Responsabilità, memoria, formazione Vorrei prendere le mosse dalla riflessione di Andrea Tornago e del Prof. Pietro Zanelli per alimentare la discussione ed il confronto sul concetto di etica della responsabilità. Riprendendo come fondante l’osservazione (da Deleuze) di una polis intesa come “sintesi disgiuntiva” dei diversi soggetti che la compongono, e quindi delle diverse professionalità che la qualificano, desidero sottolineare in questo contributo una prospettiva secondo la quale è proprio il principio di responsabilità che, lungi dall’essere pre - politico, va a plasmare e rendere concretamente possibile l’idea di una cittadinanza plurima, come tale necessitante di una trasversalità etica condivisa. Comprendo la provocazione di definire come “inattuale” tale “principio regolatore”, potenzialmente fecondo e generatore di comportamenti virtuosi, o per meglio dire, attinenti il gusto di una cittadinanza sentita come comunità. La trovo tuttavia una provocazione che rischia di essere elitariamente ed inutilmente selettiva a favore di chi ha gli strumenti per riconoscere la fertilità delle buone pratiche possibili e di confrontarle con il presunto fallimento delle utopie di trasformazione degli anni sessanta e settanta, ed a danno di chi invece nemmeno si pone questo problema, non vivendolo come pre – condizione. L’inattualità dell’etica è un dato di fatto così eclatante da non poter essere considerato come “il” discrimine dal cui riconoscimento passa l’inizio di una possibile rinascita civile. Si tratta a mio avviso di andare oltre, di lavorare quotidianamente perché sia l’idea stessa di responsabilità a ritrovare cittadinanza, per scoprire come la parola “responsabilità” possa essere di nuovo pronunciabile e pronunciata senza suscitare sentimenti di superiorità (in chi la pronuncia) o di rifiuto (in chi la ascolta). Ma questa inattualità dell’etica ha profondamente a che fare con la struttura e l’essenza di una società che “deve” vivere rinnegando la memoria da un lato e negando la morte dall’altro. L’ossessivo richiamo ad una immortalità di fatto inesistente ma celebrata in maniera indotta ed insita nel concetto stesso di “consumo” (un consumo che sossume la