La Sinestesia

Alessia Pia Colella

La Sinestesia

Accademia delle Belle Arti di Roma

La SineSteSia

La sinestesia

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Introduzione

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Re (agire) - Il corpo come materia prima - Con(tatto) Conclusioni

Bibliografia/ Sitografia

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Colella Alessia Pia

La SineSteSia

“Sinestesia”, in base alla sua etimologia greca - syn, insieme; aisthánesthai, percepire - significa “percezione simultanea” - “percepire insieme”.

Più specificamente, la si può definire come un’associazione di sensazioni diverse, avvertite contemporaneamente dal corpo di un individuo o anche come un fenomeno in cui la percezione di determinati stimoli é accompagnata da particolari immagini, proprie di un’altra modalità sensoriale. In altre parole una fusione dei sensi.

Ma cosa sono i sensi? Potremmo definirli come potenze dell’anima, attraverso le quali si conoscono le cose corporee

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OO Introduzione

presenti [dal latino: sensus].

Jules Miller, nel 1892, ha impiegato il termine come concetto generico per il fenomeno delle sensazioni associate.

Quando si sente parlare di sinestesia, in genere, la prima cosa a cui si pensa, sono i cinque sensi della percezione, ma la sinestesia non è solo questo, anzi tende ad avere varie declinazioni nelle varie discipline.

Il termine é stato utilizzato, per la prima volta, nel 1874 dal fisiologo Alfred Vulpian in un articolo sul midollo spinale del “ Dictionnaire encyclopédique des sciences médicales” nel quale vengono definite - synesthésies quelle sensa- quelle sensazioni secondarie prodotte sotto

l’influenza di una sensazione primitiva, provocata da un’ eccitazione esteriore o interiore.

In psicologia essa rappresenta una vera e propria condizione clinica; alcuni individui (4% della popolazione mondiale), tendono ad avere una rappresentazione mentale o visiva di un’idea, un pensiero ma anche parole, giorni della settimana, mesi, vocali, lettere dell’alfabeto, numeri, sillabe, nomi, suoni e così via.

Le sensazioni indotte possono essere costituite da astratte immagini visive luminose, colorate o costituite da schemi geometrici.

Ad esempio il “venerdì”, nella mente di un individuo, può apparire verde, in un altro rosso e così via. Così anche per le lettere dell’alfabeto fonetico; la “A” può apparire rossa, la “F” può mostrarsi di colore marrone, la “G” di un color grigiastro etc.

Si pensa che gli individui coinvolti in questo fenomeno, vengano ritenuti più intelligenti perché con una memoria più resistente, dal momento che associare una cosa, una parola o altro ad un colore lo faccia ricordare meglio.

Si prenda come esempio lo studio di Lurija, fatto su di un uomo dotato di una memoria portentosa.

Si scoprì che la causa della sua memoria così potente era dovuto alla presenza del fenomeno della sinestesia.

L’uomo, infatti, era capace di associare colori alle voci, sentiva il sapore dei colori o percepiva il senso di una parola in base alla struttura geometrica. In questo caso si può parlare di “memoria sinestetica”.

Se parliamo di sinestesia è dunque importante la memoria, perché nell’esperienza normale, in ogni senso sono contenuti, attraverso la memoria, tutti gli altri sensi.

La memoria, quindi, gioca un ruolo caratterizzante di primo piano .

Calzante mi sembra la citazione dell’autore inglese Neil Richard Gaimam: “È sui sensi che si fondano le nostre convinzioni; la nostra vista, il tatto, la memoria, sono gli unici strumenti di cui disponiamo per fare esperienza”. .

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Basti pensare che i sensi, per esempio l’olfatto, ci portano alla mente - memoria i ricordi (profumo di una persona cara, di un luogo, di una giornata, di un evento).

Il mondo dell’arte è costellato di individui sinestetici:

Pharrell Williams: il Vladimir Nabokov: lo musicista e performer scrittore russo riconosceva ha dichiarato di riuscire distintamente un colore a vedere distintamente i per ciascuna lettera brani che ascolta. dell’alfabeto, manifestando quindi la propria Vasilij Kandinskij: il sinestesia grafema-colore.

A sostegno della tesi pittore riusciva a vedere la dell’origine genetica della musica e questo lo indusse a sviluppare la forma di sinestesia, va sottolineato pittura astratta che l’ha che ne erano soggetti portato al successo. anche la moglie, la madre e il figlio.

Vincent Van Gogh: secondo il contenuto di

Duke Ellington: il alcune lettere inviate celebre jazzista percepiva al fratello, Van Gogh un colore per ogni associava le opere di nota in base a ciascun altri artisti al timbro di componente della band determinati che lo accompagnava. strumenti musicali.

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Nel linguaggio letterario (nella linguistica) invece, é un caso particolare di metafora inerente alle parole che designano immagini sensoriali.

In particolare, Schrader ha fatto una classificazione dei fenomeni in ambito letterario che secondo lui posso essere definiti “sinestetici”:

“Le voci di Giglio” di Omero, per esempio, possono essere come delle sensazioni che passano da una zona sensoriale percettiva all’altra.

“I profumi, i colori e i suoni si rispondono” di Baudelaire, invece viene classificata come una corrispondenza fra sfere sensoriali.

“Vorrebbe aggiungere i suoni alla pittura” come scrive Vigny, viene classificata come evocazione enumerativa di impressioni provenienti da vari campi sensoriali.

A questo tipo di classificazioni sinestetiche in ambito letterario se ne aggiungono poi tante altre ancora.

Molti sono i poeti e scrittori che hanno fatto uso della sinestesia nelle loro opere sotto forma di metafora, partendo da Omero fino ad arrivare a Gabriele d’Annunzio, ma Il ricorrere alla sinestesia in ambito letterario sembra essere un’ abitudine universale e diffusa fin dai tempi più remoti.

Le prime testimonianze provengono dall’Oriente antico e risalgono circa al terzo millennio prima della nascita di Cristo.

Esempi di sinestesia come metafora sono: “Voce vellutata”, “Dolce e chiara è la notte e senza vento” di Giacomo Leopardi in “La sera del dì di festa”; “Il divino del pian silenzio verde” di Giosuè Carducci ne “Il bove”; “Fresche le mie parole” di Gabriele D’Annunzio in “Alcyone/ La sera fiesolana”; “Le trombe d’oro della solarità” di Eugenio Montale in “Limoni” e tanti altri ancora.

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Nell’ambito artistico, la sinestesia ha a che fare con due questioni ben precise:

Utilizzare i canali sensoriali per ottenere varie risposte (come nel cinema ad esempio); da questo punto, si comprende quindi che la percezione visiva fa parte della percezione della realtà.

Come dice Freud: “I sensi sono svegli, non sono quindi nè un’allucinazione nè un’alterazione della realtà, non sono illusori.”

Stimolare una via sensoriale per avere risposte da un’altra zona sensoriale. Per esempio, la visione di un quadro può evocare non solo il senso della vista ma anche tutti i restanti.

Pittori e scultori, ma tutti i tipi di artisti (musicisti, architetti, grafici, artisti delle neotecnologie), si sono occupati e si occupano, anche se in maniera inconscia, della sinestesia; dal quadro più materico - tattile, come per esempio i sacchi di Yuta di Alberto Burri, a quelli meno sensoriali come una Natura Morta di Caravaggio oppure a quelli percettivi che coinvolgono l’intero corpo e mettono in campo la sinestesia come spettacolo,

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come nelle performances di Marina Abramovic. L’obbiettivo dell’uso della sinestesia nella sfera artistica è proprio infatti quello di trasmettere simultaneamente un messaggio estetico a più di un organo sensoriale.

Altri ambiti in cui è stata usato e si usa il termine “sinestesia”, possono essere anche la fisica e la matematica, la pedagogia, la semantica, la scienza dei fenomeni occulti, l’anatomia, la fisiologia, la critica letteraria, l’estetica...

Insomma la sinestesia, nelle sue varie inclinazioni, spazia nei diversi campi della cultura.

Come si è potuto notare, il fenomeno sinestetico se pur nelle varie forme rispetto alla disciplina nella quale è coinvolta, appare sempre come “unico senso” o come “senso corrispondente”. Non si parla quasi mai esclusivamente del senso della vista o del senso dell’udito e così via, ma i cinque sensi della percezione sono sempre uniti e percepiti come unico senso (uni-sensoriale / unico senso).

Da qui si ritorna all’etimologia della parola ovvero “percepire insieme” o un senso che fa da mediatore agli altri sensi

(senso corrispondente / plurisensoriale) .

Ad esempio, la vista può essere il senso principale coinvolto, ma questo fa solo da canale di passaggio per l’attivazione di tutti gli altri sensi.

L’occhio non solo vede, l’occhio sente, l’occhio odora, l’occhio tocca così come il tatto, non solo, ma odora, percepisce, sente.

Allo stesso modo tutti gli altri sensi percettivi. Si può dire quindi che i sensi possono contribuire validamente ad un mutamento della visione del mondo e della nostra percezione.

Come i sensi, anche le varie discipline possono essere interconnesse tra di loro. Come viene citato nel libro di Lamberto Pignotti “I sensi delle arti”: “Un genere artistico può tendere a comunicare proprio attraverso alcune specificità tecniche riprese da un altro genere artistico.”

Si prenda il caso della letteratura, che ingloba nel proprio universo modalità e procedure tipiche della pittura, dalla “poesia visiva” alla “parola dipinta”, alle “parole in libertà” dove pittura e scrittura diventano un’unica cosa.

Ma così accade anche in altre discipline che si fondono insieme, come la matematica e la fisica,

la psicologia e l’estetica etc.

Insomma “...un’arte inghiotte il prodotto di un’altra”.

In questo scritto prenderò in considerazione il concetto di senso come unico, come insieme di sensi e andrò ad analizzare come l’essere umano - l’individuo - si relaziona, come reagisce ed agisce, studiando il proprio comportamento durante le performances di Marina Abramovic, dove tutto sembra essere connesso ed unicamente percepito.

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La SineSteSia

Sin dalla nascita, il bambino comunica e cerca stimoli, per interagire più rapidamente con l’ambiente esterno tramite i cinque organi di senso che, attraverso un percorso percettivo, lo porteranno poi alla scoperta del mondo.

Così accade anche negli adulti: gli stimoli percepiti dal mondo esterno che colpiscono gli organi di senso sono innumerevoli e per questo motivo potremmo dire che l’uomo non smette mai di conoscere il mondo, solo che questi, rispetto al bambino, operano in maniera inconscia: vengono percepiti come una cosa talmente abituale ed automatica che a volte ci si dimentica di averli in dotazione.

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Re (agire)

Tante volte infatti, non riusciamo a gestire ed essere pienamente consapevoli dei nostri organi della percezione.

In effetti, come scrisse Giorgio Gaber (cantautore e cabarettista italiano della seconda metà del secolo scorso): “Un uomo sapiente può godere l’intero spettacolo del mondo soltanto con l’aiuto dei sensi e del pensiero.” É poco opportuno, infatti, voltare le spalle alla sinestesia, in quanto questa può contribuire validamente ad un mutamento della propria visione del mondo, il che non è poco.

Vediamo quindi come questi

possono effettivamente cambiare la nostra prospettiva.

Partiamo dal senso del tatto, a mio parere il senso per natura più lento ma il più accorto.

Questo particolare senso, molto spesso, é sovrastato dal senso della vista che ne annebbia la percezione; infatti, molte volte questa tende a farsi surrogato o rappresentante del senso del tatto; ma proviamo a toccare senza vedere: come citato nel libro “I sensi delle arti” di Lamberto Pignotti: “Il piacere della forma, indotto dalla vista, non può prescindere dal gusto della materia suscitato dal tatto.” Ed é proprio così perché ciò che si tocca entra a far parte di noi più intensamente e in modo più significativo di ciò che si vede soltanto.

Ricordiamo poi le parole di Alfred Kroeber, il quale in una lettera al critico d’arte Meyer Shapiro diceva: ‘‘la sensazione ottenuta mediante il tatto, precede la vista, filogeneticamente e ontogeneticamente, in ogni bambino. Tutti noi per prima cosa tocchiamo, più tardi impariamo a vedere e, mentre impariamo, costruiamo un mondo visuale su base tattile,

dando una doppia qualità a tutte le percezioni di oggetti, dapprima a portata diretta, più tardi a portata finale o potenziale. Tutti i bambini e molti adulti dovrebbero disporre di una seconda vista. [...]”

Tramite la vista, per esempio, possiamo dedurre quanto è liscio un tipo di carnagione ma nulla é paragonabile al toccarla.

Stessa cosa accade nel momento in cui ci troviamo ad osservare e studiare le opere d’arte... Prendiamo per esempio una scultura : a guardarla si intuisce che è molto bella, ma quanto cambierebbe la nostra percezione se la toccassimo?

Quante persone hanno mai provato a toccare un frutto prima di vederlo con gli occhi? La visione di quel frutto cambierà drasticamente.

Una volta, partecipando ad un laboratorio con alcuni bambini, ho provato a mettere in atto proprio questo esperimento.

I risultati sono stati diversi: c’era chi percepiva la rotondità della mela come infinita e non come forma chiusa; altri sentivano i puntini (le macchie della mela) sotto i polpastrelli, talvolta pungenti; altri

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credevano di sentirne il sapore e qualcuno la percepiva come qualcosa di duro, di non commestibile.

Insomma, se il senso del tatto riesce a cambiare la nostra visione abituale di una mela, figuriamoci la nostra visione del mondo.

Nelle righe precedenti sono stati citati alcuni sensi paragonandoli a quello in questione: “vedere con le mani” o “sentire il sapore con il tatto” ed é proprio così, come si è parlato di senso unico nell’introduzione, così si riprende il tema in queste righe: il tatto, oltre che toccare, può vedere, può sentire, può odorare.

Espressioni: morbida voce (sensazione tattile + uditiva), profumo pungente (sensazione olfattiva + tattile) Il cinguettio di un uccellino, la colonna sonora di un film, il fuoco che scoppietta, una melodia, un tenore che canta, il rumore delle onde, i quadri, i colori, le parole, gli oggetti, tutto ha un suono.

Il senso dell’udito riesce a farci sentire, ascoltare e percepire tutto questo, un senso piuttosto difficile da visualizzare; può sembrare una cosa scontata, ma

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La ricerca della visualizzazione del suono é stata, infatti, oggetto di studio da parte di molti artisti.

Tanti hanno cercato di rendere “visibile” il suono attraverso alcune invenzioni ed esperimenti, ma io comunque, credo che un quadro abbia un suono diverso nella nostra mente e, come citavo sopra, tutto ha un suono; che sia piacevole o spiacevole all’udito, è una questione pressoché soggettiva.

Partendo dal semplice suono delle pagine che vengono voltate (questo più che suono può essere definito rumore), come viene percepito dalle nostre orecchie? Molto probabilmente in forma astratta, ma ciò non significa che questo non provochi delle reazioni interne come una smorfia di piacere, di ribrezzo, brividi, lacrime e via dicendo.

Senza il senso dell’udito non potremmo avere una percezione adeguata di quello che sta accadendo intorno a noi.

Probabilmente tenderebbe tutto a diventare “bianco”.

Il suono è di base una percezione astratta, ma non ho potuto fare a meno di menzionare parole come “bianco”, “colori”, “oggetti”, “parole”.

Come la vista, infatti, anche l’udito può essere percepito come unico senso: un determinato rumore può essere associato ad un colore, così come un rumore può essere associato ad un oggetto, un tipo di materiale, un cibo e perché no, anche alle lettere dell’alfabeto fonetico.

Citando quest’ultimo, si potrebbe parlare della sinestesia più come fenomeno psicologico, ma va comunque preso in considerazione.

In definitiva, con l’assenza di tutti gli altri sensi, attraverso l’udito saremmo in grado di vedere, sentire, odorare e gustare.

Espressioni: Urlo nero (sensazione uditiva + visiva), dolce melodia (sensazione gustativa + uditiva).

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Particolare attenzione poi, va posta al senso del gusto.

“Gusto” come uno dei cinque sensi, quello che permette di avvertire il sapore di cibi e bevande ma “gusto” anche come un’attitudine, più globalmente estetica, a discernere pregi e difetti dei più svariati aspetti dell’esperienza e apprezzarne di questi il sapore.

Ma sentire anche il sapore di un’esperienza, di un periodo della vita, ecco che anche il senso del gusto diventa un unico senso. Solo attraverso la vista di un’ immagine si prenda il caso della foto di una birra ghiacciata in una pubblicità all’interno di un giornale - riusciamo a sentirne il freddo, il sapore ed il contatto del liquido sulla nostra lingua.

A proposito della lingua, ancora Pignotti, nel suo libro “I sensi delle arti”, scrive: “Il senso del gusto é dunque riferibile alla lingua. Lingua come organo anatomico [...] e lingua come sistema di segni idonei alla comunicazione”.

In breve, se non avessimo la lingua non ci sarebbe più né gusto né parola. Con la bocca possiamo dunque baciare, parlare, mangiare, cantare e così via. Possiamo quindi produrre suoni, toccare un cibo, sentire i sapori.

Espressioni: Urlo nero (sensazione uditiva + visiva), dolce melodia (sensazione gustativa + uditiva).

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Correlato al sapore c’è l’odore.

L’olfatto, infatti, è anche definito “gusto a distanza” perché ci permette di indovinare solo dal profumo la tipologia di prodotto e scatenare le reazioni vegetative ed edonistiche associate. Oltre a questo, si potrebbe dire che l’olfatto é un senso “legato alla memoria”.

Quante volte ci è capitato di entrare in una stanza, in un ristorante, in un museo, in un giardino o in qualsiasi altro luogo, sentire un odore e pensare: “Che strano questo odore, mi ricorda quel giorno in cui... quella sera quando... quell’attimo che...”

Spesso ci sarà capitato di sentire l’odore di una stoffa, del legno, di un frutto, di un cibo e pensare: “Questo odore mi ricorda mia madre, mi ricorda quando ero bambino, mi ricorda mio nonno, mi ricorda quel libro che lessi...”

Non a caso, come già citato nell’introduzione, i sensi ravvivano la memoria, probabilmente senza di essi non esisterebbero ricordi.

Come dice Antonio Russi: “Nell’esperienza normale in ogni senso sono contenuti, attraverso la memoria, tutti gli altri sensi”.

Come con tutti gli altri sensi, se non avessimo il naso non saremmo più in grado di orientarci in maniera efficiente.

Un animale per esempio, anche se cieco, riuscirebbe a sopravvivere, ad accoppiarsi e ad alimentarsi ma, se gli mancasse l’olfatto morirebbe di sicuro.

Nel bambino, inoltre, esso è il senso che già alla nascita è completamente maturo e permette al neonato di riconoscere la madre e di cercare il seno per alimentarsi.

Non a caso, anche questo senso é in grado di sostituire gli altri in assenza di essi.

Espressioni: Aspro odor dei vini (sensazione olfattiva + visiva)

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Ultimo, ma non per importanza, è il senso della vista.

La vista è, secondo l’essere umano, il senso più sviluppato. In realtà questa è un’affermazione sbagliata, in quanto si potrebbe correggere la supposizione con: “Il senso della vista è quello più immediato” perché è il primo a prendere posizione nel momento in cui guardiamo qualcosa, ma ciò non vuol dire che sia il più sviluppato, anzi.

Attraverso il senso della vista riusciamo meglio ad imprimere immagini nella nostra mente e a sfruttarlo, quando serve, come una sorta di macchina fotografica.

Si può anche dire che questo senso può farci evitare eventi spiacevoli.

Per fare un esempio, nel momento in cui guardiamo un cactus ci accorgiamo che questo ha le spine e di conseguenza non lo tocchiamo per evitare di pungerci, ma può anche far pensare a situazioni piacevoli, come la visione di una tavola apparecchiata con portate abbondanti annuncia un piacere per il palato.

E anche qui torniamo allo stesso discorso fatto quando sono stati descritti gli altri sensi: “La vista come senso unico”.

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Gli occhi assumono spesso la funzione di altri organi sensoriali: si mangia con gli occhi, si può toccare, spogliare con gli occhi, insomma la vista funziona come luogo di transito e smistamento verso gli altri organi sensoriali.

Erri De Luca scrive: “C’è un punto nel mio corpo dove i sensi convergono. Allora un rumore diventa un odore, uno sfioramento coincide con un gusto in bocca. I sensi hanno una stazione centrale da dove si smistano.” Posso affermare di essere d’accordo con lui.

A differenza degli altri sensi, è curioso capire come il senso della vista può anche essere represso: per non vedere o per vedere soltanto quello che si vuol vedere.

Un esempio frequente é come molte persone annullano il senso della vista alla visione del sangue, ovviamente in maniera inconsapevole, come accade per altre fobie o in alcune situazioni, ma anche per non apparire sciocchi.

Espressioni: colori chiassosi (sensazione visiva + uditiva), foto scottanti (sensazione vista + tatto).

É chiaro quindi che i sensi sono uni-sensoriali e come afferma William Blake: “L’uomo ha la capacità razionale di giudicare unicamente ciò che ha percepito”.

Si può quindi dire che gli stimoli sensoriali non arrivano solo singolarmente all’occhio, all’orecchio, al naso, alla mano e alla bocca, ma neanche solo a questi contemporaneamente, ma più precisamente arrivano al corpo.

Sentire con il corpo.

La pelle è uno degli organi sensoriali più importanti che ci consente di percepire il caldo, il freddo o le sensazioni di dolore.

Nel derma ci sono moltissimi corpuscoli sensoriali che sono specializzati nel raccogliere le informazioni tattili, che saranno poi trasmesse al cervello attraverso le varie fibre nervose sensitive. La sensibilità sensoriale cambia da zona a zona cutanea in base al numero dei recettori presenti. Le labbra, la pianta dei piedi e i polpastrelli delle dita sono estremamente sensibili proprio per la presenza di un numero altissimo di recettori.

Non a caso attraverso la pelle si può “ascoltare”, si può “sentire” la musica: nella sala di una disc-

-oteca, ma anche in un teatro, al cinema, ad un concerto, in una sala prove, ascoltando una canzone, mentre viene suonato uno strumento, la musica non viene avvertita soltanto con le orecchie ma, tramite le vibrazioni sonore, viene percepita dal corpo intero.

Per spiegare questo concetto con un esempio concreto, possiamo citare Beethoven: si racconta che, essendo sordo, per sentire la battuta appoggiasse il petto sul pianoforte e che dicesse: “Sento con le mie mani.” É interessante prendere come esempio, per questo concetto, la pelle accapponata ovvero i brividi che ci percorrono quando ascoltiamo una canzone che ci tocca emotivamente ; oppure quelle sensazioni, interne ed esterne, che sentiamo quando tocchiamo qualcosa che stimola i nostri ricordi sensoriali o ancora quando si guarda un’ immagine sgradevole o disgustosa e istintivamente portiamo il fazzoletto al naso. Ecco, in questo caso si parla di “reazioni sinestetiche istintive”: Keps, in particolare, afferma che si tratta di reazioni intensamente emotive senza giungere ad un livello cosciente.

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Per chiarire meglio l’idea degli organi di senso come unisensoriali e del corpo come unico percettore di sensi e delle reazioni sinestetiche istintive, mi sembra doveroso citare l’artista Marina Abramovic, la quale rivaluta esteticamente non solo i contatti percepibili attraverso la mano, ma i contatti che più generalmente possono avvenire attraverso la pelle di tutto il corpo.

Marina Abramovic

Il corpo come materia prima

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(Belgrado 1946) è un’artista serba, naturalizzata statunitense, attiva in campo artistico dagli anni Sessanta. È celebre per le sue performance che esplorano i tratti più istintivi (e spesso oscuri) dell’animo umano.

Si è autodefinita “Grandmother of performance art” per sottolineare la portata rivoluzionaria del suo modo di intendere l’intervento artistico che,

nel suo caso, prevede spesso la partecipazione del pubblico, sia a livello mentale che fisico.

Fin dalle sue prime esibizioni, l’artista ha deciso di utilizzare il proprio corpo come materia d’arte: soggetto, oggetto e media.

<<Quella artistica è un’esperienza soggettiva che si fa con tutti i sensi, con il corpo, attraverso l’esercizio della percezione e della restituzione; è azione e presenza in un tempo e in uno spazio definito, il risultato di un incontro, quello dell’artista con il mondo, dal quale nasce un’emozione che torna al corpo e si fa sentire. L’arte ha sempre a che fare con la materia liquida o condensata. Come nella vita, la percezione prevale sul dato di fatto: l’artista reinventa costantemente la realtà avvicinandola a sé e ai suoi soggetti.>> (Cardini, Guidi 2016: 7).1 19

Tutti abbiamo provato, almeno una volta, l’esperienza trasformativa di un incontro con l’Arte: che sia attraverso un brano di Bach, una pagina di Proust o qualsiasi opera riconosciuta universalmente come capolavoro oppure, più modestamente, una canzone di Jovanotti.

L’Arte sopraggiunge, in un certo momento della nostra vita, a dare senso e consapevolezza al nostro movimento, in modo talmente potente da rimodulare la nostra capacità di stare nel mondo, potenziando i nostri sensi.

Nelle sue opere, o per meglio dire “performances”, Marina Abramović cerca di esplorare i limiti fisici del suo corpo.

Ma come lo fa? Attraverso un’inconsueta proposta di interazione da parte del pubblico: gli spettatori diventano parte dell’opera stessa ed in qualche modo è proprio lei a diventare spettatrice. Durante le sue performances, a dir poco sorprendenti, Marina Abramovic lascia interpretare l’opera ai suoi spettatori.

Per fare l’ esempio di una delle sue esibizioni più celebri, ricordiamo quella avvenuta nello Studio Morra a Napoli: l’ artista si presentò al pubblico posando

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sul tavolo diversi strumenti di “piacere” e “dolore” e fu detto agli spettatori che per un periodo di sei ore l’artista sarebbe rimasta passivamente priva di volontà e che avrebbero potuto usare liberamente quegli strumenti su di lei.

Ma come può reagire il pubblico di fronte ad una cosa del genere?

L’osservatore si sente forzatamente partecipe ed emotivamente spinto a intervenire nella performance.

Si può dire che i sensi della percezione prendono il sopravvento sull’uomo il quale non è più cosciente di quello che in quel momento sta accadendo o sta facendo. Ora è il corpo a ricevere stimoli ed a re(agire): è esso stesso il mezzo ed il fine del nostro essere al mondo e, come diceva Freud: “Il corpo non è più il campo di battaglia tra istinti e civiltà”. “È il corpo che agisce in quel momento ciò che la parola non può dire; […] Quello dell’Abramovic è sempre un corpo che non si risparmia e che si spinge con coraggio verso l’impossibile. Un corpo cosciente che non conosce vergogna né divieto. Un corpo umile che sente, che impara e si racconta concentrato in una sola direzione: lo spettatore” (Cardini, Guidi 2016: 9).

I sensi sembrano essere sollecitati e stimolati al massimo portando, di conseguenza, a quelle che prima ho chiamato “reazioni sinestetiche istintive” che si accentuano. Si parla di persone che di fronte alle sue opere sono scoppiate in pianto, c’è chi si è sentito svenire, chi ha sentito la necessità di avvicinarsi all’artista e darle un bacio, c’era chi toccava con le mani il proprio corpo avvertendo lo stesso dolore o piacere che stava provando l’artista.

Si tratta, quindi, di sinestesia tattile che si presenta quando, alla vista di qualcuno che prova delle sensazioni fisiche, si percepisce la stessa sensazione nelle medesime parti del corpo.

Ancora, c’è chi si è commosso, chi si è limitato ad ascoltare, chi è rimasto impassibile, chi sconcertato, chi ha portato le mani alle orecchie per non sentire, chi le ha stretto le mani... tutto questo nella maniera più inconsapevole possibile.

Si può osservare come sono potenti gli organi di senso di fronte ad una performances del genere: si è sentito il bisogno di toccare, di ascoltare, di vedere e di reagire a questi stimoli attraverso il corpo (il pianto, il bacio, stringere le mani etc.)

Anche chi rimaneva passivo, in qualche modo, stava reagendo agli stimoli che il suo corpo gli dava, semplicemente in maniera diversa.

Si sente la necessità di interagire con il corpo e non più con la mente, si sente il bisogno di percepire, di sentire, di vivere l’opera. Ecco... “vivere l’opera”...

Mi sembra opportuno soffermarmi su questa espressione.

L’opera, talvolta, assume anche i lineamenti del “gioco”, includendo spesso in modo determinante la presenza dell’autore nel testo con quella dello spettatore nello stesso processo creativo ed è qui che l’opera si trasforma in spettacolo e si comincia a vivere quando il “fare” sostituisce “l’eseguire”. É proprio quando il corpo entra in contatto con l’opera che possiamo dire di star vivendo l’opera, quando le percezioni sensoriali aumentano e ci fanno cambiare prospettiva in maniera inconscia.

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É anche l’artista stessa, quindi, a stimolare i sensi della percezione del pubblico e non solo l’opera in generale; in questo caso lo ha fatto con gli occhi, quindi con la vista.

L’esperienza dello sguardo è reciproco e quindi si è <<Gli occhi» - dice Marina - «sono contemporaneamente una porta dell’anima: volevo osservatore ed osservato. provare a guardare negli occhi uno sconosciuto fino a quando Questo suscita, come era possibile e dare amore abbiamo già visto, diverse incondizionato e stare a vedere esterne come quella cosa sarebbe successo>> del pianto, ma anche tante altre interne ed invisibili che possono essere avvertite.

Queste, talvolta, possono essere anche più forti delle reazioni esterne, anzi si può proprio dire La potenza di un’umanità che le reazioni esterne, come il espressa attraverso lo sguardo. pianto, sono le conseguenze delle Nella varietà dei tratti somatici, reazioni interne trasmesse dagli nelle espressioni dei volti, ciò che organi di senso al nostro corpo. ricorre più frequentemente sono,

come ho scritto, le gote bagnate dalle lacrime.

Il silenzio di quel contatto ‘‘If you can change visivo apre dimensioni people’s minds — you can d’intimità che non erano state change people’s world.’’ toccate in altre performances.

Magari, questo tipo di reazione accade anche durante la vita di tutti i giorni ma, come ho accennato precedentemente, non ne siamo completamente coscienti o la vediamo come una cosa talmente usuale da non darle importanza. Questo è quanto accade alla vista.

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Con (tatto)

Quello che sembra coinvolgere di più nelle sue esibizioni è il senso del tatto.

Il con(tatto).

Vorrei aprire una piccola parentesi che riguarda l’ideazione del “teatro tattile” (1921) da parte di Marinetti, (una delle prime opere di performance art), in cui gli spettatori avrebbero dovuto poggiare le mani su lunghi nastri scorrevoli, suscettibili di trasmettere sensazioni epidermiche con ritmi diversi, con l’intenzione di un coinvolgimento tattile più totale.

Così accade anche nelle performance di Marina

Abramovic: il tatto é il senso più stimolato di tutti.

Pensiamo al bacio di uno spettatore, alla semplice carezza, al gesto di afferrare uno dei tanti oggetti che l’artista mette a disposizione per la performance, pensiamo ad una stretta di mani da parte di una persona qualunque all’interno del pubblico, dove l’immobilità del corpo svanisce per lasciare posto al movimento delle mani: mani che toccano, mani che sentono, mani che ascoltano.

Curioso anche come l’artista riesca a far percepire il tatto senza che questo senso venga

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effettivamente utilizzato: avvolta in un lungo abito rosso, entrò nel MoMA di New York per mostrare al mondo dell’arte contemporanea ciò che stiamo sperimentando attualmente in Italia: la potenza del contatto a distanza.

Nello spazio vuoto al primo piano del museo, fece disporre due sedie, si sedette su una di esse e rimase lì per due mesi e mezzo, sei giorni su sette per sette ore al giorno, silenziosa ed immobile come la grande performer ha più volte dimostrato di saper fare.

Sulla sedia di fronte a lei, a un metro e mezzo di distanza, si susseguivano gli ospiti del museo. A differenza di altre esibizioni della Abramovich, in cui agli spettatori era richiesto di entrare in modo più o meno violento in un rapporto fisico con il corpo dell’artista, in “The Artist is Present” è preclusa ogni possibilità di contatto.

Insomma vuol far sperimentare agli osservatori la potenza del contatto con lei, ribaltando la promiscuità a cui aveva abituato il suo pubblico e offrendosi in una assenza tattile.

L’opera d’arte è racchiusa in un metro e mezzo di vuoto carico dell’energia di due presenze.

Come un campo magnetico creato tra due polarità non in contatto, lo spazio fisico sopra

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al tavolo, che separa l’artista dall’osservatore, si carica di una potenza invisibile e impalpabile, ma sicuramente percepibile attraverso tutti gli altri sensi... ecco che ritorniamo al concetto di senso come unico. É essenziale citare anche un’altra esibizione dove l’artista vuole rendere protagonista il senso dell’udito: “Freeing The Voice”.

Nel corso di tale performance, la Abramović giace supina con la testa reclinata all’indietro, in modo che il suo volto sia perfettamente visibile al pubblico (contatto visivo, senso della vista vigile), spalanca la bocca ed inizia ad emettere un unico suono atono.

Inizialmente sembra un grido di richiesta di aiuto, poi diviene più introverso e, successivamente, incontrollato. Il senso dell’esecuzione è da ricercarsi nell’istintivo rispondere al grido da parte del pubblico: la reazione dello spettatore diventa l’esecuzione stessa.

Ed è a questo che Marina Abramovic mira: vuole stimolare il pubblico a rispondere, a interagire, in modo che anch’ esso possa far parte della performance.

“In un primo momento riconosci il suono della tua stessa voce, ma successivamente, quando ti spingi ai tuoi stessi limiti, la tua voce diventa un puro oggetto sonoro.” - dice l’artista.

Che tipo di reazioni interne avrà portato il suono di quella voce ? Probabilmente a qualcuno vibravano solo i timpani, qualcun altro si sarà portato le mani alla testa, ad altri saranno venuti i brividi e qualcuno avrà associato a quel suono un ricordo che avrà suscitato in lui ( o lei ) una sensazione di rabbia o di commozione.

i nostri sensi e far intuire non solo la percezione del mondo esterno, ma anche noi stessi e il nostro corpo.

Alcuni, magari, avranno associato un colore a quel suono rendendolo visuale e dandogli un peso o una forma e qualcun altro, ancora, avrà urlato insieme a lei esprimendo ed estraniando così lo stimolo sonoro ricevuto dalla voce dell’artista. É proprio così che tutto il corpo riesce ad inter(agire) con l’opera.

Talvolta però, capita di reprimere i sensi proprio per evitare che questi possano provocarci delle reazioni emotive molto forti e magari farci etichettare come “pazzi”.

A tal proposito cito una frase di Edgar Allan Poe, scrittore, poeta e critico letterario che disse:

Tante sono le reazioni a cui la sinestesia può portare. Dalla più banale e scontata alla più complessa e interiore che non eravamo mai riusciti a “toccare”. É proprio quello che cerca di fare l’artista: arrivare a farci toccare

Non c’è bisogno quindi di stimolare singolarmente i nostri sensi per stimolarli tutti; come abbiamo visto, anche un semplice suono può evocare ricordi, gustare emozioni, sentire odori.

“Ciò che scambiate per pazzia non è altro che estremo godimento dei sensi”.

Aggiungo anche una citazione di San Tommaso D’Aquino, il quale affermava:

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“Nulla è nella mente che prima non sia stato nei sensi.”

Siamo inconsapevoli, insomma, nella consapevolezza... mi spiego meglio: le reazioni istintive causate dalla stimolazione degli organi della percezione, ci fanno prendere maggiore coscienza dei nostri sensi, comprendere le diverse modalità sensoriali del nostro corpo e come viene suscitata la percezione cosciente di questi stimoli e, alla fine della performance, ci ritroveremo a guardare il mondo e ad affrontarlo con una prospettiva diversa perché, come citato nell’introduzione:

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“I sensi posso cambiare il nostro punto di vista in maniera radicale”.

Marina Abramovic, attraverso le sue performances, riesce ad esternare non solo i suoi stessi sensi percettivi ma anche e soprattutto quelli del suo pubblico e far loro “staccare la spina” per qualche istante, lasciandoli in balia dei propri sensi.

Conclusioni

Alla luce di quanto abbiamo analizzato fino ad ora, possiamo affermare che il corpo può essere effettivamente definito come unico percettore degli organi di senso ed il luogo in cui questi si fondono; il corpo insomma, prima della parola, é il mezzo attraverso il quale comunichiamo. Si può comunicare anche senza parole ma solo attraverso la nostra percezione.

Nel momento in cui ci ritroviamo a svolgere un’azione qualunque, sia che stiamo toccando un oggetto o che stiamo ascoltando una canzone, entreranno in gioco tutti i sensi percettivi, che

agiranno e verranno percepiti, poi, come unico senso.

In definitiva, ogni senso ne sostituisce un altro: se manca il senso della vista non significa che con i sensi rimasti non si possa vedere, anzi, com’è stato analizzato in precedenza, con le mani, oltre che toccare, si può vedere, (si prenda come esempio la scrittura Braille), si può sentire un suono, si può vedere un quadro (si pensi alle varie installazioni e percorsi sensoriali - percettivi all’interno dei musei), si può toccare un suono, così ugualmente per gli altri sensi: si può toccare una scultura solo

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con il senso della vista, si può immaginare un cibo soltanto sentendone l’odore, si può intuire un colore ascoltando un rumore come anche si può toccare e sentire il peso di un rumore solo ascoltandolo e così via.

Si possono esprimere emozioni tramite i sensi e arrivare anche a forti stati emotivi come nel caso delle performances di Marina Abramovic.

Abbiamo poi visto come l’essere umano agisce e reagisce di fronte ai cinque sensi della percezione ricorrendo alla repressione dei sensi o alla loro accettazione attraverso l’esternazione.

Si può quindi dire, infine, che l’essere umano non sarà mai pienamente consapevole dei suoi cinque sensi, anzi magari continuerà a reprimerli.

Questi, però, fin quando non saranno compresi appieno dall’ uomo, continueranno ad essere percepiti in maniera inconscia e completamente sconosciuta, insistendo nel comunicare, mandare stimoli e interagire col mondo esterno ed interno, con la nostra mente e attraverso il nostro corpo come senso uni - sensoriale.

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*Di seguito, la bibliografia/sitografia e la rappresentazione dei sensi attraverso le illustrazioni.

Bibliografia Anna d’Errico, Il senso perfetto. Mai sottovalutare il naso, Codice Edizioni, 2019 Bella Bathurst Rumore. Perdere e recuperare l’udito, UTET Editore, 2018 Bruno Munari, I laboratori tattili, Corraini Editore, 1985 Beba Restelli, Giocare con tatto. Per una educazione plurisensoriale secondo il metodo Bruno Munari, FrancoAngeli Edizioni, 2002 Giuseppe Pansini, Gioia e Mariasole Fortuna - la fiaba e Il discorso della psicologia nell’arte, FrancoAngeli Editore, 2020 Lamberto Pignotti, I sensi delle arti - Sinestesie ed interazioni estetiche, Dedalo Edizioni, 1993 Maria Montessori e Bruno Munari, Toccare la bellezza, Corraini Edizioni, 2020

Sitografia https://www.neuroscienze.net/la-contaminazionedei-sensi-e-la-sinestesia/#:~:text=La%20 sinestesia%20conferma%20che%20ognuno,di%20 sensazioni%2C%20percezioni%2C%20emozioni. https://www.repubblica.it/speciali/arte/2013/05/13/ foto/l_emozione_in_una_lacrima_ritratti_di_ fronte_a_marina_abramovic-58714153/ http://www.lindiependente.it/marina-abramovic-ilcorpo-la-performance/

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Il senso della vista

Rappresentazione del senso percettivo della vista attraverso l’uso di forme geometriche primitive.

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Il senso del tatto

Rappresentazione del senso percettivo del tatto attraverso l’uso di forme geometriche primitive.

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Il senso dell’olfatto

Rappresentazione del senso percettivo dell’olfatto attraverso l’uso di forme geometriche primitive.

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Il senso dell’udito

Rappresentazione del senso percettivo dell’udito attraverso l’uso di forme geometriche primitive.

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Il senso del gusto

Rappresentazione del senso percettivo del gusto attraverso l’uso di forme geometriche primitive.

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I sensi

Rappresentazione dei sensi come parte uni-sensoriale del corpo attraverso l’uso di forme geometriche primitive.

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Progetto d’esame di Alessia Pia Colella per il corso di Teoria della Percezione e Psicologia della Forma Docente: Giuseppe Pansini a.a 2020/2021