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Mimmo Paladino Montagna di sale fonte Google Mimmo Paladino Montagna di sale (dettaglio) fonte Google Mimmo Paladino Hortus Conclusus (dettaglio), 1992 fonte www.italianways.com

Lo stesso rapporto di causa-effetto esiste tra lo sviluppo della cultura di massa e le invenzioni tecnologiche, come ad esempio quella dell’automobile e quella della cronofotografia3, e il primo futurismo di Giacomo Balla e Umberto Boccioni, incentrato sulla rappresentazione del movimento e della città industriale in ascesa, della quale fu ottima testimone anche la scena artistica americana come dimostra l’opera New York reinterpretata: la voce della città realizzata da Joseph Stella nel 1920-1922. Ugualmente, senza l’avvento del fascismo in Italia, chi potrebbe affermare con certezza che la politicizzazione delle pratiche artistiche sarebbe comunque avvenuta e che Carlo Carrà avrebbe, in ogni caso, dipinto nel 1914 Manifestazione interventista? Potrei citare innumerevoli esempi nella storia dell’arte che scaturirono dallo stesso principio di causa-effetto. Ad esempio, Il dominio dei prodotti consumistici, la mercificazione della cultura e lo sviluppo del medium televisivo negli anni ’50-’60, sono stati l’imprescindibile seme dal quale è germogliata tutta la cultura Pop americana, e non solo. Senza l’evoluzione progressiva della stampa fotografica, i paesaggi silenziosi, ovattati e avvolti dalla nebbia della Pianura Padana fotografati da Luigi Ghirri non avrebbero avuto lo stesso sapore trascendentale, e il passaggio dall’era industriale a quella postindustriale che travolse Milano negli anni ’70 non avrebbe trovato in Gabriele Basilico il suo perfetto documentatore analitico4.

Gli effetti “impossibili” di Salita e discesa (1960)e La cascata (1961), due delle litografie più famose di M.C. Escher, sono la trasposizione artistica del triangolo di Penrose, inventato dal matematico omonimo Roger Penrose. Oggi, il terroir degli artisti contemporanei oscilla tra la terra e la storia di un territorio, rimaneggiati e interpretati di volta in volta attraverso stili differenti. I cavalieri e i cavalli di Mimmo Paladino, beneventano, e quelli di Riccardo Dalisi, nato a Potenza ma napoletano di adozione, pur scaturendo entrambi dallo studio della tradizione sannita, differiscono enormemente nella forma e nel significato. Attraverso continui riferimenti al mito, enfatizzati dall’uso di simboli greco-romani, etruschi e paleocristiani, – ma anche visionari – Paladino sviluppa immagini archetipiche, dal sapore arcaico, mediterraneo e onirico, riprendendo le tecniche antiche come l’encausto e il mosaico. Le sue statue – di legno, bronzo, rame e argilla in primis – sono icone, maschere antiche che, ritornando ciclicamente nelle sue opere, formano un alfabeto, enigmatico e misterioso, attraverso il quale l’artista riscrive la storia della sua città. È il tema della memoria e del frammento, infatti, il perno del lavoro di Paladino, che, per plasmare i cavalli dell’installazione permanente Hortus Conclusus nel complesso universitario di San Domenico a Benevento e quelli annegati nella Montagna di sale in Piazza del Plebiscito a Napoli, ha rivolto l’attenzione alla composizione geometrica delle figure tipiche di Arturo Martini e, guardando ancor più indietro, ai Kouroi della statuaria greca del VII secolo a.C.. “[…] diventa inevitabile il confronto con gli antecedenti storici, e con la cultura che ciascuno si porta addosso, ma proprio nel precedente sta il motivo stesso del lavoro”5 dice Paladino. Figurativamente molto distanti, i cavalieri a cavallo di Riccardo Dalisi rievocano i costumi dadaisti degli spettacoli teatrali messi in scena al Cabaret Voltaire di Zurigo nel primo e secondo decennio del Novecento, pur dimostrando anch’essi una ricerca espressiva che spazia nel mitico e nell’arcaico, tradotta attraverso un processo di analisi culturale e sociologica della città campana. Create con l’utilizzo di materiali poveri e di riciclo, spesso raccolti dall’artista stesso nei vicoli di Napoli, come latta, carta, rame e ferro, le sue sculture

contengono una “sfida”: il riciclo contro il consumo e lo spreco e come spinta verso una continua innovazione. Nel quotidiano rapporto con i lattonai e i ramaioli di Rua Catalana, famoso quartiere degli artigiani, nacquero anche i prototipi per la caffettiera commissionatagli da Alessi, che fu premiata nel 1981 con il Premio Compasso d’oro e che rese Dalisi internazionalmente celebre. Da sempre impegnato nel sociale – grazie alla sua ricerca espressiva si è potuto entrare nella storia di un popolo, nell’anima di una città –, già negli anni ’70 l’architetto, artista e designer aveva realizzato opere di riqualificazione del Rione Traiano avvalendosi in questo caso, oltre che della cooperazione degli artigiani locali, della partecipazione degli anziani della Casa del Popolo di Ponticelli e dei bambini e dei giovani di quartieri in difficoltà. In seguito, nel 1997, il suo progetto denominato Napolino – dal nome di uno dei lampioni che creò per adornare Rua Catalana –, fu selezionato dalla Comunità Europea per il suo particolare valore culturale e, nel 2007, Dalisi contribuì sostanzialmente alla realizzazione di un percorso didattico per sensibilizzare all’arte i bambini disagiati del quartiere, insegnando loro la lavorazione scultorea dei metalli poveri. Protagonisti assoluti nell’opera dell’artista diventano quindi gli altri, l’incontro umano e sociale, che egli arricchisce introducendo e valorizzando il folklore, la fantasia e l’ironia, ma anche la spiritualità, della quale i quartieri napoletani sono impregnati. “Avevo circa 11 anni quando disegnavo per terra, sulla carta dei maccheroni con la penna e poi con i pennelli. I miei soggetti erano crocifissi e cavalli. Non erano simboli, ma il segno di un sentimento”6. In entrambi gli artisti campani “le materie usate hanno un loro inconscio, una loro storia”7. La mostra personale di Riccardo Dalisi dal titolo Idee in volo (di Riccardo Dalisi) è allestista al Museo Storico di Lecce - MUST fino al 31 dicembre 2016, mentre a Milano si sono appena concluse tre mostre dedicate all’artista beneventano.

Francesca Paola Comolli

1 Dal partenone al panettone. Incontri inaspettati nella storia dell’arte, Francesco Bonami, Mondadori Electa, Milano 2010, p. 5. 2 Termine tedesco Zeitgeist noto per l’utilizzo che ne fece Hegel nell’ambito della filosofia della storia (Vorlesungen über die Philosophie der Geschichte), Berlino 1837. 3 Per cronofotografia si intende la registrazione in un’unica lastra fotografica, e quindi in un’unica immagine, di varie posizioni di un soggetto in movimento. Il cronofotografo fu inventato dal medico fisiologo francese EtienneJules Marey nel 1881. 4 Uscendo dai confini italiani: gli edifici su Sunset Strip fotografati da Ed Ruscha negli anni ’60 (USA) e le torri di raffreddamento negli anni ’90 di Bern e Hilla Becher (Germania). 5 Cortocircuito_Paladino, intervista di Flavio Arensi, curatore della mostra Paladino a Palazzo Reale, 7 aprile – 10 luglio 2011, Milano, catalogo GAmm Giunti. 6 I volti di Napoli, Stella Cervasio, intervista a Mimmo Paladino, Repubblica.it, Napoli, 23 maggio 2016. 7 Paladino. Fare in grande, Marco Vallore, intervista a Mimmo Paladino, Rivista Arte, luglio 2016, pag. 70.

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