Modelli di valorizzazione dei piccoli borghi storici.

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Scuol adi Ar chi t et t ur a

Cor sodiLaur eaMagi st r al ei nAr chi t et t ur a I ndi r i zzoPr oget t azi onedel l ’ Ar chi t et t ur a AnnoAccademi co2014/ 2015


Scuola di Architettura

Corso di Laurea in Architettura

Indirizzo Progettazione dell’Architettura

Tomo 1

Modelli di valorizzazione dei piccoli borghi storici. Relatore Prof. Maria De Santis Correlatore Prof. Massimo Gennari Candidati Sara Benevieri Andrea Casella Anna Chiara Pieroni Anno Accademico 2014/2015




SOMMARIO Tomo 1 Premessa ............................................................................................................... pag. 9

Capitolo 1 Borghi e centri storici minori ................................................................................. pag. 13 1.1 Cos’è un borgo ............................................................................................ pag. 14 1.2 Borghi storici e centri minori italiani ............................................................ pag. 18 Capitolo 2 Recupero e valorizzazione ................................................................................... pag. 21 2.1 Evoluzione del concetto di recupero ........................................................... 2.2 Il recupero dei centri storici minori .............................................................. 2.3 Il recupero del costruito ............................................................................... 2.4 Valorizzazione ............................................................................................ 2.5 Rifunzionalizzazione .................................................................................. 2.7 Reti, marchi e network ...............................................................................

pag. 22 pag. 24 pag. 25 pag. 26 pag. 28 pag. 29

Capitolo 3 Processi di rivitalizzazione di centri storici minori: casi studio .............................. pag. 41 Capitolo 4 “Think global, act local” ......................................................................................... pag. 45 4.1 Ricerca Artistica: Bussana Vecchia ............................................................. pag. 50 3.2 Museo d’arte contemporanea : Castelbasso .............................................. pag. 56


4.3 CittĂ degli artisti: Grisignana ....................................................................... 4.4 Arte: Calcata ............................................................................................... 4.5 Formazione: Erice ....................................................................................... 4.6 Formazione: Borgo di Terravecchia ........................................................... 4.7 Musica: Montisi ........................................................................................... 4.8 Musica: Provvidenti ..................................................................................... 4.9 Letteratura: Aliano .......................................................................................

pag. 62 pag. 66 pag. 72 pag. 76 pag. 80 pag. 86 pag. 90

Capitolo 5 Verso un turismo sostenibile e responsabile ........................................................ pag. 97 5.1 Albergo diffuso: Santo Stefano di Sessanio .............................................. 5.2 Ecovillaggio: Torri Superiore ..................................................................... 5.3 Turismo sociale: Riccia ............................................................................. 5.4 Enogastronomia: San Felice ..................................................................... 5.5 Non solo escursioni nella natura: Rocchetta ............................................. 5.6 Bioagriturismo didattico: Borgo Cerquelle ................................................. 5.7 Resort e Spa: Tonda .................................................................................

pag. 104 pag. 110 pag. 116 pag. 122 pag. 126 pag. 130 pag. 134

Capitolo 6 Green/Local Economy ........................................................................................ pag. 139 6.1 Sistema Produttivo: Solomeo .................................................................... 6.2 AttivitĂ Artigianale: San sebastiano Curone .............................................. 6.3 Borgo Telematico: Colletta di Castelbianco .............................................. 6.4 Borgo Rurale: Lavariano ........................................................................... 6.5 Eventi: Castello Monticelli .........................................................................

pag. 144 pag. 150 pag. 154 pag. 160 pag. 164


Capitolo 7 La Lunigiana: territorio e storia ........................................................................... pag. 169 7.1 La posizione geografica ............................................................................ pag. 170 7.2 Storia ........................................................................................................ pag. 170 7.3 Risorse economiche ................................................................................ pag. 177 Capitolo 8 Castiglione del Terziere ...................................................................................... pag. 183 8.1 Inquadramento .......................................................................................... 8.3 Il borgo oggi e la figura di Loris Jacopo Bononi ....................................... 8.4 CriticitĂ ...................................................................................................... 8.5 PotenzialitĂ ...............................................................................................

pag. 186 pag. 188 pag. 192 pag. 194

Bibliografia .......................................................................................................... pag. 196 Sitografia ............................................................................................................ pag. 197




Premessa Questo lavoro vuole illustrare come il problema dello spopolamento e dell’abbandono dei piccoli centri storici italiani possa essere visto ed affrontato, partendo un’attenta analisi degli aspetti fondamentali per giungere alla definizione di linee guida e di proposte di intervento. Saranno sviluppati spunti di riflessione sul tema della rivitalizzazione dei centri minori, al fine di valorizzare le risorse del territorio ed esercitare un controllo critico degli interventi di trasformazione del tessuto storico consolidato. Le linee guida non hanno pretese dal punto di vista prescrittivo, ne tanto meno vogliono avere la presunzione di una trattazione completa ed esaustiva dei molteplici problemi affrontati, ma vogliono mettere in risalto certi aspetti che devono inderogabilmente essere considerati per restituire nuova vita ad un centro storico minore, tenendo presente sia la conservazione dell’esistente che le nuove necessità della vita moderna. Il recupero di questo grande patrimonio italiano può essere, specialmente in un periodo di particolare difficoltà econoomica come quello attuale, un primo tentativo di rinascita e di rilancio di un paese che è sicuramente ricco di piccoli gioielli architettonici come i piccoli borghi, oramai dimenticati ed in declino a causa di necessità legate a moderni canoni. Il tema dei centri storici minori, sebbene possa apparire come un argomento contenuto, porta dentro se una presenza molto diffusa e determinante del nostro territorio nazionale, di fatti la storia dei paesaggi italiani è leggibile attraverso le sue continue stratificazioni e nel suo continuo mutamento di superfetazioni e

sottrazioni di manufatti. Il patrimonio storico, sociale, culturale e paesaggistico che caratterizza molti centri storici minori, se fosse opportunamente gestito, potrebbe essere l’innesco del cambiamento in grado di mettere in moto quella macchina economica per rilanciare territori dimenticati. La stretta correlazione che i centri storici minori hanno sempre avuto con le caratteristiche territoriali in cui si collocano, ha reso opportuno un’analisi specifica ed attenta del territorio e dell’ambiente in cui Castiglione del Terziere, borgo oggetto dell’intervento, si trova immerso: la Lunigiana. Si tratta di un territorio caratterizzato dalla presenza di numerosi borghi collinari di impianto medioevale, attualmente in difficoltà di sviluppo a causa dei mancati investimenti industriali ed agricoli. Entrambi i fattori hanno portato ad un notevole calo demografico che non ha impedito però l’ edificazione in aree periferiche facendo perdere il ruolo di polarità ai piccoli centri. Una seconda fase di analisi si è concentrata sugli interventi di rivitalizzazione e di recupero di piccoli borghi già effettuati o in fase di realizzazione. Questo passaggio è servito a comprendere l’applicabilità e la fattibilità di interventi di questo genere, comprendendone a pieno la filosofia, i punti di forza ed i punti di debolezza. I casi studio sono stati raggruppati in tre grandi tematiche che sembravano essere di estrema attualità ed interesse. Lo studio, mirato all’elaborazione di un metodo


strategico per l’intervento dei centri storici minori, rispettoso delle esigenze di risparmio energetico, si conclude con una verifica dell’applicabilità di un intervento di riqualifica e valorizzazione sul borgo di Castiglione del Terziere. Sono state elaborate tre proposte diverse; ognuna di esse affronta un aspetto diverso ed ipotizza una nuova destinazione d’uso per il piccolo borgo di di cui ci occupiamo. Tali ipotesi di intervento vogliono essere un “esercizio” di progettualità su come poter portare a nuova vita un piccolo borgo senza cancellarne la storia, rendendolo idoneo alle esigenze di comfort della modernità e all’altezza di accogliere attività che, ad oggi, sono alla ricerca di spazi ed ambienti da abitare.




Capitolo 1

Borghi e centri storici minori


1.1 Cos’è un borgo Nel “costituito” di Siena nel 1309 si legge che “chi governa deve avere a cuore massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini”. Questo era un precetto attuato ovunque anche quando si costruiva un borgo, un paese. Insieme al borgo, si costruiva l’ambiente circostante; si costruiva il paesaggio. Il paesaggio è il luogo in cui la storia s’incontra con il lavoro e la natura con la cultura. I borghi sono libri viventi in cui le civiltà hanno scritto la loro storia, sono il prodotto dell’identità di una comunità, al tempo stesso sono anche generatrici del senso di appartenenza. Purtroppo può accadere che quelle entità con forte identità cadano nella tentazione della chiusura e dell’autocelebrazione, fino a diventare una reliquia, museo, icona, quinta scenica, set cinematografico. Per certi aspetti è una visione rassicurante, ma una città che decide di essere soltanto identica alle sue cartoline è una città in necrosi. Al contrario, da una forte identità, deve nascere una forte spinta all’apertura e al dialogo, perché, per le comunità come per le persone, l’identità va costruita con gli altri e non contro gli altri. Convivere vuol dire condividere e vuol dire saper accogliere le differenze quale occasione di arricchimento. La città storica dipende dalla qualità della vita, dalla qualità dell’educazione, dai legami di solidarietà, dalle reti di aiuto vicendevole, Nelle pagine precedenti: Civita di Bagnoregio (VT), famosa per essere raggiungibile solo attraverso un ponte pedonale. 14

dall’estensione dei saperi comuni e delle conoscenze pratiche, dalla cultura che si riflette e si sviluppa nelle interazioni di vita quotidiana. Cose che non hanno forma di merce, che non hanno un prezzo, ma un valore intrinseco. Cose difficili da realizzare ma capaci di rifondare la città storica, e di dare un nuovo senso alla città attuale. Il concetto di borgo, di civiltà, e senso di appartenenza l’abbiamo ricevuto dalle generazioni passate, che hanno costruito palazzi, monumenti e tessuto sociale. Le città in cui viviamo oggi non ci appartengono e non appartengono neanche a coloro che sono passati. Abbiamo l’obbligo di applicare i concetti identitari del borgo alla città attuale e trattarla come parte integrante di noi stessi. Dobbiamo mantenere questo patrimonio prezioso e tramandarlo intatto e migliorato alle generazioni future. A questo proposito, nel bollettino ufficiale n 445 di Italia Nostra1, Pier Luigi Cervellati2 definisce i centri storici minori come degli elementi maltrattati e ne fa la seguente distinzione: • “incapsulati” nell’espansione edilizia e nell’agricoltura industrializzata. 1 Italia Nostra è un’associazione di salvaguardia dei beni culturali, artistici e naturali. Nata a Roma nel 1955 e riconosciuta con decreto presidenziale nel 1958, è una delle più antiche associazioni ambientaliste italiane. 2 Pierluigi Cervellati (Bologna, 1936) è un architetto e urbanista italiano. Ha contribuito allo sviluppo di ipotesi del concetto di recupero ed è socio di Italia A destra Monteriggioni ( SI ), un borgo nel quale ogni anno si svolge una festa medievale.


Il processo di trasformazione, da insediamento storico a centro urbano, si manifesta in contemporanea con l’espansione dell’urbanizzato, con la conseguente perdita della loro forma, e con la sostituzione della residenza con attività terziarie. Gli interventi di restauro sono mirati alla salvaguardia della pietra ma non agli abitanti. •

“abbandonati” nel territorio spesso incolto. I centri abbandonati o in via di abbandono si concentrano soprattutto lungo la dorsale Appenninica. La maggioranza dei paesi abbandonati nascono per le cosiddette cause naturali. Abbandonati e non più recuperati. Il cataclisma si trasforma sempre in nuovo

intervento edilizio. Nuovi insediamenti provvisori diventano abitazioni stabili. Infatti in Italia sono presenti oltre 8 milioni di alloggi in più rispetto al numero delle famiglie residenti. •

“trasfigurati” dal recupero omologante del turismo. La trasformazione in villaggio turistico, non offre soluzioni corrispondenti a un autentico recupero dell’insediamento storico abbandonato. I profitti economici, di cui beneficiano le società immobiliari, non hanno nessuna ricaduta sull’organizzazione del territorio. La trasformazione in villaggio turistico, estrapola totalmente il centro dal suo contesto.

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Il recupero dell’insediamento storico abbandonato o semi abbandonato è finalizzato alla rinascita del mondo rurale e a sviluppare obiettivi condivisibili di recupero e preservazione della cultura materiale. Italia Nostra ha proposto un tema al Consiglio di Europa Nostra nel gennaio 2009: “Prospettive per la protezione e rigenerazione delle città minori e dei borghi storici e dei loro territori circostanti”. Attenzione particolare è rivolta alle zone dell’Abruzzo colpite dal violento terremoto. Per tutti i Borghi, come per la città antica dell’Aquila, e per tutta l’Italia, non esistono norme di tutela complessiva dei centri storici, intesi come un unico monumento, ma solo vincoli per singoli edifici. Occorre mantenere la struttura originale degli spazi, restaurare o ripristinare gli edifici storici, com’erano e dov’erano. Ora per l’emergenza d’Abruzzo chiede un decreto d’urgenza di vincolo complessivo di tutti i centri storici danneggiati dal terremoto confidando nel sostegno di Europa Nostra. In Abruzzo si vorrebbero costruire “New towns”, grandi o piccole con “case parcheggio” a 3 / 4 piani in prefabbricato di cemento che andrebbero ad aggiungersi (o a sostituire) i vecchi borghi invadendo il territorio agricolo di loro pertinenza, distruggendone il paesaggio. È un caso drammatico italiano che può diventare esemplare per i criteri da adottare. I borghi vengono abbandonati, specialmente dai giovani, per vari motivi: attrazione ai luoghi più popolati e vivaci, ricerca di occupazione, noia. Si assiste a quella che é stata definita la crisi “urbanistico-esistenziale”. Di fatto, se si scende sotto la soglia dei 2000 abitanti risulta complicato garantire servizi primari come le scuole, farmacie, o peggio ancora degli svaghi. 16

Ecco allora che i giovani preferiscono entrare nell’orbita delle città pur andando a vivere in periferie senza qualità che si allargano a dismisura. La malta che unisce le comunità è l’affetto per i luoghi e la complicità tra le persone, e se cede il senso di appartenenza i paesi si spopolano e le periferie anonime delle città, crescono. “Per invertire questo fenomeno occorre prima di tutto rafforzare l’educazione e la formazione per incrementare la “massa critica”. Quali sono le funzioni compatibili con la tutela dei borghi storici? Quali le attività economiche che possono attirare popolazione residente e non solo turisti salvaguardando i centri antichi ed il loro paesaggio?”3

3 Editoriale_Boll.ItaliaNostra_num.445, Un SOS particolare per L’Aquila e l’Abruzzo, Un’Europa di borghi e centri minori, di Rossana Bettinelli


Mappa dei borghi abbandonati in Italia: Geografia dell’abbandono. Fonte: DPA - Politecnico di Milano

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1.2 Borghi storici e centri minori italiani Solitamente situati in posizioni svantaggiate, lontano dai maggiori poli economici, segnati da un passato culturale prevalentemente rurale, trovano la loro forza nella qualità del paesaggio e nel legame con il territorio in cui sono collocati. Nella storia, l’imposizione di un modello industriale ha prevalso a quello rurale ed artigiano, determinando un cambiamento economico, sociale, culturale ed insediativo rilevante ma soprattutto molto rapido, facendo crollare quei punti fermi di stabilità economica e demografica dei piccoli centri. L’affermarsi di una mobilità veloce attraverso le grandi infrastrutture per i trasporti, ha emarginato completamente i tracciati che dalla campagna portavano ai centri urbani maggiori allontanandoli dalla vita commerciale, rendendo complicate anche le possibili relazioni sociali. Ci sono casi in cui i centri minori hanno reagito ai fenomeni di marginalità e perdita di polarità innescati dallo sviluppo delle città, attraverso l’affermazione delle proprie caratteristiche, ma anche cercando alternative alla attività agricola, reinventando le proprie funzioni, in un adeguamento alle nuove esigenze culturali in cui la componente identitaria è rimasta un aspetto di centrale importanza. Oggi la progettazione si basa sui criteri di riduzione dei consumi energetici e del costruire sostenibile, puntando ad utilizzare l’esistente come risorsa preziosa. Per rivitalizzare i centri storici minori, si può puntare sulle esigenze del turismo, della valorizzazione e del recupero in modo tale da creare una sinergia efficace, mettendo in moto quel circolo virtuoso che può fare bene 18

all’economia e alla socialità di un’intera realtà territoriale. Inoltre se non viene individuata una funzione appropriata da attribuire al centro storico, questo rischia di morire definitivamente non avendo a supporto un forte nucleo moderno.

1.3 I borghi abbandonati in Italia Osservando il territorio Italiano notiamo che si sono venute a creare ampie aree urbane dalla densità molto elevata, il resto del territorio è costellato da città ed agglomerati urbani di media e piccola grandezza. Nel nostro paese il 70% die comuni ha meno di 5.000 abitanti ed in essi vi abita solamente il 17,2% della popolazione. Ad oggi si registrano circa 2.500 borghi abbandonati su tutto il territorio. Questi luoghi, suggestivi ed interessanti, sono stati spesso danneggiati e compromessi dal passare del tempo, dalla natura, da catastrofi naturali come i terremoti o dall’azione dell’uomo. Non esistono ad oggi molti documenti riguardo alla dismissione die borghi in Italia; i pochi studi che abbiamo a disposizione sono stati effettuati da società pubbliche e private. Gli studi di Legambiente e Confcommercio danno una lettura a larga scala del problema indagando sulla situazione complessiva italiana. Dallo studio e dall’analisi dei borghi possiamo individuare tre tipologie di dismissione: i borghi completamente abbandonati, i borghi parzialmente abbandonati ed i borghi abbandonati con la fondazione di un nuovo nucleo. I centri parzialmente abbandonati,


sono i più numerosi, il frutto di anni di disagi economici, lontananza dai principali poli commerciali ed industriali, isolamento geografico, difficile accessibilità, variazione della struttura economica e scarsa rispondenza dell’abitato alle esigenze della vita moderna, il tutto aggravato da dissesti derivati anche dal sopraggiungere di eventi cataclismatici. Per quanto riguarda i centri completamente abbandonati spesso si tratta di luoghi protagonisti di eventi bellici o di dissesti idrogeologici; le strutture architettoniche superstiti si presentano con caratteristiche estremamente diverse fra loro. Molti dei “paesi fantasma“ si trovano nelle zone più sperdute lungo l’arco dell’Appennino. Proprio negli ultimi anni abbiamo visto potenziali acquirenti interessati a comprare questi borghi

abbandonati. Essi però non sono molti, si contano infatti una decina di vendite l’anno. Gli investitori sono in prevalenza stranieri o società con ampie disponibilità economiche. Questo tipo di operazione non interessa i russi, attratti da località più alla moda, bensì francesi, americani, norvegesi o addirittura neozelandesi e messicani. Questo processo sicuramente salva dalla rovina molti piccoli centri, ma rischia di snaturarli dalla loro storia e dal oro contesto qualvolta i nuovi proprietari non hanno la sensibilità adeguata durante la loro rivitalizzazione. Craco (MT) un paese della Basilicata completamente abbandonato.

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Capitolo 2

Recupero e valorizzazione


2.1 Evoluzione del concetto di recupero La maggior parte degli interventi edilizi in Italia riguarda i beni esistenti, questo avviene sia perché le aree edificabili sono ormai sature sia perché i manufatti rurali sono caratterizzati da buona qualità architettonica e dal loro sistema costruttivo favorevole al recupero, con la speranza di allungarne la vita e di adattarlo alle esigenze contemporanee. Per di più si sta diffondendo la coscienza dell’importanza culturale dei centri storici minori, dell’incanto dei loro paesaggi e dell’importanza della loro valorizzazione, e ciò comporta una maggiore sensibilità al tema della loro conservazione. Col passare del tempo si sono viste nascere diverse scuole di pensiero per quanto riguarda le considerazioni legate al restauro1, fino ad arrivare alla condizione attuale in cui si tende ad una analisi più matura. Dopo periodi interminabili di dibattiti, si può affermare finalmente che il restauro abbia raggiunto un elevato livello critico–conservativo, cercando di evitare la forma di necrosi di un bene assicurandone la vita attraverso l’uso. Con l’ampliarsi della visione, la disciplina del restauro non si è più limitata al singolo recupero

1 Amedeo Bellini, Definizione di Restauro in B. Paolo Torsello, Che cos’è il restauro? Nove studiosi a confronto, Marsilio, Venezia, 2005. Nelle pagine precedenti: Craco (MT). Negli anni sessanta è diventata una vera e propria città fantasma, per tale caratteristica è diventato una meta turistica ed un set cinematografico per vari film. 22

di monumenti inteso come situazione isolata, ma è arrivato a considerare tutto l’ambiente urbano e paesistico, tenendo conto anche loro come testimonianza di civiltà. E fu cosi, che alla parola restauro si affiancarono sempre più quelle di recupero, riuso, riqualificazione e rivitalizzazione, termini che comprendono non soltanto la necessità di mantenere in buono stato di conservazione le strutture materiali, ma aggiungono inoltre le considerazioni sociali, economiche e tecniche. Nella carta di Gubbio del 1961 si rimarca la necessità di redarre dei piani conservativi dopo aver effettuato una attenta analisi dei centri storici-artistici, per stilare poi una catalogazione degli stessi con la distinzione delle zone da salvaguardare e recuperare. Ad opera degli stessi promotori nasce l’ANCSA2, con lo scopo di promuovere iniziative culturali ed operative a sostegno delle amministrazioni pubbliche per la salvaguardia e la riqualificazione del costruito esistente. Ma ancora una vota le discipline di restauro e di recupero non interagiscono bene tra di loro: la prima impegnata nella salvaguardia storica ed estetica, la seconda tiene più in considerazione il lato economico, permettendo di rilanciare sul mercato il bene da proteggere. A questo proposito nel 1970 l’ANCSA considera il centro storico non solo come bene culturale ma anche economico, il cui riuso doveva fungere da alternativa alle nuove edificazioni selvagge e senza controllo nelle aree di espansione. Si riporta qui sotto una considerazione scritta nel quarto allegato della Carta del Restauro3 del 2 ANCSA: Associazione Nazionale Centri Storici Artistici. 3 Carta del Restauro, circolare n° 117 del 6 Aprile 1972 Ministero della Pubblica Istruzione.


1972, nel quale vengono considerati sotto tutela non soltanto i monumenti storici ma “tutti gli insediamenti umani le cui strutture, […] anche se parzialmente trasformate nel tempo, siano state costituite nel passato o, aventi particolare valore di testimonianza storica o spiccate qualità urbanistiche o architettoniche.” L’intervento pianificatorio si estende anche fuori dal centro storico, in quanto non può esistere la sua tutela senza considerare l’intero territorio circostante: “ il restauro non va limitato ad operazioni intese a conservare solo i caratteri formali di singole architetture […] ma esteso alla sostanziale conservazione delle caratteristiche d’insieme dell’intero organismo urbanistico e perché esso possa essere adeguatamente salvaguardato, anche nella sua continuità nel tempo e nello svolgimento in esso di una vita civile e moderna, occorre che i Centri Storici siano riorganizzati nel loro più ampio contesto rubano e territoriale […] in modo da ottenere la salvaguardia e il recupero del centro storico a partire dall’esterno della città”. Io recupero inteso non solo come restauro, ma anche di riuso come mezzo per mantenere in vita edifici esistenti e tramandarli al futuro insieme al paesaggio e agli spazi urbani che hanno contribuito a formare. Ad esempio a Pesaro nel 1979 venne elaborate soluzioni per il reintegro dei borghi dell’intera area. Oppure ancora a Napoli nel 1981 nel post terremoto venne previsto un riassorbimento delle periferie dell’intero insediamento rubano, puntando proprio su di loro per un riallaccio territoriale.

Durante gli anni ottanta si manifestarono il calo demografico e la deindustrializzazione, innescando cosi un processo di edilizia selvaggia che ha degradato l’ambiente creando un basso livello di qualità della vita, oltre che creare grandi spazi vuoti nei centri urbani ponendo il problema della riqualificazione delle aree dismesse. Il recupero diventa fondamentale per rileggere la città esistente4 e progettare quella futura. Anche nella Nuova Carta di Gubbio del 1990 si affrontano temi analoghi a quelli odierni. Si affronta infatti il problema del recupero, non solo al “centro storico” ma all’intero “territorio storico”, ponendo particolare attenzione non tanto al “come” intervenire ma sul “perché” si interviene in un modo anziché in un altro, fondando gli interventi su aspetti conoscitivi. La conoscenza diventa cosi uno strumento di tutela dei valori e della memoria, in un periodo in cui le città sembrano perdere le loro identità e la loro anima. Molta importanza viene rivolta anche al paesaggio, di fatti la Convenzione Europea del Paesaggio nel 2000 e il codice dei beni culturali nel 2004 definiscono il paesaggio come “il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni , ponendo cosi la tutela del paesaggio con l’obiettivo di salvaguardarli o recuperarli attraverso attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio nonché, ove possibile, la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti e integrati.”

4 ad esempio: il recupero dei sassi di Matera e il riuso del fabbricato industriale del Lingotto di Torino. 23


2.2 Il recupero dei centri storici minori Non si può non considerare i borghi immersi nel paesaggio italiano, come elementi caratterizzanti e inalienabili. A questo proposito una legge per la rivitalizzazione dei centri storici minori5 è in fase di approvazione in parlamento, in cui vengono definiti destinatari del provvedimento i comuni al di sotto di 5000 abitanti, ma questa definizione non è sufficiente a definire cosa sia un centro storico minore. Verso dove si devono indirizzare questi sforzi di valorizzazione prima che l’abbandono e il degrado diventino irreversibili? 5 Progetto di legge “disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici e dei borghi antichi d’Italia” Relazione finale Parlamentare del 20/04/2011

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La priorità andrà sicuramente a quei centri che sono stati penalizzati dal decentramento delle zone produttive e non sono stati in grado di stare al passo con i tempi, con un inesorabile processo di abbandono. Dalla metà del novecento in poi, i piccoli centri storici, hanno iniziato a spopolarsi per motivi economici e demografici, a favore di grandi centri urbani prospicienti alle grandi vie di comunicazione. Come nota Elio Piroddi “si sono formate aree di vera e propria marginalità, non recuperabili per forza propria, ma solo con eventuali iniezioni dall’esterno […] spesso accade nella storia dell’uomo, il rischio della perdita di un bene ha fatto crescere la consapevolezza del suo valore.”6 6 E. Piroddi, Si può dare un futuro ai centri storici minori? , in G. L. Rolli, Salvare i centri storici minori, Alinea editrice, Firenze 2008 pag 36-37.


L’abbandono dei centri storici minori non riguarda soltanto l’insediamento abitativo, ma anche sociale, economico e infrastrutturale; per recuperare un piccolo borgo si deve provvedere a farlo reintegrare nella politica complessiva di un paese, mirata a sostenere quel borgo come il paese stesso. Un esempio di sistema territoriale locale, di più borghi interagenti tra di loro all’interno di un programma comune è presentato dai “Borghi sostenibili del Piemonte7”. Altro esempio è il borgo medievale di Castelvetere sul Calore, in cui sono iniziati processi di riqualificazione urbana dei comuni limitrofi dove ogni borgo è specializzato in un attività per il turismo. Fin qui affrontato si evince la necessità di politiche pubbliche che incentivino questo tipo di recupero, in quanto oltre all’effetto positivo del restauro si crea una catena virtuosa di cui ne beneficerà l’intera comunità del territorio.

2.3 Il recupero del costruito

7 http://www.borghisostenibili.it/default.aspx

Capire le cause che hanno portato all’abbandono e al degrado, reperire i metodi costruttivi dell’epoca, e l’analisi del contesto sono elementi di importanza fondamentale per la buona riuscita del progetto e della sua fattibilità. Tra gli aspetti da tener conto c’è sicuramente l’accessibilità, in funzione dell’uso che si prevede dell’edificio, quindi strade, autostrade e parcheggi, ma anche mezzi pubblici e tempi di percorrenza. Nelle costruzioni del passato, si è sempre fatto molta attenzione all’orientamento e al clima come buona base di progetto, di fatto nel lungo periodo avrebbe garantito un maggior comfort termico e quindi risparmio energetico. L’architettura bioclimatica non fa altro che riprendere un sapere antico, che era stato accantonato dalle tecnologie di controllo ambientale sviluppatesi negli ultimi decenni, di fatti la sua vera essenza si concretizza in un modello abitativo che garantisce un adeguato comfort abitativo con il controllo passivo del microclima. Il recupero se compiuto in sinergia con le amministrazioni locali, può coniugare le istanze della tutela ambientale a quelle di riqualificazione urbana e di promozione sociale, a questo proposito la comunità europea sta’ definendo le linee guida sulla buona efficacia dell’intervento. Gli edifici storici hanno buone caratteristiche bioecologiche e di sostenibilità dei materiali, ma presentano problemi di inefficienza energetica8. Inoltre, grazie alle buone tecniche costruttive

A sinistra: Matera. I Sassi di Matera sono stati riconosciuti nel 1993 Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, primo sito dell’Italia meridionale a ricevere tale riconoscimento.

8 come ad esempio la scarsa illuminazione scarsa ed areazione non idonee secondo le normative vigenti. 25


del passato, gli edifici presentano una grande inerzia termica dovuta alle masse murarie considerevoli, per di più i materiali naturali reperibili in loco oltre ad avere un basso impatto ambientale, beneficiano alla salute di chi li abita.

2.4 Valorizzazione La valorizzazione del patrimonio culturale consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina di tutte quelle attività volte a promuovere la conoscenza del patrimonio nazionale e ad assicurarne le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione riguarda la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela, oltre alla realizzazione di nuovi valori paesaggistici. A questo punto è necessario riportare la definizione legislativa del patrimonio culturale contenuta del D,Lgs del 22 Gennaio 2004 n°42 art.1 che sancisce “Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici e l’art. 2 chiarisce che sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli art.10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.” Attribuire quindi un’importanza strategica in un sistema di valori della comunità significa valorizzare un bene culturale (sia esso un edificio, un paesaggio o una tradizione). La valorizzazione è intesa come “esercizio delle funzioni e delle discipline delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso al fine di promuovere lo sviluppo della cultura.”9

Vigoleno (PC), Torre medievae. Fa parte dei “I borghi più belli d’Italia”. 26

9 A. Predieri, voce Paesaggio, in Enc. Dir. Vol. XXXI, Milano 1981 pag 506


Ne consegue la costituzione e l’organizzazione stabile di risorse, strutture o reti di comunicazione, mettendo a disposizione le competenze tecniche, unite all’impiego di risorse finanziarie o strumentali a cui possono partecipare anche soggetti privati. La partecipazione dei cittadini, nell’ambito d’azione generale dello Stato, rientra negli obiettivi principali del concetto di valorizzazione, teso ad incrementare principi e strategie di sviluppo del patrimonio culturale italiano. Promuovere il coordinamento di buone pratiche in collaborazione e a servizio delle strutture periferiche dell’amministrazione che operano sul territorio ha come fine quello di attribuire un ruolo sempre più significativo alle identità locali. La valorizzazione è diventata un’opportunità concreta di investimento in termini di iniziative culturali e azioni capaci di sviluppare e promuovere il livello socio-economico del territorio. La collettività diventa essenziale per un intervento di valorizzazione vincente, in quanto il suo sostegno e la sua approvazione diventano garanti del patrimonio stesso. Il tema dei “centri storici minori” si affianca a quello delle “ periferie” in quanto luoghi anonimi e privi di identità a causa dello sviluppo della cultura architettonica moderna. Essa ha conseguito risultati negativi a causa di una mancata conoscenza o totale non considerazione del contesto stesso, favorendo il fenomeno di speculazione edilizia. Ripartire dalla conoscenza dei centri storici, capire le potenzialità che possono ancora sprigionare e proporre criteri capaci tuttora di concepire spazi a misura d’uomo è la base di una corretta valorizzazione. Di fatti, se il processo di rivitalizzazione viene

inteso come semplice processo economico, perde il suo aspetto identitario e legame col territorio, diventando inevitabilmente un semplice intervento destinato a fallire. Una politica sinergica tra due discipline come la conservazione e la valorizzazione tutela e previene eventuali impatti negativi sulle realtà locali, prolungandone la durata nel tempo e la redditività.

Suvereto (LI), Palazzo comunale. Fa parte del circuito “I borghi più belli d’Italia”. 27


2.5 Rifunzionalizzazione La riqualificazione e rifunzionalizzazione di borghi e centri storici minori si realizza attraverso interventi in grado di sviluppare effetti diffusi, con importanti ricadute sociali per il territorio e per le comunità residenti. Borghi e centri storici costituiscono un’importante opportunità di valorizzazione dell’identità dei luoghi e di sviluppo turistico. Essi si configurano come “luoghi” di sperimentazione di nuove forme di ospitalità, di intrattenimento e di socialità destinate ad un turismo di nicchia. E’ possibile stilare un elenco di attività e di analisi, propedeutiche tra loro, in grado di individuare conseguente ipotesi d’intervento: • analisi delle potenzialità del contesto e valutazione delle risorse specifiche; • elaborazione di un tema indicativo per le azioni di rifunzionalizzazione; • realizzazione delle opere e degli interventi programmati; • azioni di sostegno e coinvolgimento della comunità locale; • gestione e manutenzione delle opere. Il contesto deve essere letto e analizzato nelle sue tre componenti spaziali: lo spazio fisico, lo spazio sociale e lo spazio economico. Lo spazio fisico rappresenta l’insieme di dati decifrabili e intuibili ottenuti dalla lettura della storia urbana (stratificazione storica, principali insediamenti, i rapporti territoriali) proseguendo poi verso l’analisi dei sistemi infrastrutturali (mobilità, costruito e verde). Lo spazio sociale riguarda tutti quegli aspetti che attivano un contesto urbano grazie alla permanenza di individui che vanno a costituire 28

la linfa di questi territori. La difficoltà di integrare residenza e produzione ha generato nel recente passato quartieri dormitori e zone produttive. Lo spazio economico che deve essere ripensato in parallelo all’attività in procinto di essere sviluppata, va a costituire un tassello fondamentale nella grande macchina dell’economia, unica forza che promuove veramente un territorio. I borghi possono avere vari indirizzi specifici capaci di attrarre una vastità di persone a seconda dei loro interessi. Ci possono essere borghi con finalità turisticoimmobiliari, borghi produttivi, borghi ad arte e creatività etc. Successivamente si realizzano le opere e gli interventi programmati attraverso un’attenta lettura dei bisogni di tutta la comunità locale, di chi ne usufruisce e dei servizi che il borgo dovrà offrire. Attraverso un’attività integrata e collaborativa è possibile svolgere un compito che abbia effetti futuri a lungo termine. Infine la gestione e la manutenzione delle opere serve a prevenire un nuovo abbandono e spopolamento del luogo in parallelo al mantenimento di un’economia che deve sempre rimanere in funzione per tutelare un corretto uso di questi luoghi portatori d’identità. L’obiettivo dominante che s’impone nel panorama culturale dei nostri tempi, legato ai principi di economia e tutela dell’ambiente e del patrimonio, è quindi quello del riuso come rifunzionalizzazione, riciclando il costruito storico in stato di abbandono in alternativa alla demolizione e ricostruzione o ulteriore consumo del territorio pubblico.


2.7 Reti, marchi e network Gli enti locali e di governo del territorio cercano di incentivare il recupero e la valorizzazione dei borghi storici minori anche per dar vita a nuove opportunità economiche e di sviluppo. Particolarmente attivo è il settore turistico ed in particolar modo viene posta l’attenzione su una tipologia di turismo sostenibile. Il settore ricettivo ha un ruolo fondamentale nel comparto turistico: se non gestito correttamente rischia di provocare un degrado ambientale, specie la dove si realizzino strutture che non ben integrate nel territorio circostante. Le località che investano su interventi sostenibili e di qualità potranno avere nel futuro un significativo vantaggio competitivo nel mercato turistico. Anche il turismo, essendo ormai uno dei principali settori economici, deve occuparsi della tutela delle risorse ambientali, dei beni culturali e delle tradizioni locali, ai fini di perseguire uno sviluppo sostenibile. Si cerca quindi di creare luoghi attraenti e suggestivi dove promuove la valorizzazione ed il recupero del patrimonio ambientale e culturale attraverso interventi specifici ed integrati che permettano di mettere a sistema l’offerta turistica locale, coinvolgendo operatori privati e pubblici. La divulgazione di tali offerte e l’inserimento nei networks nazionali ed internazionali diventa quindi un passaggio fondamentale per il programma di valorizzazione. L’inserimento in questi circuiti garantisce in qualche modo una possibilità di certificazione della proposta sottoponendosi ad organismi certificatori e di controllo.

Il quadro dell’Unione Europea Il trattato di Lisbona (2007) ha riconosciuto l’importanza del turismo conferendo all’Unione Europea la facoltà di sostenere, coordinare e completare l’azione dei paesi membri in questo settore. Essa infatti può incoraggiare la competitività fra le imprese del settore, incentivare la creazione di un ambiente accogliente ed adeguato allo sviluppo di questo settore ed a favorire lo scambio di buone pratiche fra gli Stati membri. La Commissione Europea organizza periodicamente conferenze ed eventi per i portatori d’interessi nel campo del turismo in modo da creare occasioni in cui affrontare le diverse questioni che interessano questo settore. Sempre più spesso, i turisti cercano esperienze autentiche, originali, vogliono scoprire e conoscere persone e culture diverse. Le politiche nel settore del turismo dovranno adeguarsi a queste tendenze e sviluppare un’offerta di qualità, che promuova le culture e le tradizioni locali, prestando attenzione agli aspetti della sostenibilità: salvaguardare il patrimonio, i paesaggi e le culture locale. Le politiche per lo sviluppo del turismo spesso non tengono in considerazione i principi della sostenibilità sociale e ambientale in quanto si concentrano sul guadagno economico di breve o medio termine. La competitività dell’industria turistica europea è quindi strettamente legata alla sua sostenibilità, poiché la qualità delle destinazioni turistiche dipende in misura considerevole dal loro ambiente naturale e culturale e dalla loro integrazione nella comunità locale. La sostenibilità nel lungo termine richiede 29


un equilibrio tra la dimensione economica, socioculturale ed ambientale. L’Unione Europea si è prefissata delle azioni concrete per perseguire l’obiettivo di un turismo sostenibile: • preservare le risorse naturali e culturali; • limitare l’impatto negativo sulle destinazioni turistiche, anche in termini di sfruttamento delle risorse naturali e di produzione di rifiuti; • promuovere il benessere della comunità locale; • ridurre il carattere stagionale della domanda; • limitare l’impatto ambientale dei trasporti legati al turismo; • rendere il turismo accessibile a tutti; • migliorare la qualità del lavoro nel turismo. Per attirare un maggior numero di turisti dai paesi extra-UE occorre promuovere una stretta collaborazione fra le amministrazioni pubbliche, gli operatori turistiche, i portatori d’interessi ed il mondo della ricerca e dell’innovazione. La campagna “Whenever you’re ready”, avviata nel 2012 per concludersi alla fine del 2014, punta ad incoraggiare i turisti internazionali a scoprire l’Europa. Con contributi da parte di famosi scrittori, giornalisti e blogger, la campagna mette in evidenza il vasto patrimonio culturale e naturale dell’Europa e mostra le innumerevoli opportunità che può offrire ai turisti internazionali. Le esperienze dirette dei partecipanti, diffuse con video, blog, riviste e siti web, rivelano le località da non perdere, come pure i percorsi meno battuti, di un’ampia gamma di destinazioni europee.

A sinistra: Rothenburg ob der Tauber è una cittadina del Land della Baviera, in Germania. 30


La creazione di itinerari culturali europei attraverso regioni o paesi diversi è un buon punto di partenza per promuovere la varietà e la complessità dell’offerta di turismo culturale in Europa. Tali itinerari offrono un potenziale notevole, per lo più ancora da sfruttare; sono al tempo stesso transnazionali e rappresentativi del patrimonio e dei valori culturali comuni europei. Inoltre, sono considerati un modello sostenibile, etico e sociale, perché si fondano su conoscenze, competenze e ricchezze culturali locali promuovendo spesso destinazioni europee meno note. Attualmente esistono 29 itinerari internazionali che collegano città, paesi e comunità rurali in tutto il continente e presentano l’Europa come un’unica destinazione turistica. Il 90% dei percorsi si trova in aree rurali. L’Unione Europea ha introdotto diversi strumenti per la promozione del turismo e sta promuovendo diversi progetti in questo campo. L’iniziativa “Calypso” è uno di questi progetti. Essa aiuta le persone svantaggiate ad andare in vacanza, incrementando nel contempo il turismo nella bassa stagione. L’obiettivo è quello di promuovere gli scambi fra i diversi paesi e le diverse regioni. Il progetto “Calypso” offre sostegno a quattro categorie: • i giovani adulti svantaggiati (dai 18 ai 30 anni); • le famiglie con problemi finanziari o di altra natura; • le persone disabili; • gli over 65 e i pensionati che non si possono permettere di viaggiare o che non osano organizzare un viaggio.

Il modello di scambi “Calypso”: • promuove il turismo di bassa stagione, soprattutto nelle regioni in cui il turismo è ben sviluppato, ma marcatamente stagionale; • permette alle destinazioni minori, meno conosciute o emergenti di farsi conoscere a un più vasto pubblico di turisti europei; • contribuisce a creare impieghi di più lunga durata nell’industria del turismo, estendendoli al di là dell’alta stagione. ll cicloturismo è un buon esempio di turismo sostenibile ed ecocompatibile. La Commissione Europea è pertanto impegnata a porre in risalto l’importanza del suo ruolo e a sostenere lo sviluppo e la valorizzazione degli itinerari ciclistici in tutta Europa, assegnando sovvenzioni ai progetti e alle iniziative in questo settore. Si è quindi creato il portale “EuroVelo.com”, il cui obiettivo è promuovere la rete di itinerari ciclistici “EuroVelo”, accrescerne la visibilità e contribuire alla promozione e allo sviluppo di un cicloturismo più sostenibile e responsabile. L’Unione Europea ha inoltre ideato il progetto “EDEN”10, che è l’acronimo di destinazioni europee di eccellenza, un progetto che promuove modelli di sviluppo sostenibile nel settore turistico in tutta l’Unione Europea. Il progetto si basa su concorsi nazionali che si svolgono ogni anno e sfociano nella selezione di una “destinazione turistica di eccellenza” per ciascun paese partecipante. Mediante la selezione delle destinazioni, “EDEN” raggiunge in modo efficace l’obiettivo di attirare l’attenzione sui valori della diversità e sulle caratteristiche comuni delle destinazioni turistiche europee. 10

EDEN: European Destinations of ExcelleNce. 31


La ricerca europea di eccellenza nel settore turistico è abbinata a un tema annuale, scelto dalla Commissione insieme agli enti turistici nazionali interessati. Il tema funge da filo conduttore: finora gli argomenti principali di EDEN erano incentrati sul turismo rurale, il patrimonio immateriale e le aree protette. Le destinazioni selezionate si distinguono principalmente per l’impegno verso la sostenibilità sociale, culturale e ambientale. Il premio viene assegnato alle destinazioni europee emergenti, poco note, ubicate nei 27 Stati membri e nei paesi candidati. Il progetto EDEN contribuisce a diffondere le pratiche di sostenibilità utilizzate nelle destinazioni selezionate in tutta l’Unione e a trasformare questi luoghi in località d’attrazione per tutto l’anno. L’iniziativa è pertanto volta a decongestionare e destagionalizzare le destinazioni turistiche più sfruttate. Lo sviluppo di questo progetto è sostenuto dalla Commissione Europea che ha lanciato il progetto nel 2006 e svolge tuttora un ruolo cruciale di coordinamento. “Ecolabel”11 è il marchio dell’Unione Europea 11 www.ecolabel.eu Caccamo (PA), castello medioevale.

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di qualità ecologica che premia i prodotti e i servizi migliori dal punto di vista ambientale, che possono così diversificarsi dai concorrenti presenti sul mercato, mantenendo comunque elevati standard prestazionali. Infatti, l’etichetta attesta che il prodotto o il servizio ha un ridotto impatto ambientale nel suo intero ciclo di vita. Dal 2003 tale marchio è stato introdotto anche per le strutture ricettive; viene garantito dall’Unione Europea come attestato di eccellenza molto selettivo. Il marchio “Ecolabel” è il più diffuso fra le imprese turistiche all’interno dei borghi antichi. Esso garantisce a chi riesce ad ottenerlo grandi vantaggi di visibilità sul mercato e la possibilità di distinguersi fra le aziende del medesimo settore. I criteri di selezione prendono in esame tutto il ciclo del “prodotto” analizzandone il ridotto impatto ambientale. Fra gli indici più rilevanti vi sono il consumo di energia, l’inquinamento ambientale e delle acque, la produzione dei rifiuti, il risparmio di risorse naturali, la sicurezza ambientale e la protezione dei suoli. Al momento, nell’ambito dell’Unione Europea le imprese con marchio “Ecolabel” sono oltre 3.000; in Italia le aziende aderenti a questo tipo di iniziativa sono circa 400. L’Italia è il Paese dell’Unione Europea in cui è stato assegnato il maggior numero di “Ecolabel” turistici.


Il quadro italiano L’analisi del quadro nazionale per quanto riguarda la valorizzazione dei piccoli borghi non può non partire riportando l’articolo 9 della Costituzione Italiana: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.” Questo articolo introduce tra i “principi fondamentali”12la tutela e la salvaguardia del patrimonio storico, artistico ed ambientale italiano; elemento di grande ricchezza del nostro paese, conosciuto ed ammirato in tutto il mondo. Si tratta di un articolo assolutamente originale in quanto non trova riscontro in altre costituzioni. Nei primi anni successivi all’entrata in vigore della Costituzione questo articolo veniva interpretato in modo puramente staticoconservativo, ma col trascorrere del tempo si è passati ad una concezione della tutela dei beni culturali orientata verso il loro sviluppo e la loro valorizzazione, attribuendo ad essi un ruolo di strumento di crescita della società. La promozione e la tutela viene affidata non solo allo Stato ma anche alle Regioni e agli enti locali. Nel maggio 2003 il Presidente della Repubblica Ciampi in occasione della consegna delle 12 La Costituzione italiana si apre con un gruppo di 12 articoli detti principi fondamentali, essi esprimono le finalità, le caratteristiche generali e le basi ideali della forma di Stato democratico. Tali articoli contengono principi non modificabili che hanno ispirato l’intera stesura della Carta costituzionale entrata in vigore il 1 gennaio 1948.

medaglie d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte afferma: “L’identità nazionale degli italiani si basa sulla consapevolezza di essere custodi di un patrimonio culturale unitario che non ha eguali nel mondo. […] Se ci riflettiamo più a fondo, la presenza dell’articolo 9 tra i “principi fondamentali” della nostra comunità offre un indicazione importante sulla “missione” della nostra Patria, su un modo di pensare e di vivere al quale vogliamo, dobbiamo essere fedeli. La cultura e il patrimonio artistico devono essere gestiti perché siano effettivamente a disposizione di tutti, oggi e domani per tutte le generazioni. La doverosa economicità della gestione dei beni culturali, la sua efficienza, non sono l’obiettivo della promozione della cultura, ma un mezzo utile per la loro conservazione e diffusione. La promozione della sua conoscenza, la tutela del patrimonio artistico non sono dunque un’ attività ‘fra le altre’ per la Repubblica, ma una delle sue missioni più proprie, pubblica e inalienabile per dettato costituzionale e per volontà di una identità millenaria”. Da diversi anni il Parlamento sta elaborando una proposta di legge per la riqualificazione e il recupero dei centri storici e dei borghi antichi d’Italia. Il testo è stato approvato più di una volta solamente da uno dei due rami del Parlamento ed è la sintesi di più proposte avanzate da parlamentari di schieramenti politici diversi con la volontà di favorire e stimolare il recupero di un patrimonio edilizio significativo, riducendo così al minimo il consumo di suolo, e di potenziare l’offerta turistica italiana in chiave culturale. Purtroppo, tale proposta di legge fino ad ora non 33


ha mai completato l’iter procedurale, l’auspicio è che questo possa avvenire nel corso della legislatura attuale. I testi a suo tempo presentati prevedevano appositi fondi destinati ai piccoli comuni con meno di 5.000 abitanti per incentivare la riqualificazione ed il recupero dei piccoli borghi italiani, che costituiscono sicuramente una delle immagini più belle e suggestive del nostro Paese. Le proposte di legge miravano anche ad istituire il marchio “Borghi Antichi d’Italia” per ottenere il quale venivano definiti alcuni parametri qualitativi di natura storica, architettonica ed urbanistica. L’attribuzione del marchio “Borghi Antichi d’Italia” avrebbe consentito adeguata visibilità oltre alla possibilità di accedere a finanziamenti13. Comunque altre iniziative sono già state avviate. Nel 2001 l’ANCI ha dato vita al marchio “I Borghi Più Belli d’Italia” con l’intento di contribuire a salvaguardare, conservare e rivitalizzare piccoli nuclei, che, trovandosi al di fuori dei principali circuiti turistici, rischiano, nonostante il grande valore, di essere dimenticati con conseguente degrado, spopolamento e abbandono. Per essere ammesso nel Club de “ I Borghi Più Belli d’Italia “ e utilizzare il marchio ogni Comune deve soddisfare i seguenti criteri: • avere una popolazione che non super i 2.000 abitanti; • possedere un patrimonio architettonico e/o 13 Finanziamenti dal “Fondo Nazionale per il recupero, la tutela e la valorizzazione dei centri storici e dei borghi antichi d’Italia” e dei “Programmi Operativi Regionali ed Internazionali”. A sinitra: Fortunago (PV). Fa parte del club de “I Borghi più Belli d’Italia”. 34


naturale certificato da documenti in possesso del Comune e/o dalla Sovrintendenza delle Belle Arti. Gli edifici storici devono prevalere sull’insieme della massa costruita e dar luogo ad un complesso esteticamente omogeneo; offrire un patrimonio di qualità che si faccia apprezzare per i seguenti motivi: a) qualità urbanistica, ovvero: - qualità degli accessi al Borgo; - compattezza e omogeneità della massa costruita; - possibilità di percorsi diversi all’interno del Borgo; - preservazione del legame tra microsistema urbano, storicamente determinato, e ambiente naturale circostante; b) qualità architettonica, ovvero: - armonia e omogeneità dei volumi costruiti; - armonia e omogeneità dei materiali e nei colori delle facciate e dei tetti; - armonia e omogeneità delle “aperture” (porte, portoni, finestre, luci ecc.); - presenza di elementi decorativi simbolici (frontoni, insegne, stucchi ecc.). manifestare, attraverso fatti concreti, una volontà e una politica di valorizzazione, sviluppo, promozione e animazione del proprio patrimonio misurabili secondo i seguenti criteri: a) valorizzazione, ovvero: - chiusura permanente o temporanea del borgo alla circolazione automobilistica; - organizzazione di parcheggi esterni; - trattamento estetico ovvero mimetizzazione delle linee aeree

elettriche e telefoniche; esistenza di sfumature e gradazioni di colori nelle facciate; - rinnovamento e abbellimento delle facciate; - trattamento e studio particolare dell’illuminazione pubblica; - trattamento delle insegne pubblicitarie; - trattamento degli spazi pubblici; - cura del verde pubblico e installazione di fioriere; b) sviluppo, ovvero: - conoscenza e stimolo della frequentazione turistica; - presenza di un’offerta di alloggio, ristorazione e attività ludiche, sportive o culturali; - esistenza di artigiani d’arte o di servizi; - esistenza di attività commerciali; - partecipazione a strutture e iniziative intercomunali; c) promozione, ovvero: - esistenza di un punto di informazione o accoglienza; - organizzazione di visite guidate; - edizione di guide o opuscoli promozionali; - esistenza di una segnaletica direzionale e informativa; d) animazione, ovvero: - esistenza di spazi e strutture per le feste al coperto o all’aperto; - organizzazione di eventi originali e di qualità; - organizzazione di manifestazioni permanenti o temporanee. -

Il marchio “I Borghi Più Belli d’Italia”, grazie al consenso dei comuni, del pubblico, delle 35


istituzioni e della stampa, ad oggi è l’unico marchio per i borghi antichi e conta 193 comuni associati. Nel 1998, precedentemente alla nascita del marchio “I Borghi Più Belli d’Italia”, viene istituito il marchio di qualità turistico ambientale del Touring Club Italiano: “Bandiera Arancione”. Tale marchio viene conferito ai piccoli comuni dell’entroterra italiano che si distinguono per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità. I Comuni che intendono presentare la candidatura devono soddisfare solamente due requisiti obbligatori: • localizzazione: il territorio comunale deve essere localizzato nell’entroterra, non deve quindi avere tratti costieri marini; • popolazione: non deve superare i 15.000 abitanti. Le principali regole di giudizio tenute in considerazione dalla Touring Club Italiano per l’assegnazione della “Bandiera Arancione” sono: • la valorizzazione delle risorse locali; • tutela dell’ambiente; • lo sviluppo della cultura dell’accoglienza; • lo stimolo dell’artigianato e delle produzioni tipiche; • l’impulso all’imprenditorialità locale; • il rafforzamento dell’identità territoriale. Questo è l’unico progetto italiano inserito dall’Organizzazione Mondiale del Turismo fra i programmi realizzati con successo per uno sviluppo sostenibile del turismo in tutto il mondo. Al 2014 la “Bandiera Arancione” è stata assegnata a 201 borghi. In Italia attualmente associazioni ambientaliste 36

e di settore promuovono un turismo sostenibile strettamente legato alla vita e rinascita dei piccoli borghi. Legambiente14 ha elaborato un proprio decalogo di azioni richieste alle strutture ricettive aderenti. Il Centro Turistico Studentesco (CTS) propone specifici prodotti turistici orientati alla sostenibilità organizzando campagne di sensibilizzazione in collaborazione con l’Unione Provincie Italiane, incentiva il turismo in aree protette e sta mettendo a punto un disciplinare per gli “alberghi verdi” che vogliono aderire al progetto. Il WWF italiano15 promuove e sensibilizza stili di viaggio sostenibili. L’Associazione Italiana Turismo Responsabile (AITR) è una ONLUS che raggruppa varie anime del turismo responsabile ed etico. Essa ha come scopo quello di promuovere iniziative di solidarietà e supporto al turismo sostenibile per elevare la coscienza e la sensibilità dei cittadini, per la promozione di comportamenti di consumo e vita solidali.

14

Sezione “turismo di qualità”

15

Uffiicio turismo.

A destra: Sorano (GR), Porta dei Merli. Sorano è definita la “Matera della Toscana”, per la sua particolare caratteristica urbanistica di numerosi edifici rupestri scavati nel tufo.


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I borghi in Toscana La Regione Toscana, da alcuni anni, ha intrapreso un percorso ambizioso che punta a coniugare lo sviluppo sostenibile delle destinazioni turistiche con l’esigenza di rafforzare la competitività del sistema regionale delle destinazioni stesse. Con “Piattaforma Turismo” si stanno attivando importanti investimenti per la creazione di un sistema integrato e interattivo di comunicazione che coinvolge 64 Comuni toscani che rappresentano altrettante importanti mete turistiche. L’obiettivo è quello di creare un ambiente favorevole affinché le nostre imprese turistiche sappiano presentare al meglio il sistema dell’offerta turistica toscana nel suo complesso.

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Già dal 2008 la Regione Toscana ha collaborato con l’Unione Europea per sviluppare e rafforzare un coordinamento dei programmi regionali di ricerca sul turismo sostenibile e si è fatta promotrice del progetto “NECSTouR”. La rete europea “NECSTouR” è uno strumento per la condivisione di un percorso attuativo tra un gruppo di regioni, autonomie locali, stati membri e Commissione Europea, ma anche con l’universo delle imprese, delle forze sociali e dei consumatori. Dieci i punti focali di attenzione: dalla qualità della vita e del lavoro, all’impatto dei trasporti, alle strategie di destagionalizzazione, dalla tutela attiva del patrimonio culturale e ambientale e dell’identità delle destinazioni alla diminuzione e ottimizzazione delle risorse naturali, in primis dell’acqua, oltre che dei consumi di energia e della gestione dei rifiuti.


Le località turistiche saranno valutate sulla base di cinque indicatori: responsabilità sociale e ambientale, qualità della vita delle popolazioni residenti, tutela del patrimonio culturale e ambientale, destagionalizzazione dei flussi turistici e trasporto e mobilità. Alla rete hanno aderito 15 regioni e 21 organismi di sostegno, fra cui istituzioni internazionali, università e istituti di ricerca, associazioni di categoria e sindacati.

rafforzare una cornice per il coordinamento dei programmi regionali di ricerca sul turismo sostenibile. Nell’ambito di questa piattaforma le regioni potranno condividere i lavori di ricerca già avviati a livello regionale, rendendoli più produttivi ed efficienti attraverso lo scambio e la pianificazione e implementazione di attività comuni.

La regione Toscana si presenta come parte attiva del progetto “ERNEST”16 approvato dalla Commissione Europea. L’obiettivo generale è quello di sviluppare e 16 European Research NEtwork on Sustainable Tourism

Pitigliano (GR), fa parte del circuito “I borghi più belli d’Italia”.

39



Capitolo 3

Processi di rivitalizzazione di centri storici minori: casi studio


L’individuazione e l’analisi di “casi studio” è mirata a mostrare progetti ed interventi effettuati o in fase di relizzazione nel panorama italiano, ma non solo, negli analoghi ambiti e strategie. I casi proposti qui di seguito non devono essere letti come assunti da assorbire nella loro totalità d’insieme, ma letti criticamente tenendo presente il carattere principale del progetto, considerando inoltre che costituiscono degli approcci e attenzioni progettuali applicabili a seconda della scala di riferimento al variare della loro storia e al loro intorno. La scelta funzionale è di importanza centrale per il raggiungimento dell’obiettivo del recupero del centro storico minore e necessita di ponderate valutazioni che non possono certo prescindere da ciò che è stato già sperimentato. Pertanto sono state prese in esame diverse esperienze attuate in ambito italiano ed europeo con il fine di discernere gli indirizzi positivi, traendo ammaestramento anche da quelli negativi e soprattutto evitare in futuro l’ulteriore proliferare di “rovine per restauro”. Nella cernita dei casi si è proceduto a presentare un serie variegata di situazioni, rappresentative di differenti percorsi rivitalizzativi. I casi studio che verranno analizzati qui di seguito, vengono distinti per tre macrotemi principali, intesi nella loro accezione più ampia: cultura, turismo e lavoro. Ogni macrotema ha al suo interno una ulteriore distinzione che riguarda ogni singolo caso Nelle pagine precedenti: un angolo di Santo Stefano di Sessanio (AQ). Il borgo è stato completamente riqualificato e portato a nuova vita grazie alla società Sexantio che ne ha fatto un alberbo diffuso. Santo Stefano è uno dei casi studio presi in esame in seguito. 42

specifico associato ad una ulteriore parola chiave che li identifica in un panorama di riqualificazione con diversi indirizzi progettuali. L’analisi dei casi, dopo alcuni cenni storici, si concentra sulla filosofia dell’intervento proponendo di risaltare gli aspetti inerenti agli obiettivi iniziali, soffermandosi poi sulla azione della valorizzazione e del recupero, sottolineandone sia le virtuosità che gli aspetti negativi. Ogni caso studio presentato viene introdotto da una “scheda” dove vengono racchiuse alcune delle informazioni principali. In tale scheda sono inserite delle icone che indicano alcune attivtà, funzioni e spazi presenti all’interno del borgo, ogni volta caratterizzate dal colore del macrotema a cui appartengono.


Posti letto

Spazi comuni

Alloggi

Verde attrezzato

Ristorante

Percorsi natura

Centro benessere/spa

Piscina

Area relax

Internet

Museo

Laboratori

Teatro/sala cinema

Scuola

Sala conferenze

Uffici

AttivitĂ commerciali

Musica

Botteghe artigiane

Pittura

Orti/coltivazioni

Artisti

Enoteca

Bibioteca

Eventi

Ovovia

Fiera

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Capitolo 4

“Think global, act local”


Globalizzazione Come già trattato nei primi capitoli, il fenomeno dell’industrializzazione ha contribuito allo spopolamento dei centri storici minori, favorendo così la crescita delle aree industriali e delle loro zone periferiche prive di identità sociale. Questo processo può essere paragonato al fenomeno della globalizzazione1, anch’esso favorevole allo sviluppo dei potenti a discapito delle entità minori. Col passare del tempo, i grandi centri commerciali hanno preso il posto delle piccole botteghe, portando ad un crollo della vendita al dettaglio e favorendo quella all’ingrosso. Questo processo ha avuto degli effetti devastanti per tutte quelle piccole attività tipiche e locali che caratterizzavano il nostro territorio. Un processo in cui tutto il mondo cerca di 1 Termine adoperato, a partire dagli anni 1990, per indicare un insieme assai ampio di fenomeni, connessi con la crescita dell’integrazione economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo. http://www.treccani.it/enciclopedia/globalizzazione/

Rappresentazione tipo del concetto di globalizzaizone, il potere in mano di pochi. 46

adeguarsi ad un unico modello: il modello occidentale. Questo è il più grande aspetto negativo della globalizzazione, l’imposizione di un modello da seguire per tutti indistintamente, senza tener conto di tutte le molteplici diversità culturali e sociali che caratterizzano ogni singolo paese. Pertanto la globalizzazione non ha soltanto aspetti negativi, ci sono anche prospettive di progresso e prosperità: • il commercio è accresciuto e consente profitti sempre maggiori. • gli investimenti sono in espansione e determinano più alti livelli di prosperità. • le nuove tecnologie migliorano la qualità della vita e riducono i costi. • i media, le grandi reti ed Internet migliorano la diffusione e la qualità dei flussi comunicativi. • le dinamiche della globalizzazione facilitano la

Una delle prime boutique fiorentine (Il Principe di Firenze 1930) ha trovato la sua chiusura definitiva con l’arrivo delle monomarche.


conoscenza di culture diverse. In quest’ultimo punto si trova la spinta necessaria a reagire agli aspetti negativi della globalizzazione. La diversità culturale deve essere al centro dello sviluppo globale, cercando di governare i processi di globalizzazione e adattandoli alle condizioni e alle realtà locali, favorendo cosi l’incontro di popoli e lo scambio di culture; Impedire quindi che un modello prevalga su tutti gli altri. Glocalizzazione

Rappresentazione tipo del concetto di glocalizzaizone, il potere in mano alla cultura della popolazione.

Dobbiamo globalizzare la cultura locale salvaguardando le caratteristiche di ciascun territorio, valorizzandole a livello globale grazie allo sviluppo delle telecomunicazioni e delle tecnologie informatiche. Creare quindi un approccio attraverso il quale la comunione di globalizzazione e localizzazione possa diventare un’opportunità e non una minaccia. E’ proprio da questa comunione che nasce la parola glocale2, un neologismo che coniuga caratteri di globalità e località insieme. Indica inoltre una comunicazione rivolta al contesto globale tenendo però conto delle specificità delle singole realtà culturali locali. Nel mondo, ogni comunità ha i propri valori sociali e culturali che esprimono l’identità di quel territorio.

Condividendo globalmente questi valori con altre comunità, ad esempio attraverso l’uso della rete internet, la cultura locale si arricchisce e diventa una cultura glocale. Infatti la cultura glocale nasce proprio dalla voglia che hanno i soggetti di far conoscere ad altre comunità la propria identità e valori, il web risulta essere uno strumento efficace in quanto, da una parte facilita la nascita e moltiplicazione di comunità diverse e dall’altra consente il dialogo e lo scambio in tempo reale di opinioni tra i soggetti che ne fanno parte. I valori e i contenuti sono locali ma la loro condivisione è globale, per produrre sviluppo e arricchimento culturale.

2 Si dice di dimensione economica che salvaguarda le caratteristiche di ciascun territorio e le specificità delle piccole imprese, valorizzandole a livello globale grazie allo sviluppo delle telecomunicazioni e delle tecnologie informatiche. www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=glocale

Cultura La definizione di cultura secondo l’enciclopedia italiana della Treccani è la seguente: “L’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, 47


l’esperienza, l’influenza dell’ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio”. Con il termine Cultura s’intende quindi quell’indirizzo di riuso mirato a far conoscere, divulgare e trasmettere quell’insieme di conoscenze che concorrono a formare la personalità e ad affinare le capacità ragionative e cognitive di un individuo. Quest’ultimo termine si riferisce sia all’abitante stabilmente radicato, sia al turista attratto dalla storia e dalla cultura di un determinato luogo. Qui di seguito si riportano casi studio selezionati in base alle diverse strategie progettuali di recupero e ai loro processi di rivitalizzazione di diversi indirizzi culturali e turistici nel contesto italiano. Questi interventi, come opere culturali, sono finalizzati a dimostrare il valore di riattivazione socio-economica che l’arte e la cultura possiedono. Il tema della Cultura, essendo inteso in senso lato, trova al suo interno una distinzione più precisa: Arte, Formazione Musica e Letteratura, tutti settori culturali che hanno trovato la loro applicabilità in una serie di rivitalizzazioni spontanee o programmanate. Vengono in particolare illustrate le esperienze idi rivitalizzazione svolte a Bussana Vecchia, Castelbasso, Grisignana, Calcata, Borgo di Terravecchia, Erice, Montisi, Provvidenti, e Aliano. La chiesa di Bussana Vecchia senza la copertura. 48


49


4.1 Ricerca Artistica

Bussana Vecchia

Comune:

Sanremo

Provincia: Imperia Regione:

Liguria

Altitudine: 200 m.s.l.m. Abitanti:

66

8 km da

Sanremo

33 km da

Imperia

3 km da

Bussana Nuova

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Cenni storici Il paese pare essere stato fondato in epoca romana, tuttavia è solo nel VII secolo che si hanno le prime evidenze di una presenza stabile. Almeno dall’inizio del XII secolo Bussana Vecchia1 cade sotto il controllo dei Conti di Ventimiglia, che provvedono all’edificazione di un primo castello a scopo difensivo. Nel XIII secolo il paese viene acquistato dalla Repubblica di Genova, che tuttavia lascia una relativa indipendenza ai circa 250 abitanti di 1 Bussana vecchia, Le informazioni sono state tratte delle fonti bibliografiche e web qui di seguito elencate: Tesi di Laurea Magistrale in Architettura di Guido Mozzanica, Relatore Prof. Maria Valeria Erba, Un’ipotesi di recupero e di sviluppo per i comuni facenti capo all’Unione dei Comuni Lario e Monti, Politecnico di Milano 2011/12. Dipartimento di Storia dell’Architettura e Restauro di Arch. Tiziana Coletta, Dottorato in Conservazione dei Beni Architettonici, coordinatore Arch. Stella Casiello, La conservazione dei centri storici minori abbandonati; il caso della Campania, Università degli studi di Napoli 2004/05 http://borghi-reloaded.polimi-cooperation.org/bussanavecchia/

Bussana Vecchia. Nel frattempo l’originale castello perde la propria funzione difensiva, per passare a struttura residenziale. L’annessa cappella continua a fungere da luogo di culto per gli abitanti del paese. A partire dal XV secolo inizia uno sviluppo edilizio del paese, accompagnato ad un forte incremento demografico: nel 1404 viene completata la prima chiesa, edificata sui resti di una precedente, e viene dedicata a Sant’Egidio. Contemporaneamente le abitazioni, edificate secondo lo stile romano con pietre squadrate, iniziano ad essere realizzate con le pietre stondate provenienti dalle vicine spiagge rocciose. L’originario castello, abbandonato, è oramai in rovina. Il XVII secolo vede la completa rivisitazione della chiesa, che dallo stile romanico originale passa al barocco. Vengono quindi rimosse le colonne che delimitavano le due navate, e sulle pareti vengono aggiunte sei cappelle con altare. La vita nel paese prosegue relativamente tranquilla, tanto che nel corso dei due secoli Veduta di Bussana Vecchia

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seguenti il borgo resta sostanzialmente immutato. La popolazione è prevalentemente rurale, vive di agricoltura, di coltivazione di olivi e agrumi (su terreni disposti in terrazzamenti), e di piccolo allevamento. La vita religiosa assume un ruolo sempre maggiore, tanto che la chiesa viene ulteriormente decorata e restaurata Filosofia dell’intervento e obiettivi Un’opera di rivitalizzazione spontanea, attuata da una comunità di artisti, ha segnato il futuro del centro rurale di Bussana Vecchia, dal 1928 frazione del comune di Sanremo, dal quale dista circa 8 km. L’abitato, situato nell’entroterra su un poggio fronteggiante il paesaggio marino, fu abbandonato dopo il disastroso terremoto del 23/2/1887, e ricostruito a valle. Il vecchio centro, ridotto ormai a un cumulo di macerie, rimase disabitato fino agli anni ’60, quando s’iniziò ad assistere all’accennato spontaneo processo di rivalorizzazione che prese corpo grazie alla libera iniziativa di alcuni artisti ed artigiani che avevano scelto di diventare i suoi nuovi abitanti. Accogliendo l’idea dell’artista torinese Mario Giani2, in arte Clizia, fu creata la cosiddetta “Comunità Internazionale Artisti”3 i cui associati 2 Mario Giani, In arte Clizia, é nato a Torino nel 1923. Ceramista, illustratore, pittore e scultore. www.bussanavecchia.it/index.php/clizia/ 3 Comunità Internazionale Artisti, Venne stilata una “Costituzione”, regolarmente depositata presso il notaio sanremese, che regola la vita del villaggio. Dato che i ruderi non sono più di proprietà di nessuno, chiunque voglia stabilirsi nel villaggio può scegliersi il proprio rudere e ristrutturarlo usando esclusivamente i materiali ancora presenti sul luogo. 52

lentamente cominciarono, affrontando tutte le difficoltà legate all’assenza di qualsiasi infrastruttura e servizio come acqua, luce, fognature o gas, a restaurare le prime abitazioni. L’iniziativa, nata in maniera del tutto spontanea senza considerare problematiche inerenti le proprietà o altri aspetti giuridici, andò negli anni crescendo e coinvolgendo un numero sempre maggiore di artisti di varia matrice e nazionalità. Le abitazioni in migliori condizioni strutturali furono restaurate dagli stessi abitanti che riuscirono a conferire loro, proprio per l’attività artistica ed artigianale condotta, caratteri particolarmente originali, trasformando Bussana Fotografia che ritrae i danni del disastroso terremoto.


Mario Giani (Clizia)

Esposizione di opere degli artisti

in un ambiente vivo più che mai in un contesto ufficialmente ancora del tutto morto. L’apertura di una trattoria e di una galleria4 in cui gli artisti iniziarono ad esporre ed a vendere le proprie creazioni determinò l’avvio di una nuova vitalità per il centro che iniziò a trasformarsi in meta turistica. Diversi abitanti dei primi tempi, tra cui l’ideatore Clizia, decisero allora di abbandonarlo in quanto, ormai privato del suo spirito originario, si stava inesorabilmente convertendo in sito pittoresco a preconfezionata matrice artistica a misura di turista, piuttosto che conservare il proprio ruolo di luogo di effettiva ricerca, sperimentazione e produzione

innovativa. In concomitanza con questa evoluzione, cominciata dalla fine degli anni ’60, ebbero inizio una serie di problemi giudiziari legati a questioni irrisolte di proprietà. Da un lato vi erano infatti gli artisti che, pur essendo con grande fatica riusciti a ridar vita ad una piccola porzione del centro, avevano effettivamente occupato abusivamente il sito; dall’altro i legittimi proprietari, in parte residenti nel nuovo centro, che intravedendo in questo nuovo afflusso turistico una possibilità di profitto, iniziando a reclamare le proprietà. Oggi dopo diverse dispute di ordine legale la maggior parte degli immobili dichiarati abitabili risultano essere di proprietà degli artisti mentre gli spazi comuni, quali le strade, le piazze, il cimitero, i lavatoi ed il municipio risultano appartenere al Comune di Sanremo. Alla problematica della proprietà si è sommata una sempre più evidente crescita del fenomeno

4 galleria = Elemento responsabile del legame tra gli artisti, dove si lavorava e si esponeva le proprie opere, luogo di incontro e di confronto di idee. Poi a causa di alcune divergenze interne, nascono due gruppi diversi di artisti, ognuno con la propria galleria ed i propri spazi comuni. Fino al 1968, quando nasce il primo atelier individuale, facendo naufragare il progetto originario del paese.

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speculativo immobiliare. In origine, chi abbandonava Bussana Vecchia e l’abitazione che aveva restaurato chiedeva a colui che subentrava stabilmente al suo posto un semplice rimborso per le spese sostenute per i lavori. Successivamente, l’incrementato afflusso di artisti e artigiani, e soprattutto la scoperta della vocazione artistica del sito, ha provocato l’instaurarsi di un vero e proprio mercato immobiliare: negli ultimi anni un numero sempre maggiore di abitazioni è stato acquistato, nonostante il totale caos giuridico inerente la proprietà, da persone che risiedono a Bussana esclusivamente per ragioni turistiche, contribuendo alla perdita dell’essenza artistica del borgo. Per di più la mancanza di un controllo centrale e di un adeguato strumento urbanistico ha causato

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anche l’avvio di ristrutturazioni selvagge e dei più incontrollati interventi. Per tentare di frenare questo fenomeno e per risolvere il nodo giuridico della proprietà e dunque il contenzioso tra gli abitanti e l’Intendenza di Finanza che amministra i beni dello Stato, il comune di Sanremo ha deciso di bandire nel 1986 un concorso internazionale5 per il piano particolareggiato di Bussana Vecchia.

5 Concorso internazionale, Il progetto vincitore, intitolato “Città Invisibili”, redatto dal gruppo dell’Architetto Claudio Baracca, propone di lasciare cosi com’è la parte già recuperata e di recuperare con telai antisismici opportuni richiesti nella zona. Vista di una strada interna


Passato da spontaneo e suggestivo villaggio di artisti ad un’ibrida realtà che mescola residui di creatività con sempre più forti stimoli di commercializzazione turistica, Bussana ha purtroppo nel tempo perso lo spirito di rivitalizzazione originario, che aveva le sue forti radici proprio nell’estemporaneità. Questo esempio ci fa capire quanto sia importante la presenza degli enti competenti in un processo di rivalorizzazione, in quanto garanti delle corrette azioni di recupero. Per corrette azioni ci si riferisce sia a tutelare l’indirizzo fondante del progetto sia a non permettere ristrutturazioni selvagge e superfetazioni sregolate proprio come è accaduto a Bussana Vecchia. D’altro canto va detto che, se ci fosse stata un’azione programmata e seguita dagli enti, probabilmente non ci sarebbe stato il processo spontaneo così come lo conosciamo oggi. Di fatto gli artisti che hanno ripopolato il luogo, volevano proprio un posto senza regole e senza “padroni” a guardia di quello che facevano, in modo da poter esprimere la loro vita artistica come meglio credevano. Possiamo dire che, anche se il progetto iniziale non esiste più, Bussana Vecchia è tornata a vivere con un respiro internazionale metà di turisti e artisti di tutto il mondo, impedendo al processo di abbandono di arrivare a compimento, ed è questo ciò che più conta.

Scorcio in vicolo tipico di Bussana 55


3.2 Museo d’arte contemporanea

Castelbasso

Comune:

Castellalto

Provincia: Teramo Regione:

Abruzzo

Altitudine: 492 m.s.l.m. Abitanti:

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22 km da 60 km da

Teramo San Benedetto

100 km da del Tronto Aquila

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Cenni storici Castelbasso6, frazione del comune di Castellalto in provincia di Teramo, sorge su una ripida collina del versante sinistro della vallata del Vomano, da dove gode di un panorama che abbraccia l’Adriatico, la Maiella e il Gran Sasso. Borgo fortificato tra i più suggestivi d’Abruzzo, costituito con pietre del fiume Vomano, conserva ancora quasi del tutto integre le imponenti scarpate che una volta reggevano le mura di cinta mentre ora sorreggono case costruite nei secoli XVI - XVII, quando il castello perse la sua 6 Castelbasso, Le informazioni sono state tratte delle fonti bibliografiche e web qui di seguito elencate: Tesi di Laurea Magistrale in Architettura di Guido Mozzanica, Relatore Prof. Maria Valeria Erba, Un’ipotesi di recupero e di sviluppo per i comuni facenti capo all’Unione dei Comuni Lario e Monti, Politecnico di Milano 2011/12. Dipartimento di Storia dell’Architettura e Restauro di Arch. Tiziana Coletta, Dottorato in Conservazione dei Beni Architettonici, coordinatore Arch. Stella Casiello, La conservazione dei centri storici minori abbandonati; il caso della Campania, Università degli studi di Napoli 2004/05 http://borghi-reloaded.polimi-cooperation.org/castelbasso/

funzione difensiva. Già antico possedimento feudale dai Longobardi ai Marchesi Ricci di Macerata, Castelbasso conserva ancora l’impostazione urbanistica medievale con due porte urbiche7, un tessuto abitativo compatto segnato da vicoli, sui quali si affacciano abitazioni addossate le une alle altre, e da deliziose piazzette. Si distinguono per un’architettura sobria ed elegante palazzo De Sanctis, palazzo Cancrini e palazzo Clemente, sede della Fondazione Malvina Menegaz8. 7 Porte urbiche, S’intende una costruzione in forma di passaggio, solitamente inserita nella cinta muraria di una città, caratterizzata da una ricerca di decoro architettonico e di monumentalità, che la differenziano da altri varchi aperti nel recinto urbano e fanno sì che essa costituisca l’ingresso principale della città, ovvero uno dei principali. Enciclopedia Italiana Treccani 8 Fondazione Malvina Megegaz, Dedicata a Marina Di Silvestre www.fondazionemenegaz.it/fondazione/videocenter/ Veduta di Castelbasso

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Al centro del borgo sorge l’antica chiesa parrocchiale dedicata ai SS. Pietro e Andrea, la quale conserva pregiati elementi architettonici e artistici, quali il portale trecentesco, una scultura coeva raffigurante una Madonna in trono e il battistero del ‘500. Filosofia dell’intervento e obiettivi Come nella maggior parte dei centri storici minori, il fenomeno dell’emigrazione all’estero, colpì anche Castelbasso, in particolare una persona è significativa in questo racconto, Malvina Di Silvestre. Ella dovette avventurarsi oltre il Gran Sasso che fino ad allora era stato l’orizzonte della sua fantasia di tredicenne, e si diresse non in America ma nella più vicina Roma, sebbene la nostalgia e la trepidazione non fossero inferiori. Nella capitale la giovane lavorava duramente per guadagnarsi il pane e più tardi sposò Amedeo, diventando cosi la signora Malvina Menegaz dalla quale nacque, tra gli altri figli, Osvaldo, che poi sarà l’istitutore della Fondazione a lei dedicata. Questa è la base dell’istituzione, cioè intende individuare proprio nella conoscenza, nella cultura, il mezzo con il quale onorare il sacrificio dell’abbandono del paese natio compiuto dalla signora Malvina Menegaz, ma anche quello di altri che come lei furono costretti a ubbidire all’imperativo ben più stringente della sopravvivenza. Oggi, concluso il suo ideale ritorno a casa, la signora Malvina spalanca le porte di quella che fu una riservata dimora magnatizia per fare di essa un luogo di incontro e conoscenza delle arti e delle culture. Attraverso una costante promozione culturale, 58

Osvaldo Menegaz

operata in situ da oltre dieci anni grazie all’attività di “Castelbasso Progetto Cultura”9, molte parti dell’antico nucleo di radice medioevale, abbandonate, hanno potuto negli anni recuperare visibilità ed essere restituite alla fruizione pubblica ospitando importanti installazioni e manifestazioni artistiche. La scelta di privilegiare la presenza di rilevanti opere e artisti dell’arte moderna e contemporanea ha reso possibile una inedita riscoperta del borgo nel panorama territoriale, offrendo ai visitatori grazie all’arte la possibilità di ricollocare e rileggere caratteri tipici delle costruzioni storiche in una linea di congiunzione temporale che invita ad aggiornare la semantica del testo architettonico. L’attività culturale fin qui svolta dall’Associazione Amici per Castelbasso nell’ambito di “Castelbasso Progetto Cultura” ha portato il borgo, come era nelle finalità del Progetto, alla 9 Castelbasso Progetto Cultura, Il progetto nasce dall’unione di due associazioni, l’Associazione Amici di Castelbasso e la Fondazione Malvina Menegaz.


ribalta dei mass media, l’ha additato all’interesse di un pubblico culturalmente esigente e l’ha imposto all’attenzione delle pubbliche istituzioni. La “Fondazione Malvina Menegaz”, ferma restando la continuità dell’Associazione Amici per Castelbasso con altri progetti, è stata costituita per supportare le iniziative fin qui svolte con uno strumento operativo più idoneo alla loro gestione, divenuta man mano sempre più complessa e impegnativa. La Fondazione, infatti, intende far proprio “Castelbasso Progetto Cultura” arricchendolo, variandolo e sviluppandolo. Il progetto, dunque, avrà un respiro anche intenzionale e sarà dotato di un’articolazione convegnistica per l’organizzazione di incontri aventi come tema le discipline umanistiche, scientifiche, sociologiche, teologiche. Sopra: Bambini di una scuola durante un evento organizzato Sotto: Vista in notturna del palazzo della fondazione.

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Altra articolazione che sarà sviluppata è quella didattica, al fine di creare una autentica cultura della divulgazione attraverso corsi di formazione, e quella della specializzazione per mezzo di master, workshop, corsi post-laurea. Con questo progetto si favorisce l’incontro di persone e di idee, il confronto tra le arti, il dialogo tra le culture, le occasioni di conoscenza delle espressioni attuali del pensiero e del sapere. Castelbasso Progetto Cultura La modernità tecno-economica tende a distruggere le particolarità morfologiche e culturali, così che quella che oggi si dà a vedere è spesso una immagine dei luoghi senza profondità né sostanza storica; una rappresentazione estetica o una semplice segnaletica di valori storici, tradizionali e culturali per una rapida fruizione turistica. A questa tendenza è necessario reagire con la consapevolezza che il locale è una chance, la tradizione è un orizzonte, l’identità è una conquista. Pertanto tutto quell’insieme di specificità locali, simbolicità, territorialità, qualità estetiche e comunitarie, deve rappresentare un’occasione, un’opportunità. Locale è quindi una progettualità situata che però, al fine di sviluppare le sue potenzialità necessita di dialogo con l’esterno, favorendo la circolazione di persone e di idee e l’incontro con le espressioni attuali del pensiero e della cultura. Con questo presupposto è stato elaborato “Castelbasso Progetto Cultura”: un piano che vuole avvalersi delle varie creazioni dell’arte e Opera moderna esposta all’interrno di un manufatto rurale. 60


del pensiero per una serie di iniziative coordinate e integrate capaci di proporre Castelbasso come polo culturale. Di qui l’esigenza del recupero urbanistico e architettonico del borgo e della rifunzionalizzazione del patrimonio immobiliare a scopi civili e culturali. In sintesi “Castelbasso Progetto Cultura” persegue, in coordinamento con gli Enti pubblici, l’obiettivo della piena fruizione del patrimonio storico–artistico del borgo medioevale per mezzo della cultura, perseguendo come obiettivo la ricaduta di benefici economici non solo per il borgo, ma anche per le zone circonvicine. Il carattere fondamentale di questo caso studio si deve alla collaborazione esemplare tra enti pubblici e associazioni private, infatti solo tramite questa sinergia si mette in moto quella macchina che porterà beneficio al borgo e ai suoi abitanti. La buona riuscita di questo progetto è dovuta soprattutto alla costante promozione pubblicitaria da parte degli enti pubblici e alla capacità dell’associazione di rinnovarsi e saper proporre nuovi eventi con costanza.

Sopra: Bambini durante un percorso artistico educativo. Sotto: Allestimento espositivo in un chiostro per una mostra

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4.3 CittĂ degli artisti

Grisignana

Stato:

Croazia

Regione:

Istria

Altitudine: 288 m.s.l.m. Abitanti:

733

50 km da

Trieste

90 km da

Gorizia

80 km da

Fiume

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Cenni storici Grisignana è un comune croato di 733 abitanti e secondo i dati del censimento del 2001, la maggioranza della popolazione è “italiano di madrelingua italiana”. La storia di Grisignana inizia con l’arrivo degli Histri e con la costruzione di un tipico castelliere, in epoca successiva conquistata dai Romani che lo trasformano in fortezza. Per tutto il travagliato periodo medievale Grisignana lotta per mantenere la sua posizione. Affacciata sulla valle del fiume Quieto, Grisignana possedeva uno sbocco al mare con il porto di Bastia sul Quieto, il che facilitò il commercio. Seguì le sorti di altre cittadine istriane che passavano da una dinastia all’altra: fu persa in battaglia e riconquistata, fu ipotecata, venduta, data a garanzia del rimborso dei danni di guerra. Sempre confermando la sua importanza, è stata anche sede dei capitanati e dei podestà di Venezia, sotto la giurisdizione di Pietrapelosa

e Venezia, fino al XVII secolo, allorché un’epidemia di peste spopolò il territorio. Per dare nuovo impulso all’economia e alla produzione agricola della regione, si incentivava il trasferimento in zone semidisabitate, cedendole a famiglie venete, friulane e slave a condizioni particolarmente favorevoli. In seguito alla seconda guerra mondiale Grisignana fu inserita territorio libero di Trieste e poi del Regime comunista Jugoslavo. Nonostante che gli italiani fossero più del 70% la zona fu ceduta alla Jugoslavia. La maggioranza della popolazione italiana per sfuggire alla pulizia etnica messa in atto dai soldati comunisti slavi scelse la via dell’esodo tra il 1945 ed il 1955. Nel 1991 Grisignana fu annessa alla Croazia, della quale oggigiorno fa ancora parte.

Veduta di Grisignana

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Filosofia dell’intervento e obiettivi Trattasi di una piccola cittadina, ma di grande significato culturale, molto famosa per le sue esposizioni a cielo aperto non solo a livello nazionale ma anche internazionale. Dal 1965 è la città degli artisti, grazie ai numerosi eventi d’arte e agli artisti che sono venuti qui a vivere e a lavorare. Gli artisti si sono stabiliti in vecchie case di pietra che gli sono state date in custodia per impedire il totale abbandono della città. Oggi la città conta un centinaio di abitanti e una quarantina di gallerie. Ogni anno all’inizio del mese di Maggio le strade e le piazze si trasformano, diventando un vero e proprio alveare artistico in cui si aprono le accademie estive di musica, i laboratori di pittura, di ballo e di teatro, per poi parlare della didattica tenuta dai maggiori esperti e da insegnanti di fama. Possiamo affermare che in questi mesi la cittadella vive e respira per l’arte. Le stradelle caratteristiche pavimentate in pietra e i numerosi monumenti culturali e storici diventano un immenso palcoscenico di eventi Il festival ExTempore

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d’arte e musica. Uno degli eventi più conosciuti è la manifestazione della pittura “Ex Tempore”10. A Grisignana si trova il Centro Internazionale di Cultura Musicale Croata11, che con le sue attività contribuisce alla fama di questa cittadina storica. Questo centro, fondato nel 1969, organizza incontri musicali per i giovani di tutto il mondo, e fu ideato da Jeunesses Musicales International12, la più importante organizzazione operante nel campo della cultura musicale. Fino ad oggi il centro è stato il luogo di incontro per più di 22.000 partecipanti provenienti da 90 10 La manifestazione dell’Ex Tempore di Grisignana è un’occasione d’arte e di festa che per le sue particolarità e per la grande partecipazione di concorrenti ha assunto notorietà e notevole prestigio non solo culturale ma anche sociale. www.unipoptrieste.it/web/tag/ex-tempore-grisignana 11 www.groznjan-grisignana.hr/index.php/it/kulturai-umjetnost/umijetnicka-tradicija 12 www.jmi.net/ Esibizione di alcuni musicisti durante il Festival


paesi in tutto il mondo. Tra le altre cose, è presente anche un’accademia del cinema che si impegna a riunire e a formare esperti del teatro e della cinematografia in modo da promuovere Arte Drammatica in Croazia e all’estero. Inoltre la città dispone di un’enoteca e di due famosi ristoranti, dove si possono assaporare i piatti della tradizione istriana (vino e olio tipici). L’alloggio è offerto in una ventina di case di villeggiatura. In questo caso lo stato ha dato in custodia delle abitazioni a delle persone per evitare il fenomeno dell’abbandono del borgo. Il nostro paese pullula di situazioni analoghe e spesso

non viene adottato alcun provvedimento simile, che potrebbe salvare dalla fatiscenza molti borghi senza che lo stato sversi un centesimo. Questo approccio è molto sensato e responsabile, in quanto evita lo spreco e il consumo dello spazio pubblico, dona un luogo di incontro e di sviluppo ad una comunità di persone e allo stesso tempo evita il fenomeno dell’abbandono del borgo stesso. E’ un processo di una semplicità effimera che non viene utilizzato quanto dovrebbe. In alto: Esposizioni delle opere degli artisti. In basso: Scorcio in una strada interna.

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4.4 Arte

Calcata

Comune:

Calcata

Provincia: Viterbo Regione:

Lazio

Altitudine: 220 m.s.l.m. Abitanti:

924

50 km da

Viterbo

80 km da

Civitavecchia

54 km da

Roma

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Cenni storici Costruita su uno spettacolare sperone tufaceo, è nel Parco Regionale della Valle del Treja13, in provincia di Viterbo a circa quaranta chilometri da Roma in una zona abitata fin dalla metà del II millennio a.C. Sui colli intorno a Calcata 14 e soprattutto su Narce, Pizzo Piede e Monte Li Santi, scavi archeologici hanno individuato

13 Valle del Treja è un’area protetta del Lazio, istituita con legge regionale nel 1982, compresa nei territori del comune di Calcata in provincia di Viterbo e Mazzano Romano in provincia di Roma. Ha una superficie di 628 ettari. http://www.parcotreja.it/ 14 Calcata, Valorizzazione dei centri storici minori: strategie di intervento, Samuele Briatore. www.settemuse.it/viaggi_italia_lazio/viterbo_calcata.htm www.borghi-reloaded.polimi-cooperation.org/borgo-dicalcata/

tracce di un grande abitato falisco15 che ebbe la sua massima fioritura tra il VII e il VI secolo a.C. Nel 241 a.C. Tutta l’area passa sotto la dominazione romana. Il borgo, come si può ancora oggi vedere, conserva una struttura medievale. Fu feudo degli Anguillara, dei Sinibaldi e, infine, dei Massimo. Dopo il terremoto di Messina del 1908 alcuni borghi furono giudicati poco sicuri e, nel 1935, una legge decreta l’abbandono e la demolizione delle case di borghi ritenuti a rischio. Anche Calcata è tra questi e deve essere abbandonata dai suoi abitanti. Calcata rimase difficilmente accessibile fino ad inizio secolo infatti Enrico Abate nel 1894 ricorda 15 Falisco, civiltà che si sviluppò al confine con l’area etrusca nel territorio a Nord di Roma, tra il Tevere e i laghi di Vico e di Bracciano, avendo come centro la valle del Treia. Veduta d’insieme di Calcata.

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Grotte alla base del borgo.

Tipiche strade e abitazioni interne.

che il borgo è rimasto uno dei pochi ad essere raggiungibile solo attraverso una mulattiera. Gli anni Trenta del XX secolo furono centrali per la storia di Calcata, infatti una legge obbligava i comuni a sgomberare i paesi considerati pericolanti, tra questi Calcata, con la guerra l’abbattimento fu slittato agli anni cinquanta. La popolazione ne restò influenzata e la nuova sensibilità portò alla costruzione della cosiddetta Calcata Nuova, nella piana sopra il piccolo borgo medievale. Negli anni Sessanta il paese può essere considerato completamente disabitato. Una Calcata Nuova inizia a vivere poco distante. Ma la Calcata medievale non muore. Nei primi anni ‘60 inizia una nuova era per questo stupendo piccolo borgo che diventa qualcosa di diverso: un luogo d’incontro tra persone che, come dice Paolo Portoghesi16, uno dei primi scopritori del borgo, sentono i fattori negativi dell’ambiente urbano, persone interessate alla cultura e che

apprezzano ciò che è piccolo, in scala umana. Perizie geologiche hanno confermato la solidità della rupe ed il borgo ha riottenuto l’abitabilità. Nel borgo, che è visitabile solo a piedi e nel quale si entra attraverso una doppia porta ed una strada in salita, non vi sono edifici importanti o grandi opere d’arte ma l’insieme è unitario e armonico. Le vie che si irradiano dalla lunga piazza, che è il centro del vissuto collettivo e il punto di ritrovo nel quale si è allo stesso tempo spettatori e attori, portano tutte verso gli strapiombi della rupe. Il visitatore non deve vivere frettolosamente Calcata ma entrare negli studi e nelle botteghe, parlare con la gente, affacciarsi agli strapiombi. Vi sono anche molti ristoranti che offrono dell’ottimo cibo in spazi caratteristici, bar e sale da the accoglienti.

16 Paolo Portoghesi, Architetto e dell’architettura italiana. www.treccani.it/enciclopedia/paolo-portoghesi/ 68

storico

Filosofia di intervento e obiettivi L’intervento di recupero di Calcata, non è un’azione programmata da enti e istituzioni ma possiamo più che altro definirlo un movimento


comune, legato all’interesse per l’arte, la cultura e l’ambiente. La vita fino agli anni Cinquanta era tranquilla, l’architetto Paolo Portoghesi racconta che la prima volta che entrò nel paese rimase colpito dalla vita quotidiana e dai riti di quella civiltà contadina, le donne che lavavano i panni o che prendevano l’acqua nell’unica fontana portandola all’abitazione sulla testa, gli uomini raccolti lungo i muri che raccontavano la giornata. Il centro quasi oramai disabitato dagli anni Sessanta agli anni Ottanta vede il trasferimento di un’onda di “cittadini scontenti”, provenienti per la maggior parte dalla vicina Roma, ma anche da altri parti d’Italia e dell’Europa che trovavano in Calcata un rifugio dalla frenesia della città. L’intervento di Calcata è un’azione insediativa spontanea che può anche essere considerata, con le dovute precauzioni, un intervento anarchico.

Non è esistita una vera e propria organizzazione che potesse delinearne l’intervento e gestirne le azioni: il piccolo borgo è stato ed è teatro di azioni e di valorizzazioni individuali tese alla cooperazione e alla convivenza. L’insieme ne risulta comunque armonioso e sicuramente unico nel suo genere. Il restauro conservativo del Palazzo Baronale Anguillara, eseguito da Portoghesi, nel 1995 è tra gli esempi di restauro conservativo meglio riusciti, oggi meta di studenti di architettura e restauro e sede dell’Ente Parco del Treja. Le numerose residenze di artisti e le relative manifestazioni che verranno descritte in seguito ne daranno il soprannome “Calcata. Il paese degli artisti”. Questa nuova popolazione, inizialmente era Interno di una abitazione in stile conservativo.

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presente solo nei weekend, mentre un gruppo deciso a cambiare le proprie condizioni di vita si trasferì stabilmente. Per questo motivo in poco tempo diventò necessario creare delle attività economiche per far fronte alle esigenze dei nuovi nuclei familiari presenti a Calcata. Si diede vita così a una valorizzazione particolarmente indirizzata ai temi cari ai nuovi abitanti, come la cultura vegetariana, la sostenibilità, l’arte, la cultura e il consumo alternativo. Per questo sono nate due associazioni molto particolari: una che si occupa della promozione della cultura vegetariana, l’altra della promozione del territorio e di bioarchitettura17. Per comprendere la dimensione di questo indirizzo artistico culturale basta pensare che in questo borgo, la cui circonferenza è inscrivibile in quella del Colosseo, sono presenti sei associazioni culturali che si occupano nelle rispettive sedi della promozione artistica, culturale, ambientale e musicale. Questi piccoli nuclei creativi realizzano, grazie anche all’internazionalizzazione delle organizzazioni, eventi di richiamo extranazionali, tra tutti ricordiamo l’Opera Bosco18 che nel proprio Museo di Arte nella Natura organizza interventi artistici all’interno dei boschi 17 Bioarchitettura, è finalizzata anche al riavvicinamento dell’architettura stessa al rispetto della vita umana e al benessere psicofisico dell’individuo come abitante. 18 Opera bosco, un intervento nel cuore della natura con l’attenzione di non disturbarla, perché tutto avviene senza smottare la terra e gli alberi e tutto si realizza col materiale della natura. www.operabosco.eu/ Scorcio in un vicolo con affaccio sul paesaggio. 70


circostanti a Calcata. L’amministrazione comunale di Calcata ha appoggiato questo intervento, favorendo gli scambi internazionali e soprattutto divulgando per le vie ufficiali il potenziale culturale e artistico del borgo; tra le maggiori vittorie sicuramente è l’ottenimento del marchio Bandiera Arancione del Touring Club Italiano19. Tale riconoscimento ha assicurato una visibilità nazionale al borgo, incrementando notevolmente il numero di presenze annuali. Basandoci sui dati raccolti per il Touring Club nel 2011, possiamo comprendere che grazie all’intervento di valorizzazione la popolazione residente è tornata ai livelli dei primi del secolo quando erano presenti nel piccolo comune quasi 1000 individui, dopo il calo degli anni Settanta, che vedeva dimezzati i residenti, oggi se ne contano 924. Nel 2011 sono stati registrati più di 55.000 turisti di cui 50.000 turisti italiani e 5.000 turisti stranieri. L’offerta turistica è più che altro basata su un turismo di giornata, considerando la grande vicinanza a Roma.

Ma le strutture ricettive si sono notevolmente intensificate prevedendo anche un turismo di permanenza.

19 Vedi capitolo 2 Turismo sostenibile, reti, marchi e network.

20

Lo sviluppo spontaneo di Calcata ha portato a delineare un particolare esempio di valorizzazione in cui la popolazione del luogo era ostile agli inizi del processo. Ma come precedentemente spiegato20 la comunità ospitante deve aprirsi ai nuovi arrivati, per creare un centro di aggregazione culturale efficace. Se la comunità locale non si fosse aperta e resa disponibile ad accogliere i nuovi abitanti, il recupero spontaneo di Calcata non ci sarebbe stato. L’interesse di grandi artisti e di grandi architetti, come Paolo Portoghesi, hanno sicuramente dato risalto alla realtà storica, artistica e accademica del luogo. Il grande successo si deve molto anche all’amministrazione comunale di Calcata, che ha appoggiato l’intervento, donandole un respiro internazionale attraverso la divulgazione delle vie ufficiali il potenziale culturale del borgo. Vedi capitolo capitolo 1, paragrafo 1.1.

Piazza principale di Calcata.

71


4.5 Formazione

Erice

Comune:

Erice

Provincia: Trapani Regione:

Sicilia

Altitudine: 220 m.s.l.m. Abitanti:

924

10 km da

Trapani

100 km da Palermo 42 km da

72

Marsala3


Cenni storici Erice è un comune siciliano di circa 28.470 abitanti in provincia di Trapani. Il centro cittadino conta poco più di cinquecento abitanti, che si decuplicano nel periodo estivo, sorge sull’omonimo Monte Erice, mentre la maggior parte della popolazione del comune è concentrata a valle. Secondo Tucidide (storico ateniese) la città di Erice fu fondata dagli esuli troiani che avrebbero trovato in questo luogo un posto ideale dove insediarsi. Virgilio nel canto V dell’Eneide narra che in epoca ancora più remota vi si svolse la famosa lotta fra Ercole ed il gigante di Erice. Nel 244 a.C. Erice fu conquistata definitivamente dai Romani, sotto i quali risorse architettonicamente, pur decadendo militarmente.

Scarse, o quasi nulle, sono le notizie della città e del santuario nel periodo bizantino, anche se sappiamo che in questo periodo rimase comunque una cittadina economicamente attiva. Durante l’occupazione araba, dall’831 alla conquista normanna dell’Isola, la montagna non fu probabilmente nemmeno abitata in questo periodo. La nuova cittadella venne ripopolata e battezzata dai Normanni nel 1167 con il nome di Monte San Giuliano. Essa acquista progressivamente prestigio grazie alla costruzione di nuovi edifici civili e religiosi. Erice deve la sua rinascita alla Guerra del

Veduta di Erice e del Castello di Venere.

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Vespro21, durante tale evento storico la città era di fatto la rocca da cui scaturivano le azioni belliche di Federico d’Aragona, re di Sicilia fino al 1337. La presenza di numerosi monasteri amministrati da famiglie locali, caratterizza la vita della città, di fatti conosciuta come “città delle cento chiese” per la grande quantità di chiese e conventi presenti al suo interno. La città tende comunque a conservare gelosamente il fascino di una cittadina medievale. Antonio Zichichi

Strategia di intervento Dal 1963 è sede del Centro di cultura scientifica Ettore Majorana, istituito per iniziativa del professor Antonino Zichichi22, che richiama gli studiosi più qualificati del mondo per la trattazione scientifica di problemi che interessano diversi settori: dalla medicina al diritto, dalla storia all’astronomia, dalla filologia alla chimica. Per questo alla cittadina è stato attribuito l’appellativo “città della scienza”. Il Centro di cultura scientifica Ettore Majorana è un’organizzazione scientifica, nota in tutto il mondo, fondata a Ginevra nel 1962 e dal1963 ad Erice in Sicilia, dal fisico Antonino Zichichi, 21 3 I Vespri siciliani sono un evento storico avvenuto a Palermo nel 1282. Questo diede avvio a una serie di guerre, chiamate “guerre del Vespro” per la conquista della Sicilia. 22 Antonino Zichichi, professore Emerito di Fisica Superiore nell’Università di Bologna, è autore di oltre mille lavori scientifici, tra cui sei scoperte, cinque invenzioni, tre idee originali che hanno aperto nuove strade nella Fisica Subnucleare delle alte energie. www.ccsem.infn.it/em/zichichi/short_bio_it.html 74

che ne è anche il presidente. Essa ha sede negli ex conventi di San Domenico e di San Francesco. Ogni anno dal 1963, autori di nuove scoperte ed invenzioni in campo scientifico vengono a Erice; 76 di loro sono stati insigniti del premio Nobel dopo la loro partecipazione al Centro. Questi leader mondiali scientifici insegnano a studenti provenienti da ogni parte del mondo. Durante gli anni della guerra fredda il Centro Ettore Majorana era una delle poche sedi in cui si incontravano scienziati di Russia e Stati Uniti. Ad Erice, è stato fondato il primo nucleo di un nuovo laboratorio con il mandato di studiare le emergenze planetarie, come ad esempio l’effetto serra e il buco nell’ozono. Il centro comprende 123 Scuole postuniversitarie in tutti i campi della ricerca scientifica moderna, e distribuisce anche borse di studio a studenti meritevoli. Al fine di promuovere i valori della cultura scientifica in tutto il mondo nel 1988 è nato il “Premio Ettore Majorana - Erice - Scienza per la Pace”. Ogni anno, il Premio viene assegnato a eminenti scienziati e leader mondiali che hanno


Chiesa Madre di Erice.

Ovovia che collega Erice a Trapani.

contribuito alla promozione dei valori della cultura scientifica . Il recupero del borgo nasce dalla volontĂ di un privato con un grande senso di appartenenza al suo territorio di origine. In questo caso il privato ha provveduto al finanziamento del recupero, alla ideazione del tema di rivitalizzazione e alla divulgazione culturale del tema.

Il fatto che Zichichi sia noto al grande pubblico soprattutto per la sua attivitĂ di divulgatore scientifico, essendo un prolifico autore di libri e saggi, e per le sue apparizioni televisive, ha dato un grande slancio al Centro Ettore Majorana di Cultura Scientifica mettendolo sotto la luce dei maggiori enti internazionali. Vista su Trapani dalla torre del Castello di Venere.

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4.6 Formazione

Borgo di Terravecchia

Comune:

Giffoni Valle Piana

Provincia: Salerno Regione:

Campania

Altitudine: 472 m.s.l.m. Abitanti:

1019

23 km da

Salerno

76 km da

Napoli

20 km da

Battipaglia

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Cenni storici Le radici del borgo affondano nell’Italia antica precristiana. I Picentes23, che ne occupavano l’attuale territorio di Marche ed Umbria, con l’espansione dell’impero romano furono sconfitti e deportati nella valle a nord-est di Salerno che ancora oggi porta il nome di “Valle del Picentino”, attraversata dal fiume omonimo e cinta a nord-est dalle cime preappenniniche meridionali, i Monti Picentini. Dopo l’insediamento, i Piceni tentarono senza successo di opporsi all’impero. Il risultato fu un umiliante divieto di costituirsi in grandi nuclei sociali e la costruzione di un presidio romano sulla sommità di una collina denominata Terravecchia24. Dopo la caduta dell’Impero Romano, il borgo

fu dimenticato fino all’anno 1000 quando gli insediamenti, per effetto di una notevole crescita demografica, si trasformarono prima in casali, quindi feudi, durante l’Alto Medioevo. Furono costruiti i primi castelli e ripristinate le fortezze romane a difesa dei territori circostanti. Filosofia dell’intervento e obiettivi Il borgo medievale Terravecchia di Giffoni Valle Piana è una splendida cittadina in provincia di Salerno, nel cuore del parco dei monti Picentini.

24 borghi-reloaded.polimi-cooperation.org/borgo-diterravecchia/

Nel 2000 il borgo, per merito dell’Associazione Borgo di Terravecchia, vero e proprio motore progettuale, è diventato un importante centro nevralgico della cultura a tutto campo. L’intervento, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma Pop-Fers della Regione Campania, voleva dotare la località delle infrastrutture principali e recuperare edifici significativi per istituire un centro di formazione tecnica sul cinema, con aule e alloggiamenti inseriti in un paese-albergo.

Vista d’insieme del Borgo di Terravecchia.

Zoom su una porzione del Borgo.

23 (Piceni) erano un popolo italico storicamente stanziato nel I millennio a.C. nel territorio compreso tra i fiumi Foglia e Aterno, delimitato ad ovest dall’Appennino e a est dalle coste adriatiche

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Oggi il borgo è diventato una sapiente fusione di modernità e cultura, un complesso suggestivo in cui si incontrano pensieri e operosità delle diverse iniziative. Musica, arti visive, poesia, enogastronomia, didattica e turismo caratterizzano il nuovo borgo che si estende tra uliveti secolari e giardini. L’associazione che organizza e gestisce tutte le attività, è centro di formazione e di alta specializzazione per la valorizzazione delle tradizioni culturali attraverso l’innovazione. Organizza e gestisce itinerari artistici, storici, turistico-culturali, opera in network con agenzie formative, musei, biblioteche e associazioni con analoghi scopi di promozione culturale sul piano locale e nazionale. Sotto: Piazza San Leone Magno, sul colle in secondo piano domina il Castello di Terravecchia.

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Sopra: Ulivi secolari in una piazza panoramica.


Scorcio in una via del Borgo.

Numerose sono le iniziative nel borgo, come il FEST – Festival of European Student Theatre, un festival gestito da diverse università europee destinato a studenti che per una settimana si cimentano in laboratori di teatro, pittura, fotografia, musica, videoproduzione e liuteria. Oppure OLIVEWOOD 2006, occasione di incontro per la formazione sulla fotografia, sulla pittura, sul teatro e anche sul lavoro di liutaio. Non va trascurato il progetto “Il Borgo della Poesia” in cui 20 poeti e scrittori, tra i più importanti del circuito internazionale, provenienti da diverse nazioni e continenti, vivono il Borgo per una settimana, insieme con musicisti e studenti, giovani poeti e appassionati. Anche in questo caso si deve prendere ad esempio la costante promozione e divulgazione culturale da parte degli enti competenti e dell’associazione promotrice del luogo. La perseveranza dell’Associazione Borgo di Terravecchia ha portato il borgo alla considerazione delle più grandi istituzioni

Incontro con dei ragazzi della scuola.

attraverso una costante promozione culturale ottenendo dei finanziamenti importanti per la buona efficacia del progetto.

Vista aerea sul borgo.

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4.7 Musica

Montisi

Comune:

San Giovanni d’Asso

Provincia: Siena Regione:

Toscana

Altitudine: 413 m.s.l.m. Abitanti:

335

50 km da

Siena

22 km da

Montepulciano

12 km da

Pienza

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Cenni storici Montisi25, che si trova circa 35 km a sud est di Siena, è un antico borgo con una storia che risale al tempo degli Etruschi. I primi documenti certi risalgono al XII secolo, quando Montisi era un castello dei Conti della Scialenga, originari di Asciano e precisamente del ramo dei Cacciaconti, i quali verso il 1175 riconoscono la sovranità del Comune di Siena. Sul finire del XIII secolo, il potente Ospedale di S. Maria della Scala di Siena eredita da Simone Cacciaconti il castello e le terre intorno a Montisi e verso la fine del ‘300 vi costruisce la Grancia, una possente fortezza-fattoria di mattoni, con fossati, ponte levatoio, un bel chiostro, cantine, cisterne per l’acqua, frantoi per l’olio, il tutto dominato da una slanciata torre, simile a quella del Palazzo Pubblico di Siena. Purtroppo sei secoli dopo, la torre verrà fatta 25

www. wikipedia.org/wiki/Montisi

saltare dalle truppe tedesche, prima di ritirarsi di fronte all’avanzata delle truppe Alleate. La Comunità di Montisi ha fine nel 1777, quando il Granduca di Toscana Leopoldo, nel quadro di una serie di riforme tendenti a uniformare i vari ordinamenti in vigore nel territorio del Granducato, assegna Montisi quale frazione al Comune di Trequanda. I rapporti con il Comune si guastano verso la metà dell’800 e Montisi chiede ed ottiene di passare al Comune di San Giovanni d’Asso. Con il 1° gennaio 1878, in base ad una legge firmata da Vittorio Emanuele II Re d’Italia, Montisi diventa perciò frazione di San Giovanni d’Asso. Filosofia dell’intervento e obiettivi Il fascino e la grazia di Montisi, evidenti fin dal primo momento, invogliano il turista a vivere Veduta d’insieme del borgo.

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il borgo stesso, oltre che a favorire condizioni ottimali per lo studio. Uno degli aspetti particolari di Montisi sono i suoi 400 abitanti, estremamente orgogliosi della loro lunga storia e del loro piccolo borgo. Ma la caratteristica principale del borgo è sicuramente la presenza della Piccola Accademia Musicale di Montisi26, che favorisce una vita popolare vivace, con festival regolari e cene comuni durante tutto l’anno. Fondata nel 2007 da Bruce Kennedy27 e Alan Curtis28, entrambi clavicembalisti. La sua sede si trova nel Castello vicino al Cassero, in un palazzetto del XII secolo, caratterizzato dalla sua piccola torre. La fondazione della Piccola Accademia di Montisi è servita a fornire un centro di ispirazione per i musicisti di tutto il mondo aventi un particolare 26 www.piccolaaccademia.org/piccola-accademia/ 27 Bruce Kennedy, celebre creatore di clavicembali da concerto. www.piccolaaccademia.org/piccola-accademia/about-us/ bruce-kennedy/ 28 Alan Curtis, Clavicembalista, musicologo e direttore d’orchestra statunitense, specializzato in opera barocca. it.wikipedia.org/wiki/Alan_Curtis_(musicista)

A sinistra Bruce Kennedy e a destra Alan Curtis

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Sede dell’associazione.

interesse per il clavicembalo29, il suo repertorio e la sua storia. La Piccola Accademia mette a disposizione degli studenti e neolaureati corsi di formazione, master class e workshop eccezionali in termini di prestazioni, in quanto seguiti dai maggiori esponenti del settore. La sinergia tra la collezione di strumenti, la qualità dell’insegnamento dell’accademia, l’acustica superba, la natura tranquilla e rilassata della vita nella campagna toscana, crea un ambiente speciale in cui studiare e per essere ispirati. Dal momento che l’Accademia ha aperto le sue porte nel 2007, più di 200 clavicembalisti da più di 30 paesi si sono iscritti.

29 Clavicembalo, famiglia di strumenti musicali a corde. Questi strumenti generano il suono pizzicando la corda, anziché colpirla come avviene nel pianoforte.


Ingresso al borgo

La torre è sede e residenza per studenti.

Negli ultimi cinquant’anni l’interesse per la musica dal XVI al XVIII secolo è aumentato e il numero di musicisti che studiano la prassi esecutiva su strumenti originali dell’epoca si è ampliato moltissimo. Purtroppo però per il clavicembalo non è la stessa cosa, in quanto molti pezzi originali vengono custoditi e trattati come delle reliquie, di conseguenza se ne favorisce la conservazione ma se ne perde la possibilità di poterli suonare e ascoltare. La conseguenza di questo approccio conservativo, è che il suono autentico di questi strumenti e le intuizioni musicali che possono fornire verranno persi per le generazioni future. L’idea di base della Piccola Accademia è proprio quella di sventare tale fenomeno, quindi di raccogliere in una unica sede diversi strumenti originali (tra i quali i clavicembali) di diverse nazionalità e periodo storico; Ciò garantirà un repertorio variegato di alta qualità in grado di permettere a tutti gli appassionati, di godere del suono autentico degli strumenti e non di vederli semplicemente esposti sotto una teca di vetro. Dal 2013 l’accademia offre anche un sistema di residenze per studenti all’interno del Castello, e i corsi di perfezionamento e concerti degli allievi vengono svolti nella splendida cappella di Cura della Sante Flora e Lucilla collocata sulla strada principale di Montisi. In base alle loro esigenze, gli studenti possono scegliere residenze di varia metratura, con un soggiorno massimo di tre settimane coprendo autonomamente le spese di viaggio e le spese per l’appartamento. A completamento del borgo troviamo una pizzeria, tre ristoranti, una caffetteria, un bar e una locanda con ottimi vini. 83


Di particolare pregio è anche la Grancia di Montisi, situata sulla estremità meridionale del dentro storico del paese. Nacque come luogo di raccolta e di smistamento di materie prime provenienti dai vari poderi del paese diretti allo Spedale di Santa Maria della Scala di Siena. Aveva anche una grande torre, copia in scala minore di quella del Mangia, a Siena, che fu fatta saltare dalle truppe tedesche il 30 giugno 1944. All’interno della Grancia nell’800 era stato creato un piccolo teatro che recentemente è stato ristrutturato e riportato agli antichi splendori. Oggi con soli 58 posti è uno dei teatri più piccoli d’Italia. La Piccola Accademia dispone, per gli studenti residenti, anche di uno chef che propone ogni giorno pranzi e cene nei giardini del Castello. Il Castello dispone inoltre di una connessione internet wi-fi per gli studenti. A sinistra: Facciata della Chiesa delle Sante Flora e Lucilla. In basso a sinistra: L’interno della chiesa. Sotto: L’interno del piccolo teatro (58 posti).

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In un certo senso possiamo paragonarci a Bruce Kennedy e ad Alan Curtis in quanto, anch’essi hanno dovuto far fronte ad una rivalorizzazione del clavicembalo che si stava perdendo, proprio come noi dobbiamo rivalorizzare i centri storici minori in via di abbandono. Infatti il nostro approccio è il medesimo dei due clavicembalisti, il recupero e il riuso dell’oggetto. Anche i clavicembali sono stati restaurati prima di essere suonati ed ascoltati, proprio come i borghi che vengono prima restaurati per essere vissuti nuovamente. Il tema della musica si presta bene alla rivitalizzazione di un borgo, poiché gode del silenzio donato dalle splendide colline circostanti favorendo ispirazione per una disciplina cosi elegante.

Sopra: Foto di gruppo degli studenti all’interno della Chiesa delle Sante Flora e Lucilla.

Sotto: Enoteca della Locanda del paese.

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4.8 Musica

Provvidenti

Comune:

Provvidenti

Provincia: Campobasso Regione:

Molise

Altitudine: 570 m.s.l.m. Abitanti:

118

39 km da

Campobasso

100 km da Foggia 48 km da

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Trivento


Cenni storici Provvidenti è un comune della provincia di Campobasso e il nome è di derivazione latina ”Provvidentiae”. Il borgo ha chiare caratteristiche medioevali che sono facili da scorgere in molte costruzioni del centro abitato, dove vi è un intrico di vicoletti stretti ed angusti. La maggior parte della popolazione è costituita da pastori o contadini; la vita, con le sue abitudini, è scandita dai ritmi rituali della campagna. Più volte distrutto da calamità, ma sempre ricostruito con cura e devozione; l’ultima ristrutturazione è successiva al terremoto del 2002, con epicentro proprio tra Provvidenti e Ripabottoni scotendo l’intero Molise. Filosofia di intervento e obiettivi La scelta della location per la fase di produzione e di allestimento, ha seguito fedelmente l’imprinting romantico che permeava tutto il progetto30. Un Comune di poche anime; un centro toccato da un evento tragico (un terremoto); una collettività che vuole resistere; una comunità che, radicata al vecchio, crede ancora nella rinascita. Un agglomerato di poche case è diventato borgo della musica pronto ad ispirare, attraverso un contatto non mediato con la natura, le nuove realtà giovanili. Nel silenzio della campagna molisana, gli artisti e i gruppi musicali costruiscono il modo di proporsi, pensano ed elaborano le sonorità con le quali arredare il loro live-act. Questo intervento, come opera culturale, era finalizzato 30 html

www.provvidentiborgodellamusica.com/docufilm.

Due viste d’insieme del borgo

a dimostrare il valore di riattivazione socioeconomica che l’arte possiede. Da settembre a novembre 2006, è nato e cresciuto un laboratorio musicale di sperimentazione ed è durato fino al 2009 quando per mancanza di risposte istituzionali e spazi fondamentali alla sperimentazione culturale è terminato. Nel primo anno, il 2006, in una fase di avventura pionieristica, Provvidenti, grazie agli input lanciati dal progetto 4ventiLIVE (fase di allestimento e produzione del tour annuale di giovani artisti emergenti) avvia il risanamento e il riutilizzo di spazi, abitazioni e luoghi, da tempo abbandonati o privati della loro funzione primaria in senso civico o sociale. Le case tornano ad ospitare ”vita”, mentre un fienile “guadagna” la funzione di sala e studio 87


per prove e registrazione. L’obiettivo più grande del progetto iniziale era quello di auspicare alla costruzione di un centro di musica con auditorium, studio di registrazione, sala prove, sala per produzione di cd e videoclip ideati da i giovani cantanti e musicisti che abitano il borgo stesso. Per continuare poi nel recupero sostanziale e mirato di tutto il centro abitato da destinare al soggiorno di artisti e gruppi musicali che, con il loro seguito, potrebbero scegliere il borgo come location di eventi e concerti futuri. Un altro obiettivo da raggiungere era la costituzione di una didattica, in grado di sostenere corsi di formazione, di aggiornamento e di avviamento professionale (inserendo cosi i giovani nella difficile realtà lavorativa nazionale)

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oltre a stage, seminari e workshop. L’insediamento nel 2006 del borgo della musica in Provvidenti, pose immediatamente le basi per una riflessione legata al mondo occupazionale, e in un territorio fortemente toccato da emigrazione, antica e recente. Provvidenti, assumendo i tratti di luogo di sperimentazione di idee e di progetti, gravitanti nell’orbita delle sacche emergenti musicali, per forza di cose, era destinata a chiamare a raccolta figure professionali che, nei campi della ideazione, gestione, produzione, allestimento di eventi artistici (in senso lato), rappresentano nomi di sicura e riconosciuta eccellenza. Il risultato che tutti i volontari del progetto si aspettavano era di forgiare nuovi tecnici operanti Piazza principale in evidente stato di abbandono.


Sopra: Incontro tra un volontario del progetto e un abitante del luogo. A destra: Una via completamente abbandonata e dimenticata.

nel circuito musicale, con corsi di formazione per ingegneri e tecnici del suono, light designer e datori luci, visual editor e video maker, grafici e progettisti siti web. La realizzazione di tutto questo progetto non è stata possibile neanche sotto la spinta e l’appoggio del cantante Franco Battiato. L’intero intervento è stato visto dalla regione Molise più come “sagra di paese” che come espressione di un progetto culturale europeo soggetto di studi di ricerca in diversi atenei anche europei. La conseguenza è stata la chiusura31 del centro di musica e dell’abbandono del progetto di rivitalizzazione del borgo, in quanto vittima dell’indifferenza degli enti che avrebbero dovuto sostenerne l’iniziativa, impossibilità avvalorata anche dal fatto che il comune di Provvidenti non è riuscito a formalizzare un protocollo d’intesa con il progetto e non ha messo a disposizione dello stesso nessun spazio necessario a 31 h t t p : / / w w w. p r i m a p a g i n a m o l i s e . i t / d e t a i l . php?news_ID=20459

favorirne la crescita e sviluppo. Gli ideatori del progetto culturale sono coscienti che un progetto culturale non è un edificio inamovibile e in quanto tale vuole continuare ad esistere, anche al costo di dirigersi in altri luoghi, luoghi anche fuori regione in quanto la lista delle richieste è già lunga. Questo progetto non ha trovato un buon termine per due motivi: Il primo è dovuto all’ente promotore dell’iniziativa, che non ha previsto una vera e propria pianificazione attuativa del progetto, in quanto si è semplicemente occupato di ideare un programma forse anche troppo grande per le sue possibilità. Il secondo motivo chiama in causa la non curanza degli enti comunali che commettono un duplice errore nel sottovalutare l’importanza di un recupero di un borgo che sta morendo e non cogliendo la grande opportunità offertagli dall’organizzazione promotrice dell’evento di rivitalizzazione.

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4.9 Letteratura

Aliano

Comune:

Aliano

Provincia: Matera Regione:

Basilicata

Altitudine: 498 m.s.l.m. Abitanti:

1065

93 km da

Matera

82 km da

Potenza

107 km da Maratea

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Cenni storici Arrampicato su un colle argilloso a 498 m s.l.m., domina la Val d’Agri e il torrente Sauro nella parte centro-occidentale della provincia al confine con la parte centro-orientale della provincia di Potenza. Nel suo territorio sono presenti numerosi calanchi, che danno alla città un paesaggio del tutto unico. Data la vicinanza ai fiumi Agri e Sinni, sin dall’antichità fu centro importante di scambi tra la civiltà greca ed etrusca, come testimoniato dalla scoperta di una necropoli risalente ad un periodo compreso tra il VII ed il VI secolo a.C., contenente più di mille tombe e numerosi reperti. Nella storia recente di questo piccolo centro non si può non ricordare lo scrittore Carlo Levi 32 che qui ambientò il libro “Cristo si è fermato ad 32 Carlo Levi, Torino, 29 novembre 1902 – Roma, 4 gennaio 1975 è stato uno scrittore e pittore italiano, tra i più significativi narratori del Novecento.

Eboli”33 (1945). Levi durante il regime fascista, negli anni 193536 fu condannato al confine in Lucania a causa della sua attività antifascista e trascorse un lungo periodo in Basilicata, prima a Grassano e successivamente ad Aliano. La casa dove ha abitato Carlo Levi si trova all’ingresso del paese, sono ancora intatti la dimora e i luoghi narrati nel romanzo e nei vicoli sono incisi brani simbolo del libro. Levi ebbe qui l’occasione di scoprire un’altra Italia che era, appunto, quella contadina del Mezzogiorno. L’economia si fonda soprattutto sull’agricoltura e la pastorizia; l’abitato infatti è circondato da piantagioni di ulivo che rendono fiorente la produzione di olio d’oliva, da frutteti, e vi si 33 “Cristo si è fermato a Eboli”, Durante l’esilio racconta la scoperta di una diversa civiltà, quella dei contadini del Mezzogiorno. Veduta d’insieme del borgo.

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pratica l’allevamento caprino e ovino. La presenza di resti archeologici neolitici e la tomba di Carlo Levi rendono il paese importante dal punto di vista turistico-culturale. Filosofia di intervento e obiettivi È stato realizzato il, così detto, “Parco Letterario”34 per onorare la memoria di Carlo Levi, il paese è ricchissimo di luoghi, oggetti, eventi che ci fanno ripercorrere i passi del suo esilio degli anni ’30. La casa dove abitava Levi è stata totalmente restaurata e ora è aperta alla visitazione, i luoghi 34 Parco letterario, L’idea dei Parchi Letterari nasce alla fine degli anni Ottanta per impulso della Fondazione Ippolito Nievo. La finalità è quella di favorire opportunità innovative di sviluppo nel Mezzogiorno con il sostegno di esperienze – pilota capaci di educare e stimolare una fruizione diversificata del territorio, rispondente alla domanda di forme di turismo tematico di nicchia.

Sopra: Carlo Levi 92

Abitazione di Carlo Levi durante l’esilio ad Aliano.

descritti nel suo libro “Cristo si è fermato a Eboli” si sono mantenuti com’erano una volta, ed è possibile visitare il riallestito set cinematografico del film che porta lo stesso nome del libro, realizzato nel 1979 da Francesco Rosi con Gian Maria Volontè. Ci sono in programmazione spettacoli teatrali all’aperto e una mostra permanente allestita nell’ex municipio del paese è sempre aperta a visitazione. Il percorso turistico legato alla vita dello scrittore si chiama “Viaggi sentimentali”. Ad Aliano si svolge inoltre il Premio letterario nazionale Carlo Levi, una mostra e un Premio di Pittura. Da riqualificazioni di piazze e vie importanti alla acquisizione e ristrutturazione di Palazzi di grande valore storico e architettonico, alla creazione del “Percorso dei Calanchi” sono tanti gli interventi di valorizzazione avviati e realizzati ad Aliano dal 2008. Altri progetti di riqualificazione urbana sono stati realizzati o sono ancora in via di realizzazione, come ad esempio il recupero di immobili di proprietà comunali siti nel centro storico, nel rione “Carlo Levi”, di abitazioni da destinare ad alloggi a canone sostenibile e la realizzazione di


abitazioni di edilizia residenziale pubblica. Si ricaveranno sette alloggi. Le abitazioni saranno concesse in locazione a canone sostenibile, per un periodo non inferiore a 25 anni. L’accordo è stato firmato nel 2007 in una convenzione tra la Regione Basilicata e il comune di Aliano. Da non dimenticare è il festival “La Luna e i Calanchi”, dove per tre giorni la comunitaà è in festa, si canta, si balla, si ride, si riflette, ci si commuove e ci si perde; ci pensa la Luna a rimetterci sulla buona strada. La Luna che sorveglia Aliano, che coccola con la sua luce discreta la possenza silente dei

Sopra: Parco Letterario dedicato a Carlo Levi verso la valle. Sotto: Parco Letterario dedicato a Carlo Levi.

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Calanchi. Sposata istituzionalmente dalla Regione, benedetta da un’amministrazione comunale illuminata ha preso corpo e vigore “La Luna e i Calanchi”, l’elogio della paesologia battezzato da Franco Arminio E’ così ci si avvia per passeggiare fra i calanchi, in un sentiero volutamente sterrato, non segnato da cartelli e indicazioni. Il recupero del borgo e la sua rivitalizzazione sono incentrati sulla figura di Carlo Levi, quindi trattasi di un recupero decisamente ben radicato nella sua memoria storica. L’idea di creare un tema basato su un personaggio che ha vissuto nel luogo con una storia di vita come quella di Carlo Levi diventa vincente per la rivitalizzazione dell’intero borgo, richiamando l’attenzione di tutti gli scrittori e gli appassionati di tale disciplina, che portano dietro di se una notevole ondata di turismo di nicchia e quindi di beneficio per il territorio.

Sopra: Giovani e meno giovani che percorrono i Calanchi in occasione del Festival. A destra: Vista dall’alto di Aliano e i suoi Calanchi. 94


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Capitolo 5

Verso un turismo sostenibile e responsabile


Il turismo oggi: verso un turismo sostenibile e responsabile In questi ultimi anni una parte sempre più consistente di turisti pensa e progetta il proprio viaggio e la propria vacanza guardando anche alle tematiche della sostenibilità e della responsabilità. Ciò è anche il frutto di una sensibilità e di una maturazione sempre più marcate per trovare forme alternative di viaggio e di turismo rispetto a quelle dei pacchetti “all inclusive” e standardizzati proposti dai grandi tour operator sul mercato delle vacanze. Infatti, la “globalizzazione” è arrivata anche nel settore del turismo, offrendo spesso ai viaggiatori pacchetti preconfezionati indipendentemente dal luogo da visitare. Il rischio che si corre, suggerendo soggiorni in lussuose catene di hotel e in villaggi turistici “autosufficienti” e uniformati, è quello di perdere completamente ogni tipo di contatto con il luogo e con la sua storia. In realtà, una buona fetta di persone tende a preferire un viaggio basato sull’autenticità dei luoghi che va a visitare. Questa richiesta rigetta in qualche modo alcune forme del turismo di massa. Ciò che spinge oggi il “vero” turista a visitare paesi, regioni, città e località è il desiderio di vivere esperienze autentiche e di scoprire le peculiarità locali, sociali, ambientali, culturali e storiche. L’offerta di conseguenza dovrebbe cercare di assecondare queste richieste sicuramente positive e stimolanti per il territorio italiano. Il turismo dove basare la propria offerta sulla Nelle pagine precedenti: Corniglia (SP). E’ una delle località che costituiscono le Cinque Terre, fa parte di “I Borghi più Belli d’Italia”. 98

originalità del luogo, preservando l’esistente nella sua genuinità e tutelandolo dalla tendenza del “profitto ad ogni costo”. Per questo si deve creare “un’offerta del territorio” che, accanto ad un’adeguata accoglienza del viaggiatore, preveda il recupero di ciò che la storia ha tramandato attraverso testimonianze storiche, architettoniche e paesaggistiche. La differenza tra turismo sostenibile e turismo responsabile è ormai soltanto una sfumatura. Infatti, i principi della sostenibilità comprendono di fatto quelli della responsabilità. Il turismo sostenibile prende in considerazione l’impatto del turismo sull’ambiente, con riferimento all’inquinamento e al degrado del territorio. Il turismo responsabile valuta l’impatto etico del turismo sulla popolazione locale e il suo sviluppo economico e sociale. L’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO1), è l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della promozione del turismo responsabile, sostenibile e accessibile a tutti. E’ da questa organizzazione infatti che nasce, nel 1988, la prima definizione di turismo sostenibile: “Le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo tale da mantenersi vitali in un’area turistica per un tempo illimitato, non alterano l’ambiente (naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche”. “Il turismo responsabile è il turismo attuato 1 UNWTO: United Nations World Tourism Organization, ad essa aderiscono 156 paesi in tutto il mondi.


secondo principi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture. Il turismo responsabile riconosce la centralità della comunità locale ospitante e il suo diritto ad essere protagonista nello sviluppo turistico sostenibile e socialmente responsabile del proprio territorio. Opera favorendo la positiva interazione tra industria del turismo, comunità locali e viaggiatori.”2 Nella pratica, questa affermazione si traduce nella tendenza degli operatori turistici sensibili ai temi della responsabilità sociale d’impresa, della sostenibilità ambientale, della equità di genere e alle buone pratiche in generale, a fare molta attenzione affinché il turismo ia ideato, realizzato e complessivamente gestito in maniera tale da non generare dei fenomeni di iniquità sociale ed economica, soprattutto a danno delle popolazioni delle regioni ospitanti il turismo stesso. Questo significa che tutti gli “attori” di una esperienza di turismo responsabile, e quindi “il turista”, l’”organizzatore” e la comunità locale ospitante devono essere consapevoli di essere ognuno coinvolto in una dinamica complessa in cui tutti devono rispettare, preservare (ed a volte ideare ex novo) gli equilibri funzionali ad una sana, sostenibile e redditizia sopravvivenza degli altri protagonisti dell’esperienza turistica.

2 Definizione turismo responsabile dottata dall’assemblea di AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile) in data 9 ottobre 2005 a Cervia. Il cicloturismo è una nuova forma di turismo che si stà espandendo sopratutto in questi ultimi anni. Per sua natura è anche una delle forme di turismo più sostenibili ed attente all’ambinte. 99


Talvolta, il turismo sostenibile/responsabile viene confuso con l’ecoturismo. Si parla di ecoturismo quando la motivazione del viaggio è quella di godere di ambienti naturali e paesaggisticamente unici; ma un viaggio a contatto con la natura non è necessariamente sostenibile e/o responsabile. In pratica è sicuramente una buona pratica quella dell’Ecoturismo attuato nel rispetto dell’ecosistema all’interno del quale si svolge il viaggio, ma se questa si riducesse solo al rispetto dell’ambiente e non contenesse in se stessa anche gli elementi basilari del rispetto dell’elemento umano e sociale che compartecipa alla sua attuazione, non sarebbe un autentico

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esempio di turismo responsabile, ma piuttosto rischierebbe di divenire una pratica ingannevole che “nasconde” i propri vizi celebrando solo “alcune” sue virtù. Organizzazioni ed enti In qualità di principale organizzazione internazionale nel settore del turismo, UNWTO promuove il turismo come motore della crescita economica, dello sviluppo inclusivo e della sostenibilità ambientale, offrendo competenza e sostegno al settore. UNWTO genera conoscenza del mercato,


promuove le politiche e gli strumenti del turismo competitivo e sostenibile, promuove l’educazione e la formazione in ambito turistico, lavora per fare del turismo uno strumento efficace per lo sviluppo attraverso progetti di assistenza tecnica in oltre 100 paesi nel mondo.

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Nel 1995, nella Conferenza Mondiale del Turismo Sostenibile, viene scritta la “Carta per il turismo sostenibile”. Essa rappresenta un riferimento nella definizione delle priorità, degli obiettivi e dei mezzi necessari a promuovere il turismo negli anni a venire. Il fenomeno turistico ha una natura ambivalente essendo strumento di sviluppo economico per le regioni interessate ed occasione di conoscenza e arricchimento personale per i turisti stessi. Allo stesso tempo, tuttavia, esso rischia di essere causa di degrado ambientale e di omologazione culturale. E’ necessario quindi predisporre misure affinché all’incremento turistico non corrisponda ad un aumento di effetti negativi sulle risorse naturali e culturali locali.

L’Unione Europea riconosce il settore del turismo come uno dei settori più importanti e dinamici, in quanto esso può giovarsi di un’ampia scelta di tipologie ed offerte in virtù del ricchissimo patrimonio storico, artistico e culturale. In Europa il turismo è o sta diventando un settore economico importante. L’Unione Europea è la prima meta turistica al mondo: nel 2007 gli arrivi sono stati pari al 42% degli arrivi internazionali, generando più del 5% del PIL (indirettamente il 10%).

Nel 2005 WTO (World Trade Organization) e UNEP (United Nations Environment Programme) hanno elaborato una guida di approccio a strumenti efficaci per lo sviluppo e l’ampliamento di politiche per il turismo sostenibile. Vengono delineati dodici obiettivi del turismo sostenibile: • vitalità economica; • prosperità locale; • qualità del lavoro; • qualità sociale; • soddisfazione dei visitatori; • controllo locale;

benessere della comunità; ricchezza culturale; integrità fisica; diversità biologica; efficienza delle risorse; purezza ambientale.

Una delle Regioni particolarmente coinvolte ed attente al tema del Turismo è sicuramente la Toscana. La Toscana è sicuramente una delle mete più ambite sia dagli italiani che dagli stranieri.3 Dopo un 2012 pessimo, nel quale la Toscana ha perso oltre 600.000 presenze turistiche, il 2013 è stato un anno di sostanziale stagnazione (-0,03% le presenze rispetto al 2012)4. Infatti in Toscana nel 2013 sono aumentati gli stranieri in modo cospicuo (+3,7%), ma sono diminuiti nettamente gli italiani (-4,1%). Sul fronte degli arrivi però la Toscana continua ad essere una delle regioni più frequentate (+0,8%) soprattutto se paragonata ai dati nazionali (-4,3%). 3 La Toscana secondo una recente ricerca TripAdvisor è la regione in testa tra le intenzioni di viaggio degli italiani. 4

Dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). 101


Borghi storici: nuovi protagonisti del turismo Uno dei modi per organizzare un’offerta turistica nel segno della sostenibilità e della responsabilità è quello legato alla valorizzazione e alla promozione di piccoli borghi storici. L’Italia parte avvantaggiata poiché il mondo intero la riconosce come una delle mete turistiche principali, costellata com’è di risorse culturali, artistiche ed ambientali di grande interesse e varietà. Il contributo totale del turismo all’economia italiana nel 2013 è stato di 159,6 miliardi di euro, pari al 10,3% del PIL5. La recente crisi finanziaria ed economica dovrebbe portare a riflettere su possibili nuovi modelli di sviluppo legati alla valorizzazione anche dal punto di vista turistico delle risorse e delle ricchezze sparse nel territorio italiano. I piccoli borghi storici, elementi di cui il nostro territorio è costellato nelle forme più diverse, sono già stati presi in considerazione come meta di turismo, in particolare di turismo sostenibile e responsabile6. Affinché il turismo riesca ad arrivare nei piccoli borghi è necessario che in essi vi sia qualcosa che stimoli l’interesse e la curiosità del visitatore; è necessario che si definiscano funzioni e proposte specifiche per coinvolgere emotivamente il turista. 5 Dati dell’Osservatorio Nazionale del Turismo (ONT). 6

Vedi capitolo 2.

L’albergo diffuso “Sextantio” è stato uno dei primi esempi in questo genere di interventi. L’intero borgo di Santo Stefano di Sessanio è rinato a nuova vita dopo tale intervento. 102


E’ il caso di piccoli borghi trasformati, ad esempio, in centri benessere o luoghi dove poter degustare prodotti enogastronomici di alta qualità strettamente legati a quel territorio. Allo stesso tempo il borgo potrebbe anche stimolare la medesima curiosità perché inserito all’interno di un contesto particolare. I piccoli borghi quindi possono vantare semplicemente il loro paesaggio naturale e la tranquillità in cui sono immersi e contemporaneamente mettere in evidenza le vicine mete turistiche già consolidate sul panorama del settore, come ad esempio le innumerevoli città d’arte. E’ il caso di molti alberghi diffusi7 che stanno aumentando sull’intero territorio nazionale, coniugando sostenibilità ambientale ed autenticità; un’idea tutta italiana che ha suscitato interesse nel mondo fino ad essere presentata come modello di successo da alcune delle principali testate giornalistiche mondiali. La progressiva e costante diffusione dell’albergo diffuso è dovuta principalmente all’attenzione di una parte della domanda turistica ai contenuti di sostenibilità e rispetto dell’ambiente, proposte da alcune località di soggiorno. La naturale collocazione dell’albergo diffuso, riferendosi ad un modello ampio ed elastico definibile come “paese albergo”, vede privilegiare i piccoli centri storici, i borghi ed i nuclei di antica formazione o gli insediamenti rurali o montani, pur non escludendo la validità di soluzioni legate a singole presenze significative in contesti poco

urbanizzati. L’albergo diffuso spesso rappresenta la base della riqualificazione ed il borgo poi prende sfumature diverse arricchendo la sua proposta turistica. Di seguito sono riportati alcuni interventi di recupero di borghi o piccoli centri storici italiani già realizzati o in fase di completamento. Questi esempi sono accomunati dalla prospettiva di recupero a fini turistici, ma ciascuno di essi ha teso a declinare tale valorizzazione con modalità diverse facendo leva sulle rispettive peculiarità e tipicità.

7 Il termine “albergo diffuso” ha origine in Carnia, nel 1982 all’interno di un gruppo di lavoro che aveva l’obiettivo di recuperare turisticamente case e borghi ristrutturati a seguito del terremoto degli anni ’70. L’idea nasce da Giancarlo Dall’Ara, docente di marketing turistico ed oggi presidente dell’associazione “Alberghi Diffusi”. 103


5.1 Albergo diffuso:

Santo Stefano di Sessanio

Provincia: L’Acquila Regione: Abruzzo Altitudine: 1251 m s.l.m. Abitanti: 1178 20.7 km da L’Aquila 36.1 km da Teramo 40.6 km da Pescara

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Al 31 dicembre 2010.


Cenni storici Santo Stefano di Sessanio è un borgo fortificato medioevale che si colloca sulla sommità di un colle ai piedi del Gran Sasso. Intorno al borgo di impianto medievale sono state ritrovate testimonianze di un insediamento risalente al periodo neolitico. In epoca romana si pensa che Sextantio9 fosse attraversata da vie di comunicazione importanti e che quindi si fosse creato un insediamento amministrativo come riferimento per i centri minori di campagna e di montagna limitrofi; da questo probabilmente deriva anche l’origine del nome. Dopo la caduta dell’Impero Romano si assiste 9 Piccolo insediamento romano situato nei pressi dell’attuale abitato, probabilmente distante sei miglia da un più importante villaggio romano.

ad un conseguente abbandono e decadenza di questo sistema insediativo. Nel VIII secolo il Monastero di San Vincenzo al Volturno ricevette questa zona in dono dal re longobardo, i monaci intervengono estendendo le terre coltivabili favorendo il ripopolamento delle campagne dopo le invasioni barbariche del VI secolo. Il ripopolamento della zona fa nascere una nuova esigenza insediativa, per questo nel XII secolo si comincia quindi a dare vita all’agglomerato di case protette da mura. Tra fine XIII e inizio XIV secolo si assiste alla formazione del vasto dominio feudale della Baronia di Carapelle Calvisio, Santo Stefano si trova a ricoprire un’importante funzione strategica come primo centro della Baronia confinante con il contado aquilano. Sotto: Veduta di Santo Stefano di Sessanio

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Nel 1579 la Baronia viene ceduta a Francesco De’ Medici, Granduca di Toscana. I Medici donano grande splendore a Santo Stefano individuando qui la base operativa della Signoria di Firenze per il commercio della lana ed incentivando lo sviluppo dell’agricoltura e della pastorizia. Con i Medici si conclude anche l’opera di costruzione del borgo. Nel 1810, sotto il Regno di Napoli, il Baronato viene suddiviso in cinque comuni fra questi nasce il comune di Santo Stefano di Sessanio.

Filosofia dell’intervento L’intero intervento nasce dall’intuizione di Daniel Elow Kihlgren10 che decide, attraverso un investimento privato, di valorizzare e recuperare Santo Stefano di Sessanio. Da sottolineare è sicuramente la collaborazione e la sensibilità a favore del progetto che hanno dimostrato sia i cittadini che l’amministrazione comunale.

Il 6 aprile 2009 il paese è stato colpito dal terremoto che ha abbattuto la Torre Medicea, simbolo del borgo, e alcune abitazioni, danneggiandone molte altre.

10 Daniel Elow Kihlgren classe 1966, sangue svedese da parte di padre, famiglia agiata di costruttori. E’ cresciuto a Milano, viaggiando e fuggendo spesso in giro per il mondo dove ha trascorso una giovinezza “inquieta”. Ha studiato filosofia, ha fondato nel 1999 la società Sextantio, che effettua interventi di acquisto, restauro e gestione di borghi abbandonati riconvertiti in alberghi diffusi e immobili per la vendita.

Veduta aerea di Santo Stefano di Sessanio.

Piccola piazzettina del borgo.

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Il recupero dell’esistente tramite tecniche costruttive sostenibili e con l’utilizzo delle materie prime locali ha consentito l’annullamento della costruzione di nuove cubature. Gli interventi effettuati sul costruito sono di carattere altamente conservativo. Ciò non significa ricostruire in maniera fanatica, ma si è cercato di creare un’atmosfera lirica con gli elementi del territorio creando anche nuovi stimoli per la popolazione locale nella creazione di botteghe artigiane e piccole attività commerciali. Nelle abitazione gli interventi cercano di portare alla luce la forma originaria, cancellando e rimuovendo le tracce degli interventi anni sessanta e settanta. Naturalmente gli interventi sono serviti anche ad adeguare gli spazi ai contemporanei standard di comfort.

Sopra: piccola vicolo del borgo. Sotto: sistemazione interna di una stanza dell’albergo diffuso Sextantio.

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Non è stata trascurata la comodità, sono stati infatti inseriti elementi di arredo contemporaneo, ben distinguibili dal resto. Un recupero filologico permette di rendere facilmente distinguibili gli interventi attuali, aiutando così a comprendere l’unitarietà del borgo. La stretta collaborazione fra privato e pubblico ha reso possibile un intervento attento e mirato. L’operazione effettuata sul borgo ha smosso una serie di attività commerciali di alto livello ed incrementato il turismo sostenibile. Il borgo di Santo Stefano di Sessanio è stato inserito nel network “I Borghi più Belli d’Italia”. L’intero intervento è stato possibile solamente grazie alla figura di Daniel Elow Kihlgren che ha messo a disposizione una grande somma di investimenti e la sua grande capacità

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comunicativa. I risultati ottenuti sono sorprendenti. Nel 2001, quando è iniziato l’intervento di recupero, il 75,5% delle abitazioni non era utilizzato, la popolazione durante il novecento era diminuita del 90% contando 112 persone, le strutture alberghiere erano 3 con un totale di 79 posti letto e 285 presenze annue. Questi dati sono stati completamente capovolti nel 2008 poiché si sono registrate 7.300 presenze (l’87% provenienti dall’Italia) e le strutture ricettive si sono moltiplicate. Inoltre l’intervento ha determinato un incremento di valore degli immobili che hanno visto una crescita del 90% fra il 2006 e il 2008. La risonanza dell’intervento è stata non solamente nazionale, ma anche europea ed internazionale.


L’ albergo diffuso L’offerta ricettiva mette a disposizione 12 alloggi con un numero di posti letto superiore a 200. Questo è un dato molto significativo se pensiamo che nel 2009 gli abitanti del paese erano poco più di cento. La maggior parte della comunità residente ha trovato nell’azione di valorizzazione del borgo un’opportunità di lavoro, aumentando il tasso di occupazione di 30 volte. Oltre agli alloggi sono stati realizzati un centro relax, una sala ristorante, otto spazi conviviali, una sala convegni e sei botteghe.

la loro integrità, l’anima della storia che senti uscire pura dal territorio.”11 11 Intervista rilasciata da Daniel Elow Kihlgren a Repubblica nel marzo 2011. A sinistra e sotto: sistemazione interna di alcune stanze dell’albergo diffuso.

L’albergo diffuso sembra essere una naturale destinazione per per i piccoli borghi da riqualificare. Le piccole case diventano le stanze ed i piccoli vicoli i corridoi dell’albergo. Questo genere di intervento non stravolge le conformità architettoniche del borgo. Fa sicuramente riflettere il pensiero di Daniel Elow Kihlgren il quale ritiene che “purtroppo nel nostro Paese non abbia mai trovato spazio la cultura del paesaggio. Se una cosa non ha una firma, non è davvero considerata “patrimonio”. In Italia Giotto è da tutelare, Villa Medici è da tutelare. Questi borghi incastellati,con case e mura costruite non si sa da chi, non sono il frutto di una ricerca estetica, ma il prodotto socioantropologico di una comunità. E così non interessano a nessuno, non sono intesi, nella loro coralità, come dei “beni culturali”. Eppure, sarò matto, ma non riesco a trovare niente che sia più seduttivo di questi luoghi, con 109


5.2 Ecovillaggio:

Torri Superiore

Comune: Ventimiglia Provincia: Imperia Regione: Liguria Altitudine: 86.1 m s.l.m. Abitanti: 20 61.2 km da Imperia 122 km da Savona 172 km da Genova

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Cenni storici Torri Superiore è un borgo medioevale che si trova in Liguria ai piedi delle Alpi liguri, in realtà si tratta di una porzione del paese di Torri, piccolo agglomerato urbano di origini medioevali. La data di fondazione non è certa, ma grazie agli studi di Eugenio Cais De Pietrlas12 si è rintracciato un documento del 1073 che nomina per la pima volta Torri. Probabilmente a causa della sua posizione strategicamente favorevole per il controllo della Val Bevera e la vicinanza al mare le sue torri medioevale erano avamposti militari. 12 Eugenio Cais De Pietrlas (Nizza 1842 – Torino 1900), è stato uno storico italiano specialista in medievalistica della Contea di Nizza Veduta del borgo di Torri Superiore.

La particolare struttura di difesa del borgo è testimone dei numerosi periodi di invasioni dalla costa in epoca medioevale e moderna la zona era particolarmente soggetta a incursioni e saccheggi, soprattutto da parte dei pirati saraceni. Insediamenti come questo a metà fra la città, il villaggio e l’insediamento militare sono tipici della costa ligure. L’economia dei questi borghi era legata all’agricoltura e molto importante e sentito era il valore della comunità. Le forme di intensa vita comunitaria sono testimoniate anche da una grande sala usata come cucina e la presenza di un forno comune. Tali forme associative garantivano la continuità della comunità tramite la tutela del patrimonio e della famiglia. La composizione dell’agglomerato non risale al medesimo periodo storico, ma sicuramente

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i lavori si sono prolungati per diversi secoli, alcune porzioni della fitta trama costruttiva sono state ultimate alla fine del settecento. E’ proprio in quest’epoca che il villaggio raggiunse la sua massima densità, probabilmente le strutture riuscivano ad ospitare più di duecento abitanti. Lo spopolamento del borgo ha inizio nell’ottocento ed è dovuto principalmente alla carenza di lavoro; ha contribuito inoltre la collocazione geografica che ha visto per più di un secolo un continuo cambio di confine fra Italia e Francia. Negli anni Ottanta nel borgo era rimasto un unico residente. Foto di alcune parti del borgo prima dell’intervento.

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Filosofia dell’intervento L’intervento ha inizio nel 1983 per volere di una coppia di Torino che nel 1989 fondano l’ “Associazione Culturale di Torri Superiore”13. La filosofia dell’intervento viene ben descritta dallo statuto dell’associazione stessa: fra le finalità c’è quella di “dare vita ad una comunità basata sull’armonia e sul rispetto delle persone, della natura e dell’ambiente, superando ogni tipo di dogma e di ideologia precostituita.” In questo caso l’accento non è messo sull’aspetto del recupero del patrimonio culturale, architettonico e paesaggistico, ma sulla reazione di una società diversa; infatti si legge: “Torri Superiore rappresenta un prezioso patrimonio storico culturale del territorio e per i propri caratteri urbanistici è idoneo alle finalità culturali ed umane che si vogliono perseguire”

valorizzando gli originali caratteri architettonici ed urbanistici seguendo i criteri ambientali e naturalistici su cui è fondata la comunità. Prima dell’intervento il luogo si presentava in condizioni pessime. Il punto di forza del borgo è sicuramente la conservazione dei suoi caratteri originali: l’impianto urbano, la tipologia architettonica ed i materiali. La struttura medioevale del borgo è ancora oggi completamente visibile, essa è composta da tre corpi principali separati da due vicoli interni in parte coperti. La maggior parte dei soffitti dei fabbricati sono costituiti da volte a botte o a crociera e i vari vani sono collegati fra loro da un intricato labirinto di scale e terrazze.

A Torri Superiore oggi abita una comunità di 20 persone tra adulti e bambini, e nella bella stagione è frequentata da molti turisti, amici e volontari da tutto il mondo. Il progetto ambizioso era quello di restaurare l’itero borgo antico e di fondare una comunità in parte stabile che condividesse questi principi. Sicuramente in questo stile di vita è molto forte il legame con la natura. L’ecovillaggio infatti può essere definito come un insediamento abitativo a misura d’uomo nel quale ci si impegna a creare modelli di vita sostenibile in armonia con l’ambiente. Il borgo è stato interamente recuperando seguendo i principi della bioarchitettura. La valorizzazione è avvenuta proteggendo e 13 http://www.torri-superiore.org A destra: veduta di un piccolo vicolo del borgo di Torri Superiore dopo l’intervento di recupero. 113


La struttura architettonica è interamente in pietra locale e si sviluppa su otto livelli diversi. All’interno si contano 160 vani collegati da scale, vicoli e terrazze per una superficie utile di tremila metri quadri. Lo studio delle strutture edilizie da recuperare e delle tecniche costruttive del territorio ha permesso di redigere un progetto di recupero che preservi le caratteristiche originali integrandole con moderne tecnologie che permettono una vita confortevole, ma a basso impatto ambientale. L’acqua calda sanitaria è prodotta con pannelli solari e i terminali degli impianti di riscaldamento sono costituiti da superfici radianti a bassa temperatura sia nella struttura ricettiva sia in alcune case private assicurando comfort termico e risparmio energetico. L’energia elettrica viene fornita da una ditta privata ed è prodotta interamente da fonti rinnovabili. Le acque reflue sono raccolte e riutilizzate in un sistema di compostaggio. Alcune abitazioni del borgo illuminate durante la sera.

L’ecovillaggio Attualmente si contano circa 20 unità abitative, in cui risiedono 14 nuclei familiari. All’interno della proprietà associativa è operante una struttura ricettiva aperta ai soci e agli ospiti con 24 posti letto, un ristorante da 70 coperti suddivisi in quattro sale da pranzo, cucina e laboratori, bagni e reception per una superficie di 189 mq. Inoltre dal 2002 è presente una sala per attività di 30mq. Il centro turistico, in gestione dal 1998 da una cooperativa, è aperto per 10 mesi all’anno e i dati confermano che le presenze sono di circa 4200 ospiti all’anno. Sono molti gli spazi comuni all’interno del villaggio, le parti private sono concepite per una migliore qualità della vita soprattutto per una residenza a lungo termine. I momenti dei pasti sono collettivi sia per la popolazione residente che per gli ospiti, infatti all’interno delle abitazioni è raro trovare una zona adibita a cucina. All’interno del borgo inoltre troviamo un laboratorio artigianale per la produzione di sapone biodegradabile, una bottega di ceramica, un’area polivalente adibita a corsi di yoga ed altre discipline oltre a spazi adibiti alla vendita dei prodotti coltivati. L’atmosfera di Torri Superiore è semplice ed informale, e ci si può inoltrare anche nell’entroterra, per belle passeggiate nei dintorni e ricercare momenti di solitudine e tranquillità Gli esperti camminatori possono percorrere la rete del Sentiero Balcone che collega l’Italia con la Francia, godendo di viottoli e mulattiere che fendono le colline e cadono a picco sul mare. Si possono frequentare i corsi degli abitanti e

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partecipare alla vita quotidiana dell’ecovillaggio, conoscerne la storia e i progetti futuri. Sono organizzati convegni ed incontri sui temi ambientali, sulla permacultura e su argomenti attenti alla filosofia della comunità. I turisti che vengono a Torre Superiore possono concedersi qualche giorno di relax ai piedi della Alpi Marittime, contemplando il mare ligure. Qui si possono gustare i prodotti chilometro zero tipicamente mediterranei: carne, pesce, formaggio e frutta fresca. Sono presenti orti e frutteti che forniscono verdura e frutta fresca. La produzione di molti alimenti avviene in casa: olio d’oliva, pane, pasta fresca, miele, marmellata, yogurt, gelato, tisane di erbe locali. Il cibo che acquistato è in gran parte biologico, preferibilmente di provenienza locale. Tutti gli scarti di cibo vengono usati per nutrire gli animali o sono compostati. Tutti i nostri rifiuti vengono differenziati e, dove possibile, riutilizzati e riciclati. Grazie all’intervento di recupero il borgo ha visto un aumento del valore degli immobili del 500%. Forse l’aspetto che ha ottenuto più risultati è la replicabilità dell’intervento, infatti Torri Superiore è diventato il riferimento pratico per l’utilizzo di tecniche di bioedilizia, per l’orientamento alla riduzione dei consumi, per la produzione finalizzata al l’autoconsumo e per la condivisione degli spazi. Inoltre verrà potenziata l’offerta turistica con l’ampliamento della fornitura dei servizi e di ulteriori stanze, che ovviamente saranno limitate per via del perimetro circoscritto di un borgo medievale. A destra: alcune abitazioni durante una giornata di festa nel borgo. 115


5.3 Turismo sociale:

Riccia

Provincia: Campobasso Regione: Molise Altitudine: 86.1 m s.l.m. Abitanti: 5.50314 16.5 km da Campobasso 39.5 km da Benevento 51.4 km da Isernia

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Al 31 dicembre 2010.


Cenni storici Recenti studi condotti sul territorio hanno evidenziato come il suolo riccese fosse abitato già in epoca sannita. Si presume che Riccia abbia avuto origine da una colonia romana stabilitasi sul territorio in seguito alla legge sillana. Nel 642 giungono a Riccia gli Schiavoni, scampati all’eccidio del duca Rodoaldo, nella battaglia dell’Ofanto. Le notizie del periodo longobardo e di quello successivo normanno riguardanti l’abitato riccese sono molto scarse e poco attendibili: di certo, sappiamo che nel XII secolo Riccia era feudo ecclesiastico del Monastero dei SS. Pietro e Severo di Torremaggiore. E’ molto probabile che tale condizione si protrasse per tutto il periodo svevo.

All’inizio della dominazione angioina, il feudo riccese venne concesso al giurista Bartolomeo de Capua, primo duca di Termoli ed appartenente alla illustre stirpe dei Conti di Altavilla; a Luigi de Capua succede Andrea De Capua nel 1397. Le vicende storiche di Andrea e della bellissima moglie Costanza di Chiaromonte sono ormai ritenute le pagine più belle di vita medievale tra le mura dell’antico borgo riccese. Non si hanno date certe sulla costruzione del castello di Riccia, ma quasi sicuramente l’edificio risale, come tanti altri insediamenti difensivi molisani, all’epoca longobarda. I primi lavori eseguiti sulla fortezza risalgono al 1285 e furono voluti da Bartolomeo di Capua; nel 1515 invece il castello fu ristrutturato dal Principe Bartolomeo III di Capua. Veduta aerea del centro storico di Riccia.

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La Torre che caratterizza il borgo, da poco restaurata, sorge sul limite di uno strapiombo roccioso. Alta quasi venti metri, ha pianta cilindrica e conserva sulla cima un coronamento di beccatelli in pietra. Particolare è il serbatoio per l’acqua, scavato interamente nella roccia sotto la torre, nella parte più profonda della quale sono conservati i resti delle carceri con relative camere di tortura.

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Accanto alla torre principale resta anche una torretta secondaria, a difesa dell’entrata e del ponte levatoio. La torre principale aveva come funzione quella di vedetta, data la sua posizione dominante su tutta le valle, e costituiva il mastio principale del castello appartenuto ai di Capua. Passaggio all’interno del borgo.


Filosofia dell’intervento Nel centro storico di Riccia si sta avviando la realizzazione di un innovativo progetto turistico orientato al Benessere e alla Terza età. La strategia di valorizzazione del Borgo del Benessere a Riccia si basa sull’implementazione di un sistema di accoglienza diffusa particolarmente innovativo quale quello dell’albergo diffuso e fa riferimento più in generale alla famiglia dell’Ospitalità Diffusa nei Borghi che nel corso degli ultimi anni ha trovato terreno di sviluppo particolarmente fertile in Molise. Il progetto di Riccia tratta un sistema di accoglienza diffuso, specializzato nel turismo parasanitario, della salute e del benessere che, oltre alle attività ricettive, garantisce anche servizi di natura socio-sanitaria e servizi culturali e di intrattenimento potendo far leva sulle peculiari componenti naturalistiche, ambientali e culturali locali. Un modello alternativo di residenzialità e di vacanza destinato ad un target di utenza in continua crescita sia nel nostro Paese che all’estero, in fuga dalle grandi città ed in cerca di esperienze autentiche. Un sistema ricettivo “protetto”, organizzato ed attrezzato con spazi, servizi comuni e per il tempo libero nel quale gli anziani che necessitano di riabilitazione e/o assistenza trovano accoglienza in alloggi ristrutturati del centro storico con la possibilità di accogliere anche familiari ed amici offrendo. Molte sono le opportunità di relax e di svago per trascorrere piacevolmente il tempo libero a disposizione e beneficiare delle eccellenze che il contesto locale è in grado di offrire. L’area del Fortore Molisano, in cui si inserisce il Comune di Riccia, è un territorio ancora

incontaminato sia per quanto riguarda il suo patrimonio naturalistico-ambientale che per ciò che concerne il settore turistico che, in linea con il trend regionale, non raggiunge ancora numeri consistenti. Le particolarità ambientali, i beni archeologici e architettonici, l’artigianato, i prodotti enogastronomici e le tradizioni popolari costituiscono risorse locali diffuse sul tutto il territorio, compensando la mancanza di grandi attrattori turistici di richiamo nazionale e internazionale. Il progetto pilota del Borgo del Benessere a Riccia é in fase di avvio grazie all’apporto di una serie di finanziamenti pubblici. L’avvio della gestione del sistema è previsto entro la fine del 2015. Il castello che domina il del borgo.

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Gli interventi già avviati riguardano: • la ristrutturazione degli immobili di proprietà privata, ma in fase di acquisizione da parte del Comune destinati alla ricettività; • la realizzazioni di spazi comuni; • la riqualificazione funzionale delle aree e degli spazi pubblici a servizio della residenza diffusa; • alcuni interventi di valorizzazione della Chiesa di S. Maria delle Grazie; • si sono attivati accordi di collaborazione e di co-marketing con soggetti istituzionali e operatori privati (Università Terza Età, Sovrintendenza, cooperative di servizio, artigiani ,etc.) al fine di poter offrire agli ospiti una vasta gamma di servizi per mantenere il fisico e la mente attivi; • interventi ed accordi per garantire condizioni di efficienza e sostenibilità ambientale (progetto rifiuti zero, compostatore umido urbano, interventi di efficientamento energetico per l’illuminazione pubblica, percorso benessere, piano del colore, etc.).

A sinistra: la torre a base cilindrica, caratteristica del borgo di Riccia. A destra: interno della chiesa di Santa Maria delle Grazie. 120


Il borgo del benessere All’interno del borgo troviamo diversi edifici riqualificati, ma anche molte aree verdi e spazi comuni. Alcuni immobili ubicati nel centro storico di Riccia da destinare a ricettività turistica e residenzialità socio-sanitaria con la possibilità per gli ospiti di accogliere ed ospitare anche familiari in visita, amici, turisti, ecc. Circa dieci immobili per una consistenza di circa 40-50 posti letto. L’alloggio tipo, costituito da un piano terra e da un piano primo, sarà dimensionato per ospitare fino ad un massimo di quattro persone garantendo il massimo comfort e le più idonee condizioni di accessibilità. E’ stata necessaria la realizzazione di spazi comuni a servizio degli ospiti che verranno adibiti a uffici, reception, spazi di aggregazione, centro benessere, ristorante e piccola sala cinematografica. Inoltre, sono state necessarie alcune opere infrastrutturali (piazze e pavimentazioni con le varie dotazioni impiantistiche e tecnologiche) in cui verranno localizzate attività commerciali e di prossimità all’interno degli spazi recuperati, il piano del colore nel centro storico. Sono stati realizzati anche spazi espositivi e congressuali in prossimità della Chiesa di S. Maria delle Grazie. Verrà data inoltre la possibilità agli ospiti di prendersi cura di orti e giardini localizzati a pochissima distanza dalle abitazioni del centro storico. E’ prevista la realizzazione di percorsi attrezzati idonei alle passeggiate.

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5.4 Enogastronomia:

San Felice

Comune: Castelnuovo Berardenga Provincia: Siena Regione: Toscana Altitudine: 334.7 m s.l.m. Abitanti: 14.4 km da Siena 33 km da Arezzo 51.5 km da Firenze

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Cenni storici Il borgo si sviluppa attorno alla Pieve San Felice in Pincis, sorta su antichi insediamenti etruschi, consacrata al martire San Felice da Nola. Già dal X secolo la Pieve viene attestata come una delle più antiche del Chianti. I possedimenti ed il borgo medioevale condivisero le traversie storiche di tutto il comprensorio, nei conflitti, spesso armati, sia con Firenze o Siena, che con il Papato. La Pieve passò via via attraverso varie amministrazioni, da quella religiosa alla proprietà di eminenti famiglie locali, fra queste i senesi Cerretani fino al XIX° secolo e infine i Del Taja. E proprio sotto la famiglia Del Taja che l’azienda trascorre un periodo di splendore fino alla prima metà del ‘900, essendo tra i fondatori del nascente “Consorzio del Chianti Classico”. Saranno i Del Taja ad introdurre, a cavallo tra ‘800 e ‘900, quelle consistenti variazioni urbanistiche ed architettoniche tuttora visibili.

Oggi il borgo è rinato grazie agli accurati restauri conservativi operati a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso. Piccolo tesoro d’arte è la chiesa della Pieve, probabilmente di origine romanica e ricostruita nel 1705, con interventi operati nel primo ‘900. La chiesa conserva, oltre ai resti della pieve originaria, interessanti opere del ‘600 e del ‘700, decorazioni e dipinti, come la pala d’altare del senese Sebastiano de Floris. Anche il borgo, nella stessa epoca, subì opere di ricostruzione e nuovi fabbricati furono edificati, come il maestoso Palazzo Padronale, mantenendo tuttavia la sua fisionomia originale: loggiati, scale, viuzze, tabernacoli, pavimentazioni, restano suggestivi elementi, tipici della cosiddetta architettura spontanea contadina. I più recenti interventi per la trasformazione del borgo nel complesso che vediamo tutt’oggi hanno infine operato enormi miglioramenti ma Il pergolato del piccolo borgo.

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sempre nel rispetto delle architetture tradizionali. Borgo San Felice d’altronde è al centro di un territorio dove l’Arte è regina: Firenze, Siena, San Gimignano, ovunque ci si rechi in un raggio di pochi chilometri, troviamo città, architetture, chiese e musei ricchi di opere mirabili famose in tutto il mondo. Filosofia dell’intervento Il borgo di San Felice è immerso nello stupendo paesaggio chiantigiano. Il territorio del Chianti, al centro di una regione, la Toscana, già famosa per il fascino naturistico, è specialmente apprezzato per la sua bellezza. Il caratteristico paesaggio, da sempre protetto e salvaguardato, è anche il risultato di secoli di interventi dell’uomo mirati a migliorare le caratteristiche naturali di una terra già particolarmente accogliente. All’interno del borgo è possibile degustare ed acquistare i nostri vini ed i nostri oli nell’enoteca, assaggiare i piatti del nostro chef al ristorante Poggio Rosso e soggiornare nel prestigioso prestigioso Relais “Borgo San Felice”. Di altissima qualità il ristorante Poggio Rosso, affidato ad un rinomato chef, dove degustare raffinati e creativi piatti, accompagnandoli con i pregevoli vini San Felice. L’Hotel Borgo San Felice è il luogo ideale per trascorrere una vacanza all’insegna dell’arte, della natura, del relax e del piacere; molto apprezzato da un’entusiasta clientela cosmopolita. Nell’antico borgo San Felice, di fronte al Giardino delle Erbe Buone, gli ospiti ed i numerosi visitatori possono trovare tutto l’anno una fornita enoteca nella quale degustare ed acquistare i prodotti dell’azienda. 124

In questo suggestivo ambiente, tra le antiche mura e le volte a botte dell’edificio ristrutturato sulla base di un rispettoso intervento di restauro, è possibile capire le differenze delle varie tipologie vinicole e imparare ad orientarsi tra le diverse etichette dei nobili vini e dei pregiati oli San Felice potendo degustare i prodotti. Inoltre è possibile visitare l’intera azienda. Essa fa da padrona all’intero complesso, essa è qualcosa di più di una semplice azienda produttiva. L’azienda negli ultimi decenni ha visto estendersi in quantità e qualità i propri impegni sul fronte vitivinicolo, in particolar modo anche sul fronte della ricerca scientifica. Contemporaneamente si sono estesi gli interessi nei confronti della hotellerie, della zootecnica e della salvaguardia ambientale. Tutto questo presuppone non solo una puntuale organizzazione e competenze molto evolute, ma anche una cultura d’azienda sofisticata, nonché un senso etico del lavoro ed una comunione di intenti. Agricola San Felice è da sempre impegnata in programmi di ricerca sperimentale volti soprattutto alla valorizzazione della produzione Sangiovese. Una visione pionieristica che poi si è quasi naturalmente integrata con l’istanza di riscoperta e salvaguardia del patrimonio genetico degli antichi vitigni autoctoni, allo scopo di esplorarne e verificarne le qualità anche nel contesto della produzione attuale. Della bontà del progetto Agricola San Felice fanno d’altronde fede il successo, la costante crescita ed i numerosi riconoscimenti ricevuti.

A destra: veduta della piccola piazzetta del borgo.


Enogastronomia Il borgo, dopo un restauro profondo ma attento a preservare tutte le caratteristiche urbanistiche ed architettoniche originarie, è divenuto un hotel affiliato alla rinomata catena del lusso Relais&Chateaux. Questo raffinato albergo dislocato tra il Palazzo Padronale e le case medioevali, dispone di camere e suite estremamente lussuose ed eleganti, arredate con mobili dell’alto artigianato antiquario toscano, ma dotate di tutti i comfort più moderni: piscina, centro benessere, sale per convegni, campi da tennis sono affiancati da attività tipiche, come l’enoteca, l’orto delle piante officinali e le grotte di conservazione ed affinamento dei genuini prodotti della gastronomia locale.

Svariate sono le attività ricreative proposte agli ospiti: visite delle cantine dell’Azienda Agricola San Felice con degustazione guidata di vini e prodotti; visite ad altri produttori vitivinicoli e di prodotti tipici toscani; trattamenti benessere esclusivi nel Centro Benessere firmato dottor Vranjes; shopping presso boutique di alta moda e outlet presenti sul territorio circostante; visite culturali nel senese, a San Gimignano, nel Chianti o in tutta la regione Toscana; esperienze offerte dai tour della zona quali il tour guidato alla scoperta delle tradizioni e della storia, la scoperta di auto d’epoca o il volo in mongolfiera. Molte sono le attività sportive proposte, nel albergo sono disponibili: due campi da tennis in erba sintetica; il campo da bocce; una piscina all’aperto, riscaldata in inverno; palestra attrezzata. Inoltre per gli sportivi è possibile praticare trekking, andare in bicicletta usufruendo delle bici messe a disposizione gratuitamente dall’albergo e praticare escursionismo nelle città vicine come San Gimignano, Volterra, Arezzo, Montepulciano e Montalcino. Disponibili nelle immediate vicinanze del complesso attività come equitazione e golf. L’azienda è composta da diversi elementi: • le tenute, con i pregiati vigneti ed oliveti; • il Vitiarium, con le attività di sperimentazione scientifica; • le cantine, dove si dispiega tutta la filiera della produzione, dalla vinificazione, all’affinamento in legno e all’imbottigliamento; • il frantoio, dove viene prodotto l’olio; • le sedi aziendali, e l’enoteca all’interno del borgo; • la zootecnia, con gli allevamenti di razze pregiate. 125


5.5 Non solo escursioni nella natura:

Rocchetta

Comune: Acquasanta Terme Provincia: Ascoli Piceno Regione: Marche Altitudine: 237.1 m s.l.m. Abitanti: 14.2 km da Ascoli Piceno 27.4 km da Teramo 28.2 km da Fermo

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Cenni storici

Filosofia dell’intervento

Il borgo di Rocchetta è una frazione del comune di Acquasanta Terme, in provincia di Ascoli Piceno. Ha un’origine molto antica: il primo riferimento ufficiale compare in un capitolo dello stato di Ascoli, del 1255. Una vertenza del 1356, esposta da abitanti del borgo contro un tale Fra Marino, costituisce prova dell’avvenuta organizzazione di Rocchetta in villa. Il catasto ascolano del 1458, inoltre, documenta la ricchezza e il prestigio di Rocchetta nel XV secolo.

Rocchetta si erge a oltre 900 m s.l.m., nel preappennino, dominato dal Monte Ceresa (1494 m s.l.m.), compreso tra il Parco dei Sibillini (a Nord-Ovest) e quello del Gran Sasso e Monti della Laga (a Sud). Numerosissime le frazioni che, con le loro particolarità storiche, morfologiche, naturalistiche, impreziosiscono l’area. Acquasanta Terme, capoluogo di un vasto territorio, comprensivo di oltre cinquanta frazioni, vanta la presenza di sorgenti idrosolforose, dalle notevoli proprietà terapeutiche.

Il piccolo borgo di Rocchetta arroccato sulla collina.

L’idea cardine è quella di far tornare a vivere il borgo e rendere Rocchetta nuovamente accessibile. La scommessa è verificare una risposta

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all’offerta di un’esperienza di vita unica che unisca, in modo del tutto naturale e armonico, antico e moderno, passato e presente. Il desiderio di immergersi nella natura con quello di vivere un’esperienza di storia rurale Italiana, che si nutra di cultura, arte, sport e scoperta di tradizioni eno-gastronomiche. Restituire alla vita un borgo medievale fantasma nelle Marche anche per dare slancio all’economia della zona e creare nuova occupazione. Il progetto nasce dalla volontà di Simone Mariani, un imprenditore-manager classe 1977 con la passione dei luoghi incontaminati in cui passare qualche giorno in tranquillità e a contatto con la natura. E’ stato scelto questo borgo per una particolarità: è “verticale”. Il borgo è costruito, infatti, su quattro livelli sovrapposti e le case sono incastonate nelle balze di arenaria: a una certa distanza non si riesce a distinguere la parte naturale dalla parte di roccia. Un po’ come i Sassi di Matera, dove le cavità rocciose furono sfruttate per facilitare le costruzioni. L’imprenditore ha studiato la storia del posto, scoprendo che era disabitato dalla fine degli anni ’70, ed ha contattato i vecchi proprietari degli immobili per convincerli a vendere. Per realizzare il progetto, Mariani ha coinvolto la facoltà di Architettura dell’Università di Firenze per mettere a punto il progetto di recupero, ha costituito una società ad hoc con la sua famiglia e ha dato avvio alla ristrutturazione, che comporta un investimento dai 150 ai 300 mila euro per ogni fabbricato. A sinistra: dettaglio della sistemazione interna. A destra: uno dei fabbricati del borgo prima dell’intervento di recupero. 128


L’idea è nata per caso nel 2004, quando Mariani voleva cercare un casolare sull’appennino marchigiano in cui ritirarsi con famiglia e amici nei fine settimana. Poi, conquistato dal posto, ha partorito il progetto di acquistare tutti i fabbricati disabitati (una quindicina) e 130 ettari del parco agricolo circostante per far rinascere definitivamente il borgo di Rocchetta. Il borgo Rocchetta che ha in mente Mariani è una meta per il turismo naturalistico ed enogastronomico di persone che hanno voglia di recuperare una dimensione quasi ascetica. Il paesino diventerebbe una base di partenza per passeggiate all’aria aperta in antichi sentieri montani, trekking, equitazione, escursioni in mountain bike. Dal territorio circostante si ricaverebbero specialità di bosco come castagne, noci, frutta e tartufo nero. Insieme all’agricoltura, l’augurio è di recuperare anche l’artigianato locale. “La zona di Acquasanta terme (il Comune in cui ricade il borgo in via di ristrutturazione) è nota per i bacini di estrazione del travertino e dell’arenaria: mi piacerebbe creare dei laboratori in cui i giovani possano lavorare la pietra, sia come scalpellini che come scultori”, immagina Mariani. Si potrebbe puntare anche sulla lavorazione del legno: già intorno al ‘700, quando il villaggio contava circa 500 persone, c’erano botteghe di falegnameria. Secondo le prospettive di chi sta portando avanti l’iniziativa, se il borgo fosse recuperato e operativo ci sarebbero buone prospettive occupazionali: almeno una ventina di persone potrebbero orbitare intorno ai servizi come l’ospitalità, la ristorazione, la gestione delle strutture ricreative e culturali, la cura del parco agricolo.

Finora, fase progettuale a parte, nel restauro dei primi fabbricati hanno già lavorato una ventina di professionisti tra ricercatori, ingegneri, geometri, impiantisti, botanici e sono state coinvolte due imprese di costruzione della provincia di Ascoli Piceno. Dedicato a chi pensa che valorizzare il paesaggio italiano non sia una priorità e che la cultura non dia da mangiare. Il borgo è circondato da ambienti naturali e da elementi di attrattiva turistica. E’ presente, oltre all’area residenziale, un rifugioristoro, un anfiteatro in pietra, un osservatorio panoramico ed un osservatorio naturalistico. Inoltre sempre nei pressi del borgo sono presenti percorsi pedonali e ciclabile ed un castagneto secolare. Il borgo inoltre ospita molte iniziative ed eventi legate alla storia ed alla cultura degli appennini oltre ad iniziative di tipo enogastronomico.

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5.6 Bioagriturismo didattico:

Borgo Cerquelle

Comune: Pontelandolfo Provincia: Benevento Regione: Campania Altitudine: 484.7 m s.l.m. Abitanti: 18.9 km da Benevento 30.5 km da Campobasso 38.7 km da Caserta

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Cenni storici

Filosofia dell’intervento

Borgo Cerquelle è situato in Campania, sulle colline del Sannio Beneventano nel comune di Pontelandolfo, a circa 600 mt. s.l.m. Il borgo è formato da case rurali in pietra edificate tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘900, caratterizzate da portali, scale, loggette ed archi tipici dell’architettura contadina locale. Il suo recupero è stato realizzato sulle testimonianze degli anziani che vi vissero e applicando le stesse tecniche tradizionali con cui fu costruito.

Il borgo è caratterizzato dall’architettura semplice e funzionale di chi viveva secondo i ritmi della natura. Borgo Cerquelle è iscritto all’albo delle fattorie didattiche della Regione Campania. Nella convinzione che per i bambini e i ragazzi di oggi sia importante integrare le conoscenze scolastiche con esperienze all’aperto e a contatto con gli ambienti naturali, è stato realizzato il progetto “Scuola sul campo”. Gli insegnanti possono concordare con il personale di “Borgo Cerquelle” contenuti e modalità di attuazione dei laboratori e delle attività, per adeguarli al lavoro svolto in classe.

Il iccolo borgo contadino di Borgo Cerquelle.

Nella convinzione che per la cittadinanza di oggi sia importante integrare le conoscenze

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con esperienze concrete all’aperto e a contatto con gli ambienti naturali, è stato realizzato tutto l’intervento. Il progetto nasce con i seguenti obiettivi: • favorire la conoscenza del mondo rurale e degli agro-ecosistemi che ci circondano • sensibilizzare nei confronti della biodiversità • fornire informazioni sui vantaggi ambientali ed alimentari dell’agricoltura biologica, • nonché sulle relative tecniche produttive • educare a scelte alimentari consapevoli • stimolare la coordinazione mente-corpo • avvicinare i giovani alle tradizioni e alla storia del nostro territorio.

Borgo Cerquelle è dotato di spazi coperti e scoperti per consumare colazioni al sacco e di aree per giochi all’aperto. Alle scolaresche in visita sono proposte molte attività: • la visita al piccolo museo della civiltà contadina per scoprire le testimonianze degli antichi abitanti del borgo; • un percorso naturalistico guidato per ammirare muschi, licheni, orchidee selvatiche e scoprire la vita del bosco; • “i sensi e le piante”: riconoscimento delle piante attraverso la vista, l’olfatto e il tatto; degustazione di tisane; utilizzo in cucina e in medicina; • “il gusto del grano”: macinazione, preparazione e degustazione di pasta tradizionale (associato alla prenotazione del pranzo presso l’agriturismo); • un laboratorio dell’uva dove sperimentare raccolta e pigiatura tradizionale e degustazione del mosto; • laboratorio di orticultura biologica con la semina ed il trapianto di ortaggi; • laboratorio della manualità per la realizzazione di spaventapasseri con le tecniche degli antichi abitanti del borgo; • “aiutiamo la natura”: realizzazione di nidi/ mangiatoie per gli uccelli con materiali riciclati; • approccio con gli animali della fattoria per conoscere il comportamento (etologia) di cani, gatti, cavalli, asini, capre, pecore, per avvicinarsi ad essi senza spaventarsi, né spaventarli. Borgo Cerquelle è inoltre una fattoria del WWF, dove si applicano i principi dell’ecologia nelle coltivazioni, nell’allevamento e nella gestione turistica offrendo menù a base di

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prodotti biologici, tecniche costruttive rispettose dell’ambiente, risparmio idrico ed energetico, compostaggio dei rifiuti, sensibilizzazione ambientale ed alimentare. L’ambiente in cui sorge il borgo rurale offre sicuramente una grande varietà. Il territorio circostante rientra nella zona di protezione speciale del Massiccio del Matese. Sono presenti diversi rilievi intorno ai 1000 m. con grotte, monoliti e sculture naturali; torrenti con cascate, forre e inghiottitoi; le sorgenti sono più di una dozzina. I vicini boschi di faggi, castagni e querce sono ricchi di asparagi, funghi, more e fragoline. Nelle vicinanze sono facilmente individuabili upupe, merli, picchi, gazze, poiane, falchi, gufi, civette, allocchi, rane, rospi, bisce dal collare, cervi, ghiri, ricci, tassi, martore, donnole, faine e volpi.

In breve tempo è possibile raggiungere diverse località di grande valore naturalistico: le oasi WWF di Campolattaro, di Guardiaregia e di Pannarano, i parchi regionali del Matese e Taburno-Camposauro. Di sera, davanti al camino d’inverno e sotto le stelle d’estate, invece della televisione: storie di streghe e di briganti, tressette, scopone e morra, il tutto accompagnati da vino genuino e calde tisane.

A sinistra: i ragazzi ospiti nel borgo. Sotto: la piccola via che attraversa l’intero Borgo Cerquelle.

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5.7 Resort e Spa:

Tonda

Comune: Montaione Provincia: Firenze Regione: Toscana Altitudine: 337.6 m s.l.m. Abitanti: 36.2 km da Firenze 45.4 km da Pisa 48.7 km da Livorno

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Cenni storici In questo territorio è stata confermata l’esistenza di numerose colonie etrusco-romane dai ritrovamenti archeologici di necropoli e fornaci. Dopo le invasioni barbariche, si ricostituirono nuovi insediamenti intorno ai vecchi ruderi, soprattutto nei luoghi che offrivano maggiore sicurezza, come nel Castello di Montaione, munito di numerose torri e cinto da solide mura. Il borgo di Tonda ed il suo castello risalgono probabilmente al 1212 quando l’imperatore germanico Ottone IV assegnò il feudo con il castello, le abitazioni vicine e tutti i suoi abitanti a due nobili fratelli pisani. Il borgo venne acquistato nel 1267 dal comune di San Miniato e sottomesso ai Medici Signori di Toscana e di Firenze nel 1370. Il Castello di Tonda è caratterizzato da mura di

cinta che raccolgono una chiesa, una torre, una cisterna per la raccolta di acqua piovana e il palazzo del comune. Assegnato al comune di Montaione nel 1379, Tonda comprendeva un ospedaletto e una podesteria. Nel 1551 a Tonda risiedevano 290 abitanti mentre nel 1839 erano ben 353. In epoca più recente, l’area di Tonda si sottomise a Montaione di cui tutt’oggi è una frazione comprendente le località di Piaggia, il Castellare, Orzale e Collelungo. Rimasto disabitato dopo la seconda guerra mondiale, il borgo è stato ristrutturato e trasformato in una delle parti più accoglienti della Toscana. Il piccolo borgo di Tonda.

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Filosofia dell’intervento Il borgo, rimasto disabitato dopo l’ultima guerra, è stato restaurato negli anni settanta dalla società svizzera Hapimag e trasformato in struttura ricettiva. Nella realizzazione del resort15 è stata data particolare importanza all’impiego di materiali locali, come il legno d’olivo, la terracotta e la pietra naturale che si inseriscono perfettamente nel paesaggio. Il resort ha mantenuto il caratteristico aspetto di un borgo: le case, deliziosamente ristrutturate, sono raggruppate intorno alla chiesa, alla Casaccia ed alla piazza del borgo. 15 http://www.castellareditonda.com Uno dei casolari del resort recuperati.

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La struttura ricettiva ha la struttura di un paesino di 14 case e un ristorante, circondato da colline lievemente scoscese, vigneti, oliveti, pini e cipressi. Il resort da anni contribuisce ad incrementare le attività del luogo. Inoltre fra il comune di Montaione e i gestori del resort si è creata negli anni un’importante sinergia anche perché il villaggio rappresenta una fonte di lavoro per gli abitanti del luogo: la totalità dei dipendenti di Tonda, è, infatti, costituita da personale della zona. Il complesso è composto da 12 casolari ristrutturati nel rispetto della tradizione, ognuno di essi è dotato di piscina. Ogni casolare si trova circondato dal verde garantendo sempre quiete e privacy ai suoi ospiti; ognuno di essi è stato dotato di ogni comfort ed arredato da architetti diversi, che


sono riusciti a dare un carattere ed un tocco particolare ad ogni casolare. L’agriturismo si trova a pochi chilometri dalle principali mete turistiche e città d’arte più famose d’Italia: Pisa, Firenze, Lucca e Siena. Completamente immersa nel verde la tenuta misura 280 ettari, appartenuta alla famiglia degli Strozzi. Il resort propone tantissime offerte ai suoi clienti. Al suo interno è presente un centro benessere che propone diversi trattamenti: sauna, bagno di vapore, grotta di ghiaccio, fontana di ghiaccio, idromassaggio, doccia rivitalizzante, vasca idromassaggio ed una zona relax. L’area wellness è una struttura di 200mq inaugurata nel 2008. All’interno della struttura, inoltre, sono presenti un maneggio un ristorante ed un mini club per i bambini. Le attività proposte durante il soggiorno sono molte: golf, pesca, trekking, passeggiate a cavallo, escursioni guidate, gite in trattore, visite ai centri limitrofi, corsi di cucina e degustazione di vini.

Sotto: la spa delresort e la sistemazione interna di una camera da letto.

Uno dei casolari del resort recuperati.

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Capitolo 6

Green/Local Economy


Green Economy Per arrivare a uno sviluppo sostenibile che salvi la nostra economia e l’ambiente, occorre ripensare anche quelle che sono le tipologie di lavoro e professionalità da mettere in campo. Questo implica da una parte il recupero di antichi mestieri nati proprio sulla base delle potenzialità della natura, dall’altra la comparsa di nuove figure in grado di specializzarsi secondo le linee più innovative e rispettose dell’ambiente, con l’attenzione al concetto di competitività. La green economy può essere definita come un tipo di economia in grado di contenere il suo impatto ambientale. Elementi fondamentali che concorrono a mettere in atto questo tipo di economia a basso impatto ambientale sono la tecnologia e la conoscenza scientifica. Un punto di estrema importanza su cui l’economia verde si basa è costituito dalle energie

alternative, in particolar modo dalle energie rinnovabili, come l’energia solare, l’energia eolica, la geotermia, l’energia idroelettrica e le biomasse. La differenza fra green economy e sviluppo sostenibile è rappresentata dal fatto che l’economia green non intende soltanto rendere le produzioni ecocompatibili1. Infatti questo tipo di economia ha anche l’obiettivo di produrre business, di portare avanti un giro d’affari molto ampio, capace di fatturare e promuovere guadagni. Nello specifico in Italia i settori della green economy che fanno registrare maggiori successi sono quelli dell’energia e del recupero dei rifiuti. La green economy considera l’ambiente come investimento e raggiunge un triplice scopo: contrastare i cambiamenti climatici, aiutare le imprese a uscire dalla crisi in modo sostenibile a lungo termine, creare nuovi posti di lavoro. Lo sanno bene le 340 mila aziende italiane che hanno scelto di puntare su innovazione e tecnologie pulite per ripartire. Secondo i dati diffusi da Unioncamere2 e Fondazione Symbola3 nel report GreenItaly 2014, in Italia il settore che ha investito maggiormente nella riduzione delle emissioni e dell’impatto ambientale è quello manifatturiero. Il 33% delle aziende del comparto ha infatti scelto la Green Economy. I posti di lavoro creati dalle imprese green 1

Lo schema rappresenta l’intersezione sostenibile centrale Nelle pagine precedenti un vista del borgo di Torretes sur Loup: il centro storico 140

Informazioni tratte dal sito www.greenstyle.it

2 Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. 3 Il Made in Italy è promosso da Symbola, la Fondazione per le Qualità Italiane. Essa promuove tradizione, territorio, innovazione tecnologica, ricerca e design.


ammontano a 3 milioni. Il valore aggiunto generato dal settore è pari a 101 miliardi di euro. Secondo gli analisti è impensabile, in un momento di così grave crisi economica e occupazionale, ignorare questi dati e non proseguire con ancora più slancio e determinazione in questa direzione. Local Economy Lo Sviluppo Economico Locale (LED, Local Economic Development) è un approccio di sviluppo economico, che pone importanza nelle attività delle città, distretti e regioni. Questo comporta un valore aggiunto alla microeconomia locale per integrare le misure macroeconomiche a livello nazionale. LED comprende una vasta gamma di discipline tra cui la pianificazione territoriale, l’attività

artigianale e il marketing, con l’obiettivo di incrementare la capacità economica di un territorio per migliorare il suo business futuro e la qualità della vita per tutti. Secondo l’ Organizzazione Internazionale del Lavoro, i governi nazionali e locali, così come le imprese e le altre organizzazioni devono ripensare le strategie di sviluppo per far fronte a eventi in corso, come la globalizzazione. In contrasto con le politiche di sviluppo tradizionali, le strategie di sviluppo economico locale promuovono il dialogo locale e consentono alle persone di essere più produttivi, rendono l’economia dipendente dai vantaggi comparati di uno specifico territorio e generano uno sviluppo da parte delle imprese più capaci di resistere a cambiamenti del contesto economico globale4. New Economy La new economy è l’insieme dei fenomeni economici, ma anche sociali e culturali, associati all’impetuoso sviluppo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (ICT, Information and Communications Technology), che ha caratterizzato l’ultimo scorcio del 20° secolo. L’espressione è impiegata nel linguaggio dei mezzi di comunicazione di massa, ma anche in contesti più tecnici e specializzati. In termini più generali si può parlare del sorgere di una new economy ogniqualvolta l’introduzione e la diffusione di nuove tecnologie determinino cambiamenti profondi a livello economico e sociale, con una conseguente accelerazione della crescita della ricchezza, della produttività, dello sviluppo sociale, e la trasformazione degli

Un artigiano all’opera di un capolavoro Handmade

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Informazioni tratte dal sito www.lec.sagepub.com 141


Rappresentazione tipo del concetto New Economy

Vista del Borgo Casale in provincia di Parma

stessi modi di vita. Per quanto riguarda la situazione attuale, le nuove tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni hanno contribuito in misura determinante a elevare i tassi di crescita attraverso tre fattori fondamentali. Innanzitutto, l’introduzione di nuove tecnologie ha reso più efficienti i processi produttivi, anche quelli tradizionali legati alla produzione di beni e servizi, grazie alla possibilità di ridurre una serie di costi all’interno delle imprese (costi di distribuzione, organizzativi ecc.). In secondo luogo, l’adozione delle nuove tecnologie ha generato ingenti processi di investimento sia in capitale fisico sia in capitale umano (informatizzazione dei processi di produzione e di scambio, assunzione di forza lavoro altamente qualificata ecc.). Infine, si è avuta una crescita della produzione proprio da parte dei settori che producono comunicazione e informazione. Il concetto applicato in un borgo

Per rimettere in vita un borgo ormai fantasma e in stato di abbandono deve essere instaurata un’attività lavorativa in grado di rimettere in moto la macchina dell’economia, fondamentale e soprattutto indice di una buona riuscita progettuale. Stiamo parlando di una funzione lavorativa la quale viene esplicata con l’esercizio di un mestiere o di una professione e ha come scopo la soddisfazione dei bisogni individuali e collettivi. Il lavoro rientra non a caso tra i bisogni primari dell’uomo perché fornisce un reddito e permette di poter riattivare la circolazione dei beni che migliorano lo stile di vita di ogni essere umano. Garantire in primis un lavoro all’interno di un borgo permetterà lo stabilimento di una comunità che rivitalizzerà l’intero complesso architettonico che un tempo funzionava per il medesimo motivo. I borghi storici hanno subito il fenomeno dello

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spopolamento a causa della lontananza tra le persone e il lavoro che essi svolgevano ed è proprio per questo che reinserendo una funzione all’interno di esso sarà possibile accogliere una comunità stabile o temporanea, che viva e lavori nello stesso luogo che un tempo funzionava per il medesimo motivo.

principale attività lavorativa che riecheggiava in questi borghi italiani qualche tempo fa. L’aggiornamento telematico e tecnologico da vita ad una nuova modalità di lavoro che pur essendo in via di sperimentazione sarà sicuramente una fonte di guadagno futura e molto prossima.

In questa ricerca si affrontano vari aspetti del macro tema Lavoro: si trattano i sotto temi per i quali lo scopo del conseguimento stesso dell’attività è stato motivo del restauro e della rifunzionalizzazione del borgo.

La coltivazione e l’allevamento giustificano una funzione sempre presente nella storia del nostro paese che fornisce prodotti agroalimentari di tutto rispetto e molto ricercati. Un borgo alimentato economicamente dall’agricoltura e dall’allevamento è detto borgo rurale.

Il sistema produttivo, basato sulla fabbricazione di un prodotto molto specifico e di lusso, da una forte spinta al tessuto economico e sociale interno e ha consentito la piena riuscita del progetto. La rinascita dell’ attività artigianale che ha permesso di mettere in mostra e attrarre interesse grazie alla sua stessa importanza che oggi giorno è purtroppo molto rara; essa era la

Un’ulteriore attività che coniuga economia, lavoro e turismo è sicuramente quella per cui il borgo riprende vita grazie agli eventi che può accogliere: matrimoni, concerti, mostre e tanto altro ancora.

In basso: vista sulla valle dei vini in Piemonte

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6.1 Sistema Produttivo

Solomeo

Comune: Corciano Provincia: Perugia Regione: Umbria Altitudine: 273 s.l.m. Abitanti: 436 14 km da Perugia 50 km da Foligno 40 km da Chiusi C.T.

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Cenni storici Adagiato sul dolce colle di Solomeo, immerso tra le colline umbre e boschi sempreverdi questo borgo trecentesco rivive le originarie forme medievali e rinascimentali che da sempre lo caratterizzano. Esso è una frazione del comune di Corciano, in provincia di Perugia ed è stato edificato tra la fine del XII secolo e la prima metà del XIII; esso si sviluppa sull’insediamento di un precedente complesso rurale denominato Villa Solomei, che svolgeva la funzione di base operativa per gli uomini impegnati nella bonifica della piana sottostante. Si trovava in prossimità della strada che nel Medioevo, come probabilmente già in epoca romana, univa Perugia a Castiglion del Lago e a Chiusi.

In alto: la vista sul borgo di Solomeo.

Nel 1361 il nucleo abitato di Villa Solomei era costituito da un palazzo, un casamentum1, dodici domus2, due casalini e la chiesa di San Bartolomeo. Nella primavera del 1391, per volontà popolare, l’insediamento viene fortificato, e la costruzione dell’attuale castello promossa da Meo Iohannis Cole, proprietario del palazzo maggiore. Nel corso del XVI secolo, probabilmente sulla spinta di una ripresa dello sviluppo demografico, il nucleo abitato si espande oltre le mura

1 Il casamentum era un grande edificio di abitazione popolare diviso in più appartamenti per molte famiglie. Casamento è anche l’insieme delle famiglie che vi abitano. ( tratto dal Dizionario on line “ Dizio”_ www.dizio.org.it). 2 La domus intesa come domicilio privato di ricche famiglie che risiedevano all’interno delle mura del borgo.

In alto: l’imprenditore Brunello Cucinelli. 145


castrensi3 e nel 1729 l’abitato si sviluppa lungo l’intero percorso sud-est delle mura stesse. Il castello, l’antica Chiesa Parrocchiale, la seicentesca villa Antinori e il Teatro Cucinelli fanno da sfondo ad una suggestiva realtà ricca di bellezze storiche, artistiche e paesaggistiche. A partire dal 1985 Brunello Cucinelli ha fatto del borgo la sede della sua impresa umanistica. Filosofia dell’intervento e obiettivi Il restauro e il recupero funzionale di Solomeo sono stati come il risveglio di un genio addormentato. Innestare una nuova vita su un tessuto storico non è cosa semplice, poiché in agguato c’è il rischio che il fascino del suo incanto svanisca per sempre. Tutto ciò portò ad una riscoperta della semplicità come chiave del loro antico valore: l’Umanità. Persone ancora memori delle tradizioni artigianali e delle tecniche dei loro padri si misero all’opera con l’amore per la loro terra umbra, recuperando pazientemente, con atteggiamento quasi francescano, la spiritualità dei luoghi, onorando l’identità di questo luogo. Tutto ruota attorno alla figura di Brunello Cucinelli, stilista italiano che ha fondato la Brunello Cucinelli SpA che si occupa della produzione di

3 difendevano un castello e recintavano uno spazio più o meno grande (tratto dal Dizionario Etimologico Zanichelli ). A sinistra la vista sul viale di accesso a Solomeo 146


abbigliamento pregiato in cashmere4. Egli nel 1978 decise di lasciarsi nell’avventura della maglieria a Perugia, una delle capitali di questa produzione, e attraverso un finanziamento di 500.000 lire e un laboratorio di produzione cashmere le vendite decollarono soprattutto nel mercato tedesco. Brunello Cucinelli ha dato vita a una nuova dimensione imprenditoriale. “Rendere il lavoro più umano, l’uomo al suo centro”. Egli vedendo la sua attività crescere si trovò difronte ad una scelta: rimanere una buona azienda fra tante oppure tentare il salto di qualità specializzandosi in un unico prodotto nel quale diventare i migliori? Scelse il Cashmere perché ultraspecializzato. L’imprenditore convinto che l’ambiente sereno e la bellezza dei luoghi esaltino la creatività umana e sviluppino una comunità dove chi opera segue una scala di valori condivisa, ha fatto del borgo trecentesco di Solomeo la sede della sua impresa umanistica5. Nella rocca medievale, caratterizzata da travi in legno, camini di pietra, pitture murali e pavimenti in ammattonato, hanno trovato posto i laboratori e gli uffici, mentre nella vecchia casa del fattore è stata ricavata una mensa aziendale, dove si preparano i piatti della migliore tradizione

umbra. Vi regna armonia profonda in questo borgo poiché chi vi lavora, indipendentemente dal ruolo che ricopre, partecipa alla vita aziendale; l’opera di ciascuno è un tassello indispensabile alla crescita comune, e la qualità integrale è il frutto della qualità interiore di ognuno. Queste le parole di Cucinelli che ha saputo coniugare l’antico e il moderno, obiettivi aziendali e necessità umane, creando un’impresa che ha del potenziale innovativo incredibile intendendo il lavoro come espressione del valore umano che consegue il fine come Bene supremo. Ed è appunto questa l’etica professionale di Brunello Cucinelli, innovatore che ha fondato “ un’impresa umanistica ” nella quale si lavora perseguendo un identico obiettivo, ma soprattutto si avverte una scala di valori non materiali nella quale ci si riconosce come frammento dell’azienda.

4 il cashmere deriva dal sottovello delle capre “hiricus”, questi animali infatti, per sopravvivere in un ambiente ostile, con inverni molto freddi e ventosi, hanno sviluppato sotto il pelo esterno, più lungo e resistente, un sottomanto di migliaia di fibre morbidissime e finissime, concentrate in una piccola superficie. ( tratto dal sito ufficiale di Brunello Cucinelli _ www.brunellocucinelli.com). 5 umanistica, è questo l’aggettivo che l’imprenditore da alla sua azienda che come ci racconta ha alla base il valore umano del lavoro con lo scopo di perseguire il bene supremo ( per ulteriori approfondimenti visitare il sito suddetto).

Macchinario apposito per la lavorazione del cashmere 147


La fondazione Cucinelli e il cashmere Nel 1985 Cucinelli decise di investire e acquistare il castello del piccolo borgo di Solomeo, alcuni in decadimento, garantendo un affetto smisurato per tale luogo facendo risorgere Solomeo per mezzo della sua azienda. Si trasferisce a Solomeo e capisce che questo minuscolo e desolato agglomerato di case è ricco di bellezze paesaggistiche, storiche e artistiche, come ad esempio la Villa Antinori e il Castello trecentesco. Vede in tali risorse uno stimolo alla sua crescita un’occasione bellissima per dare concretezza al suo sogno umanista. Inizia una diffusa opera di riqualificazione del Borgo, destinata a grandi risultati che parte dal restauro del fortilizio medievale nel quale successivamente stabilisce la sede della sua azienda. Quest’ultima, in crescita, necessita di un’ulteriore sede posta alle porte di Solomeo che si distingue dalla prima in quanto struttura di nuovo impianto, immersa in un parco di cedri

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In alto Brunello Cucinelli e il suo Teatro

e di pini e circondata da estesi frutteti. Viene abolita la prassi burocratica delle marcature segna- presenze; l’accesso ai luoghi di lavoro è del tutto libero, e sono eliminate anche le formalistiche gerarchie ramificate, recuperando la dignità di ciascuno nel rispetto dei valori umanistici di tutti. In basso il Teatro Cicinelli e il Foro delle Arti


Nel tempo si susseguono gli interventi di recupero e di restauro e Brunello si riserva in ogni caso il momento della progettazione, da lui giudicato pregiudiziale per il coordinamento e la qualità dei risultati: partecipa così al restauro della chiesa parrocchiale di San Bartolomeo e a quello della vicina pieve seicentesca del Vocabolo Mandorleto in collaborazione con le genti di Solomeo. Insieme al Comune di Corciano, viene restaurata tutta la viabilità storica del Borgo. A quest’azione di tipo conservativo sui beni di interesse artistico e storico, che lo vede protagonista di forme e di funzioni nel campo dell’architettura e delle arti figurative. Nel 2000 nasce l’idea dell’opera maggiore. A ridosso del centro storico di Solomeo inizia così la grandiosa realizzazione del Foro delle Arti, un organismo composto da momenti diversi dove edifici e spazi aperti sono organicamente interconnessi secondo un preciso programma estetico e funzionale. La costruzione del Teatro Cucinelli, di straordinaria eleganza e proporzione, è ispirata nelle forme agli impianti tardorinascimentali6 di Sabbioneta e di quello Farnese di Parma; a questo edificio si raccorda il grande Anfiteatro dedicato a manifestazioni culturali e a rappresentazioni all’aperto.

In foto la vista della Scuola dei Mestieri

In seguito viene restaurato il fabbricato per l’Accademia Neumanistica6, sede formativa di giovani desiderosi di apprendere le conoscenze per un “ più grande Artigianato ”. Un’idea che sottende qualcosa simile ad una casa-laboratorio; un’agile struttura didattica dove le tecniche del “ fatto a mano ” si possono imparare accanto alla lingua inglese, all’architettura, alla filosofia. A tale indirizzo l’Accademia associa corsi di alta cultura umanistica per le persone che vogliono recarsi nel borgo di Solomeo. Affacciato sulla valle che volge verso il borgo di San Mariano, l’edificio già chiamato “Corale” è stato destinato da Brunello Cucinelli a Scuola dei Mestieri. Corsi di formazione tecnica e di alta artigianalità si terranno per nove mesi. Gli allievi, selezionati attraverso un bando pubblico, saranno remunerati e seguiranno quotidianamente corsi di teoria e pratica di antiche e virtuose tecniche artigianali. L’imprenditore umanista Cucinelli ha saputo credere fin da subito nelle potenzialità di questo borgo e così dopo un attento restauro vi ha imposto la sede di un’azienda tessile; l’economia locale è famosa in questo tipo di settore ed è per questo che il passaggio da antica fattoria a piccola industria umanista che produce un preziosissimo cashmere non ha dato alito a indiscrezioni riguardanti la poca connessione con gli elementi storici di questo luogo. Questo è davvero un esempio di riqualificazione integrale di un borgo in decadenza per mezzo di una rifunzionalizzazione scissa da quella precedente in valori e mansioni. 6 viene associato il saper fare a mano ottimi prodotti artigianali alle materie umanistiche quali ad esempio filosofia. 149


6.2 AttivitĂ Artigianale

San sebastiano Curone

Comune: S. Sebastiano C. Provincia: Alessandria Regione: Piemonte Altitudine: 342 s.l.m. Abitanti: 632 46 km da Alessandria 70 km da Genova 91 km da Piacenza

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Cenni storici San Sebastiano è un antico borgo a ridosso dell’Appennino Ligure, nella provincia di Alessandria. La storia di San Sebastiano non affonda le proprie radici in un passato molto lontano. È un paese nato dalla strada e dai commerci. Un castello, una piccola cappella dedicata a San Sebastiano, un edificio per la dogana alla Cascina Cabella (dove gli Spinola1 riscuotevano i pedaggi ) e 1 La famiglia Spinola è una delle quattro maggiori case genovesi, la sola proveniente non da feudatari esterni, ma dalla famiglia viscontile che esercitò il potere in nome dei marchesi Obertenghi ai quali finì col sostituirsi. Guido, nipote o pronipote del visconte Ido e il primo ad assumere il soprannome di Spinula, fu più volte console del comune tra il 1102 e il 1121; dai numerosi figli di lui, e specialmente da Ansaldo e Oberto, derivarono molteplici rami presto distinti (sembra dai figli di Oberto) in due branche principali, dette di Lucoli e di S. Luca dai luoghi ove ebbero torri e case. ( per ulteriori approfondimenti visitare il sito TRECCANI.it); Vista d’insieme del Borgo di San Sebastiano Curone

la presenza di posti di ristoro sulla via che da Piacenza conduceva a Genova, favorirono, tra il Quattrocento ed il Cinquecento, il sorgere di un abitato dipendente da Gremiasco nel Feudo Imperiale di Fabbrica Curone, retto prima dai Fieschi e successivamente passato ai D’Oria2. E’ stato verso la metà del secolo X che sulle terre di questa valle comincia ad affermarsi sempre più chiaramente la supremazia anche civile dei Vescovi di Tortona, soprattutto con Gerberto e Giseprando che comprarono e rivendettero il feudo alla ricca famiglia dei Fieschi. 2 Famiglia genovese, tra le più importanti nella storia della repubblica, le cui prime notizie risalgono al 1110. Nel 1147-49 un Ansaldo di Martino guidò la flotta genovese contro i Mori di Spagna; suo figlio Simone fu valoroso ammiraglio nel 1189 nell’assedio di S. Giovanni d’Acri, e così suo nipote Pietro nel 1219 all’assedio di Damietta. In patria, a capo della fazione ghibellina, si avviarono verso un vero predominio, a fianco degli alleati Spinola viene associato il saper fare a mano ottimi prodotti artigianali alle materie umanistiche quali ad esempio filosofia;

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Già alla fine del Cinquecento Tomeno Berruti nella “Cronaca di Tortona” scriveva che “Li abitanti sono tutti trafficanti per non avere molte possessioni”, cioè terre coltivabili3. Questo territorio acquistò importanza strategica e commerciale sotto gli Spagnoli, quando il porto di Genova costituiva la base di partenza o di arrivo per gli scambi commerciali con la Spagna e la Pianura Padana. Così San Sebastiano Curone divenne luogo di incontro e di contrattazioni lungo la Via del Sale (o del Cereale, a seconda delle merci), dove i mulattieri in lunghe carovane, quelli provenienti da Genova e quelli provenienti dallo Stato di Milano, si scambiavano i prodotti: per questo in paese si formò una sorta di “centro logistico” 3 Per ulteriori approfondimenti consultare la sezione storia del sito www.comunesansebastianocurone. it In foto una tipica via del borgo

con ampi deposti di merci, locande ed osterie, maniscalchi e sensali. Questa vocazione commerciale si mantenne viva nel corso dei secoli. A metà Ottocento, quando fu aperta la strada carrozzabile, San Sebastiano Curone fu autorizzato a tenere tre fiere annuali, nei mesi di Agosto, Settembre ed Ottobre, che poi diventarono due fiere mensili, il secondo ed il quarto mercoledì: erano le più importanti della valle e furono molto frequentate fino agli anni Cinquanta del Novecento. Vi si svolgeva, in particolare, un attivo mercato del bestiame e varie bancarelle, botteghe o depositi. Filosofia di Intervento e obiettivi Questo borgo viene concepito dagli abitanti e dai visitatori come un luogo capace di accogliere vari eventi di notevole importanza come ad esempio Artinborgo. E’ quindi ancora una volta la coniugazione di due o più punti di forza a far funzionare bene un progetto di valorizzazione di un luogo antico. Artinborgo: il borgo degli artisti Artinborgo prevede l’apertura delle antiche botteghe del paese per ospitare artigiani che possono in tal modo presentare le loro creazioni4. Il progetto ArtinBorgo è incentrato sull’artigiano e sulla sua capacità di coniugare tradizione e innovazione, arte ed elementi di vita quotidiana. L’idea di ArtinBorgo nasce 4 Questo borgo offre molti servizi durante la manifestazione dell’evento il quale accresce di anno in anno l’affluenza di persone in visita al borgo. Vengono organizzate vere e proprie gare e bandi di concorso ai quali partecipano tutti gli artigiani e gli artisti che intendono mostrare le loro capacità manuali e che verranno poi giudicati durante le ultime giornate di evento.

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In alto S. Sebastiano Curone durante l’evento Artinborgo

dall’esperienza di ArtinFiera5 con l’obiettivo di creare un insediamento stabile di artigiani nel centro storico di San Sebastiano Curone. Il paese, antico centro di scambio e commercio tra Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia, a ridosso dell’Appennino, sia per tradizione che per struttura è fortemente vocato ad accogliere un tessuto di piccole attività artigianali e commerciali. Passeggiando per le suggestive vie del paese i visitatori possono ammirare le creazioni degli espositori, selezionati da una commissione di esperti secondo parametri artistici, tecnici e qualitativi, mentre il paese si anima di istallazioni e spettacoli di artisti di strada e musicisti. Unici e irripetibili, ironici e raffinati gli oggetti in mostra tra le suggestive vie dell’abitato sono il frutto della creatività poliedrica di diverse

personalità che interpretano e reinventano con poesia e maestria tecnica il mondo delle cose di tutti i giorni. Artinborgo è un progetto che riesce a muovere un grande flusso di persone che incentivano l’economia del borgo stesso. Viene inaugurata la “Libera Università di Artigianato sperimentale”6 che accoglie corsi artigianali dove chiunque può imparare il mestiere di un tempo. La bellezza di questi eventi è direttamente proporzionale al desiderio di continuità di essi per l’intero anno. Infatti Artinfiera, Artinborgo si ripetono ogni anno ma solo nel periodo estivo, precisamente in Luglio , Agosto e Settembre. Il motivo forse è da ricercarsi nello spopolamento del borgo stesso durante i mesi più freddi dell’anno.

5 Artinborgo e Artinfiera sono ben esplicate attraverso programmi e pubblicità su sito dedicato www. eventisansebastianocurone.com

6 Vengono organizzati corsi per adulti e bambini riguardanti attività artigianali che insegnano le arti e i mestieri di un tempo. 153


6.3 Borgo Telematico

Colletta di Castelbianco

Comune: Veravo Provincia: Savona Regione: Liguria Altitudine: 341 s.l.m. Abitanti: 322 16 km da Albenga 41 km da Imperia 52 km da Savona

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Cenni storici Le origini dell’insediamento risalgono al tredicesimo secolo, periodo al quale si può far risalire il nucleo più antico della borgata. Quella di colletta è una lunga storia. Il manufatto più antico individuato nella borgata risale a un periodo compreso tra il XII e il XIV secolo ed è costituito da una struttura continua di notevole spessore che segue un tracciato quadrangolare. Probabilmente era un recinto fortificato, in posizione strategica sulla collina a presidio di un percorso di transito nella valle. Nel XVII si hanno anche le prime fonti documentarie che citano l’ insediamento. La successiva fase di sviluppo quattrocentesco conferma questa organizzazione del nucleo: le nuove fortificazioni si concentrano lungo il percorso di accesso all’ abitato, verso este attorno al nucleo centrale. I volumi di queste abitazioni non superavano i due piani in altezza e normalmente erano costituiti da mono e bilocali con annessa stalla seminterrata. Il secolo XVII è un periodo di eventi calamitosi (pestilenze, carestie), che impongono nuove scelte nell’ attività di costruzione come l’ impiego dell’ argilla. Nel secolo successivo il paese è coinvolto in conflitti locali e subisce attacchi e distruzioni; numerosi sono gli edifici che recano tracce di interventi risalenti a questo periodo. Il XIX secolo segna il declino di Colletta e sotto la spinta delle emigrazioni il borgo lentamente si svuota e dopo il terremoto del 1887 sembra ormai prossimo all’abbandono. Sul finire del secolo il flusso emigratorio si acuisce e molte famiglie di Colletta raggiungono Marsiglia dove costituiscono una comunità molto numerosa che tutt’oggi conta discendenti. Ora la rinascita. A destra un piccolo scorcio del sistema di accessi in una casa del borgo di Colletta. 155


In foto una vista frontale del borgo di Colletta.

Filosofia di Intervento e obiettivi Il villaggio, completamente disabitato da una trentina d’anni, è oggetto di un intervento di recupero articolato in due livelli: da una parte si sta procedendo al recupero complessivo dell’antico insediamento nel rispetto delle tecniche e dei materiali originali (il progetto di restauro è stato eseguito dall’Arch. Giancarlo De Carlo7); dall’altra si sta dotando il villaggio di sofisticate infrastrutture tecnologiche che consentiranno ai futuri abitanti di usufruire della più ampia gamma di risorse di telecomunicazione così 7 L’architetto Giancarlo De Carlo nasce a Genova il 12 dicembre 1919 ed è stato da sempre una figura scomoda per l’ architettura in quanto è conosciuto internazionalmente per essere uno tra i fondatori del movimento Team X che operò la prima vera rottura con il Movimento Moderno e le tesi funzionaliste di le Corbusier. Egli fu un urbanista e dagli anni ’60 in poi collaborò alla stipulazione di vari Piani regolatori tra cui quello della città di Urbino ( fonte tratta dal magazine online di architettura _ Archimagazine.it). 156

da poter godere della pace e dell’isolamento offerti dal villaggio - oltre che della bellezza del territorio circostante - pur mantenendo i contatti con l’ambiente di lavoro ed in generale con le risorse informative disponibili in tutto il mondo. Sarà così possibile trattenersi a Colletta per periodi prolungati non necessariamente coincidenti con i periodi canonici delle ferie (avendo la possibilità di telelavorare) oppure eleggere a prima abitazione la casa a Colletta. L’abbandono definitivo del borgo, originario del XIII secolo, si è verificato a seguito del terremoto del 1987, ma la sua decadenza, determinata dall’isolata posizione geografica che veniva ad escluderlo dai principali assi di collegamento commerciali situati a valle, era già in atto da tempo. Nel 1995 è divenuto oggetto di uno studio

A destra: una foto notturna che raffigura una porzione del borgo


sperimentale di recupero che, sul modello dei televillages americani e dei telecottages8 scandinavi, ne ha proposto la trasformazione in “cybervillage”. Tutta l’operazione è stata condotta per iniziativa della Sivim (Società Imprenditoriale Sviluppo Iniziative Immobiliari) di Alessandria che nel 8 I televillage o i telecottages sono una realtà già diffusa nel mondo e offrono un nuovo tipo di vita e comunità di lavoro con benefici sia sociali e ambientali. E’ uno sviluppo residenziale combinato al lavoro basato sulle telecomunicazioni che permettono agli abitanti di svolgere un’attività comoda e vicino a casa. Può essere una stanza o un intero edificio dotato di computer e telecomunicazioni, che può essere utilizzato da persone locali per imparare e lavorare. Alcune aree rurali in Europa, in particolare nel Regno Unito, hanno aperto la strada allo sviluppo di telecommunities. La tendenza ha raggiunto uno scopo quello di creare l’Associazione Telecottage, che conta attualmente oltre 150 membri ( per ulteriori approfondimenti consultare il sito Dismantle.org)

1995 ha acquistato l’intero borgo per circa 2 milioni di dollari ed ha incaricato l’arch. Giancarlo De Carlo di redigere il progetto di trasformazione in televillaggio. Dopo aver visitato i resti del borgo l’architetto, constatando il buono stato in cui si trovavano diversi edifici, ha dichiarato di voler condurre i restauri utilizzando solo materiali e tecniche tradizionali, relegando la “modernità” del villaggio alla sola organizzazione. Inoltre, particolarmente colpito dall’interessante tipologia degli edifici che consentivano accessi indipendenti ai diveri livelli – come oltretutto si verifica in diversi altri centri del territorio ligure – l’ha utilizzata quale principale spunto progettuale. De Carlo trasforma infatti gli edifici in appartamenti di dimensione variabile rispondenti alle diverse esigenze, partendo come unità base della singola stanza voltata e proponendo variazioni

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spaziali e l’inserimento di nuove aperture, dove ritenuto necessario. L’intero villaggio è stato poi collegato con fibre ottiche ed ognuno dei sessanta appartamenti comprendente una cucina, un bagno, una camera da letto ed un terrazzo ed in qualche caso un piccolo giardino è stato dotato di videocitofonia, impianto di videoconferenza, video on demand, tv interattiva, sistema satellitare centralizzato, sistema di voce-mail ed accesso diretto ad internet con collegamento ISDN9, nascondendo con la pietra grigia locale tutti gli elementi tecnologici. L’operazione di recupero non è apparsa del tutto rispettosa dell’esistente a causa delle integrazioni fatte per esigenze funzionali e per l’apertura di diversi nuovi vani finestrati. La rivitalizzazione del borgo in abbandono è stata dunque perseguita attraverso la sperimentazione della tecnologica avanzata, reinventando integralmente il suo ruolo e proponendolo quale sede di studi telematici, oggi frequentata in prevalenza da scrittori e da docenti italiani e stranieri che ivi elaborano le loro ricerche. Il centro, con il suo ambiente reso artificialmente introverso e con un legame totalmente nuovo con la popolazione ed il territorio, è riuscito a diventare a livello mediatico il simbolo dell’era digitale. In realtà Colletta si sta oggi trasformando, contrariamente alle aspettative dichiarate, in meta di villeggiatura per il weekend piuttosto che in una nuova comunità, non riuscendo in questo modo a vivere a pieno il suo ruolo di televillaggio.

9 Sono tutte attrezzature e apparecchiature specifiche nell’ambito tecnologio-informatico. 158


Inoltre, com’era oltretutto logico aspettarsi dato il tipo di investimento, l’operazione di recupero è stata fortemente indirizzata al raggiungimento del profitto privato (cosa facilmente verificabile collegandosi al sito internet ufficiale del borgo, in parte dedicato alla promozione del fitto o della vendita di stanze ed abitazioni), non prendendo in minima considerazione la risorsa umana locale. Servirebbe una promozione da parte di una grande società per mezzo della quale il borgo riacquisisca la funzione telematica per cui è nato e in più, attraverso la bellezza del paesaggio e del borgo stesso, riesca a elevare la qualità di vita e di lavoro di persone sono costrette a svolgere le 8 ore lavorative ( se non di più) consuete in luoghi e situazioni alquanto sgradevoli.

A sinistra: uno scorcio sulla via centrale del borgo 159


6.4 Borgo Rurale

Lavariano

Comune: Lavariano Provincia: Udine Regione: Friuli Venezia Giulia Altitudine: 40 s.l.m. Abitanti: 10 km da Palmanova 14 km da Udine 43 km da Gorizia

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Cenni storici Lavariano è un antico Borgo Rurale del Medio Friuli. Si trova a 15 chilometri da Udine, e a 40 dal mare. Prende il nome dal cavaliere romano Laberius, proprietario di questa zona nella centuriazione romana di Aquileia1. E’ stato possedimento dei Longobardi della fara di Mimone (568-776) fino a quando essi furono sconfitti dai Franchi di Carlo Magno. Questi donò, nel 776, il feudo di Lavariano al suo grammatico Paolino, poi Patriarca di Aquileia dal 787. Fu governato dai nobili De Laberiano che divennero poi De Strasho (Strassoldo) dal 1211. La Torre del castello, tra le più antiche della Regione, è diventata Torre campanaria fin dall’alto Medioevo. La Pieve di Lavariano risale ai primi tempi della evangelizzazione di Aquileia ed era tra le più vaste del Friuli, comprendendo molte chiese filiali. La derivazione della Roggia permise a Lavariano di sviluppare la sua agricoltura grazie anche alla costruzione di due mulini e di un battiferro. Per questo molte famiglie della nobiltà friulana e veneziana avevano possedimenti agrari e case a Lavariano. Dal 1420 al 1797 Lavariano fece parte della Repubblica di Venezia2, e seguì poi le vicende storiche comuni a tutto il Friuli. Nel corso del 1900 lo sviluppo del paese si fece vivo con la fondazione della Latteria sociale , il riordino

fondiario, la motorizzazione agricola e l’avvio di piccole aziende artigiane. Anche la socialità ebbe modo di crescere con la nascita della locale Filarmonica “G. Verdi” 3. Lavariano conserva ancora, nella sua architettura spontanea e nelle sue tradizioni, il senso vivo della ruralità paesana e le tipicità di un piccolo borgo antico che sa coniugare il suo vivace sviluppo nel rispetto delle tradizioni popolari e di una vita sociale sorprendente. Elementi fortemente caratterizzanti del Borgo Rurale sono soprattutto gli antichi muri di sasso, adesso restaurati, i portali posti ad apertura delle corti ed i mulini che caratterizzavano l’attività agricola di un tempo. Anche le icone votive, poste qua e là lungo le vie del paese, sono emblematiche della vitalità e religiosità popolare tipiche dell’antico villaggio, così come la Chiesa di San Paolo che sorge sull’antica cortina del 3 La Filarmonica “G.Verdi “ è la banda del paese di Lavariano che conta attualmente 35 partecipanti ed è stata fondata subito dopo la morte del autore - compositore italiano al quale è intitolata la Filarmonica, ovvero intorno ai primi anni del ‘900.

1 Aquileia è stata una colonia romana intorno al II sec. a.C. e serviva a sbarrare la strada ai barbari che minacciavano i confini orientali d’Italia, la città dapprima crebbe quale base militare per le campagne contro gli Istri, ( per approfondire vedi Aquileia.net ); 2 Nel 1420 gli Strassoldo si sottomisero alla Repubblica di Venezia, come tutto il Friuli, e Lavariano ne seguì le sorti, anche subendo le scorrerie dei Turchi alla fine di quel secolo.

In alto la foto ritrae Lavariano, il borgo rurale. 161


In alto è ritratto il paese durante un’evento organizzato

Castello, dove spicca la Torre millenaria di Lavariano, costruita per garantire la difesa del Castello contro le incursioni e le scorrerie. Filosofia di Intervento e obiettivi E’ un vivace centro artigianale, commerciale e di servizi. Sul territorio si svolgono eventi di rilevanza nazionale ed internazionale. Manifestazioni musicali grazie alla Filarmonica Giuseppe Verdi, banda ultracentenaria, e importanti momenti 162

di interesse culturale, sociale e turistico: rievocazioni storiche, sagre paesane, mercati agroalimentari e feste enogastronomiche. L’economia di Lavariano è principalmente agricola cerealicola, ma sono presenti anche alcune coltivazioni arboree. Intensa è l’attività delle numerose aziende zootecniche, le quali producono il latte che viene lavorato giornalmente dalla premiatissima Latteria di Lavariano4.

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Fonte tratta dal sito www.lavariano.it


In alto è ritratta la Filarmonica “G.Verdi”, la banda del paese

E’ quindi un piccolo borgo che vive grazie all’attività agricola e all’allevamento che gli permettono di vendere prodotti di alta qualità generando una crescita economica. Infatti grazie alla coniugazione tra ruralità ed eventi il borgo è capace di accogliere manifestazioni legate ai prodotti suddetti. Questo luogo, ricco di usi e costumi consolidati nel tempo, vive grazie al commercio di prodotti agricoli provenienti dalle stesse terre di molti anni fa ed è perciò sintomo di possibilità territoriale e acquisizione di metodi che funzionano e permettono tutt’oggi , come all’epoca, di vivere

tranquillamente con un’economia che risale appunto a qualche tempo fa.

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6.5 Eventi

Castello Monticelli

Comune: C. della Valle Provincia: Perugia Regione: Umbria Altitudine: 440 s.l.m. Abitanti: 20 km da Perugia 58 km da Foligno 34 km da Chiusi C.T.

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Cenni storici Il nome Monticelli ha origini antiche e trae il suo significato “…dal suo sito amenissimo che è un piccolo monticello in mezzo ad una vasta pianura”1. Le parti più antiche di Monticelli sono costituite da tre torri difensive di avvistamento sulla valle sottostante con le mura dallo spessore di oltre un metro. Secondo i documenti del Ministero dei Beni Culturali la torre più antica sarebbe del 1100 (Torre Piccola), anche se più recenti ricerche ipotizzano sia di 500 anni più antica. Le due torri militari, poi incorporate nel palazzo sono state costruite nel1230 e nel 1260 1 tratto da Annibale Mariotti, manoscritto n.1423, Biblioteca Comunale Augusta di Perugia, secolo XVIII;

rispettivamente (Torre Grande). La quarta torre, parzialmente distrutta da colpi di cannone, probabilmente di tedeschi in ritirata nel 1944, risale circa all’inzio del XIV secolo. Dal 2007 è in corso il restauro e risanamento conservativo di questa torre sotto la supervisione del Ministero per i Beni e per le Attività Culturali. Esaurita una probabile funzione difensiva, suggerita dalla originaria struttura a torre, i cambiamenti architettonici apportati successivamente indicano una destinazione dell’edificio a residenza estiva. Il catasto di Andrea Chiesa2 (1720-29) permette di ricostruire tutto l’assetto proprietario del sito di Monticelli, che è stato proprietà dei conti Aureli, 2 E’ una mappa catastale redatto dal geometra bolognese Andrea Chiesa nella prima metà del ‘700 ( tratto dal sito Mondimedievali.net);

In basso la vista a volo d’uccello sul borgo

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importante famiglia perugina; agli inizi dell’800 Borgo Monticelli passa alla famiglia Alfani e alla fine dello stesso secolo a Vincenzo Sereni. Successivamente, da questi ultimi, tramite l’erede Lucia de Renzi la proprietà passò ai Fasola, ultimi prima degli attuali proprietari. Il borgo, distante solo 650 metri dal paese di Castiglione della Valle, sorge su di un colle in mezzo a una vasta pianura con vista che si estende a 360° per chilometri in tutte le direzioni sulla valle sottostante, da dove è possibile vedere tutta la parte alta della città di Perugia. L’antico borgo comprende anche la chiesetta di S. Paolo e S. Ubaldo (1315-19), affrescata da Meo da Siena3 . Il nucleo antico del borgo e la chiesetta sono monumenti di interesse storico-artistico nazionale e sono protetti dal Ministero per i Beni e per le Attività Culturali. 3 Pittore senese, operoso in Umbria tra il 1310 e il 1333. Firmò un polittico con la Vergine e santi (Perugia, Galleria Nazionale). Derivando il suo repertorio formale da Duccio, egli lo semplifica, accordandolo all’accentuato goticismo dei Senesi suoi contemporanei ( tratto dall’Enciclopedia Treccani) In basso la vista sull’edificio contenente sale per eventi

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Borgo dedicato ad eventi Il Castello di Borgo Monticelli è un luogo ideale per un pranzo o una cena di matrimonio indimenticabili e per una festa speciale: un’atmosfera magica dove si respira l’aria e la pace di un tempo. Il Castello medievale ha tutto quello che serve per un matrimonio perfetto; dispone di una sala gotica nella Torre Grande con soffitto a crociera costolonato, costruita nel 1230. Dispone di una seconda sala nell’ appartamento Raffaello di ca. 90 metri quadri. Dispone di bellissimi piazzali con una meravigliosa vista a decine di chilometri di distanza ed un pergolato in ferro molto spazioso. In primavera o in estate si può anche pranzare all’aperto sul piazzale antistante la Torre Piccola. A 20 metri dal Castello di Borgo Monticelli c’è la cappella di San Paolo costruita dai Benedettini nel 1100. L’intero castello può essere affittato per feste, ricevimenti, matrimoni, anniversari, seminari e convegni. Tutte le suite e camere conservano immutate le originali caratteristiche di un Castello medievale e sono finemente arredate: hanno pavimenti in cotto, soffitti con travi in legno di quercia e castagno, capriate e pianelle e godono di una splendida vista su Perugia e sulla valle sottostante. Il recupero di questo borgo è avvenuto a scopo di lucro, al fine di incentivare la macchina economica derivante un profitto dall’organizzazione di eventi anche sconnessi dal territorio o dal luogo in cui si immerge. Questo può sembrare poco rispettoso nei confronti dell’abbondante storia di Monticelli, la


quale è stata completamente assorbita dai beni immobili del borgo, che godono di un architettura favolosa, ma che a volte si può prescindere a causa dell’entità dell’avvenimento. Tutto questo però può mettere ancora una volta in evidenza la potenza dell’organizzazione di eventi, anche sconnessi dal tessuto economico locale, la quale può muovere un gran flusso di persone e beni economici.

In basso la vista sulla porta d’accesso alla via principale

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Capitolo 7

La Lunigiana: territorio e storia


7.1 La posizione geografica

7.2 Storia

La Lunigiana si identifica nell’intera valle del Magra, comprendendo anche il Vara con il quale forma un unico sistema fluviale. Ha come confini naturali le montagne appenniniche ed apuane che la separano dal versante tirrenico, padano e dalla fascia costiera.

Epoca Romana

Da un punto di vista morfologico si presenta con una conformazione montuosa e collinare, tra le quali si trova la parte del fondovalle sempre stato destinato ad insediamenti umani ed utilizzato per le attività agricole. Il clima mediterraneo comprende notevoli varietà locali, a seconda dell’altitudine, della morfologia e all’esposizione dei versanti. La temperatura mite e la discreta piovosità rendono prospera l’agricoltura. La sua forma fisica e la sua posizione geografica, hanno fatto della Lunigiana una cerniera di collegamento tra le aree limitrofe. Il breve crinale che unisce i due sistemi, tra Minucciano e Carpinelli, ha sempre svolto la funzione di porta di accesso tra le Alpi e l’Appennino e viceversa, ed ha anche permesso il passaggio tra la Garfagnana1 e la Lunigiana, unendo cioè la valle del Serchio e quella del Magra. 1 La Garfagnana è una regione della provincia di Lucca, in Toscana, compresa tra le Alpi Apuane e l’Appennino Tosco emiliano. Confinante a Nord con la Lunigiana, a Ovest con la Versilia e la provincia di Massa, a Est con la regione EmiliaRomagna. Nelle pagine precedenti: Villafranca in Lunigiana (MC). Il paese è attraversato dalla Via Francigena e conserva i resti dell’antico borgo medioevale. 170

Sotto evidenti scopi militari venne fondata nel 177 a.C. la colonia romana di Luni. Nel I secolo a.C. con la scoperta dei ricchi giacimenti marmiferi delle montagne vicine, la città ebbe un rapido incremento economico, e il marmo veniva imbarcato ed esportato nell’intero bacino mediterraneo attraverso il porto di Luni2. 2 Il porto di Luni garantiva la diffusione di questi prodotti in tutto l’ambito dell’impero. Inoltre una rete stradale attraversava il territorio già da epoca repubblicana. Il sistema produttivo e mercantile lunense entrò però in crisi a partire dal IV secolo, quando le cave furono chiuse e il porto, gradualmente insabbiato, fu abbandonato. Maggiori informazioni: www.visitlunigiana.it/la-storia.

A destra: rappresentazione della ricostruzione dell’antica colonia romana Luni. Sopra: indicazione geografica dell’area lunigianese in Toscana.


La fondazione di tale colonia garantiva un enorme assetto strategico - militare, nato per garantire il controllo romano con gli approdi con Pisa e Genova, sia le vie di transito appenniniche in direzione della Pianura Padana. Nell’età imperiale venne assegnato l’agro

centuriato3, portando ad un incremento di occupazione del territorio volti alla nascita di nuovi insediamenti in zona pianeggiante intorno alla città e lungo il Magra. 3 E’ l’organizzazione agraria secondo la quale il terreno veniva diviso in centurie, quadrati di circa 710 metri di lato, da ripartire in poderi destinati ai coloni, spesso legionari in congedo.

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L’Alto Medioevo La caduta dell’impero romano porta all’abbandono e alla parziale necrosi del porto, decretando cosi la fine della colonia di Luni. Sotto il dominio bizantino, nasce nella Lunigiana la “Provincia Maritima Italorum” 4, consentendo una temporanea rivitalizzazione del porto di Luni, in grado di assicurare scambi e rifornimenti continui. La presenza bizantina porta ad una struttura statale stabile, mal considerata dagli abitanti perché sottoposti a tasse pesanti per fronteggiare la guerra contro i Longobardi, appostati appena oltre gli Appennini. Due importanti testimonianze di presidi militari sono Filattiera e Filetto, tutt’oggi visitabili. La guerra tra i Bizantini e Longobardi terminò nel 640, vedendo l’esercito bizantino sopperire a quello Longobardo. Le caratteristiche insediative con abitato sparso, già presenti in epoca romana, si accentuarono in età bizantina. Il territorio era sistemato in piccoli villaggi, mentre i punti nevralgici e di difesa venivano occupati da fortificazioni e presidi militari. Con il dominio Longobardo non si vede un cambiamento del tipo di economia, ma vengono introdotti una serie di componenti che opereranno nel tempo, in particolare una radicale trasformazione nell’organizzazione del territorio. Sono determinanti la fondazione di chiese e monasteri, nonché donazioni terrieri alla chiesa stessa da parte di nobili signori, che favorirono 4 Era la provincia bizantina com prendente l’odierna Liguria; il settore orientale di essa si estendeva fino all’attuale Lunigiana. Per maggiori informazioni consultare il libro “ Provincia Maritima Italorum: fortificazioni altomedievali in Liguria, a.c. di Paola Greppi ) 172

Disegno della Provincia Maritima Italorum.

così la nascita di nuclei abitativi organizzati secondo il sistema cortigiano5. 5 Tratto da “Le fornaci a calce di epoca preindustriale nel territorio della Lunigiana Storica” a cura di Maria Beatrice Gavarini, Roberto Pedicone_ Università degli studi di Firenze_ Facoltà di Architettura.


Il tardo medioevo A causa dello sviluppo del sistema pievano e dell’incastellamento dei borghi, l’intera struttura territoriale subisce una considerevole trasformazione. La diffusione del sistema pievano, determina la fondazione di edifici religiosi collocati sulle principali vie di comunicazione, creando quindi una rete strategica per lo sviluppo di pellegrinaggi. In basso: rappresentazione dell’Incastellamento della Lunigiana.

La riorganizzazione del sistema viario, e lo svilupparsi delle attività commerciali sono sintomi di ripresa avvenuti dopo il Mille, e assumeranno un rilievo sempre maggiore nell’economia della valle del Magra. Queste pievi erano complementari a numerose piccole chiese poste nelle strade di collegamento secondarie fino a sentieri e piccoli centri abitati. Anche i monasteri avevano molta rilevanza in questa ripresa economica, in quanto i monaci che li gestivano, davano in affitto i terreni coltivabili agli abitanti della zona.

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Inoltre i monaci avevano gli “ospitali� con la funzione di ospitare i pellegrini e bisognosi durante i pellegrinaggi. Con l’incastellamento, si vedono nascere numerosi castelli con funzioni strategiche di difesa o di controllo del territorio. Questo fenomeno avveniva secondo la costruzione di castelli ex-novo, oppure a completamento di borghi costruendo mura e torri tutto attorno ad essi.

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Nel frattempo, l’alta Lunigiana assunse un regime feudale sotto il controllo dei due rami dei Malaspina, subentrando poi Lucca e Firenze per gli affari politico-economici. I Malaspina rimasero proprietari in Lunigiana fino alla rivoluzione francese. Nel 1221 ci fu la scissione delle terre tra Obizzino e Corrado Malaspina, in cui il primo prese i territori a sinistra del Magra la cui capitale rimase il feudo originario di Mulazzo, il


secondo quelli di destra comprendendo anche Villafranca e videro come capitale Filattiera. Il periodo di splendore dei Malaspina finì nel XVI secolo, segnati da una profonda crisi economica che porto ad una inesorabile disgregazione dei feudi e alla perdita di tutto il suo territorio. Soltanto Spinetta Malaspina, signore di Verrucola, tentò di risollevare la situazione opponendosi a Castruccio Castracani però senza riuscirci. La Lunigiana diventò territorio d’interesse delle grandi città, molto decise a possederla per poter avere totale controllo dei collegamenti tra Nord e Sud e del porto marittimo. La parte bassa della valle diventò territorio di conquista della repubblica di Firenze, e l’alta valle fu invece conquistata dai visconti di Milano, che subentrarono a Castruccio nel controllo del fondamentale nodo viario di Pontremoli. Nel 1404, Firenze allargò la sua espansione fino alle comunità di Albiano, Caprigliola e Stadano, passando poi alla conquista di Castiglione del Terziere, Bagnone, Fivizzano e Casola. La Lunigiana si trova ad essere cosi divisa e frammentata in diverse zone di conquista e di diversa influenza. Dall’età moderna all’unità d’Italia Nel XVI secolo la Lunigiana vede confermato il suo ruolo di terra di transito, e la sua conquista è desiderata da molti. Soltanto due centri ebbero più importanza rispetto agli altri, e cioè Fivizzano e Pontremoli. Essi ebbero un maggiore sviluppo dei caratteri urbanistici e architettonici, portando anche ad una crescita culturale e commerciale. A Sinistra: vista sul castello e borgo di Bagnone.

Comuni della Lunigiana.

A parte questa eccezione di Fivizzano e Pontremoli, nella Lunigiana si viveva in miseria; Nasceva cosi un desiderio sempre crescente di unificazione del territorio ormai disgregato, che non vedeva però nessuna città prevalere sulle altre. Firenze arriva a controllare circa metà della Lunigiana, conquistando anche Pontremoli e riprogettandola con nuovi palazzi signorili e arricchendo le chiese. Però ancora una volta la ricchezza rimane nelle mani di poche famiglie nobili, che videro bene di costruire palazzi nobiliari tra le piccole casette rurali dei borghi. Nel 1787 Pontremoli diviene sede diocesana che manterrà per duecento anni, oltre ad essere riconosciuta come città. 175


Gli anni della rivoluzione francese segnano la fine del feudalesimo, ma neanche questo fenomeno porta ad una unità del territorio. La tanto e sospirata unità avverrà solo nel 1859, quando la Lunigiana proclamerà l’annessione al Regno di Sardegna, avendo poi come provincia la città di Massa Carrara. Dall’inizio del ‘900 ai giorni odierni La nuova provincia di Massa Carrara si trovava però a dover affrontare problemi legati all’ordine politico, economico e sociale. Ed è proprio in questo periodo che in Lunigiana, come in altri paesi nella medesima situazione, comincia a farsi strada l’idea dell’emigrazione verso mete più ambite che potessero garantire una qualità della vita migliore. Nella Lunigiana saranno decine di migliaia quelli che compieranno questa scelta. A peggiorare la situazione sopraggiunge in primis la prima guerra mondiale, poi nel 1920 un terremoto con effetti devastanti colpisce l’intera Lunigiana, in particolare Fivizzano lasciando dietro di se morte e distruzione. Ovviamente la seconda guerra mondiale non migliora certo la situazione, la Lunigiana si trova ad essere terra di separazione tra le truppe tedesche e quelle alleate. La sconfitta dei tedeschi e la loro conseguente ritirata, coinvolgono gli abitanti e il territorio nel modo più diretto e triste possibile. Il secondo dopoguerra vede la Lunigiana sotto i soliti problemi: Il mancato rilancio economico, la crisi del settore agricolo e la mancanza di industrie, portano ancora una volta al fenomeno dell’emigrazione verso l’estero o verso il Nord Italia ormai industrializzato. Da quel momento ad oggi si è visto la 176

realizzazione di opere infrastrutturali legate alla mobilità veloce, (autostrada Parma – mare) che sottolineano ancora una volta il carattere di terra di passaggio, ormai centenario, della Lunigiana. Lo scenario attuale vede protagonista un territorio di confine e di collegamento con le aree prospicienti, ma anche di grandi risorse umane ed ambientali, che paradossalmente, proprio per la mancanza di valorizzazione e il relativo isolamento geografico e culturale risulta terra di sicuro interesse, con i suoi paesaggi ricchi di storia e di tradizioni. La Lunigiana ha un alto potenziale culturale che non ha valorizzato e soprattutto non ha avuto le attenzioni che merita da millenni.

Volo d’uccello sulla viabilità che attraversa il fiume Magra.


7.3 Risorse economiche Riguardo alla situazione economica generale, le stime Irpet ci dicono che al 2006 il Pil della Lunigiana ammontava a 724 milioni di euro; il che vuol dire che circa il 20% dell’intero valore aggiunto prodotto dalla provincia proviene da questo territorio. Territorio che, in rapporto al totale della provincia, esprime anche il 28% della popolazione residente, il 21% dell’occupazione e il 25% delle imprese attive esistenti. Dall’analisi settoriale sul valore aggiunto, possiamo osservare come le specifiche di questa area in confronto a quella costiera sono, da sempre, tradizionalmente, l’agricoltura e le costruzioni, mentre il manifatturiero è meno incidente sull’economia locale. Anche dall’ultimo dato disponibile, emerge questa situazione: il comparto agricolo e quello edile spiegano rispettivamente il 5% e il 10% del Pil del territorio. La Lunigiana sta assimilando sempre più

un’economia terziaria: i servizi determinano ormai circa il 72% del Pil dell’area, e nell’ultimo quinquennio, la loro evoluzione, in termini di valore aggiunto, ha registrato una crescita media annua di circa il 3,5%, superiore anche alla media regionale. All’interno di questo quadro, il turismo genera il 10% del PIL complessivo del territorio, attivando direttamente sull’area 1.400 unità di lavoro. Dal 2001 al 2006, la differenza l’hanno fatta però le costruzioni, avendo messo a segno, in questo quinquennio, una crescita complessiva del relativo Pil di quasi 0.25 %. Il boom dell’edilizia è dovuto in particolare all’immobiliare turistico e alla ristrutturazione di seconde case, operazione attivata anche da stranieri. Le difficoltà strutturali dell’agricoltura sembrano non essersi arrestate neppure negli anni più recenti, come evidenzia sia la perdita di valore aggiunto (-0,7% in termini nominali), sia la

Evoluzione del valore aggiunto per macro settori nel periodo 2001-2006 - Fonte: Elaborazioni ISR su stime Irpet. 177


contrazione del numero delle imprese e delle superfici coltivate (-18,4% nell’ultimo decennio intercensuario). Imprese agricole, che è bene ricordare, sono tipicamente familiari, dove il ruolo della manodopera esterna è assolutamente marginale, incidendo, nel nostro caso, per meno del 5% in termini di unità impiegate. Per quanto concerne l’evoluzione complessiva di tutto il sistema economico, dobbiamo dire che tra il 2001 e il 2006, in Lunigiana, il valore aggiunto a valori correnti è aumentato complessivamente di circa il 15%. Si tratta di una crescita imputabile esclusivamente alla domanda interna, ed in particolare all’exploit degli investimenti, trainati soprattutto dalle costruzioni, mentre i consumi delle famiglie hanno registrato dinamiche non troppo distanti da quelle della costa e del resto della Toscana. Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati quindi da un processo di deindustrializzazione e, al contempo, dall’emersione di nuovi servizi. Ciò è sicuramente il frutto dell’operare di più fattori concomitanti, come la più intensa crescita della produttività del settore manifatturiero che consente di aumentare i volumi produttivi anche con un minor numero di occupati, il decentramento di attività prima trattenute all’interno delle imprese industriali, nonché la crisi strutturale di alcune produzioni non sufficientemente sostituite da altre. Inoltre, il processo di significativa razionalizzazione di alcuni settori terziari, come quello del commercio, sono stati il frutto, da un lato, di un graduale cambiamento delle strategie di consumo da parte delle famiglie, e, dall’altro, da una diffusione sempre più marcata della grande distribuzione che ha tolto importanti 178

fette di mercato ai piccoli negozi di vicinato. A fronte di un’industria che è calata, di un commercio che ha perduto addetti in misura altrettanto forte, di fatto le nuove possibilità di lavoro si sono concentrate soprattutto nel settore degli altri servizi privati. Sono però il segno di una società che cambia e che, modificandosi, accentua diverse tipologie di domanda, le quali talvolta richiedono lavori di basso profilo professionale (assistenza domestica, servizi a domicilio, etc), assieme ad altri di alto profilo, come quelle attività di ausilio e consulenza alle imprese e alle famiglie che vanno dalle più tradizionali attività di consulenza a quelle più nuove legate alla new economy6. 6 Con la definizione di new economy (dall’inglese “nuova economia”) o anche net economy (composto dell’accorciamento di network ed “economia”) si fa riferimento alla fase di impetuoso sviluppo legato alla diffusione delle tecnologie informatiche e digitali (internet, telefoni cellulari, personal computer, prodotti informatici e digitali). Tratto da www.wikipedia.it Foto che raffigura la schematizzazione della new economy.


Una prima causa del fenomeno è rintracciabile nella dinamica demografica e, più nello specifico, nel forte invecchiamento della popolazione che ha fatto sì che, complessivamente, nel corso dei soli anni novanta, il territorio perdesse oltre il 2% dei propri residenti e quasi il 6% della popolazione in età attiva (15-64 anni), ossia oltre 2.000 individui in meno di forza lavoro attiva e potenziale. Ciò significa che la riduzione del numero degli addetti (-5%), intervenuta nel corso dell’ultimo decennio intercensuario, è in parte giustificata da questi fenomeni sociali che si sono manifestati in misura più marcata rispetto al resto della provincia. All’interno di questo quadro non sono mancati negli ultimi anni interessanti segnali di trasformazione dell’apparato produttivo, come la crescita di nuovi motori di sviluppo: dall’agroalimentare alla valorizzazione dei prodotti tipici, dal turismo alla valorizzazione del patrimonio culturale e artistico, da attività terziarie più qualificate alla possibilità di configurarsi come vero e proprio distretto rurale. Si tratta di segnali che spingono tutti nella direzione di una modernizzazione del sistema, ma che hanno bisogno di essere potenziati ulteriormente7. Analoghe considerazioni possono essere mutuate anche per l’artigianato. Tre principalmente sono i comparti nei quali queste tipologie di impresa abitano: edilizia e impiantistica, che comprende oltre il 50% dell’artigianato dell’area, manifattura con il 23%, e altri servizi pubblici sociali e personali. 7 Fonte: “La Lunigiana, l’identità della sua economia e qulacosa in più” a c. di I.S.R. (Istututo di Studi e di Ricerche), cap. 5, p.31.

La novità degli ultimi anni è, invece, rappresentata da una nuova stagione di crescita del commercio e del turismo, dopo gli andamenti in calo dei decenni precedenti. Dal 2001 al 2007, l’evoluzione del commercio è stata progressiva, raggiungendo una crescita complessiva in Lunigiana del +10,3%. Il nuovo impulso è dovuto in gran parte al non alimentare, cresciuto di circa il 12%, ma anche alla buona tenuta dell’alimentare, nonostante negli ultimi anni sia stato quello ad essere colpito maggiormente dalla concorrenza dei grandi punti vendita. Ciò sta a dimostrare come in Lunigiana questo rappresenti tutt’oggi un settore “rifugio” per i tanti giovani in cerca di lavoro. A proposito del commercio al dettaglio, due sono le direttrici di sviluppo che cogliamo e che, in qualche modo, sono anche complementari: da una parte quella della grande distribuzione organizzata, il cui sviluppo viene inquadrato nell’ambito della pianificazione urbanistica comunale, e dall’altra quella delle piccole e medie imprese, la cui maturazione sta seguendo logiche di restyling e di specializzazione commerciale. Per quanto concerne, i pubblici esercizi, ovvero bar, ristoranti e strutture ricettive, negli ultimi sei anni queste attività sono aumentate numericamente del +15,7%. A proposito di turismo, secondo alcune stime, comprensive anche dei flussi non ufficiali generati dalle case per vacanza e dal sommerso, in Lunigiana le presenze turistiche complessive sono state nel 2007 pari a 3 milioni di unità, in diminuzione rispetto al 2001 del 10%, causa soprattutto il flop delle strutture ricettive ufficiali. Nonostante questo però, la spesa turistica complessiva generata da queste tipologie di presenza è salita quasi a 170 milioni di euro, 179


Evoluzione della spesa turistica complessiva nel periodo 2001-2007- Base 2001=100. Fonte: ISR.

aumentando del +1% a valori correnti rispetto al 2001. Immigrazione proveniente da nazioni ricche e sviluppate come Germania e Regno Unito che, tipicamente, è spinta da motivazioni diverse, più attente all’ambiente, sembra avere tutte le carte in regola per rispondere a queste “nuove”esigenze. Questa nuova tendenza non si legge, però, soltanto dal lato demografico, ma anche da quello economico. E’ aumentato in questi ultimi anni il ritmo di crescita delle imprese, a dimostrazione di un’imprenditorialità sempre più diffusa che, da un punto di vista strutturale, pur essendo piccola, non è significativamente distante da quella media provinciale. Il settore Terziario ormai oggi spiega quasi i tre quarti dell’economia del posto. Insomma, si sono registrati diversi segnali che testimoniano che la società lunigianese è in una fase di cambiamento, di modernizzazione, e ha innescato la crescita di nuovi modelli di sviluppo, come l’agroalimentare, l’enogastronomico, il 180

turismo, l’arte e la cultura, il distretto rurale, e le nuove attività terziarie. Sempre restando nell’ambito del “turismo culturale e storico”, se è vero che la nostra situazione non può essere compresa nelle cosiddette “città d’arte”, è altrettanto vero che di attrattive artistiche disponiamo eccome. Il percorso artistico della provincia di MassaCarrara si misura, soprattutto, attraverso l’attenzione al marmo, dal sorgere di una nuova sensibilità verso escavazione e lavorazione, databile intorno al 1100, al proliferare della scultura locale intorno al settecento-ottocento. La Camera di Commercio e l’Amministrazione Provinciale pubblicano da anni una Guida al Mangiar bene in Lunigiana: “Qualità Lunigiana”8, Un’attenzione particolare per un input ministeriale diligentemente raccolto dalla 8 Consultabile sul sito internet della Camera di Commercio.


Regione Toscana e dalla Provincia, viene attribuita ai prodotti tipici della terra ed alle tradizioni del luogo. Dei circa 360 prodotti censiti in Toscana, una sessantina sono apuolunigianesi. Queste produzioni, spesso poco conosciute ed estremamente limitate, hanno comunque molta importanza dal punto di vista economico; rappresentano per il territorio e per coloro che lo abitano una risorsa importante e per i numerosi turisti un valore aggiunto notevole. Studiosi a livello universitario, prima ancora dei gastronomi, hanno affermato la qualità dei singoli prodotti tenendo conto della loro storia e delle caratteristiche dell’allevamento e delle coltivazioni.

In Alto: Sarzana durante la festa dell’Artigianato. In Basso: i prodotti tipici in Lunigiana.

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Capitolo 8

Castiglione del Terziere


È stato tanti anni fa. La neve si accampava nei campi circostanti Castiglione del Terziere. Apparivano macchie di terra, dove il tepore residuo dell’autunno non consentiva che la neve attecchisse. A guardarla dal basso, che cadeva, la neve era un manto di pulviscolo bianco: di lì a poco ci avrebbe avvolti. Ero venuto a Castiglione del terziere per osservare, esaminare dal vero la storia di Lunigiana. Da nessun altro luogo avrei potuto guardare indietro, al passato, e avanti, al futuro, di questa Terra.

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Indietro, c’era un paese antico e importante, con un castello ridotto a rovina. Dalle terrazze, che un tempo erano spalti, si vede indietro centinai di anni. E avanti? La consapevolezza che nessuno potrà più arrestare l’emigrazione forzata (fin dai tempi dell’Impero Romano). Si vede che il nostro tempo più non consente di vivere dove si è nati. Si è trasferiti, mandati, chiamati. Anch’io ero emigrato: Roma, Milano, Torino, Londra, New York. Avevo portato con me un amuleto: l’amore segreto per questo paese. Poi, dopo quel giorno di neve di tanti anni fa, un


altro giorno, di primavera, ho celebrato la mia indissolubile unione con questo paese, la sua cultura, l’angoscia della rovina. Non è stata celebrazione di un momento eroico. È stato un sublime momento di pietà. Abbandonare? Arrendersi? Rinunciare alla rivendicazione del diritto al riconoscimento: sono nato e cresciuto e diventato uomo in una Terra ripudiata da chi avrebbe dovuto fortificarla, incoraggiarla, rigenerarla. Bisognava accettare tutto questo abbandono? No. E questa sillaba No, si moltiplicava, si magnificava nella cavità del mio petto: suono sopito per anni di una tromba che suoni a salvamento, a raccolta, a fortificazione di tanti. Così, quella sillaba No diventava acqua (benedetta, di sorgente), calce (benedetta, di fornace), ferro (benedetto, di ferriera in forma di tondini da muratura), legno (benedetto, di castagno, di quercia, di noce, per travi, assi, porte, imposte, finestre), argilla (benedetta, in forma di mattoni da pavimenti), pietra (benedetta, arenaria in forma di architravi, stipiti, gradini, piastroni), marmo (benedetto, nella cultura della mia famiglia materna, in forma di archetti, capitelli, colonne, basamenti), carta (benedetta, in forma di fogli bianchi da colmare di righe memorie progetti audacie tristezze, e di tanta felicità), carta (benedetta, in forma di libri benedetti, scritti in antico da gente di questa Terra). Ché restasse – al di là del significato della vanità del tutto – la prova testimoniale di tanta civiltà trascorsa e presente. Ho cominciato a vivere, prima da solo, poi con Domalfolle, cane medievale, e dopo, sono venuti i gatti: testimoni inespressi di un’esistenza in umiltà: sapere chi si è, e comportarsi da tali.

Quel lontano giorno di neve: vorrei viverlo ancora. Riviverlo, per altre cento occasioni. È così che l’amore non muore. Mi sento inamovibile come se già fossi morto: fenice che ogni giorno rinasce con lo stesso pensiero e la stessa ostinata felicità. Questa non è costatazione testamentaria. È postilla spontanea e innocente: che tutti restino certi del mio desiderio che altri dopo di me, possano amarlo questo “castello idea”, questo castello “fortezza”. Fortezza del vivere soli ma insieme, lontani ma uniti. Se insieme non ameremo l’amore di amarci, un altro amore non ci sarà. Loris Jacopo Bononi

Sopra: Loris Jacopo Bononi. A sinistra: veduta del borgo di Castiglione del Terziere dalla terrazza del castello. 185


8.1 Inquadramento Castiglione del Terziere è un piccolo paese che sorge in Lunigiana1, a sinistra del fiume Magra, nel Comune di Bagnone, in Provincia di Massa Carrara. L’antico borgo si trova su una collina alla falde del monte Barca, nell’Appennino ToscoEmiliano, a circa 335 metri sul livello del mare. Il borgo si affaccia sulla valle chiamata Vallescura dalla storia molto antica ed attraversata dalla “via romana”.

8.2 La storia Castiglione sorge sul sito di un antichissimo (VI/ VII secolo) insediamento fortificato Bizantino posto a remota difesa della città di Luni2. Gran parte dell’aspetto attuale del borgo, dominato dal castello, ha origini nell’Alto Medioevo3, come testimoniano alcune strutture murarie, che indicano una datazione anteriore all’XI secolo. Il nucleo originale del castello è identificabile nel mastio centrale, circondato da ciò che resta 1 Questa regione prende il proprio nome dall’antica città romana di Luni, situata alla foce del fiume Magra: l’influenza della città, divenuta il porto più importante del mar Ligure, fu tale da connotare col proprio nome l’intero territorio circostante. 2 oggi frazione del comune di Ortonovi, in provincia di La Spezia, nota per essere stata un’antica e prospera colonia romana. 3 L’Alto Medioevo è, per convenzione, quel periodo storico che va dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente, avvenuta nel 476, all’anno1000 circa. 186

Veduta aerea del borgo oggi.

della cortina muraria. Un’alta torre di guardia di forma quadrata lo fiancheggia il castello sul fronte sud-est. Questa torre, risalente al XII secolo, difendeva il fianco più esposto del complesso ed è da considerarsi un manufatto dalle caratteristiche costruttive fra le più avanzate dell’epoca. Queste strutture avevano la funzione principale di controllo del territorio ed erano collegate visivamente con le altre torri della zona. Oggi purtroppo il mastio non è facilmente identificabile dall’esterno in quanto parzialmente inglobato nelle costruzioni. Castiglione, dal X al XII secolo, diventa feudo dei Corbellari4 i quali nel 1202 lo cedono ai 4 Famiglia gentilizia sub-feudataria. Sotto la loro proprietà Castiglione del Terziere venne chiamato per diversi anni con il nome di Castilionum Corbellariorum (Castiglione dei Corbellari).


potenti Malaspina5. Nel 1221, si decide di dividere in due parti il regno dei Malaspina: da una parte le terre alla riva destra del fiume Magra che conservarono lo stemma familiare dello Spino Secco, dall’altra le terre della riva sinistra del Magra dando origine al ramo dello Spino Fiorito. Castiglione assume l’attributo “del Terziere” (o “del Terziero”) dal 1275 perché compreso nella “terza parte” dei territori feudali di Alberto Malaspina di Filattiera, ramo dello Spino Fiorito. Il suo periodo di massima importanza e sviluppo inizia nel 1321 e coincide con la dominazione di Castruccio Castracani degli Alteminelli, condottiero e signore di Lucca, che stabilì qui una roccaforte per portare a termine il progetto di riunire Lunigiana, Garfagnana, Lucchesia e Versilia in un unico grande stato. Nel 1351 Castiglione del Terziere diventa feudo autonomo e Franceschino Malaspina detto “il soldato” ne ottiene la signoria. Di questo periodo risulta essere la ristrutturazione per volere di Franceschino Malaspina del castello che domina l’intero borgo. Esso costruisce l’ala residenziale inglobando il primitivo mastio e la grande torre circolare dotata di forte scarpatura e chiamata “Torrione di Franceschino il soldato”, a difesa dell’ingresso principale posto al centro del fronte di nordovest. La dinastia dei Malaspina a Castiglione del Terziere si esaurisce in cento anni e così al 5 Nobile famiglia italiana di origine longobarda, discendente dal ceppo obertengo dei marchesi di Toscana, che resse a cominciare dal XIII-XIV secolo i tanti feudi della Lunigiana. A destra: la scala di accessto al dell’intervento di restauro.

castello prima

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seguito di lunghe trattative il borgo divenne di dominio fiorentino, rimanendo tale per oltre trecento anni. Nel 1451 diviene sede del capitanato di giustizia Fiorentino in Lunigiana grazie alla posizione di controllo che esercitava su importanti vie di comunicazione. Castiglione fu il principale presidio strategico lungo i due rami della via Francigena, quello di fondovalle proveniente da Lucca e quello che attraversava il Passo di Tea. Durante i tre secoli di controllo Fiorentino il 188

castello fu progressivamente adattato alla sua nuova funzione di residenza per magistrati e funzionari della Signoria. In particolar modo va ricordato l’intervento nella sala principale del castello, chiamato salone delle udienze, impreziosito da un grande camino rinascimentale. La decadenza di Castiglione del Terziere inizia a metà del Settecento, quando la Rappresentanza del Governo Fiorentino (il Capitano di Giustizia e la sua Corte), vengono trasferiti a Bagnone.


Di questo periodo risulta essere la costruzione della “nuova chiesa”, in sostituzione dell’antica chiesa della metà del XVI secolo abbandonata nel 1783 perché pericolante. Della “vecchia chiesa” restano solamente alcune rovine tra cui le fondamenta ancora visibili in certi tratti e antichi oggetti come due acquasantiere, alcuni altari, il fonte battesimale ed alcune lapidi. Sul luogo dell’antica chiesa sorge oggi il monumento ai caduti e il vecchio campanile. La nuova chiesa, dedicata anch’essa a San Leonardo abate, fu costruita subito dopo sotto la spinta di Giovanni di Girolamo Corbellari e del parroco Don Michele Pedroni, e venne conclusa nel 1787. Dopo un lungo periodo di degrado nel 1969 il castello e l’intero borgo veddono le cure di Loris Jacopo Bononi6.

8.3 Il borgo oggi e la figura di Loris Jacopo Bononi La decadenza del castello inizia nella seconda metà del XVIII secolo ed alla fine degli anni Sessanta il castello ed il borgo si trovano in una situazione di estrema precarietà statica. In modo particolare il castello si presenta come un rudere per buona parte nascosto dalla vegetazione.

6 Jacopo Loris Bononi nasce a Fivizzano nel 1929. Frequenta la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Parma dove si laurea nel 1954. Trasferitosi a Roma, ottiene in pochi anni la Libera Docenza in Microbiologia e poi in Chemioterapia, affiancando a queste attività la professione di dirigente industriale nel settore farmaceutico. Si dedica all’insegnamento universitario presso l’Università di Torino, dove terrà per trenta anni la Cattedra di Chemioterapia. Negli anni romani frequenta personaggi del calibro di Licinio Cappelli, Luchino Visconti e Federico Fellini e pubblica tre libri che lo hanno fatto considerare tra i maggiori scrittori del ‘900 da un autore come Pier Paolo Pasolini. Muore il 12 novembre 2012 a Massa Carrara. A sinistra: una vecchia foto del castello prima elll’intervento di restauro. A destra: un’area del castello prima e dopo l’intervento di restauro. 189


Dal 1969 il Castello di Castiglione appartiene a Loris Jacopo Bononi il quale comincia a prendersene cura e a restaurarlo. Sono stati necessari ingenti lavori di sottofondazione per garantire stabilità al castello; inoltre sono stati effettuati interventi di smontaggio e restituzione, eseguiti nel totale rispetto della verità architettonica. Nel borgo sono state recuperate e restaurate alcune case che sono state destinate a piccoli appartamenti in grado di accogliere ospiti.

Subito dopo Loris Jacopo Bononi comincia ad arredare il castello in maniera fedele alla sua antica essenza. Il castello è stato dotato di tutto ciò che può servire a respirare la cultura ed il clima che, per secoli, si era respirato al suo interno grazie alla presenza di molti giuristi, magistrati, giudici, procuratori, notai, avvocati e letterati. Il restauro “ideologico” del castello è consistito nel comporre un’importante biblioteca, un archivio storico, una collezione di quadri ed una scuola di filologia musicale e polifonia vocale. La biblioteca raccoglie testi manoscritti e a stampa di autori nati in Lunigiana, dal secolo XV ad oggi, testi manoscritti o a stampa della storia fiorentina, toscana, genovese, lunigianese, e moltissimi testi di letteratura Italiana, da Dante ad oggi; come ad esempio la prima copia della Divina Commedia stampata a caratteri mobili risalente all’anno 1472. L’archivio storico raccoglie documenti riguardanti i rapporti fra Firenze e i territori della Lunigiana dal XIV al XVII secolo. L’ampia collezione di quadri rappresenta una preziosissima documentazione storica. Sono in essa raffigurati personaggi della dinastia Medicea ed altre personalità della storia di Castiglione, Fivizzano, Pontremoli e dell’intero territorio della Lunigiana. Il tutto è arricchito da vedute e mappe storiche dei luoghi della lunigiana. All’interno del castello, inoltre, si possono ammirare una grande quantità di frammenti e di oggetti di grande valore storico ed artistico. Il restauro, la biblioteca, l’archivio, la quadreria e l’arredamento sono stati realizzati in chiave di memoria storica, allo scopo di conservare

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e comprendere il passato dal quale attingere elementi fondamentali per l’identità del presente. Molti sono i visitatori che, dall’Italia e dall’estero vengono a Castiglione del Terziere perché venuti a conoscenza di questo “forziere di ricchezze”.

Filologia e Polifonia Vocale8 istituita nel 1974. Essa ha tenuto numerosi concerti a Castiglione del Terziere e in molte altre città e località italiane ed estere.

Da oltre trent’anni il castello ed il borgo ospitano l’istituzione del Centro di Studi Umanistici “Niccolò V”7 il quale promuove ed ospita nel castello e nel borgo, conferenze, seminari, convegni, mostre, rappresentazioni teatrali e cinematografiche, concerti strumentali e vocali. Inoltre esso provvede alla stampa e alla distribuzione gratuita di numerose pubblicazioni. Il castello è anche sede della Libera Cattedra di

8 Istituita nel 1974 con lo scopo di promuovere l’educazione musicale e di effettuare ricerche di filologia musicale. Registra oltre 200 concerti eseguiti in Italia e all’estero.

7 L’attivtà del centro è finalizzata all’inserimento della Lunigiana nel contesto della cultura internazionale. Intitolato al grande umanista lunigianese Niccolò V, il centro si occupa dello studio e della divulgazione di argomenti riguardanti la Lunigiana, delle biografie e delle opere di autori lunigianesi di tutti i tempi. A sinistra: un’area del castello prima e dopo l’intervento di restauro. Nella foto più recente dalla terrazza di accesso al castello vediamo affacciarsi Loris Jacopo Bononi. In alto: lo stato di degrado del castello prima dell’intervento di recupero. A destra: il camino all’ interno del salone pricipale 191


8.4 Criticità Questo piccolo nucleo, ricco di storia e di vicende, col passare degli anni ha accumulato molte criticità che lo hanno reso ancora più fragile e soggetto a perdita di interesse. Infatti lo stato attuale del borgo risulta abbandonato e privo di servizi. Il vero problema è l’accessibilità ad esso che rende impossibile lo svolgimento di una quotidiana e duratura vita all’interno del borgo. I percorsi sono prevalentemente pedonali e ci sono moltissimi dislivelli ,alcuni anche molto alti, i quali sono difficili da percorrere perfino a piedi, come ad esempio la ripida salita che attraversa la porta principale del borgo ed entra direttamente nella spina dorsale di esso. La porta di ingresso al vero e proprio centro storico dovrebbe segnare una percezione importante nel visitatore, ma al momento quasi non ci si accorge di oltrepassarla, a causa della sua non valorizzazione, per di più gli insediamenti recenti al di fuori del centro storico, creano disordine insediativo in termini di dialogo formale con la parte storica. Le superfetazioni nell’ambito storico, se prive di legame contestuale possono generare delle percezioni negative del borgo stesso, per di più si aggiunge la regressione delle terre coltivate e il bosco che prende il loro posto, contribuendo allo stato di abbandono, alla perdita di compattezza e leggibilità del borgo stesso. Inoltre si sente la mancanza di belvedere e di affacci con punti di osservazione, di parcheggi per auto ma anche per un turismo alternativo 192

Vista del percorso pedonale centrale al borgo


Sopra: due esempi di superfetazioni presenti all’interno del borgo. A destra: la vista sulla porta principale al borgo.

(Camper), percorsi pedonali alternativi, spazi per i rifiuti, assenza degli spazi per l’accoglienza e assenza della segnaletica informativa La scarsa pubblicità ed informazione non rendono giustizia a questo magnifico luogo intriso di caratteri e peculiarità incredibili e solo attraverso una corretta propaganda si riuscirà a diffondere i punti di interesse che adesso risultano poco conosciuti. Anche la lontananza dai servizi e dai baricentri occupazionali hanno generato e contribuito al meccanismo dello spopolamento di questo nucleo; infatti molte persone tendono a considerare la casa di proprietà di Castiglione del Terziere come seconda casa o casa delle vacanze. Questo è dato pure dall’alto consumo energetico che queste abitazioni producono a causa di perdite di calore e bassa rendita degli attuali 193


impianti che non si sono adeguati col tempo. Tutto questo implica una situazione molto dispendiosa e quindi molto svalutante per quanto riguarda il borgo. In un progetto pilota ogni punto critico può diventare potenzialità da sviluppare come punto di forza per trarre il maggior vantaggio per il borgo e per chi ci abita. Sotto: una vista sul borgo immerso nella natura. A destra: la “spina dorsale“ posizionata al centro di Castiglione del Terziere.

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8.5 Potenzialità La prima cosa che si percepisce e viene valutata egregiamente da tutti coloro che visitano Castiglione del Terziere è l’ambiente naturale in cui si trova che scaturisce subito un senso di pace, come se tutto fosse stato creato insieme, legato da un’unione indissolubile che scatena pensieri, attività e opere in stretto contatto con il contesto. Infatti potrebbe essere potenziale di questo luogo quello di organizzare percorsi naturalistici ( come ad esempio organizzati


dal CAI9 ) che andrebbero ad arricchire e a valorizzare il borgo e tutta la natura circostante. La conformazione morfologica ed architettonica del borgo fa si che si possa individuare un asse principale che percorre l’intero borgo al quale si congiungono delle vie capillari che scendono e si ricollegano alla vecchia strada romana. Questo risulta una buona potenzialità in quanto migliorerebbe l’accessibilità favorendo lo sviluppo del nucleo abitato. Una grandissima fonte e punto di forza è sicuramente la storia di questo borgo che lo eleva ad una posizione nobile e non scontata come ha dimostrato Loris Jacopo Bononi, un uomo che ha dato la vita per rivalorizzare Castiglione e che sicuramente sarà da ricordare facendolo rivivere nel borgo. Grazie a lui, questo luogo raccoglie uno scrigno di tesori appartenenti al Patrimonio culturale e artistico di tutti i tempi e ne fanno un’importante potenzialità. Attualmente ha sede il Centro Studi Umanistico “Niccolò V” e sarebbe interessante sviluppare molteplici attività culturali che mettono in risalto la figura del borgo e accrescono la voglia di imparare e di conoscenza di temi vari, dalla cultura alla gastronomia, dalla agricoltura alle arti, e molto altro ancora. E’ importante notare come l’assenza di arterie stradali, vicinanza a grandi città e confusione, renda questo luogo ancora più interessante nel quale immergersi e destinare momenti di vita lontani dal caos e dalla frenetica quotidianità. 9 Il Club Alpino Italiano è un’associazione con una storia di oltre 140 anni che ha per scopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale. 195


Bibliografia Arch. Coletta Tiziana, Tesi sulla conservazione dei centri storici minori abbandonati, il caso della Campania, Napoli, 2005. Bascherini Enrico, Spazi portatori d’identità, Centri storici minori della Toscana , esperienze di laurea, Firenze, Edizioni Polistampa, 2009. Briatore Samuele, Valorizzazione dei centri storici minori, strategie d’intervento, Roma, Edizioni Diabasis , 2012-2012. Cirasa Monica, Recupero degli spazi aperti di relazione nei centri storici minori: aspetti bioclimatici e innovazione tecnologica, Roma, Gangemi Editore, 2011. Gavarini Maria Beatrice, Pedicone Roberto, Tesi sulle fornaci a calce di epoca pre-industriale nel territorio della Lunigiana Storica, Firenze. L. Morrica, R. Carafa, Il recupero dei centri storici minori - Il caso di guardia Sanframondi, microPRINT, 1996. Mandelli Emma, Le mura di Massa Marittima una doppia città fortificata, Pisa, Pacini Editore, 2009. Mocchi Daniele, Marchesini Massimo, Boggi Riccardo, La lunigiana l’identità della sua economia e qualcosa in più, Istituto di Studi e Ricerche ( ISR ), 2009. Naldini Maurizio, Taddei Domenico, Torri Castelli Rocche Fortezze, guida a mille anni di architettura fortificata in Toscana, Firenze, 196

Edizioni Polistampa, 2003. Regione Abruzzo, Linee guida per la qualità turistico ambientale dei piccoli comuni dell’entroterra abruzzese, 2009. Regione Toscana - Comune di Cortona, Atti del convegno “recupero dei centri storici confronto di esperienze e orientamenti”, Tipografia del Servizio di Formazione Professionale 1980. Stefano Milano, Lunigiana medievale e moderna - due saggi su territorio e architettura lunigianesi dal V al XVIII secolo, La nuova grafica fiorentina 1986.


Sitografia ec.europa.eu/enterprise/sectors/tourism/index_ it.htm www.anci.it/ www.borghisostenibili.it/links.aspx www.ecolabel.eu w w w. e c o m u s e o . c a s e n t i n o . t o s c a n a . i t / i l progetto/nascita-e-sviluppo www.enit.it/ www.fondazionemenegaz.it/fondazione/ videocenter/ www.lunigiana.com/chiese-musei/museilunigiana.aspx www.regione.toscana.it/imprese/turismo www.spacespa.it/soluzioni/memoria/museodiffuso www.terredilunigiana.com/bagnone.php www502.regione.toscana.it/geoscopio/servizi/ wfs/html/comuni.html

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