Parte 1 - Concetti climatici
Introduzione
C’è un nuovo rifiuto del dialogo scientifico con il quale si chiede alla scienza di allinearsi alle ideologie invece che acquisisre liberamente nuove conoscenze
In tal modo la scienza, definite erotica, nega l’illuminazione veritiera.
Il risultato è mettere nuovamente la Terra e l’uomo al centro dell’universo. Sembra che tutto ciò che accade sulla Terra sia opera dell’uomo: l’uomo è artefice del clima più di quanto lo sia il
Sole
Ci stiamo dimenticando che la Terra orbita intorno al Sole, non intorno a se stessa.
Conoscenze e mezzi tecnologici a disposizione dell’uomo sono cresciuti enormemente negli ultimi millenni e con incredibile rapidità negli ultimi due secoli, ma la potenza del Sole e i cicli cosmici ancora non li comprendiamo e soprattutto non li sovrastiamo. Potremmo chiamarlo “delirio di superpotenza”.
Sarà meglio aprire le finestre, guardare fuori dalle accademie, chiedere consiglio a Galileo Galilei. Egli affermava “Eppur si muove”, con ciò indicandoci che non si può comprendere la Terra fuori dal suo contesto solare.
Idee scientificamente solide ma diverse da quelle che si intende far passare vengono nuovamente etichettate in modo offensivo: “negazionisti” , climatici e di altro tipo. Basta avere un’idea diversa, che non fa comodo Forse basta avere un’idea.
Tuttavia si ricordi che anche uomini illustri come Galileo Galilei e Cristoforo Colombo erano negazionisti della loro epoca: il primo negava che il Sole girasse intorno alla Terra, il secondo negava che la Terra fosse piatta.
Oggi però, dopo secoli, tutti ricordano i nomi di quei negazionisti e non quelli dei loro aguzzini
Nonostante l’influenza mediatica raggiunta, la teoria del “riscaldamento globale indotto da cause antropiche” e conosciuta come Anthropogenic Global Warming (AGW), non è una certezza ma solo una teoria, e neppure l’unica esistente. Se non vogliamo ostracizzare tanti scienziati per paura che proprio loro possano avere ragione, sarà bene rispettarne le idee e conoscerle piuttosto che emarginarle.
Fasi climatiche nelle ere geologiche
Il clima non è mai statico: è cambiato anche nel passato recente, è normale che cambi adesso, e cambierà anche in futuro. Lo studio delle variazioni climatiche avvenute in tempi storici e dei tanti eventi meteorologici estremi che vi furono collegati, indica che non siamo di fronte a niente di nuovo, tutti gli estremi climatici attuali avvenivano anche quando la grande industria non esisteva. Per una molteplicità di cause non ancora del tutto chiarite (Zachos et Al. 2001) il clima cambia continuamente attraverso ere geologiche che sono state molto più fredde o molto più calde degli ultimi decenni (figura 1).
Figura 1 - Temperature medie globali (in rosso) e tasso di anidride carbonica in atmosfera (nero) negli ultimi 600 milioni di anni. La temperatura attuale è bassa rispetto a epoche geologiche passate in cui la vita sulla Terra era assai rigogliosa
In alcune fasi del Cambriano, Siluriano, Devoniano, Triassico, Giurassico e Cretaceo le temperature medie globali erano molto alte e probabilmente intorno ai 20-35 °C, mentre adesso la media è soltanto 14,6. In quei periodi la vita vegetale e animale era abbondante e florida. Non c’erano ghiacciai da nessuna parte del globo e probabilmente neppure ai poli e in certi periodi la temperatura media globale forse raggiungeva addirittura i 40 °C, eppure la vita era rigogliosa ovunque. Flora e fauna erano vitali molto più di oggi.
Ere geologiche più calde del periodo attuale furono seguite da periodi freddi ed estinzioni di massa. Successivamente, nel Permiano, nel Triassico e Giurassico la vita vegetale e animale si sviluppò nuovamente lussureggiante nonostante temperature e concentrazioni di anidride carbonica molto maggiori di quelle attuali. Anche dentro quelle ere geologiche molto lunghe vi furono fasi più calde o più fredde.
Nelle ere passate si è avuta forte variabilità della concentrazione di CO2 rispetto alle temperature medie, le cause di tale scollegamento non sono ben note ma risulta che i due parametri non sono sempre strettamente collegati.
Le concentrazioni di anidride carbonica atmosferica raggiunsero e probabilmente superarono le 4500 ppm, oltre 10 volte Maggiore delle circa 402 ppm attuali
E’ stato stimato che nel corso degli ultimi 140 milioni di anni il tasso di CO2 in atmosfera è stato in quasi in costante diminuzione e solo oggi inizia a salire. Durante il Giurassico la quantità di CO2 atmosferica era circa 2500 ppm (0,25%) cifra 6 volte più di quella attuale e la copertura forestale mondiale era molto maggiore di quella odierna. Attualmente la quantità è circa 420 ppm (0,042%) Durante il Carbonifero, intorno ai 300 milioni di anni fa, la concentrazione scese a 182 ppm (0,018 %) e anche la temperatura si abbassò causando una delle maggiori estinzioni di massa. Se il tasso di anidride carbonica scendesse sotto le 150 ppm (0,015%) significherebbe fine della vita vegetale e quindi probabile estinzione di ogni forma di vita.
Furono proprio quelle alte temperature e alte concentrazioni di diossido di carbonio a creare le condizioni per l’enorme sviluppo delle foreste. Le piante terrestri e le alghe marine fissarono tanta CO2 nei loro tessuti e liberarono tanto ossigeno creando un’atmosfera simile a quella attuale e
finirono per costruire le condizioni ideali per lo sviluppo della vita animale Successivamente quegli animali cominciarono a mangiare le piante e divennero il loro competitore su tutto il pianeta. La concentrazione di CO2 attuale nell’atmosfera risulta molto alta solo rispetto a un passato relativamente recente (figura 2) ma poche centinaia di migliaia di anni può essere considerato geologicamente breve rispetto all’età della Terra.
Figura 2 – Concentrazione di CO2 in atmosfera durante gli ultimi 800 000 anni (NOAA Climate gov., tradotta)
Se invece confrontiamo le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera durante gli ultimi 800.000 anni rispetto a un periodo più ampio della storia geologica, milioni di anni, risulta come la concentrazione attuale è piuttosto bassa (figura 3). Comunque resta il fatto che durante la preistoria concentrazioni di biossido di carbonio e temperature molto maggiori delle attuali non hanno comportanto alcun problema per la vita sul pianeta. Anzi con temperature molto maggiori di quelle attuali la vita era più rigogliosa che adesso.
Figura 3 – Sintesi delle figure 1 e 2, confronto fra le concentrazioni di CO2 in atmosfera in mezzo miliardo di anni (sinistra) oppure in 800 000 anni fino al presente (destra) Le variazioni recenti risultano inconsistenti con un rischio biologico planetario.

Un’ulteriore comparazione delle temperature delle ere geologiche passate, indica che vi sono state almeno 4 glaciazioni molto marcate, quella Uroniana (circa 2,4-2,1 miliardi di anni fa), quella Criogeniana (800-600 milioni di anni fa), quelle dell’Ordoviciano (460-430 milioni di anni fa), quella del Karoo (350-260 milioni di anni fa), e quella del Quaternario che è cominciata circa 40 milioni di anni fa con un ultimo periodo freddo del Würm (circa 16.000-14.000 anni avanti Cristo) e che prosegue nel periodo interglaciale attuale che rimane comunque freddo. Sono anche riconosciute alcune “Piccole Ere Glaciali” che caratterizzarono il clima soprattutto nell’emisfero settentrionale tra il XIV e il XIX con freddo intenso ed estremi climatici di ogni tipo e ben più accentuati rispetto a quelli attuali. Ci troviamo quindi in un periodo interglaciale freddo e sotto un profilo geologico ha poco senso paventare il riscaldamento climatico attuale
Naturalmente si può obiettare che un innalzamento della temperatura media globale farebbe cambiare la distribuzione degli ecosistemi sul pianeta, d’accordo. Ma quando mai gli ecosistemi sono rimasti a lungo statici ? Anzi, interrompere la loro naturale evoluzione significherebbe diminuirne le capacità di adattamento.
L’intera questione del riscaldamento globale per cause antropiche risulta quindi sovradimensionata da ragionamenti guidati ideologicamente, da versioni istituzionali e da modelli matematici limitati che vengono usati per le interpretazioni (Curry 2011).
Evidentemente questa forzatura intepretativa è stata introdotta con uno scopo, probabilmente a giustificazione di strategie geopolitiche.
La temperatura media globale attuale è minore rispetto a ere geologiche in cui la vita era molto florida.
Anche le variazioni di CO2 atmosferica attuali sono inferiori a quelle del passato geologico e non indicano alcun rischio biologico globale. Semmai la necessità di adattare le attività economiche alle naturali modificazioni ambientali.
La narrativa sui rischi biologici derivanti da un supposto riscaldamento globale antropogenico risulta quindi inconsistente e piuttosto costruita a supporto di strategie economico-politiche
Piante e adattamento climatico
Alla luce del passato geologico della Terra, l’innalzamento di temperature di 1 o 2 °C come previsto da alcuni modelli climatologici, quando anche avvenisse, non causerebbe alcun rischio per la vita sul pianeta, semmai potrebbe indurre cambiamenti nella diffusione latitudinale delle piante incluse le colture coltivabili, ma questo è un fenomeno naturale che è sempre accaduto e comunque può essere adeguatamente fronteggiato con la capacità adattativa dei sistemi agronomici che possono variare l’impiego di specie botaniche con diversi percorsi metabolici.
Dal punto di vista biologico, il periodo di esistenza del tipo di fotosintesi attuale in grado di arricchire di ossigeno l’atmosfera è stato stimato in circa 2 miliardi e mezzo di anni, sebbene si ritenga possibile che un diverso tipo di fotosintesi primitiva anossigenica possa essere esistito per lungo tempo prima. Nel Corso di milioni di anni le piante hanno differenziato metabolism di tipo C3, C4 e CAM. Le piante più produttive sono quelle dotate di metabolismo C4.
Le specie con metabolismo C3 hanno temperature ottimali comprese fra 18 e 24 °C, in questo intervallo raggiungono la loro massima produttività. Sono il tipo di piante più diffuse perché vegetano in climi temperati che coprono le maggiori estensioni continenatli e, avendo esigenze
termiche abbastanza basse le C3 riescono ad avere due stagioni ottimali per la crescita cioè primavera e autunno mentre se avessero un optimum più alto potrebbero produrre solo in estate. In confronto, le specie C4 hanno un optimum termico compreso fra 30 e 40 °C e richiedono alte intensità di illuminazione solare. Sono tipicamente tropicali, ai tropici riescono a crescere più o meno tutto l’anno ma non sono adatte ai climi temperati
Le colture C hanno una produttività minore delle colture C4, di conseguenza se la temperatura planetaria si innalzasse di pochi gradi si avrebbe la maggiore diffusione di queste ultime e la produttività agricola globale aumenterebbe. Inoltre il metabolismo delle piante viene favorito dalla maggiore concentrazione di anidride carbonica, quindi la produttività agricola aumenterebbe anche con maggiore concentrazione di questo gas.
Il solo rischio sarebbe un calo dell’umidità atmosferica, ma invece, parlando a grandi tratti, temperature elevate favoriscono l’evaporazione e la traspirazione e quindi si associano a tassi di umidità atmosferica più alti che corrispondono a periodi con abbondanti precipitazioni che favoriscono la crescita delle piante. Le aree più piovose sul pianeta sono quelle equatoriali dove inoltre si hanno sempre alte temperature, mentre le regioni meno piovose sono i poli dove c’è tanto ghiaccio ma non la pioggia.
Curiosamente potremmo trovare perfino un riscontro biblico negli eventi immediatamente seguenti il diluvio universale.
L’ultima era glaciale terminò abbastanza improvvisamente dopo la fase fredda del Drias antico. Circa 12.000 anni fa nel Drias recente ci fu un rapidissimo innalzamento delle temperature che certamente portò allo scioglimento di molti ghiacciai e all’innalzamento del livello dei mari. Ricordi tribali di genti che a quel tempo vivevano soprattutto lungo le coste e nelle pianure fluviali potrebbero avere originato i numerosi racconti esistenti di un grande diluvio. E qui viene la curiosità del racconto biblico, in base al quale vi furono incessanti piogge e dopo la fine del diluvio “Dio pose un arcobaleno in cielo”. Sorprende questa affermazione e si potrebbe collegarla proprio al contemporaneo aumento delle temperature e del livello degli oceani e alla conseguente maggiore umidità dell’aria, quella umidità aggiuntiva potrebbe avere creato condizioni migliori per la generazione di arcobaleni che, nel periodo precedente caratterizzato da freddo intenso e scarsa umidità dell’aria, dovevano essere molto meno probabili
In sintesi:
A dire il vero il principale gas serra in assoluto è il vapore acqueo, l’acqua soprattutto oceanica evapora e fortunatamente riempie l’atmosfera di umidità che se non ci fosse non ci sarebbero piante né altra forma di vita: è un gas serra e costituisce il 75% di tutti i gas serra oggi rilevabili. Non vogliamo che questo gas serra se ne vada.
Dopo il vapore acqueo il gas serra più importante è l’anidrie carbonica che contribuisce intorno al 10% e dobbiamo considerare che il 90% di questo gas presente in atmosfera è di origine organica, biologica, cioè sono i fenomeni connessi alla vita degli organismi che la producono. La CO2 in se non è un inquinante perché è parte della fotosintesi clorofilliana e parte della respirazione animale
Se consideriamo che le temperature sul pianeta oscillano grosso modo fra i -50 °C ai poli e i + 50 °C nelle regioni equatoriali e tropicali, di fronte a un’escursione termica naturale di almeno 100 °C il cambiamento di 1-2 °C che eventualmente fosse avvenuta nell’arco di un secolo di attività industriali come media planetaria è del tutto ininfluente. Il clima recente del pianeta si dimostra straordinariamente e fortunatamente stabile, con variazioni important nell’arco di ere geologiche ma non riscontrabili in tempi attuali, quindi l’allarme climatico sostenuto dai media non ha giustificazione razionale.
Il livello dei mari è forse aumentato di 1-2 mm l’anno. Forse, perché ci sarebbe da considerare la subsidenza delle coste dovuta all’ovvia erosione Un calcolo non facile da fare.
A dire il vero dobbiamo essere grati che sulla Terra abbiamo tanti combustibili fossili disponibili, che per altro si sono formati dagli organismi biologici che erano presenti sul pianeta durante ere geologiche con temperature ben maggiori di quelle attuali.
E’ curioso voler considerare che il clima sulla Terra sarebbe governato dall’1% di gas serra che solo in parte sono prodotti dalle industrie, come se non esistesse altra causa a cominciare dall’attività solare Resta il fatto che la nostra produttività alimentare e organizzazione sociale necessita di quella frazione di CO2 senza la quale moriremmo di fame e anche di freddo in inverno (Battaglia 2022). Oppure per scaldarci vogliamo produrre migliaia di tonnellate di scorie radioattive con le centrali atomiche ? Il controllo della radioattività è una questione non risolta, è davvero preferibile all’anidride carbonica e semmai non produce danno planetario ?
Gli oceani contengono 37.400 miliardi di tonnellate (Gt) di carbonio in soluzione, l’intera biomassa degli organismi viventi contiene altre 2000-3000 Gt, l’atmosfera accoglie solamente 720 Gt e le attività industriali contribuiscono solo per 6 Gt. Quindi il carico umano aggiunto direttamente è estremamente piccolo rispetto alla condizione naturale
Uno studio fisico-chimico delle fonti di anidride carbonica in atmosfera, molto ben strutturato e circostanziato (Berry 2019), è partito dalle valutazioni del Gruppo Intergovernativo delle Nazioni
Unite sui Cambiamenti Climatici (IPCC) il quale afferma che l’emissione industriale di CO2 in atmosfera è solo il 5% mentre quella naturale addirittura il 95 %, eppure afferma che le attività industriali hanno causato tutto l’aumento eccessivo dell’anidride carbonica atmosferica: le due affermazioni sono contraddittorie e chiaramente insostenibili insieme. Berry conclude in contrasto con IPCC, indicando che la produzione industriale di anidride carbonica è insignificante ai fini del cambiamento climatico e che il suo incremento in atmosfera è stato ampiamente determinato da cause naturali.
Possiamo affermare che:
limitandoci al punto di vista biologico, la variazione di gas serra è stata causata soprattutto dalla distruzione delle foreste che fissano il carbonio nei loro tessuti e che vengono tagliate per effettuare un diverso sfruttamento del territorio, e dalla morte di un immenso numero di organismi autotrofi marini uccisi dall’inquinamento. La maggior parte dell’ossigeno atmosferico è rilasciato dalla fotosintesi di microrganismi oceanici e dalle macroalghe ed è provato che l’inquinamento può ridurre la capacità fotosintetica riducendo la produttività degli autotrofi e la loro capacità di sequestrare anidride carbonica dall’ambiente (Zeng et Al. 2015) La capacità di assorbimento del carbonio da parte degli oceani svolge un ruolo fondamentale negli equilibri gassosi dell’atmosfera e nella vita di tutti gli organismi acquatici incluse le barriere coralline, purtroppo i meccanismi alla base sono talmente complessi e interattivi da rendere difficili stime precise, tuttavia risulta chiaro che la capacità di assorbimento si è ridotta liberando anidride carbonica che per sua natura tende ad acidificare le acque (Zemskova et Al. 2022)
L’aumento di carbonio soluto a sua volta ha determinato anche una maggiore acidificazione delle acque a svantaggio degli organismi marini e certamente ha contribuito a compromettere la salute delle barriere coralline e quindi delle coste di isole che si sono formate da organismi corallini Questo aspetto, sebbene ancora da chiarire, deve essere valutato quando si parla dell’ipotesi di sommersione di alcune isole ma non di altre, innalzamento forse apparente che in alcuni casi
potrebbe essere causato dalla riduzione della produzione di substrati calcarei causata dall’inquinamento delle acque invece che dall’innalzamento dei mari.
A riguardo è noto che tutte le barriere coralline stanno subendo un gravissimo processo di degradamento indicato come “coral bleaching”, sbiancamento dei coralli che perdono i loro magnifici colori e diventano bianchi come lavati con la varechina (bleach). Tipicamente l’argomento viene attribuito dai sostenitori della teoria Global Anthropological Warming al riscaldamento dei mari. Niente di più improbabile, assai improbabile. Per ostruire una barriera corallina occorrono sui 10.000 anni, si stima la Great Coral Reaf australiana ne abbia forse anche 20.000, ma le ricerche condotte sulle temperature medie dell’oceano pacifico indicano che negli ultimi 10.000 anni il contenuto di calore alle sue alte latitudini è stato spesso maggiore di quello attuale (Rosenthal et Al. 2013; 2017) con la sola eccezione del periodo della piccola era glaciale. Quelle maggiori e persistenti alte temperature oceaniche non comportarono danno per le barriere coralline e invece ne favorirono il pieno sviluppo. Le cause dello sbiancamento dei coralli attuale vanno quindi cercate altrove, a logica nell’enorme aumento dell’inquinamento delle acque e per quanto riguarda il pacifico probabilmente anche per la maggiore radioattività causata dai numerosi esperimenti nucleari condotti negli atolli.
Tornando all’anidride carbonica, l’ampiezza dei flussi di carbonio fra atmosfera e biosfera determinati dalla fotosintesi è enorme, intorno a-100-200 miliardi di tonnellate per anno. Si stima che un cambiamento di anche pochi punti percentuali potrebbe spiegare la discrepanza fra le fonti di anidride carbonica e il suo assorbimento (Griffin et Al. 2001), non si trova difficoltà a comprendere che l’aumento di CO2 in atmosfera sia stata fortemente accresciuta dalla riduzione degli organismi autotrofi terrestri e marini causate rispettivamente dal taglio delle foreste e dall’inquinamento.
Spostandoci al punto di vista fisico, l’aumento di temperatura media globale causata dalla fase solare calda ha ridotto la solubilità dei gas negli oceani e ha riversato grande quantità di anidride carbonica in atmosfera. Sono leggi della solubilità dei gas nei liquidi in funzione di pressione (legge di Henry) e temperatura (legge di Raoult) Per quanto riguarda la temperatura, il fattore in discussione, quando l'energia termica aumenta viene trasferita alle molecole del liquido e del gas soluto e viene convertita in energia cinetica. Avendo più energia, le molecole del liquido e del gas si muovono maggiormente, si allontanano l'uno dall'altro e il gas sfugge dal liquido più facilmente.
Human industrial production of CO2 is insignificant to its increase in the atmosphere. Instead an increased natural inflow has raised the level of CO2 in the atmosphere
Berry 2019
Riferendosi al solo periodo dopo Cristo, la variabilità climatica ha già incluso periodi particolarmente caldi, fra questi il periodo caldo medievale durato circa 500 anni dal IX al XIV secolo
Una prova della naturale variabilità climatica è stata involontariamente fornita da Fagan (2008), un autore favorevole alla teoria del riscaldamento per cause antropiche. Fagan ha raccolto ampia e interessante documentazione sugli effetti che il periodo caldo medievale ebbe sullo sviluppo di civiltà e di imperi che crollarono nell’epoca fredda successiva. L’autore suggerisce che varie civiltà fiorirono nel corso di periodi climatici caldi grazie alla maggiore produttività agroforestale e crollarono successivamente a causa delle restrizioni alimentari ed energetiche dovute a un periodo freddo Lo stesso autore attribuisce le suddette variazioni climatiche storiche e usa i suoi concetti per sostenere le ipotesi con effetti negativi indotti da riscaldamento per cause industriali, rendendosi poco conto che nel periodo caldo medievale durato circa 500 anni dal IX al XIV secolo le attività industriali si limitavano a un po’ di disboscamento per le fucine dei maniscalchi o per costruire flotte di navi da guerra in legno. Le cause che condussero al periodo caldo medievale risultano quindi intepretate in maniera confusa
Le modificazioni periodiche del clima sono cosa ovvia. Molti scienziati si oppongono alle ipotesi di induzione industriale dei cambiamenti climatici e lo fanno con abbondanza di dati (Gray et Al. 2005). Una serie già consistente di eventi meteorologici recenti contrastano con l’ipotesi di un riscaldamento ulteriore, suggeriscono semmai l’estremizzazione di fenomeni metereologici di tutti i tipi, ad esempio: fra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 sono gelati gli oceani vicino alle coste di Canada, Argentina e Polonia. E’ nevicato abbondantemente non solo a Madrid come non accadeva da un secolo, e negli Stati europei settentrionali ma anche meridionali, è nevicato in Nord Africa, nel Sahara, in Medio oriente, Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Sono congelate le Cascate del Niagara Nello stesso periodo milioni di persone si sono trovate in blackout soprattutto in Texas per la notevole richiesta di energia legata al freddo insolito. Nella primavera 2021 il gelo ha distrutto le produzioni vitivinicole dei più importanti vitigni francesi e ha ucciso milioni di piante di
caffè in Brasile facendo alzare notevolmente il prezzo del prodotto sul mercato internazionale. A inizio 2022 sono morti molti animali selvatici e allevati in Turchia, mentre in Florida le iguane cascavano congelate dagli alberi Intanto le cascate del Niagara continuano a congelare nei mesi invernali.
In novembre 2022 è stata registrata la massima copertura nevosa dell’emisfero settentrionale
A Dicembre 2022 una nuova tempesta nevosa con temperature estremamente basse ha colpito gli Stati Uniti causando enormi danni. A gennaio 2023 le temperature estremamente basse e che non erano mai registrate nelle documentazioni hanno colpito Cina, Giappone e le due Coree al punto che la stampa ha fatto un riferimento al film catastrofista “The day after tomorrow” (titolo italiano “L’alba del giorno dopo”)
Eventi estremi di questo tipo non hanno ricordanza nella più giovane generazione attuale ma erano già accaduti in alcuni dei secoli passati.
Sono almeno 3-5 decenni che vengono evidenziati rischi ambientali che ancora non si sono dimostrati consistenti: già negli anni ’80 si parlava dell’innalzamento dei mari con rischio di completa sommersione di intere nazioni insulari entro il 2020, a titolo di esempio il giornale The Canberra Times, il 26 settembre 1988 titolava “Threat to islands” e spiegava nel testo che le Maldive sarebbero state completamente sommerse dal mare entro il 2020. Aoggi quelle isole tropicali sono ancora importante meta turistica per gli appassionati di mare e spiagge, inoltre qualunque amante del mare può facilmente verificare che il livello del mare a Marina di Pisa o a Rimini, ma anche a New York o a Perth, è rimasto lo stesso di 30 anni fa. Evidentemente la stampa ha spesso bisogno di titoli altisonanti.
E per fare sensazione basta riportare qualche dato puntuale che possa apparire anomalo. Si sottolineano sempre i fenomeni puntuali riferibili a caldo anomalo, mente tendono a passare inosservati i tanti fenomeni analoghi ma opposti che invece di indicare un riscaldamento globale indicano al massimo grande variabilità di eventi e spesso puntano al freddo A titolo di esempio riporto alcuni titoli di notizie varie che mostrano effetti devastanti di freddo neve e gelo dal 2019 a inizio 2023 (tabella 1)
Concordo pienamente che si può trattare di eventi puntuali riferibili al meteo più che al clima, tuttavia se questi casi persistono negli anni si dovrà pur tenerne conto D’altra parte si consideri che anche tanta retorica sul riscaldamento indotto da cause industriali riferisce solo eventi meteo puntuali, e con quelli influenza l’opinione pubblica.
Tabella 1 – Alcuni esempi di meteo freddo estremo riportati da varie fonti di informazione nel periodo dal 2019 a inizio del 2023
Canguri saltano sulla neve in Australia. 13 agosto 2019 - BBC News
Canada: il gelo ghiaccia le onde del mare. 1 dicembre 2019 - Il Meteo
Argentina, temperature rigide e il mare si congela. 12 agosto 2020 - Il Messaggero
In Spagna la giornata più fredda degli ultimi 20 anni. Otto città a meno di 10° sotto zero. 12 gennaio 2021 - ANSA
Meteo, ondata di gelo in Polonia: il Mar Baltico congela davanti alla città di Miedzyzdrojem 15 febbraio 2021 - ANSA
USA: ondata di gelo almeno 11 morti blackout per centinaia di migliaia di persone. 16 febbraio 2021 - ANSA
USA: gelo, oltre 2 milioni senza corrente in Texas 18 febbraio 2021 - ANSA
Piomba l’inverno in Egitto e Medio Oriente Neve in Arabia Saudita. 18 febbraio 2021 - 3b Meteo
USA, le cascate del Niagara si ghiacciano; le immagini mozzafiato 22 febbraio 2021 - MSN Notizie
Windsurf sul mare ghiacciato in Finlandia 2 marzo 2021 - Corriere TV
Francia: i grandi vini sotto zero. Rischio per le annate Bourdeaux. 12 aprile 2021 - Corriere della Sera.
USA, neve tardiva nel Kentucky, non accadeva dal 1937 20 aprile 2021 - 3b Meteo
Allarme gelo in Brasile: in pericolo la produzione di caffè e zucchero. 27 aprile 2021. - Diario del Web.
Gelo in Brasile. Danni a colture di caffè (Freezing temperatures hit Brazil. Damages to coffee). 23 luglio 2021 - You Tube
Le gelate hanno devastato le piantagioni di caffè. Produttori disperati “Mai visto nulla di simile”. 31 luglio 2021 - ANSA
Eccezionale nevicata in Sud Africa_ la gioia dei cittadini. 30 agosto 2021 - Corriere TV
Prezzo della pasta fuori controllo, il grano + 74%. Canada produzione - 46% e USA - 50%. Settembre 2021 - True Numbers
Piogge torrenziali e neve alle Hawaii. Stato di emergenza in tutta l’isola. 7 dicembre 2021 - MSN Notizie
Giappone, nevicate record su versante ovest. 27 dicembre 2021 - ANSA
Incredibile nevicata in Arabia Saudita: migliaia sulle montagne per ammirarla. 3 gennaio 2022 - MSN Notizie
Disastrose nevicate paralizzano la Turchia; decine di animali muoiono ibernati. 21 gennaio 2022 - NEW Notizie
Ondata di freddo in Florida, iguane congelate cadono dagli alberi 31 gennaio 2022 - ANSA
Massima copertura nevosa nell’emisfero settentrionale da 50 anni: dati NOAA 29 novembre 2022 - Meteo Giornale
Gelo incredibile in Cina: - 52 °C. Sarà “The day after tomorrow” anche in Giappone e Coree. 21 gennaio 2023 - Meteoweb.
Miele: il freddo fa crollare la produzione dell’80% rispetto al 2022. 13 giugno 2023 - Il Sole 24 Ore
Nel 2019 due petizioni firmate la prima da 100 scienziati e la seconda da 500 appartenenti a vari Paesi, hanno presentato a Istituzioni nazionali e internazionali una visione inversa rispetto a quella del “main stream” (Berkhout 2020). A fine dell’anno 2024 il numero di scienziati ed esperti firmatari dai vari Paesi aveva già superato i 2000 e, nonostante la denigrazione mediatica e le difficoltà accademiche poste a scoraggiare la libera espressione di risultati scientifici che contrastano con quelli standardizzati, fra i firmatari vi sono premi Nobel e Presidi di Università (Clintel 2023 annualmente aggiornata)
Ma ovviamente quelli che chiamano “i negazionisti” sono sempre scienziati privi di merito: qualcuno sa che un Premio Nobel per la fisica ha affermato che (Rubbia 2014, sintesi) “se anche limitiamo l’anidride carbonica il clima della Terra continuerà a cambiare; durante i periodi dell’Impero Romano e del Medioevo ci sono state lunghe fasi più calde di quella attuale; la temperatura media globale non è sempre aumentata ma è anche diminuita” ?
Sarà il caso di ascoltare tutte le voci della scienza.
I firmatari della prima petizione sono stati ostracizzati e poco dopo anche quelli della seconda. A fine 2024 siamo diventati oltre 2000 scienziati ed esperti firmatari, appartenenti a gruppi di ricerca istituzionali e privati, comunque indipendenti gli uni dagli altri e di vari Paesi del mondo: le loro considerazioni devono essere valutate con rispetto.
Il contenuto delle lettere, inviate formalmente, può essere riassunto in pochi punti:
1) il riscaldamento climatico attuale non è causato dalle attività antropiche,
2) il riscaldamento è stato causato da periodicità solari che stanno terminando,
3) i motivi dell’alta concentrazione di CO2 in atmosfera sono stati fraintesi, 4) stiamo puntando verso un nuovo periodo freddo,
5) i finanziamenti e le misure economiche dedicate a limitare il riscaldamento non possono fare niente contro l’attività solare e quindi andrebbero reindirizzati.
I contenuti delle petizioni sono stati ribaditi nella dichiarazione finale del congresso organizzato a Praga “International Scientific Conference of the Climate Intelligence Group (Clintel)” tenuto nella Repubblica Ceca 12-13 novembre 2024 Nelle conclusioni del congresso è stata anche criticata l’efficacia dei modelli climatici attuali nell’interpretare correttamente i risultati relativi al riscaldamento climatico.
Ricerche condotte sulla letteratura storica hanno rilevato che tutti gli eventi meteo estremi ai quali stiamo assistendo e normalmente attribuiti al riscaldamento climatico ipoteticamente indotto dall’uomo, si erano già ampiamente verificati in periodi storici più freddi del normale. La letteratura sugli eventi meteo estremi è particolarmente ampia relativamente al periodo detto
Minimo di Maunder (Marusek 2016b – Appendice A), Marusek produsse una lunga lista di ben 21 pagine di eventi meteo molto più estremi di quelli attuali e già accaduti nel passato recente.
Invito caldamente a reperire su web e leggere attentamente la suddetta “appendice A” perché veramente può illuminare su tanti eventi meteo attuali che vengono presentati come “anomali” e “assurdi” mentre risultano tutti già abbondantemente accaduti nel passato storico.
La frase “meteo assurdo” è diventata molto comune in riferimento a eventi che invece sono ben conosciuti alla storia climatica e la lunga lista di eventi meteorologici estremi del passato storico smonta ampiamente i concetti di estremizzazione degli eventi dovuta ad azioni antropiche. In conseguenza delle contraddizioni fra gli eventi meteo previsti dai politici e quelli che si stanno verificando nella realtà, e tenendo conto della letteratura paleoclimatica, la teoria dell’Anthropogenic Global Warming si mostra fallace, soprattutto una manovra indirizzata a rallentare lo sviluppo dei Paesi nuovi competitori e a far accettare anche ai propri cittadini le crescenti ristrettezze che nascono dalla difficile fase economica attuale.
Le politiche energetiche imposte con la narrazione del riscaldamento globale sono volte a colpire in primo luogo i Paesi del gruppo BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), gruppo al quale se ne stanno aggiungendo molti con la formazione dei BRICS+ (che già includono Arabia Saudita, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi, Iran) e che nel 2024 si è ulteriormente rafforzato con l’aggiunta di numerosi “Paesi Partner”. Tutti questi Paesi stanno reclamando sovranità effettiva anche basando il loro sviluppo sulle energie fossili che possiedono e che hanno costi molto minori rispetto alle energie più tecnologiche.
I Paesi BRICS+ stanno ampliando notevolmente la loro importanza economica globale, ricercando una nuova sovranità finanziaria e rivendicando il diritto all’identità culturale soprattutto dopo le sanzioni che USA e Unione Europea hanno messo in campo per emarginare tanti Paesi emergenti e ultimamente soprattutto la Russia. La sanzioni applicate in modo estensivo stanno ormai risultando un’arma boomerang che rischia di penalizzare l’intero sviluppo globale ma, per la prima volta, stanno penalizzando soprattutto i Paesi industrializzati che le impongono Il 18 giugno 2024 la rivista Money (www.money it) ha riportato che secondo dati della Banca Mondiale l’economia russa nel 2023 è diventata la quarta al mondo in termini di potere di acquisto, scavalcando il Giappone Si deve considerare che le sanzioni alla Russia vengono applicate dall’occidente dal 2014 cioè dopo l’annessione della Crimea e si sono enormemente inasprite dal
2022. Dieci anni di sanzioni hanno avvicinato la Russia, ma anche Cina India e altri Paesi, al cosiddetto “sud del mondo” stanco di ricevere sanzioni per qualunque cosa non piaccia oltreoceano. I paesi emergenti si allontanano dall’occidente e dall’economia basata sul dollaro e ne ha sviluppato il commercio fra pari. Invece hanno aumentato molto i costi per i Paesi occidentali. Per questo parlo di sanzioni boomerang
Spinti da queste politiche, i BRICS+ già molto danneggiati dagli ostacoli posti all’uso delle energie fossili che sarebbero a buon mercato, e annoiati delle intromissioni occidentali nella loro cultura e nelle loro politiche interne, stanno lanciando il tentativo di costruire un paniere di valute alternative al dollaro, paniere basato sulle valute nazionali dei Paesi partecipanti e sulle loro risorse in modo da rendersi finalmente indipendenti dalle sanzioni internazionali e in modo da rendere tutti Paesi associati “pari fra altri pari” senza nuove sudditanze valutarie (BRICS Declaration 2022).
Per verificare come l’opposizione alle energie fossili danneggia lo sviluppo dei Paesi emergenti basta osservare l’origine delle maggiori esportazioni di gas, petrolio, carbone (figura 4)
Per le tre risorse i Paesi maggiori esportatori sono competitori diretti o sistemici degli USA (il primo per il gas è la Russia, il primo per il carbone è la Cina) o Paesi con posizioni culturali non gradite all’Occidente (il primo per il petrolio è l’Arabia Saudita).
Palesemente, ponendo limiti e tassazioni per queste tre fonti energetiche si sfavoriscono tutti coloro che costituiscono un problema alla supremazia globale americana
Non credo occorra altro per comprendere quali sono i veri interessi della “CO2 story” .
Comunque si può considerare anche le politiche “ecologiste” contro l’uso delle energie fossili potrebbe diventare un’altra arma boomerang in quanto al momento il Paese maggior produttore di tecnologie elettriche è la Cina che fa parte dei Paesi che si vuole per forza ostacolare. Rischiamo di sfavorire alcuni competitori ma di favorire il principale. La Cina infatti, con lungimiranza, ha approvato la linea di decarbonizzazione emerso con il Cop28 svoltosi a Dubai a novembre 2023. Se da un lato la Cina ridurrà gradualmente l’uso della propria energia fossile a buon mercato e quindi vedrà aumentare i costi di produzione, dall’altro lato vedrà i Paesi occidentali sempre più costretti a importare tecnologie nelle quali la Cina è già leader mondiale e il cui sviluppo richiede materie prime che sono ampiamente in mano sua a livello globale. In pratica, rinunciando allo sviluppo industriale a basso costo, la Cina lega strategicamente mani e piedi a USA e UE che al momento riescono a pensare solo alle sanzioni contro la Russia e mancano di lungimiranza strategica.
Figura 4 - I cinque Paesi maggiori esportatori di gas (miliardi di metri cubi, 2017 secondo ENI World Gas and Renewables Review del 2018), petrolio (Milioni di barili al giorno secondo ENI World Gas and Renewables Review del 2019)), carbone (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, 2017 secondo BP Statistical Review of World Energy del 2018)
Ovviamente ostacolando l’uso delle energie fossili, gli USA danneggiano anche l’Unione Europea, un alleato ma al tempo stesso competitore che ha lungamente beneficiato del gas russo che ha un costo molto basso rispetto al gas liquefatto statunitense e rispetto all’energia atomica. E’ ormai evidente che i gasdotti sottomarini Nord Stream 1 e 2 sono stati distrutti da agenti ucraini addestrati, equipaggiati, sostenuti e coperti da élite occidentali con lo scopo di causare il distacco
definitivo dell’Unione Europea dalla collaborazione energetica con la Russia. Quando vogliono, gli Stati Uniti non guardano per il sottile neppure riguardo ai loro alleati. La stampa allineata non sembra volersene occupare
Lo sviluppo delle energie cosiddette rinnovabili passa attraverso l’acquisto di tecnologie prodotte nei Paesi industrializzati, tecnologie molto care per i Paesi emergenti
Al tempo stesso, Paesi nuovi competitori che cercano di dotarsi di energia atomica per scopi dichiaratamente civili, come l’Iran, vengono accusati di nascondere fini militari e per questo sono sanzionati e minacciati di ostilità. Evidentemente se i Paesi poveri e quelli emergenti non possono usare le energie fossili e neppure dotarsi di altre energie, dovranno mettere tutti i loro cittadini a pedalare per produrre energia elettrica con le cyclettes
Il risultato finale delle politiche sostenute per mezzo della teoria del riscaldamento globale per cause industriali, è che i contrasti posti all’uso di energie fossili rallentano lo sviluppo globale e che i Paesi emergenti potranno solo continuare a vendere materie prime ai Paesi più avanzati industrialmente.
Il concetto di riscaldamento globale causato dall’uomo è una teoria politico-strategica alimentata per rallentare lo sviluppo dei Paesi nuovi competitori economici che utilizzano molte energie fossili, e per rendere accettabili restrizioni economiche altrimenti impopolari
La teoria del riscaldamento climatico per cause industriali divenne inizialmente nota non per l’interessamento di uno scienziato, ma di un politico. Al Gore, candidato sconfitto alla presidenza USA nel 2000, aveva basato la sua corsa alla Casa Bianca su una politica ecologista appoggiandosi a una squadra di tecnici che organizzò la sua campagna politica anche con divertenti effetti speciali (vedere Al Gore 2006) Da quel giorno la teoria del riscaldamento industriale ha sempre avuto grande supporto mediatico “a effetto” e gli interessati sono stati molto abili a dare risalto audiovisivo di tipo emotivo a improbabili esperti inclusi studenti minorenni, negando invece spazio a scienziati con opinioni diverse
Dopo anni di ricerche che hanno condotto a una nuova comprensione del problema, tante considerazioni mediatiche cominciano ad apparire fuorvianti e tutto il problema della CO2 risulta rovesciato. Il sole ha trascorso 3-5 decenni di attività massima, durante i quali ha scaldato abbondantemente il pianeta, le temperature più elevate hanno causato una maggiore separazione dei
gas incluso il biossido di carbonio dalle acque oceaniche e il loro flusso in atmosfera. La causa è stata invertita con l’effetto: non la CO2 ha fatto salire la temperatura planetaria, ma l’aumento della temperatura dovuta ai cicli solari ha favorito l’incremento di anidride carbonica in atmosfera, in questo aiutato dalla contemporanea immensa deforestazione, dall’inquinamento degli ambienti dove vivono gli autotrofi marini, e in parte anche dalle attività industriali.
L’aumento di biossido di carbonio in atmosfera è stato causato dal ciclo di elevata attività solare che ha accresciuto le temperature globali e quindi favorito la separazione dei gas dall’acqua degli oceani
A ciò si sono sommate l’immensa distruzione delle foreste e l’inquinamento delle acque soprattutto oceaniche, che hanno causato la riduzione dell’assorbimento della CO2 da parte degli ecosistemi.
La considerazione del danno ulteriore causato dall’industria deve essere inserita in questo contesto
La scoperta della complessità dei cicli solari e del loro impatto sulla Terra è cosa che si sta ancora consolidando, quindi non sorprende che il ruolo che la fase di massima solare può avere avuto sul livello di CO2 in atmosfera sia stato lungamente trascurato. Ancora oggi (2024) molti divulgatori mediatici riescono a ricondurre la maggiore o minore attività solare soltanto al suo ciclo elementare di 11 anni ignorando l’esistenza di vari altri cicli, cui accennerò poco più avanti.
Purtroppo questa scarsità di conoscenze coinvolge anche molte Istituzioni incluse alcune scientifiche, si trasmette in modo assai improprio al mondo dell’informazione, e infine trasmette al pubblico un messaggio inutilizzabile.
In questa carenza scientifica, che concettualmente sarebbe già superata se gli argomenti venissero effettivamente studiati e comparati senza presunzione, si sono inseriti tentativi politici di garantire il dominio energetico ed economico strategico ad alcuni Paesi, in primo luogo gli Stati Uniti e in seconda istanza i loro alleati. Chiaramente con il trascorrere degli anni e l’accumulo di evidenze sarà necessario modificare le basi concettuali del tentativo, infatti dalla pressione mediatica ben definita sul “riscaldamento globale antropico” stanno già passando negli ultimi anni al concetto molto più vago di “cambiamento climatico”
Le evidenze climatiche mostrano ormai un quadro molto diverso da quello propagandato, e alcuni si arrampicano sugli specchi pur di trovare cause “calde” per eventi freddi. Le tante estese spiegazioni che si danno per gli eventi meteo freddi chiamano in causa il Niño, la Niña, l’oscillazione artica Northern Atlantic Oscillation (NAO), la Quasi Biennial Oscillation, lo
Stratwarming, lo split del vortice polare Sono tutte spiegazioni scientificamente giuste, ma usate in modo da rimescolare le carte sul tavolo e generare confusione di interpretazioni.
Tutto ciò appare dispersivo rispetto al semplice fatto che il clima ha cominciato a raffreddarsi.
Curiosamente tanta stampa divulgativa attribuisce sempre la causa degli eventi meteo freddi al troppo calore. Eppure quando fa freddo è perché è freddo, non perché è caldo.
Una
teoria finalmente scientifica
La recente teoria dei Relational Cycles (Casey 2014; 2016) è stata formulata su base empirica, con la sola osservazione delle periodicità storiche e non ha una vera base scientifica in sé, ma ottiene conferme da ricerche multisettoriali di molti scienziati. Ne è emersa una teoria ben integrata e necessariamente anche elegante.
Invece è considerata una teoria politicamente scomoda e pertanto non viene considerata.
Invece questa teoria si accorda molto bene alla realtà e di fatto viene supportata da studi di astrofisica, dinamiche del sistema solare, fisica dell’atmosfera, geologia, oceanografia, ecologia e si sta mostrando in grado di prevedere bene gli eventi meteo cui assistiamo e che vengono interpretati come tendenze verso un probabile raffreddamento climatico indicativamente intorno al 2030-2050 (Zarkova et Al. 2017; 2023). Sarebbe il caso di conoscerla.
I risultati delle ricerche che sono dietro a questi studi evidenziano interazioni di cicli solari e planetari molto più complessi di quello che si pensava fino all’inizio del secolo attuale.
La complessità delle interazioni gravitazionali fra il Sole e i pianeti del sistema solare inclusa la Terra è elevata. Tanta complessità non viene ancora insegnata al liceo e neppure in tutti i corsi universitari che sarebbero interessati.
Non sorprende che molti “esperti” siano insensibili ad argomenti difficili.
Nonostante il diffuso approccio semplicistico verso le dinamiche solari, la scienza va comunque avanti e continua a fornire dati che indicano una complessità molto maggiore di quanto comunemente riconosciuto. I meccanismi che regolano i cicli di attività solare sono ancora ben lontani da essere compresi, ciò non giustifica lo sfruttamento dell’ignoranza per giustificare teorie più politiche che scientifiche. Né giustifica rifiutare il dialogo con chi cerca di capire ampliando la visuale. Molta stampa continua a riferirsi a un ciclo solare elementare di 11 anni e trascura, o forse non conosce affatto, l’esistenza di ciclicità assai più complesse.
Piccolo compendio per esperti poco esperti (vedi anche il capitolo finale “bufalandia corretta”).
Era glaciale: intervallo di tempo della storia climatica della Terra lungo decine o centinaia di milioni di anni (era glaciale), in cui si hanno calotte polari e ghiacciai molto estesi e intenso raffreddamento globale Gli oppositori della teoria del riscaldamento globale causato dall’uomo non si occupano minimamente di questo.
Piccola era glaciale: insieme di periodi della storia climatica della Terra inseriti nell’attuale periodo interglaciale, approssimativamente dalla metà del XIV alla metà del XIX secolo. Abbassamento sensibile della temperatura globale ma con effetti soprattutto in Nord America, Europa, Asia settentrionale. Questo concetto è completamente diverso da quello delle “ere glaciali” e contribuisce a ipotesi di cambiamento climatico legato a fasi solari e indipendenti da attività industriali.
Ciclo solare di 11 anni: il più breve dei vari cicli solari, talmente breve da essere facilmente studiato sulla base dei brevi archivi storici astronomici esistenti. Ha effetti minimi e assai brevi sulle oscillazioni termiche della Terra, non interessa chi si occupa del riscaldamento climatico dovuto a fasi solari.
Cicli solari complessi: insieme di vari cicli solari della durata molto variabile, da decine a migliaia di anni, che si integrano causando una periodicità complessa. Un ciclo-risultante di circa 208 anni sembra accordarsi bene con alcune periodicità delle fasi fredde storiche, l’ultima delle quali si concluse a metà XIX secolo. Di questi cicli complessi si occupano scienziati seri, perché influiscono notevolmente sulla temperatura globale terrestre
Le dinamiche del sistema solare appaiono oggi molto più complesse rispetto a quanto si sapeva al tempo delle prime osservazioni delle macchie solari compiute da Galileo fino dal 1610 (figura 5) Non molto tempo dopo, nel 1646, il trattato Ars Magna Lucis et Umbrae, già forniva una discussione e la rappresentazione di macchie solari osservate. A quel tempo erano conoscenze molto avanzate mentre oggi sono scienza di base e il conteggio delle macchie viene usato anche per valutare l’evoluzione delle fasi solari (Miyahara et Al. 2021)
Condannato per eresia, Galileo Galilei fu rinchiuso e con il passare degli anni divenne completamente cieco, forse a causa delle lunghe osservazioni astronomiche fatte con strumenti grossolani. Fu aiutato durante il proseguimento delle sue osservazioni dalla figlia primogenita. Condannato e ormai ceco, invece ci aveva visto giusto.
Un bel risultato per un “negazionista” nato nel 1564.
Figura 5 – Ricostruzione artigianale del frontespizio del giugno 1611, intitolato al primo studio delle macchie solari
Le macchie solari sono internamente fonti minori di energia rispetto alla superficie solare priva di macchie, queste però hanno una corona esterna più energetica. Ma non sono le macchie in sé a determinare la quantità di energia complessiva emessa dal Sole, esse ne sono soltanto lo specchio
Il conteggio delle macchie solari osservate in 400 anni mostra come la loro variazione ha un ciclo facilmente osservabile di 11 anni che però riesce a influire minimamente sul clima. Esistono anche diminuzioni prolungate che sono coincise con i periodi più freddi della storia recente, invece il conteggio elevato che si è avuto a fine XX secolo ha coinciso con il periodo di massima attività solare moderna, e adesso stiamo probabilmente scendendo verso un nuovo periodo di attività minima prolungata (figura 6). Risultano evidenti il periodo del Minimo di Maunder con conteggio zero, il più lieve minimo di Dalton, un abbassamento considerevole intorno al 1900 che si è protratto abbastanza fino quasi al 1940, e infine il periodo attuale del massimo moderno.
La nostra generazione ha quindi vissuto da giovane durante la fine di un periodo di bassa attività solare, i più vecchi di noi si ricordano temperature piuttosto basse quando eravamo bambini Nella nostra età adulta e fino ad oggi, siamo stati testimoni di un periodo di massima attività solare, fase calda che è stata fraintesa per riscaldamento causato dalle attività industriali.
Figura 6 – Conteggio delle macchie solari dal 1600 al 2000. Figura italianizzata (fonte: NASA/Solar physics 2017).
Si noti che la periodicità undecennale delle macchie non è parte della discussione, le fasi solari evidenziate dal loro aumento o diminuzione in cicli brevi di 11 anni non ha influenza sostanziale sul clima. Da notare che ogni ciclo di 11 anni porta anche a una inversione del campo
magnetico solare, che quindi torna alla posizione originale ogni 2 cicli (circa 22 anni, ciclo di Hale).
Invece un conteggio più ampio, riferito a centinaia di anni, dopo la normalizzazione delle singole fasi, fornisce un grafico che con maggiore attendibilità consente previsioni probabilistiche sul prossimo futuro climatico della Terra.
Un tentativo di utilizzare osservazioni solari elaborate con modelli matematici per fornire previsioni sul futuro dell’attività solare (figura 7) da cui sia possibile estrapolare previsioni
climatiche è stato condotto da Zharkova etAl. (2015) L’articolo fu ritrattato ma successivamente riavvalorato e anche rafforzato con nuove evidenze (Zharkova etAl. 2017; 2019), taluni definiscono il caso “curioso” perché non è frequente ripensarci due volte e qualcuno ha pensato anche che ci siano state delle forzature esterne che abbiano spinto per la ritrattazione della verità.
Le elaborazioni hanno considerato attività magnetica e conteggio delle macchie solari e hanno fornito una previsione dell’attività solare che dovrebbe verificarsi entro il 2040 e che potrebbe condurre a un nuovo periodo freddo anche con la possibilità di un nuovo Grande Minimo Solare.
Ovviamente la complessità dei vari cicli che si sovrappongono non fornisce una curva continua di raffreddamento oppure di riscaldamento, è stata ottenuta una curva con alti e bassi che interagiscono ma che indicano bene la tendenza complessiva verso un’attività ridotta e quindi verso il raffreddamento.
Figura 7 - Curva risultante dal confronto fra attività magnetica e numero di macchie solari contate (cicli 21-23) o calcolate (cicli 24-26). Valori indicati con unità arbitrarie in base a Zharkova etAl 2015. Ridisegnata e italianizzata.

Tornando alla teoria Relational Cycles, per la prima volta una teoria scientifica è riuscita a stabilire legami fra le fasi solari e i moti dei pianeti del sistema solare, integra il flusso del vento solare con l’impatto dei raggi cosmici sulla Terra, valuta l’efficacia dei raggi cosmici come nucleanti dello strato basso delle nuvole e quindi come induttori di piogge, e studia anche l’effetto di tali dinamiche sull’attività vulcanica e sismica del pianeta incluse le grandi eruzioni esplosive, di tipo stromboliano, tipiche dei vulcani con magmi acidi, grandi eruzioni che riversano enormi quantità di ceneri in atmosfera rendendola più opaca alla luce del sole e che contribuiscono ad abbassare la temperatura media globale per alcuni anni. Infine stima l’impatto che questi singoli effetti hanno sulla ridistribuzione del calore a livello globale mediante modificazioni dell’Oscillazione Artica della corrente a getto e alterando la circolazione termoalina oceanica. Di questo parleremo successivamente
Per la prima volta abbiamo a disposizione una teoria complessiva che vede il sistema solare nel suo insieme e la storia geologica della Terra come parte di fenomeni non dissociabili inseriti in cicli più ampi e integrati. Il fatto che tante conferme provengano da scienziati di gruppi separati e appartenenti a vari Paesi e a settori disciplinari diversi aggiunge spessore e credibilità all’ipotesi del raffreddamento globale invece che a quella del riscaldamento globale.
Sarebbe davvero impensabile che tanti scienziati appartenenti a discipline diverse condividessero tutti insieme conclusioni errate (Abdussamatov 2007; 2015; Archibald 2007; 2021; Carslaw 2009; Casati 2014; Casey 2011; 2014; 2016; Choi e Casey 2015; Crockford 2018; Ebisuzaki et Al. 2011; Eddy 1976; ECO 2008; Florides et Al. 2018; Gray et Al. 2005; Harder et Al. 2009; Huhtamaa et Al 2015; Ineson et Al. 2011; Kovalyov e Kovalyov 2014; Lockwood et Al 2010; Lüdecke et Al. 2015; Marsh e Svensmark 2000; Marusek 2016a; Mazza et Al.1999; Morner 2010, 2015; Parry e Carter 1985; Raspopov et Al 2005; Scafetta 2012; Seroussi et Al. 2017; Schaefer et Al. 2000; Shaviv 2003; Ueno et Al. 2019; Wagner et Al. 2001; Zharkova et Al. 2017; 2019)
Certamente si deve considerare la discrepanza fra le previsioni di alcuni climatologi e quelle di tanti scienziati di altre discipline come astronomi, astrofisici, fisici dell’atmosfera, geologi. Nonostante la fortissima pressione della politica che chiede ipotesi tali da giustificare politiche
strategiche, è improbabile che tanti scienziati cadano nella rete della disponibilità di fondi dedicati soltanto per poter fare pubblicazioni e carriera connessa. E’ noto che la carriera scientifica si fa con pubblicazioni importanti (riviste a elevato Impact Factor), queste pubblicazioni richiedono ingenti fondi per le sperimentazioni, fondi spesso privati per avere i quali viene richiesto di firmare che i risultati ottenuti sono proprietà del finanziatore, quindi se si trovano risultati non graditi non si possono pubblicare. Oltre a ciò, una rivista ad alto impact factor ha bisogno di molti soldi per potersi mantenere e questi giungono da privati che ovviamente ottengono ampio controllo sui comitati di redazione. Fine della libertà di ricerca e fine della libera pubblicazione.
Non è cosa nuova, già negli anni ’60 alcuni studi finanziamenti mirati portarono alla pubblicazione di risultati fuorvianti pur di difendere l’industria dello zucchero. Certa industria finanziò l’informazione che i bambini che mangiavano caramelle erano mediamente più magri degli altri e che non esistevano correlazioni fra il consumo di zucchero e le malattie cardiache Per ottenere il risultato voluto, i finanziamenti mirati spostarono l’attenzione degli scienziati dal problema dello zucchero a quello del grasso alimentare. Come oggi viene fatto spostando l’attenzione di scienziati e istituti di ricerca dalle fasi solari all’anidride carbonica. Furono necessari 60 anni prima che la verità venisse pubblicata su riviste scientifiche (Kearns et Al. 2016). Gli autori conclusero anche che i comitati di pubblicazione dovrebbero dare meno importanza ai risultati di ricerche finanziate da compagnie interessate.
Il buon vecchio Carl Marx aveva visto giusto quando nel suo “Manifesto” scrisse sostanzialmente che “la libertà di stampa esite solo per chi ha i soldi per esercitarla”.
Di fatto, se si riesce a separare vera ricerca e ricerca pagata, non esiste molto accordo fra gli scienziati riguardo al nostro futuro climatico, ma questo disaccordo viene compresso e nascosto dal meccanismo della propaganda e della divulgazione.
“ it seems almost incredible that so many equally educated, equally sincere compatriots and contemporaries, all drawing from the same limited stock of evidence, should have reached so many totally different conclusions . and always with complete certainty”
Michell 1999
Inoltre c’è un altro motivo, presto trovato, per la discrepanza di vedute fra scienziati di diversi settori scientifici.
Mentre i climatologici puri tentano previsioni basandosi su dati che si riferiscono all’interno dell’atmosfera, altri scienziati che discutono il clima avendo come base altre discipline fanno previsioni osservando l’atmosfera terrestre nel contesto più ampio del sistema solare (figura 8)
Figura 8 – La temperatura in una pentola varia in funzione del fornello, analogamente il clima della Terra cambia a seconda del Sole. Studiare soltanto le dinamiche interne all’atmosfera non basta a fare previsioni climatiche se non si osserva il Sole.
A ostacolare l’evidenza logica e intuitiva che il clima della Terra è determinato dal Sole e dai suoi cicli, parte della scienza è stata messa in moto per produrre risultati che sostengano invece le cause antropiche. E’ veramente un peccato che ancora nel 2022 la stampa divulgativa si riferisca all’effetto del Sole sul clima della Terra considerando solo il suo ciclo di 11 anni, ma purtroppo spesso è ancora così (Frohlick e Lean 2004, “ … the largest variations in total solar irradiance follow an 11-year cycle”), evidentemente qualcuno scrive senza sapere di scienza o senza prospettiva. Oppure riportano solo concetti che sono concessi dall’alto.
A questo punto il divulgatore medio ha già bisogno della tachipirina per il mal di testa. Sono concetti difficili, bisogna capirlo, non si capisce però perché voglia scrivere se non sa di cosa parla.
Non mancano comunque i climatologi contrari alle ipotesi antropocentriche (Caridi 2022) che fa pubblica l’intervista a un climatologo (Scafetta Università di Napoli Federico II), dalla quale risulta che le politiche green non hanno solido fondamento scientifico, ma la certezza di provocare danni sociali ed economici enormi
La prima edizione del mio precedente testo sul futuro climatico, e sul quale si basa quello che state leggendo, risale appena all’inizio della guerra in Ucraina. Alla reazione russa all’allargamento della NATO verso est fu costruita una controreazione occidentale per chiudere definitivamente i rubinetti del gas e del petrolio per l’Europa
Fu sufficiente sabotare i principali gasdotti russi e deviare la verità per fornire all’Europa una scusa ulteriore per contrastare le energie fossili. Dopo la propaganda di guerra consentì di scaricare sulla Russia la responsabilità della crisi energetica che invece era già in moto a causa dell’ostacolo precoce all’uso delle energie fossili.
La necessità di una crisi energetica era in essere già prima della guerra e il suo scoppio ha soltanto accelerato i passi da effettuare
Esattamente come ipotizzato nel mio libro precedente (Pardini 2022), i concetti dell’Anthropological Global Warming servono soltanto a sfavorire le economie dei Paesi effettivamente sovrani
Per un’analisi critica, è bene valutare un’idea afferente al Main stream. Uno studio pubblicato nel 2017 (Science) ha suggerito che è avvenuto un incremento della temperatura planetaria contemporaneamente a un calo dell’irraggiamento solare. Questo sembrerebbe svalutare la teoria del legame forte fra cicli solari e clima sulla Terra. Ma invece risulta essere un errore legato a un problema di scale e di tempi, che non può essere sfuggito a chi lo ha scritto e suggerisce quindi che l’interpretazione sia stata “guidata” da interessi non scientifici Il confronto parte dal 1750 e include il Grande Minimo Solare più recente, quello di Dalton. Purtroppo i dati di irradiazione solare vengono raccolti solo dal 1978 (Kopp 2014, “ Direct solar observations have been available since 1978”) mentre in precedenza erano solo stimati per via indiretta, e da quel
periodo in poi non si è ancora verificato nessun nuovo periodo freddo, quindi i dati confrontati riescono a tenere conto solo delle variazioni radiative del ciclo di 11 anni. In pratica vengono presentati dati che non includono le oscillazioni importanti di attività solare, è ovvio che il risultato non possa metterle in relazione al cambiamento climatico attuale ! Il dato fornito e la sua interpretazione sono quindi fuorvianti (misleading).
Lo studio delle sole dinamiche terrestri, atmosfera e correnti oceaniche, fornisce dati utili a previsioni meteorologiche per un tempo relativamente breve ma ancora non consente di valutare ipotesi di mutamento climatico di lungo periodo. Per fare previsioni migliori occorre studiare anche i cicli solari e questi suggeriscono una probabile nuova era fredda all’orizzonte.
Ipotesi di un nuovo Grand Solar Minimum
Il sole presenta cicli di alta e bassa attività, corrispondenti all’invio di maggiore o minore energia verso i pianeti del sistema solare. Ancora oggi le conoscenze medie di tali cicli si fermano al ben noto ciclo di 11 anni che ovviamente ha scarso effetto sulle temperature della Terra. Tuttavia molti studi hanno evidenziato una grande complessità dei cicli solari.
Non esiste solo il suddetto ciclo breve ma un insieme di cicli interni al sole e connessi all’intero sistema solare. I cicli interni sono connessi con la struttura interna a “doppia dinamo” della stella, con l’inversione del suo campo magnetico, e influenzati dalla gravitazione complessiva del sistema solare quindi dalle posizioni dei pianeti maggiori che hanno grandi masse gravitazionali, inoltre si devono considerare i cicli lunghi di Milankovich che evidenziò gli effetti delle variazioni cicliche dei parametri orbitali della Terra (Milankovich 1920; Wu e Jin 2022) e che trovò relazioni fra l’emissione di energia da parte del Sole e i periodi storici caldi o freddi (Bond et Al. 1999) conosciuti come minimi di Sporer (1450-1540), Maunder (1645-1715) e Dalton (1790-1830), Ci sono i cicli di Hallstatt la cui fase attuale culminerebbe intorno al 2500-2600, e i cicli del De Vries interni al Sole con durata stimata di circa 200 anni (Raspopov et Al. 2008), ci sono i cicli di
Gleisberg di 80 - 100 anni (Zharkova et Al. 2023) Sono state evidenziate relazioni fra ciclo solare undecennale, posizioni planetarie almeno di Venere Terra e Giove e loro effetto gravitazionale sul Sole, cicli di Suess-De Vries e quelli di Gnevyshev-Ohl, cambiamenti della posizione del baricentro del Sole rispetto al Sistema solare intero (Stefani et Al. 2021), cicli del campo magnetico solare (Zharkova e Shepherd 2022).
Insomma la complessità è molto alta e le interazioni di questi cicli non sono ancora ben comprese neppure dagli astrofisici, non sorprende che nei congressi climatologici ancora se ne parli in misura minima.
E’ stato però ormai chiarito come almeno i cicli di circa 208 anni siano grandi attori degli eventi di grande freddo periodico come nei Minimi di Sporer, Maunder e Dalton. Si ha quindi per la prima volta una teoria in grado di spiegare i Grandi Minimi Solari che corrispondono a periodi circa bisecolari più freddi
Nell’ipotesi che la fase solare attuale termini con un nuovo Grande Minimo Solare che viene già chiamato “Minimo di Eddy”, possiamo attenderci diminuzione media delle temperature in Nord America ed Eurasia di circa 1,5 °C anche per 30 anni e consistenti variazioni nella distribuzione latitudinale delle temperature
Il calore globale viene ridistribuito a livello soprattutto stagionale dal flusso delle correnti atmosferiche in particolare della corrente a getto artica, invece sul lungo periodo ha grande influenza la circolazione termoalina oceanica che si sviluppa in tutti gli oceani e in particolare la sua parte chiamata Corrente del Golfo che ridistribuisce il calore nell’area atlantica fra le zone equatoriali e quelle settentrionali di Europa e Nord America). Quando la corrente a getto rallenta, il suo flusso è molto ondulato, l’aria artica molto fredda si spinge verso sud mentre blocchi di aria calda compensano incuneandosi verso nord (figura 9). Il risultato è un aumento degli eventi meteorologici estremi e insoliti
Analogamente ai cicli solari, anche i meccanismi della distribuzione del calore a livello planetario sono talmente complessi che tutt’oggi non sono ben compresi e vengono ipotizzati effetti addirittura a livello della viscosità del mantello, del grado di appiattimento del Geoide Terra, e della sua velocità di rotazione (Mitrovica e Whar 2011) Naturalmente fattori fondamentali sono l’eccentricità variabile dell’orbita terrestre e l’inclinazione pure variabile del suo asse di rotazione.
Tutti fattori che i modelli previsionali attuali ancora non riescono a integrare Ciò non significa che non esistano.
Figura 9 – Oscillazione della Jet Stream settentrionale: lieve nei periodi normali, accentuata nelle fasi di raffreddamento solare. Si noti che possono coesistere stagionalmente vaste aree influenzate dal freddo e altre limitrofe con caldo anomalo
Le oscillazioni della corrente a getto evidenziano il rapporto fra masse di aria aventi diversa pressione, il cui movimento oscilla in misura maggiore o minore (NAO, North Atlantic Oscillation) spingendosi più o meno verso Sud. Le oscillazioni sono accentuate durante i periodi di bassa attività solare e danno origine a figure meteorologiche con picchi e saccature molto marcate (figura 10) che evidenziano la possibilità di fenomeni altrettanto marcati e anche estremi.
Le masse continentali si scaldano oppure si raffreddano con maggiore rapidità rispetto alle masse oceaniche, pertanto le aree di maggiore accumulo freddo in inverno sono America ed Europa settentrionali e Asia settentrionale, da queste due zone negli anni più rigidi il freddo si spinge verso Sud determinando fasi particolarmente gelide e nevose, contemporaneamente nelle aree circostanti possono verificarsi insoliti periodi caldi con effetti soprattutto di tipo stagionale In pratica l’aria polare fredda e quindi più densa si spinge verso Sud ma non in modo uniforme a causa della diversa rapidità di riscaldamento delle masse continentali e di quelle oceaniche. Le masse continentali del
Nord America e della Russia si raffreddano molto più rapidamente delle acque oceaniche, in pratica è un fenomeno analogo a ciò che causa l’alternarsi delle stagioni dei monsoni. Si generano quindi frequenti e profonde ingressioni di aria fredda verso Sud ma al tempo stesso periodi insolitamente tiepidi in altre zone anche alle stesse latitudini, fenomeni di segno termico opposto e relativamente vicini in termini spaziali, e si ripropongono con crescente frequenza L’accentuarsi della Jeat
Stream è collegato alle variazioni nelle correnti oceaniche soprattutto alla corrente che ha origine nel Golfo del Messico. Dall’analisi della letteratura riferita alle epoche fredde storiche, emerge che se la Corrente del Golfo perde gradualmente forza si riduce il suo effetto mitigatore nel Nord
Atlantico, gli episodi meteorologici di freddo estremo tendono ad essere più frequenti e più marcati inverno dopo inverno, e gradualmente raggiungono latitudini più meridionali.
Sembra la fotocopia di quanto vediamo accadere oggi, e non dipende dalle industrie ma dal Sole
Figura 10 – Esempi di Oscillazione Artica accentuata durante l’inverno 2021-2022 (Nord America ed Eurasia in alto), mostrata su mappe meteorologiche opportunamente ridisegnate In basso una visione d’insieme, esemplificativa dello stesso periodo, per l’emisfero settentrionale.
Rispetto al comportamento della Corrente a Getto, i cambiamenti relativi alla circolazione termoalina avvengono in modo più graduale ma hanno effetti assai prolungati, anche secolari. E’ stato stimato che la circolazione termoalina genera un ricambio completo delle acque oceaniche in circa 500 anni.
Le masse continentali e la densità di popolazione umana sono molto maggiori nell’emisfero settentrionale che in quello meridionale, dove sono maggiormente presenti gli oceani. Ne deriva che la situazione climatica dell’emisfero boreale ha effetti molto più sensibili sulle attività umane rispetto alle variazioni che avvengono nell’emisfero australe La Corrente del Golfo ha una sua corrispondente atlantica meridionale, la Corrente del Benguela, ma la prima ha effetti assai importanti su Nord America ed Europa e di conseguenza sulle società umane, mentre la seconda influisce su aree attualmente meno industrializzate e meno abitate
La Corrente del Golfo è un grande “nastro trasportatore” (Conveyor stream) liquido che ridistribuisce il calore a livello atlantico con effetti anche a livello planetario Questa circolazione è attivata dalle differenze di temperatura e salinità che fanno variare la densità dell’acqua fra zone meridionali o settentrionali.
La densità dell'acqua oceanica aumenta all'aumentare della salinità e al diminuire della temperatura.
Nelle condizioni climatiche attualmente ritenute normali, l’acqua calda e salina di origine tropicale scorre verso nord dove incontra acque fredde più dense e meno saline che sprofondano scorrendo verso sud lungo la costa del Nord America e si distribuiscono poi in tutti gli oceani, riemergendo anche dopo centinaia di anni nell’Oceano Indiano e Pacifico Questo capovolgimento delle acque è chiamato Atlantic Meridional Overturning Circulation, AMOC).
Fra gli effetti di questa circolazione globale delle correnti marine ci sono anche il Niño e la Niña, due condizioni delle acque del Pacifico alle quali vengono attribuite anomalie climatiche come inverni particolarmente freddi o stagioni particolarmente piovose o aride.
La Corrente del Golfo può rallentare e addirittura fermarsi
E’ stata rilevata un’ampia variabilità naturale della corrente (Latif et Al. 2022). La carenza di dati storici non rende facile l’interpretazione delle cause del rallentamento, alcuni autori tendono ad attribuirlo al riscaldamento causato dai gas serra, mentre altri notano un rallentamento della circolazione AMOC almeno dalla metà del ‘900 (Michael et Al. 2022) e suggeriscono un forte ruolo
dei cicli solari complessi e dei fenomeni vulcanici Altri autori ritengono che forse il rallentamento fosse avviato già prima, in ogni caso è iniziato ben prima delle attività industriali estese. Qualunque siano i motivi effettivi, resta il fatto che la AMOC ha cominciato a rallentare (Liu et Al. 2017; Zhu e Liu 2020; Harvey 2023) e si presenta attualmente nel momento forse più debole dell’ultimo millennio (Caesar et Al. 2021). Ciò è coerente con la considerazione che geologicamente ci troviamo in una fase interglaciale caratterizzata da temperature globali miti. Studi ulteriori hanno indicato che la circolazione termoalina si sta indebolendo più rapidamente da almeno 150 anni (Thornalley et Al. 2018), quindi dalla fine dell’ultima “piccola era glaciale” e ben prima della diffusione delle attività industriali. Un riscaldamento iniziato dopo una fase climatica fredda e già 150 anni fa non può essere razionalmente imputato alle attività industriali, ciò suggerisce invece che il cambiamento climatico ha cause naturali e quindi, probabilmente, collegati ai cicli solari complessi, E’ stato stimato che la circolazione AMOC si sia indebolita almeno del 15% rispetto alla metà del XX secolo, corrispondente a una riduzione di portata di circa 3 milioni di metri cubi al secondo; come paragone, la portata del Rio delle Amazzoni è 15 volte inferiore e la portata di tutti i fiumi della Terra sommati è 3 volte inferiore.
L’effetto di tale rallentamento sulla instabilità climatica globale è stato confermato con recenti miglioramenti dei modelli matematici (Buckley e Marshall 2016; Liu et Al. 2020).
Nel suo insieme l’accentuarsi del fenomeno può innescare un raffreddamento considerevole in gran parte dell’emisfero settentrionale, raffreddamento che può persistere anche per un secolo (Drijfhout 2015)
Per ironia della sorte, il riscaldamento causato da una fase solare calda può innescare cambiamenti in grado di produrre un raffreddamento climatico fino a “piccole ere glaciali” come quelle accadute durante i minimi di Sporer, Maunder e Dalton
Alcuni autori di libri e film fantascienza romanzano su fatti scientifici veri, e non avendo la mente inchiodata da percorsi obbligati riescono a intuire qualcosa di reale. Che poi nei loro racconti diventa irreale.
I fantasiosi autori non sono più scientifici degli scienziati, però hanno la mente meno inchiodata da metodologia e ideologie, e sono più curiosi Questo è bello, perché offre loro una comprensione intuitiva che ha origine dall’apertura mentale.
In particolare, quando la circolazione termoalina rallenta o addirittura si ferma, peggiora la ridistribuzione di calore (figura 11): a Nord resta molto freddo con gelate lunghe e frequenti fino a latitudini insolite, mentre a Sud si concentra il caldo e periodi molto piovosi o molto aridi, e infine alle medie latitudini dove si incontrano masse d’aria con caratteristiche marcatamente opposte si possono avere fenomeni meteorologici estremi di tutti i tipi
Figura 11 – Ridistribuzione del calore a livello planetario operata dalla corrente termoalina. La Corrente del Golfo che ne è parte, è particolarmente importante per la ridistribuzione latitudinale del calore.
Vi sono prove che l’inizio della Piccola Era Glaciale fu avviato dal precedente riscaldamento indotto da una fase solare insolitamente calda: il Sole, non le industrie che a quel tempo quasi non esistevano, scaldarono il globo a sufficienza da alterare l’equilibrio termoalino (Lapointe e Bradley 2021), rallentando abbastanza rapidamente la AMOC che a sua volta causò il raffreddamento soprattutto delle alte latitudini boreali
Durante le fasi climatiche calde, le acque tropicali si scaldano molto e si spingono più a Nord accentuando anche lo scioglimento dei ghiacci e alterando la circolazione superficiale e profonda della corrente medesima (Sevellec et Al. 2017).
Le anomalie della circolazione oceanica possono causare il rallentamento o perfino il blocco della corrente del Golfo (rispettivamente slowdown o perfino Shutdown of thermohaline circulation). Questi due casi possono avere effetti molto potenti sul clima di tutto l’emisfero boreale e innescare un periodo molto freddo anche a livello planetario (Lapointe e Bradley 2021)
Queste considerazioni portano a concludere che una fase di riscaldamento globale, quasi certamente indotta da ciclicità solari complesse, può alterare in modo inizialmente lento e poco visibile e successivamente in modo molto rapido e profondo tutto il meccanismo di ridistribuzione del calore globale e indurre un lungo periodo freddo. Un tale periodo insolitamente freddo non ha niente a che vedere con una “era glaciale” con effetti globali, ma piuttosto con quella che viene chiamata “piccola era glaciale” con effetti molto più localizzati.
Questa ipotesi, che non viene considerata dai divulgatori ideologizzati, è stata accuratamente analizzata come possibile scenario futuro (Schwartz e Randal 2003). I due autori suggeriscono che le modificazioni avvenute nella corrente termoalina negli ultimi 40 anni hanno raggiunto un grado di variazione termica e di abbassamento della concentrazione salina tale da poter indurre cambiamenti climatici di lungo periodo, con effetti anche devastanti sull’organizzazione produttiva e sociale attuale (Figura 12).
Figura 12 - Effetto di un cambiamento climatico con repentino abbassamento delle temperature sulla capacità di sostentamento del pianeta (carrying capacity) e sulla sicurezza nazionale (Modificata e italianizzata dall’originale di Schwartz e Randal 2003)
Nello stesso rapporto, Schwartz e Randal (2003) suggeriscono anche l’evidenza che i cambiamenti climatici che stiamo affrontando possono benissimo essere dovuti a fatti naturali anziché umani.
competing evidence suggests that climate change can occur, regardless of human activity as seen in climate events that happened prior to modern society (Schwartz e Randal 2003)
I dati paleoclimatici mostrano che gli eventi meteo estremi sono favoriti quando il pianeta si raffredda dopo una fase calda, non quando il clima si scalda Questo è evidente in tutti i fenomeni naturali inclusi quelli sociali, dove è la riduzione delle risorse o a scatenare azioni estreme, non il loro aumento. Quando la società è povera e trova nuove risorse si ha “lo sviluppo felice” (passaggio da una fase “fredda” a una “calda”), ciascuno cerca di occupare nuove nicchie grazie alla maggiore disponibilità di “energie” , la gente collabora e si rispetta reciprocamente, perfino la competizione fra gruppi è leale. Invece quando una società ricca vede il diminuire delle risorse disponibili (passaggio verso una nuova fase “fredda”) si vedono accentuarsi fenomeni conflittuali e si sviluppa la degradazione sociale, inclusa la rapina istituzionale, e la competizione fra gruppi o perfino fra nazioni diventa sleale e distruttiva, come gli Stati Uniti ci mostrano oggi a seguito delle loro difficoltà economiche in presenza di nuovi competitori molto efficienti. Tornando al clima planetario, al momento attuale abbiamo un pianeta che ha incamerato calore per alcuni decenni, soprattutto nelle grandi masse oceaniche, ma la sua atmosfera comincia a raffreddarsi a causa dei cicli solari. L’eccesso di energia termica e di umidità atmosferica accumulate incontrano nuove masse d’aria fredda e generano eventi estremi.
Si determinano forti escursioni termiche, grande irregolarità delle stagioni, tempeste di neve e gelate frequenti, potenti vortici polari che permangono per molti giorni. Al tempo stesso in altre aree del pianeta, anche limitrofe, si verificano ondate di calore insolite, siccità seguita da piogge torrenziali e inondazioni; aumento della mortalità dovute al troppo caldo oppure al grande freddo (Sole 24 Ore, 26 luglio 2017). Nonostante affermazioni secondo cui il riscaldamento globale, accentuerebbe la desertificazione e il crollo produttivo generalizzato, curiosamente da un trentennio la fascia meridionale del Sahara (Sahel) sta ricevendo più precipitazioni che in passato e la vegetazione naturale ha preso a diffondersi nuovamente. La causa di questo aumento di piovosità nell’area desertica più grande del mondo è stata riferita all’aumento delle temperature e dell’anidride carbonica su scala globale (Mueller 2024).
Spingendoci oltre nelle ipotesi, è stato fatto notare che probabilmente lo spessore dell’atmosfera si sta riducendo, forse come effetto precoce di un incipiente nuovo raffreddamento, con effetti già evidenti sulla quota e velocità dei satelliti artificiali e addirittura ha effetti ovviamente impercettibili sulla velocità di rotazione della Terra (Mörner 2015)
La variata velocità angolare della Terra a sua volta agisce sulle correnti oceaniche e su quelle a getto atmosferiche.
Inoltre la riduzione dello spessore potrà fare sì che l’atmosfera agisca meno da volano termico fra la superfice del pianeta e lo spazio esterno ed apre alla possibilità che si verifichino crolli termici estremi e repentini, come è stato ipotizzato per spiegare il congelamento istantaneo di alcuni animali (ben noto il caso degli esemplari fossili di Mammut ritrovati nella Siberia in ottimo stato di conservazione) e di Oetzi, l’Uomo del Similaun (brusca discesa di aria gelida a terra).
Il riscaldamento globale causato da una fase calda del Sole può modificare la circolazione atmosferica e oceanica.
Il cambiamento delle correnti a sua volta può ostacolare o anche bloccare la redistribuzione del calore globale, innescando una fase di raffreddamento climatico fino a produrre “piccole ere glaciali”
Ci furono altri periodi storici caldi
Come evidenziato da Schoenwiese (1995) e successivamente riportato da Borgatti e Soldati (2013), ci sono stati periodi storici caldi almeno quanto quello attuale, se non anche più intensi (figura 13) ……………….. omissis …………………
Pubblicato Gennaio 2025