L'ultimo rinnegato - seconda edizione (dimostrativa)

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L’Ultimo Rinnegato

L’Ultimo Rinnegato di

Federico Aleotti

Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato

Indice O

3!

XVIII

86

I

5

XIX

92 97

II

10

XX

III

15

XXI

102

IV

19

XXII

108

V

25

XXIII

113

VI

31

XXIV

119

VII

35

XXV

124

VIII

39

XXVI

129

IX

43

XXVII

136

X

49

XXVIII

140

XI

53

XXIX

145

XII

59

XXX

150

XIII

63

XXXI

156

XIV

68

XXXII

162

XV

72

XXXIII

165

XVI

77

RINGRAZIAMENTI

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XVII

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Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato

O

La ragazza distolse lo sguardo alzando gli occhi al soffitto e si voltò verso le amiche facendo ondeggiare i capelli corvini. Le piaccio, gongolò Roigon. «La vuoi smettere di importunare quella poveretta e deciderti ad ascoltarmi?» sbottò Farlan colpendo il tavolo con un pugno. Addirittura. Il buon vecchio Farlan, sempre così tranquillo e pacato, che usciva dai gangheri. «Ho capito, non c’è bisogno che guardi la tua brutta faccia per sentirti». Si voltò a osservare la barba grigia che ancora ondeggiava oltre il bordo del tavolo. «Vuoi che mi faccia un viaggetto fino a Folksvarg e scopra se le voci sono fondate, è così? E non vuoi che prenda la minima iniziativa, limitandomi a osservare e ascoltare. Affare fatto: guarderò, ascolterò, e agirò come riterrò opportuno» concluse sbrigativamente alzandosi per andarsi ad accostare all’avvenente damigella. «Buonasera signorina» Damigella… sarà tutt’al più la figlia di un bottegaio che può permettersi un abito decente, ma le sue forme sono del tutto signorili. «Buonasera a voi. Come vedete sono piuttosto occupata con le mie amiche» rispose freddamente l’interpellata. Arguta e pungente, proprio come piacciono a me. «Sono sicuro che un uomo abbia da offrirvi un intrattenimento migliore, specie se si tratta di un uomo affascinante come il sottoscritto» ammiccò, approfittando dello sgomento imbarazzato della sua interlocutrice per accostarglisi all’orecchio. «Ajra» Le pupille della ragazza si dilatarono leggermente nelle iridi castane e la smorfia di disappunto si contorse in un sorriso trattenuto. «Siete un giovane impertinente!» lo rimproverò. «Alina… credo che per stasera sia meglio che andiamo. Mio padre potrebbe arrabbiarsi non vedendomi rincasare» intervenne una delle amiche, la bionda che aveva preso di mira prima di accorgersi di quel bocconcino molto più prelibato. «Allora perché non andate mentre io resto a far compagnia alla vostra amica?» L’occhiata che gli rivolse la giovane fu sufficiente a fargli capire che non avrebbe mollato. Che seccatura. «Njarta ranma vers» ordinò intrecciando le dita in un gesto complicato. La bionda e le altre due amiche si accasciarono lentamente sul tavolo. «Che cosa le avete fatto?» domandò Alina senza nascondere l’apprensione. Roigon assunse un’aria innocente. «Ho pensato che sareste stata combattuta e divisa tra il desiderio di accompagnarvi a me e quello di non abbandonare le vostre amiche, così ho fatto in modo di evitarvi il problema» spiegò lasciando trapelare un sorriso, immediatamente ricambiato. «Siete stato molto gentile» «È così. E ora vorreste accompagnarmi di sopra?» La luce dell’alba riscosse Roigon dal tiepido sonno in cui era scivolato dopo le fatiche della notte. Alina se n’era andata, probabilmente non appena il suo incantesimo di fascino era svanito. Sciocca sgualdrinella, avrebbe potuto divertirsi un po’ anche stamattina, prima che io prenda congedo da questo posto. Si tirò a sedere stirandosi i muscoli e infilò gli stivali. Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato “La tua nudità confonderà soltanto il tuo nemico, mentre senza stivali non potrai muoverti efficacemente per contrastarlo”, diceva sempre Farlan. Buon vecchio Farlan, che se la fosse presa per la sera prima? Talvolta il mago era un po’ suscettibile. Indossò i pantaloni di pelle nera e la tunica grigio fumo coi bottoni d’argento, ma non prese il mantello. Una passata della mano tra i capelli castani e ricci fu sufficiente per sistemarli mentre prendeva le scale, scendendo nella sala. Farlan lo aspettava con un cipiglio più accentuato del solito. «Appena avrò fatto colazione sarò pronto a partire» assicurò, sedendosi di fronte al maestro. «Quante volte ti ho spiegato che la magia non è un gioco? Non puoi andare in giro ad intessere incantesimi su tutti quelli che incontri!» sbottò il mago piegando gli angoli delle labbra sottili nella sua peggior smorfia di disapprovazione. «Perché? Ho fatto solo qualche semplice incantesimo alla portata di qualsiasi fattucchiere, non desterò certo i sospetti dell’Ordine» ribatté a voce bassissima. Farlan sbuffò. «Perché quello che hai fatto è profondamente immorale, ecco perché! Hai usato la magia per sedurre quella ragazza che altrimenti non ti avrebbe neanche degnato di un’occhiata». «Ti sbagli, vecchio. Sai meglio di me che un incantesimo di fascino deve appigliarsi a un’impressione esistente, e comunque non l’ho costretta a fare quello che ha fatto. Ho solo fatto in modo di essere io lo stronzo ad averle rubato la verginità, ma l’avrebbe comunque concessa al primo bel ragazzo che l’avesse guardata abbastanza a lungo, altrimenti mi avrebbe ignorato nonostante la magia. E chissà quali malattie avrebbe potuto prendersi, o che trattamento avrebbe potuto ricevere» commentò lanciando al maestro uno sguardo di rimprovero. Farlan rimuginò le sue parole per un lungo momento. «I tuoi ragionamenti sono inoppugnabili come sempre, Roigon, ma stai attento». «Sì maestro» concluse come sempre addentando finalmente il pane che aveva spalmato di burro. Tra poco sarebbe stato di nuovo solo e non avrebbe più dovuto subire quell’arringa mattutina adatta forse al ragazzo che era stato, ma non certo all’uomo che era oggi. «Cosa farai mentre io andrò a cercare le prove dell’esistenza della Confraternita?» Da quando aveva scoperto che avrebbe viaggiato da solo, Roigon si era chiesto cosa dovesse fare di tanto importante il suo maestro. Farlan abbassò la voce al limite dell’udibile: «Temo che l’Ordine si stia avvicinando pericolosamente a scoprire il nostro rifugio» ammise. «Ecco perché abbiamo bisogno della Confraternita…» «Sì, l’Ordine ci ha ridotto così male che un mago non può più praticare la magia in autonomia» ringhiò Farlan con un odio che Roigon non si sarebbe aspettato. Si rese conto di conoscere troppo poco della vita del mago che era stato ed era tutt’ora il suo maestro. «Quindi distruggerai tutto quello che abbiamo raccolto in questi diciannove anni?» «A meno che tu non mi preceda, non ho scelta». Roigon annuì. Avrebbe dovuto fare in fretta. «Meglio che mi muova, allora».

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L’Ultimo Rinnegato

I

La cittadina di Folksvarg era un insieme chiassoso di ogni tipo di persona Roigon avesse visto nell’Egrion: tra le bancarelle si muovevano contadini, boscaioli, mercenari, ladri di strada, rifiuti della società dalle orecchie appuntite ereditate dei loro altezzosi genitori e perfino un paio di individui coi volti coperti che avrebbe giurato fossero elfi. Un orco gli passò a fianco e Roigon balzò di lato per evitare il contatto con la pelle verdina probabilmente sudicia, quasi scontrandosi con il balconcino di una contadina non particolarmente attraente ma piuttosto dotata. Neanche l’avessi fatt… il pensiero svanì dalla sua mente appena lo vide: camminava flessuoso sui sostegni di legno della copertura che un pittore di strada aveva montato sulla sua bancarella visto il cielo coperto. Si muoveva pigramente, una zampa per volta, osservando la folla con quegli occhi verde intenso che parevano assorbire ogni cosa. Mi sto lasciando suggestionare… cercò di convincersi osservando il moto giocoso della coda nera priva degli screzi rossicci presenti sul resto del corpo. Qualcuno lo urtò violentemente, facendolo barcollare prima che riuscisse a puntare un piede ed evitare di cadere e imbrattarsi i vestiti con la terra battuta della piazza, ma Roigon non distolse nemmeno per un istante lo sguardo dal gatto. «Scusate… allora l’avete visto anche voi!» La voce femminile e le parole pronunciate fecero sì che il suo sguardo dardeggiasse sulla figura della donna che l’aveva colpito. «Andiamocene, presto!» lo esortò prendendolo per un braccio e Roigon si lasciò trascinare via con un sorriso, tenendo gli occhi puntati sul felino finché il muro di legno di un edificio lo nascose alla sua vista. «Qui dovremmo essere abbastanza lontani» ansimò la donna. La tunica nera piuttosto aderente lasciava immaginare delle forme perfette che completavano il quadro incominciato con lunghi, setosi capelli color cenere attorno a un visto dai tratti delicati. «Una donna bella oltre che sveglia è una vera rarità» commentò con un sorriso tendendole la mano. «Il mio nome è Roigon». «Nerea» rispose senza nemmeno degnare un’occhiata al suo palmo teso. «Avreste potuto avvertire la folla, Nerea, invece che limitarvi ad andarvene. Potreste averli condannati tutti». «E rischiare di farmi notare?» ribatté la donna come se fosse pazzo. «Una donna come voi si fa notare semplicemente camminando per strada». «Siete sfrontato oltre che stupido, a quanto pare» concluse avviandosi in direzione opposta a quella della piazza. «L’ultimo uomo che ha cercato di seguirmi ha cessato di poter stare con una donna qualsiasi» lo avvertì prima ancora che muovesse un passo. Ho un lavoro da fare, e in fretta, si ricordò cercando di metter da parte il rimpianto per quell’occasione sprecata. E che occasione… Il fracasso che lo accolse non appena mise piede nella locanda del Cinghiale Infuriato lo fece ben sperare. Accogliente e frequentata, il posto perfetto per cominciare a indagare sulla Confraternita, valutò adocchiando le pareti di tronchi di betulla dalle piccole finestre e la selva di avventori assiepata attorno ai tavoli. Si accostò al bancone strizzando l’occhio all’oste e gettò una moneta d’acciaio sul piano di legno fessurato dal tempo. Il metallo produsse un rumore secco evidenziando Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato l’assenza dello strato di unto che ricopriva ogni superficie nelle locande di minore qualità e Roigon si arrischiò a posare il gomito. «Birra» disse semplicemente osservando l’uomo tarchiato intascare la moneta. «O siete ricco sfondato, o siete pazzo, oppure volete qualcos’altro» grugnì il locandiere sbattendo sul banco un boccale di peltro da cui schizzarono gocce di schiuma. «Mael» dichiarò Roigon muovendo la mano da sinistra a destra e facendo cadere in una fessura del bancone la schiuma in eccesso. «Ora è perfetta». Il cipiglio del locandiere era tale che per un attimo pensò l’avrebbe aggredito. «Sono solo un semplice fattucchiere in cerca di qualcuno che mi insegni qualche altro trucchetto» spiegò stringendosi nelle spalle e bevendo un sorso della birra scura e corposa. Maledizione, devo ricordarmi di questo posto: la birra è ottima e il prezzo abbordabile anche per chi non sappia creare il vetro dalla roccia. «Non so cosa facciate a Folksvarg, allora. Qui non ci sono maledetti maghi, e neanche maledetti fattucchieri, e nemmeno li vogliamo». Roigon assunse un’espressione stupita. «Devo essere stato informato male, allora! Mi avevano detto che avrei potuto trovare una specie di Confraternita dedita alla ricerca di giovani dotati di talento magico» ribatté ad alta voce. Se ci fosse stato un paio di orecchie giuste in quella sala sperava che avrebbero colto il suo riferimento e decidessero di indagare. Sempre che non ritengano più prudente eliminarmi prima. «Chiunque vi abbia raccontato una simile frottola doveva essere ubriaco, e voi dovevate esserlo più di lui per averci creduto. Se volete studiare la magia andate a ovest fino alle rive maledette del lago Mystral, in mezzo ai vostri simili» concluse l’oste sparendo nella porta che doveva portare alla cucina. Alla Cittadella di Vetro, come no. Un giorno, forse… ma non sarà per imparare. Sarà per uccidere. Gettò una rapida occhiata intorno ma nessuno pareva fissarlo, così si addentrò nella selva di tavoli in cerca di un posto. «Siete qui per farvi evirare?» lo sferzò una voce tagliente che non avrebbe potuto non riconoscere. «Siete stata voi a seguire me, quindi potrei essere io a punire voi, non vi pare equo, Nerea?» ribatté voltandosi con un sorriso. La donna sedeva a un piccolo tavolo in compagnia di un individuo dalle vesti rosse che fece gelare il sangue nelle vene di Roigon. Un mago dell’Ordine Arcano! «Quest’uomo vi ha disturbata, mia cara?» domandò il mago voltandosi. Roigon sospirò di sollievo: non corrispondeva a nessuna descrizione di cacciatore di Rinnegati che avesse mai udito, e il volto che lo fissava con aria annoiata era troppo giovane perché quel mago costituisse una minaccia. «Niente affatto, volevo solo godermi l’espressione di questo arrogante idiota di fronte alla vostra galanteria, e ne è valsa la pena» liquidò la questione con uno svolazzo della mano. La mia reazione… sbuffò e si allontanò dal tavolo senza degnarla di una seconda occhiata. Le farò vedere io… non appena quel mago si sarà allontanato quanto basta cadrà ai miei piedi e mi pregherà di violare il suo corpo con la mia arroganza! Avrebbe insegnato un po’ di umiltà a quell’altezzosa irriverente, e forse qualche altro uomo ne sarebbe stato felice dopo di lui. Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato Il mago costituiva un intralcio imprevisto ma avrebbe rimosso dalla mente di Nerea il ricordo di averlo visto usare la magia. È comunque troppo intelligente per lasciare che vada in giro a raccontarlo, anche se non stesse con quel mago. Gettò un’occhiata verso il tavolo e vide la donna tirarsi indietro sullo sgabello man mano che il mago dell’Ordine tentava pateticamente di sporgersi verso di lei. Come pensavo. Si concesse di ridere alle spalle di quell’imbecille per quasi cinque dita di candela, finché Nerea prese congedo, imboccando la porta che conduceva alle camere. Per sicurezza attese che il mago fosse uscito prima di seguire la donna, imboccando con sicurezza il corridoio. L’edificio si estende su un solo piano, ricordò, valutando la distanza fra le porte man mano che proseguiva. Questa. Era sicuro che la donna avrebbe alloggiato solo nella stanza migliore della locanda, che doveva necessariamente essere anche la più grande. Bussò tre volte sul battente di legno, con decisione ma senza troppa forza. «Sì?» gli rispose la voce sorpresa di Nerea. «Mael». Un sorriso compiaciuto gli increspò le labbra mentre apriva la porta bloccata dall’interno e la richiudeva alle sue spalle. «Finalmente vi siete decisa a sbarazzarvi di quello scocciatore». Negli occhi della donna lampeggiò una scintilla pericolosa e Roigon pensò potesse avere un coltello. Meglio non rischiare. «Ajra, Nerea» ordinò accompagnando la parola con un gesto elaborato delle dita. Le sopracciglia della donna si inarcarono in un’espressione stupita. «È un piacere averti finalmente qui» confessò in tono seducente. «Ne ero sicuro». Roigon si concesse un sorriso mentre lasciava vagare lo sguardo sul corpo della donna senza più preoccuparsi di non farsi vedere. Mosse qualche passo verso le sue braccia tese e sbatté contro una barriera invisibile, strappandone uno scintillio. Che cosa? Un rivolo di sudore gelido gli colò lungo la schiena quando si rese conto che Nerea doveva essere una maga, e anche più potente di lui. Quando? È impossibile non ha pronunciato neanche una parola! «E adesso, imbecille arrogante di un Rinnegato che non sei altro, avrai quello che meriti per aver cercato di incantarmi» sorrise Nerea, con un sorriso così crudele che un brivido scosse Roigon. È una Rinnegata o lavora per l’Ordine? «Faresti meglio a scappare prima che i cacciatori dell’Ordine piombino qui. Dovrebbero mancare pochi istanti» la avvertì con finta spavalderia. Per un solo attimo un lampo di stupore alterò i lineamenti della maga, ma a Roigon fu sufficiente per capire. «Menti» affermò Nerea con assoluta certezza. «Ho visto la tua espressione davanti a quello stupido mago dell’Ordine». La mia reazione… ma certo! «Vi chiedo perdono per la mia stupidità, Nerea» si inchinò. «Mi rimetto al vostro verdetto e sono pronto ad accettare qualsiasi punizione riteniate opportuna per fare ammenda dell’offesa che vi ho arrecato, ma vi assicuro che non avevo idea che foste una maga».

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L’Ultimo Rinnegato «Vuoi farmi credere di essere tanto stupido da non aver capito le mie parole prima, nella sala?» «È così. Temo che la vostra avvenenza abbia annebbiato le mie capacità di ragionamento». «È un miracolo che l’Ordine non vi abbia ancora preso, allora» constatò caustica. «Sarà meglio che vi tolga di mezzo prima che possiate spifferare qualcosa su di me al primo paio di tette che vi si accosterà». Lo scintillio quasi impercettibile che delineava il muro di forza magica e che Roigon stava fissando con attenzione da quando ne aveva scoperto l’esistenza venne meno. Il Rinnegato si lanciò di lato, evitando di stretta misura il raggio verdino scaturito dalla mano di Nerea. «Melitha anharra vorh» scandì più velocemente che poté, estraendo una piccola balestra con la mano che non era impegnata a intessere l’incantesimo e puntandola contro la Rinnegata. Nerea si irrigidì, i lineamenti ancora contratti in un’espressione di stupore, e Roigon la fissò negli occhi grigi tenendo la balestra puntata verso la sua gola e riducendo le distanze. «Avrei potuto uccidervi e penso che ve ne siate resa conto. Sono sopravvissuto fino ad ora per la mia capacità di togliermi dai pasticci e di manipolare le persone, anche senza l’aiuto della magia, come ad esempio portandovi a sottovalutarmi. Se così non fosse non sarei riuscito a convincere Farlan a prendermi come suo apprendista». Al nome di Farlan gli occhi di Nerea si dilatarono appena, segno che il nome le diceva qualcosa come Roigon aveva sperato e l’espressione della maga si distese lentamente, segno che aveva vinto il suo incantesimo. La maga parlò lentamente tenendo i denti stretti, cosa che le avrebbe impedito di pronunciare abbastanza chiaramente le parole necessarie a formulare un incantesimo. «Cosa volete?» Roigon si concesse un breve sorriso. «A parte voi, sono qui per cercare di contattare la Confraternita Arcana. Siamo rimasti in pochi… troppo pochi per poter sopravvivere all’Ordine. Abbiamo bisogno di riunirci perché sia ancora possibile opporci alla sottomissione». «E così anche Farlan alla fine ha ceduto…» mormorò la maga. «Sapete come posso contattare qualcuno dei membri?» Nerea annuì. «Ora che ci siamo chiariti, vorresti smetterla di puntarmi addosso per lo meno la balestra?» Roigon abbassò l’arma con un sorriso. «Viila, sverj!» Un dolore intenso e improvviso scoppiò in tutte le ossa di Roigon, offuscandogli la vista. Si puntellò con le braccia doloranti e indolenzite per cercare di sollevarsi dal legno scuro del pavimento su cui non si era reso conto di essere caduto. «Questo era per aver cercato di incantarmi. Ora potete considerare la vostra offesa perdonata» civettò Nerea andando a sedersi su una poltrona di velluto un po’ stinto. Questa donna è formidabile… voglio che sia mia, si promise alzandosi lentamente e asciugandosi il sangue che colava dal labbro spaccatosi probabilmente quando aveva colpito il pavimento. «Riguardo la Confraternita?» «Dato che Farlan è piuttosto famoso gli saranno richieste solo due condizioni per unirsi alla confraternita: condividere tutte le sue conoscenze a chi di noi gliele richieda, Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato anche mettendo a disposizione i propri libri, e accorrere alla chiamata di qualunque di noi avesse bisogno di aiuto». Tutto qui? Non c’era nessun vincolo, nessuna condizione andava oltre il ragionevole e Roigon non capiva perché il suo maestro avesse rifiutato per tutti quegli anni. «Tu invece dovrai farti vincolare a uno di questi da un mago anziano della Confraternita» spiegò estraendo dalla veste un braccialetto nero coperto di rune. «Contiene un’elaborata maledizione che si attiverà non appena si concretizzerà dentro di te l’intenzione di rivelare una qualsiasi informazione su un Rinnegato a chiunque non faccia parte della Confraternita, uccidendoti all’istante». Come se avessi molta scelta… non credo che mi lascerebbe comunque andare ora che conosco la sua identità. «Accetto». «Dammi il braccio» ordinò Nerea sconvolgendolo con un’occhiata maliziosa. Mago Anziano della Confraternita? «Chiama il tuo maestro e quando sarete qui ti condurrò al nostro rifugio e potremo discutere del trasferimento dei vostri effetti: le vostre conoscenze devono rimanere alla nostra portata anche in caso di incidente e non è prudente seminare alcun indizio» ordinò sigillandogli il bracciale sul polso destro. Roigon annuì, cominciando a sospettare di essersi invischiato in qualcosa che stava sfuggendo al suo controllo. Farlan non sarà troppo felice di sapere che ho preso l’iniziativa… Con un ultimo, ammiccante sorriso prese congedo da Nerea. «Ah, Roigon! Il mago anziano a cui è legato il tuo bracciale, ossia io, può attivarne il potere in qualsiasi momento».

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L’Ultimo Rinnegato

II

«Che cosa?» rimbombò la voce di Farlan nella sua mente. «Ti avevo detto di limitarti a raccogliere informazioni, e tu stringi accordi con la Confraternita in mio nome?». «Non hanno chiesto nulla più che condivisione delle conoscenze e disponibilità ad aiutarli nel caso in cui l’Ordine trovasse qualcuno di loro. Non ci sarebbe stato niente da contrattare!» L’ira di Farlan lo colpì come un maglio facendogli esplodere un dolore sordo nella testa. «Niente da contrattare? Hai gettato al vento le mie ricerche di una vita, hai promesso tutte le mie conoscenze a quegli avvoltoi della Confraternita! L’unico vantaggio che avevamo nella trattativa era riposto nelle mie conoscenze, libri che ho rischiato anni a scrivere o per impossessarmi dei quali ho rischiato la vita e che tu hai gettato via come fossero privi di valore!» «Ma se le terrete per voi quando morirete si perderanno per sempre!» «Prima di morire le affiderei a un apprendista che si sia dimostrato degno, cosa che tu non hai fatto!» Non potete decidere quando morire, e proprio questo comportamento di oscurantismo ha fatto precipitare nell’oblio molte conoscenze del passato, pensò solamente, senza ben rendersi conto che Farlan avrebbe udito anche quello. «La tua impertinenza finisce qui, ragazzo! Io ho impiegato anni di fatiche per accumulare le conoscenze che tu hai regalato alla Confraternita, conoscenze per le quali non hanno versato nemmeno una goccia di sudore!» Farlan troncò bruscamente la conversazione e Roigon riprese la piena coscienza della stanza. Impiegò qualche istante a normalizzare il battito cardiaco: non aveva mai sentito il suo maestro così infuriato. Quel vecchio idiota! Se tutti smettessero di condividere questo atteggiamento e mettessero le proprie conoscenze in comune non avremmo tutte queste lacune! Sarebbe possibile imparare in poche settimane quello per cui sono necessari anni di ricerche, e da lì proseguire! Invece dobbiamo passare la maggior parte della nostra vita a riscoprire quello che altri già sanno ma rifiutano di condividere. L’ira di Farlan lo aveva scosso più di quanto desiderasse ammettere e gli parve che i muri della stanzetta che aveva affittato si chiudessero su di lui. Spalancò le imposte con un calcio e scavalcò il davanzale senza preoccuparsi di richiuderle alle sue spalle, atterrando pesantemente nell’erba sottostante. Il Bagliore all’orizzonte era già passato dal rosso del tramonto a un chiarore azzurrino che ancora illuminava le vie deserte di Folksvarg. Farlan impiegherà un paio di settimane ad arrivare… calcolò, ma il pensiero gli riportò in mente la conversazione appena conclusa e si costrinse a scacciarlo. La risata argentina di una bambina risuonò poco distante, irritandolo. Nemmeno un attimo di pace e tranquillità! Cercò con lo sguardo la fonte di quel rumore molesto cui facevano eco gridolini indispettiti e i suoi occhi si puntarono sulla sagoma flessuosa ricoperta da una folta pelliccia scura irta di striature rossicce. Ma è pazza! Fissò impietrito la piccola dai capelli biondi protendersi per afferrare la coda del gatto, che la scostò con uno scatto fulmineo e le tirò le frange del vestito candido ormai sporco di terra cercando di portarsele via. Roigon si aspettava che da un momento all’altro il vestito e bambina si lacerassero. Maledizione! Come faccio ad aiutare questa stupida? Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato Una parte di lui avrebbe voluto semplicemente andarsene e lasciare che la stupidità dei genitori della bambina portasse alle ovvie conseguenze, ma la piccola non aveva colpa. Quasi senza rendersene conto mosse qualche passo verso di lei e il gatto alzò la testa di scatto, puntando i suoi enormi occhi verdi nella sua direzione. Roigon si immobilizzò vagliando rapidamente gli incantesimi a cui avrebbe potuto fare ricorso in cerca di una soluzione, ma il felino balzò sullo steccato e da qui sul tetto di una casa, scomparendo nella luce calante. «Mirjan!» La donna si avvicinò di corsa alla bambina, raccogliendola e stringendosela al petto. «Vi ringrazio, straniero, per averlo mandato via. Siete folle o intrepido ma avete tutta la mia gratitudine. Qualsiasi cosa vogliate, chiedete e sarà vostra». Roigon squadrò il corpo della donna e si chiese se intendesse davvero qualunque cosa, ma la conversazione con Farlan e quell’incontro non l’avevano messo dell’umore adatto. «La prossima volta fate più attenzione!» sbottò bruscamente voltandosi e allontanandosi verso la piazza. Camminava immerso nel suoi cupi pensieri, assaporando l’aria fresca della sera, quando un edificio particolarmente imponente colpì la sua attenzione. Si estendeva su unico piano per una superficie grande tre volte il Cinghiale Infuriato, che pure era uno degli edifici più grandi della città. E l’architettura è altrettanto curiosa, con tutti quei tetti a piramide invece che a spioventi… Avvicinandosi, si sorprese di trovare una targa vicino al portone su cui era inciso in caratteri elaborati “Biblioteca” Una biblioteca nell’Egrion? A Folksvarg? Che razza di libri potranno mai esserci? «Ah, non pensavo che uno zotico del vostro pari potesse interessarsi alla storia… devo quindi dedurre che abbiate intenzione di commettere un furto?» Roigon si girò a fronteggiare il mago dalle vesti rosse, avvampando d’irritazione nel vedere il sorriso beffardo che ne alterava i lineamenti. «Se fossi davvero un cialtrone come dite cosa me ne farei di qualche libro?» «Libro?» gli fece eco il mago, confuso. «Allora forse non sono io l’imbecille. Chiunque avesse un minimo di cultura potrebbe leggere la dicitura sulla targa» ribatté superando il finto affascinante mago dell’Ordine. «Non so per quale strana associazione possiate pensare di trovare dei libri nella residenza dei conti Volsfarg, ma sarei curioso di saperlo». Roigon si fermò. Residenza dei conti Volsfarg? La targa era chiaramente leggibile anche nella poca luce rimasta. Elaborò velocemente una scusa mentre si voltava lentamente con aria seccata. «È evidente che in una catapecchia come questa appartenente a una famiglia di nobili decaduti non possa essere rimasto che qualche libro ammuffito e nemmeno un granello d’acciaio o di vetro. E scommetterei che perfino l’oro scarseggi» concluse allontanandosi a grandi passi. Perché non ha letto la targa? E cos’è questa storia dei conti? Ripescò nelle sue memorie le poche lezioni di storia che Farlan era riuscito a propinargli. Un tempo l’Antico Regno si estendeva anche su queste terre, ma le tracce sono quasi del tutto scomparse. Folksvarg è piuttosto vicina al confine attuale, quindi è possibile che una discendenza nobiliare vi sia sopravvissuta attraverso i secoli, ma Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato perché nessun Rinnegato l’ha rasa al suolo? Se non quando i Paladini erano in auge almeno negli ultimi ottant’anni! E, soprattutto, perché la targa riportava la dicitura “Biblioteca”? L’edificio era esattamente come se lo ricordava dalla sera precedente: un’ampia magione in legno, come la maggior parte degli edifici dell’Egrion, caratterizzata però da numerose travi a vista marroni, verticali e orizzontali, che spiccavano sul bianco del legno di betulla tipico di quelle zone. I numerosi tetti a piramide che coprivano le varie ali conferivano un tocco antico ed esotico alla residenza. O Biblioteca. Salì i quattro gradini di pietra e afferrò il batacchio, meditando sulla prudenza delle sue intenzioni. Ci sono solo due spiegazioni possibili al fatto che questo posto sia sfuggito alle ritorsioni dei maghi perseguitati e, in seguito, dei rinnegati: o questo posto era sorvegliato come una fortezza, o era la residenza di un mago. Nel primo caso avrebbe voluto scoprire il perché, nel secondo sperava di trovare qualche accenno a conoscenze magari perdute da secoli. «Non vi aprirà nessuno! L’Antico è così decrepito che fatica perfino a stare in piedi, sempre se non è già morto. L’ultima volta che l’abbiamo visto era due anni fa» commentò un uomo dalla strada fermandosi a prendere fiato: la grossa carriola che spingeva conteneva diversi segmenti di tronco. «Grazie, me l’hanno detto! Ero curioso di sbirciare l’interno, ma non c’è un singolo varco e gli scuri sono tutti sbarrati!» gli sorrise, propinandogli la scusa che si era preparato. «Si dice che l’Antico abbia gli occhi così delicati che il più sottile raggio di luce può renderlo cieco. È innaturale vivere tanto a lungo, dico io. Dovrebbe decidersi a morire!» sbottò sputando per terra e incrociando le dita in uno scongiuro. «Se volete un consiglio, state lontano da quel posto» concluse riprendendo a spingere la carriola. Sono troppo in vista. Compì mezzo giro della magione senza trovare un lato che non si affacciasse su una via trafficata e stava cominciando a disperare quando notò una porticina laterale incassata vicino a un angolo dell’edificio, difficilmente visibile da qualsiasi angolazione a meno di cercarla espressamente. Il battente si chiuse delle ultime dita davanti a suoi occhi. È entrato qualcuno? Maledizione! Se solo fosse arrivato qualche secondo prima avrebbe visto tutto. «Cercate qualcosa?» lo fece voltare di scatto una voce morbida. Roigon sbatté palpebre per la seconda volta in pochi secondi ma anche quella visione pareva autentica e reale. «Esattamente, signorina: cercavo una piacevole compagnia ma pare che il fato mi abbia arriso più di quanto avessi osato sperare» rispose sfoggiando il più ammaliante dei suoi sorrisi mentre ripercorreva con lo sguardo la florida figura. La donna si scostò una ciocca dei capelli ricci color del fuoco e Roigon gelò: sul polso sinistro portava un bracciale identico al suo. Dovevo immaginarlo, questo posto pullula di maghi della Confraternita. «E ora che l’avete trovata cosa avete intenzione di fare?» lo incalzò la graziosa maga fissandolo intensamente con i grandi occhi color del cielo. Un’immagine di Nerea aleggiò ai margini della sua mente ma soffiò sull’apparizione nebbiosa e la dissolse senza sforzo. Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato «Approfittare dell’occasione, naturalmente!» esclamò ammiccando e accostandosi alla donna in un modo che sarebbe stato indecente se lei non gli avesse preso il braccio. «Per aver inventato questa storia in tutta fretta ci sapete fare, devo ammetterlo» ammise la maga. «Mi chiamo Arelia» si presentò con un sorriso. «Roigon, per servirvi». La risata di Arelia era calda e morbida come la pelle della maga stessa, e gli scaldò il cuore, dissipando il malumore che l’aveva attanagliato dalla sera precedente. «Avete impegni per il pranzo?» Arelia scoppiò a ridere e si premette contro di lui. «Le vostre parole sono dolci come il miele e altrettanto appiccicose: più mi agito per uscirne più mi sembra di rimanerne invischiata!». Roigon sorrise e lasciò che la donna lo trascinasse con entusiasmo per la via. «Questa è la bottega di Gnark il fabbro» additò. «È un nano strano e taciturno, diverso da qualsiasi nano chiunque abbia mai visto, ma nel suo lavoro non ha pari. Vent’anni fa, quando Gnark era appena giunto a Folksvarg, ci fu una strana serie di omicidi cruenti oltre ogni dire. Ovviamente mi è stato raccontato, quindi non posso essere sicura di quanto i particolari siano accurati, ma tutti i testimoni hanno parlato di una stanza interamente coperta di sangue: pavimento, pareti, mobilia… perfino il soffitto! Di Elina, la moglie del precedente fabbro di Folksvarg, restava solo un cadavere orribilmente mutilato. Dato che Gnark aveva avuto un diverbio con il fabbro solo due giorni prima, le guardie cittadine pretesero una perquisizione e rinvennero dei vestiti intrisi di sangue e diverse altre tracce, oltre a un numero impressionante di coltelli delle forme più svariate che il nano giustificò come opere del suo lavoro di armaiolo. Tutti erano propensi a giudicare Gnark colpevole dell’omicidio ma non c’era nessuna testimonianza diretta, così l’Antico optò per un insolito compromesso: fece sbarrare le porte e le finestre della sua bottega con l’eccezione di quel varco da cui Gnark può consegnare le armi e ricevere i pagamenti, e da cui i garzoni che ha assoldato gli passano viveri e materie prime». «E vive da vent’anni rinchiuso nella bottega?» domandò Roigon, sconcertato. «Sì, e nessuno l’ha più visto, tanto che sul suo aspetto girano le storie più improbabili» ridacchiò Arelia. «In ogni caso, da quel giorno il fabbro di Folksvarg, e il suo successore quando si ritirò dall’attività, non hanno mai più forgiato una singola arma. Chiunque ne abbia bisogno si rivolge a Gnark o cambia città, ma nessuno nell’Egrion può eguagliare la bravura del nano» concluse con un sorriso. Roigon scosse la testa, sbalordito dalla storia e dalla tranquillità con cui Arelia gli aveva raccontato un aneddoto così macabro. «Guardate dove camminate, lurido zotico!» Roigon cadde dai suoi pensieri e ripiombò nella realtà per trovarsi faccia a faccia con i lineamenti ormai familiari del mago dell’Ordine. «Voi!» tuonò il mago sistemandosi i corti capelli neri. «Voi! Dovevo immaginarlo!» gli fece eco Roigon, pronto a rispondere a tono agli insulti. Questo idiota comincia davvero a scocciarmi… «Oltre che sbadato siete così stupido da non saper fare altro che ripetere le mie parole?» sbraitò il mago dalle vesti rosse. Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato «Vi consiglio di moderare i termini, soprattutto perché fate solo fare a voi stesso la figura dell’idiota intollerante. Come pretendete che sia attento a dove metto i piedi con una sì meravigliosa fanciulla al mio fianco?» I passanti che si erano fermati ad osservare la scena scoppiarono a ridere e il colorito di Arelia si tinse piacevolmente di un lieve rossore. «Scusatemi, forse sono stato troppo duro» incalzò Roigon, «non avendo mai provato la sensazione dev’essere difficile per voi comprendermi» concluse allontanandosi a grandi passi con la maga al suo fianco che cercava di trattenere le risa. «Sembra che quell’idiota mi perseguiti» sbuffò Roigon dopo aver controllato che il mago non fosse a portata di voce. «Non credo che gli sia rimasta molta voglia di scontrarsi con voi» ridacchiò Arelia. Roigon stava per dissentire, puntualizzando la spiacevole abitudine di quel mago di comparire nei momenti meno opportuni, quando un movimento alla sua sinistra attirò il suo sguardo. «Avete visto?» «Che cosa?» Fissò il tetto ancora per qualche istante e scosse la testa, lasciandosi trascinare nuovamente per le vie di Folksvarg. Tuttavia, non riuscì a scacciare l’impressione accompagnata da un brivido che due occhi verdi lo stessero fissando dal tetto. Roigon scoppiò a ridere e vuotò il boccale d’un fiato. «Sai, devo farti una confessione» esordì con un sorriso. «Ah sì? Mi hai forse importunata senza che me accorgessi?» ridacchiò Arelia protendendosi leggermente verso di lui. No, ma ho tutta l’intenzione di farlo sperando non solo che tu te ne accorga, ma che partecipi anche. «Niente di simile, solo ho apprezzato tanto la tua compagnia quest’oggi e mi dispiacerebbe privarmene proprio adesso». «Ma abuseremmo dell’ospitalità del locandiere fermandoci troppo a lungo» fece notare la maga con ritrosia e un lampo malizioso dello sguardo. «Hai ragione, ma si dà il caso che io abbia una stanza qui al Cinghiale Infuriato…» «Non credi che sia un luogo poco adatto a discorrere?» lo interruppe. «Ma certo, infatti non era mia intenzione discorrere con te stanotte». Il volto di Arelia si aprì in un sorriso a stento trattenuto. «Dunque, vorreste far attendere la vostra dama?»

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L’Ultimo Rinnegato

III

La pelle di Arelia era tiepida e addirittura più morbida di quanto avesse immaginato, e così le sue carezze. Accarezzò i suoi riccioli color del fuoco e si perse ancora una volta nel piacere di quelle labbra morbide e invitanti, e Arelia lo accolse con una passione che non si aspettava dopo quella prima metà della notte. Non sai quanto mi piacerebbe restare fino all’alba, tesoro, ma ho del lavoro da fare. Arelia cedette alle sue carezze come la prima volta e Roigon dovette concentrare tutta la propria volontà per ricordare chiaramente la formula dell’incantesimo mentre la passione si avvolgeva alla magia in un’estasi mai sperimentata prima. «Njarta» esclamò, coprendo i dolci gemiti della maga. Era l’unico modo per accertarmi che non fosse in grado di resistere. Arelia tacque e giacque immobile tra le lenzuola. Chissà come avrebbe reagito quando si fosse svegliata, scoprendo che era un mago e che l’aveva addormentata con un incantesimo per andarsene nottetempo. Non sarebbe successo se ti fossi accontentata della prima o della seconda volta e poi ti fossi messa a dormire, la rimproverò mentalmente vestendosi. Dato che la locanda a quell’ora era chiusa fu costretto a uscire dalla finestra, ma questa volta richiuse accuratamente gli scuri dall’interno con la magia. Istintivamente il suo sguardo fu attirato dall’androne in cui aveva visto la bambina giocare col gatto, temendo di trovare quegli occhi verdi puntati su di lui. La tenebra ricambiò il suo sguardo senza pudore. Mi sto facendo suggestionare. È solo uno stupido gatto, ma anche se non lo fosse non vedo perché debba restare in questa maledetta cittadina, o avercela con me. Il maniero dei conti Volsfarg emerse dall’oscurità davanti a lui, debolmente illuminato dalla luce delle stelle e della sottile falce di luna che faceva capolino dalle rade nubi. Dovette passarci davanti due volte per ritrovare la porticina che aveva visto chiudersi quella mattina, nascosta com’era dalle tenebre. Scrutò il battente con attenzione, domandandosi se potesse esserci qualche incantesimo protettivo. Improbabile: un mago dell’Ordine potrebbe sempre passare di qui e notare le aure. Gli tornò in mente l’irritante mago dell’Ordine dalle vesti rosse e si affrettò a riportare la sua attenzione sulla porta. Un saliscendi, ma probabilmente anche un catenaccio. «Mael Riiva» scandì accompagnando le sillabe con gesti complicati delle dita. Con uno scatto sommesso la porta si schiuse di una fessura. Roigon aprì cautamente il battente lasciando penetrare la flebile luce delle stelle nella stanza buia. Vuota, sospirò. Posò a terra la candela che aveva portato e la accese con due colpi d’acciarino, affrettandosi a chiudere la porta alle sue spalle. La luce calda della candela illuminò le pareti di legno, una credenza dall’aria antica sulla quale erano posati due candelabri d’oro e una porta di legno identica a quella che dava sull’esterno. Alla sua sinistra una soglia priva di battente si perdeva nelle tenebre. Si avvicinò alla porta calpestando il tappeto stinto che copriva il pavimento di pietra, materiale piuttosto raro nell’Egrion . Posò l’orecchio sul battente e non udendo nulla schiuse la porta di una fessura. Davanti ai suoi occhi si profilò lo scorcio di una stanza più grande e più ricca, forse un salotto, in cui rimanevano le spoglie di un divanetto dal velluto sbiadito e strappato.

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L’Ultimo Rinnegato Aprì la porta quel tanto che bastava ad infilarvisi e imprecò mentalmente contro il cigolio che risuonò come un grido nell’oscurità. Due poltrone sfondate e un tavolino traballante completavano quel quadro di lusso decadente insieme a una libreria quasi vuota. Si accostò rapidamente allo scaffale di legno scuro e scorse i titoli dei volumi superstiti. “Compendio nobiliare”, “La pericolosità della magia e come riconoscere uno stregone”; mi chiedo quale mago abbia acconsentito a stilare delle copie di questo libro! “Magia oscura: principi e applicazioni” Allora avevo ragione! E non credo che chiunque sia vissuto qui abbia potuto non accorgersi di avere un libro di magia in una libreria con quattro libri. Quindi deve trattarsi di un mago, o il libro sarebbe stato bruciato per il bando! “Amuleti e medaglioni incantati, come distinguerli” Quello sembrava proprio un falso: non c’era alcuna differenza tra un amuleto e un medaglione. Cominciò a ricredersi e dovette trattenere l’impulso di aprire “Magia oscura: principi e applicazioni” per verificarne il contenuto. Se devo perdere tempo con un libro meglio farlo con uno che ne valga pena! Abbandonò la libreria e si accostò alla porta più vicina, appoggiandovi l’orecchio. La socchiuse un fessura e il profilo di gradini di pietra discendenti si delineò di fronte ai suoi occhi. Ecco perché il pavimento di pietra: se fosse stato di legno sarebbe risultata immediatamente evidente la presenza delle stanze sottostanti perché sarebbe suonato vuoto. Accostò la porta alle proprie spalle e si avviò giù per i gradini consumati, notando l’umidità dell’aria crescere di pari passo con la profondità. I gradini terminavano sotto a un arco triangolare oltre il quale intravide un corridoio dipanarsi nell’oscurità. Una sottile lama di luce fuoriusciva dalla fessura sotto una delle porte che vi si aprivano, lambendo il pavimento di pietra. Lasciò la candela sull’ultimo gradino e si avvicinò spostando il peso da un piede all’altro con estrema attenzione, per non emettere nemmeno il più piccolo rumore. «…timi anni in pace» risuonò flebile una voce sbiascicata dall’interno della stanza. Roigon si accostò alla porta e vi posò l’orecchio, badando di tenere le ginocchia flesse per poter balzare via in ogni momento. «Allora non sceglierò mai un successore!» sbottò la voce, irritata. Accostò l’occhio alla toppa della serratura e riuscì a distinguere una sagoma deforme seduta a una scrivania. Non avrebbe saputo dire se la voce sbiasciata provenisse da quell’essere grottesco o dall’altro, invisibile interlocutore. «Non ho più niente da perdere, ormai. Non sarà difficile farmi credere morto e non darò alcun fastidio, semplicemente sparirò nel nulla». Una conversazione mentale? Ma perché allora risponde ad alta voce? La voce proruppe in un verso a metà fra un grugnito e un sospiro. «E va bene, affare fatto. Un mese, non un giorno di più, dalla nomina». La porta si scostò di una sottile fessura e Roigon riuscì appena a raddrizzarsi prima che si spalancasse, rivelandolo all’uomo deforme seduto alla scrivania. «Un intruso!» constatò l’uomo, sempreché fosse davvero un uomo, alzandosi e caracollando in avanti facendo ondeggiare l’enorme gobba che gli deturpava la schiena. «Scusate, buonuomo, dev’esserci stato un errore!» cercò di rimediare Roigon senza rischiare di ricorrere alla magia. Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato «Oh, ma certo che c’è stato… voi avete commesso un errore: siete entrato qui. E temo di non potervi permettere di andarvene». Gli occhi quasi privi di iride che lo fissavano da una ragnatela di rughe si strinsero minacciosi. Sembra piuttosto sicuro di sé il vecchio… «Njarta» esclamò intricando le dita nel gesto abituale, senza ottenere altro che una risata raccapricciante dal suo interlocutore deforme. Cosa… come...? «Alkaraz tiem vol nein’nar» scandì rapidamente il vecchio e Roigon si sentì sollevare e inchiodare contro il muro alla sua destra con tanta forza da togliergli il fiato. La luce della torcia mandò un guizzo e illuminò due occhi scintillanti sulla spalla del mago. Non è una gobba! È un… vlarsik! Roigon avvertì il sangue defluirgli dal volto: non solo quel mago gli era decisamente superiore, ma aveva anche un vlasrik sulla spalla. «Ti mandano quegli idioti del Consiglio?» Il grosso ratto spalanco le ali e puntò il muso nella sua direzione. «No! E vi sconsiglio vivamente di mettervi contro la Confraternita» minacciò. O la va o la spacca… Le rughe sul volto del vecchio si distesero e si contrassero. «Mettermi contro la Confraternita? Vorresti forse lasciar intendere di farne parte? Folle! Io sono la Confraternita. Io sono l’Antico, e questo è il rifugio della Confraternita Arcana» Il mago levò una mano e una luce rossa si accese sul suo palmo proteso. «Il polso destro! Sotto la benda!». Il vecchio esitò, mosse l’altra mano e Roigon avvertì la benda che aveva avvolto attorno al bracciale svolgersi e fluttuare nell’aria. «Vorresti farmi credere di essere entrato qui senza sapere che cosa fosse questo posto?» Un lampo verde dietro la benda fluttuante, una sagoma scura che usciva dalla stanza attraverso la porta prima che la benda cadesse a terra. Non è possibile… «È così!» si affrettò a rispondere. «Voglio sapere chi è il mago anziano che ti ha vincolato a quel bracciale!» pretese il vecchio. «La maga Nerea mi ha accolto nella Confraternita». «Molto bene. E adesso mi piacerebbe sapere come hai fatto a individuare gli allarmi e disattivarli». Allarmi? Il suo sospetto e timore prese forma e sostanza e minacciò di sopraffarlo. Siamo in un terribile pericolo… Il vlasrik sulla spalla del mago si protese in avanti e i suoi occhi neri scintillarono alla luce tremula della torcia. Se glielo dico non mi crederà mai, penserà che sia solo una scusa assurda! E nemmeno io posso averne la certezza… «Ho imparato a sopravvivere usando la testa, oltre che la magia. Ieri mattina ho osservato un uomo intessere l’incantesimo di acceesso, e vista la semplicità non è stato troppo difficile adattare gesti e parole». Sempreché gli allarmi si disattivino davvero in questo modo e l’incantesimo necessario sia così semplice… «Astuto… sembri un elemento prezioso, tutto sommato…» «Roigon» si affrettò a completare, «apprendista del mago Farlan». Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato Il volto dell’Antico si aprì in un sorriso. «Ah sì, il suo arrivo tra le nostre fila è stata una piacevole sorpresa… molto bene, Roigon. Presentati domani mattina nella sala da cui hai imboccato le scale che ti hanno portato qui sotto». «Sì, signore» «E non osare mai più cercare di spiarmi». Il tono marmoreo dell’Antico gli provocò una fitta d’ansia alla bocca dello stomaco mentre precipitava al suolo, non più sorretto dalla magia. Sa che l’ho ascoltato? O vuole solo vedere la mia reazione? «Non cercherò più di impadronirmi della conoscenza della Confraternita se non chiedendo o meritandomelo» garantì, imboccando la porta. Ripercorse il corridoio sfiorando il muro gelido e umido con la punta delle dita, cercando di placare il battito furioso del proprio cuore e di non sobbalzare ad ogni minimo rumore. Se fosse davvero… qui attorno… La porta che dava alla saletta coi libri era socchiusa. Sono certo di essermela accostata alle spalle! Spinse il battente con enorme cautela facendosi scudo con esso e gettò una rapida occhiata nella stanza. Vuota, sospirò. Raggiunse la porta in poche falcate e attraversò l’anticamera d’ingresso con pochi, rapidi passi, tuffandosi nell’aria fresca della notte. Sapeva che il pericolo non era passato, ma le probabilità di incontrare quel maledetto felino all’aperto sarebbero state drasticamente inferiori. Quindi questo maledetto maniero altro non è che la sede della Confraternita Arcana… questo spiega perché non sia stato raso al suolo dai rinnegati. E quel vecchio rugoso che ha ceduto al ricatto di un misterioso interlocutore dice di essere l’Antico! Ma chi diavolo potrebbe mai trovarsi in una posizione tale da poter ricattare il Maestro della Confraternita?

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L’Ultimo Rinnegato

IV

La porticina era chiusa. Dovevo immaginarlo! Sbuffò Roigon. E adesso come diavolo faccio a entrare? Ho detto al vecchio di conoscere l’incantesimo di accesso, non posso permettermi di far scattare gli allarmi. «Tu, lurido idiota!» lo apostrofò una voce inacidita. «Maga Nerea, anche per me è sempre un piacere vedervi» salutò sfoderando un sorriso impertinente e voltandosi con uno svolazzo del mantello. Specie quando mi togliete da situazioni come questa. «Waidsol» scandì secca la maga facendo scattare la serratura della porta. «Entra». Roigon la seguì nella saletta guardandosi intorno furtivamente. «Ti sei infiltrato nel rifugio della confraternita e hai cercato di spiare l’Antico! E la responsabilità è mia!» «Esattamente! Se mi aveste rivelato subito l’ubicazione del rifugio avremmo potuto risparmiarci questo increscioso equivoco» troncò la discussione imboccando la porta che dava sulla saletta interna. Un individuo alto e allampanato stava discutendo pacatamente con una giovane donna attraente dai capelli color del fuoco. Maledizione! «Roigon?» lo riconobbe Arelia. Il suo interlocutore si voltò a scrutarlo e Roigon sollevò le sopracciglia dalla sorpresa. «Alric?» «Non permetterti mai più di ignorarmi in questo modo!» sibilò Nerea alle sue spalle. «Roigon! Che diamine ci fai qui?» lo scrutò Alric con aria interdetta. La risatina di Arelia sovrastò gli altri commenti. «Guarda guarda…» Roigon sfoderò il suo sorriso più spavaldo. «Mi dispiace per ieri sera, mia cara, ma affari urgenti richiedevano la mia presenza… spero di essermi già fatto perdonare per avervi abbandonata a quel modo, pur felice e soddisfatta». La guance della maga si imporporarono fino a raggiungere il colore dei suoi capelli, ma il sorriso non sparì dalle sue labbra. L’incantesimo lo colse completamente di sorpresa e lo gettò in ginocchio, lasciandolo dolorante e boccheggiante. «Affari urgenti, ma certo! Doveva infiltrarsi qui dentro per cercare di spiare l’Antico!» esclamò, gelida, Nerea. «Ed evidentemente non è l’unico posto in cui si è infilato ieri notte». Vendicativa come non mai… Roigon si sforzò di trattenere un incoerente sorriso. Un braccio comparve nella sua visuale e riconobbe la veste elegante, aggrappandovisi con gratitudine. «Seta… non sei cambiato affatto, Alric» commentò. «Nemmeno tu, se è per questo» sogghignò il vecchio apprendista di Farlan. «Che cosa ci fai qui?». «Io e il vecchio ci siamo uniti alla Confraternita». «Farlan è qui?» Roigon scosse la testa. «Sta arrivando. Ci vorranno poco meno di due settimane». «Perché saresti venuto a spiare l’Antico?» si intromise Arelia. «Perché non era stato informato della locazione del rifugio» rispose il vecchio mago spuntando dalla porta che dava sulle scale. Un silenzio denso e appiccicoso avvolse la sala. Roigon vide le labbra di Nerea stringersi leggermente. «Non ho ritenuto saggio rivelarglielo finché non avesse dimostrato la sua fedeltà o Farlan fosse giunto a garantire per lui». Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato «Discuteremo della cosa più tardi. Ora, se non vi dispiace, vorrei che cominciaste a meritarvi di far parte della Confraternita» dichiarò fissando Roigon con quegli occhi quasi privi di iride. «Al vostro servizio, Antico» si inchinò. «Permettetemi di presentarvi Ulfric il Lupo. Lo accompagnerete nel suo incarico ed eseguirete i suoi ordini alla lettera». Un uomo alto e muscoloso incedette nella sala, squadrandolo. Roigon ricambiò lo sguardo valutando i lunghi capelli biondi, la barba intrecciata, e la corazza di scaglie d’acciaio indossata da Ulfric. Formidabile. «Avete due ore per prepararvi» ordinò il guerriero, lapidario. «Fatevi trovare sulla via principale, al cancello est di Folksvarg». Ulfric il Lupo spiccava in mezzo agli uomini assiepati al cancello. Roigon valutò rapidamente gli spessi stivali, i vestiti ampi e poveri e le asce impugnate dalla gran parte dei presenti. Taglilegna? Di certo non sembravano maghi. «Vogliono che andiamo ad abbattere tronchi?» domandò al rinnegato arcuando le sopracciglia. «Alla legna penseranno i boscaioli. Il nostro compito è evitare che i goblin, o peggio, li “disturbino” mentre lavorano». L’espressione di Roigon si fece ancora più stupita. «E hanno assunto noi due, solo noi due, a questo scopo?» incalzò guardandosi intorno in cerca di altri mercenari o presunti tali. «Siamo fattucchieri, confidano che la nostra magia compensi il nostro numero, sempreché non si ritorca contro di loro». E gli costiamo comunque meno di un drappello di mercenari, indovinò. «Ci siamo tutti?» domandò qualcuno, e a un assenso corale i boscaioli si misero in marcia. «Vorrei che voi due steste in testa, giusto per sicurezza» disse la stessa voce acuta. Lontano dagli uomini e vicino al pericolo. «Felvar, per servirvi» si presentò l’ometto spuntando tra due nerboruti taglialegna. «Roigon» si inchinò lievemente. «Abbiamo molto sentito parlare di voi, Lupo. Confido nella vostra esperienza affinché i miei uomini siano al sicuro». «E io nella capienza delle vostre tasche affinché anche i miei interessi lo siano» borbottò il rinnegato incamminandosi in avanscoperta. Roigon lo seguì senza riuscire a trattenere un sorriso. «La Confraternita è così a corto di fondi?». Il guerriero dai capelli biondi non rispose. «Pensi che dovremmo guardarci le spalle da Felvar e i suoi uomini? Non mi piacerebbe trovarmi un pugnale nella schiena mentre frugo il bosco alla ricerca di qualche goblin». Ulfric si voltò a gettargli un’occhiata. «La nostra copertura è quella di due fattucchieri mercenari, in piena regola con le norme dell’Ordine. Bada di non lasciargli sospettare alcunché e non ci saranno problemi». «Cosa pensi ci attenda? E quanto durerà questa gitarella?» incalzò. «Almeno una settimana. Entro il tramonto avremo raggiunto le propaggini dell’acquitrino, ci vorranno almeno cinque giorni per raccogliere il legname Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato necessario e non so dirti quanto ci vorrà a trasportarlo indietro. In gran parte dipende da quanti carri perderemo nella palude». «Nessuno mi aveva parlato di una palude!» sbuffò Roigon. Ulfric scoppiò in una breve risata. «L’acquitrino di Morlog ci mostrerà di che pasta sei fatto». Roigon sentì di odiare quella palude ancor prima di esserci effettivamente entrato. Il fango molliccio si attaccava ai suoi stivali di pelle lucida, risucchiandoli e rendendo ogni passo tre volte più faticoso del normale. Nonostante l’assenza di acqua, l’aria era già così umida che la fronte gli si riempiva continuamente di piccole gocce. Si asciugò per l’ennesima volta e il movimento lo distrasse abbastanza da non fargli vedere una radice sporgente. Barcollò e agitò le braccia per non cadere nel fango. «Maledizione!» imprecò tra i denti. Ulfric, davanti a lui, ridacchiò appena. Si spazzolò una manica che, l’umidità che trasudava dal suolo aveva reso pesante e appiccicosa come il resto dei suoi abiti. Una settimana senza nemmeno una donna! È impossibile, non posso sopravvivere, decise. Si trastullò per qualche tempo col pensiero di cosa avrebbe fatto ad Arelia quando fosse tornato, ma i suoi sogni a occhi aperti furono rovinati dalla comparsa nei suoi pensieri del sarcasmo di Nerea e dall’innegabile desiderio che la maga Anziana gli suscitava. Sbatté contro il braccio teso di Ulfric e barcollò all’indietro, piombando di nuovo nella relatà della palude. Una manciata di passi più avanti il terreno sprofondava in una distesa di fango liquido da cui spuntavano enormi alberi dal tronco nerastro. Il canto degli uccelli era stato sostituito dai più sinistri gridi degli uccelli di palude e da lievi rumori di acqua smossa. «Ci sono diverse colline asciutte che spuntano dall’acquitrino, ma gli alberi crescono solo nell’acqua e le colline pullulano di goblin» spiegò il mercenario. «Piazzeremo il campo poco più avanti. Non ha senso spingersi nella palude più di quanto sia necessario» istruì Felvar suscitando un sospiro di sollievo da parte dei boscaioli. «Quanto è estesa la palude?» domandò Roigon seguendo il Lupo tra la fanghiglia che gli arrivava al polpaccio. «Tre o quattro giorni di cammino per attraversarla, a seconda della tue capacità di muoverti in questo terreno. Sempreché tu ne esca vivo, naturalmente. All’interno dell’acquitrino di Morlog vivono creature ben più pericolose dei goblin». Cos’è tutta questa improvvisa loquacità? «Stai cercando di avvertirmi o di spaventarmi?». Ulfric non rispose e si limitò a fargli cenno di evitare una zona fangosa che a Roigon parve assolutamente identica al resto di quella distesa desolata. «Fermi» avvertì il Lupo qualche passo più tardi. «Cosa c’è?» Il mercenario lo zittì con un brusco gesto e mise mano all’ascia che portava alla cintura. Il fango esplose in una nube di spruzzi e qualcosa colpì Roigon, trascinandolo giù. Gli occhi e la bocca gli si rimpierono di fango e fo squassato da un conato di vomito. Si dibatté cercando di capire cosa fosse successo, senza riuscire a puntellarsi abbastanza saldamente per tirarsi in piedi. Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato La mano robusta di Ulfric lo trasse dalla melma boccheggiante. «Che… che diavolo era?» sputò cercando di pulirsi il viso dalla fanghiglia viscida e liberarsi del sapore di marcio del fango. «Un lammen» spiegò il Lupo mostrandogli la carcassa della creatura. Roigon studiò brevemente il muso allungato, la mandibola irta di denti appuntiti, i due arti palmati e la lunga coda. «Un lupo di palude» commentò Felvar adocchiando la carcassa. «Se dovessimo venire attaccati da un branco stasera mangeremmo carne». Roigon sputò per cercare di liberarsi dal sapore di marcio e raccolse le sue bisacce. «Non ho la minima intenzione di farmi avvicinare da un altro di quei cosi!» Ulfric si limitò a scrutarlo con un cipiglio divertito privo di derisione che dovette far passare a Felvar la voglia di prenderlo in giro. «Hai davvero intenzione di mangiarlo?» chiese osservando il guerriero che si caricava in spalla la carcassa. Peserà almeno sessanta chili, e ha già indosso l’armatura! «Dicono che la carne di lammen sia un prelibatezza» ridacchiò il Lupo. Roigon scrutò brevemente tra le tenebre oltre il bagliore della torcia e ritornò nel campo. Campo! Quella specie di accampamento era quanto di più pietoso avesse mai visto: tende di pelle montate qua e là sulle radici sporgenti di quei grossi alberi, e fanghiglia ovunque. Era abbastanza liquida da penetrare attraverso la stoffa e abbastanza fangosa da appiccicarsi comunque e rendere viscida qualsiasi cosa. Badando a dove metteva i piedi tornò verso Ulfric. «Cosa dicono le sentinelle?» domandò il guerriero biondo senza alzare lo sguardo dalla carcassa del lammen. «Tutto tranquillo». «Strano… pensavo che avremmo ricevuto visite stasera. Un gruppo così nutrito non passa inosservato» commentò. «Che stai facendo?» domandò vedendo che Ulfric sembrava più interessato alla pelle che alla carne. «Sai perché mi chiamano il Lupo?» Roigon scosse la testa. «Perché mi piace portare un manto di pelliccia di lupo sopra alla corazza. Non l’ho portato nella palude perché anche riuscendo a ripulirlo dal fango, l’odore di marcio non se ne andrebbe mai più. Ma quando sono arrivato al campo, ho visto che la pelliccia del lammen era perfettamente pulita. Guarda». Sotto il suo sguardo attento finì di liberare la folta pelliccia marrone chiaro e ne immerse un lembo nel fango. La estrasse per mostrargli la macchia di fanghiglia, quindi la scrollò vigorosamente. «Perfettamente pulita» annunciò con un sorriso. «È incredibile…» mormorò Roigon. «Non ho idea se questa proprietà si conservi dopo la morte del lammen, ma vale la pena provare». «Te ne serviranno diversi altri per poterti cucire un mantello, però» Ulfric sogghignò e la luce tremula del fuocherello danzò sui suoi denti giallastri. «Ne arriveranno altri, non dubitare». Spero proprio di no… stava per accomodarsi sulla radice più pulita che era riuscito a trovare quando un grido riecheggiò da un’estremità dell’accampamento.

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L’Ultimo Rinnegato Roigon balzò in piedi e seguì Ulfric di corsa attraverso la fanghiglia, sollevando spruzzi sulle tende circostanti. «Che ti avevo detto?» ringhiò il Lupo, raggiungendo un boscaiolo riverso. La fanghiglia era perfettamente immobile, nemmeno un’increspatura ne deturpava la superficie. Roigon cercò di non lasciarsi distrarre dalle urla che cominciavano a levarsi nell’accampamento. «Strano, di solito trascinano le prede nel fango» mormorò Ulfric toccando il corpo con la punta dell’ascia. «È ancora vivo». Un altro grido risuonò poco distante, cui subito fecero eco diversi altri. Roigon riportò lo sguardo sul boscaiolo e sui solchi rossi che ne deturpavano i lineamenti. Quelli non sembrano segni di denti… «Vlasrik!» gridò il Lupo balzando in piedi e spostando immediatamente la sua attenzione dall’acqua all’aria. Il grido si propagò per il campo come un incendio insieme al rumore di ali che frustavano la notte. Roigon strappò una torcia dal fango e la sollevò sopra la testa giusto in tempo per vedere una delle creature piombare su di lui. Con un rumore viscido un buon braccio di lama si infilò nel ventre del vasrik, uccidendolo. Il Lupo estrasse la spada dalla carcassa e soppesò l’ascia nell’altra mano, guardandosi intorno. «Tieni alta quella torcia e stammi vicino» ordinò avviandosi verso il centro dell’accampamento. Roigon lo tallonò da presso. «Là!» indicò scorgendo una delle grosse creature rattiformi che stava per avventarsi su Felvar. L’ascia di Ulfric lo intercettò a mezz’aria e si conficcò in un tronco. «Fiarel bladen vir» scandì il mercenario levando il braccio e torcendo il polso in un gesto elaborato. Una fiamma si accese nella sua mano e si allungò fino a prendere la forma di una spada dai bordi ondeggianti. «I vlasrik temono il fuoco! Usate il fuoco!» Maledizione, siamo stati ingaggiati per proteggere questi uomini ma non mi sembra ci stiamo riuscendo granché! Il profilo di un paio di ali di pelle comparve sulla tenda vicina. «Njarta» ordinò liberando la magia. Il vlasrik precipitò nella fanghiglia. Vedi di affogarci! «Due calano dall’alto!» gridò a Ulfric. La lama di fuoco amputò un’ala del primo mentre quella d’acciaio si abbatté sul secondo, deviandolo dalla sua traiettoria. Roigon si mosse per intercettarlo e colpì brandendo la torcia a due mani. Il vlasrik precipitò nella fanghiglia e prese ad agitarsi spruzzando fango ovunque. Ulfric conficcò la lama di fuoco nel fango traendone un sonoro sfrigolio e uccidendo il vlasrik che vi si agitava. «Muori!» Roigon si voltò verso il grido e uno spruzzo di fango lo investì in pieno viso quando il boscaiolo abbatté uno di quei grossi ratti alati piantandogli l’ascia nel cranio e sprofondandolo nella melma. Mentre si puliva gli occhi si rese conto che le grida erano quasi totalmente cessate. «Se ne sono andati?». Ulfric non rispose e raggiunse Felvar con poche, ampie falcate.

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L’Ultimo Rinnegato «Raduna tutti gli uomini, fai raddoppiare le torce e conta i morti, i feriti, e i corpi di vlasrik» ordinò. Con sorpresa di Roigon, Felvar obbedì senza discutere. «Per questo era tutto così tranquillo… nemmeno i lammen sono soliti cacciare nei territori dei vlasrik» borbottò il mercenario. «Abbiamo contato cinque morti, due dispersi e dieci feriti» lo informò un boscaiolo. «E otto di quei diavoli neri morti». Ulfric annuì e recuperò la propria ascia dal tronco. «Dovremmo aver inflitto loro abbastanza perdite da tenerli alla larga». Roigon vide che gli occhi del boscaiolo non abbandonavano un istante la lama di fiamme che ardeva nella mano sinistra del guerriero. «La vostra magia avrebbe dovuto proteggerci…» «Se volevate magia avreste dovuto assumere dei maghi» lo interruppe il Lupo ringhiando. «Noi siamo soldati, ottimi soldati anche grazie a qualche trucchetto magico, ma pur sempre soldati». Il boscaiolo annuì arretrando di un passo. «Avete ragione, scusate».

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L’Ultimo Rinnegato

V

Il rumore incessante delle asce che attaccavano il legno sembrava scandire i suoi passi meglio del risucchio del fango. «Pensi che ora che abbiamo abbattuto la maggior parte dei vlasrik i lammen potrebbero spingersi fin qui?» «Non ne sono sicuro» ammise Ulfric. «Per trovare il luogo adatto a piazzare un campo così grande ci siamo spinti più all’interno di quanto mi sarebbe piaciuto. Non mi ero mai trovato a dover affrontare più di un vlasrik per volta, e anche quello piuttosto di rado. Un vecchio cacciatore mi disse che in luoghi particolarmente selvaggi se ne possono trovare nidiate da dieci o dodici esemplari, e che me ne sarei potuto accorgere per l’assenza totale di altri predatori» spiegò. Sembra che la battaglia gli abbia sciolto la lingua, quasi non si riconosce il mercenario taciturno. «Quindi dovremo guardarci da lammen e goblin» «Per lo più. Non siamo abbastanza all’interno da dover temere di imbatterci in un troll». «Un troll? Non sapevo crescessero nelle paludi. In ogni caso gli alberi sono così distanti tra loro che sarebbe piuttosto semplice evitarlo» Ulfric si fermò a scrutarlo. «Cosa diavolo credi che sia un troll?». Roigon ripensò brevemente a tutti i racconti che aveva udito. «Un qualche tipo di pianta carnivora». «È tecnicamente esatto, ma non aiuta a capire quello che ti troverai davanti. Un troll è una pianta dal ritmo di vita accelerato al pari di quello di un animale, senziente e in grado di spostarsi molto più velocemente di te o me» Roigon arcuò le sopracciglia. «Temo che tu stia dando troppo credito alle storie di bardi strampalati o ubriachi». «Spera di non doverlo mai verificare» consigliò il Lupo, arcigno. «Hai sentito?» «Cosa?» domandò Roigon svegliandosi di soprassalto. Gli parve di essersi riscosso da un sogno molto vivido di cui non riusciva a ricordare nulla. Che idiozia! Se fosse stato vivido dovrei ricordarlo… Ulfric si alzò piuttosto silenziosamente considerata la quantità di acciaio che aveva addosso, ed estrasse l’ascia dalla cintura indicandogli l’altro lato dell’albero a ridosso del quale avevano piazzato le tende. La luce della torcia della sentinella illuminava il profilo del tronco nerastro con la sua luce tremula mentre Roigon si avvicinava, balestra alla mano. Un grido strozzato risuonò dall’altra parte dell’albero e il mago si affrettò a completare il giro, rischiando di andare a sbattere contro un goblin. Senza nemmeno pensare tirò il grilletto conficcandogli un quadrello dritto nella nuca. Un secondo goblin coperto di fanghiglia precipitò al suolo privo della testa mentre l’ultimo arrancava oltre l’aura di luce della torcia. Le gambe corte della creatura sprofondavano nel fango fino alla coscia, rendendolo lento e impacciato nella corsa. Roigon caricò la balestra senza distogliere lo sguardo dalla sagoma scura del goblin in fuga. «Coprimi le spalle» chiese a Ulfric temendo che una di quelle infide creature posse sorprenderlo. Tirò il grilletto e il quadrello solcò l’aria fischiando, perdendosi nell’oscurità. L’ho preso? «Non riesco più a distinguerlo» sbuffò. Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato «Lascia perdere» consigliò Ulfric. «Piuttosto, mi chiedo perché la sentinella non abbia dato l’allarme». Si voltarono contemporaneamente verso l’uomo appoggiato all’ampio tronco. «È morto?» Ulfric assestò gli assestò un calcio in pieno petto con lo stivale corazzato, strappandogli un gemito e lasciandolo boccheggiante. «Quest’idiota si è addormentato!» ruggì. «Avrebbero dovuto sgozzarti i goblin, ma se dovesse succedere di nuovo mi accerterò di essere io a farlo!» lo minacciò. «Goblin?» riuscì ad ansimare il boscaiolo. «Una maledetta pattuglia esplorativa. Ne avranno mandate altre per saggiare il punto più debole dell’accampamento». Roigon si affrettò ad andare a controllare le altre sentinelle, ma solo due su dieci avevano visto dei movimenti furtivi. «Stanotte non attaccheranno» garantì Ulfric, ma Roigon non riuscì a prendere sonno sapendo che un goblin sarebbe potuto spuntare dalla fanghiglia per tagliargli la gola in ogni momento. Quanto vorrei avere una donna! «Non dovremmo sorvegliare il perimetro?» domandò Roigon seguendo Ulfric nella perenne fanghiglia. «I goblin potrebbero attaccare». «I goblin sono esseri codardi, aspetteranno il buio» ribatté il mercenario. «Se invece riuscissimo a trovare il loro covo, potremmo occuparci del problema prima che si presenti». «Non mi piace l’idea di addentrarmi ancora di più nell’acquitrino di Morlog». «Neanche a me» confessò il Lupo. «Guarda». Roigon aguzzò la vista e notò una serie di increspature che si ripeteva, avvicinandosi sempre di più alla loro posizione. «È meglio che sfoderi quella tua balestra» consigliò il mercenario, ma Roigon stava già incordando un quadrello. Il dardo penetrò nella fanghiglia a metà e il lammen emerse dalla melma emettendo una sorta di gemito acuto, ma con sorpresa del mago continuò ad avanzare. Roigon ricaricò la piccola balestra e conficcò un secondo dardo nel corpo della creatura. «Dall’altro lato» lo avvertì Ulfric facendo roteare l’ascia e conficcandola nel cranio di un lammen che stava per balzargli addosso. Roigon imprecò a mezza voce premendo il grilletto e mandò un altro quadrello a conficcarsi in corrispondenza delle increspature. Questa volta la fanghiglia si fece immobile. Ulfric avanzò con circospezione fino al punto in cui era quasi totalmente affondato il quadrello e immerse una mano di scatto. Con un sorriso sornione estrasse il muso di un lammen e trascinò l’animale fino all’albero più vicino, sistemandolo su una radice ben in vista. «Solo un po’ di pazienza» commentò estraendo il lungo coltello che aveva usato per scuoiare il primo lupo di palude. Dalla fanghiglia emersero quattro musi pelosi che si avventarono contro il Lupo. Ulfric conficcò il coltello nel collo di un lammen cercando di tenerne lontano un secondo con un braccio.

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L’Ultimo Rinnegato «Njarta ranma vers» gridò Roigon rovesciando il polso e intrecciando le dita in un gesto complicato. Gli altri due lammen esitarono e Ulfric ne approfittò per tagliare la gola con un gesto esperto a quello che gli aveva azzannato il braccio. «Njarta ranma vers» rincarò Roigon e uno dei lupi di palude si accasciò nella fanghiglia. Ulfric investì l’altro con uno stivale corazzato e li finì entrambi con pochi, rapidi colpi. «Me la sono vista brutta!» imprecò scostandosi i capelli biondi infangati dalla fronte. «Sarebbe potuto succedere a chiunque. Come va il braccio?» Ulfric mostrò l’avambraccio. Una considerevole porzione di carne penzolava dal braccio attaccata per una sottile striscia di pelle e in alcuni punti si intravedeva l’osso. «Una buona fasciatura e un paio di giorni di riposo e sarà guarito» liquidò la faccenda il mercenario spingendo il lembo di carne al suo posto. Roigon sospettava ci sarebbe voluto ben di più, ma si limitò a fasciarglielo al meglio delle sue capacità. «Fortuna che l’altro ha cercato di azzannarmi uno stivale!» ridacchio Ulfric. Il guerriero impiegò meno di un’ora per scuoiare le carcasse, e fece sistemare a Roigon la carne in una pigna compatta sulla radice. «Potremo mandare qualcuno a riprenderla quando torneremo al campo». Dovevo immaginarlo! Ha quasi perso un braccio ma non ha la minima intenzione di fermarsi! «Sei piuttosto in gamba come mago» considerò il rinnegato. O forse tu sei solo al livello di un apprendista. «E del tutto fuori luogo in una palude. Comincio a rimpiangere di aver accettato di indossare questo bracciale!» «E avresti preferito sottostare alle regole dell’Ordine?» Roigon non replicò. Forse è una specie di punizione per essermi intrufolato nel maniero… Il Bagliore aveva già superato il suo picco di luminescenza quando il terreno cominciò a salire e a farsi compatto. «Ci siamo» sussurrò Ulfric avanzando con cautela. Il puzzo di marcio non era diminuito, come Roigon aveva sperato, ma si era intensificato e mescolato a un odore di escrementi e sudore. Salirono in silenzio per il fianco della bassa collina, scrutando attentamente tutt’intorno. Sassi… non avrei pensato mi sarebbero potuti mancare! Il mercenario lo afferrò per una spalla e gli indicò un’apertura di circa un passo tra due grossi massi, lungo il fianco della collina. Lì dentro? Se pensi che io abbia intenzione di infilarmici te lo scordi, amico. Ulfric dovette intuire la risposta dalla sua espressione. Indicò dietro di sé a segnalare di scendere per poter parlare liberamente e Roigon si voltò giusto in tempo per vedere un goblin balzare su di lui. Da dove diavolo…? Lo intercettò con un calcio e protese la mano verso l’altro esserino coperto di croste. «Njarta» scandì, addormentandolo. La consapevolezza di quello che aveva fatto gli piombò addosso improvvisa come la lancia che gli sfiorò il braccio destro. «Corri, idiota!» gli gridò Ulfric balzando giù per la collina. Roigon azzardò un’occhiata alle spalle mentre correva e vide una decina di goblin sciamare al loro inseguimento, mentre altri uscivano dal buco. Trattenne un conato di Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato vomito al pensiero delle condizioni della caverna e sbatté contro qualcosa di cedevole, inciampando e ruzzolando giù per gli ultimi passi che lo separavano dal fondo della collina. Scosse la testa cercando di schiarirsi la visuale e si trovò faccia a faccia con le croste trasudanti quello che sembrava muco di un goblin. L’odore nauseabondo diede il colpo di grazia al suo stomaco e lo fece vomitare addosso alla sfortunata creatura, peggiorandone, se possibile, ancor più l’aspetto. Un dolore insistente al ventre trapelò attraverso la nausea e scoprì di essere caduto sull’elsa del pugnale del goblin. Lui invece si è preso la lama. Finalmente lucido, balzò in piedi voltandosi di scatto e schivando di stretta misura la lancia brandita da un altro di quei subdoli esseri, mentre due compagni armati di piccole mazze si stringevano su di lui da entrambi i lati. Maledizione, ho perso la bisaccia! «Njarta!» scandì, e appena il goblin di fronte a lui sbatté gli occhi, instupidito dal sonno, gli strappò la lancia dalle mani e lo gettò a terra con un calcio. Prima che i due goblin ai suoi fianchi potessero chiudersi su di lui superò con un balzo quello che aveva colpito e prese a risalire la collinetta di corsa, frugando con lo sguardo in cerca della sua bisaccia. Qualcosa lo colpì a una spalla intorpidendogli il braccio e vide che i goblin piombavano su di lui da tutte e direzioni. Conficcò la lancia nel petto del più vicino e con un grugnito lo fece roteare attorno a sé, intercettando diversi suoi compagni e mandandone un paio a ruzzolare giù per la collina. Il mio grimorio è nella bisaccia! Tutte le sue conoscenze, il frutto di tutti suoi studi… i suoi occhi si puntarono su un goblin che correva controcorrente. Perché scappa? A meno che abbia qualcosa che non vuole dividere con gli altri! Si lanciò all’inseguimento travolgendo un goblin senza quasi curarsi del colpo di mazza che si abbatté sul suo braccio già intorpidito, privandolo completamente della sensibilità. «Melitha anharra vorh» urlò in direzione del goblin intessendo un complicato incantesimo. Il ladro si bloccò a metà di una falcata e l’inerzia lo fece inciampare e precipitare giù per la collina. Roigon lo raggiunse più rapidamente che poté e gli conficcò il suo pugnale nel cuore. Strappò la bisaccia dalle mani sudice del cadavere e verificò rapidamente che il libro fosse ancora al suo posto. La prossima volta la lascio al campo! Una lancia rimbalzò su un masso a un passo da lui, rammentandogli improvvisamente la ventina di goblin al suo inseguimento. Sono troppi! Ma forse avrebbe potuto giocare sulle loro gambe corte e distanziarli nella fanghiglia. Si gettò nel fango cercando di scorgere eventuali increspature sulla superficie e dirigendosi verso l’albero più vicino. Qualcosa lo colse in mezzo alle scapole e precipitò con un sonoro “plof”, ma non si azzardò a guardarsi indietro. Procedette per cinque dita di candela correndo nella fanghiglia, cercando di muoversi da un albero al successivo in modo da tenersi quanto più vicino possibile ai punti più solidi, in cui non affondava oltre il ginocchio. Ansante, si arrischiò infine a gettarsi un’occhiata alle spalle.

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L’Ultimo Rinnegato Una decina di goblin perseguitava nell’inseguimento, trascinandosi nel fango alla massima velocità consentita loro dalle gambe corte. Se solo potessi nascondermi da qualche parte! Forse, però, gli sarebbe convenuto affrontarli. Ho intessuto già molti incantesimi e la corsa mi ha stancato… forse con tre o quattro incantesimi riuscirei ad addormentarli tutti anche nello stato in cui sono, ma se ne rimanessero anche solo un paio rischierei di essere troppo stanco per affrontarli. Valutò un istante il da farsi: continuare a correre nella palude senza avere la più pallida idea della direzione avrebbe potuto rivelarsi fatale, ma non era nelle condizioni di poter affrontare dieci goblin. Per la prima volta si sentì completamente in trappola: non c’erano persone che avrebbe potuto manipolare qui, non avrebbe potuto cavarsela con la sua magia. Ho ancora quattro ore di luce. Il braccio gli doleva con tanta insistenza da impedirgli di pensare chiaramente. Forse è rotto… Gettò un’occhiata ai goblin e si rese conto che guadagnavano terreno rapidamente ora che si era fermato. Maledizione! Imprecò ricominciando a sguazzare nella fanghiglia, sempre attento alle increspature. Un grido stridulo alla sue spalle lo fece voltare e vide i goblin agitarsi in una marea di spruzzi. Lammen? Poteva rivelarsi tanto utile quanto fatale. Scrutò rapidamente la fanghiglia circostante e vide un’increspatura dirigersi rapidamente verso di lui. Con la sola mano sinistra incordò faticosamente la balestra, conscio che una mossa sbagliata l’avrebbe fatta irrimediabilmente precipitare nel fango. «Mael» scandì, sollevando il quadrello con la magia e deponendolo nella sua sede. Attese fino all’ultimo istante, esattamente quando il lammen balzò fuori dal fango per azzannarlo e premette il grilletto chiudendo gli occhi. Riaprì gli occhi tirando un sospiro di sollievo e scavalcò la carcassa, cercando di riporre la balestra nonostante il tremito della mano. Meglio togliersi di qui prima che arrivino i suoi compagni. Un’occhiata dietro di sé gli confermò che i suoi inseguitori erano solo mutati: non più goblin lenti e impaciati ma lammen agili e veloci. Non ce la farò mai! Si mise a correre il più velocemente possibile verso l’albero più vicino, arrancando nel fango. Inciampò in una radice sporgente, atterrò sulla mano e continuò ad annaspare a gattoni aspettando di sentire i denti acuminati azzannarlo. Impiegò qualche istante per rendersi conto di essere quasi completamente fuori dalla fanghiglia, su terra solida. Si gettò un’occhiata alle spalle ma la melma era immobile. Un’altra collina pullulante di goblin? Una rapida ispezione dei dintorni smentì la sua ipotesi: sembrava una lingua isolata di terreno solido. Un ringhio sordo risuonò alle sue spalle ma Roigon non si voltò a vedere cosa l’avesse provocato: si limitò a correre in avanti il più velocemente possibile, cercando di ignorare le fitte alla milza e al braccio. Alle sue spalle si levò una serie di guaiti identici a quelli dei lammen e Roigon cercò di non immaginare quale creatura li stesse facendo a pezzi, nonostante la parola troll rimbombasse nella sua mente. Il dolore era ormai una costante. Ogni passo ne versava una stilla in più dentro di lui, ogni respiro sembrava acuirlo. Le gambe gli cedettero per la terza volta e non cercò più di rialzarsi. Si limitò a trascinarsi in un angolino, appoggiare la schiena contro un Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato masso e chiudere gli occhi, sperando di riaprirli nel suo letto accanto a una donna pronta a soddisfarlo. Possibilmente quella puttana di Nerea.

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L’Ultimo Rinnegato

VI

Quando aprì gli occhi il Bagliore lo abbagliò, costringendolo a richiuderli. Istintivamente alzò la mano destra per schermarsi e il dolore gli assestò una stilettata, ricordandogli dove si trovasse. Con un grugnito di disappunto si schermò con la sinistra. Perché non sono morto? E dove diavolo sono? Attorno a lui il terreno era quasi completamente solido, costellato di tanto in tanto da qualche pozzanghera fangosa o piena di una melma giallognola e ripugnante. Un sottile strato di nebbia aleggiava sopra alle piccole pozze, ma il terreno irregolare era sgombro, brullo e sassoso. Sono uscito dall’altro lato? Si chiese. No, è impossibile, Ulfric ha detto che ci sarebbero voluti almeno tre giorni. Per quanto possa avere corso, non è possibile, si rispose. Perfetto, adesso parlo anche da solo. Si alzò lentamente cercando di ignorare i gemiti di protesta del suo corpo. Non ricordava di essere mai stato così male, nemmeno quando aveva bevuto fino a vomitare l’anima e Farlan l’aveva svegliato all’alba, percuotendolo per punizione. Alric mi fissava con quella sua smorfia di disapprovazione e compassione, ricordò. Il tanfo dolciastro di marciume e putrescenza lo riportò alla realtà. Ovunque riuscisse a spingere lo sguardo vedeva nebbia o terreno solido, e davanti a lui pareva innalzarsi una collina. Forse da lassù riuscirò a capire dove mi trovo, si fece coraggio. L’ascesa contribuì a scaldargli i muscoli e lenire il dolore, e l’aria si fece lievemente più respirabile. Quando ebbe superato la china scoprì che la collina faceva parte di un trio, in mezzo al quale si creava una conca piena di fanghiglia e melma. Il suo sguardo si puntò sulle rive bianchicce della pozza. Ossa! Quale dannatissima e maledetta creatura può vivere qui? Si voltò per andarsene il più in fretta possibile ma non riuscì a resistere all’impulso di gettare un’altra occhiata alla miriade di ossa che costellava la conca, e il suo sguardo intercettò una macchia d’ombra che prima non aveva notato. Una caverna! Perfetto, quindi ha anche una tana… a quanto pare trascina le prede fin qui e le divora in tutta calma. Si affrettò a distogliere lo sguardo e cercare di orientarsi. Le forme spettrali degli alberi della palude emergevano dalla nebbia e si alzavano scheletriche poco sopra la collinetta. Come diavolo faccio ad andarmene da qui? Non aveva nemmeno idea di quale fosse la direzione da cui era arrivato. Gli occhi gli caddero su un fiore bianco che non aveva mai visto, una piantina delicata che gli parve del tutto fuori luogo in un posto come quello, a pochi passi dal covo di non so quale creatura sanguinaria. A un esame più attento, tuttavia, si accorse che i petali uniti a formare una corona erano cosparsi di puntini rossi dalla forma irregolare, come schizzi di sangue. Quantomai appropriato… colse delicatamente il fiore e se lo appuntò a un occhiello della tunica insudiciata. Ricontrollò pazientemente l’orizzonte in cerca di un indizio che lo aiutasse a determinare la sua posizione. Dovrei essere in grado di vedere le montagne, a nord! Gli parve di scorgere delle forme indistinte alla sua destra, ma la caligine che si alzava dall’acquitrino rendeva impossibile esserne certi. Sempre meglio che restare qui in attesa che quella cosa esca e decida di aggiungere le mie ossa alla sua collezione! Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato Controllò un’ultima volta le sagome sbiadite che avrebbero dovuto essere le Skanvald e ridiscese il fianco della collina. Roigon si voltò di scatto per la terza volta. Per quanto non avesse udito nessun rumore e non avesse visto niente, non riusciva a togliersi dalla testa l’impressione di essere seguito. La fanghiglia tra le lingue di terra asciutta si era mantenuta perfettamente immobile, nessun lammen aveva cercato di sbranarlo e i piccoli uccelli di palude innalzavano nella nebbia il loro coro stridulo. Riprese ad avanzare di buon passo nella melma puzzolente, arrancando per emergere su una delle lingue semisolide che caratterizzavano quel tratto di palude. Questa puzza non se ne andrà mai più dai miei abiti! Tese l’orecchio e chiuse gli occhi per concentrarsi solo sui rumori, ma non riuscì a percepire il battere ritmico delle asce sul legno. Ammesso che sia la strada giusta, sono ancora lontano. Stava per tornare a immergersi nella fanghiglia quando la sensazione che ci fosse qualcosa alle sue spalle si fece ancora più pressante. Con un sospiro scocciato si voltò per la quarta volta e si trovò davanti a una grossa creatura che pareva composta da un groviglio di viticci marroni e verdastri. Balzò indietro di scatto senza riuscire a trattenere un urlo, affondando nella fanghiglia e scivolando sul terreno viscido. L’artiglio ligneo lo mancò di poche dita solo grazie alla caduta che lo precipitò nel fango liquido, ma Roigon non lasciò che la sua concentrazione ne risentisse. «Njarta!» ordinò intrecciando le dita nel solito gesto. Il troll ondeggiò con uno scricchiolio di rami secchi e si lanciò in avanti, ignorando il suo incantesimo. Maledizione, è una pianta! Roigon rotolò di lato trattenendo il fiato mentre immergeva suo malgrado anche la faccia nella fanghiglia nauseabonda e strisciò via il più velocemente possibile, aspettandosi di essere trafitto da un momento all’altro. Anche se evoluta, la sua mente funziona in modo diverso da quelle degli animali. Il rumore di fango smosso con violenza gli giunse ovattato dalla melma, accompagnato da un ringhio ferale. Ha funzionato? Non mi vede? Dopotutto se potevano farlo i lammen avrebbe dovuto riuscirci anche lui. I polmoni cominciarono a chiedere aria troppo insistentemente per ignorarli ed emerse di scatto, cercando di rialzarsi velocemente e continuare ad allontanarsi mentre si puliva la fanghiglia dagli occhi. Gettò uno sguardo all’indietro e vide il troll lanciarsi verso di lui, le gambe lunghe e robuste quasi per nulla intralciate dalla fanghiglia. Cos’ha detto Farlan sulla “mente” delle piante? Sono sicuro che sia possibile usare la magia per influenzare la loro coscienza, ma non ha mai voluto spiegarmi per bene come si facesse! Un piede affondò più di quanto si fosse aspettato, sbilanciandolo in avanti e facendolo precipitare per l’ennesima volta nel fango nauseabondo. Annaspò in cerca d’aria, scalciando per trovare un punto stabile e riuscì a riemergere. È finita. Con sua somma sorpresa il troll si fermò a un passo e mezzo da lui, agitando le lunghe braccia nodose. Che il fango sia troppo alto per lui? Eppure la melma gli arrivava solo alla cintola. Qualunque sia il motivo, meglio togliersi di torno! Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato Mosse le gambe per indietreggiare e capì cosa avesse trattenuto il troll quando non riuscì a spostarsi neanche minimamente. Maledizione! Sabbie mobili! Il troll emise un ringhio frustrato, quasi fosse indeciso se inseguire comunque la preda o no. Un problema per volta! Cosa aveva detto Farlan sulla “mente” delle piante? Il troll allungò un artiglio cercando di raggiungerlo e Roigon si puntellò con tutte le sue forze, riuscendo a indietreggiare di qualche dito. Pensa maledizione, pensa! Una sfera di fiamme grande quanto un pugno si abbatté sul troll, strappandogli un ringhio più sonoro degli altri che andò a confondersi con una specie di grido di battaglia proveniente dall’acquitrino alle spalle del mago. «Ulfric?» chiese senza azzardarsi a voltarsi. Il possente mercenario comparve alla sua sinistra in un nugolo di spruzzi e calò l’ascia contro un braccio del troll, tranciando la maggior parte dei viticci che lo componevano. «Se conosci qualche buon incantesimo è ora di tirarlo fuori!» gli gridò in un vorticare delle trecce bionde in cui era raccolta la sua folta barba. «Sembra che la tua ascia se la stia cavando meglio di qualsiasi incantesimo io conosca». «Non contarci! Posso solo trattenerlo!» Roigon si stava chiedendo cosa intendesse quando i viticci amputati crebbero sotto i suoi occhi fino a ricongiungersi con quelli della spalla. Crescita accelerata… Un altro globo infuocato comparve sul palmo di Ulfric, che lo fece ondeggiare davanti al troll cercando di tenerlo a distanza. Funziona? Il troll sembrava esitare di fronte alle fiamme. L’artiglio di legno si abbatté contro il petto del mercenario all’improvviso, sollevandolo da terra e scagliandolo indietro di tre passi buoni. Ulfric atterrò di schiena sollevando una nuvola di spruzzi. Maledizione! Devo fare qualcosa! “…le piante hanno una coscienza semplice, non sono in grado di recepire concetti complessi. Per manipolarle ci vuole un tocco sottile, un’impressione che a noi provocherebbe solo un piccolo disturbo su di esse agisce da condizionante, mentre ciò che per noi è condizionante risulta loro incomprensibile”. La frase gli tornò in mente di colpo, lasciandolo pieno di amarezza. Speravo in qualcosa di meglio! Un tonfo sordo sollevò un’ondata di spruzzi e lo riportò bruscamente alla realtà. Ulfric gemette sotto il colpo del troll e gridò confusamente qualcosa che Roigon non riuscì ad afferrare. Ci sono quasi, ci sono quasi! Per addormentare il troll devo usare “un tocco leggero”, suscitare solo “un piccolo disturbo”. Ma non devo diminuire la potenza dell’incantesimo, solo la complessità della struttura. Un bagliore lampeggiò nell’acquitrino e il troll balzò indietro con un ruggito, lasciandogli intravedere il Lupo infuriato che brandiva una lama di fuoco. Una delle braccia di virgulti aggrovigliati spuntava nella fanghiglia, amputata di netto. «Farai meglio a muoverti: non durerà per molto e non è così stupido da affrontarla» ansimò il mercenario. Roigon tornò repentinamente al suo ragionamento. Posso mantenere inalterata la radice principale e modificare le sillabe, lasciando aperta la finale e alleggerendo la struttura, togliere la contrazione delle dita… Maledizione! Ci vorrebbero giorni di ricerche ed esperimenti per esserne sicuri! Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato Roigon stese la mano verso il troll. «Njrat» scandì infondendo tutta la magia che gli riuscì in quell’unica parola. La bestia barcollò leggermente ma continuò a scalciare, gettando fango su Ulfric e la sua spada di fuoco avanzando passo dopo passo. «Ragosh!» imprecò il Lupo osservando la lama di fiamme nella sua mano contorcersi con un sibilo. Roigon ripeté il gesto mentre il mercenario partiva alla carica cercando di battere il troll sul tempo. «Njrat» ordinò nuovamente avvertendo la magia contorcersi dentro di lui e abbandonare il suo corpo. I tonfi fangosi rallentarono bruscamente. «Niente male» commentò Ulfric con un sospiro ammirando il troll addormentato. Ora che era fermo era molto simile a una pianta, tanto che un osservatore non particolarmente attento avrebbe potuto passarvi accanto senza notarne la reale natura, giudicò Roigon. «Avanti, muoviti a tirarmi fuori di qui!» imprecò: non aveva la minima idea di quanto sarebbe potuto durare l’incantesimo. «Non pensavo che ti avrei rivisto» ammise Ulfric estraendo il braccio del troll dalla fanghiglia. «Nemmeno io. Si può sapere che diavolo stai facendo?» Ulfric si sdraiò nella fanghiglia a circa tre braccia da lui e protese l’arto del troll. «Afferralo» ordinò. Roigon tese le braccia e si aggrappò con tutte le sue forze, cercando di ignorare le fitte di dolore che gli corsero per il braccio destro. Con un grugnito il Lupo prese a trascinarlo attraverso l’argilla densa in cui era intrappolato. Se non finisce entro breve mi si staccherà il braccio, imprecò mentalmente, ma si guardò bene dal mollare l’arto. Gli parve di impiegare un’ora a percorrere le tre braccia che lo separavano dal mercenario, ma finalmente sentì la pressione allentarsi e riuscì a muovere le gambe. «Andiamocene!» ingiunse, mettendosi a correre a fianco del Lupo.

Federico Aleotti

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L’Ultimo Rinnegato

Ringraziamenti

Scrivere l’Ultimo Rinnegato è stato un sollievo: ero impegnato nella revisione del mio primo romanzo, che farà seguito agli avvenimenti narrati nel presente volume, ma sentivo il bisogno di scrivere qualcosa di nuovo. Quando alla fine non sono più riuscito a resistere la storia è esplosa dalla mia mente. Solo dopo i primi capitoli ho capito che ne avrei fatto un breve romanzo, e mi sono visto costretto a riorganizzare le idee che avevano preso forma sulla carta prima ancora che nella mia mente. Per prima devo ringraziare la mia famiglia, che mi ha sempre ascoltato e supportato, e così i miei amici hanno dimostrato tutto l’entusiasmo di cui avevo bisogno per tenere duro nei momenti in cui il vento dell’ispirazione mi ha lasciato in bonaccia, specie durante la revisione. Un ringraziamento speciale va a Teresa, mia prima vera fan, che mi ha trasmesso una quantità tale di entusiasmo che mi sosterrà per parecchi libri futuri, e che ha realizzato una serie di splendidi disegni ispiati all’ultimo rinnegato tra cui la meravigliosa copertina. Infine voglio indirizzare un ringraziamento particolare a una persona che non ho mai conosciuto, ma i cui consigli mi sono stati preziosi per crescere come scrittore, e che sono stati applicati al massimo delle mie capacità a questo romanzo, tenuto conto che manco della figura di un editor che mi prenda a calci quando necessario. Se il romanzo, al di là di trama e personaggi ma per come è scritto, vi ha coinvolto, vi è parso verosimile e in qualche modo reale, concreto, un’accozzaglia di suoni, immagini, odori ed emozioni invece che di parole, allora dovete ringraziare questa persona. Se invece così non fosse, sapete con chi prendervela: il mio nome e cognome sono in copertina. Sappiate comunque che mi impegnerò a migliorare ancora.

Federico Aleotti

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