, scese dal letto

e si accorse che non stava più sulle gambe. Aveva il telefono vicino e riuscì a chiamare la figlia che abitava poco distante chedendole di venire subito perché aveva bisogno di aiuto. Poi, strisciando per terra, riuscì ad aprire la porta e restò in attesa di soccorsi. Mia sorella arrivò subito e la portò all’ospedale vicinissimo.

La mamma restò ricoverata per un ictus per circa un mese e poi fu mandata nella casa di cura per la riabilitazione. Io andavo a trovarla spesso per assisterla, ma il viaggio dalla mia città era lungo ed io potevo fare poco per lei: da qui la decisione di prenderla a casa per darle tutta l’assistenza familiare di cui aveva bisogno. Io lavoravo ancora, in casa però avevo le mie due figliole di ventitré anni, universitarie che dedicavano un po’ del loro tempo ad accudire la nonna.

Facemmo venire a casa una fisioterapista che le faceva terapia per la gamba paralizzata e poi diceva alle nipoti “Ora fate camminare la nonna intorno al tavolo aiutandola il più possibile”.

In breve la mamma fu in grado di camminare aiutata da un tutore sulla gamba

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sinistra invalida e con l’ausilio di un “treppiede”. Più avanti è stata in casa di cura per un mese per aiutarla nella riabilitazione e posso dire che lei ha avuto una grande forza di volontà: riusciva a fare qualche piccolo lavoretto di apparecchiatura, fare dei gomitoli con dei pezzi di maglie da guastare che mi davano nei maglifici e sentendosi utile è rimasta come me per quasi quindici anni. o incontrato problemi quando siamo rimaste sole io e lei dopo la La mente era buona e anche morte di mio marito avvenuta nel la parola. Sono stati anni 1997 e con le figlie già fuori casa. Ho buoni per me anche se non la avuto poco aiuto dalle strutture e mi lasciavamo mai sola. Quando sono fatta forza da sola; la portavo andavamo in ferie la portavo giù con l’ascensore, la caricavo in macchina (in tutti questi anni ero da una mia sorella. diventata esperta nel darle aiuto) e la portavo anche in vacanza con me.

Gli ultimi sei mesi di vita della mamma sono stati i peggiori perché aveva già

94 anni ed aveva dei disturbi molto gravi: in quei mesi ho avuto l’aiuto delle assistenti sociali che venivano a farle delle medicazioni al volto e a farle il bagno.

Quando è morta era presso una struttura vicino a mia sorella ed io ero via per un breve periodo di cure termali: mi è rimasto il rimorso per non esserle stata vicina in quegli ultimi tempi.

Storie di Caregiver Però,

in tutta coscienza, ritengo di essere stata una buona figlia che ha provveduto ad assisterla anche in condizioni familiari precarie. La mia vita, nel periodo che è stata con me, indubbiamente è stata faticosa in quanto anche di notte aveva bisogno per la padella anche due o tre volte ma nello stesso tempo era una buona compagnia e quando è morta ho sentito la sua mancanza come sostegno spirituale e morale. Le dicevo sempre che era la mia coscienza perché mi spronava ad andare avanti a fare meglio in ogni occasione.

Essere

assistente di una persona invalida per me ha significato essere a disposizione di una persona estremamente bisognosa di cure e che la gratificazione per quanto viene fatto sono gli sguardi, i sorrisi e le parole. Verso la fine, un giorno ha detto a me e mia sorella: “Quando non ci sarò più, potrete dire di aver fatto per me tutto quello che c’era da fare”. E questo complimento di mia madre, lo conservo nel cuore per sempre.

4 Penso con nostalgia al passato.....

Provo a raccontare la mia esperienza di caregiver: nel 2000 mio marito doveva

affrontare un esame molto importante per il suo lavoro e il grande stress lo fece stare malissimo. Mia figlia mi telefonò in ufficio dicendomi che il papà non sapeva più chi era, non sapeva il suo nome e non ricordava di dover andare a fare l’esame. Alla fine, nonostante tutto, fu accompagnato da mia figlia e da un suo collega e riuscì comunque a fare l’esame e ad ottenere una promozione sul lavoro. Il medico non fu particolarmente severo con lui e non lo spaventò per le conseguenze che avrebbe potuto incontrare nel sottovalutare i problemi legati alla pressione arteriosa e così, nel novembre 2004, decidemmo di cambiare medico. Nel 2005 un esame del sangue diagnosticò la creatinina alta e la dottoressa gli impose una visita dal nefrologo che prescrisse una risonanza magnetica che evidenziò una formazione forse tumorale al rene, si decise quindi di sottoporlo immediatamente ad intervento, mi dissero che non avrebbero tolto il rene ma solo la parte malata. Durante la notte fui chiamata in ospedale poiché mio marito era agitatissimo e non sapeva chi fosse e cose gli era successo… Forse a causa dell’anestesia. Si decise di fare una ulteriore risonanza magnetica al cervello che evidenziava parecchie ischemie cerebrali. Fu dimesso dall’ospedale e fu curato per insufficienza renale e demenza degenerativa, non riprese più il suo lavoro e nel 2006 andò in pensione per inabilità.

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Fortunatamente io entrai in cassa integrazione; dico fortunatamente poiché ero costretta ad essere la caregiver di mia madre e di mio marito.

Dopo

la cassa integrazione, nel 2007 sono andata anche io in pensione ma i problemi più grandi li avevo con mia madre che aveva l’invalidità al 100% e l’accompagnamento, ma non trovava nessuna badante idonea alle sue esigenze e così nell’aprile 2008 mi citofonò, come al solito, perché l’accompagnassi per andare in bagno e cadde dal letto procurandosi fratture multiple alle costole.

Dopo la dimissione dal pronto soccorso non mi sentii in grado di

provvedere come caregiver alle esigenze di mia madre e di mio marito anche perché avevo due nipotini piccoli. Quindi, con il consenso di mia madre, la ricoverammo in una struttura… Qui le condizioni di mia madre si aggravarono e morì nel 2010. Ora sono la caregiver solo di mio marito ma non potrei chiedere l’aiuto di mia figlia che ha quattro bambini piccoli, il lavoro e la casa. Desidero comunque assistere mio marito a casa e farò in modo di non ricoverarlo in nessuna struttura.

Storie di Caregiver Qualche volta avrei bisogno di aiuto per supportarlo e convincerlo a fare il bagno più spesso.

Come è cambiata la mia vita? Penso con nostalgia ai viaggi stupendi fatti in passato. Ora mio marito cammina con grande difficoltà e ho rinunciato recentemente a due viaggi. I nostri fratelli e amici hanno ancora una attività lavorativa, fanno viaggi, cene etc…

Quali sono i miei bisogni? Desiderei attivare una specie di assistenza per

tenere sveglio mio marito durante il pomeriggio, così potrebbe dormire meglio di notte. Una persona che mi aiuti a convincerlo per una passeggiata, per fare il bagno…. Avrebbe bisogno della consulenza di un fisioterapista. Mio marito non fa assolutamente nulla in casa (questo anche prima della malattia), si fa servire in tutto. Ma come farò se non dovessi essere più in grado di camminare? Io ho quasi 64 anni ed ho problemi di cartilagine alle ginocchia….

Che cosa significa per me essere caregiver? Essere responsabile, 24 ore su 24, di tutto ciò che è necessario alla vita di mio marito, nel limite delle mie possibilità.

5

Io, madre di mia madre...

Meno male che ti dimentichi tutto.. così questa robaccia che ti ho appena

urlato, scivolerà via. Mamma, c’è tanta rabbia dentro di me! E so bene cos’è: è per il dolore che ho provato, quando ero bimba per non avermi amata come avevo bisogno, tutta presa dal tuo furore, dalla tua pazzia che nessuno vedeva e riconosceva. Ne abbiamo portato pesanti conseguenze noi figli...

Ne siamo ancora impegolati forse, e quanto lavoro per sentirsi degni e interi.

Sì, tu eri malata, certo! Ma noi eravamo bambini, mamma... E adesso che sei così “svampita”, a volte, se sono dura con te, cerca di perdonarmi!

So cos’è e perché, a tuo modo, ti sei presa cura di me: mi hai cambiato i

pannolini, lavata, vestita, mi hai insegnato a mangiare, mi hai messa a letto la sera... Purtroppo non ricordo altro di “non” violento o prevaricante. Ma poteva andarmi anche peggio. Beh, è questo che ora faccio per te, anche se c’è una bella differenza fra accudire un bimbo e un vecchio di 80 anni!

Che “stomaco” ci vuole!! Non so per quanto ancora ce la farò... Perché lo La tua malattia psichiatrica così pesante, per fortuna, anche se pare un paradosso, è diventata demenza senile e con un po’ di polso, per ora, si riesce ancora a gestire.

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faccio? Perché bene o male hai solo me... e perché son qui! Le tue sorelle le hai spaventate anni fa, con la tua pazzia e non vuoi nemmeno vederle. Amici non ne hai mai voluti.

A

volte sei addirittura serena e.. sorridi! Non l’avrei mai immaginato, per come erano ingovernabili le cose, quando ancora c’era papà. Mah!? Non sembri nemmeno tu: non sei la donna che mi ha fatto, bene o male, da madre.

Sei un’altra persona: persa come un neonato o lucida in modo sorprendente.

Adesso vivo con te, da quando se n’è andato il babbo: ho resistito un anno e poi mi sono trasferita. Fatico meno a seguirti, così e ti giova non stare più da sola.

E meno male che tanto tempo fa mi venne l’ispirazione di mandarti al centro diurno, per dare un po’ di sollievo a papà... adesso il sollievo è il mio.

Lui, per sfinimento, accettò di buon grado, ma quando, dopo due anni ti chiamarono, non voleva più, poveretto. Si sentiva in colpa, gli pareva male per la gente, ma poi... Divenne padrone di un po’ del suo tempo, finalmente, e cominciò a vivere anche un po’ per se stesso. Durò poco, però: la malattia e gli anni cominciarono a dare problemi sempre più seri.

Storie di Caregiver

6

La miglior morte possibile...

Erano anni che non stava più tanto bene: un po’ il cuore, un po’ la gamba,

e poi la schiena e il piede. Esami, terapie, qualcuna contava, altre no, ma la voglia di “saltar su” c’era sempre e anche se un po’ malandato, la sua vitalità vinceva sempre! Poi in quell’anno, tornò dal suo solito soggiorno al mare stanco. Per lui essere stanco non era facile, non se lo era mai concesso e invece ora, era stanco stanco. Probabilmente la fibrosi polmonare si è aggravata: andiamo dallo specialista e dopo gli accertamenti torneremo più tranquilli e fiduciosi. – “Vedrai che non è nulla di grave. Sono sicura!” – E intanto smette di fare, si trascina, non ha più voglia di cucinare per noi: era sempre così felice di farlo. E non ha più appetito... Sarà forse un po’ di depressione, con la mamma così, è da capire. C’è poco da stare allegri!!

Esami su esami, poi finalmente quella mattina il primario mi chiama: i referti sono pronti. Ormai non ci sono più dubbi. Sono andati per esclusione, dice e la prognosi è senza appello.

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– Dai, papà che poi fra un paio di mesi, riparti... magari prenotiamo già da ora, vuoi? – Poi il ricovero di urgenza e il medico del pronto soccorso che mi guarda e scuote la testa.

– Dottore, per piacere, non lo mandi in un reparto dove lo rivoltano come un calzino vecchio, sia buono! – Ha capito e me lo dice... – Ma allora è vero! E’ molto grave! – E intanto: – Dai papi, ti tengono qualche giorno e ti rimandano a casa nuovo! – Lui è molto triste e tanto stanco, ma mi sorride.

E’ pieno di metastasi e questa forma di cancro è rabbiosa, devastante e molto rapida. Vista l’età ci consiglia di portarcelo a casa: sulla sua poltrona, fra le sue cose e con i suoi cari vicino..

– Quanto ci vorrà? – Sento la voce uscire da me, ma non è mia.

– Due mesi al massimo, poi dipende... – – Grazie, Dottore! Me lo porto a casa...– Chiudo la porta del suo studio e mi vorrei buttare per terra e piangere, qua davanti, ma non riesco!

Telefono a mio fratello... non mi crede, non capisce, proprio non ce la fa... povero, anche lui!

– Papi, dai, si va a casa. I tuoi polmoni sono un po’ malandati, ma con l’aiuto di un po’ di ossigeno qualche volta, ce la farai... Non preoccuparti! A casa starai meglio... –

Ma come faccio a spararle così grosse, che invece me lo stringerei al cuore

per portarlo lontano lontano, nel paese dove non esistono le sofferenze. Il mio papà, il mio papà bambino, il mio grande tenero papà, l’essere che più mi ha amato nella vita... questo papà testone, questo papà dolce e amorevole, questo papà che quando eravamo bambini ci ha anche spaventati con la sua rabbia e picchiati forte, ma non sapeva...

Questo papà che poi è cresciuto con noi... ha sofferto con noi, perché non è riuscito a difenderci dalla vita! Questo papà!!

E ora inizia la nostra festa di addio per lui, che non lo sa, che non deve sapere.

Non servirebbe che a farlo soffrire di più... speriamo che il suo cuore, così malandato, ceda prima che il cancro lo divori!

Senza via di scampo mio fratello ed io, assieme, uniti nel suo amore, ci accingiamo a inventare per lui, dal niente, la miglior morte possibile.

Ci accompagna a distanza il buon Medico di famiglia, che ci sostiene in questa

scelta “senza dolore” e “senza ritorno”. E’ fondamentale che non soffra: non serve, anche se lui ci “rema contro”. Povero papà, è così abituato a soffrire che non lo dice, quando ha male e noi cerchiamo di indovinare, di prevenire...

Abbiamo mollato quasi tutto, fuori di qui... famiglia, lavoro, vita sociale... solo la spesa, le medicine e, se ce n’è il tempo, si risponde al telefono.

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Per fortuna non ci sono bambini da

accudire, il resto può aspettare.

Chiudiamo fuori dalla porta il mondo e inventiamo la cura, lo stare insieme, l’amore vero: ora troviamo il tempo di scambiarcelo e di gioire di questo nostro stare assieme così forte!!

La mamma ci osserva, chissà cosa capisce?

Va e viene dal centro diurno e la sua più grande preoccupazione è: – Chissà

cosa penseranno di me che non sto a casa con mio marito malato... – Ma è da tanto tempo che lei, poveretta, non si occupa più nemmeno di se stessa. Mi occupo io di lei e non averla intorno, anche se è crudele, facilita molto il nostro organizzare gli ultimi giorni del babbo... ma magari si son sbagliati e si riprende: ha sette vite come i gatti!!

– Ma chi è il mio amore grande? – E lui apre gli occhi, sorride e alza un dito: – Io! – Questo sarà il nostro gioco per giorni e giorni, anche quando non avrà più la voce... il respiro!

Storie di Caregiver Allora lo chiamerò solo Amoremio... che senta quanto amore c’è per lui!

Seguita dal medico, a sua insaputa, iniziamo a somministrargli piccolissime dosi di morfina... andiamo incontro al dolore, prima che ci assalga e ci divori e lo faccia soffrire ancor di più. Ogni mattina si sveglia con la voglia di saltar giù dal letto, guarito, ma il corpo non risponde e la sua delusione è grande come il nostro dolore. Allora inventiamo un’occasione di festa: un cibo che gli è sempre piaciuto molto, una festa merenda con gli amici che vengono a dargi il loro saluto.. è contento di tanto affetto, commosso da tanta cura, ma non riesce a toccare cibo e il declino è evidente.

– Papi, quei tuoi poveri polmoni sono proprio messi male, non prendertela, possiamo andare avanti anche così, con l’ossigeno quando occorre... – Ormai ne ha bisogno sempre, dell’ossigeno. Siamo con lui sempre: se riposa, a guardarlo, quanto è diventato esile e indifeso... Se è sveglio e vuole parlare, ma omai è senza voce... se vuole ascoltare la sua musica o raccogliersi in meditazione... quelle gocce lo traghettano in uno spazio morbido di tregua e riposo. Gli massaggiamo i piedi con l’olio santo. Lo rilassa e fa diventare questo stare con lui un momento sacro. E quando siamo soli preghiamo che la morte arrivi presto e sia dolce e clemente, che lui non si accorga del suo male.

– Papà, papà, il mio piccolo grande papà.. amore mio!! – – Come si fa a morire? – – Papi, si segue la luce, dicono... quando la vedi, seguila e non ti voltare! Ti vogliamo tanto bene e siamo qui con te... saremo sempre con te, anche più di adesso... sempre... sempre... –

Ho il cuore come un pallone, pronto a scoppiare, ma non è il momento!

– Non son stato un buon padre... – – Ma cosa dici, papi? Li vedi questi figli? Come sono? Belli e bravi e ti amano tanto, non è vero?!? Bè. È grazie a te che sono così, non dubitare mai! Sta sereno, dai, chiudiamo gli occhi: cerchiamo la luce assieme... – Ormai non riceviamo più visite: vogliamo silenzio e pace il più possibile. Tutti sono venuti a salutarlo, adesso, se vogliono stare con lui, lo dovranno fare con il pensiero. Siamo solo noi, per mano, o nel bagno, o vicino al letto, o accanto alla poltrona... il tempo si è fermato al nostro indirizzo e ci siamo solo noi: papà e noi!

Riusciamo ancora a ridere, a volte e ricordiamo momenti belli passati assieme... anche se non son tanti.

Il Medico viene ogni giorno e comincia a prospettare rimedi crudeli, al suo non riuscire più a inghiottire. No, no, non toccatelo, per piacere e tu, Dolce Morte, sii clemente, ti prego! Voglio un morte da “oscar” per lui. Me la devi... ti prego!

E Lei arriva pian piano: lui è in coma, il cuore non ce la fa, il suo grande

fantastico cuore... bravo, bravissimo!! Continuiamo a stargli vicini, a tenergli la mano, a massaggiargli i piedi e la sua musica è sempre presente.

Credo che stanotte sarà l’ultima. Stabilisco il turno di veglia con mio fratello.

Alle due, verrò io e lui potrà riposare. Se è vero quel che sento, voglio esserci io... – Eccomi, papi! La luce, Amoremio, amore mio grande... Segui la Luce e non ti voltare... – Sembra dormire, ma è rigido e pesante...

Ecco... un’ultimo grande respiro e tutto è silenzio!

– Bravo, papà, sei stato bravissimo! – Non ti voltare più... noi siamo contenti per te, che vai nella Luce... e questa gioia che sento è di sicuro la tua!

Ora sei nel persempre, Amoremio, e non ci lasceremo mai più...

Storie di Caregiver Queste storie ed altre utili informazioni le puoi trovare sul sito www.caregiverfamiliare.it Entra e diventa anche tu parte delle piattaforma di servizi dedicati al caregiver familiare! www.caregiverfamiliare.it é: INFORMAZIONE: chi è il caregiver familiare? I compiti che svolge, le ultime notizie sul tema del caregiving e post caregiving, documenti e libri utili...

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