VFM_Valdarno Made Fashion

VA L D A R N O

AB B R ICA MODA

A n to ni o S a l v i

1

UniversitĂ degli Studi di Firenze Dip a r t im e n to d i A rchi t et t u ra A n n o Ac ca d e mi co 2 013 - 2 014

Progetto

Valdarno Frabbrica Moda Re l a to re

Prof.

Fabrizio Rossi Prodi La u re a n d o

Laureando

Antonio Salvi

3

“ La moda h a il fascino d e ll’ iniz i o e d e lla fine insi e m e , il fascino de lla novità e ne llo st e sso t e m p o d e lla cad u ci tà. Di ri e m pire il te mpo e la cosci e nza, che la p re nd ono q u asi in u na corre nt e dove i movime nt i au tonomi d e l nu oto non se m brano ne p pu re più ne ce ssari . ” a lato: Pelificio Rossi, operaio in officina meccanica, foto archivio Vestri

Ge org Simm e l (9), La m o d a | 1895

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Indice

L ’ INDUSTR I A M ANIFATTUR IER A NEL VALDAR N O

Cappellifici e pelifici | l’industria della prima metà del XX sec 9 15 Cuoio, pelli e calzature | IL Distretto del Valdarno Superiore 18 Prada | Cenni storici e sviluppi recenti L ’ EX PASTIFICIO DI MO NTEVAR CHI

Cenni storici e metamorfosi funzionali lo stato di fatto La pianificazione in vigore e le proposte recenti

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V FM | VALDAR N O FAB B R ICA MO DA

Le fondamenta del progetto Topografia e volumi Arredare la fabbrica Il nuovo padiglione Cuore di industria e cultura

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Riferimenti progettuali Note e bibliografia

79 84

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L ’ I N D U S T R I A M A N I FAT T U R I E R A N E L VA L D A R N O

Cappellifici e pelifici | l’industria della prima metà del XX secolo Fin dalla fine dell’ 800 Montevarchi si fece conoscere il tutto il mondo per le sue innumerevoli attività industriali ed artigianali.

Fu prima in Italia per la produzione del pelo e dei cappelli. Decine erano le ciminiere che svettavano fumanti in ogni parte della città, a simboleggiare il suo attivismo ed anche al sua ricchezza (10).

E’ appunto esattamente in questo periodo che la moda del cappello inizia ad essere una delle più in voga sia per le donne che per gli uomini, che amavano sfoggiare gli eleganti cappelli di feltro come particolari distintivi del loro status sociale. Era il 1905 quando a Montevarchi fu fondato il cappellificio La Familiare come società cooperativa e già da tempo era in produzione l’altro importante stabilimento, il Giuseppe Rossi, ed insieme assorbivano moltissima manodopera locale e proveniente dai centri vicini. Queste industrie, sono decollate in epoca giolittiana, e quindi nel pieno della rivoluzione industriale nel nostro paese, tanto che “Il Valdarno” (giornale locale dell’epoca) le descriveva come “tra i più importanti stabilimenti italiani e tra i più accreditati all’estero per la lavorazione di articoli di feltro di fantasia per signora. Nel 1919 La Familiare occupava già ben 350 operai (in prevalenza di sesso femminile), un numero destinato a crescere negli anni successivi.

Nel valdarno il tessuto industriale traeva forza, dalla varietà delle attività extra-agricole, dai numerosi corsi d’acqua, da una discretà quantità di mano d’opera e dalla presenza di quell’abbondante fonte di energia dovuta alle miniere di lignite di Castelnuovo dei Sabbioni. Dopo la Grande Guerra, la produzione di cappelli continua a crescere e a stimolare la nascita di varie tipologie di stabilimenti, spesso ad essi le-

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in alto ed a sx: signore della borghesia montevarchina, 1914 Archivio Ass. Fotoamatori F. Mochi a destra: fase di lavorazione nel reparto formatura, cappellificio Rossi, foto archivio Vestri in basso: vista panoramica di Montevarchi, con le sue ciminiere, foto archivio Vestri

gati, tanto che negli anni Venti si contano 300 aziende ed In base alle statistiche ISTAT del 1927 gli addetti nel settore del cappello raggiungevano quasi le 1300 unità. Questa continua crescita raggiunse il culmine nel 1937 dove la popolazione impiegata nel settore industriale (43%) superava quella impiegata nell’agricoltura (41%). Una considerazione è da farsi per lo sviluppo delle industrie dei pelifici, a sostegno chiaramente delle produzioni di cappelli. I pelifici, non solo erano essenziali per arrivare al prodotto finito, ma risultavano anche incentivati durante il ventennio fascista in un ottica autarchica delle produzioni, per la lavorazione del pelo di coniglio. Queste produzioni, che arrivarono nel periodo di maggior attività a contare fino a 460 operai, subirono un forte declino con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale. Durante il conflitto, la città, vista la sua rilevanza industriale, venne presa particolarmente di mira dai bombardamenti tedeschi e alleati.

Molte produzioni si fermarono per qualche anno , e nel dopoguerra, visto il grande numero di posti di lavoro persi si verificarono agitazioni con serie preoccupazioni per l’ordine pubblico del paese. La crisi, oltre che per la chiusura delle esportazioni verso i mercati esteri (fra tutti Germania, Belgio e Stati Uniti) fu determinata dalla imponente scarsità delle materie prime.

Superati i primi momenti di difficoltà, l’industria del cappello a Montevarchi sembra tornare a stabilizzarsi sulle produzioni precendenti il coflitto, visto il contiunuo dilagare della moda del cappello. La seconda metà degli anni ‘50 è teatro di un nuovo sviluppo, nuovi mercati acquistano cappelli a Montevarchi, come l’Inghilterra, l’intero continente americano, il Medio Oriente fino ad arrivare alla Cina. Si può citare, come evento rappresentativo del culmine del prestigio e della produzione di cappelli (arrivata a due milioni di unità all’anno) la storica manifestazione organizzata per alcuni anni da La Familiare.

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La sfilata, che aveva luogo nelle sale del Palazzo Pitti di Firenze era conosciuta come Familiare Millinery Showings, ovvero una grande esibizione di cappelli da signora cui partecipavano le più importanti case di moda del mondo, lanciando un segnale evidente della radicalità delle trasformazioni ormai in atto nella vita quotidiana, nella mentalità e nel costume degli italiani.

Il ventennio successivo fu però teatro del declino delle produzioni, per fattori legati alla perdità di appeal che l’accessorio cappello ebbe nei costumi occidentali, ed all’incapacità che l’industria montevarchina ebbe nel sapersi rinnovare.

Le industrie estere, oltre a saturare i propri mercati, diminuendo vertiginosamente le esportazioni, contavano su di una flessibilità ed una capacità di adattamento che mancò alle imprese italiane. Il cappellificio La Familiare, luogo simbolico dell’attività di tutto il comparto, cessò l’attività nel 1970, paradossalmente, in periodo di pieno boom economico del paese.

a sx: Campionario dei cappelli da uomo e da donna, La Familiare, Archivio Patrizia Amodio. a dx: Familiare Millinery Showings, sfilata internazionale di moda,1952, Palazzo Pitti, Firenze

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Po g g ilu p i

Te r r a n u ov a B . ni

Va l v i g n a M o n t ev a r c hi

L ev a n e ll a

Cuoio, pelli e calzature | IL Distretto del Valdarno Superiore L’industria nel Valdarno con altri ambiti di produzione riesce a vivere un momento di nuova resurrezione a partire dagli anni del boom economico. La lavorazione di pelli, cuoio e quindi calzature (come prodotto finito) ha, al pari dell’industria dei cappelli, origine all’inizio del XX secolo, ma si afferma solo a partire dagli anni ‘60 e ‘70, contribuendo al prestigio internazionale della denominazione “Made in Italy”.

A lato: parte del Distetto della moda del Valdarno Superiore: .centri abitati .aree industriali

Il sistema di laboratori artigianali e di piccole e medie imprese, cresce fino agli anni ‘90 creando una rete di produzioni, che spesso non sono in concorrenza, ma collaborano alla realizzazione del capo finito. Il distretto industriale si configura come un sistema locale caratterizzato dalla compresenza attiva di una comunità di residenti e di un settore industriale trainante, costituito da un insieme di società indipendenti e tra loro integrate, specializzate in fasi diverse di uno stesso processo produttivo. Istituiti con la legge nazionale 317 del 1991, Situato all’interno del triangolo Firenze|Arezzo|Siena, il Valdarno superiore è racchiuso tra la dorsale appeninica del Pratomagno e i monti del Chianti (1). In quest’area, il distretto delle pelli, cuoio e calzature della Provincia di Arezzo comprende tredici comuni tra i quali San Giovanni Valdarno, Montevarchi e Terranuova Bracciolini. In riferimento alla classificazione Ateco 2007 delle attività economiche, le imprese del Distretto operano nei comparti che riguardano la confezione di articoli di abbigliamento, di articoli in pelliccia e della fabbricazione di articoli in pelle e simili.

Il settore pelletteria nel Valdarno Superiore conta quasi il 50% della produzione regionale totale (2). La qualità dei prodotti è generalmente alta: scarpe da uomo, in prevalenza di forma

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classica, scarpe da donna nelle più variegate tipologie. Anche la scarpa da bambino costituisce un settore tradizionalmente molto curato. Il sistema che ha preso vita, si fonda su insediamenti produttivi di diversa dimensione, che lavorano per grandi griffe italiane come Gucci, Dolce & Gabbana, Ferragamo, Braccialini e Cavalli. Parallelamente a questo, e inglobando spesso aziende che lavoravano parte della sua produzione, si è sviluppato il polo industriale di Prada, di importanza internazionale. La grande industria è presente con diversi fabbricati in modo diffuso in tutta l’area considerata.

Gli anni novanta hanno visto le maggiori aziende dislocare le produzioni nell’est Europa, nel nord Africa e nell’estremo oriente per abbattere i costi del lavoro. Il capo veniva comunque completato e confezionato in Italia per continuare a fregiarsi della dicitura Made in Italy. Questa scelta strategica è risutata sbagliata, e nel passato recente si è tornati a eseguire tutte le parti della lavorazione nel luogo di origine, vista la necessità delle maestranze specifiche richieste per un’ottima riuscita dei prodotti, arrivando paradossalmente a ricevere commesse per conto delle firme della moda francese più importanti. Con l’avvento della crisi economica in atto, il settore ha subito una perdita di circa il 15% delle imprese dal 2000 al 2005 (3). Adesso il comparto pelli, cuoio e calzature sembra essere in una fase di stabilizzazione della demografia imprenditoriale. I principali punti di forza e di debolezza del Distretto sono caratteristici per l’intera area aretina: le imprese aretine stanno cercando di far leva sulle ottime competenze tecnico-produttive e commerciali, per presidiare con successo sui mercati divenuti assai ostili ed ottenendo risultati che possono dirsi soddisfacenti in termini comparati. Attraverso il Patto per lo sviluppo del Distretto, con iniziative mirate alla creazione del Distretto Integrato Regionale si vuole incremen-

15%

30%

118.3

120.5

100.0

89.0

1. occupazione Valdarno 403.7 214,9 100.0 tessile

90.6

90.9

2. andam. vendite distretto

1ROM 2FRA 3GER

13mln € 9mln € 8 mln €

tessile |tot. mondo 89mln € 750,9

a lato: 1.fonte, diogenes.meliusitaly.com (programma di indagine finanziato dalla UE) dati riferiti all’anno 2003.

2. fonte, Monte dei Paschi di Siena (i distretti calzaturieri in Italia) dati riferiti all’anno 2005(val. base 100)|2011 3.4. fonte, Camera di commercio industria, agricoltura e artigianato, Il settore moda nella provincia di Arezzo (3.dati riferiti all’anno 1991|2003 |4. riferiti all’anno 2003)

2 011

INDUSTRIA MODA

130.4

2 010

2005

31%

2009

19%

2008

2006

STATALI

COMMERCIO

2007

tare l’efficienza dei processi produttivi, valorizzare le risorse locali, sviluppare i fattori ambientali della competitività, promuovere la cultura cooperativa della responsabilità sociale tra le imprese, elevare la capacità di interazione con i servizi qualificati che si collocano a monte (ricerca, progettazione e design) e a valle (distribuzione e marketing), partendo dall’attuale struttura produttiva basata ancora su settori tradizionali, su piccole e medie imprese e sul mondo dell’artigianato.

666.1

100.0 abbigliamento

1USA 2FRA 3GRB

56mln € 22mln € 21 mln €

abbigliamento | tot. mondo 212mln € 547.5

484.4

100.0 pelletteria e calzature

3. esportazioni provincia Ar.

1USA 2GRB 3FRA

77mln € 36mln € 24 mln €

pelletteria e calzature | tot. mondo 255mln €

4. principali imporatori

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Prada | cenni storici(11) Prada viene fondata a Milano nel 1913 da Mario Prada, che apre un negozio nella prestigiosa Galleria Vittorio Emanuele II, situata nel cuore della città. Innovatore nel campo degli articoli da viaggio, degli accessori e dei beni di lusso, per i suoi prodotti Prada utilizza materiali raffinatissimi, manifatture di prima qualità e design all’avanguardia, divenendo ben presto un punto di riferimento per accessori in pelle ed oggetti preziosi provenienti da tutto il mondo. Grazie alla qualità delle sue creazioni, Prada soddisfa le richieste dei più esigenti ed esperti clienti del mercato internazionale e dell’alta società.

Nel 1919 diventa fornitore ufficiale della Real Casa d’Italia, ottenendo il diritto di includere lo stemma e i nodi sabaudi nel proprio marchio. la rapida trasformazione dell’azienda a conduzione familiare in un’impresa di livello internazionale ha inizio negli anni Settanta, quando Miuccia Prada, nipote di Mario, avvia insieme all’imprenditore Patrizio Bertelli una partnership che unisce creatività ed ingegno commerciale inaugurando una nuova era: Prada diventa un marchio celebre e, all’inizio del 2000, Interbrand lo inserisce tra i 100 marchi

più importanti del mondo. Il gruppo Prada è presente il 78 Paesi e conta 7.200 dipendenti, grazie ai quali produce sette milioni e mezzo di articoli all’anno. Oggi prada abbraccia sia la tradizione che l’innovazione più audace, la raffinatezza e la funzionalità, la moda e il mondo della cultura. E’ per esempio tra i primi a collaborare con architetti come Rem Koolhaas ed Herzog & De Meuron, dai quali nascono gli epicentri di New York, Tokyo e Los Angeles lontani dal concetto classico di negozio, e frutto di un’accurata analisi delle dinamiche del mercato. La produzione di Prada si è estesa negli anni dalla creazione di articoli in pelle alle collezioni di pret-à-porter, calzature uomo e donna, occhiali e profumi, connotati da una sofisticata eleganza del design, da un’innovazione tecnologica costante e da un’altissima qualità artigianale. Contemporaneamente Prada penetra sempre più nell’ambito della società e della cultura, attraverso numerose iniziative internazionali come la partecipazione all’America’s Cup e le varie attività della Fondazione Prada, organizzazione a sostegno dell’arte e della cultura. Oggi rappresenta la più grande industria presente nel Valdarno Superiore con un fatturato totale di 3,3miliardi di euro nel 2012.

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Prada | gli sviluppi recenti

VFM 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18

|Valdarno Fabbrica Moda

PRADA|Pellettieri PRADA|nuovo polo industriale PRADA|space outlet e produzione PRADA|calzaturificio LAMOS PRADA|centro logistico (previsto) PRADA|calzaturificio PEGASO calzaturificio R.D. calzaturificio ALMATEC calzaturificio CAROL calzaturificio PIGAL calzaturificio SEMILLA calzaturificio SICLA calzaturificio CARMEN cappellificio FALCUS accessori FABIANI maglificio UNO MAGLIA tessuti JACKYTEX abbigliamento FASHION FACTORY

Rete comunicazioni principale: asse ferroviaro autostrada A1 rete interurbana variante SR69 in costruzione

Gli sviluppi recenti dimostrano la piena intenzione di Prada di ingrandirsi e fare sempre più del Valdarno il suo quartier generale. Oltre agli stabilimenti in funzione ed a quelli ai quali commissiona la produzione, il nuovo importante piano industriale prevede la creazione di nuovi fabbricati per circa duemila posti di lavoro e un investimento complessivo di quasi 100 milioni tra Terranuova Bracciolini e Montevarchi. L’operazione coinvolge direttamente gli enti locali che hanno approvato la costruzione della variante SR69 con nuovo ponte sull’ Arno, che collega rapidamente l’area Levanella al casello autostradale di Valdarno. Due sono i grandi interventi in fase di attuazione. Il nuovo polo produttivo, che è in costruzione nell’area industriale di Valvigna (ed entrerà in funzione a partire da giungo), occupa un totale di 40.000 metri quadrati e che ospiterà dagli ottocento ai mille addetti (4). Il progetto è stato seguito dall’architetto Luca Canali, noto per aver restaurato Santa Maria della Scala. Io stabilimento sarà il regno delle scarpe Prada, lì si progetteranno, si faranno i prototipi, si deciderà la strategia del prodotto, e non è detto che non ci sbarchi anche il settore abbigliamento. Il secondo, riguarda la costruzione dei nuovi magazzini in zona Levanella, per un totale di 70.000 metri quadri coperti dentro un’area complessiva di 14 ettari (5), per il quale inizieranno a breve i lavori, con durata prevista di completamento dell’opera in cinque anni.

Nell’immenso centro logistico affluiranno i prodotti Prada dal resto della Toscana e d’Italia, per subire il controllo qualità, confezionati e distribuiti.

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L ’ E X PA S T I F I C I O D I M O N T E VA R C H I

Cenni storici e metamorfosi funzionali L’ex pastificio è uno dei fabbricati più datati costruiti al di fuori del centro storico della città di Montevarchi. Non si ha però una fonte esatta dell’epoca in cui sorge, ovvero degli elaborati relativi alla sua progettazione, ma solo documenti che lo coinvolgono indirettamente come quelli relativi alla costruzione del nuovo viale Armando Diaz, asse principale di traffico che si affianca ad est del centro del paese in direzione San Giovanni valdarno a nord, ed Arezzo verso sud. Dalla planimetria di questo intervento, promosso dal comune nel 1931 si riconosce infatti un ingombro che si riferisce presumibilmente a solo due dei quattro padiglioni del nucleo fondamentale , quelli ad est, ed alla ciminiera che allo stato di fatto occuperà una posizione baricentrica del complesso.

Nell’elenco degli immobili soggetti a contributo di miglioria specifica, redatto per regolare gli insediamenti con intenti di risanamento e decorosità dei lotti che si presentavano sul nuovo frontestrada, una elaborato apposito identifica l’area come podere Gelsomino .

a lato : La particella Gelsomino, relativa all’ex pastificio, estratto dal progetto di costruzione del nuovo Viale Diaz di Montevarchi, 1931 Archivio della biblioteca com. di Mont.

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Il documento, risalente al 1933 attribuisce le particelle catastali 97|1178|1231|1232 come di proprietà di Redaelli Augusto Giuseppe di Cesare e Magni Ercole Angiolo fu giuseppe . L’edificio, circondato da terreni ortivi, viene descritto come “Grande fabbricato a carattere industriale di recente costruzione occupante una superficie di circa 5000mq costituito principalmente di quattro capannoni della superficie di 1000mq circa ognuno. ed inoltre da uffici, magazzini, stanze di officina, caldaia e più due quartieri di abitazione (del valore attribuito di 260.000£).”

Questa breve descrizione evidenzia come nel periodo intercorso (1931-1933) siano stati completati gli altri due padiglioni, arrivando al completamento di quella che risulta essere la parte fondamentale del l’ex pastificio. I documenti più recenti riguardo la destinazione funzionale del fabbricato non risalgono però a prima del 1943, in pieno svolgimento della Seconda Guerra mondiale,con la “Carta annonaria individuale per pane e generi da minestra, valida per i mesi da novembre 1943 a febbraio 1944”. Solo da questa data la ditta Pacini e Muratori rappresentava una risorsa documentata del ruolo che rappresentava per tutta la cittadina.

a lato: Carta annonaria individuale per

pane e generi da minestra, 1943, Archivio storico del com. di Mont. sotto : Planimetria della costruzione del nuovo Viale Diaz di Montevarchi, 1931 Archivio della biblioteca com. di Mont.

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Di questa collocazione non si ha una certezza assoluta, visto quanto descrive l’architetto Sergio Failli nel 1995 nella breve descrizione storica allegata al piano di recupero presentato al comune di Montevarchi(6). Infatti si sostiene come il fabbricato si sia prestato, fin dalle sue origini a diverse funzioni prima di assumere quella di pastificio. Filanda ad i suoi inizi, caserma militare fino al 1936 e deposito di materiale sanitario durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’atto probante della collocazione del pastificio nel fabbricato si ha solo grazie ad una richiesta di permesso di costruire diretta al sindaco, Intestato alla ditta Pacini e Muratori del 15 settembre 1947 per un nuovo edificio in stile fascista ad uso abitazione di guardiania e ingresso del complesso dal Viale Diaz.

Merita di essere citato un estratto del documento “(...) data la necessità di approntare l’abitazione del portiere prima del prossimo inverno si prega di voler usare la massima cortese sollecitazione per l’autorizzazione del permesso.” Non è possibile risalire al periodo in cui l’attività di pastificio si conclude a favore dell’istallazione del Pelificio Attilio Rossi che implementerà il settore manifatturiero fiorente della seconda metà del XX secolo a montevarchi.

La lavorazione del materiale che si effettuava nella fabbrica, che giustifica questa denominazione solo dopo questo passaggio d’uso era da destinare alla fabbricazione di cappelli, ovvero alla fornitura dei cappellifici in funzione in quegli anni.

Documentazione fotografica di indubbio valore è costituita dall’archivio fotografico Vestri che raccoglie non solo immagini della vita quotidiana dell’epoca ma entra nelle fabbriche e racconta le ambientazioni del lavoro. Tra queste è presente anche quella del pelificio Rossi, con scatti che descrivono la fabbrica rievocando l’atmosfera del tempo e le fattezze architettoniche del complesso. a lato: Carta annonaria del pane e dei gene-

ri da minestra, Pastificio Pacini e Muratori,1943 Archivio della biblioteca comunale di M.

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a lato: foto archivio Vestri |Vista da sud |l’ex pastificio e il fabbricato accessorio |Vista da est |Fase di costruzione del padiglione est |Il padiglione a nord della ciminiera |Il padiglione a nord della ciminiera

I grandi volumi racchiusi dalle imponenti murature in laterizio sodo faccia a vista esprimono l’essenza di ciò che viene costruito per necessità, ed allo stesso tempo una drammaticità delle condizioni di’impiego al suo interno. La pilastrata (60x60cm) Si trasforma in membratura all’esterno ed all interno dell involucro, considerando i tamponamenti come pareti di spessore 50cm.Il sistema seriale delle grandi vetrate si alterna tra aperture tripartite con arco ribassato e aperture semplici al primo piano, che portano luce negli spazi accessori. Le grandi capriate di acciaio costituiscono le coperture, e sono di due tipologie. Le più datate, quelle dei due padiglioni ad est della ciminiera si innalzano per aprire dei lucernari coperti da un’ulteriore tetto a falda, che mima le fattezze di quello principale.

Quelle dei padiglioni ovest invece, sono semplici , e la luce affluisce solo dal sistema di forature delle pareti. Nelle foto si deduce anche come il corpo di fabbrica a nord della ciminiera abbia subito negli anni forti manipolazioni, vista l’attuale assenza del sistema di copertura in capriate lignee. Gli spazi del livello in quota sono controsoffittati con voltine in laterizio ed intonacati di bianco. Anche la stessa ciminiera ha probabilemnte subito manipolazioni a giudicare, dal profilo più snello che assume in questo periodo rispetto a quello in essere. Non ci sono notizie sul periodo esatto di attività del pelificio , che verrà indicativamente smantellato nel decennio 1950-1969. In epoca piu recente la destinazione è cambiata un’ulteriore volta, l’ex pastificio diventa il Calzaturificio D.M.B. srl di Duilio Baldi come dimostrano documenti stessi di carta intestata rinvenuti durante il sopralluogo (datati 1984). Seppur ultima sua destinazione, non ci sono dati sul decadimento del fabbricato anche da questo impiego, ma rimane solo la proposta di piano di recupero del 1995 effettuata dall’architetto Failli su commissione dell stesso Duilio Baldi.

|Navata del nucleo originale Fase di lavorazione del pelo Padiglione centrale, piano terra

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Lo stato di fatto Ormai in stato di abbandono, all’esterno il fabbricato si presenta in uno stato di degrado che si manifesta soprattutto negli intonaci (intervento che è stato apportato in epoca successiva, e che è andato a sovrapporsi all’originaria, essenziale, muratura faccia a vista) e nella vegetazione infestante che occupa parte dei prospetti. Da notare due superfetazioni di non precisabile datazione, un volume ad una falda che si affianca ad ovest alla facciata originaria con altezza media di circa 2,30 metri e una tettoia nel lato est, probabilmente in origine chiusa in parte, che adesso appare solo come copertura, anch’essa ad una falda, ed il suo sistema metallico strutturale. La porzione sud della navata centrale, quella in asse con l’ingresso del 1947, ha subito probabilmente una manipolazione in copertura, che ad oggi è piana e rifinita con guaina bituminosa. Il collegamento del solaio del primo piano nella parte sud, avviene cosi passando per l’esterno, ovvero su questa copertura, sprovvista di un sistema di parapetti. Raggiungendo il retro dell’edificio si nota come il fabbricato ad uso caldaia che affianca a nord il nucleo principale abbia subito gravi danni alle coperture, rimanendo per una porzione considerevole composto del solo involucro perimetrale. Si nota tra l’altro come l’edificio accessorio sia stato costruito in epoche diverse fino a raggiungere l’intera misura in larghezza dell’ex pastificio. |L’ingresso in stile fascista |Vista da ovest |Vista da sud |Vista da nord |La corte con la ciminiera |l’ex pastificio e il fabbricato accessorio |Navata del nucleo originale |Corridoio di distribuzione al primo piano |Navata del nucleo gemello

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Entrando all’interno, resti del calzaturificio come scatole e documenti occupano il suolo, dove in diverse occasioni si accumulano strati di guano, materiale organico e ghiaia. All’interno di uno dei due padiglioni del primo impianto è stato soppalcato, al grezzo, una porzione del grande volume coperto da capriate, probabilmente mai entrato a tutti gli effetti in funzione. La scala della fascia nord, che conta di un livello in quota, risulta inaccessibile al momento del sopralluogo, metre quelle della parte sud, presenti in forma simmetrica in due torrette che si impiantano ai margini del volume sono accessibili anche se in pessimo stato di conservazione. Gli spazi accessori del primo piano, da questa parte, sembrano aver subito un lieve incendio, a giudicare dallo stato delle finiture parietali, completamente nere con aloni evidenti, provocati da fumo e combustione.

Nei vari vani, dove il controsoffitto in voltine di laterizio ha subito danni consistenti, si può intuire una recente occupazione abusiva, visti i resti sparsi negli angoli come fornelli da campo, materassi ed abiti. I setti murari che separano le due fasce dai corpi a tutta altezza centrali sono stati manipolati in alcuni episodi, per creare finestre e passaggi verso il soppalco già citato. Lo stato fatiscente degli infissi e delle vetrate denuncia chiaramente una impossibilità di recuperare gli elementi originari. Gli altri infissi, come i telai vetrati verso gli uffici del piano terra, non rivestono nessuna nota di valore, per poter considerare una manutenzione degli stessi.

La scheda normativa e le ipotesi di recupero recenti Il lotto viene considerato nel regolamento urbanistico vigente come area di trasformazione “Ex Pastificio” (AR9).

La scheda norma(7) relativa prescrive il recupero del corpo principale dell’ex pastificio, mentre è consentita la demolizione delle superfitazioni con la possibilità di ricostruire la superficie utile lorda virtuale (SULV) nel resede del lotto.

E’ prevista inoltre la realizzazione di parcheggi pubblici a raso ed è possibile, per soddisfare il fabbisogno di parcheggi pubblici e privati, costruire in un livello interrato.

Infine si prescrive la realizzazione di una fascia di verde lungo il Berignolo, il canale che scorre a nord del lotto.(8) Nel corso degli anni e dell’alternarsi del titolo di propietà dell’immobile sono stati presentati due piani di recupero del lotto.

Il primo da parte dello studio di architettura Sergio Failli nel 1995, prevedeva la conservazione del solo involucro esterno e la completa manipolazione del fabbricato al suo interno. Inoltre l’intero ingombro del lotto sarebbe stato sottoelevato a favore di un grande parcheggio interrato.

Il piano prevedeva il frazionamento del piano terra ad uso locali commerciali e uffici nelle due fasce a nord e sud al primo livello.

Il piano di recupero fu bocciato dalla commissione edilizia del comune di Montevrchi nel 1996.

In corso il piano dell’architetto Roberto Mariottini (2011) che asseconda sostanzialmente la scheda di norma vigente rispettando il vincolo di facciata con un intervento di copertura della corte dove si colloca la ciminiera per risolvere la distribuzione di quello che dovrebbe diventare un centro per il commercio.

Il piano è in iter di approvazione da alcuni anni ed ha subito delle modifiche nel corso del tempo.

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VA L D A R N O FA B B R I C A M O D A

Le fondamenta del progetto L’iniziativa di convertire l’Ex-pastificio di Montevarchi in polo di istruzione professionale per l’industria non rispecchia un’astrazione senza fondamenta sui possibili recuperi di complessi abbandonati, ma una visione sulla condizione economica contemporanea.

Infatti il comparto manifatturiero nell’ambito della Moda racchiude un sistema di eccellenze diffuse negli insediamenti della Valle che suggerisce di rilanciare, in epoca di architettura della crisi, verso un modello di istruzione altamente specializzato legato al territorio. Un esempio simile e più che mai vicino è rappresentato dall’ Alta Scuola Di Pelleteria Italiana(8), nata nel 2005 a Scandicci, nel comune di Firenze, che si propone come riferimento per la lavorazione delle pelli e conta su di un sostegno trasversale da parte degli enti locali, Gucci, Ferragamo, e Confindustria Frienze.

Da questa considerazione si deduce come l’intervento proposto si inserisca in una discussione gia avviata su quella che potremmo chiamare industria a km 0 sfruttando un’analogia con la filiera corta agricola. Questo perchè se da una parte l’industria, soprattutto quella della moda, non solo considera, ma è parte integrante del sistema di globalizzazione e di livellamento culturale dall’altra apprendere nei luoghi della produzione rappresenta un plusvalore irripetibile. Questo privilegio consiste sia nel poter accedere direttamente ai luoghi della produzione per poter combinare stage e insegnamento in una dinamica di apprendimento continuo, sia di poter attingere nel bacino delle figure professionali per delle lezioni specifiche su come “si fanno le cose”.

E’ infatti importante ricordare come siano le cose l’evento fondante del progetto, ovvero come “noi vogliamo tornare alle cose stesse”(12) per utilizzare una citazione di Husserl.

La dicotomia tra cosa e oggetto, analizzata da Remo Bodei nel suo La Vita delle Cose(13) evidenzia come le cose

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non siano altro che oggetti con valori simbolici, affettivi e cognitivi che il soggetto in maniera arbitraria gli attribuisce.

Questa distinzione rappresenta quello che si potrebbe definire lo spirito attraverso il quale la produzione di capi di abbigliamento dovrebbe ambire, ovvero costruire cose e non oggetti, non mere esibizioni di lusso e rappresentanze di status symbol ma parte intima della vita quotidiana.

Dall’altra parte è chiara la tendenza contemporanea ad avvalersi di strumenti quali marketing e branding come fini e non mezzi dell’industria di oggi. Nello specifico, Naomi Klein(14) afferma che negli ultimi vent’anni avrebbe avuto luogo un radicale cambiamento nel capitalismo: se prima era centrale la fase della produzione di merci, ora quest’ultima diventa marginale e trascurabile, mentre si impiegano sempre più forze e denaro sul marchio e sulla proposta di una serie di valori immateriali ed ideali da collegare ad esso.

Le intenzioni di questa proposta quindi ripongono le speranze non sull’immagine di sè che la moda dà di se stessa, ma sulla consistenza, sulla capacità di plasmare la materia e di pensare secondo essa.

Da questa considerazione è breve il collegamento tra grande industria e artigiano, inteso come modo di affrontare il problemi progettuali e approccio alla cultura del lavoro. Sennett discute la distinzione tra homo faber e animal laborans(15) considerata una classificazione fondante il nostro sistema di gestione delle risorse umane. L’animal laborans rappresenta l’uomo del lavoro manuale, l’uomo che fatica, condannato alla routine, l’uomo che si chiede “come?”. L’homo faber è il suo superiore, è l’uomo del lavoro intellettuale, è l’uomo che si chiede “perche?”. Questa subordinazione è secondo l’autore una distinzione che non apporta valore aggiunto alla ‘ efficacia dei compiti svolti in maniera suddivisa, ma isola e settorializza i problemi delle due sfere di influenza. La soluzione, rappresentata dall’uomo artigiano riguarda il far dialogare queste due figure e rendere l’animal laborans

guida per l’homo faber e viceversa. Ritornando alle questioni del progetto, ovvero dare un’istruzione materiale agli studenti , significa non solo inserirli direttamente nel mondo del lavoro, ma creare figure professionali capaci di pensare con le mani dell’artigiano.

Questa intuizione l’aveva gia tratta Adolf Loos citando la simpatica storia del Mastro Sellaio(16).

-C’era una volta un mastro sellaio. Era un buon artigiano, molto abile e fabbricava selle che per la loro forma non avevano nulla in comune con le selle dei secoli precedenti... Erano cioè selle moderne. Lui però non lo sapeva. Sapeva soltanto che faceva selle meglio che poteva.

Un bel giorno si diffuse in città un movimento singolare. Fu chiamato Secessione. Esso prescriveva che si producessero soltanto oggetti d’uso moderno. Quando il mastro sellaio ne venne a conoscenza, prese la sua sella migliore e si recò dal capo della Secessione.

Egli disse: signor professore questa è una sella moderna?

Il professor esaminò la sella e tenne all’artigiano un lungo discorso... il risultato però era: no, questa non è una sella moderna.

L’artigiano se ne andò tutto mortificato...

Ma il professore disse: torni domani. Siamo qui apposta per incoraggiare l’artigianato e fecondarlo con idee nuove...

Il giorno successivo il mastro sellaio ritornò. Il professore poté presentargli quarantanove progetti di selle... Il mastro sellaio osservò a lungo i disegni e ai suoi occhi tutto divenne sempre più chiaro.

Infine esclamò: “signor professore! Se io mi intendessi così poco di equitazione, di cavalli, di cuoio e di lavorazione, avrei anch’io la sua fantasia”.

E vive da allora felice e contento. E fa selle.

Moderne? Non lo sa. Selle. -

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ca s e ll o a u to s t r a d a l e Va l d a r n o A re a in d . Lu n g a r n o

FS Montevarchi-Terranuova

fe r m a ta a u to b u s

A r e a i n d . Po g g i l u p i

ChI a n t i

Topografia L’area di intervento è collocata in posizione privilegiata considerando sia le dinamiche del Distrtto industriale pelli cuoio e calzature del Valdarno superiore, sia i Paesi che si estendono nella zona (ovvero le Terre nuove fiorentine, nuclei di fondazione voluti da Firenze per controllare e amministrare in modo efficace il contado(17).

Il lotto occupa una posizione angolare ai margini del Viale Diaz, asse interurbano di collegamento che racchiude gran parte del carico di traffico ad est del centro storico di Montevarchi. Esattamente di fronte al lotto è presente una fermata dell’autobus che serve quindi nelle due direzioni per raggiungere il distretto industriale di Levanella verso sud oppure l’autostrada A1 verso nord (casello Valdarno).

Guardando verso gli altri due estremi si ha verso nord-est il collegamento all’area industriale Lungarno (sede dell’ultimo stabilimento di Prada) attraverso la variante SR 69 (in costruzione) che comprende un nuovo ponte sul fiume Arno, mentre a sud ovest si raggiunge il Chianti, regione collinare toscana di consolidata fama.

E’ importante inoltre considerare il collegamento pedonale alla stazione ferroviaria di Montevarchi-Terranuova, che dista dieci minuti in cammino, passando per la via principale del centro abitato.

a lato: Il lotto di progetto

ed i punti di riferimento principali

39

I volumi, l’ex pastificio In rispetto del vincolo di facciata prescritto dalla scheda normativa del lotto, e dell’identità originaria dell’edificio, le scelte progettuali sull’ esistente si riducono all’esterno nella semplice azione di demolizione delle superfetazioni che durante gli anni si sono addensate intorno al nucleo principale (vedi pag. seg.)(A). Le due parti, di differente costruzione, ciascuna di due campate, sono collegate da un modulo che altera la rigida maglia strutturale e che racchiude al suo interno una corte aperta e la vecchia ciminiera, conservata allo stato originale, che svetta ad un estremo della corte. L’unica addizione(B) in questa parte del progetto viene giustificata per risovere il problema dell’ingresso alla scuola, che dal viale Diaz passa attraverso la palazzina in stile fascista (1947) originariamente residenza del portiere della fabbrica. Il nuovo foyer si allinea così alle due emergenze dell’ingresso e della ciminiera rimarcando l’asse centrale baricentrico del complesso. Per permettere questo inserimento si rimuove la parte gia descritta nel paragrafo sullo stato di fatto, così da risolvere anche la connessione in quota degli ambienti della fascia sud.

a lato sx: La demolizione delle superfe-

tazioni accumulate negli anni.

L’ingresso fascista del custode, il nuovo volume dell’atrio e la ciminiera. a lato dx: vista del complesso da nord ovest

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demolizioni

permanenze

addizioni

stato di progetto

a lato: inquadramento del complesso

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Arredare la fabbrica Volumetrie | Il volume complessivo | gli interni | i nuovi volumi Ex pastificio | la biblioteca | |l’auditorium | il padiglione degli event

q

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70 m

q

30

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L’ampliamento | il ristorante e gli uffici | il living e lo store | le foresterie

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le murature

piano terra

Arredare la fabbrica Il progetto degli interni mira a conservare ed a riportare alla luce le apparecchiature murarie originali, cosa che ovviamente avviene nei corrispettivi esterni. Anche l’impianto di utilizzo degli spazi viene conservato con delle modifiche sul sistema di distribuzione. Le due fasce accessorie a nord ed a sud che coprono per intero la larghezza dell’edificio si sviluppano anche in un livello in quota (4,15 metri), accessibile attraverso altrettanti blocchi servizi e scale posti in prossimità del centro della pianta, agli estremi dell’asse verticale di simmetria.

Il nuovo intervento si manifesta dichiarandosi esplicitamente attraverso quattro sistemi di arredo dei vuoti principali, ovvero, da est ad ovest: il grande laboratorio comune a tutti gli indirizzi di istruzione, la biblioteca (al primo piano), l’auditorium ed il padiglione degli eventi. Il laboratorio comune contiene i macchinari e gli utensili del lavoro e utilizza le aule risultanti dal collocamento della biblioteca in quota, come spazi accessori. Queste sono dedicate ai singoli corsi (taglio, cucito e progetto), che hanno la funzione di indirizzare i flussi di accesso e di filtrare questo ambiente dal corridoio di distribuzione generale che corre lungo il lato ovest della corte.

a lato: la conservazione e il rinvenimento

della muratura faccia a vista. l’inserimento dei grandi arredi della fabbrica che occupano ognuno una intera navata in lunghezza.

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Piano terra , Esistente

9

0 1

25

5

10

7

6

8 9

5 25

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2

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10

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2

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3

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4

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5

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6

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7

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9

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10

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25

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Piano terra , Ampliamento

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19

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25 18

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15 16

5

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10

13 12

11

11

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14

living fo res terie

15

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16

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17

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18

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19

m ens a |ca ffetteria

25

s ervizi

51

Ex Pastificio, sezione trasversale

53

I due padiglioni appena citati vengono illuminati dal sistema di aperture tripartite esistenti e da due lucernari lineari orientati verso est, che assicurano un’illuminazione diffusa durante tutte le ore del giorno. Gli allestimenti delle due navate ad ovest sono destinati al pubblico a sostegno di eventi e occasioni in cui la scuola si apre alla città. L’auditorium (con una capienza di 180 posti) si compone di due scatole, la prima che lo isola dall’esistente e l’altra che contiene le file piu distanti dal palco, che salgono in quota per migliorare la visuale(B). Gli spalti del padiglione per le sfilate sono divisi in due sistemi di tre blocchi speculari ai fianchi della passerella, e risultano avere complessivamente una sezione ad U, che gioca in un rapporto di forme con la gemella opposta dell’auditorium. Queste due grandi funzioni trovano nelle fasce laterali a nord, spazi di servizio e camerini ed a sud un grande atrio di decompressione attiguo al nuovo volume dell’ingresso. La biblioteca si divide tra la sala di lettura ed un nuovo corridoio di collegamento che ha funzione di ponte tra le due spine del primo piano. La sezione di questo volume a doppia falda sfalsata, racchiude lo spazio di distribuzione da una parte e dall’altra mima pendenza della copertura a capanna della navata. Il dislivello tra queste due falde viene usato come diffusore di luce proveniente dal nuovo taglio in copertura già citato nella descrizioen del laboratorio. Tutti i nuovi volumi per dare continuità all’intervento e differenziarsi dall’esistente sono realizzati con una struttura metallica rivestita sia internamente che all’esterno il lamelle di abete verticali montate su di un sistema di traversi in legno sorretto dai telai di acciaio(H). Per concludere, le due ali laterali del primo piano contengono le aule per la didattica, quattro da 36 posti, e due più piccole da 16. Ogni aula sfrutta il sistema di finestre gia esistenti nei fronti nord e sud, e trova al centro di ogni stecca il blocco di servizi e i corpi scala per raggiungere il piano terra. Così a sud ci ritroviamo nel nuovo ingresso, mentre a nord si guarda al nuovo padiglione.

a lato: vista del padiglione degli eventi

55

Prospetto est

1 O

Sezione long., le due corti

CUCITO

57

Sezione long., il padiglione eventi e lo store

6 O

Sezione long., la biblioteca e gli uffici

OT T E G O R P

5 OT T E G O R P O

4 O I L GAT O

1 O

O I L GAT

2 OTICUC O

1 OTICUC O

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le coperture

piano primo

Il nuovo padiglione Cogliendo l’occasione presentata nella scheda di norma relativa all’ex pastificio, il progetto prevede la riconversione dei volumi demoliti (SULV) in un nuovo edificio che implementa la funzione della scuola con servizi e spazi accessori. La genesi del volume, ha voluto mantenere il concetto che muove gli ampliamenti dei corpi dedicati all’industria, soprattuto ai tempi delle grandi crescite. Mimare e copiare i padiglioni del nucleo originale, come a non voler perdere tempo per progettare annessioni, ma assolvere nel più breve tempo possibile alla domanda di nuovi spazi per il lavoro. Questo si traduce in utilizzo dei materiali, passo strutturale, sistema di copertura, calzante nel caso in questione le due nuove navate ad ovest della ciminiera. L’ampliamento quindi, rimane silente all’esterno, e con il minor sforzo possibile, si duplica metà del complesso al netto delle superfetazioni, tagliato questa volta da un asse che corre in direzione est-ovest. La posizione occupata ricalca invece quella degli ex locali caldaia e magazzino, mantenendosi ad una distanza di circa 12 metri dal fabbricato originale. La via che ne risulta, genera nell’impianto un asse ortogonale a quello degli accessi che guarda da una parte al giardino di fronte alla scuola, e dall’altra all’ingresso carrabile con i parcheggi a raso. Le grandi murature in laterizio, la vecchia e la nuova, ricreano un senso di enclosure che rende

a lato: duplicare metà dell’ingombro esistente, in

volume, morfologia e materiale principale.

Il vuoto tra i due edifici come luogo di sosta e regolatore dei flussi.

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Piano primo , Esistente

0 1

5

10

11 12 13 14 21

25

20

21

15 16 17 18 19 20 21 20

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25

20

21

21

a22ule 16 po s ti 23 a ule

3 6 pos ti

22 24biblio teca 2525

s ervizi

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Piano primo , Ampliamento

23

19

0 1

5

10

23

24

24

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11

12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 11 19

s22 to re 23 ris to ra nte|ca ffetteria

23 24fores teria 24 25

s ing ola

fores teria do ppia

65

Estensione, sezione trasversale

67

questo vuoto sia un luogo dove sostare volentieri all’aperto, sia un elemento di continuità tra i due edifici. La nuova volumetria è divisa in due parti di due padiglioni ciascuna collegate da un blocco scale-ascensore posto al centro. Questo si raggiunge attraverso una corte aperta(D) che interrompe l’asse orizzontale tra i due edifici esattamente a metà e guarda all’uscita posteriore della scuola. Il concept del nuovo intervento trova la sua nota contemporanea nel momento in cui si varca la soglia di ogni padiglione, che presenta una sola apertura d’ingresso, dal prospetto sud, disegnata sull’ampia muratura in laterizio. Addentrandoci nell’interno si cerca infatti di richiamare l’operazione di arredo della fabbrica con una nuova accezione. Quattro spazi principali si inseriscono secondo il principio de “la scatola nella scatola”(E) evidenziando una chiara distinzione tra involucro, spazi serviti e spazi serventi. Il sistema di intercapedini (che misura 1,5m), corre anulare lungo ogni padiglione rivestendo un duplice ruolo all’interno del progetto, quello di distribuzione degli ambienti e quello del verde. Il primo si sviluppa secondo il lato maggiore dell’edificio, con due spine nord sud , l’una che si appoggia ai blocchi di servizio ai singoli padiglioni, l’altra a doppio volume che affianca gli ingressi dall’ asse orizzontale. Il verde rappresenta un elemento costante e inaspettato, che affianca, attraverso piccole aree popolate da arbusti, i setti e le murature in senso nord-sud(G). Questi piccoli luoghi di vegetazione si declinano

a lato dx: vista del nuovo asse est-ovest tra l’ex pastificio e la nuova estensione. a lato sx: il sistema di vegetazione arbustiva anulare agli ambienti principali all’interno del nuovo volume. le pareti in blocchi di laterizio traforato, costituiscono delle gelosie che filtrano la luce da est ed ovest.

69

Sezione long., l’auditorium e il living

O

CUCITO 1

O

CUCITO 2

O

TAG L I O 1

O

TAG L I O 4

O

P R O G ETTO 5

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P R O G ETTO 6

Sezione long., il laboratorio ed il ristorante

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Piano interrato, parcheggi

1

Estensione, prospetto sud

0 1

5

10

in diversi modi a seconda della loro posizione. Sono caldi all’esterno dei setti di divisione mediani, ed occupano in parte il sottoscala che porta al livello in quota, mentre sono a cielo aperto dall’altra parte delle murature citate (andando a completare il sistema dei vuoti dei due edifici). In corrispondenza dei tamponamenti esterni le intercapedini separano le scatole vetrate dei vani principali da un sistema di gelosie in blocchetti triangolari(F) di laterizio che filtrano la luce proveniente da est ed oveste permettono il passaggio dell’aria. Il sistema portante è in acciaio, che si manifesta, arretrato rispetto alle gelosie oppure viene rivestito dalla muratura negli altri episodi dell’involucro. Il passo della struttura ricalca quello dell’ ex pastificio e l’orditura delle travi principali e secondarie attraversano le asole a doppio volume per raggiungere i pilastri nel perimetro esterno.

Le nuove funzioni che occupano i volumi principali a piano terra sono da ovest ad est: il ristorante, gli uffici, il living per gli studenti e lo store. Il corpo centrale della nuova ala collega il piano terra al piano a quota 4,60m, che ospita le foresterie, ovvero dodici camere singole nella fascia a nord e otto doppie che si affacciano sulla corte aperta. Il livello interrato invece ospita il parcheggio accessibile con una rampa posta ad est, che risolve il problema del posteggio dei mezzi (62 posti auto). Un ultima considerazione è da fare riguardo al sistema degli infissi in acciaio nero, definisce le aperture del fabbricato esistente, il nuovo volume dell’ingresso sud, ed incornicia, evidenziandoli, gli ingressi del nuovo padiglione.

a lato: L’annessione di un piano interrato al nuovo volume per il posteggio dei mezzi. ll sistema dei nuovi vuoti che si sommano a quello esistente che contiene la ciminiera.

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vista d’insieme

piano interrato

Cuore di industria e cultura Il nuovo polo di istruzione Valdarno Fabbrica Moda è concepito non solo secondo come punto d’incontro tra industria e istruzione ma come riferimento culturale e di comunicazione per tutto il distretto della moda del Valdarno superiore. Per giustificare questo intento polifunzionale, dove settori come l’apprendimento , il lavoro, il tempo libero, conferenze e organizzazione di eventi si compenetrano, è opportuno citare la tendenza che le firme più prestigiose del settore hanno recentemente per la gestione dell’immagine dei loro flagship store.

L’esempio di Prada vede nell’edificio disegnato da Rem Koolhaas a New York un luogo dove fare acquisti è un ‘attività quasi marginale che il visitatore è portato a vivere. Percorrendo gli spazi si incontrano una serie di funzioni dove le varie sale sono luoghi che invadono altre sfere del vivere, come una gradinata con un palco, una sala espositiva, o una zona di ristoro.

L’ innovazione tipologica si integra con il grande utilizzo della tecnologia e di materiali high-tech. Nel caso della scuola, dove il recupero di un vecchio fabbricato è l’evento fondamentale del progetto, questa tendenza verrebbe deviata, a favore di un ritorno alla condizione artigianale, di un luogo dove si respira il lavoro e dove si sovrappongono le epoche vissute dalla fabbrica.

E’ evidente come giochi un ruolo importante all’interno del progetto, la costruzione della nuova estensione, (I) che racchiude servizi come lo store , il ristorante e gli uffici. Questi rendono l ’intervento un organismo completo e dotato di autonomia.

Lo store (che contiene idealmente i capi di abbigliamento e accessori prodotti dagli studenti) ad esempio, come il ristorante, potrebbero essere destinazioni che raccolgono flussi indipendentemente dallo svolgimento dell’attività didattica, che anzi ne arricchiscono il clima interno e l’influenza sulla città al di fuori.

75

Dall’altra parte dell’immagine e degli eventi indotti rimane il tema portante dell’insegnamento di un mestiere, da parte di chi lo esercita con maestria. Questo viene ampliato dall’offerta di un servizio di soggiorno per gli studenti che comprende 28 posti letto ed un living comune, così da inserire la scuola in un contesto che si avvicina al campus universitario. Questo ampliamento del programma garantisce l’affluenza di studenti fuori sede, ai quali impartire il sapere delle nostre industrie più fiorenti.

I due macroinsiemi considerati, intendono coesistere e rendere la scuola un’ incubatrice di impresa e cultura, per valorizzare in modo diffuso il territorio dove avviene la produzione. Effetti positivi si riscontrerebbero anche sul paese, che trarrebbe nuova vita dal recupero di un fabbricato in continuità del centro storico. Il significato è quindi quello di fondare un sistema che chiuda un ciclo, formato da ideazione, apprendimento e produzione, dove le nuove generazioni possano scambiare e non solo ricevere la loro idea di moda, in una riqualificazione architettonica che si distacchi ed allo stesso tempo risvegli il passato. E’ opportuno ribadire, con le parole di Walter Benjamin(18), come moda e architettura non siano quindi mondi indipendenti ma hanno qualcosa in comune, ovvero “appartengono all’oscurità dell’attimo vissuto, alla coscienza onirica del collettivo”.

a lato : vista dello store con l’intercapedine schermata dalla gelosia in laterizio.

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Riferimenti progettuali Sul Recupero (A)_ Centro cultural Matadero, Sale espositive, Inaqui carnicero Cineteca, Churtichaga, Salcedo Madrid, 2007

(B)_ Casa della Musica GEZA (Alberto Gri Cino Zucchi architetti) Cervignano del Friuli (Udine), 2011

(C)_ Conde Dunque Carlos de Riano Lozano Madrid,2011

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Riferimenti progettuali Sulle volumetrie

(D)_ Serpentine Gallery Peter Zumthor,London,2012

(E)_ Ayuntamento de Zamora Alberto Campo Baeza, Zamora, 2010

(F)_ La Tallera Frida Escobeda, Cuernavaca, Mexico, 2012

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Riferimenti progettuali Sul Dettaglio

(G)_ Green Edge House mA-style architects, Sizuoka Ryokuen No Su, 2013

(H)_ Centre LĂŠonce Georges Calderon-Folch-Sarsanedas Arquitectes, Chauffailles, 2011

(I)_ Theory stores Nendo, Los Angeles,Beverly Hills, 2013

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Note (1) www.fabbricaarchitettura.it (2)_ Note dal Distretto della Moda del Valdarno Superiore (3) www.osservatoriodistretti.it (4) Ilaria Ciuti, www.repubblica.it (5) www.valdarnopost.it (6)_ Piano di recupero dell’area ex pastificio di Montevarchi, ufficio tecnico di Montevarchi (7)_ Comune di montevarchi, Regolamento urbanistico, Norme tecniche di attuazione, (ar9) (8) www.altascuolapelletteria.it

Bibliografia (9)_ Georg Simmel, La moda Mondadori, Milano, 1998 (10)_ Anselmi, Picchioni, Nassini, Montevarchi, Immagini di un’industria Aska Edizioni, firenze, 2013 (11)_ aa.vv. Prada , Progetto Prada Arte, Milano, 2009 (12)_ E. Husserl, Meditazioni Cartesiane e discorsi parigini, Bompiani, Milano, 2004 (13)_ Remo Bodei, La vita delle cose Laterza, Bari , 2009 (14)_ Heidi Klein, No Logo Baldini Castoldi Dalai Editore,2000 (15)_ Richard sennett, L’uomo artigiano Universale economica Feltrinelli, Milano, 2008 (16)_ Adolf Loos, Parole nel Vuoto Adelphi, Milano, 1992 (17)_ Carlo Fabbri, Terre Nuove fiorentine del Valdarno superiore nel processo di colonizzazione del contado Aska Edizioni, Firenze, 2012 (18)_ Walter Benjamin, I Passages di Parigi Einaudi,Milano,2002

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Ringraziamenti Si ringraziano per la collaborazione, la documentazione e gli elaborati forniti durante il periodo di ricerca: Massimo Anselmi fotografo Roberto Mariottini architetto L’ ufficio tecnico del comune di Montevarchi L’ archivio storico del comune di Montevarchi La biblioteca comunale di Montevarchi L’archivio fotografico Vestri Il Prof. Fabrizio Rossi Prodi per la fiducia e l’insegnamento

La mia famiglia, per l’amore ed il supporto Gli amici di Santa Verdiana, Alessio, Filippo, Francesco P., Francesco O., Giacomo R., Giacomo F., Giovanni, Italo, Pietro Gli amici da sempre, Andrea L., Andrea V., Diletta, Elia, Filippo, Gian Marco, Leonardo, Marco B, Marco M., Mattia, Nicola, Olimpia, Simone.

a lato : Pelificio Rossi, il personale della fabbrica nella foto annuale, foto Archivio Vestri

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