SUZIE MOORE e il Sogno di una Notte di Inizio Estate di Anita Book (Chapter #1)

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Suzie Moore

e il Sogno di una Notte di Inizio Estate un racconto di Anita Book


Ai miei amati e sempre fedeli booklovers


Strizzo i capelli e la tintura gocciola nel tubo del lavandino. Non so perché il blu. Forse perché è il colore dell’oceano e del cielo, delle cose profonde e infinite che hanno bisogno di essere osservate e studiate per essere scoperte. E io sono un po’ così. Un’enciclopedia di misteri. Un firmamento di emozioni in cui perdersi e annegare. «Suz, Vittorio è arrivato!». «Merda» sibilo tra i denti. Attacco il phon alla presa e mi sparo l’aria calda al massimo. Gli occhi fissano il mio riflesso. A sedici anni ci si aspetterebbe di avere un aspetto peggiore del mio, come se i problemi dell’adolescenza ti marchiassero la pelle, e invece me la passo piuttosto bene. Spennello un po’ di gloss porpora sulle labbra e impiego un altro quarto d’ora per piastrarmi i capelli. Li preferisco lisci e leggermente spettinati. «Suzie!». Dio santo. «Arrivo, arrivo!». Riordino in fretta e furia il macello sul lavandino e mi fiondo in camera. Apro l’armadio e comincio a buttare sul letto tutto il mio guardaroba. Scelgo pantaloni neri e un corsetto KuroNeko in pizzo. Gli anfibi sono sparsi sul pavimento; ne recupero un paio — i miei amati Phantom a tre fibbie — e me li infilo alla velocità della luce. Li adoro, sono la mia arma personale contro guastafeste e ammiratori rompiscatole. E poi si sa, il rock non è soltanto un genere musicale ma uno stile di vita. Vado in cucina e mi trovo davanti una scena da incubo: zia Rebecca coi bigodini in testa e Vittorio intento a sbrogliarglieli. La visione è talmente surreale e raccapricciante da farmi rabbrividire. Quando lei alza lo sguardo, sorride come se fosse tutto nella norma. «Eccoti qui!» esclama. Nemmeno fa caso alla mia espressione perplessa. La ignoro. «Da quand’è che ti sei dato all’hairstyle?» chiedo al mio amico. Lui scrolla le spalle. «Non sapevo come far passare il tempo. È forte». Districa un altro di quegli affari. «Il trucco sta nel seguire il verso della ciocca». «Sei ridicolo» sbuffo, le braccia incrociate al petto. «Vedi, non lo sarei se una certa persona non mi facesse aspettare così tanto per spruzzarsi un po’ di profumo addosso». La sua ironia mi dà i nervi. Indurisco lo sguardo. «Non è soltanto “un po’ di profumo”» sottolineo mimando un paio di virgolette con indici e medi. «Giusto. Mi ero dimenticato di quelli». «Cosa?».


«I tuoi capelli. L’hai fatto davvero». Io e Vittorio ci conosciamo da due anni e siamo buoni amici (più o meno), tuttavia in lui c’è qualcosa di arrogante e maschilista che è spesso causa di litigi e incomprensioni. La zia è convinta che sia cotto di me, una teoria assurda. Non ho tempo per queste cretinate. «Credevi scherzassi?» gli chiedo in tono di sfida. «Nessuno prende troppo sul serio ciò che dite voi ragazze». Non ha tutti i torti. È stata la voglia di troncare ogni tipo di legame con il passato a vincere sull’indecisione. «Ma io sono l’eccezione, dovresti saperlo» replico un po’ risentita. Mi isso sul tavolo. La zia soffoca una risatina. Accidenti, perché deve mettermi sempre in imbarazzo? Vittorio toglie l’ultimo bigodino. «Oh, che sollievo!» sospira zia Rebecca toccandosi la sua nuova chioma di boccoli. «Grazie caro. Non meriti di essere trattato così da mia nipote». Gli fa l’occhiolino e io avvampo. Questa me la paga. «Di nulla. È stato un piacere» è la sua sdolcinata risposta. Fingo un conato. «Bene, è ora che vada. Il dovere chiama». La zia si alza e mi stampa un bacio sulla guancia, poi dice: «Voglio che torniate a casa sani e salvi, voi due, intesi? Niente corse spericolate né sorpassi azzardati, con quel motorino». «Non si preoccupi, cercherò di riportargliela tutta intera» la rassicura Vittorio lanciandomi un’occhiata divertita. Che buffone. Scuoto la testa e scandisco le parole «Sei morto» a fior di labbra. «E tu, signorina Moore» prosegue la zia richiamando la mia attenzione. Ci fissiamo per un lungo istante. «Fa’ vedere chi sei stasera» conclude con un sorriso e io so che sarà così. Non deluderò le sue aspettative, né tantomeno quelle di tutti gli altri. Una volta che io e Vittorio rimaniamo soli torno in camera e ficco dentro lo zaino tutto il necessario: una felpa nel caso la temperatura si abbassi, due bottigliette d’acqua, una fotografia presa dal mio album di famiglia e il raccoglitore con i testi delle canzoni. Usciamo. L’aria afosa mi si appiccica alla pelle. Percorriamo il viale d’ingresso diretti verso il Runner blu e nero parcheggiato davanti al portoncino. È truccato e sfiora i centodieci all’ora. Vittorio non ha fatto altro che massacrarci con la storia della nuova marmitta ZX capace di migliorare le prestazioni dello scooter. «E quello da dove spunta?» chiedo, notando l’adesivo a forma di folgore sulla fiancata. «Fino a qualche giorno fa non c’era». Mi lancia il casco. Lo prendo al volo. «Un acquisto recente» dice.


Monta su e un attimo dopo salgo anch’io. «Mi piace» ammetto. «’Spetta un attimo… questo è un complimento?». Nonostante sia appena voltato verso di me riesco a intravedere comunque il suo mezzo sorriso. Mi mordo il labbro per mascherare il mio. Non voglio cedere. «Sì, lo è, ma mica è rivolto a te, quindi non montarti troppo la testa». «Non c’è pericolo dolcezza, non sono il tipo» insiste conservando il sarcasmo. «Ma è comunque un bel passo avanti». Non ho modo né tempo di elaborare una risposta, perché mette in moto, dà gas e un attimo dopo sfrecciamo via.

LA SECONDA PUNTATA DI SUZIE MOORE TI ASPETTA L’8 LUGLIO NON PERDERE TUTTI I CONTENUTI SPECIALI SU L’ORA DEL LIBRO

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