Oriente Occidente - Dance Festival - 2017

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Un Festival di big

Per una chiara visione del mondo di Maria Luisa Buzzi

Lenise Pinheiro

Abou Lagraa, Angelin Preljocaj, Deborah Colker, Catherine Berbessou, Lutz Förster Da sempre ha abituato il suo pubblico a una programmazione importante e articolata, con autori tra i più innovativi e blasonati della scena internazionale. Ed è un puzzle che fotografa i diversi aspetti dell’odierna arte coreografica quello che anche l’edizione 2017 presenta attraverso cinque “big authors” provenienti da Europa e America del Sud. E se la formazione in danza contemporanea – nei diversi stili – li accomuna, oggi la maturità artistica di ciascuno riverbera, con determinazione, una chiara visione del mondo: multietnica e tollerante (Abou Lagraa), senza confini estetici (Angelin Preljocaj), dominata dalla prestanza fisica (Deborah Colker), travolta dai sentimenti e dal desiderio d’amore (Lutz Förster e Catherine Berbessou). Nato in Francia da genitori algerini, Abou Lagraa è coreografo capace di trasferire e ridefinire la cultura musulmana nel presente attraverso una danza intima e sociale che va alla fonte dell’essere umano. Pièces astratte a sfondo etico le sue, in cui lancia un monito alla tolleranza e alla condivisione culturale. Che si tratti della trasposizione coreografica del biblico Cantico dei Cantici o dell’astratto Wonderful One, in prima mondiale al Festival, l’attenzione del coreografo mai si distoglie dall’uomo. Lui che, musulmano non praticante, ha installato la sua compagnia La Baraka nella Cappella sconsacrata di Santa Maria di Annonay, sua città natale, sfidando gli attacchi del Front National, a ribadire una mission mai tradita né venuta meno: costruire ponti con l’arte e lottare contro ogni muro. Sostenuto da estro e talento, Angelin Preljocaj è non soltanto sopravvissuto al fermento nouvelle danse datato 1980-1990, ma

ne incarna l’evoluzione e la resistenza di fronte alla storia. Lui, nato nel 1957 da una famiglia di rifugiati albanesi, è oggi uno dei migliori figli di Francia, nazione che gli ha messo a disposizione il Pavillon Noir a Aix-en-Provence, luogo ipertecnologico in cui Angelin crea per la sua compagnia, il Ballet Preljocaj e non solo. Artista in piena ebollizione, tanto da passare con disinvoltura da creazioni per i Corpi di Ballo dei Teatri d’Opera di tutto il mondo, alla danza urbana per il suo nucleo G.U.I.D., alla regia cinematografica per il film Polina, danser sa vie realizzato insieme a Valérie Müller, sua moglie, e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia lo scorso settembre. La sua ultima creazione per la compagnia che dirige ormai da trentadue anni, La Fresque, approda a Oriente Occidente dopo il debutto alla Biennale de la Danse de Lyon 2016 e i successi raccolti in tutta Europa. Una creazione basata su un racconto cinese che ha affascinato il coreografo: una storia bizzarra, che esplora la dimensione della rappresentazione attraverso un personaggio talmente affascinato da un affresco da entrare in un’altra dimensione, in contatto con i personaggi raffigurati in quel dipinto. In qualche modo richiama il mito della caverna di Platone e le riflessioni su realtà e rappresentazione, illusione e verità. Racconta l’universo del tango attraverso una drammaturgia contemporanea Catherine Berbessou da quando nel suo cammino di coreografa ha incontrato, nel 2003, il ballo argentino e Federico Rodriguez Moreno. “Il tango - spiega Berbessou – oggi fa parte del nostro vocabolario espressivo e ci permette di descrivere l’universo della relazione uomo-donna che sta al centro della nostra ricerca. Non ci domandiamo se i nostri siano spettacoli di tango in senso tradizionale. Quello che ci interessa è la possibilità di creare senza barriere e codici prestabiliti”. Avvisaglie di questa fascinazione, che il suo ultimo spettacolo di tango e danza contemporanea Tu, el cielo y tu incarna, c’erano state già nel 1996 e nel 1999 quando nacquero A fuego lento e Valser, lavori in cui Berbessou rendeva visibile la giungla dei sentimenti amorosi che compongono il nostro quotidiano.

Nata in un paese, il Brasile, dove tutti o quasi sono ballerini, o almeno aspirano a esserlo, Deborah Colker riesce a distinguersi per l’eclettismo dirompente. Una carriera trentennale la sua, nel corso della quale ha lavorato in ambienti esteticamente distinti come il Teatro Comunale di Rio de Janeiro, tempio dell’arte aulica, le scuole di samba per le sfilate del carnevale e il celeberrimo Cirque du Soleil (per Ovo, creato nel 2009) arrivando a fondare nel 1994 la compagnia che porta il suo nome. “Il mio è un atteggiamento punk – dichiara Colker – in quanto non rispondo a regole e dogmi. Mi piacciono le miscele, le sfide, trovare nuove soluzioni a vecchie domande”. Chiamata a dirigere i Movimenti della Cerimonia di Apertura dei Giochi Olimpici di Rio 2016, ha deciso di fondere per l’occasione due lavori del passato: Rota, in cui presentava i ballerini dentro una grande ruota da filatura, come criceti al gioco, e Velox, in cui ai danzatori chiedeva di scalare pareti di roccia. Da qui nasce VeRo, lo spettacolo che Oriente Occidente ospita in prima europea. Non inganni però l’aspetto magniloquente e giocoso: i suoi spettacoli nascono da concetti di fisica e geometria. Da lì si sviluppa il suo “cinetismo rischioso e atletico” divenuto un marchio di fabbrica riconosciuto e apprezzato nel mondo intero. Danzatore storico del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch, direttore - dopo la scomparsa della fondatrice - della compagnia dal 2013 al 2016, Lutz Förster da oltre quarant’anni è protagonista sulle scene mondiali. Nato a Solingen, come Bausch, nel 1953, si è formato alla Folkwang Hochschule di Essen con Jean Cébron e, dopo una prima esperienza come interprete al Folkwang Studio, nel 1975 raggiunge la compagnia fondata solo due anni prima da Pina Bausch. Nel nucleo di fedelissimi della coreografa, Förster non ha mai abbandonato il Tanztheater Wuppertal sebbene si sia concesso qualche altra esperienza artistica negli Stati Uniti con la compagnia di José Limón e con il regista Bob Wilson. Per la prima volta in Dance Stories by and with Lutz Förster costruisce un autoritratto danzato e recitato, una confessione dentro la quale si intercalano estratti di spettacoli degli autori che ha incontrato nella sua lunga carriera. Un viaggio ironico e profondo sulla scelta e sul senso di “fare teatro”.


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