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LA MANIFESTAZIONE DI VOLONTÀ ALLA CREMAZIONE: LA GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE QUOTIDIANE di Paola Lucchi
U
na delle problematiche più frequenti, che si ripresenta con una certa regolarità nei quesiti degli operatori, riguarda la manifestazione di volontà alla cremazione da parte dei parenti più prossimi del defunto. Quando questo, infatti, non ha manifestato con atti ufficiali (testamento o iscrizione a società avente fra i propri fini quello della cremazione) la volontà di essere cremato, la dichiarazione in tal senso è resa dal coniuge o, in mancanza, dal parente più prossimo, ai sensi degli articoli 74 e seguenti del codice civile. Ma quando l’avente titolo a rendere la dichiarazione, a sua volta, non è in grado di esprimere tale volontà, in quanto limitato nelle proprie facoltà intellettive, come deve comportarsi l’ufficiale di stato civile? L’esempio tipico è il coniuge del defunto che non di rado, a causa dell’età, risulta affetto da Alzheimer o demenza senile: questione articolata e complessa, in cui risulta non facile orientarsi fra i limiti imposti dalle disposizioni di legge e le legittime aspettative dei familiari. In primo luogo è necessario sottolineare che “la mancanza” prevista dalla norma è riferita ai casi in cui il defunto non è coniugato (perché celibe, vedovo o divorziato) e non è quindi applicabile quando il coniuge è vivo e vegeto, anche se non in possesso delle proprie facoltà. Esclusa dunque la possibilità che possano subentrare in questa circostanza gli altri parenti, distinguiamo fra le situazioni in cui l’incapacità del dichiarante è stata riconosciuta dalla legge con la nomina di un tutore o di un amministratore di sostegno, e quelle in cui al contrario, manca una presa d’atto ufficiale. Qualora l’avente titolo a rendere la dichiarazione suddetta sia stato interdetto, questa potrà essere resa dal tutore, come indicato dalla Circolare n. 24 del 1993 (un po’ datata ma ancora significativa quando si fa riferimento ai principi generali) che in proposito recita: “Se l’interdizione
risulta da sentenza passata in giudicato, il soggetto è privo della capacità di agire e non potrà rendere alcuna manifestazione di volontà, ma in suo luogo potrà farlo il tutore (articolo 424 del codice civile)”. Per analogia, tale soluzione potrebbe essere utilizzata in caso di nomina di amministratore di sostegno, a condizione che nel decreto di nomina del Tribunale, nel quale vengono indicate espressamente le facoltà dell’amministratore, venga prevista anche tale possibilità. Diversi Tribunali, interpellati in merito, acconsentono, su richiesta degli aventi titolo, di aggiungere nel relativo decreto la possibilità di rendere la manifestazione di volontà in luogo dell’amministrato. Molto spesso però, purtroppo, ci si
trova a gestire situazioni al limite, nelle quali chi dovrebbe manifestare la volontà alla cremazione non risulta sottoposto a tutela, ma vi sono certificazioni mediche attestanti gravi patologie che minano la capacità di comprendere e di volere. In tali circostanze dobbiamo osservare che l’essere affetto da Alzheimer o demenza senile non comporta automaticamente la perdita di ogni facoltà, in quanto spesso dipende dallo stadio raggiunto nel decorso della malattia stessa; inoltre, l’ufficiale dello stato civile non ha le competenze né l’autorità per stabilire la capacità di agire di un individuo. Tuttavia, in qualità di pubblico ufficiale, forma un processo verbale nel quale dà atto che l’avente titolo ha espresso la volontà alla cremazione; pertanto se il dichiarante dimostra di non essere in grado di manifestare tale volontà, nemmeno rispondendo a semplici domande poste in proposito, il funzionario non può attestare il falso. In genere, una volta chiarite ai familiari le modalità e le disposizioni di legge, gli stessi desistono; in caso contrario sarà opportuno rispondere con un rifiuto scritto e motivato, riportando le circostanze verificatesi che non hanno consentito la formazione del processo verbale. Chiudo con una considerazione fuori dalle righe: se fino a non molto tempo fa la pratica della cremazione non faceva parte della cultura italiana, nel giro di pochi anni, è diventata a pieno titolo una modalità comune, analoga all’inumazione o alla tumulazione, come dimostrano le richieste di cremazione sempre più frequenti. Potrebbe essere utile allora che il legislatore prendesse atto del diverso sentire della nostra società, eliminando la necessità di una espressione di volontà in tal senso da parte del defunto, e limitando il rifiuto solo in caso di espressa volontà contraria.