Edizione n1

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indice

39 - Giannino intervista Giannino

n. 1 - febbraio - marzo 2014

10 VOLUNTARY DISCLOSURE 06 CHI SIAMO

20 IL MERCATO DELL’IMMOBILIARE 20

08 EDITORIALE

26 AEROPORTI

LUGANO IMMOBILIARE 26 20 - Ripensiamo Lugano. Intervista a Bruno Huber 24 - Un ponte fra Ticino e Sardegna

10 VOLUNTARY DISCLOSURE

10 - Italia- Svizzera: l’autogol 14 - Voluntary disclosure 16 - Risiedo ergo sum

Le euro-menzogne

SPECIALE AEROPORTI 26 - Scure Ue sulla pista 32 - Radici coreane 34 - Cieli emiratini: Alitalia-Etihad 36 - La cabrata di Qatar

44 economia del mare 44

porti ITALIANI 44 - Porti nella palude 52 - Sapore di sale 54 - Ferretti. Prua verso est

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CROCIERE 64 - Dietro le luci della crociera 68 - Lezioni in viaggio

78 MERCATI INTERNAZIONALI 74 INDUSTRIA

74 - L’avamposto italiano 77 - Il deserto verde

78 TURISMO 78 - Obiettivo Africa 82 - Destinations 88 - Architettura: Saota

96 ENERGIA 96

ENERGIE RINNOVABILI 96 - Shale gas & fracking 99 - Germania. Puliamo il Kilovattora

103 TECNOLOGIA

103 - Intervista: Gianfranco Zoppas 111 - Israele. Il paese che inventa il mondo

116 INFRASTRUTTURE

116 - Autostrade sdrucciolevoli

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rubriche

gallery&news

70 - On teh road 110 - Corporate law 120 - Books 124 - On the green 126 - Diamo i numeri 128 - Nord ovest e sud est 132 - Forrest 133 - Back to the past

61 - Luxury news 92 - Beauty Gallery 93 - Fashion news 107 - Home gallery 114 - High-tech gallery

Contents

121 SPORT

121 - Calcio, lo shopping italiano

Contents

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CH&Lifestyle: perchè CH&lifestyle... sempre più ambiziosi!

N.1 - febbraio/marzo 2014

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CH Magazine cambia pelle, non anima. Anzi. É l’esatto contrario. All’insegna di un moto non scritto sul suo crest marinaro o in un simbolico stemma nobiliare, bensì impresso nel nostro codice genetico e quindi nella nostra linea di condotta, si impegna, oggi più di ieri a …scrivere quello che gli altri non raccontano. Lo fa arricchendo i suoi contenuti lungo due precise direttrici di marcia. Da un lato, accentuando la vocazione, anche di servizio, che ci ha spinto ad occuparci con particolare attenzione dei rapporti fra due Paesi e fra due nazioni, la Svizzera e l’Italia, che solo distorsioni profonde e strumentali hanno contribuito a deteriorare, quando proprio dall’integrazione sono nate, nascono e potranno nascere eccezionali e storiche opportunità di sviluppo, per il territorio, per le imprese ma specialmente per le persone. CH&Lifestyle si candida a farsi interprete di queste opportunità, ma anche testimone delle distorsioni e dei non-sense, candidandosi con non celata ambizione a diventare il primo magazine realmente bi-nazionale. Dall’altro lato, integrando i temi macro-economici, di analisi dei mercati, di rapporto sulle reti (di infrastrutture, energia, tlc) che per quattro anni hanno concentrato e polarizzato i nostri sforzi, sia con la declinazione nel vivere quotidiano, nel lifestyle per l’appunto, di queste tematiche, sia con una grande vetrina su quell’esteso settore dell’alto di gamma che rappresenta ancora oggi uno dei tesori, in parte ancora inesplorati e certo sottovalutati e talora mortificati, del made in Italy e della sua presenza sui mercati internazionali. Con una diffusione in Italia e Svizzera, bilingue, con una veste grafica e tipografica profondamente trasformata, CH&Lifestyle non nasconde la sua ambizione: quella di diventare un appuntamento di lettura irrinunciabile.

DIRETTO DA Bruno Dardani e Oscar Giannino

CH Magazine sheds its skin but doesn’t betray its soul. Our professional mission is not written on a marine crest or in a symbolic coat of arms; it’s imprinted in our genetic code. Now we do confirm that, more than yesterday, we are committed in writing what others don’t. CH magazine, that changed his name in CH & Lifestyle, enriches its contents following two directions: on one hand it wants to deal with the relationship between Switzerland and Italy. We are convinced that this relationship has been ruined by falsifications and lies and this is a pity because from these two countries cooperation can grow great development opportunities for countries, firms and people. CH & Lifestyle candidates to tell these opportunities and to show distortions and non-senses, by standing with unconcealed ambition to become the first truly bi-national magazine. On the other hand our magazine tells macro-economic issues , market analysis, research on Networks (infrastructures , energy, telecommunications) with their declination in everyday life and lifestyle that in the last four years has been central for us. We also plan to offer our readers tools for understanding the luxury industry of Made in Italy and its presence on international markets. Unfortunately this is still an unknown and underestimate sector. CH & Lifestyle, bilingual magazine with an innovative graphic image and new contents, is widespread in Italy and Switzerland. We do not hide our ambition: we want to become your steady reading appointment.

STAMPA MediaPoint

Genova Savona

Executive Director Luigi Perillo

Barcellona

CEO Giovanni Parisi

Valencia

Ravenna

Ancona Livorno Civitavecchia Salerno Porto Torres Brindisi Cagliari Palermo

Graphic designer Paola De Andreis Alessandra De Andreis

Tangeri

Tunisi

Catania

Bar Corfù Igoumenitsa Patrasso Pireo

Malta Heraklion

Collaboratori Andrea Affaticati Laura Alberti Claudio Antonelli Camilla Conti Marcello Dax Riccardo Rolando

Tripoli / Al Khoms

Bengasi

Traduzioni Carlotta Addante Pubblicità info@chlifestyle.ch Tel. +41 (0) 815110132

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Conflitto asimmetrico L’editoriale

Dicevano i vecchi. Prima di parlare conta sino a dieci e poi possibilmente taci. In Italia vale in contrario: l’effetto annuncio ha sempre e comunque la meglio sui fatti concreti o talora è strumentale al lancio di messaggi trasversali. In altre maniere non potrebbero essere lette le esternazioni del ministro dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, al termine di quel vertice di Berna che avrebbe dovuto provocare una svolta fra i due Paesi, in attesa da quarant’anni di un chiarimento nei loro rapporti bilaterali. Lo Stato italiano - ha affermato in grande sintesi il ministro del premier Letta, assente in extremis al meeting bernese - ha deciso. Siamo pronti a chiudere un accordo bilaterale, partendo dalla voluntary disclosure appena varata dal governo e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale. Niente Rubik, niente anonimato per i detentori di conti in Svizzera, nessuna garanzia di sfuggire alle sanzioni penali, rischio di veder aumentare a dismisura l’ammontare delle sanzioni amministrative e degli arretrati fiscali da pagare. Ma con due ciliegine sulla torta di un’imposizione unilaterale. Nessuna garanzia alla Svizzera per una uscita rapida da quella black list nella quale è confinata dalle autorità italiane nonostante l’adesione di Berna alle linee guida dell’Ocse su evasione fiscale e riciclaggio. E, dulcis in fundo, inserimento fra le righe del decreto sull’autodenuncia volontaria anche di una norma che riserva i benefici degli sconti sulle sanzioni fiscali, amministrative e penali solo a chi trasferisce i fondi dalle banche svizzere nelle quali li deteneva, ai caveau delle banche italiane (o comunitarie) . Neanche una parola sull’investimento che la Svizzera si prepara ad effettuare sulle linee ferroviarie italiane per interconnettere l’Italia con la Germania, attraverso Alptransit e i faraonici trafori del Gottardo e del Ceneri. Non una parola sul tema della doppia imposizione. Non una parola specialmente

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Editorial

di Bruno Dardani sul tema dei quasi 60.000 frontalieri che ogni giorno valicano le frontiere a Brogeda, a Como, al Gaggiolo o a Clivio per andare quotidianamente a lavorare in aziende sul territorio del Canton Ticino. 60.000 su una popolazione cantonale di poco più di 300.000 abitanti. 60.000 che in tempo di crisi sono tornati ad occupare la scomoda e forse virtuale posizione di chi ruba il lavoro ai giovani ticinesi e piombati nell’epicentro di una consultazione referendaria che mira a limitare l’immigrazione nei Cantoni elvetici da tre Paesi sempre più scomodi quali sono l’Italia, la Francia e, in parte, la Germania. Ufficialmente sono state ispirate alla più assoluta moderazione le prime reazioni di portavoce del governo svizzero all’ultimatum di Saccomanni e a un “prendere o lasciare” che dovrebbe sfociare - nelle intenzioni dell’Italia - in un accordo bilaterale entro maggio, giusto in tempo per essere tenuto a battesimo dal presidente della Repubblica italiana, Napolitano, atteso in visita ufficiale in Svizzera. Ma l’Italia, specie l’Italia di oggi, è davvero in grado di dettare legge oltre frontiera? Il precedente del Fatca non deve ingannare. Dietro al Fatca c’era il governo degli Stati Uniti e anche in quella occasione l’acquiescienza del governo di Berna e del Parlamento svizzero hanno lasciato l’amaro

in bocca, non solo ai banchieri ma a gran parte della popolazione. Difficilmente lo stesso sconto verrà fatto all’Italia. E forse sarebbe il caso di non dimenticare che la Svizzera vanta quella che è forse l’unica, reale e pragmatica, democrazia popolare. L’arma del referendum potrebbe produrre conseguenze devastanti in un Canton Ticino, già abbastanza sotto tensione per l’aumento del moltiplicatore fiscale a Lugano, per l’invasione ormai strabordante di stranieri, per autostrade perennemente bloccate dal traffico dei pendolari nonché per la preferenza che non solo le aziende italiane che hanno delocalizzato l’attività in Svizzera, ma anche aziende ticinesi accordano ai lavoratori frontalieri, low cost rispetto ai dipendenti made in Ticino. Il nervosismo in ambiente bancario dove secondo una stima approssimativa - lavora un migliaio di frontalieri su una forza lavoro totale di circa 6000 addetti è tenuto a freno in attesa della conversione in legge del decreto sulla voluntary disclosure, prevista per marzo. Ma già incominciano a circolare le cifre di un ulteriore brusco ridimensionamento del sistema bancario a Lugano, con una crisi occupazionale che farebbe balzare verso l’alto un tasso di disoccupazione che oggi si attesta su uno straordinario 4,7% con l’effetto inevitabile di ricondurre al calor bianco la contrapposizione fra la popolazione autoctona ticinese e i frontalieri. E già a fianco dei manifesti che ritraggono una rossa svizzera nella morsa dei tentacoli degli immigrati, sono riapparse scritte antiitaliane che sembravano essere confinate nel passato. Con i frontalieri italiani nuovamente costretti a indossare i panni dei “rat”, i topi da scacciare a ogni costo. Forse, prima di parlare evidenziando un rapporto del tutto asimettrico, sarebbe davvero meglio contare sino a dieci, e poi tacere.


di Bruno Dardani

AUTOGOL Self-damage

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acta ha lasciato il segno. La pax fiscale imposta dagli Stati Uniti con ingerenza diretta di un governo straniero nella sovranità elvetica ha provocato ferite che difficilmente si rimargineranno. Idem dicasi per la frettolosa definizione dell’accordo della Svizzera con l’Ocse per l’equiparazione dell’evasione fiscale al reato di riciclaggio e specialmente per un ipotetico scambio totale di informazioni sensibili con gli altri Stati. Ma l’Italia non è gli Stati Uniti. Sussurrano nei corridoi delle banche, ivi comprese quelle che nei mesi scorsi si sono allarmate per la pressione crescente delle Autorità italiane sino al punto di prendere carta e penna e scrivere ai loro clienti una sorta di ultimatum: o i vostri soldi sono, fiscalmente, puliti e cristallini, oppure dovremo interrompere il nostro rapporto. E dal malessere all’aperta contestazione il passo potrebbe essere breve con conseguenze dirompenti specialmente per le categorie più deboli, come sono, una categoria a caso, i frontalieri. È vero, la sala del Centro studi bancari dell’Associazione delle banche ticinesi, che ha invitato in casa i principali protagonisti italiani della stretta sui conti esteri, era piena in ogni ordine di posti, con alcune

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Roma cala la voluntary disclosure come un macigno sui rapporti e su un possibile accordo fiscale con Berna, ma non apre su black list, frontalieri, doppia imposizione, operatività delle banche elvetiche sul territorio italiano. E sull’autodenuncia pendono i rischi penali The Italian government falls the voluntary disclosure decree as a tool to discover and pick up Italian capital hidden in Swiss banks: however, the new law is a boulder on the relationship and on a possible tax treaty with Bern; it is an ultimatum without counterparts for Switzerland

assenze eccellenti proprio nel mondo bancario ticinese. È vero anche che a livello di governo federale, a Berna, persino l’ultimatum del ministro Saccomanni è stato incassato con fairplay. Ma la Svizzera è un Paese unico, in cui la democrazia popolare è una realtà funzionante, in grado di rovesciare con lo strumento del referendum qualsiasi decisione, anche strategica, del governo. E la macchina della democrazia sostanziale si è messa in moto. Ieri con il referendum sul contingentamento dell’immigrazione che ha ottenuto un risicato si alla limitazione dei flussi migratori, con conseguenze tutte da definire sulla delocalizzazione di imprese italiane nel Canton Ticino, oltre che probabilmente sul rilascio dei permessi di residenza. Domani, probabilmente, con un’altra consultazione referendaria per l’uscita da Schenghen. E, dulcis in fundo, con un irrigidimento sul tema dei frontalieri, sia in termini numerici (i lavoratori giornalieri italiani sono balzati da 56.678 nel 2012 a 59.310 di fine 2013), sia fiscali: già numerose voci si sono sollevate trasversalmente nei partiti del Canton Ticino per sollecitare un blocco dei ristorni fiscali del 40% delle tasse pagate in Svizzera dai frontalieri a beneficio dei Comuni italiani

di residenza di questi lavoratori. Frontalieri impiegati in forze anche in quel settore bancario che inevitabilmente, di fronte a una fuga di capitali e clienti, sarebbe costretto a licenziare. E non ci vuole molto per prevedere da dove partirebbero questi licenziamenti. E ora le parole del ministro Saccomanni al meeting italo svizzero di Berna, sembrano essere davvero difficili da metabolizzare. Al di là delle dichiarazioni formalmente cortesi dei portavoce del governo centrale, l’aut aut, del tipo “o mangi questa minestra o salti la finestra”, non sono proprio piaciute. Come non sono piaciuti i contenuti del decreto sulla voluntary disclosure, che non solo lascia senza risposta tutte le domande sulla catena di conseguenze di tipo penale, così come sulla discrezionalità nella fissazione delle sanzioni e sulla retroattività delle stesse e delle tasse dieci anni addietro, e non i 5 che dovrebbero decretare la prescrizione. Ma anche contiene una norma ad hoc per colpire le banche svizzere: chi riporta i soldi in Italia, nei forzieri di qualche banca italiana, può giovarsi di sconti nelle sanzioni e nelle pene che sono invece vietati a chi intende mantenere il proprio capitale in Svizzera. Una discriminazione, questa, che potrebbe anche produrre un

contenzioso legale internazionale. Alle imprese svizzere non è piaciuto e non piace per nulla che l’Italia non prenda neppure in considerazione una liberazione della Svizzera dal marchio infamante della black list e che non metta in campo un pacchetto di compensazioni fra cui una ridiscussione della convenzione scaduta nel 2002, un chiarimento definitivo sulla doppia imposizione e sui frontalieri, accordi sostanziali e non formali sul tema dei trasporti. Il malcontento sembra destinato a bollire in pentola ancora per un paio di mesi sino a quando il decreto non approderà a Roma in Parlamento per una conversione in legge: solo allora sarà possibile comprendere se il primo testo, quello formalmente in vigore, aveva come obiettivo una campagna di pressione sui detentori di capitali all’estero e al tempo stesso una campagna di intimidazione sulle banche svizzere, per poi scendere, nella stesura definitiva, a più miti consigli anche in vista di un accordo fiscale globale fra i due Paesi che - sempre secondo Saccomanni - potrebbe essere siglato a maggio in vista della visita in Svizzera del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano. Sui contenuti del decreto, poi, nonostante

molti potenziali utilizzatori della voluntary disclosure in Italia abbiano già fatto visita ai professionisti di fiducia per tentare di capire il sistema di garanzie di cui potrebbe godere il cittadino redento che accetta di autodenunciarsi, appare così labile da dare ragione a chi prevede una conversione sulla via di Damasco. Si sta infatti rafforzando la schiera di chi pensa che, in sede di conversione in legge, a marzo, il decreto subirà profonde modifiche per evitare, da un lato, un clamoroso flop determinato da un numero limitatissimo di contribuenti pronti ad “approfittare dell’occasione” dando nuovamente fiducia a un’amministrazione statale che in passato ha cambiato troppe volte le regole del gioco con la gara già in corso; dall’altro, per scongiurare una rottura con la Svizzera e il rischio di una emigrazione in massa di capitali verso neoparadisi fiscali che delle regole Ocse, o dei patti di buona vicinanza, se ne stra-fregano. Nei rapporti fra i due Paesi è stato certamente inserito con il decreto un ulteriore elemento di incomprensione e di sfiducia. Il fatto che solo i capitali che fisicamente rientrano in Italia possano giovarsi di uno sconto consistente sulle sanzioni fiscali così come su quelle penali, mentre se i capitali restano in Svizzera il costo della regolarizzazione

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o depositando titoli fruttiferi (come le obbligazioni) nelle banche svizzere evitano la trattenuta alla fonte sugli interessi maturati che, invece, viene applicata per legge dalle banche italiane. La legislazione elvetica, da questo punto di vista, è chiara e non prevede alcuna imposta sul risparmio per i clienti non residenti che operano in regime dichiarativo a meno che non si scelga di mantenere l’anonimato per il quale viene applicata l’euro-ritenuta pari al 35% degli interessi. In Svizzera, quindi, il risparmiatore è libero di disporre al 100% degli interessi maturati per un periodo di tempo abbastanza lungo, prima di doverli dichiarare al fisco italiano con la chiusura dell’anno fiscale e versando le dovute imposte. Psicologicamente il cliente italiano si sente inoltre più sicuro presso le banche svizzere, più o meno al riparo dagli obblighi di comunicazione automatica e periodica dei depositi e dei conti correnti all’Agenzia delle Entrate ma specialmente in trincea nel caso di tentativi di sequestro dei conti da parte di Equitalia, già all’avvio delle procedure di

accertamento fiscale. Le prime verifiche presso gli studi professionali italiani, ovvero avvocati, commercialisti, fiduciarie, sta consolidando l’idea che la voluntary disclosure non sia, allo stato attuale, quella grande opportunità e tanto meno l’ultima opportunità di cui è stata dipinta. Forse fatta eccezione per alcuni rarissimi casi di detentori di conti derivanti ad esempio da eredità non dichiarate e mai utilizzate dagli aventi diritto, ovvero dai titolari del conto svizzero, dal 2004 a oggi. Tutti sanno che lo scambio automatico di informazioni non significa che le banche svizzere metteranno a disposizione delle autorità straniere l’elenco dei loro correntisti, con relativi dati sulla consistenza e i movimenti dei conti. Persino con gli Stati Uniti e con il Fatca non funziona così. Con l’Italia e con gli altri Paesi europei l’accesso ai dati (è vero, non più blindati come in passato) potrà avvenire attraverso rogatorie motivate da inchieste che non potranno essere semplicemente determinate da un accertamento

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e i sui rischi balzano verso l’alto, più che a un nuovo accordo fra Italia e Svizzera, sembra schiudere le porte a un contenzioso internazionale. Per altro in controtendenza con un fenomeno ormai consolidatosi negli ultimi due anni: l’esportazione legale di capitali dall’Italia alla Svizzera. Secondo notizie trapelate da Banca d’Italia, nel solo 2012, sarebbe scappati dalle banche italiane qualcosa come 115 miliardi di euro trasferiti con regolare bonifico in banche estere ritenute evidentemente più affidabili e in grado di garantire una maggiore protezione contro le offensive del fisco italiano. Secondo una stima del Fondo Monetario Internazionale (FMI), tra giugno 2011 e giugno 2012 sono fuggiti dall’Italia ben 235 miliardi di euro. L’introduzione dell’imposta di bollo sui depositi bancari (0,10% lo scorso anno e 0,15% dal 2013), e l’innalzamento al 20% dell’imposta sugli interessi maturati dagli strumenti finanziari diversi dai titoli di stato e sul capital gain, ha spinto moltissimi risparmiatori a trasferire i risparmi nelle banche svizzere: acquistando

dell’Agenzia delle Entrate. Il reato di riciclaggio, o meglio, di auto riciclaggio, che ragionevolmente dovrà essere evocato in queste inchieste per favorire una rapida trasmissione dei dati dovrà comunque passare al vaglio delle autorità giudiziarie svizzere, con i tempi e le modalità che ciò comporterà. Già all’indomani del bilaterale di Berna sono stati sollevati interrogativi relativi alle contropartite a favore della Svizzera, e sulla legittimità della norma che discrimina in termini di sanzioni i capitali che dovessero essere mantenuti in banche svizzere rispetto a quelli che venissero trasferiti in istituti italiani. Non una parola risulta essere stata spesa sulla revoca della black list (si parla addirittura di un ampliamento su base commerciale); non una parola sul pieno accesso delle banche svizzere al mercato italiano dei servizi finanziari; non una parola sul dossier frontalieri e sulla doppia imposizione; nulla sullo scambio automatico delle informazioni che - come ribadito dal Consiglio federale svizzero e dalle banche - sarà operativa (sulla base dell’intesa con Ocse) a patto che anche tutte le altre piazze finanziarie, quantomeno

dell’area Ocse, l’adotteranno. In Italia le prime analisi sul testo non hanno certo fugato i dubbi di chi potrà utilizzare le nuove norme per il rimpatrio. Tutt’altro. Interrogativi senza risposta si stanno sollevando, ad esempio il raddoppio dei tempi di prescrizione, da 5 a 10 anni, con effetti non marginali sull’ammontare delle tasse sui capitali da pagare per chi vuole autodenunciarsi, ma anche sulle sanzioni. Per non parlare dei tempi limite per la presentazione dell’autodenuncia, spostati

al 31 dicembre 2015, con l’apparente non-sense di un autodenuncia che coprirebbe il contribuente sino al dicembre 2013, lasciandolo però in balia del fisco nazionale per il 2014 (anno non coperto dalla voluntary disclosure) nel caso in cui la denuncia venga presentata nel 2015. Ma le perplessità maggiori continuano ad appuntarsi sulla non depenalizzazione dei reati fiscali connessi con l’esportazione dei capitali. Mentre Stati Uniti, Germania, Belgio, Francia e Spagna hanno posto il condono penale come starting point sul quale basarsi per l’autodenuncia, nel decreto italiano si prevede la non perseguibilità penale per la mancata dichiarazione del conto estero nel quadro RW (mancata dichiarazione o dichiarazione infedele), mentre per i reati penali che hanno portato alla costituzione dei fondi all’estero (fatture ecc) il decreto prevede solo un dimezzamento della pena con ampi margini di discrezionalità. Forti perplessità permangono comunque per un’apertura di una procedura di accertamento penale a carico del contribuente che si autodenuncia. E il precedente dello scudo fa vacillare la fiducia.

The Italian government falls the voluntary disclosure rules as a tool to discover and pick up Italian capital hidden in Swiss banks: the voluntary disclosure, however, is a boulder on the relationship and on a possible tax treaty with Bern; in fact Italy has placed the new law as an ultimatum without counterparts as regards the output of Switzerland from the black list, a review of the Convention on the border, double taxation, the operations of the Swiss banks on the Italian territory. At the same time Italians seem not to value the new option for redemption. According to the majority of consultants the new decree on voluntary disclosure generates too many risks and criminal penalties for the citizen who may be willing to sel-incriminate. The words of the (former) Italian Minister of Economy, Saccomanni on occasion of the recent meeting between Italy and Switzerland in Bern, seem to be really difficult to metabolize. Beyond the declarations formally courteous, the ultimatum of “either eat this soup or jump the window,” was not really liked. The decree on voluntary disclosure does not clarify the chain of consequences under criminal law, thus leaving large margin of discretion in setting penalties and their retroactivity. But it also contains a provision specifically to hit the Swiss banks: who brings money into Italy, or in European banks can take advantage of discounts in sanctions and penalties that are prohibited for those who want to keep their money in Switzerland. Discrimination that this could also produce an international legal dispute.

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VOLUNTARY DISCLOSURE In vigore dal 29 gennaio 2014

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di adottare disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero e per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale, nonché altre disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 24 gennaio 2014; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell’economia e delle finanze; Emana il seguente decreto-legge: Articolo 1 - Art. 1 Misure urgenti per l’emersione e il rientro di capitali detenuti all’estero, nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. In vigore dal 29 gennaio 2014 1. Al decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni e integrazioni, dopo l’articolo 5-ter, sono inseriti i seguenti articoli: «5-quater. (Collaborazione volontaria). - 1. L’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, commessa fino al 31 dicembre 2013 può avvalersi della procedura di collaborazione volontaria di cui al presente articolo per l’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori al territorio dello Stato. A tal fine deve: a) indicare spontaneamente all’amministrazione finanziaria, mediante la presentazione di apposita richiesta, tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta

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persona, fornendo i relativi documenti e le informazioni per la ricostruzione dei redditi che servirono per costituirli, acquistarli o che derivano dalla loro dismissione o utilizzo a qualunque titolo, relativamente a tutti i periodi d’imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono scaduti i termini per l’accertamento o la contestazione della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1; b) versare in unica soluzione le somme dovute, in base all’avviso di accertamento ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, entro il termine per la proposizione del ricorso, ovvero le somme dovute in base all’accertamento con adesione entro venti giorni dalla redazione dell’atto, oltre alle somme dovute in base all’atto di contestazione o al provvedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, entro il termine per la proposizione del ricorso, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, senza avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. 2. La collaborazione volontaria non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi alle attività di cui al comma 1. La preclusione opera anche nelle ipotesi in cui la formale conoscenza delle circostanze di cui al primo periodo è stata acquisita da soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o da soggetti

concorrenti nel reato. La richiesta di accesso alla collaborazione volontaria non può essere presentata più di una volta, anche indirettamente o per interposta persona. 3. Entro 30 giorni dall’effettuazione dei versamenti indicati al comma 1, lettera b), l’Agenzia delle entrate comunica all’autorità giudiziaria competente la conclusione della procedura di collaborazione volontaria. 4. La procedura di collaborazione volontaria può essere attivata fino al 30 settembre 2015. 5-quinquies. (Effetti della procedura di collaborazione volontaria). - 1. Nei confronti di colui che presta la collaborazione volontaria ai sensi dell’articolo 5-quater: a) è esclusa la punibilità per i delitti di cui agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74; b) le pene previste per i delitti di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, sono diminuite fino alla metà. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano limitatamente alle condotte relative agli imponibili riferibili alle attività costituite o detenute all’estero. 3. Le sanzioni di cui all’articolo 5, comma 2, sono determinate, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nella misura pari alla metà del minimo edittale se: a) le attività vengono trasferite in Italia o in Stati membri dell’Unione europea e in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l’Italia inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220, del 19 settembre 1996; ovvero

b) le attività trasferite in Italia o nei predetti Stati erano o sono ivi detenute; ovvero c) l’autore delle violazioni di cui all’articolo 5-quater, comma 1, fermi restando gli adempimenti ivi previsti, rilascia all’intermediario finanziario estero presso cui le attività sono detenute un’autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria e allega copia di tale autorizzazione, controfirmata dall’intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria. Nei casi diversi da quelli di cui al primo periodo, la sanzione è determinata nella misura del minimo edittale, ridotto di un quarto. 4. Nei casi di cui alle lettere a), b) e c) del primo periodo del comma 3, qualora l’autore della violazione trasferisca, successivamente alla presentazione della richiesta, le attività oggetto di collaborazione volontaria presso un altro intermediario localizzato fuori dall’Italia o dai Paesi di cui alla lettera a), l’autore della violazione è obbligato, entro 30 giorni dalla data del trasferimento delle attività, a rilasciare l’autorizzazione di cui alla lettera c) all’intermediario presso cui le attività sono state trasferite e a trasmettere, entro 60 giorni dalla data del trasferimento delle attività, tale autorizzazione alle autorità finanziarie italiane, pena l’applicazione di una sanzione pari alla metà della sanzione comminata ai sensi del primo periodo del comma 3. 5. Il procedimento di irrogazione delle sanzioni per le violazioni degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, è definito ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Il confronto previsto all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 472 del 1997 è

operato tra il terzo della sanzione indicata nell’atto e il terzo della somma dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi o, se più favorevole, il terzo della somma delle sanzioni più gravi determinate ai sensi del comma 3. 6. Se il contribuente destinatario dell’atto di contestazione non versa le somme dovute nei termini previsti dall’articolo 5-quater, comma 1, lettera b), la procedura di collaborazione volontaria non si perfeziona e non si producono gli effetti di cui ai commi 1, 3 e 5 del presente articolo. L’Agenzia delle entrate notifica, anche in deroga ai termini di cui all’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, un nuovo atto di contestazione con la rideterminazione della sanzione entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di notifica dell’avviso di accertamento o a quello di redazione dell’atto di adesione o di notifica dell’atto di contestazione. 5-sexies. (Ulteriori disposizioni in materia di collaborazione volontaria). 1. Le modalità di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria e di pagamento dei relativi debiti tributari, nonché ogni altra modalità applicativa, sono disciplinate con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. L’Agenzia delle entrate e gli altri organi dell’amministrazione finanziaria concordano condizioni e modalità per lo scambio dei dati relativi alle procedure avviate e concluse. 5-septies. (Esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero). - 1. Chiunque, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie

non rispondenti al vero è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.”. 2. Le entrate derivanti dalle disposizioni di cui agli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni e integrazioni, introdotti dal comma 1 del presente articolo, affluiscono ad apposito capitolo d’entrata del bilancio dello Stato, per essere destinate, anche mediante riassegnazione, al pagamento dei debiti commerciali scaduti in conto capitale, anche prevedendo l’esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno, all’esclusione dai medesimi vincoli delle risorse assegnate a titolo di cofinanziamento nazionale dei programmi comunitari e di quelle derivanti dal riparto del fondo per lo sviluppo e la coesione, agli investimenti pubblici e al Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all’articolo 1, comma 431, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. Con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono stabiliti i criteri e le modalità di ripartizione tra le finalità indicate al periodo precedente, nonché di attribuzione a ciascun ente beneficiario, delle somme affluite all’entrata del bilancio dello Stato di cui al medesimo periodo. 3. Per le esigenze operative connesse allo svolgimento delle attività necessarie all’applicazione della disciplina sull’emersione e il rientro dei capitali detenuti all’estero di cui al comma 1 e comunque al fine di potenziare l’azione di prevenzione e contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, assicurando l’incremento delle entrate fiscali e il e il miglioramento della qualità dei servizi. Decreto-legge del 28 gennaio 2014 n. 4 -

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di Giovanni Parisi Studio Associato 2P&Partners , Milano-Roma

Risiedo, ergo sum… o quasi Percorso a ostacoli fra Aire, affetti personali, residenza effettiva, delocalizzazione e permesso B

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ottore in “ISVIZZERA” me ne voglio andare - che pago meno tasse! è Vero? È questa la domanda “tormentone” che l’imprenditore “brianzolo” pone al proprio consulente fiscale. “Dipende”. È la migliore risposta, l’unica certa che si può fornire in modo asettico a chi ha l’intenzione di trasferire la propria attività imprenditoriale e residenza personale all’estero. In questi giorni non vi è consulente fiscale che non stia prendendo “dimestichezza” con informative rese dai clienti stessi che intendono delocalizzare nella vicina Svizzera (dopo essersi, ovviamente, prima informati con i “locali” consulenti, che però trattano fiscalità di “loro”competenza). Il rimando dei “colleghi” fiduciari è spesso il seguente: “Gentile Cliente Lei deve costituire una SA, trasferire la sua residenza in Svizzera prendendo un permesso B, altrimenti non potrà essere amministratore della sua attività, diverrà quindi amministratore ed anche dipendente della sua SA, la complessiva tassazione sul suo stipendio come lavoratore subordinato in Svizzera non supera il 15%, dipende poi da cantone a cantone si può arrivare anche a zero”. Tocca però al consulente Italiano (spesso interpellato solo dopo il consulto con il fiduciario Svizzero) ricondurre il cliente nell’ambito della propria e possibile tassazione personale. Per ciò che concerne le persone fisiche, in base all’art. 2, comma 2 TUIR sono considerati residenti coloro che per la maggior parte dell’anno, ossia per un periodo di almeno 183 giorni (184 per gli anni bisestili) anche non continuativi, rientrano in determinate ipotesi previste dalla legge, quali: - soggetti iscritti nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo di imposta; - soggetti non iscritti nelle anagrafi, che hanno nello Stato il domicilio (inteso

come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi anche di carattere affettivo familiare) per la maggior parte del periodo di imposta; - soggetti non iscritti nelle anagrafi, che hanno nello stato la residenza (inteso come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale) per la maggior parte del periodo di imposta. La presunzione di residenza opera anche (e soprattutto) nel caso in cui sussista un legame affettivo con lo Stato italiano (occorre quindi approfondire il

“dipende”, attraverso una conoscenza “personale” del cliente). Il requisito temporale della maggior parte del periodo d’imposta condiziona l’applicabilità dei tre criteri sostanziali in base ai quali l’art. 2, comma 2 TUIR ricava la dimostrazione della residenza in Italia. Ne consegue che la presunzione legale assoluta (iuris de iure) scatta quando venga dimostrata la effettiva sussistenza di almeno uno di essi per la maggior parte del periodo d’imposta. In seguito del trasferimento di residenza dall’Italia all’estero, la persona fisica ha l’onere di iscriversi all’AIRE istituito presso il proprio comune di residenza italiana; tale inscrizione è condizione necessaria per fare valere il trasferimento stesso, ma

non sufficiente, giacché essa deve pur sempre corrispondere alla situazione effettiva di trasferimento. Attenzione, condizione necessaria significa che in caso di totale“emigrazione”della persona fisica all’estero senza che la stessa abbia provveduto alla iscrizione AIRE il contribuente non potrà documentare la propria residenza estera e, per il fisco italiano, potrà essere considerato unicamente ordinario contribuente (di fatto mai espatriato). È quindi da ben comprendere che l’iscrizione AIRE non ha un “funzionamento bidirezionale”; per capirsi, l’iscrizione AIRE di per sé non è prova oggettiva del trasferimento all’estero della residenza ma in caso di mancata iscrizione, la stessa omissione di iscrizione, è presupposto oggettivo per l’applicazione di appartenenza alla fiscalità italiana (senza ammissione di prova contraria). Sono subito ben comprensibili agli “addetti ai lavori” i rischi cui la avvenuta o mancata iscrizione AIRE può esporre un contribuente in ambito di omesse dichiarazione dei redditi (anche se vi sia stato completo espatrio). Per quanto riguarda il concetto di domicilio si mette in evidenza che, ai fini civilistici, esso è caratterizzato da elementi oggettivi rappresentati dalla concentrazione di affari ed interessi in un determinato luogo, e da elementi soggettivi, consistenti nell’intenzione di operare tale concentrazione da parte della persona fisica. Di particolare importanza appare la presunzione

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relativa in forza della quale si considerano fiscalmente residenti in Italia i cittadini italiani iscritti all’AIRE ed emigrati in paesi a fiscalità privilegiata. In questa situazione incombe al cittadino dimostrare che il trasferimento all’estero è effettivo e la conseguente perdita di residenza in Italia. Cosa significa? Un inquadramento fiscale chiaro della persona fisica “dipende” dalla condizione personale del contribuente che intende trasferire la propria residenza all’estero. È evidente che si tratta di una dimostrazione molto difficile da fornire essendo una dimostrazione in negativo. Per poter dimostrare l’effettività della residenza nello Stato fiscalmente privilegiato si potrà utilizzare ogni più ampio mezzo di prova di natura documentale o dimostrativa, atto a stabilire in particolare: - la sussistenza della dimora abituale nel Paese fiscalmente privilegiato, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare; - l’iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione del Paese estero; - lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo stipulato nello stesso Paese estero, ovvero l’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità; - la stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel Paese di immigrazione; - fatture e ricevute di erogazione di gas,

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luce, telefono e di altri canoni tariffari pagati nel Paese estero; - la movimentazione di qualsiasi titolo di somme di danaro o di altre attività finanziarie nel Paese estero da e per l’Italia; - l’eventuale iscrizione nelle liste elettorali del Paese di immigrazione; - l’assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società; - la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo. I predetti ed eventuali altri elementi di prova, vanno considerati e valutati in una visione globale della persona, atteso che il superamento della prova contraria alla presunzione legale non può che scaturire da una “complessiva” considerazione della posizione del contribuente ma, prima di tutto ciò occorre verificare la personale “condizione” del contribuente che intende trasferire la propria residenza all’estero. Occorre porre le seguenti valutazioni: Trattasi di persona coniugata? Oppure no. Trattasi di persona con prole? Oppure no. L’eventuale famiglia segue la persona nel trasferimento all’estero oppure no? Alla luce delle considerazioni esposte, forse, appare più chiara la “ambigua” risposta “dipende”. Si ponga il caso del cliente “brianzolo” che intende trasferire la propria residenza nella vicina confederazione elvetica (in “Isvizzera”); è ovvio che al medesimo soggetto

potranno essere effettuate delle differenti valutazioni fiscali unicamente derivanti alla valutazione della presenza (o meno) in Italia di un restante “domicilio” (dopo avere, ovviamente effettuato la propria iscrizione AIRE). In definitiva, alla persona fisica spetta dimostrare in modo completo ed incontrovertibile di aver reciso in modo significativo il collegamento con lo Stato italiano e di essersi stabilita realmente ed in modo duraturo (spostando quindi ogni suo centro di interesse o “domicilio”) nel Paese fiscalmente privilegiato. Tale condizione è assimilabile al concetto di approccio al nostro Paese che avere un “turista”; al di fuori di tale chiara condizione la persona fisica verrà ricondotta ad una appartenenza fiscale italiana. Cosa comporta? Semplicemente che la persona (il caro imprenditore brianzolo in questione) dovrà continuare ad assolvere ai propri adempimenti dichiarativi ed impositivi della fiscalità italiana. In conclusione, se l’imprenditore brianzolo è coniugato con prole e la famiglia non lo segue nel suo trasferimento all’estero, lo stesso sarà tassato alla fonte nel Paese in cui presta la sua attività lavorativa e dovrà dichiarare tali redditi anche in Italia mediante la compilazione del modello Unico PF; la tassazione subita all’estero è riconosciuta quale credito di imposta sul saldo da versare. Quindi, “Dottore in “ISVIZZERA” me ne voglio andare che pago meno tasse. È Vero?” - ”Dipende”.



Ripensiamo Lugano Lugano to be redesigned L’architetto Bruno Huber esclude una bolla immobiliare ma sottolinea l’esigenza di riprogettare il Ticino partendo dal suo vero valore: la qualità della vita. E nel piano ci sta anche lo spostamento a Locarno dell’aeroporto

According to the architect Bruno Huber there is no risk of an housing bubble in Ticino. However local authorities must accellerate on the road of deep changes: we must plan in advance the Lugano that now is not even in our dreams

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A sinistra, il moderno Novotel progettato e realizzato a Paradiso (Lugano) dallo studio Huber: un’eccezione rispetto a un’offerta alberghiera old fashioned. Nella foto a destra, l’architetto Bruno Huber. Nelle pagine seguenti: una villa sul lago e il Palazzo storico Poncini di Agra sulla Collina d’Oro che è stato affidato alla ristrutturazione dello studio luganese

gestire il cambiamento oppure subirlo. Due opzioni contrapposte; preferibile, neanche a dirlo, la prima. Intanto, piaccia o non piaccia, la storia non si ferma: Lugano è destinata a cambiare profondamente e il processo di trasformazione si è già innescato. Secondo Bruno Huber, architetto, titolare di uno dei principali studi di progettazione ma anche di recupero e ristrutturazione di edifici storici (è recente l’acquisizione dell’incarico per recuperare il Palazzo dei Landfogti di Malvaglia del 1500, e del Palazzo Poncini ad Agra sulla Collina d’oro), il Canton Ticino, ma in particolare la città di Lugano, avrebbero bisogno oggi più che mai di pensare al futuro, di sognare e immaginare cosa sarà Lugano fra cinquant’anni. Una città che, al di là delle scelte politiche o della capacità di stare al passo con il cambiamento, comunque sarà sostanzialmente diversa da quella di oggi. Per l’architetto Huber il primo interrogativo che sarebbe necessario porsi riguarda le

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di quanto avvenuto in altri Paesi e in grandi città d’Europa e del mondo - negli ultimi quindici anni è cresciuta a ritmo costante: i prezzi sul mercato immobiliare sono aumentati costantemente ma con grande moderazione. Ciò ha reso possibile anche la stabilizzazione di strumenti efficaci per l’acquisto delle proprietà immobiliari inclusi mutui a tassi agevolati, per i quali non si pone nè il problema della durata nè dei tempi di rientro. Negli ultimi tre anni i ritmi sono cambiati perché il mondo è cambiato. Il malessere che ha permeato la vita di altri Paesi come l’Italia, la Francia, ma anche la Germania ha provocato un massiccio fenomeno di delocalizzazione verso Lugano e il Canton Ticino; una delocalizzazione spesso di qualità “non di persone che vengono qui perché hanno qualcosa da nascondere”, ma di persone che scelgono di vivere qui. Questo ha comportato, certo – prosegue Bruno Huber – fenomeni eccezionali di transazioni concluse a prezzi da record, come i 30’000 franchi al metro quadrato che può costare un attico sul lungolago. Ma nella norma i prezzi di vendita sul mercato luganese fluttuano fra gli 8’000 e i

12’000 franchi a metro quadro; il che non è poi un livello così alto se si considera che i costi medi di costruzione del nuovo, spinti verso l’alto dal costo della manodopera ma anche dall’alta qualità dell’esecuzione che caratterizza l’edilizia nel Canton Ticino, superano, nell’edilizia di qualità, i 5.000 franchi a metro quadro senza considerare i costi del terreno. Il tessuto abitativo luganese – prosegue - è di fatto saturo: si costruisce se si demolisce. E questo vale per il centro ma anche per la prima cerchia attorno alla città dove l’architetto Huber sta realizzando il recupero di un edificio storico. La crescita dei prezzi, frutto di una domanda che non flette e che rende infondati i sospetti di una possibile bolla immobiliare, rende obbligatorio oggi progettare il futuro e dare una risposta a una popolazione che è mutata, socialmente, come media di età (sono sempre di più i giovani in età scolare). Lugano (che per altro sta beneficiando dal punto di vista residenziale della disponibilità di nuovi spazi residenziali liberati dalla presenza di un comparto bancario che si è ridimensionato) ha bisogno di ristoranti, di

hotel di qualità, di luoghi di aggregazione. E qui la qualità - prosegue l’architetto Huber - diventa davvero una priorità per trasformarsi, crescere senza compromette gli alti standard qualitativi di vita. “Ripensare la città - continua - significa anche compiere scelte coraggiose in funzione del mercato al quale si vuole o si deve dare una risposta. Potremmo parlare del Lac e della necessità di farne un polo di attrazione per un’area estesa che non può certamente prescindere da un bacino di utenza che comprenda Milano. Significa anche ripensare l’aeroporto di Agno come a un’opportunità e non un onere. L’aeroporto - conclude Bruno Huber - non ha senso lì dove è. Agno deve diventare la west side di Lugano e svilupparsi come centro direzionale anche di grandi multinazionali, considerando che grandi centri come Ginevra o Zurigo sono da questo punto di vista saturi. Agno è l’unico posto per crescere mentre l’aeroporto avrebbe senso nella piana di Magadino, non lontano da Locarno, creando attraverso collegamenti tramviari fra il centro di Lugano e Agno e per il nuovo aeroporto (che non avrebbe problemi

di piste o di pericolosità) una grande area integrata dalle enormi potenzialità Lugano-Locarno-Bellinzona”. Parlando con un architetto non poteva mancare una considerazione sullo stile

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motivazioni per cui Lugano viene scelta come location da famiglie e imprese: e la prima motivazione si chiama qualità della vita. Parliamo di sicurezza, ma anche della possibilità, per chi abita a Lugano, di “essere in vacanza in mezz’ora dal posto di lavoro”, quindi di creare un mix fra lavoro, professione e tempo libero improponibile in qualsiasi altra realtà anche in Svizzera. “A Lugano - afferma Huber - non hai bisogno di aspettare il week end: due o tre ore libere, una barca prenotata o un breve tragitto in auto, e sei già in vacanza”. Chi ha trasferito qui la sua famiglia alla ricerca di una sicurezza che comunque ha trovato, difficilmente torna indietro e non perché paghi poche tasse - è vero il contrario - ma perché ogni giorno può verificare come i soldi che ha versato alla pubblica amministrazione vengono utilizzati in servizi, qualità e sviluppo. Solo riconoscendo pienamente questo valore aggiunto del territorio è possibile secondo Huber - pensare al futuro o anche analizzare i fenomeni che hanno percorso e trasformato il mercato immobiliare. “La Svizzera - sostiene Huber - al contrario

dell’edilizia residenziale. “Spesso - afferma - si è pensato di far convivere l’antico con il nuovo anziché concentrare il nuovo generando nuovi nuclei. La convivenza non sempre si è rivelata felice”.

The architect Bruno Huber rules out a housing bubble, but stresses the need to redesign the Ticino starting from its true value: the quality of life. And in the floor there is also a shift of the airport from Agno to the plan of Magadino, near Locarno. The Agno areas – he stresses- in the near future might become the Lugano west side, with a people mover connection between the Lugano downtown, the new airport e the new residential and park office area in Agno. Rethinking the city - he states - it also means make courageous choices depending on the market to which you want or you have to give an answer. We could speak of the Lac and the need to make it a center of attraction for a large area that can certainly not apart from a catchment area that includes Milan. A final consideration on style of residential building. “Often - Huber states the idea was to bring together the old and the new instead of concentrating on new autonomous borrogh. Living together does not always turned out to be an happy solution”.

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di Laura Alberti

Tra Ticino e Sardegna

A Ticino-Sardinia bridge La formula di Domenico Ancarola, fondatore della DANPROPERTY Real Estate: un’agenzia dalla filosofia aziendale moderna, basata sull’ottimizzazione dei servizi immobiliari su oggetti esclusivi, per una clientela selezionata

A new company philosophy for the real estate market: how to optimize real estate services of exclusive properties for very selected customers. The formula of Domenico Ancarola, founder of DanProperty Real Estate

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osa vi differenzia rispetto ai concorrenti e qual è la tipologia di cliente che si rivolge a voi? Sulla piazza ci sono due tipi di intermediari immobiliari. C’è il freelancer, che parla con tutti, segue poco le procedure e spesso non è neppure un professionista autorizzato a esercitare, e c’è invece la persona competente e regolarmente iscritta all’albo dei fiduciari immobiliari. Dal primo tipo di intermediario mi differenzio in tutto, mentre con una persona competente e professionale ci si può solo confrontare con una concorrenza leale e professionale. La differenza tra i professionisti del settore la fa lo storico che ognuno di noi ha, il nostro bagaglio di esperienza. Io ho iniziato circa 12 anni fa come semplice intermediario, per poi proseguire negli ultimi anni come promotore diretto di progetti immobiliari: acquisto terreni, progetto, mi occupo di business plan e vendita. Nel frattempo ho frequentato la scuola per diventare perito e fiduciario immobiliare. Questo percorso mi ha permesso di unire l’esperienza acquisita direttamente sul campo agli strumenti che oggi consentono di valutare con più varianti una proprietà immobiliare. Per questo motivo trattiamo con qualsiasi tipologia

di cliente, dalla persona in loco al privato facoltoso che sta portando la residenza in Svizzera, fino all’azienda straniera che si trasferisce nel nostro Paese”. Tra le vostre realizzazioni citate progetti nelle vicinanze di Lugano e a San Bernardino. Ce ne vuole parlare? In questi anni, con i miei soci, ho costruito tre progetti completi: il primo nel nucleo della bella Caslano, il secondo vicino al lago, a Riva San Vitale, e il terzo progetto a Paradiso alta, con un magnifica vista sul golfo di Lugano. Dopo una bella esperienza diretta sul cantiere abbiamo infatti cambiato strategia, scegliendo di acquistare terreni con lo scopo di ottenere la licenza edilizia per poi cedere l’operazione intera, possibilmente gestendo le vendite. Il progetto più bello sviluppato su un terreno di Paradiso e venduto nel 2013 lo si può vedere sul sito della società del gruppo www.icongroup.ch. A San Bernardino ho avuto poi la possibilità di sviluppare un progetto misto residenziale/apparthotel su un terreno a pochi metri dalla pista di sci e di bob, in centro paese. Il terreno con la licenza edilizia è stato venduto a fine dicembre 2013 a investitori svizzeri. Di questo tipo di progetti ne abbiamo

eseguiti degli altri sia nel mendrisiotto che nel luganese. Ora stiamo lavorando a due si essi, uno residenziale a Canobbio e uno residenziale/commerciale a Pambio Noranco, all’entrata dei centri commerciali e della strada che conduce al centro di Lugano. Qual è la soluzione residenziale più prestigiosa che si può trovare presso di voi? La strategia principale della mia società, oggi, è quella di preparare le operazioni per i promotori che si trasferiscono in Svizzera, oppure per le stesse imprese di costruzioni del posto. Preparata e venduta un’operazione siamo già pronti per la seconda. Quindi, di prestigioso, abbiamo solo l’esperienza di saper acquistare, in quanto a vendere sono capaci tutti. Qual è la tipologia di immobile per cui gli affitti vanno per la maggiore? Pur trattandoli poco, posso dire che gli affitti sono molto in auge per quanto riguardo gli spazi commerciali. Come mai avete deciso di concentrarvi, oltre che sugli immobili in Ticino, anche sulle soluzioni in Sardegna? Da anni frequento la Sardegna per le mie vacanze e due anni fa ho acquistato una proprietà nel sud, precisamente a Domus

de Maria, davanti alle belle spiagge di Chia. Ho avuto modo di apprezzare il sardo del sud, quella città unica e magnifica che è Cagliari e, non da ultimo, ho avuto delle esperienze positive in fatto di costruzioni e licenze edilizie. Chia e dintorni sono location molto apprezzate dai ticinesi, per questo è mia intenzione nei prossimi anni far partire il progetto per un residence fatto su misura per i loro, con appartamenti di 3.5 locali con grande terrazza. Ogni giorno

Domenico Ancarola Fiduciario Immobiliare Perito Immobiliare SIV Certificate of Advanced Studies Real Estate Valuation

ci sono voli su Cagliari da Malpensa, Orio e in estate anche da Lugano. Con la compagnia di Lugano c’è persino la possibilità di acquistare un pacchetto di voli o di acquisire un ribasso particolare per proprietari di case in Sardegna, garantendo un minimo di voli annui. Per possibili acquirenti sono anche riuscito a trovare una banca italiana che finanzia le ipoteche in franchi svizzeri a persone che acquistano immobili in Italia.

Danproperty, un nuovo modo di concepire l’immobiliare

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In collaborazione con Unioncamere

scure Ue sulla pista Airports zero option

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uale sarà il futuro degli aeroporti italiani? Continueranno ad avere un ruolo i cosiddetti aeroporti minori? Come sarà sciolto il nodo relativo agli aiuti alle compagnie low cost? Come potrà essere quantificato il ritorno in termini di fertilizzazione e sviluppo del territorio derivante dall’inserimento, spesso ad opera di low cost, di un aeroporto, in una rete di collegamenti internazionali? Le risposte a questi interrogativi non esistono ancora, o meglio, Alitalia non è in grado ancora di trovarle e affermarle sulloscenario internazionale e specialmente in un confronto con l’Unione Europea che si preannuncia sempre più difficile e complesso. Di certo le risposte non sono arrivate e non stanno arrivando da un piano nazionale degli aeroporti che schiva le scelte e opera una distinzione più semantica che sostanziale fra scali strategici e scali nazionali. Obiettivo: non scontentare nessuno. A produrre poi un effetto destabilizzante contribuisce l’affaire Alitalia. Etihad, promessa sposa dell’ex compagnia di bandiera, non fa mistero di preferire Linate a Malpensa e che proprio la presenza in forze sulla scalo “cittadino” possa contribuire a sferrare un attacco decisivo ai vettori europei che hanno approfittato della debolezza del mercato italiano per convogliare passeggeri e traffico da questo mercato ai loro hub in nord Europa. E se non bastasse, a gettare un bel macigno nello stagno degli aeroporti milanesi ha contribuito anche Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie,

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Special report

Il “conto danni” che verrà prodotto al territorio, specie in Italia, è infinitamente maggiore rispetto ai risparmi di spesa pubblica. Il rischio è di distruggere intere economie territoriali e isolare parti importanti del Paese, annientando la risorsa turismo. Da Unioncamere e Icc un’analisi sulle possibili conseguenze della politica europea che vieterà gli aiuti pubblici per la gestione degli aeroporti

According to a Unioncamere-Iccsai research, the European zero option on airports State aids might destroy regional economies and shut off essential parts of the Italian territory. Estensive damage are expected for the tourism industry with a possible contraction of 30% in arrivals

affermando che per Milano è sufficiente un aeroporto e che la scelta deve essere fatta sulla base dei bacini di traffico. Come dire: chiudete Malpensa. E ciò al punto di suggerire a Milano e a un Sindaco Pisapia ovviamente non di questa opinione di puntare su una nuova pista per Linate da realizzarsi in zona idroscalo. Ma l’attenzione è concentrata sulle mosse che si appresta a effettuare l’Unione Europea sul tema degli aiuti di Stato agli aeroporti. Unioncamere, in partnership con la nostra rivista, ha tentato di imprimere una svolta al dibattito sugli aeroporti italiani, organizzando un confronto allargato anche alla nuova Autorità dei trasporti, oltre che a Enac, Assaeroporti e a chi è oggi più attivo sul fronte delle alleanze fra aeroporti, o è testimonial della crescita di aeroporti cosiddetti minori. Unioncamere Italiana, quale rappresentante istituzionale delle imprese e dei territori, ha affidato a Uniontrasporti l’incarico di definire un opportuno piano di policy del sistema camerale in tema di strategie aeroportuali nazionali e locali, da mettere in campo a seguito dei cambiamenti in atto sia nella normativa che nella programmazione italiana e comunitaria: 55 Camere di Commercio hanno partecipazioni (in taluni casi di maggioranza) in 31 aeroporti su tutto il territorio nazionale. Uno studio commissionato a Iccsai, il centro studi sull’aviazione civile guidato da Stefano Paleari, ha alzato il livello di allerta in particolare per le scelte che l’Unione Europea si appresta a compiere, scelte che minacciano la sopravvivenza della stragrande maggioranza degli

Le piste di Fiumicino

aeroporti italiani, e di società di gestione che in Italia, come in gran parte dei Paesi europei (nello studio è evidenziato il caso Germania) non possono stare in equilibrio senza un aiuto pubblico. Aiuto giustificato in Italia dall’esigenza primaria spesso anche di rendere raggiungibili territori e aree del Paese che per orografia e assenza di infrastrutture possono confidare solo sull’aeroporto per sviluppare economia e società civile. Dallo studio emerge come l’impostazione generale del documento redatto dalla Commissione Europea sugli aiuti di stato agli aeroporti e alle compagnie aeree sembra derivare da un concetto di “perifericità” di tipo classico, mentre viene rivolta poca attenzione alle aree collocate tra i nodi interconnessi e alla loro connettività complessiva. Il network aeroportuale italiano è caratterizzato da un 35% di scali aperti al traffico commerciale che trasporta in un anno meno di 200 mila passeggeri. Occorre però considerare anche l’orografia del nostro Paese, nonché l’accessibilità dei diversi territori con le altre modalità di trasporto. La gran parte di questi piccoli aeroporti si trova in aree esterne al bacino di riferimento degli altri aeroporti di traffico maggiore. A livello comunitario, i nuovi indirizzi europei attualmente in fase di approvazione mirano nel complesso ad azzerare le forme di sussidi al sistema aeroportuale, almeno dopo un periodo

definito transitorio che potrebbe durare al massimo dieci anni. Nel regime transitorio, gli aiuti pubblici al funzionamento degli aeroporti possono essere dichiarati compatibili nel caso di scali con un numero di passeggeri inferiore a 3 milioni all’anno sulla base di un piano industriale che stabilisce un percorso verso la piena copertura dei costi di esercizio dopo il periodo iniziale. Nel regime transitorio sono previsti degli aiuti di funzionamento alle compagnie aeree sotto forma di costi di avviamento (50% di intensità dell’aiuto) per 24 mesi. La nuova proposta di indirizzo europeo riconosce come la struttura dei costi, e l’indivisibilità di alcuni di questi, porti la maggior parte degli aeroporti con traffico inferiore ad 1 milione di passeggeri/ anno a non riuscire a coprire i costi di capitale e in buona parte anche i costi operativi. La conseguenza di ciò potrebbe essere il rischio chiusura per questi aeroporti. Si tratta di circa 2/3 del network degli aeroporti europei che, sebbene rappresentino una quota minoritaria dei volumi trasportati, coinvolgono centinaia di territorialità in modo diffuso nell’intera area comunitaria. Vi sono, infatti, oltre 250 aeroporti aperti al traffico commerciale con traffico inferiore ad 1 milione di passeggeri l’anno. Chiudendo in Europa gli aeroporti minori, circa 4,5 milioni di persone subirebbero aumenti dei tempi medi di viaggio per

raggiungere il resto d’Europa di oltre il 20%. In Italia, sono 23 gli aeroporti aperti al traffico commerciale che movimentano meno di un milione di passeggeri l’anno. L’entrata in vigore dei nuovi indirizzi creerebbe grossi problemi di mobilità su tutto il corridoio adriatico e nelle regioni geograficamente più “periferiche”, ad esempio Calabria e Sicilia. Nelle memorie prodotte, la Commissione indica nei prezzi ‘troppo bassi’ applicati ai vettori da parte dei gestori aeroportuali locali uno dei meccanismi con il quale si esplicherebbero gli effetti di distorsione del mercato dei vettori che la Commissione vuole abolire. Rispetto a questo, occorre precisare che per l’Italia questi corrispettivi sono fissati per Decreto Ministeriale o regolati, nel caso degli aeroporti con concessione totale, attraverso Contratto di Programma. Corollario dello schema comunitario è un aumento consistente delle tariffe e dei servizi aeroportuali negli aeroporti di piccole dimensioni o l’aumento dei volumi degli aeroporti fino a condizioni di break even, in questo secondo caso facendo sparire a regime gli aeroporti medio piccoli. Diversi studi sottolineano come i metodi classici applicati a piccoli aeroporti regionali evidenzino diverse criticità, in particolare la mancanza, in certi casi l’impossibilità, di raccogliere i dati necessari (ad esempio la disponibilità

Special report

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viewpoint

Dardanello: intervenire sulle gestioni Degli aeroporti. Ma …con juicio Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere, conferma l’attenzione del mondo camerale per la gestione e per il futuro degli aeroporti italiani; aeroporti nella cui gestione sono direttamente coinvolte 55 Camere di Commercio. “Certamente - afferma Dardanello - un riassetto complessivo del sistema era ed è necessario. Molte società di gestione registrano risultati d’esercizio fortemente negativi che non possono certo essere ignorati. Né il sistema camerale intende farlo. D’altro canto quello della riorganizzazione è una linea che lo stesso mercato sta seguendo attraverso acquisizioni e aggregazioni tra le società”. ”Ma per qualsiasi azione di riassetto - precisa il Presidente di Unioncamere - sono necessarie politiche di accompagnamento per individuare soluzioni alternative e/o di rimodulazione del quadro dei costi, e politiche di sistema, che non possono essere costruite unicamente sui risultati di bilancio, ma tenere conto contemporaneamente anche dell’impatto sociale, degli effetti sulla competitività delle imprese e del riutilizzo delle eventuali

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Special report

aree dismesse”. Sul tema delle nuove linee guida di politica comunitaria Dardanello ricorda come la stessa logica europea - pur sottolineando che i comportamenti degli azionisti pubblici devono essere improntati al principio dell’investitore privato in un’economia di mercato - sembri offrire la possibilità di costruire politiche di sostegno agli aeroporti e alle compagnie aeree, anche con un ruolo maggiore di investitori privati. “Credo che queste possibilità - conclude il presidente delle Camere di Commercio - debbano essere attentamente valutate e sono certo che il sistema camerale possa contribuire in modo concreto a definire una strategia comune e condivisa, in Europa come in Italia, grazie alla sua capacità di mettere a fattor comune le varie esigenze dei territori, come peraltro già avvenuto lo scorso settembre in occasione della consultazione sulla proposta di Orientamenti UE sugli aiuti di Stato agli aeroporti e alle compagnie aeree”.

di matrici input-output, la difficoltà di valutare in quali aree ricadono i benefici generati, etc.). Tuttavia, non mancano in letteratura interessanti esempi applicativi: • secondo Button et. Al. (2010), i piccoli aeroporti americani apportano un contributo alla crescita economica che produce un incremento del Pil pro capite sino al 4% in corrispondenza di un raddoppio del traffico passeggeri • Mukkala and Tervo (2012) analizzano il rapporto di causa – effetto tra sviluppo del traffico aereo e crescita economica. I risultati supportano la teoria che nei territori periferici il trasporto aereo abbia un effetto trascinatore sull’economia. Si impone quindi la necessità di sussidiare di allargare i parametri di valutazione della Commissione, non considerando esclusivamente il volume dei passeggeri di ciascuno scalo o il risultato di bilancio. Rispetto all’impalcatura normativa, la valutazione dell’impatto socio-economico generato dall’aeroporto da sola non è sufficiente, ma è necessaria una griglia di valutazione più ampia volta a determinare: 1. Esigenze e funzionalità per i territori 2. Analisi costi-benefici 3. Criteri di bancabilità e sostenibilità. Risulta allora anche evidente che la chiusura degli aeroporti con traffico inferiore a 2

Il Leonardo da VInci

milioni di passeggeri porterebbe a uno spostamento di ricchezza dalle aree meno sviluppate a quelle già più ricche accentuando il divario economico e sociale già fortemente peculiare per il nostro Paese. Dal punto di vista dell’attrattività turistica, con la chiusura di quegli aeroporti si rischia di perdere parte dell’ammontare di entrate

Passeggeri movimentati negli aeroporti italiani nel 2012 Fonte ICCSAI

derivanti dalla spesa del turismo inbound che ammonta a oltre 1 miliardo e 450 milioni di euro. La spesa è stimabile in oltre 500 milioni di euro per i soli aeroporti con traffico inferiore a 1 milione di passeggeri l’anno. La percentuale di turisti stranieri che utilizza l’aeroporto per accedere al nostro Paese è pari a circa il 30%, mentre si evidenziano percentuali molto più sostenute nelle province periferiche come Ragusa e Taranto o difficilmente raggiungibili con altre modalità di trasporto come Siena e Perugia. É quindi indispensabile considerare e definire i criteri comuni di “utilità pubblica” delle diverse infrastrutture aeroportuali. In particolare, l’analisi della struttura economica, la dipendenza dell’economia territoriale dalle attività turistiche, da quelle attività industriali, commerciali e di servizio che basano la loro funzionalità sugli scambi internazionali siano essi fisici (esportazioni-importazioni), sia culturali, di conoscenza e di relazione. La funzionalità dell’aeroporto rispetto al territorio, che dipende dalla presenza di altri aeroporti o di mezzi alternativi, si sintetizza nella misura dei livelli di connettività che caratterizzano il territorio e della perdita di connettività generata dalla chiusura ipotetica dell’aeroporto stesso.

Special report

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Risk Management Consulting

L'aeroporto di Linate

privatizzazione dei gestori aeroportuali in Italia sia particolarmente dinamico ed avanzato, anche a seguito dall’acuirsi della crisi delle finanze pubbliche. Due grandi player fanno da riferimento per gli aeroporti medio grandi, mentre per gli aeroporti piccoli stabilità e presenza di offerte non sono altrettanto

The new EU airport policy and the zero pubblic aid option is a nightmare for the Italian airport system. The new strategy is such that destroying large economic and social areas, around the country, by conflicting with basic needs of mobility, forcing re-location of major industrial activities and impacting on the tourist market. The Italian Union of Chamber of commerce presented a deep analysis on the possible consequences of the new rules on public aids that the EU Commissioni is willing to implement. According to this research 4.5 millions European citizens will have to face a drammatic increase in transit time for their business and tourism trips. The Italian small and medium airport will immediately see more than one million decrease in the total throughput and will have to cope with a further 500 millions euro lost. The fatal impact will affect the tourism industry in Italy, with a recession trend that will be hardly restrained: according to the research final results, the Italian airport system will lose more than 30% of tourism traffic.

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Special report

abstract

Si ritiene che a strutture aeroportuali riconosciute come diverse nella capacità di azione, nelle finalità, nell’interazione con la filiera del trasporto aereo e con i territori, non possono essere applicate medesime normative con la medesima rigida logica. Lo studio mette anche in evidenza come il processo di

ricorrenti. Lo studio, infine, propone diversi spunti di riflessione in grado di sostenere il processo di posizionamento strategico del sistema camerale sulla questione dei piccoli aeroporti, spesso di rilevanza strategica per alcuni territori, il tessuto imprenditoriale e la coesione sociale.

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di Laura Alberti

Radici coreane

Korean essence

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Special report

A 70 km dalla capitale, è un aeroporto città quello di Incheon, con campo da golf, pista di pattinaggio, casinò e museo della cultura coreana Inside the Incheon airport a golf court, a skating rink, a casino, a large shopping centre and the Korean culture museum.

attimi di relax all’aria aperta, regala una panoramica della cultura e della natura autoctona grazie all’uso della tecnologia. Ristoranti tradizionali servono torte di riso e il tipico street-food, mentre gli spettacoli e i concerti di musica classica regalano l’atmosfera degli incontri di corte. Si trova qui il Korean Culture Museum, realizzato in collaborazione con il National Museum of Korea: una splendida collezione di reperti che testimoniano oltre 5000 anni di storia. Oggetti d’uso quotidiano, abiti tipici della dinastia Joseon (insediata in Corea dal 1392 al 1910), manufatti del Confucianesimo

e curiosità sulla vita di palazzo per un affascinante viaggio nel tempo. Sezioni a sé sono dedicate all’arte buddista, ai manufatti che celebrano il mondo della natura - tra cui il Mugu jeonggwang dae darani-gyeong, la più antica lastra di legno stampata mai rinvenuta – e alla musica coreana, con un’esposizione di strumenti musicali tipici come il Dae-geum, flauto traverso in bambù, e il tamburo Buk, il cui suono viene riprodotto mediante un sofisticato sistema audio. Raffinati manufatti in ceramica, coloratissimi abiti tradizionali e gioielli si possono ammirare anche visitando la mostra permanente “The line of Korea”, all’interno della Traditional Craft Gallery. All’Incheon International Airport di certo annoiarsi è impossibile. Un ascensore conduce all’Oseongsan Observatory, un osservatorio a 50 metri dal suolo da cui vivere il decollo e l’atterraggio degli aerei, godendosi il panorama tutto intorno. C’è poi la natura, quella dei tanti giardini che tingono di verde lo scalo. C’è il Pine Tree Garden (Millennium Hall, 1F, Passenger Terminal), oasi sempreverde di pini e cespugli che in primavera profuma di azalee e orchidee, e c’è il Flowering Tree Garden (Welcoming Hall, 1F, Passenger Terminal), con il meglio della vegetazione asiatica che sboccia da un albero antico. Ci sono i cinque Water Gardens (Welcoming Hall, F1, Passenger Terminal), in puro stile

orientale, e ci sono gli ultra-scenografici Four Gracious Plants Garden (East Wing & West Wing, B1, Passenger Terminal), bambù, prugni, orchidee e crisantemi che mai ti aspetteresti di trovare in un aeroporto. Siamo in Asia, in fondo. L’effetto sorpresa è la norma.

A sinistra, sopra e a destra le suggestive immagini della cittàaeroporto di Incheon che sorge a circa 70 Km da Seoul

abstract

s

eoul, Corea del Nord. L’Incheon International Airport – una vera città a 70 km dalla capitale, con tanto di campo da golf, pista di pattinaggio, casinò e museo della cultura coreana – è stato nominato nel 2013 Best Airport In The World dal GT Global Traveler, bibbia del turismo business di lusso. Si tratta, in realtà, solamente dell’ultimo riconoscimento in termini di tempo. L’Airports Council International l’ha eletto Best Airport Worldwide ininterrottamente dal 2006 al 2012 per i suoi standard qualitativi e di sicurezza, sulla base di un sondaggio condotto tra i passeggeri. Costruito su un’area artificiale tra Yeongjong e le isole Yongyu – prima separate da un tratto di mare di bassa profondità – l’Incheon International Airport è la mecca delle fashioniste in viaggio. Passeggiare tra i suoi corridoi è un piacere per gli occhi. Vetrine marchiate Gucci, Hermes, Bulgari, Salvatore Ferragamo, Miu Miu e Louis Vuitton si alternano ai duty free colmi di device elettronici, profumi, prelibatezze gastronomiche, liquori e sigari. Per chi è di passaggio e, pur non potendo visitare il Paese, vuole conoscere qualcosa in più della cultura e delle tradizioni coreane, la Korean Cultural Street ospita le tradizionali giwa (abitazioni con il tetto in tegole). Accessibile da un madang (giardino) con tanto di jeongja (padiglione) per

The Incheon International Airport, 70 kilometres away from Seoul (Korea) is not just an airport. It is a city with a golf court, a skating rink, a casino, a large shopping centre and an unique museum on the korean culture and traditions. In 2013 Best Airport In The World for the GT Global Traveler, warded as the best airport in the world by the Airports Council International from 2006 to 2012 for the safety and efficiency standards. The Seoul airport is a splendid opportunity to discover (in a short time) the essence of the korean culture. The Seoul airports marks a new trend: that of transforming trasport locations into entertainment locations, i.e. places where everyone might relax and experiment new experiences.

Special report

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di Bruno Dardani

CIELI EMIRATINI

Emirates skies p

er comprendere quali potrebbero essere le reali strategie di Etihad, ormai quasi sicuro socio pesante di Alitalia, bisognerebbe forse ripercorrere le scelte recenti che questa compagnia (decollata dal nulla dal deserto di Abu Dhabi e protagonista della crescita più arrembante della storia dell’aviazione civile mondiale), ha compiuto negli ultimi anni ogni volta che ha acquisito quote più o meno rilevanti, spesso quelle che le garantivano il controllo, di altre compagnie aeree. Riesaminare le mosse ad esempio partendo dall’acquisto di Darwin Airline, il piccolo vettore alpino basato su Lugano e guidato da Sergio Ermotti (UBS) del quale Etihad ha conservato i voli su Ginevra e specialmente su Zurigo, con il chiaro obiettivo di mettere un piede nella suddivisione degli slot su quello che è il più importante aeroporto europeo. O ancora di lanciare un nuovo volo regionale sempre di Darwin-Etihad da Ginevra all’hub tedesco di Stoccarda. Premiata come migliore compagnia aerea al mondo sulla base delle valutazioni annuali dei World Travel Awards, protagonista dell’ordine d’acquisto più ricco nella storia dell’aviazione civile, una commessa da 67 miliardi di dollari Usa per l’acquisto di 199 aerei Boeing e Airbus e 294 motori, con oltre 10 milioni di passeggeri trasportati

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Special report

Dietro l’operazione Alitalia il controllo dei flussi passeggeri verso gli hub transcontinentali. Il primo è Abu Dhabi, ma Fiumicino potrebbe tornare ad essere strategico. In Lombardia guerra fratricida LinateMalpensa Slots and long range hubs behind the Etihad involvment in Alitalia. The role of the Abu Dhabi airport and the potential devolopment of Fiumicino. Civil war in Lombardie between Malpensa and Linate

e crescite annue superiori al 20%, Etihad è ormai considerata l’astro nascente del mercato aereo internazionale. Collocate pedine fondamentali attraverso

l’acquisizione di una delle più importanti low cost, la Air Berlin di cui detiene quasi il 30%, di Jat Airways (diventata Air Serbia) di cui è partner al 40%, Air Seychelles, Etihad vanta un’alleanza strategica con Air France. Alleanza che sarebbe una delle cause della reazione durissima di Lufthansa all’ingresso della compagnia araba in Alitalia. Ma sono in molti, ormai da mesi, a porsi un altro interrogativo. Per quanto Etihad si terrà lontana dal business aeroportuale e dall’ovvia ambizione di disporre di un hub, considerando la blindatura dei grandi aeroporti centro e nord europei, con slot strettamente sorvegliati dai vettori tradizionali, e con aeroporti minori presidiati dalle low cost, l’operazione Alitalia (e non sono casuali le immediate smentite di Adr a proposito di un interesse emiratino per Fiumicino) potrebbe schiudere la porta su quello che potenzialmente è il più importante hub del sud Europa, con una prospezione naturale verso l’Africa e il Medio Oriente e con un mercato captive tutto da sfruttare. É necessario ricordare di chi è Etihad. La compagnia è stata creata iniziando a operare nel 2005 un primo volo fra Abu Dhabi e Ginevra, direttamente dallo sceicco Hamed Bin Zayed al Nahyan, ovvero dalla famiglia regnante dell’Abu Dhabi che ha le chiavi della cassaforte del decimo


portare passeggeri a Francoforte e negli altri hub tedeschi, drenando a fondo il mercato del nord Italia. E proprio Lufthansa è stata protagonista di un altro clamoroso divorzio da Malpensa. Le voci che rimbalzano da Abu Dhabi parlano di una riduzione drastica dei voli sulla Milano-Roma, ormai penalizzata dal treno ad alta velocità e da un riposizionamento strategico della compagnia di bandiera italiana su tutte quelle rotte in cui spadroneggiano le low

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fondo sovrano del mondo. Oggi gestisce più di 1000 collegamenti nel mondo e la progressiva acquisizione della flotta in costruzione nelle fabbriche di Boeing e Airbus la porterà a occupare stabilmente le primissime posizioni del ranking mondiale delle compagnie aeree. Abu Dhabi, andato in soccorso dei “cugini” di Dubai nel momento della bolla immobiliare e finanziaria, non fa mistero dell’intenzione di fare dell’aeroporto di Abu Dhabi il più importante hub del Golfo proiettato verso le destinazioni dell’estremo Oriente e dell’Africa. Un risultato che non può prescindere dalla costruzione e dal consolidamento di una rete che interconnetta regional flights e intercontinental flight e – come da tendenza ormai consolidata nel mondo dell’aviazione civile – preveda una struttura multi-hub. Su Milano, sollevando già un polverone di polemiche, Etihad avrebbe concentrato la sua attenzione su Linate, non credendo (per altro Alitalia docet) su Malpensa, scalo privilegiato invece dall’altra compagnia, la Emirates di Dubai. Su Linate si combatte inevitabilmente la battaglia per spostare il traffico dagli hub transcontinetali di Germania, Olanda e Gran Bretagna, verso Abu Dhabi. Luthansa in particolare si è servita in modo intensivo di Linate per

cost, ma che sono vitali anche per garantire una concentrazione di traffico nell’hub o negli hub in cui Etihad programma di concentrarsi. L’impressione è che la battaglia nei cieli d’Europa e del Medio Oriente sia solo alle prime battute e che anche gli equilibri più o meno consolidati nel comparto aeroportuale potranno cambiare drasticamente specie se all’impegno in Alitalia, Etihad farà seguire un rafforzamento dell’alleanza con Air France-Klm.

What’s behind the line of the Etihad-Alitalia affaire? According to some major International experts the AbuDhabi owned airline is willing to play a new chess game on the airports international hubs field. When considering that the planned investment for the 40% stake in Alitalia will hardly cover a Alitalia fleet development in long range planes, the target of Etihad might be the concentration of European and Italian traffic in the fully controller Abu Dhabi International hub, Nevertheless Ethiad might take into consideration also a development of the Fiumicino hub, the European major airport naturally projected toward the Nort African and Middle eastern markets. In Lombardie the final choice of the new Alitalia arab partner seems to favour the Linate city airport instead of the Malpensa runaways. Etihad Airways commenced operations in November 2003, and in 10 years has become one of the fastest growing airlines in the history of commercial aviation thanks to a 67 billions dollar order for the purchase of 199 new Boeing and Airbus aircrafts.

Special report

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La cabrata di Qatar

W I T H

I T A LY

A L L - A R O U N D

The Qatar Airways pull-up

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Special report

La compagnia qatarina, come Air Emirates ed Etihad, è partita con decisione alla conquista anche delle rotte europee. Ad aprile decolla la rotta numero 100 The Doha based Airlines on the same wake of Emirates and Etihad, launches the challenge on the European connections. In April it will inaugurate the route number 100 (Cina), Addis Abeba (Etiopia), Ta’if (Arabia Saudita), Clark International Airport (Filippine) e Hangzhou (Cina). Le prossime nuove rotte sono Filadelfia

abstract

g

olfo über alles. Dopo Air Emirates ed Etihad, anche Qatar Airways, la compagnia nazionale del Qatar, pesta sull’acceleratore e punta a 170 destinazioni nel 2015, contro le 130 servite oggi. Sembra incredibile se si pensa che la compagnia del Golfo ha iniziato l’attività nel 1994, quando vestiva gli abiti di piccolo vettore regionale che serviva una manciata di destinazioni locali. Nel 1997 l’ordine dall’alto: il leader del paese, l’Emiro, lo Sceicco Hamad Bin Khalifa Al Thani, aveva tracciato le linee guida di un progetto per trasformare Qatar Airways in una grande compagnia aerea internazionale. Da allora Qatar Airways si è affermata come uno dei vettori dalla crescita più rapida, registrando un’espansione senza precedenti: una crescita media a due cifre anno dopo anno. Il 2011 è stato l’anno della svolta. Ad aprile ha lanciato la destinazione numero 100 del suo network internazionale, mentre due mesi dopo, a soli 14 anni dal suo rilancio, è stata nominata “Migliore Compagnia Aerea del Mondo” ai World Airline Awards di Skytrax, sondaggio annuale che coinvolge oltre 18 milioni di viaggiatori. Nel 2013 Qatar Airways si è aggiudicata il prestigioso riconoscimento come Miglior Business Class del mondo agli Skytrax World Airline Awards, svoltisi durante il salone dell’aerospazio a Parigi. Nel 2013 sono entrate nel network sette nuove destinazioni: Gassim (Arabia Saudita), Najaf (Iraq), Phnom Penh (Cambogia), Chicago (USA 10 aprile), Salalah (Oman), Bassora e Sulaimani (Iraq), Chengdu

PORT OF LA SPEZIA (USA, 2 Aprile 2014), Edimburgo (Scozia 28 Maggio), Miami (USA, 10 Giugno). Per quanto riguarda l’Italia, attualmente il vettore con base a Doha opera con 35 voli alla settimana, 14 da Roma e da Malpensa e 7 da Venezia. Dall’hub i passeggeri italiani possono raggiungere con coincidenze 24 destinazioni tra Asia e Australia, 20 nel subcontinente indiano, 21 in Medio Oriente e 9 in Africa.

Qatar Airways on the same wake of the neighbor compagnie, Emirates and Etihad. The Doha based fast growing airline in april will inaugurate the number 100 connection. In 2013 Qatar widened the controller network tank to the new connection for Gassim (Saudi Arabia), Najaf (Iraq), Phnom Penh (Cambogia), Chicago (USA), Salalah (Oman), Bassora e Sulaimani (Iraq), Chengdu (Cina), Addis Abeba (Ethiopia); Ta’if (Saudi Arabia), Clark International Airport (Philippine) and Hangzhou (China). In the next months Qatar AirWays will inaugurate the following connections: Philadephia, Edinbourg, Miami. In the Italian market Qatar is operating 35 per week connections from Rome and Venice to Doha.

LA SPEZIA PORT AUTHORITY


Oltre il Visibile Alchimia degli elementi e forme archetipiche con l’energia del colore

LE EURO-MENZOGNE The euro-liars

GIANNINO INTERVISTA GIANNINO

Sotto le macerie sta scomparendo l’idea stessa di Europa e pare inevitabile il trionfo degli antieuropeisti. Dietro la nostra crisi non c’è l’Euro ma un paese che non era pronto e non aveva capito che per l’Italia sarebbe stato un cappio. Abbiamo utilizzato i tassi bassi per aumentare la spesa pubblica…e la Ue è tutt’altro che un mercato unico

Under the rubble, the idea of the European community is gasping; euro skeptics are willing to triumph in the next elections. Behind our economic and social crisis lies there is a country that refused to understand that Euro would become a fatal loop. We had utilized low rates just to increase public expenses…and the European Union failed to become a real unique market

www.annedelaby.com Giannino vs Giannino

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LE EURO-MENZOGNE Le prossime elezioni europee che cosa produrranno? La fine dell’Europa del rigore a guida tedesca, una nuova scelta alternativa, oppure una ulteriore perdita di baricentro politico e di importanza dell’Unione europea sulla scena mondiale? A oggi, nei sondaggi sembra molto probabile una buona affermazione di partiti antieuropei e nazionalisti, con fortissime punte xenofobe e antieuro: dall’UKIP di Nigel Farage nel Regno Unito al Front National della signora Le Pen in Francia, dal PVV in Olanda ad Afd in Germania, quell’alternativa per la Germania che alle ultime politiche per un soffio non ha superato la soglia del 5% ma alle europee, dove non è in gioco il governo nazionale, potrebbe persino sfiorare il 10%, cannibalizzando quel che resta dei liberali della FdP, che potrebbero persino non superare la soglia del 3%. In Italia, non c’è solo Grillo su questa linea. Ormai da Berlusconi alla Lega alla sinistra del Pd ,a Sel e ai Comunisti italiani, la gara è a chi più la pensa come Tremonti, l’ex Ministro del Tesoro per anni e anni del centrodestra che ormai descrive l’Europa come una sorta di pianeta perduto, infestato dal fascismo bianco dei banchieri. Naturalmente, i governi nazionali resteranno in sella. Ma questi anni di crisi profonda e asimmetrica, tra euroforti ed eurodeboli, lasciano un panorama di macerie che minano l’idea stessa di Europa, la mancanza di una sua leadership politica cooperativa, e purtroppo l’euro, lo strumento di unificazione che, con la sua fuga in avanti, ha finito per rialimentare i

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Giannino vs Giannino

revanscismi nazionalitari invece di essere molla di ulteriore integrazione politica e dei mercati. L’effetto più probabile, dunque, sarà quello di un’Unione Europea che faticherà molto a comporre una nuova Commissione, non prima del novembredicembre prossimo, e avrà un parlamento fortemente anticomunitario. Parla così perché difende l’euro. No, io sono tra i non molti che anni prima dell’euro girava l’Italia con una eterogenea - culturalmente - compagnia di personalità molto più autorevoli di me, che tentavano di spiegare agli italiani e ai media che l’euro era una grande opportunità, ma che occorreva sapere bene che cosa avrebbe rappresentato e determinato. C’erano, insieme, offertisti come Antonio Martino e keynesiani come Paolo Savona, manager come Cesare Romiti e l’allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Nessuno di noi era contro l’euro. Ma l’Italia, che soffriva di una produttività in costante ribasso da oltre un decennio e aveva una finanza pubblica squilibrata con troppa spesa e troppo debito, doveva sapere che l’euro avrebbe comportato una scelta inevitabile. Senza svalutazione monetaria a compensare gli squilibri di bilancia dei pagamenti, occorreva lavorare con determinazione su ogni aspetto che causava la perdita di competitività. La bassa partecipazione al mercato del lavoro. Il basso livello di valore aggiunto del più dei servizi rivolti al mercato domestico, che pesano per oltre il 70% del contributo al Pil. La bassa redditività del capitale finanziario: investivamo e

abbiamo ancora continuato a investire per anni, prima della crisi, non troppo meno dei tedeschi, ma con un rendimento 6-7 volte inferiore. Il basso valore del capitale umano. La scarsa attenzione agli intangibles, cioè alla ricerca e ai brevetti. Inoltre, occorreva riequilibrare la finanza pubblica per crescere di più e abbassare il debito. Senza di questo, bisognava sapere che l’euro avrebbe funzionato come un cappio: ci avrebbe obbligato a riequilibrare lo svantaggio sui paesi più competitivi unicamente con la leva della deflazione interna, cioè abbassando salari - da noi sono anelastici, ergo abbassare i salari significa più disoccupati - e consumi. Per anni però l’euro non ha funzionato così. Giustissimo. Ed è stata la grande illusione. Dal 2002 per otto anni l’euro ci ha regalato tassi d’interesse bassissimi, rispetto a quelli che pagavamo prima sul nostro debito pubblico. Siamo passati da oltre il 12% di Pil annuale pagato in oneri di debito, a meno del 5%. E invece di utilizzare quelle centinaia di miliardi di euro risparmiati grazie alla Germania, per dirla in una parola e farsi fischiare oggi dai più - per abbassare spesa e tasse e ripensare il welfare, sinistra e destra al governo hanno solo saputo utilizzarli per alzare spesa corrente e debito. Tranne poi incolpare i cattivi tedeschi, quando nel 2011 la musica è cambiata. Se per 8 anni l’euro ha funzionato come leva cooperativa, però, è anche vero che qualche ragione deve averla chi accusa l’andazzo degli ultimi 3 anni, andato a vantaggio dei forti e a frusta dei deboli.

Antonio Martino

Ah, se è per questo ormai sono tanti, i signori autorevoli economisti italiani che ogni sera in tv spiegano che addirittura non è vero che l’euro ci abbia regalato bassi tassi per anni, perché erano bassi in tutto il mondo grazie alla Fed dopo la crisi dotcom 2001. Macché. Il punto è che quando, a due anni di distanza da Lehman Brothers, la grande paura sul commercio mondiale è definitivamente passata grazie ai maxi salvataggi bancari e alle enormi iniezioni di liquidità del QE della Fed, una massa gigantesca di finanza derivata ha iniziato a fiutare le residue parti deboli della finanza mondiale. A quel punto l’asimmetria europea è stata investita da uno tsunami. Il giudice del rischio sovrano è diventato di colpo, in pochi mesi, il mercato quotidiano, che respingeva uno spread bassissimo sui decennali pubblici tra paesi che avevano finanze pubbliche, bilance dei pagamenti e competitività reale tanto diverse. È stato inevitabile, giusto, e anche un bene. Era ovvio, che avvenisse. Non era ovvio, se per anni non era avvenuto. E invece sì. È stato questo, l’errore dei paesi eurodeboli. C’è chi ha approfittato dei bassi tassi grazie all’euro, molto più bassi dei tassi naturali che si sarebbero manifestati in economie squilibrate, per gonfiare bolle immobiliari e bancarie, come la Spagna e l’Irlanda, chi ne ha approfittato per truccare i conti nell’ordine dei quasi il 15% del Pil, come la Grecia. Noi ne abbiamo approfittato per fare spesa pubblica e debito pubblico. Ma questa spinta ad approfittarne, in realtà, non dipende da una tara atavica dei latini, o

dal fatto che leggiamo troppo Machiavelli e poco Calvino... Forse però non farebbe male... Macché, balle anche queste. Le istituzioni moderne del mercato, dalle lettere di cambio alla partita doppia, dalla banca come la concepiamo ancor oggi alle prime organizzazioni societarie del debito pubblico, sono tutte nate in Italia tra l’XI il XIII secolo. San Bernardino da Siena e sant’Antonino da Firenze alla fine del Trecento hanno scritto e fatto di più per riconciliare fede, istituzioni e mercato di quanto si debba alla Riforma Protestante. No, guardi, il punto è un altro. Nella crisi del 2011 sono emersi i due difetti costitutivi dell’euro.... È anti-euro anche lei? Ma no, semplicemente ripeto quel che scrivevo e dicevo nella seconda metà degli anni ‘90. Una moneta unica tra aree diverse e prima separate regge nella storia - raramente è successo - a due condizioni. La prima è che la moneta unica corrisponda a una reale unificazione dei mercati dei beni e dei servizi, perché solo così curve diverse di costo si possono riequilibrare spontaneamente, e non creare squilibri asimmetrici a fronte di un unico tasso d’interesse. Che vuol dire? L’UE è un mercato unico, con le sue quattro libertà di spostamento di persone, capitali, merci, servizi! Neanche per idea. Lo diciamo a parole, perché sta scritto nei Trattati. In realtà i mercati del lavoro restano separati, lei non può fare l’avvocato o l’artigiano in Italia e in

Francia e in Polonia, deve sottostare a norme completamente diverse. E questo vale per i servizi domestici, dall’energia alla tlc, dal public procurement a una sfilza infinita di altri esempi. Negli Usa non funziona così. Ma tenendo i mercati del lavoro, di molti beni e del più dei servizi separati, noi eterniamo curve di costo separate, ed è stato questo a illudere per anni le classi dirigenti dei Paesi eurodeboli. Credevano di aver trovato la soluzione finanziaria a basso costo per non affrontare la loro bassa produttività. Ma alla lunga, alla prima grande crisi, una, moneta unica a mercati separati non regge. Per questo serviva una seconda condizione che, mancando, è il secondo difetto dell’euro. L’Unione politica... Macché. Questo è il raglio continuo di chi dice che non c’è moneta comune senza politica comune. Vero solo fino a un certo punto. Una moneta unica può benissimo funzionare tra confederazioni di Paesi a sovranità distinta, se aprono i mercati sottostanti. In Italia a dire che l’euro non funziona perché non c’è una vera Unione politica è quasi sempre chi ritiene che la politica dovrebbe ordinare a quel punto alla banca centrale europea di stampare moneta, in caso di crisi. Io sono per l’autonomia assoluta del banchiere centrale, e contrario alla monetizzazione del debito. Rifletta: in Italia da destra a sinistra chi dice che l’euro senza politica comune non regge, di solito è in prima fila a voler impedire di unire i mercati, in primissima fila a dire che bisogna difendere l’artigiano italiano e il commerciante italiano e l’operaio italiano

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LE EURO-MENZOGNE

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bisogna pensare a meccanismi cooperativi che scattino in caso di crisi sistemiche, per scongiurare nell’emergenza che le asimmetrie che si scatenano comportino due sole alternative: o la fine traumatica della moneta unica, oppure frustate troppo deflazionistiche ai più deboli. Noi nell’euro, nella crisi dal 2011 a oggi, abbiamo scoperto che quei meccanismi cooperativi mancavano. E la politica europea non è riuscita a disegnarli. Ci ha salvato solo la Bce, e Draghi, con le aste LTRO e le OMT che oggi sono a giudizio della Corte Europea. Nel tempo però sono nati l’ESFS e l’ESM... Palliativi bizantini. Abbiamo continuato a salvare banche ciascuno a modo suo per diverso paese. Per poi stabilire sul caso greco la compartecipazione dei privati all’haircut del debito pubblico, e sul caso cipriota anche a quella sui depositi e obbligazioni bancarie. Avrei preferito fallimenti bancari a carico degli azionisti - che in Europa restano tabù - e piene garanzie per depositanti, a fianco di criteri a tempo capaci di attutire la perdita di reddito e occupati per i Paesi obbligati al drastico riequilibrio della bilancia dei pagamenti e della competitività. Non è avvenuto perché i tedeschi non ci hanno sentito da quell’orecchio? Anche, ma li capisco. Non è avvenuto soprattutto perché i politici eurolatini non sono stati capaci di dire la verità ai propri elettori. Da noi i berlusconiani che dicevano fino al 2011 che la crisi qui non era mai arrivata, poi hanno detto che era un complotto

demo-pluto-giudo-massonico dalle conseguenze gravissime. Non ho capito se lei difende l’euro, o no. Le sue critiche mi sembrano ancor più radicali di chi l’avversa. All’Italia seconda potenza manifatturiera europea ma purtroppo in declino, la moneta comune sui mercati mondiali serve eccome. Ma io so solo che nessuna moneta comune regge a chi non ottempera a quelle due condizioni. L’Italia deve avere classi dirigenti capaci di dire con chiarezza che cosa vogliono fare e a che prezzo, non di carezzare solo il pelo del cavallo per rassicurarlo contro i cattivoni. Noi siamo indietrissimo in molti campi. Se vogliamo restare nell’euro dobbiamo recuperare tutti quei gap. Altrimenti, uscirne per tornare a inflazione e svalutazione significa affrontare alcuni anni di devastante crisi argentina e ulteriore impoverimento: bisogna dirlo e saperlo, che è così. Però il problema non è solo italiano. Da Tsipras che rottama la vecchia sinistra greca come Alba Dorata la vecchia destra, dal referendum che la Catalogna vuole contro Madrid a quello che si terrà in autunno in Scozia per sperarsi dal Regno Unito, fino al referendum anti immigrati in Svizzera e al no della Polonia all’euro, in tutta Europa c’è un’aria di gran ritorno ala dimensione nazionale... Conosco la tendenza dei giornalisti e mettere insieme cose diverse, per far numero. Non è come dice. Un conto sono gli antieuropeisti sociali, a sinistra come a destra. Altro sono i nazionalisti xenofobi,

come Fn in Francia e PVV in Olanda. Altro ancora sono gli indipendentisti, come scozzesi, catalani e valloni. I primi sono recuperabili, se l’Europa si dà regole diverse. Ma occorrono leader politici con le palle, perché si rischia l’impopolarità. I secondi no, sono troppo fedeli a ideali di Stato-Nazione figli dei secoli sanguinosi alle nostre spalle. I terzi invece sono una forza positiva, io stesso sono per una democrazia dal basso fortemente localizzata e autonomizzata, ma questo non significa affatto rinunciare a mercati uniti e monete comuni. Vede tutto questo, nel prossimo futuro?

abstrac t

dall’orrenda globalizzazione. Fregnacce. Come fregnacce! Mica si può pagare l’operaio italiano come in Cina e Polonia! Infatti! Ma da sempre le nazioni egemoni nella globalizzazione avevano costi più alti, a cominciare da quello del lavoro. Eppure restavano egemoni finché la loro produttività era più elevata, in quanto detentori di un know how tecnologico,organizzativo, finanziario e giuridico che remunerava di più tutti i fattori della produzione Era vero per l’Inghilterra vittoriana, com’è vero per la Germania risanata dalle riforme della prima metà degli anni Duemila. Ma è la lezione che i politici anti euro avversano, a loro le riforme per la produttività e la concorrenza sul mercato interno fanno accapponare la pelle! Ma se non è l’Unione politica, qual è la seconda condizione che manca all’euro? Oltre all’unione vera dei mercati sottostanti alla moneta, a mancare è stata una seconda condizione essenziale. Nessuna unione monetaria, nessun mercato unico del debito pubblico tra aree diverse - che significa socializzare in proporzioni diverse propensioni diverse al debito - nasce da un giorno all’altro. Occorrono anni, anzi decenni. Pensi agli Stati Uniti, dal debito pubblico comune di Hamilton alla Fed sono passati più di cent’anni. E c’è stata una guerra civile sanguinosissima di mezzo, per aprire davvero i mercati tra Nord e Sud. Per questo, alla nascita di un’unione monetaria moderna, sapendo che la politica stenta ora come sempre a unire i mercati,

Mario Draghi

No. La Commissione Barroso è stata un disastro, ha assistito alla rinazionalizzazione delle politiche europee perché non aveva autorevolezza. Ma in Italia bisogna battersi. Gli anti euro sono un’armata brancaleone che inneggia a debito e tasse, patrimoniali e autarchia. Spacciano al Paese che siamo vittime di nazisti travestiti, e raccontano che i governi succedutisi sarebbero stati dei Quisling ai loro ordini. È un mediocre B-Movie, quello che proiettano, ma attualmente va di moda.. Ed è contro queste bestialità, che bisogna battersi senza nascondere i difetti dell’euro.

What’s going to happen in Europe after next May elections? What’s kind of political balance they will entail? Will the end of the stringent German-led Europe produce alternative, or just further loss of political focus and importance of the European Union on the world stage? Electoral surveys conform on a large affirmation of anti-European parties, nationalist, xenophobic and strong antieuro; shall we witness the triumph of the Nigel Farage led UKIP in the UK, or that of Front National in France, or the PVV in Holland and the Afd in Germany? Europe creaks because the Euro has been hired as the single currency between different areas, the first single currency wich does not correspond to a real unification of markets for goods and services. For Italy (the second European manufacturing country

Perché, euro o non euro, l’Italia i suoi guai di finanza pubblica e tasse, bassa produttività e bassa concorrenza, li dovrà affrontare comunque. Sa a quanto ammonta il deflusso finanziario dall’Italia operato dalle sole banche tedesche, francesi e olandesi negli ani dal 2008 a fine 2012? Al 15,3% del Pil italiano. Ecco, chi crede sia avvenuto perché l’ha ordinato una Crimilde Merkel a tavolino, non ha la più pallida idea del mondo in cui viviamo. E a me l’ignoranza fa più paura di ogni altra cosa, da quando ho 18 anni e lavoro studiando per i fatti miei…

but sadly in decline), the common currency on world markets was a cornerstone for its future. But Italy failed to have ruling classes able to say clearly what they wanted, what price they were willing to pay, and not only hug people so as to make them know they care. Now our gaps are too deep. If we want to remain in the euro zone we have to retrieve all those gaps. The alternative is a devil’s one: to return to inflation and devaluation means dealing with several years of devastating crisis like in Argentina and a further impoverishment: it must be said, and knowing that it is so. Sadly we discovered too late that a no monetary union, no single market in public debt between different areas come from one day to another. It takes years, even decades: and we have no time to wait.

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Banchine nella palude Docks in the swamp

Il sistema portuale italiano non regredisce ma non cresce. Il rapporto sul 2012 evidenzia una stagnazione dell’intero comparto dalle merci solide alle liquide ai container. Solo Gioia Tauro cresce in modo determinato, ma le sfide di mercato richiederebbero di più. Anche il 2013 si chiude con una difesa dell’esistente. La sfida di Assoporti

The Italian port system does not regress but it is not growing. The ratio of about 2012 shows a stagnation of the entire sector from solid to liquid cargo to containers. Only Gioia Tauro grows vigorously, but challenges of the market would require more and 2013 outlook testifies just a “defense of the existing”. The Assoporti’s challenge

l

a riforma dei porti italiani versione Maurizio Lupi (oggi, pare, oggetto di un profondo ripensamento) sembra già essere storia passata. Fra porti sistema, porti di core-network, indicazioni europee, la riforma, quella vera, è sempre al palo e – come sottolineato in più di una occasione dal presidente di Assoporti, Pasqualino Monti – i tempi del mercato (che attende risposte e spesso le ottiene lontano dall’Italia) non sono quelli della politica. Proprio per questi motii Monti ha ottenuto un consenso unanime dalla assembla di Assoporti su un documento di programmazione in sei punti, che è destinato a rivoluzionare l’approccio ai problemi della portualità italiana anche nel lungo periodo. Fra i sei punti spicca la richiesta di una governance del sistema

logistico affidata alle Autorità potuali, una autonomia finanziaria e amministrativa delle stesse, una mini-rivoluzione nel campo dei servizi tecnico nautici e la scelta da parte delle Autorità portali della priorità di investimnto infrastrutturale, là dove esistono possibibilità reali di ritorno del capitale investito e di coinvolgimento dei privati. La scelta di Assoporti muove da una considerazione di fondo: lo stato di salute del settore portuale è stazionario. Il che in un comparto sottoposto a spinte sempre più forti da parte dei grandi players internazionali dello shipping, non va bene per niente. La relazione sulle autorità portuali stilata dal ministero delle infrastrutture e trasporti per il 2012 (e il 2013 non si è scostato di molto, forse segnando

peggioramenti nel settore dei containers) evidenzia una flessione generalizzata dopo un 2011 in tenuta. Anche se fino ad oggi il settore dei porti è riuscito a incrementare il gettito prodotto per lo Stato e a difendere i livelli occupazionali, la crisi economica si fa comunque sentire in termini di mancata crescita. Nel 2013 Trieste è stato il primo porto in Italia in termini di volume complessivo di merci in transito, con circa 56 milioni di tonnellate (+15,11%), e il decimo tra i primi 20 grandi porti d’Europa. Secondo è il Porto di Genova, con 49,5 mln (-3,7%). Bene La Spezia nei containers, bene Civitavecchia nelle crociere…ma il risultato non cambia. I porti reggono alla crisi, ma non decollano. I dati del 2012 sono quindi importanti: il volume totale del traffico ha subito una contrazione del 3,58%


isura

no su m r e d o m & o ic s s a l c

equivalente a quasi diciassette milioni di tonnellate di merci in meno rispetto al 2011. Nel 2012, nei ventitre porti presi in esame, risultano essere state movimentate 456,012 milioni di tonnellate di merci contro i 472,935 milioni dell’anno precedente. Il settore che riporta, nel complesso, il risultato migliore è quello dei contenitori che risulta, con 9.591.072 TEU movimentati, in lieve miglioramento (+1,12%), recuperando in tal modo, sia pur parzialmente, la flessione di oltre tre punti percentuali registrata l’anno precedente. Essi rappresentano la principale tipologia nell’ambito delle merci solide e incidono, come nel 2011, per il 21% sul totale delle movimentazioni. Stesso peso mantengono

anche le merci Ro-Ro (17%), le rinfuse solide (17%) e la categoria residuale “Altro” (5%). Un discorso a parte merita il traffico passeggeri (41.211.156 unità) che subisce una flessione di poco più dell’11%. Colpisce in particolare il fatto che il numero dei passeggeri diminuisca drasticamente in tutti i principali scali nazionali, a parte un paio di eccezioni poco significative. Nel 2012 si registrano oltre 5 milioni di unità in meno rispetto al 2011 che pure aveva visto una riduzione di circa 2 milioni di unità sull’anno precedente. Chi si salva dalla congiuntura ancora difficile? Se si prende in esame il complesso delle merci movimentate, si conferma quale primo porto italiano, anche nel 2012,

Genova, che mantiene sostanzialmente i livelli di traffico del 2011 (un ruolo importante hanno i traffici petroliferi) con un lievissimo calo pari allo 0,37%. Nello scalo ligure si movimenta l’11% del traffico nazionale (10,66% nel 2011) per un totale di 50,207 milioni di tonnellate di merci. Rimane secondo scalo nazionale il porto di Trieste, uno dei pochi a registrare un incremento di traffico (+2%) con 49,207 milioni di tonnellate movimentate (10,79% del traffico nazionale). Pur subendo una lieve flessione (-1,25%), si colloca al terzo posto il porto di Cagliari, che con 35,379 milioni di tonnellate di merci, avanza di una posizione ai danni di Taranto (34,942 milioni di tonnellate). [continua]

ARREDAMENTI MARCER S.a.s. di Marcer Eugenio & C. 46

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viewpoint

ITALIA CONTRO RESTO DEL MONDO Nel 2012 il trasporto italiano è risultato in stallo: sono calati tutti i vettori eccetto i containers e le consegne a domicilio. Il traffico marittimo presenta performance variegate con un +1% circa nei containers grazie al forte incremento dei volumi nel porto di Genova (+11,8% circa ) e alla tenuta di Trieste e Napoli (entrambi con +3,8% circa). In particolare, confrontando le variazioni rispetto all’anno 2011 di alcuni tra i principali porti europei, solo Rotterdam, Amsterdam e Bremerhaven hanno segnato incrementi (per altro su basi decisamente più elevate dei porti italiani), a fronte di un sostanziale mantenimento dei traffici complessivi per Genova e Dunkerque. Gli altri porti, come Valencia, Londra, Le Havre e Zeebrugge, hanno avuto flessioni più o meno marcate. Facendo un confronto tra i maggiori porti a livello mondiale si nota come con l’ingresso al decimo posto dello scalo cinese di Tianjin, il porto di Rotterdam esce dalla “Top ten” mondiale dei porti containers e retrocede all’undicesima posizione. Per il resto, poche novità rispetto al 2011. Shanghai conferma la propria leadership mondiale

avendo movimentato nel 2012 oltre 32.500.000 teus, con una progressione del 2,5% rispetto all’anno precedente. Dopo Singapore e Hong Kong, che occupano rispettivamente la seconda e terza posizione, il porto di Shenzhen si è confermato al quarto posto con un totale di 22.900.000 di teus, con un incremento dell’1,6% rispetto al 2011. Alle spalle del porto sudcoreano di Busan, nuovamente in quinta posizione, ci sono altri tre porti cinesi: Ningbo-Zhoushan, Guangzhou e Qingdao, che hanno movimentato rispettivamente 16.800.000 di teus (+14,3%), 14.700.000 di teus (+2,2%) e 14.500.000 di teus (+11,4%). Segue Dubai in nona posizione e quindi la new entry Tianjin che lo scorso anno ha totalizzato un traffico di 12.300.000 di teus (+6,1%) rispetto a 11.900.000 di teus movimentati dal porto. Un anno da record è stato il 2012 per il porto di Singapore, uno dei principali scali mondiali. Nel 2012, infatti, lo scalo del sud est asiatico ha superato per la prima volta la soglia dei 30.000.000 di teus movimentati (precisamente 31.700.000) con un incremento del 5,7% rispetto al 2011.

Lo scalo pugliese, infatti, scende al quarto posto a causa di una flessione del 14,36% equivalente a quasi 6 milioni di tonnellate in meno rispetto all’anno precedente. Il porto di Augusta mantiene la quinta posizione, confermando sostanzialmente (+0,45%) i risultati dell’anno precedente (29,937 milioni di tonnellate), mentre, scalando due posizioni grazie al miglior incremento percentuale registrato all’interno del settore portuale nazionale (+14,22%), avanza al sesto posto lo scalo di Gioia Tauro con un volume di traffico pari a 28,209 milioni di tonnellate. Perdono invece una posizione i porti di Livorno e Venezia, che scendono, rispettivamente, al settimo e ottavo posto: il porto toscano, con 27,418 milioni di tonnellate movimentate, perde il 7,6% rispetto all’anno precedente, mentre lo scalo veneto subisce un calo del 3,6% con 25,377 milioni di tonnellate. Diventa nono scalo nazionale il porto di Messina, che avanza di una posizione pur perdendo il 3,79% del traffico rispetto al 2011 (22,394 milioni di tonnellate), ai danni di Ravenna che scende al decimo posto a causa di una flessione più marcata pari all’8,07% (21,46 milioni di tonnellate). Nelle successive cinque posizioni si confermano i porti di Napoli, Civitavecchia, La Spezia, Savona, Salerno. Anche nel settore delle merci solide primeggia il porto di Genova, che soppianta Taranto al vertice della classifica grazie a un sia pur modesto incremento di traffico pari all’1,44%. Il porto ligure movimenta il 12,09% del totale del traffico nazionale, con 33,008 milioni di tonnellate di merci. Di contro, Taranto perde il primato nazionale a causa di una flessione a due cifre, conseguenza della crisi dell’industria siderurgica e della flessione dei traffici container (-12,53% sul 2011) movimentando 29,689 milioni di tonnellate (oltre 4 milioni in meno rispetto all’anno precedente). Si conferma, invece, al terzo posto Gioia Tauro che, in controtendenza rispetto a quasi tutti gli altri porti nazionali, recupera parzialmente le perdite registrate nel 2011, mostrando un aumento del 14,46% con 27,563 milioni di tonnellate di merci. Nonostante una flessione di ben il 12,73%, il porto di Livorno mantiene, ma con grande distacco da Gioia Tauro, la quarta [continua]

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posizione, con 19,105 milioni di tonnellate movimentate. Analogamente a Livorno, i porti di Ravenna e Napoli, pur riportando un calo del traffico rispettivamente dell’8,92% e del 7,48%, si confermano al quinto e sesto posto con 16,876 e 14,864 milioni di tonnellate di merci. Al settimo posto si colloca il porto di Venezia che, con un volume di traffico pari a 14,264 milioni di tonnellate (-5,63%), avanza di una posizione soppiantando La Spezia che scende all’ottavo posto con 13,959 milioni di tonnellate (-7,74%). Nono scalo italiano, come nel 2011, è Trieste, uno dei pochi porti nazionali con un incremento, sia pur modesto, rispetto all’anno precedente (+1,78%; 13,239 milioni di tonnellate movimentate), seguito da Civitavecchia che sale di una posizione grazie ad una crescita di più di 4,5 punti percentuali (11,098 milioni di tonnellate). Per quanto riguarda le merci liquide, la classifica 2012 dei maggiori porti italiani rispecchia in gran parte quella del 2011. Trieste consolida il proprio primato nazionale, registrando, in un quadro in massima parte negativo, un incremento del volume del traffico pari al 2,09%. Nel porto di Trieste si movimentano, nel 2012, quasi 36 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi pari al 19,65% del totale nazionale (18,78% nel 2011). Mantiene i propri livelli di traffico (+0,13%), Augusta, altro porto a vocazione petrolifera che, con 28,723 milioni di tonnellate, conserva inalterata la propria posizione di secondo scalo italiano. C.C.

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The Italian port network is confirming its traffic and productivity performances, but it is dramatically unable to grow. According to a special report recently published by the Minister of Transport, all Italian major ports seem to swim in a swamp. With the exception of Gioia Tauro, that was able to overcome the transhipment ports crisi and return to growth, the majority of Italian ports in 2012 and 2013 were just able to confirm their position in the market, by rarely acquiring new customers and new traffics. Trieste has exceeded the port of Genoa in the standings and occupies the tenth position in Europe. La Spezia is doing well in the container market and Civitavecchia in the cruise sector. Even so, no one of them can look at the future through rose colored glasses, when the international market needs fast decisions and new facilities to cope with the challenge of giant vessels. Even the king of European ports, Rotterdam, left the top ten of world ports over-taken by several Chinese and Asian competitors.


Aviation

Fashion

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Design

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Sapore di sale, cultura di sale

Flavour of salt, salt culture

Savoia Excelsior Palace

Ginger Tea & Cakes

Viaggio attraverso i primi porti italiani: dal fascino asburgico e i dolci di Trieste fino ai carruggi genovesi, al profumo di focaccia e alla nevrosi di Munch. Per finire con la ‘nduja e le grigliate alle spalle del grande terminal di Gioia Tauro A journey through major Italian ports: behind the docks the Habsburg charm and home made cakes in Trieste; from the Genoese “caruggi”, the scent of “focaccia” and the exhibition on Munch masterpieces. To end with the ‘nduja and grilled fish not far from the large container terminal of Gioia Tauro

di cuscini per ogni esigenza. E se, mentre passeggiate per la città, vi dovesse venire voglia di qualcosa di dolce, non perdetevi il Ginger Tea & Cakes (via dell’Annunziata 3, www.gingertrieste.it): i suoi capcakes sono superlativi! Seguendo la classifica dei maggiori porti d’Italia per volume delle merci in transito (vedi pagine precedenti) eccoci ora a Genova. Una città che fa da sempre rima con acquario e con carruggi, quei portici e quei vicoli stretti che ne costituiscono gran parte del fascino. Fino al 27 aprile, però, c’è un motivo in più per visitare la città. Il Palazzo Ducale, già bellissimo di per sé, ospita infatti la mostra Edward Munch (www.mostramunch.it), un’esposizione delle opere realizzate dall’artista tra il 1880 e il 1994 prodotta da Arthemisia Group e da 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore. Per soggiornare, l’Hotel Continental è un elegante 4 stelle in stile Liberty nel cuore della città (via Arsenale di Terra 1, www.hotelcontinentalgenova.it), le cui camere accolgono gli ospiti con il calore del legno e con la bellezza dei tessuti floreali. Per pranzo non può mancare un bel trancio di focaccia, magari quella inimitabile del

Panificio Patrone (via Ravecca 72/R), con la sua crosta croccante cha anticipa la morbidezza della pasta. Ultima tappa del nostro viaggio, Gioia Tauro, provincia di Reggio Calabria. Uno scalo in crescita netta, ma anche una forte testimonianza della sua storia, quella che iniziò nel VI sec. a.C. con i Greci Calcidenesi e la loro Metauria. Oggi, passeggiare tra le vie del centro storico vuol dire incontrare la decadenza malinconica e bellissima di tante città del sud. Patria del cibo per eccellenza,

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ove il Mediterraneo incontra la Mitteleuropa, lì sorge Trieste. Il suo porto era il principale sbocco sul mare ai tempi dell’Impero Asburgico. Uno snodo fondamentale, il cui fascino e la cui memoria rivivono nelle architetture triestine, in quell’aria magica che attrae turisti di tutto il mondo. Sarà la bellezza di Piazza Unità d’Italia, sarà quel delizioso caffè che solo al Caffè San Marco si trova. Sarà la sua posizione di confine, che ne fa una meta immancabile per chi si accinge a trascorrere le vacanze nella vicinissima Croazia, fatto sta che una tappa a Trieste, una volta nella vita, è d’obbligo. Luogo perfetto per un soggiorno a cinque stelle è il Savoia Excelsior Palace (Riva del Mandracchio 4, www.savoiaexcelsiorpalace.starhotels.com), affacciato su quella meraviglia dell’architettura ottocentesca che è il Castello di Miramare, una dimora nobiliare oggi splendido museo (www.castello-miramare.it). Centoquarantaquattro tra camere e suite e nove sale riunioni, il Savoia Excelsior Palace (parte del gruppo Starhotels) è tutto un trionfo di sete, boiserie e velluti, con tanto di letti in piuma d’oca e una vasta scelta

Gioia Tauro stuzzica anche il palato dei più golosi. Amatissima dai cittadini e dai turisti, La Cantina del Barone (via Pozzillo 42) offre il meglio della cucina tipica, dalla ‘nduja alle grigliate di pesce. Una cena da smaltire con un buon sonno, magari all’Hotel Villa Calliope (via Rimembranze 23, www.hotelvillacalliope.net). Un albergo opulento che regala un viaggio nell’arte del pittore Antonio Mermolia, splendida nel suo contrasto con lo stile decapè delle camere dedicate alle muse greche. L.A.

From Trieste to Genoa, from Genoa to Gioia Tauro. A CH trip around the Italy of maritime ports. Behind the harbor and the quays, the Mediterranean soul of old cities. In Trieste within themittle-european glamor of Piazza Unità d’Italia, the surprising San Marco Café e the astonishing view from the rooms of the SavoiaExcelsior Hotel; in Genoa, the secret of the Middle Eve historical centre in the narrow lanes climbing from the port to the modern downtown, the fragrance of the focaccia and one more reason to visit the Superba: the retrospective exhibition on Edward Munch ; in Gioia Tauro the Cantina del Barone (via Pozzillo 42) offer the best of the typical food from ndujia to the mix grilled fish.

Hotel Continental

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Ports

Ports

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di Camilla Conti

Prua sul sole nascente Sailing east winds


Il gruppo Ferretti si lecca le ferite finanziarie prodotte da troppi fondi di private equità e, sotto guida cinese, punta su un grande rilancio commerciale nei mercati dell’estremo oriente anche con uno yacht ispirato al Taihe Dian e quindi alla Città segreta di Pechino The Ferretti Group is licking its financial wounds caused by too many private equity funds; under Chinese guide focuses on a great revival in the commercial markets of the Far East with a yacht inspired by the Taihe Dian and then to the Beijing Secret City

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Yatch

c’

erano una volta i fondi di private equity che si aggiravano sui mercati a caccia di imprese, entravano nel capitale utilizzando una forte leva finanziaria che scaricavano sulla stessa società finanziando i suoi progetti di sviluppo e, dopo qualche anno, uscivano con mirabolanti plusvalenze, anche del 100% sul capitale investito. Ecco perché li chiamavano fondi locusta: spremevano valore da una società per poi uscire e andarsene a cercarne un’altra e ricominciare daccapo lo stesso ciclo. Con la crisi, però, le prede conquistate hanno drasticamente ridotto i fatturati e i margini, rendendo problematico e in alcuni casi impossibile il pagamento del forte debito accumulato con le banche. Con il risultato che le locuste sono finite sul banco degli imputati per essersi trasformate da motore di sviluppo a cavallette che hanno esagerato con la leva finanziaria affossando anche le imprese sane industrialmente, su cui è stato scaricato tutto il peso del debito. La storia della Ferretti è un caso da manuale di come la finanza può mettere in ginocchio un’industria che fa buoni profitti e alti margini. Dalle locuste del private equity che per dieci anni se la sono rimpallata facendone lievitare il prezzo, ma anche i debiti, alle cavallette cinesi che alla fine se la sono portata via per un quinto del suo valore. E ad accomodare gli

ospiti attorno al grande bacchetto delle plusvalenze c’è sempre stato lui: Norberto Ferretti, il patron del gruppo di Forlì che dal 1968 produce yacht di lusso. Nel giugno 2000 la casa nautica sbarca in Borsa con un valore di 375 milioni, dopo due anni e mezzo in pieno sboom da New Economy viene delistata e venduta per 675 milioni ai fondi Permira. Nel frattempo continua l’espansione del gruppo: così Permira e Norberto Ferretti decidono di rivendere ancora. A mettere il denaro contante (intorno a 1,7 miliardi di euro), questa volta è il fondo Candover o meglio Royal Bank of Scotland, che lo finanzia. Solo che nel 2009 il mercato rallenta, la Ferretti non riesce più a pagare gli interessi alle banche creditrici e finisce schiacciata sotto il peso dei 650 milioni di debiti lasciati in eredità dai fondi che hanno foraggiato gli ambiziosi progetti del fondatore, scaricando però sulla stessa società la forte leva finanziaria. A fine 2011 col cerino in mano si ritrovano Rbs, il fondo californiano Oaktree che a dicembre ha comprato il debito di Mediobanca (uscita a sorpresa dal tavolo dei creditori) e il fondo Strategic Value Partners. Alla fine viene accolta l’offerta dei cinesi della Weichai Holding Group, sussidiaria della Shandong Heavy Industries, che dalla produzione di macchine agricole entra nell’industria nautica di lusso a prezzi da saldo: 374

milioni di euro, debiti compresi. Per l’ennesima volta Norberto Ferretti esce dall’azionariato ma resta presidente. “Siamo molto orgogliosi di questo accordo, la Cina è uno dei paesi in cui il settore degli yacht di lusso si sta sviluppando più rapidamente”, ha dichiarato prima di salire sulla nuova nave battente bandiera mandarina. Direzione: la Borsa di Hong Kong, dove il gruppo potrebbe essere quotato nei prossimi due-tre anni. La vicenda di Ferretti, che si è conclusa il 10 gennaio del 2012 col passaggio dell’azienda produttrice di yacht di lusso ai cinesi, è emblematica degli effetti collaterali che un certo tipo di finanza può avere sulle sorti di un’azienda sana. Ferretti, in base ai risultati dell’anno 20102011, aveva raggiunto un valore della produzione pari a 521 milioni di euro, in crescita del 12% rispetto ai 465 milioni del 2009-2010. Il portafoglio ordini 2011 era di 401 milioni, in aumento del 56% rispetto ai 257 milioni registrati al 31 agosto 2010,

con un volume di nuovi ordini pari a 552 milioni, in crescita del 27% rispetto ai 434 milioni del 2009-2010. Una situazione tutt’altro che negativa ma che non ha evitato al cantiere di affondare a causa dei 650 milioni di debiti accumulati in una serie (quasi) letale di passaggi di mano tra fondi di private equity. Nel frattempo tutti i grandi advisor bancari hanno portato a casa laute commissioni, compresa Mediobanca che, con una mossa a sorpresa fra fine ottobre e inizio novembre 2011, ha venduto sul mercato secondario la quota di debito in suo possesso, pur rimanendo azionista del gruppo con il 19,1%. E oggi, in quali acque naviga la Ferretti in salsa cinese? Le commesse di certo non mancano. Lo scorso gennaio la controllata CRN ha firmato una lettera di intenti (LOI) con un cliente cinese per un superyacht di 68 metri, la più grande imbarcazione mai venduta da CRN e da Ferretti Group in Cina. Lo storico cantiere navale di Ancona, parte di Ferretti Group, è infatti specializzato nella

costruzione di megayacht completamente custom in acciaio e alluminio da 40 a 90 metri. La consegna della nave, prevista nel 2017, rappresenta un passo importante per la penetrazione del cantiere in un mercato in forte espansione come quello cinese. Nel cantiere navale CRN sono attualmente in costruzione 6 imbarcazioni: 4 navi da diporto a marchio CRN in acciaio e alluminio - CRN 131 74 mt (disegnato da Zuccon International Project), CRN 132 73 mt (disegnato da Omega Architects), CRN 133 60 mt (disegnato da Francesco Paszkowski Design), CRN 134 55 mt (disegnato da Nuvolari & Lenard) – a cui si aggiungono un maxiyacht della linea di prodotto Ferretti Custom Line, il CL 124’, e un Riva, il 122’ Mythos in alluminio. Con la firma della LOI per la vendita del nuovo megayacht, il cantiere mette a segno un importante risultato in vista dell’Hainan Rendez-Vous 2014, prestigioso salone del lusso in programma dal 27 al 30 marzo a Sanya.

Yacht


viewpoint

CHOPI CHOPI NELLE TOP TEN La Star si chiama Chopi Chopi , un 80 metri varato nel gennaio del 2013 dai CRN di Ancona, lo yacht che ha proiettato Ferretti nell’esclusiva lista dei “The Top 100”, i più grandi megayacht del mondo. Il battesimo è avvenuto a Londra nel corso della serata organizzata da Superyachts.com, in collaborazione con Y.CO., nella prestigiosa cornice dell’Hotel The May Fair di Londra. Chopi Chopi 80 metri, la più grande nave da diporto mai costruita da CRN, varata a gennaio 2013, rappresenta una sintesi, e al tempo stesso un’evoluzione, dei tratti caratteristici, dell’anima e dell’innovazione delle navi firmate dallo storico cantiere di Ancona. Spettacolari volumi, ariosità degli spazi, forme slanciate e linee morbide, insieme a grande attenzione per i dettagli, per il benessere a bordo e per il contatto diretto con il mare, fanno di Chopi Chopi 80 metri l’espressione massima dei punti di forza di CRN. Ma questo periodo è stato per Ferretti anche quello dello sbarco in forze sul mercato dell’Asia Pacifico: Yachts 800 ha debuttato ai saloni nautici di Shenzen (città costiera nella provincia di Guangdong, nel sudest della Cina) e Xiamen, località costiera della provincia di

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Yatch

Fujian, nell’Eastern China, tra le mete turistiche più apprezzate del Paese. Anche un altro marchio del gruppo forlivese ha fatto rotta sull’Oriente: Pershing, tra i principali produttori mondiali di high performance open motor yacht dai 15 ai 35 metri, ha partecipato a metà dello scorso gennaio al PIMEX (Phuket International Boat Show) attraverso il proprio dealer locale Lee Marine. Tra i protagonisti della kermesse, giunta alla 10° edizione, il Pershing 64, al debutto assoluto in Thailandia. Nato dalla matita dello yacht designer Fulvio De Simoni in stretta collaborazione con AYT&D - Advanced Yacht Technology & Development, (divisione di Ferretti Group che riunisce Ricerca & Sviluppo, Centro Stile, Product Management e Ingegneria Industriale), questo modello, vero e proprio long seller del brand, è un 64 piedi dalla linea filante ed aggressiva, concepitoper chi non accetta compromessi e sogna il comfort, lo spazio e il lusso tipici di imbarcazioni di maggiore dimensione, inseriti in un open dalle prestazioni sportive tipiche di ogni Pershing.

Quanto ai conti, nel primo semestre del 2013, il gruppo Ferretti ha realizzato nell’area del sud est asiatico un fatturato pari ai ricavi generati nell’intero anno scorso. L’area Asia Pacific incide per circa il 10 per cento sul totale del fatturato del gruppo ma che l’obiettivo è quello di arrivare nel 2018 al 30%. ‘’Riconquisteremo i livelli di prima della crisi”, ha affermato l’amministratore delegato del gruppo, Ferruccio Rossi, a giugno dell’anno scorso durante la presentazione in anteprima mondiale a Santa Margherita Ligure, di un innovativo yacht di 96 piedi, la più grande imbarcazione planante da diporto mai realizzata fino ad oggi da Ferretti Yachts. Sottolineando che “quello che è mancato dal mercato europeo può essere recuperato dai nuovi mercati, Asia e Americhe’’. Con un fatturato 2012 di circa mezzo miliardo di euro, l’obiettivo 2018 è di arrivare a oltre 900 milioni, oltre il 50% dei quali conseguiti sui mercati extra europei (circa un miliardo nel 2008 di cui il 76% generato in Europa). E per conquistare i gusti dei cinesi la Ferretti ha lanciato sul mercato anche uno yacht calibrato proprio su questo mercato, un 24 metri presentato dal gruppo italiano ai saloni nautici di Shenzen e di Xiamen. Tra le configurazioni della barca c’è quella ispirata al Taihe Dian (il più importante edificio della Città Proibita, a Pechino), dove si svolgevano le cerimonie con l’imperatore.

abstract

Il gruppo Ferretti attraverso CRN di Ancona presidia la fascia di mercato più elevata nel mondo delle grandi imbarcazioni da diporto. I mega yacht sono sempre e comunque tailor made con una forte diversificazione degli interni e un caratterizzazione spinta sui gusti dell’armatore. Il tutto privilegiando l’Italian style

After a long standing period of financial trouble, the leading Italian yacht producer, Ferretti group, is now fully controller by the chinese Weichai Holding Group, part of the Shandong Heavy Industries holding company, mainly involved in the agricultural machinery production. After the purchase by different equità funds the Italian group changed hands and raised chinese flag at a bargain price of 374 millions euro. Recently the Ferretti controller CRN yard signed a letter of intent with a chines custode for the construction of a 68 metres superyacht, i.e. the biggest leisure boat ever sold in the Far eastern region. The CRN works is building 4 new steel and aluminium made maxi-yachts. Thea Asia Pacific area boast a 10% of the total group turnover. The new chinese holding targets a 900 million general turnover by 2018.

Yatch

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ZenonieColombi.com

Lusso in vetrina Featured luxury

Ogni mese, CH&Lifestyle vi regala una viaggio nel mondo del lusso. Novità e “pazzie dal mondo”, dal letto futurista da 30.000 $ al bagno rosa shocking

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di Laura Alberti

CH&Lifestyle gives you a monthly tour through the world of luxury. We tell you worldwide news and follies like the 30.000 dollars futurist bed or the pink bathroom…

Luxury news

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Hammacher Schlemmer

Una culla... da grandI A cradle for grownup

Un po’ retro, un po’ futurista, Tranquillity Pod è il nuovo originalissimo letto di Hammacher Schlemmer. Un piccolo paradiso tondo dall’esterno lucido e l’interno morbido, grazie al materasso in suede e ai cuscini all’acqua. Pensato per accogliere romanticamente due persone, ha un involucro in blocchi di fibra di vetro. Quattro speaker collegabili allo smartphone, uniti alle leggere vibrazioni dei subwoofer, invitano a lasciarsi cullare in totale relax, mentre il sistema di biofeedback misura il battito cardiaco.

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Costume National

Ladurée

Chimento

A me gli occhi! Eyes to me!

DOLCI BESTIALI Animal sweets

La vita in rosa! Life in Pink!

Costume National saluta la primavera con la sua prima capsule collection di eyewear, Costume National by Jplus, a cura di Ennio Capasa e Alessandro Martire. Un debutto nel mondo dell’occhialeria, con uno sguardo al vintage. I modelli si rifanno infatti agli anni ’70, ’80 e ’90, con il loro spirito chic e rock’n’roll. Eccezione fatta per il modello maschile, la barra non tocca la lente e regala all’occhiale – in solo metallo o in acetato e metallo - una forte personalità. I colori? Nero, blu scuro e palladio lucido.

In occasione dell’uscita nelle sale della versione francese de La Bella e La Bestia (protagonista la bella Léa Seydox del chiacchierato La Vita di Adele), Ladurée presenta la limited edition “La Tentation de Nina”. La romantica faccia di Belle disegna dolcissime prelibatezze, perfette per un regalo originale e tanto belle che mangiarle è un peccato! Camei colorati di cioccolato sono racchiusi in una preziosa scatola, mentre un piccolo coffret nasconde una mini candela alla rosa e una al tè nero, simboli di Belle e del Principe.

Costume National welcomes Spring with its first eyewear capsule collection, Costume National by Jplus, designed by Ennio Capasa and Alessandro Martire. This is a debut in the eyewear sector, with a vintage touch. Models recall 70s, 80s and 90s with a chic and rock’n’roll spirit. The only exception is the male model whose bow doesn’t touch the metal or acetate and metal glasses giving them a great personality. Colors? Black, dark blue and shiny palladium.

www.costumenational.com

Luxury estate

A casa di Ivana At Ivana’s house

Già di per sé, Palm Beach è sinonimo di lusso. Ma oggi, chi può permettersi di pensare in grande, ha un modo in più di goderselo, quel lusso. La miliardaria Ivana Trump ha infatti messo in vendita la sua villa, acquistata nel 1990, alla cifra record di 18.9 milioni di dollari. Oltre mille metri per una residenza datata 1926, con 9 camere da letto, 13 bagni e un imprecisato numero di camini. C’è persino un “passaggio segreto”, un tunnel sotterraneo che sbuca in una privatissima spiaggia. Tutt’intorno, una rigogliosa giungla di palme.

For the showing in cinemas of the French version of “The Beauty and the Beast” whose main character is the beautiful Léa Seydox (The Blue Is the Warmest Colour – La Vie d’Adèle), Ladurée presents the limited edition “La Tentation de Nina”. Belle’s face becomes a delicacy, perfect for an original gift but a pity to eat. Colored cameos made of chocolate are arranged in a precious box while a little coffet hides two mini scented candles (rose and black tea), symbols of Belle and the Prince.

www.laduree.com

De Majo

Pioggia di cristalli Cristal rain

Gli amanti dello stile classico non potranno non innamorarsi di Goutte, l’elegante e opulento lampadario disegnato da Nicola Grandesso per De Majo. Ispirato all’estate parigina quando, in una giornata di sole, irrompe una leggera e improvvisa pioggerellina, Goutte monta su un corpo color cappuccino 24 luci e paralumi in seta bianca, disposti attorno a un diametro di 120 centimetri. La cascata di 350 gocce di cristallo fa il resto. Goutte, scenografico e di forte impatto, è il protagonista della nuova campagna pubblicitaria del brand.

A little bit old-fashioned, a little bit futurist. Tranquillity Pod is a new and eccentric bed by Hammacher Sclemmer. It’s a little rounded paradise with a shiny surface and a soft inside thanks to its suede mattress and water pillows. It is designed to romantically accommodate two people and its packaging is in fiberglass blocks. Four speakers that you can connect to smartphones and the subwoofer vibrations make you relax while the biofeedback system measures your heart rate.

Palm Beach is already connected with luxury but now who likes to think big has a new way to experience this kind of pleasure. The billionaire Ivana Trump is selling the mansion she bought in 1990 for the record amount of 18.9 million dollars. The 1926 mansion is some 1.000 sqmt wide and houses 9 bedrooms, 13 bathrooms and an unknown numbers of chimneys. There’s even a secret passage, an underground tunnel leading to a private beach. All around there’ s a luxuriant palm jungle.

Who loves classic style can’t but fall in love with Goutte, the elegant and rich chandelier designed by Nicola Grandesso for De Majo. Inspired by Parisian summer - when a sunny day turns suddenly into a little rainy one Goutte put 24 lights and lampshades in white silk on a cappuccino colored body, all around the 120 centimeters diameter. The waterfall made of 350 crystal drops makes the rest. The impressive Gouette is the protagonist of the new brand advertising campaign.

www.hammacher.com

www.luxuryestate.com

www.demajoilluminazione.com

Lluxury news

Il settore del bagno di lusso può contare oggi su un nuovo brand. È Chimento Design, nato da un’idea dei fratelli Fabio e Giuseppe Chimento, forti di anni d’esperienza nel settore dell’interior design e dell’edilizia. La loro linea Tokyo è un omaggio in tinte shock alla capitale giapponese, che dell’estro fa il suo vanto. Il design moderno e minimale risalta sotto la laccatura fucsia opaco, che pare avvolgere in un abbraccio il lavabo in Teknostone finitura bianco opaco, realizzato da un unico blocco di materia e con sistema di scarico nascosto. The luxury bathroom sector can count now on new brand. It is Chimento Design, a two brothers’: Fabio and Giuseppe Chimento. They already have experience in the interior design and building industry. The Tokyo line is a shocking colored homage to the Japanese capital that has always been proud of its flair. The modern and minimal design stands out from opaque fuchsia varnishing that seems to embrace the Teknostone washbasin. This has an opaque white finish, is made of an unique block and has a hidden drain.

www.chimentodesign.com

Luxury news

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di Claudio Antonelli

Dietro le luci della crociera Behind cruise lights

t

utto fila liscio. Le preoccupazione e lo stress che accompagnano di solito la vita quotidiana non ci sono. Sparite. O meglio assorbite da qualcun altro. É vero, le vacanze sono - o dovrebbero essere - per antonomasia spensierate. Ma trascorrerle su una nave da crociera, come “Msc Musica” offre un’esperienza di più. La possibilità di vivere una cesura netta tra la percezione dei passeggeri e l’infaticabile lavorìo svolto nel dietro le quinte dall’equipaggio. Relax da un lato, insomma, e massima tensione dall’altro. Una crociera è infatti un orologio complicatissimo che deve funzionare al millisecondo. Un ritardo o un disguido rischia di creare un effetto catena che sarebbe negativo per il business plan e soprattutto rischierebbe di rompere l’incantesimo dei passeggeri. La logistica dopo la sicurezza, è quindi il pilastro principale di ogni tratta di navigazione e della sequenza settimanale di carichi e scarichi. La “Msc Musica”, 16 ponti, 293 metri di lunghezza e mille uomini di equipaggio, nell’arco dei sette giorni della sua tratta invernale percorre i porti di Santo Domingo, dove imbarca il maggior numero di italiani, di Saint John (Antigua), Martinica, Guadaloupe, Philipsbourg a Sint Marteen e Road Town, capitale delle Isole Vergini Britanniche. Trasporta una media di quasi 3mila passeggeri al giorno, che nelle 24 ore consumano 14mila pasti e bevono 5700 tazzine di caffè. Tra sode, strapazzate o per la preparazione dei piatti, ogni giorno vengono usate circa

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Travel

Per rifornire una nave come Msc Musica, operativa nei Caraibi, una sequenza di rifornimenti che non può perdere un colpo: perché ogni giorno, a bordo, si servono 14.000 pasti e si consumano 5700 tazzine di caffè, 4200 uova…E per una settimana di viaggio vanno imbarcate 1000 bottiglie di champagne e 300 chilogrammi di pesce solo per il ristorante giapponese

A scientifically planned sequence of operations that can not miss a shot is essential for providing a ship’s store for a cruise vessel. The case history of MSC Musica operating in the Caribbean; every day 14,000 meals are served on board and every day passengers consume 5,700 cups of coffee, 4200eggs; for a week cruisel must be taken on board 1000 bottles of champagne and 300 kilograms of fish just for the Japanese restaurant

4200 uova. Ogni settimana (il grosso dell’imbarco avviene al porto di Santo Domingo) la “Msc Musica” (e non si tratta della nave più grande della flotta MSC, che annovera colossi da oltre 4000 passeggeri) carica mille bottiglie di champagne o spumante e 2500 litri di crema. La nave ha anche un ristorante giapponese, Kaito, e per rifornirlo servono ogni settimana 300 chilogrammi di pesce fresco. Facile immaginare quante centinaia di chili di pesce e carne servano per rendere sempre accoglienti i due ristoranti principali (Le Maxim’s e L’Oleandro, ndr) e il buffet al ponte 13, che resta in funzione 20 ore al dì. Solo di salmone affumicato “Msc Musica” imbarca al mese tre tonnellate, assieme a 2mila chili di limoni e 600 chilogrammi di cioccolato, destinato a finire nella fantasia dolciaria degli chef. Se si considera che la nave, nel 2013, ha imbarcato 112mila passeggeri e ne ha movimenti 767mila in 248 scali, è facile capire come la logistica richieda una cura maniacale. Per diversi motivi. Non tutti gli scali sono esattamente all’altezza di Msc. La repubblica Dominicana, per il porto turistico di Santo Domingo, ha fatto una serie di investimenti per ottenere un upgrade sufficiente. É chiaro che nel complesso il personale marittimo è costretto sempre a premere il piede sull’acceleratore se vuole standard di altissimo livello e di tipo occidentale. Un esempio concreto è la questione rifiuti risolta in house. Tutte le

navi della flotta Msc hanno inceneritori, pulpers, macchine e compattatori per la lavorazione dei rifiuti. Le apparecchiature servono a ridurre lo spazio a bordo dedicato allo stoccaggio e facilitano le operazioni di raccolta a terra. A bordo sono inoltre funzionanti degli appositi inceneritori per carta, cartone e residui di cibo, oltre che macchine per la compattazione e la riduzione del volume dei rifiuti in vetro, plastica, metalli e alluminio. Materiali che saranno, poi, tutti riciclati a terra, così come l’olio esausto proveniente dalle cucine, riusato dalle industrie per la produzione di bio-carburanti. L’obiettivo che si è dato la compagnia

di navigazione è arrivare al trattamento completo di tutti gli scarti di bordo in modo che i residui effettivi non superino il 10% del totale, che invece viene regolarmente portato al riciclo e smaltito nei diversi porti di destinazione. A Genova, per esempio, tutti i residui separati - quali olio, vetro, alluminio, plastica - vengono regolarmente portati a riciclo. Non è così in tutti i porti dei Caraibi. Ma non c’è solo cibo e acqua a cui pensare. A ogni scalo c’è pure il flusso di passeggeri da coordinare. Quelli che scendono, che salgono e quelli che restano. Di conseguenza la Msc non può mai permettersi un “buco” nei rifornimenti

nemmeno di 10 minuti. Responsabile di tutto l’ingranaggio è il capo commissario e hotel director Tonino Galano. Da lui dipende circa l’80% degli uomini imbarcati. Restano fuori solo i responsabili della security on board (affidata a una società israeliana) e il personale di coperta che fa riferimento al comandante Raffaele Russo. Galano organizza un meeting al mattino e uno alla sera. Il primo fa il check della giornata precedente. Il secondo pianifica la successiva. A ogni incontro i dirigenti limano e migliorano la macchina logistica. Soprattutto quando non ci sono stati intoppi. Ottimizzare significa infatti avere più tempo da dedicare all’organizzazione

Travel

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turistica a terra. Le escursioni. In poche parole a migliorare l’offerta e dunque i numeri del bilancio. Moltiplicate il ragionamento per 12, il numero di navi della flotta, e il ragionamento è presto fatto. Il gruppo Msc Crociere ha chiuso il 2013 con oltre 1,6 milioni di passeggeri. L’intero gruppo nel 2012 ha fatturato 23 miliardi di dollari, di cui 14 nel settore cargo. Tanto che già a marzo scorso in occasione del varo della dodicesima nave, l’armatore Gianluigi Aponte aveva annunciato una nuova tornata di investimenti da 700 milioni a nave. Nel decennio appena trascorso, Msc ha speso circa 5,5 miliardi per ingrandire la propria flotta. Ma non basta. Oltre all’ingresso di un nuovo colosso da oltre 4000 passeggeri, previsto nel 2016, la società ha aperto il 2014 con una sfilza di novità. Il 3 febbraio, con il taglio della prima lamiera nel cantiere di Palermo, è partito il progetto da 200 milioni di euro assegnato da Msc a Fincantieri, che prevede l’allungamento di quattro navi della flotta. Il progetto impegnerà le tute blu palermitane per quasi due anni e interesserà la classe Lirica: Msc Armonia, Msc Sinfonia, Msc Opera e Msc Lirica. Attualmente lunghe 250 metri per 60.000 tonnellate di peso, possono trasportare fino a 2.200 passeggeri ciascuna. Al termine dei lavori saranno lunghe 275 metri, avranno una stazza di circa 65.000 tonnellate e saranno in grado di ospitare 2.700 viaggiatori. In pratica 200 cabine in più. Il programma prevede anche l’aggiunta di spazi dedicati all’intrattenimento, l’adozione di nuove tecnologie e un acqua park. Anche gli spazi per lo shopping a bordo saranno ampliati, con nuovi corner e una profumeria. La prima nave a entrare in bacino il 31 agosto 2014 sarà Msc Armonia. In attesa del suo arrivo già sono iniziati i lavori per la preparazione dei blocchi da installare. Sul fronte marketing sono partite nuove offerte di mini crociere in Africa e Sudafrica, ma anche in Namibia e in Mozambico. Accordi con tour operator per ampliare l’offerta di esperienze a terra. Mentre ad aprile partirà una speciale crociera nel Mediterraneo dedicata alle Winx e alle piccole fan.


Foto di Marco Masetti

CONSUMI A BORDO

A bordo di una delle navi della classe Musica di MSC Crociere (3.000 pax) vengono serviti ogni giorno

14.000 pasti

5.700 tazzine di caffè

4.200 uova

OGNI SETTIMANA

1.000 bottiglie di champagne e spumante

2.500 litri di crema

300 kg di pesce per sushi

OGNI MESE

3.000 kg di salmone affumicato

2.000 kg limoni

600 kg di cioccolato

PASSEGGERI TRASPORTATI numero dei passeggeri trasportati da MSC Musica nel 2013:

abstract

Ovviamente si tratta di un viaggio dedicato alla famiglia: un momento di svago per bambini e ragazzini ma anche una vera e propria pausa di relax per i genitori, che potranno affidare i figli al personale, preparato e qualificato. A bordo di MSC Orchestra (circa 93 mila tonnellate di stazza, 1.275 cabine oltre 3 mila passeggeri e 5 ristoranti) sono già in programma spettacoli, giochi e animazioni dedicati. In cabina, un kit di benvenuto accoglierà tutti i piccoli ospiti che potranno incontrare le loro fatine del cuore dal vivo, partecipare alla sfilata in costume insieme alle “vere” Winx, ballare e cantare le loro musiche nel teatro di bordo. La nave partirà da Genova per raggiungere la Spagna, toccherà Malaga e poi Lisbona, fino ad approdare a Casablanca, in Marocco. Ultima tappa prima di rientrare in Italia, Barcellona. Un viaggio di 9 giorni e 8 notti proposto a un costo accessibilissimo: a partire da 570 euro a persona, mentre bambini e ragazzi con meno di 18 anni viaggeranno in cabina con i genitori pagando solo quote di iscrizione e assicurazione. La stessa nave fra un anno sarà invece impegnata nel primo tour Msc dall’altro capo del mondo: l’Australia. Il 21 febbraio 2015, gli ospiti di Msc Orchestra si imbarcheranno, per la prima volta, per il Grand Voyage, un itinerario di 33 notti che li condurrà a Dubai e negli Emirati fino a Perth, in Australia, dove l’arrivo dell’elegante nave è previsto per il 26 marzo 2015. Prima i passeggeri avranno toccato 13 porti di scalo in 8 paesi differenti, di 2 continenti, con una scelta tra oltre 70 escursioni a terra, 2 pernottamenti a Singapore e Sydney e 18 giorni di navigazione. In sostanza, dopo il Medio Oriente farà tappa in India, in Sri Lanka, e a Phuket in Thailandia. Tappa in Malesia e poi Singapore. Benoa Lush, a Bali, sarà l’ultima tappa in Asia che offrirà ai viaggiatori la possibilità di godere dei paesaggi mozzafiato, degli incantevoli templi e delle scintillanti spiagge sabbiose. Poi Cairns, nel nord tropicale dell’Australia, Port Douglas. Secondo scalo a Brisbane. Quindi overnight a Sidney, tappa a Melbourne, la capitale dello Stato Victoria, vivace centro di stile, sport, cultura e storia, Adelaide e infine Perth. Da qui per i passeggeri partirà il volo di ritorno per l’Italia o l’Europa e per Msc un mercato nuovo nel quale farsi valere.

112.000 imbarcati

767.000 movimentati (imbarchi + transiti + sbarchi)

248 scali

What’s behind shining lights of a cruise vessel? An incredible logistics effort and a scientifically designed organization able to grant every day and night foods and beverages to thousand passengers. The case of the Msc Musica cruising in the Caribbean seas. Every day kitchens, buffets and cafe deliver 14.000 meals, 5700 cups of coffee, 4200 eggs, not necessary scrambled... Every week passengers on board require 1000 bottles of champagne; they eat more or less 2500 litres of cream; 300 chilos of fresh fish are cooked by the Japanese restaurant. Every months three tonnes on smoked salmon are stole in the ship storeroom, together with 2 kg of lemons e 600 kg of chocolate. In 2013 Msc Crociere scored another record year with 1,6 million passengers. The Msc group total turnover amounted to 23 billions dollar, (14 from the cargo sector). In march the shipowner Gianluigi Aponte confirmed a total 5,5 billions dollar investment in the last ten years. In 2016 the group will take delivery of the new 4000 passengers flag-ship. Recently Msc crociere signed a contract with Fincantieri Palermo for the lenghtening of four vessels.

Travel

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di Laura Alberti

Lezioni in viaggio

Lessons on the go

La Insight Cruises di Pasadena organizza dal 23 maggio al 4 giugno un appuntamento con la zona Baltica. Una full immersion nella storia nordeuropea che, da Copenaghen, tocca Tallin, San Pietroburgo, Helsinki, Stoccolma, Berlino e Amburgo. Il tutto condito da momenti magici – solo il sole di mezzanotte varrebbe il viaggio – e da lezioni di scienza,biologia, fisica e robotica.

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Insight Cruises of Pasadena organizes from May 23 to June 4, a special “rendez vous” with the Baltic area. A full immersion in the history of northern Europe; from Copenhagen to Tallin, St. Petersburg, Helsinki, Stockholm, Berlin and Hamburg. The magic moment of the midnight sun would be worth the trip; but on board, lessons in science, biology, physics and robotics.

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a crociera, da sempre, è sinonimo di lusso ed evasione. Momenti in cui, cullati dal mare, ci si lascia coccolare da servizi esclusivi e personale reverente. Ma c’è una compagnia, con sede a Pasadena, che regala al viaggio un nuovo significato. Un significato che fa rima con cultura. È la Insight Cruises. Dal 23 maggio al 4 giugno, l’appuntamento è con la zona Baltica. Una full immersion nella storia nordeuropea che, da Copenaghen, tocca Tallinn, San Pietroburgo, Helsinki, Stoccolma, Berlino e Amburgo. Il tutto condito da momenti magici – solo il sole di mezzanotte varrebbe il viaggio – e da lezioni di scienza. Biologia, fisica e robotica non avranno più segreti grazie agli interventi degli esperti, che renderanno la crociera un’esperienza indimenticabile. Ci saranno lezioni di astronomia, per venire a conoscenza di misteri cosmici, e lezioni di biologia vegetale, con discussioni su questioni delicate e importanti come gli OGM e la denutrizione. Ci saranno lezioni di fisica teoretica, di scienza e di robotica, piccola finestra sul futuro ormai vicino. Il prezzo? Dai 1.719 dollari della cabina

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lifestyle

interna agli oltre 11.000 della Pinnacle Suite, cui si aggiungono 1.575 dollari per la partecipazione ai seminari. E se la scienza sarà diventata la vostra passione, con 749 dollari avrete la possibilità di una visita post-crociera al CERN di Ginevra, con trasferimento dalla nave all’aeroporto di Copenaghen, pernottamento in hotel 5 stelle a Ginevra, pranzo e cocktail party nel laboratorio più futurista del mondo. Per chi, invece, fino ad agosto non può “evadere” dal lavoro, l’appuntamento è a Seattle il 24 del mese. Salperà da lì, con destinazione Alaska, la Holland America Line. Questa volta, i seminari saranno dedicati alla scienza del cervello, ai pianeti, la meteorologia, la fisica delle particelle e l’astrobiologia. Tutto intorno, lo spettacolare paesaggio di questo stato unico, dove le balene nuotano accanto alle navi e gli orsi passeggiano sulla spiaggia. Il giorno prima della partenza è possibile visitare il Future of Flight Aviation Center, a Washington, e il Museum of Flight, vicino a Seattle. Una giornata alla scoperta dei giganti del cielo, prima di salpare alla volta dell’oceano.

Insight Cruises. From May 23 to June 4, “rendez vous” with the Baltic region, but also with the culture. A very peculiar cruise formula has been launched by a Pasadena based tour operator; the vessel will get a full immersion in the history of Northern Europe with port calls in Copenhagen, Tallinn, St. Petersburg, Helsinki, Stockholm, Berlin and Hamburg. All this is topped by moments magic - just the midnight sun would be the journey - and science lessons. Biology, physics and robotics will no longer have secrets due to the intervention of experts, that will make the cruise experience unforgettable. There will be lessons astronomy, to become aware of cosmic mysteries, and biology lessons plant, with discussions on issues delicate and important as GMOs and malnutrition.

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prove su strada: BMW serie2

Test on the road

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On the road

BMW si affaccia con successo al settore delle vetture compatte d’alta gamma. Lo fa con la nuova BMW Serie 2 Active Tourer, auto compatta, pratica e altamente performante BMW enter with success in the market of compact cars high range. The new BMW Series 2 Active Tourer compact car, efficient with high performances a trazione anteriore, la BMW Serie 2 Active Tourer ha uno sbalzo anteriore corto, così come la sporgenza posteriore, il passo lungo, le luci posteriori a L e il gomito dell’ingegnere Hofmeister del cristallo laterale posteriore. Tutto – dai comandi radio all’impianto di climatizzazione – è orientato verso il guidatore, come tipico dei modelli BMW. Il volume del bagagliaio varia da 468 a 1510 litri e, insieme al divanetto posteriore diviso e ribaltabile nel rapporto 40:20:40, regala un comfort inedito per

vetture di questo tipo. Il divano posteriore, in particolare, grazie al suo essere scorrevole permette di volta in volta di aumentare il volume di carico o di allungare le gambe. Il grande cofano posteriore, su richiesta, può essere azionato in modo automatico premendo un pulsante oppure attraverso il comando a gesti, con lo Smart Opener. Oltre che comoda e versatile, la BMW Serie 2 Active Tourer è anche altamente performante. I nuovi e leggeri motori a tre e quattro cilindri, dalla struttura compatta, sono sistemati trasversalmente rispetto alla direzione di marcia, equipaggiati con tecnologia BMW TwinPower Turbo e conformi alla norma

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on la nuova BMW Serie 2 Active Tourer, la casa automobilistica tedesca entra nel settore delle vetture compatte d’alta gamma. Un settore nuovo, che BMW ha deciso di affrontare dando vita ad un modello dalle alte prestazioni, perfetta fusione tra stile, eleganza e dinamismo. Un modello che arriva dopo la versione Coupè, e che abbina alle dimensioni compatte (4342 mm di lunghezza, 1800 mm di larghezza e 1555 mm di altezza) bassi consumi (100 km con 4/6 litri, a seconda del tracciato) e nuovi motori turbo a tre e quattro cilindri. Perfetta per destreggiarsi nel traffico cittadino, ma adatta anche a percorrere tragitti lunghi, la BMW Serie 2 Active Tourer vanta una moderna trazione anteriore, un passo lungo (2670 mm) e un’altezza maggiore della linea del tetto, così da regalare la massima spazialità all’interno dell’abitacolo. Sedersi sui sedili anteriori significa assumere una posizione più comoda rispetto ad una tradizionale berlina. Lo spazio è straordinariamente amplificato, ancor più se si sceglie di montare per il passeggero il sedile con lo schienale ripiegabile e se si decide per il tetto panoramico, fonte di una ancor maggiore luminosità. A rendere possibile questa grande spazialità è l’orientamento orizzontale di tutte le superfici, suddivise esteticamente in una composizione stratificata. A differenza della maggioranza delle auto

antinquinamento Euro 6. Modello top di gamma al momento del lancio sarà la BMW 225i Active Tourer: 170Kw/231 CV con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 6.8 secondi e velocità massima di 235 km/h. Ci saranno poi la BMW 218i Active Tourer (1500 cc di cilindrata, 100kw/136 CV, abbinata a un cambio manuale a sei rapporti), e la BMW 218d Active Tourer, con propulsore diesel a quattro cilindri da 110 kw/150 CV. Una vettura veloce, stabile e compatta, perfetta per uomini e donne sempre in viaggio. L.A.

With the new Series 2 Active Tourer compact car, Bmw tests the market of compact cars of high range with a new serie characterized by high performances and high quality. Top car will be the BMW 225i Active Tourer: 170Kw/231 CV with acceleration from 0 to 100 km / h in 6.8 seconds and top speed of 235 km / h. There will then be joined by the BMW 218i Active Tourer (1500 cc, 100kw/136 mated to a six-speed manual reports), and the BMW 218d Active Tourer with four-cylinder diesel engine. Perfect in city traffic, but also suitable for a long journey, BMW 2 Series Active Tourer boasts a modern front-wheel drive, a long wheelbase (2670 mm) and a height greater than the roof line, so as to give the maximum spaciousness inside the car.

On the road

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inserzione pubblicitaria

la forza terapeutica del colore

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a nostra esperienza quotidiana ci insegna quanto siano importanti i colori che ci circondano e quanto essi possano influire sul nostro stato d’animo. Infatti, è sempre più in uso una sceltastudiata del colore degli ambienti in cui studiamo, ci riposiamo, lavoriamo o ci alleniamo. Circa 40 anni fa, da una geniale intuizione di Peter Mandel, nasce la cromopuntura, una tecnica cromoterapica che consiste nell’irradiazione, attraverso fasci di luce colorata, di zone cutanee puntiformi, in gran parte corrispondenti ai punti dell’agopuntura cinese. L’idea di base è che il colore, con la sua lunghezzad’onda specifica, sia in grado ditrasmettere delle informazioni alle cellule, informazioni che vengono veicolate attraverso imeridiani dell’agopuntura. Mentre la cromoterapia è più finalizzata ad un riequilibrio generico, la cromopuntura agisce inmodomirato su determinati blocchienergetici attraverso una terapia informativa. Un valido supporto scientifico riguardante l’efficacia di talemetodologia giunge dalla teoria sui biofotoni del fisico tedesco Fritz-Albert Popp. Popp dimostrò che tutte le cellule viventi emettono quanti di luce, che egli

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Wellness

Sviluppi, supporti scientifici e applicazioni della cromoterapia

denominò biofotoni. Come lo stesso Popp spiega, l’emissione di questi biofotoni regola la comunicazione intracellulare ed intercellulare. Più semplicemente l’emissione di biofotoni è ilmodo con

cui le cellule comunicano tra di loro. Quando all’interno dell’organismo, la comunicazione biofotonica è disturbata si crea uno squilibrio energetico che sfocia in un sintomo. Pertanto, scopo della cromopuntura è quello di ripristinare la suddetta comunicazione biofotonica e ristabilire l’equilibrio energetico di base. Non chiamatela «medicina alternativa» La terapia non agisce solo sul sintomo,ma anche e soprattutto sul suo retroscena, cioè sul blocco energetico che l’ha causato. È quindi fondamentale la diagnosi, chemira proprio all’individuazione di questo blocco. A tale scopo Peter Mandel ha sviluppato unmetodo eccezionale: la Diagnosi energetica dei punti terminali (Dept) che viene effettuato attraverso una foto Kirlian dei polpastrelli dellemani e dei piedi. Più precisamente vengono catturate su una pellicola fotografica le radiazioni luminose emanate dai polpastrelli. Con precisi criteri topografici e fenomenologici è possibile osservare la presenza di un disturbo prima ancora che esso simanifesti con un sintomo. La foto Kirlian può costituire un valido strumento preventivo senza tuttavia avere la presunzione di sostituirsi ai regolari esami clinici. A questo puntomi

sembra importante ricordare che il dr.med Fausto Pagnamenta, pioniere della cromopuntura in Ticino, spiega inmaniera semplice e chiara, nel suo libro «Cromoterapia per bambini», come l’espressione «medicina alternativa» sia errata. «Poiché lamedicinamoderna e quella energetica agiscono su piani diversi, non ci può essere alternativa fra loro,ma solo complementarietà. Non c’è competizione fra loro,ma solo collaborazione per aiutare la guarigione di quell’unitàmisteriosa che è l’uomo». Esempi d’applicazione e risultati Di recente, la casa anziani Malcantonese ha presentato i risultati di uno studio, durato quasi un anno, sull’efficacia della cromopunturanella gestione del dolore. Dai dati raccolti emerge che in seguito all’introduzione della cromopuntura, dietro prescrizione del medico curante, c’è stata una significativa riduzione nell’uso di farmaci analgesici. Inoltre, da una valutazione soggettiva dei residenti inclusi nello studio, è emerso che anche la qualità di vita è migliorata notevolmente. Questo è un esempio emblematico di come questi due approcci possano collaborare in modo costruttivo. Come accennato prima, la terapia non agisce

direttamente sul sintomo, ma sulle alterazioni energetiche che lo hanno causato. Tuttavia ciò non esclude l’uso di terapie sintomatiche da affiancare al piano terapeutico. La cromopuntura può anche rappresentare un prezioso aiuto nellemalattie e nei disturbi dell’età pediatrica. Io stessami sono avvicinata a questometodo, quando 6 anni fa, non sapendo più cosa fare per l’insonnia dimia figlia, ho deciso di mettere da parte lo scetticismo e ho tentato questa soluzione. Da allora mi sono affidata a questometodo, che nonmi ha mai tradita, neanche 3 anni fa, quandomio figlio soffriva di un forte eczema atopico che gli provocava lesioni, simili a escoriazioni, sul viso e su diverse parti del corpo. Anche in quel caso le luci colorate hanno fatto il loro «piccolo miracolo». Con questo non voglio promuovere la cromopuntura come un élisir di lunga vita e anzi, devo ammettere che talvolta il mio entusiasmo viene smorzato quando l’esito terapeutico non è quello desiderato,ma trovo valga la pena tentare un viaggio in questomeraviglioso mondo fatto di luce e colori. Riprendendo le parole delmio insegante «non bisogna fare un atto di fede, bisogna provare!».

viewpoint La cromoterapia, che letteralmente significa cura con i colori, consiste nell’esposizione dell’individuo a una fonte colorata – una luce colorata, l’usodi occhiali con lenti colorate, l’applicazione di cristalli ominerali colorati, ecc. – al fine di ristabilire un equilibrio energetico, condizione necessaria per il raggiungimento emantenimento del benessere psico-fisico.

Studio di Cromoterapia Sandra Ancarola Foto Kirlian Cromopuntura Riconosciuta dalle cassemalati Via San Gottardo 25, 6943 Vezia T. 091 950 06 06 - F. 091 950 06 07 info@cromoterapiasandra.ch www.cromoterapiasandra.ch

Wellness

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L’avamposto italiano The Italian bridgehead Gibuti: campo italiano interforze

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a quasi trent’anni al fianco dei militari italiani impegnati nei teatri di guerra, ma anche al lavoro per conto dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali, R.I. spa di Trepuzzi, in provincia di Lecce, è in questo momento impegnata nella fornitura degli alloggi militari per la base italiana che sorgerà a Gibuti nel corno d’Africa. La prima realizzata interamente dal VI Reggimento Genio in economia e con un risparmio netto del 30%. Uniche due ditte coinvolte per l’outsourcing sono la Alliance, società turca, che si è occupata della messa in sicurezza del perimetro e appunto la R.I. Mentre Alliance è in ritardo e ha richiesto extra attività per il Genio, l’impresa italiana procede regolarmente. «Siamo strategicamente insediati nel sud Italia, RI si è ora ampliata con uffici in Afghanistan, Australia, Austria, Gibuti, Kosovo e Libano dai quali sono pervenuti significativi successi», spiega a CHlifestyle il presidente Salvatore Tafuro. È chiaro che da quest’area strategica la ditta che si è ritagliata una posizione da leader di mercato nel settore degli edifici prefabbricati e continua a fornire soluzioni innovative, si pone l’obiettivo di trovare attività nel corno d’Africa. Il rappresentante in loco che sta seguendo le installazioni nella base conferma che le opportunità sono numerose. «Siamo stati contattati dal governo locale per un contratto su una

La R.I. di Lecce sta realizzando le più importanti installazioni militari italiane nel mondo. Moduli prefabbricati e tecnologia di sicurezza di avanguardia incluse garitte a prova di attacco. E ora sbarca nel “civile” The R.I. Lecce is projecting and constructing the most important Italian military installations in the world. Prefabricated modules and cutting-edge security technology including sentry attack-proof. And now it moves to the “non military” building market. delle isole di fronte alla capitale», spiega il sales department Fiorenzo Miglietta. «Una volta terminata la base italiana potremo dedicarci alla gara». Si tratta di alloggi per la Guardia Repubblicana.

Ma le vere opportunità potrebbero arrivare mettendo piede in Etiopia, area sensibile e sempre attenta alla messa in sicurezza dei propri confini e dei propri militari. R.I. ha un bagaglio di conoscenze e di tecnologia maturato negli anni che potrebbe fare molto comodo al Paese leader del corno d’Africa. Il team di tecnici e operai di provenienza internazionale assieme al management aziendale ha realizzato interi complessi abitativi autosufficienti, con diversi sistemi modulari prefabbricati completi di opere civili; strade, acquedotti, fognature, elettrodotti, linee dati, impianti di produzione di energia tradizionali o da fonti rinnovabili; impianti di potabilizzazione e depurazione delle acque; sistemi di difesa passiva, recinzioni, bunker e riservette munizioni, a cui si aggiungono sistemi di videosorveglianza dinamica. R.I. punta infatti su un portafoglio di innovazioni tecnologiche sviluppato con l’università del Salento. Oltre ai classici moduli abitativi smontabili e riutilizzabili, in produzione c’è il modulo detto “Limited 2012” destinato a ospiti con libertà limitata e i moduli ad alto contenuto tecnologico per funzioni speciali: telemedicina, telescuola, telecomunicazioni, telecontrollo, che sono resi tempestizzati e inviolabili all’accesso informatico, applicando l’alta ricerca prodotta dalla ditta Soliani EMC, con cui è stato sottoscritto un accordo

di partenariato. Per la sicurezza passiva R.I. ha sviluppato per conto dell’esercito italiano impegnato nella missione Isaf in Afghanistan la garitta-altana, anche in versione con torre, corazzata. La nuova garitta, presentata all’ultima edizione del salone internazionale di Le Bourget, è realizzata in acciaio balistico e avrà una copertura, intorno alle scalette per la

salita, che consente all’operatore di poter raggiungere la parte alta, protetta da vetri antiproiettile, in totale sicurezza. È dotata di un sistema di comunicazione sicuro, che impedirà l’intercettazione da parte di esterni, ma la vera particolarità della garitta è una rete esterna la cui funzione è quella di attivare i contatti in caso di colpo di mortaio. L’esplosione avverrà quindi all’esterno Garitta-altana da “Afghanistan, Impresa Italia”

Salvatore Tafuro

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Industry

Il deserto verde Green desert

Motel House - Australia

The RI of Lecce is realizing the most important Italian military installations in the world. Prefabricated modules and cutting-edge security technology including sentry attackproof. And now landed in the “civilized”. For nearly three decades alongside Italian soldiers in theaters of war. But also to work on behalf of the UN and other international organizations. R.I. Trepuzzi spa, in the province of Lecce, is at this moment engaged in the provision of military housing to be built for the Italian base in Djibouti in the Horn of Africa. RI has now expanded with offices in Afghanistan, Australia, Austria, Djibouti, Kosovo and Lebanon from which they received significant successes. The team of technicians and workers of international origin together with the company’s management has achieved full self-sufficient housing complexes, with several prefabricated modular systems complete with civil works, roads, aqueducts, sewers, power lines, data lines, manufacturing plants or traditional energy sources renewable water treatment plants and sewage treatment; passive defense systems, fences, bunkers and ammunition stocking houses. To which are added surveillance systems dynamics.

l sogno: fare del Bahrain un unico grande giardino, dove fra fiori e agricoltura alimentata goccia dopo goccia dai sistemi più avanzati di irrigazione a basso consumo d’acqua, realizzare anche l’autonomia alimentare per il piccolo sceiccato così vicino all’Arabia Saudita. Un sogno che la moglie del re del Bahrain, Sabika bint Ibrahim Al Khalifa, sta tentando a tappe forzate di trasformare in realtà attirando in Bahrain tutte le aziende del mondo che in questo campo sono in grado di fornire tecnologia e soluzioni di assoluta avanguardia. È per questi motivi che il BIGS, ovvero l’International Garden Show in corso in a Manama, è ben di più che una semplice mostra su giardini e agricoltura. È uno strumento strategico finalizzato ad attirare l’attenzione non solo delle società direttamente impegnate nel settore dell’agricoltura, ma anche di quelle delle energie rinnovabili e della produzione e depurazione delle acque che, muovendo dall’agricoltura, sono in condizione di imporre soluzioni high tech oltre alle società ed istituzioni attive a livello internazionale nel campo dell’alimentazione, e persino della medicina. La Deputy Secretary General of the National Initiative for Agricultural Development and General Coordinator of Bahrain International Garden Show ha sottolineato con forza la necessità di utilizzare tutte le tecnologie avanzate disponibili, relative ad esempio all’agricoltura idroponica. IL BIGS è quindi una vetrina importante anche per le imprese internazionali in primis quelle italiane. E un ruolo importante in questo campo sta giocando Assoimprese Mena (Middle East North Africa), lo strumento predisposto da Ramez Nouaimeh,

Il Bahrain punta sull’agricoltura e Ramez Nouaimeh favorisce la partecipazione italiana al Garden Show BIGS Bahrain targets a strong agriculture development and Ramez Nouaimeh supports the Italian participation in the Garden Show Bigs Ramez Nouaimeh

libanese naturalizzato italiano, che dal 1998 sta svolgendo una funzione di ponte in Medio Oriente per le imprese italiane interessate a grandi progetti in Libano, Libia, Arabia Saudita, Oman. Grazie alla sua esperienza consolidata e alla rete di contatti Nouaimeh sta concentrando da mesi i suoi sforzi nelle relazioni fra Italia e Bahrain, definendo protocolli di collaborazione nei campi dell’energia, dell’acqua, della ricerca scientifica e per l’appunto dell’agricoltura. Di qui un contributo specifico al BIGS e la realizzazione di un road show per le società italiane (fra cui anche soggetti finanziari) che

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dell’altana e il militare potrà salvarsi. «La Difesa», ha commentato Tafuro in una recente intervista, «ci ha commissionato anche alcuni main gate mobili, che saranno impiegati in Libano e che consentiranno, attraverso un’apparecchiatura sofisticata, il controllo a distanza dei visitatori della base e potranno intercettare qualsiasi tipo di minaccia. Questo servirà a evitare che l’operatore possa venire in contatto con pericoli». La Difesa investe ogni anno in questo settore (per quel che riguarda la sola RI spa) una cifra compresa tra i 10 e i 20 milioni di euro per prodotti legati alla sicurezza dei militari all’estero e per strutture necessarie nei teatri. Le commesse arrivano, per gli stessi pacchetti, anche dalle Nazioni Unite (che spendono tra i 5 e i 40 milioni ogni 4 anni) e dal ministero dell’Interno (che fa ordinazioni per cifre comprese tra i 5 e i 15 milioni). Anche se la spendig review è parte integrante di tutti i contingenti militari, la sicurezza del personale resta in assoluto l’ultimo capitolo cui mettere mano. D’altronde si parla di vite umane. Nonostante questo R.I., ultimo fatturato oltre 80 milioni, ha pensato bene anche di differenziare l’offerta. Sta operando ad Haiti per completare l’installazione di moduli abitativi e per uffici che saranno destinati al governo locale, mentre in Australia si è inserita nel fiorente mercato delle abitazioni modulari ed è riuscita a fare breccia. Oltre alle caratteristiche della fornitura chiavi in mano e della celerità dell’installazione, dall’altra parte del globo viene apprezzata la capacità di ben miscelare la rusticità dei moduli al design italiano. Infine le ultime carte si giocano sulla logistica. Costruite in fabbrica in Italia con le specifiche dell’acquirente, le unità sono imballate, spedite in Australia, quindi distribuite sul posto per l’installazione. L’intero processo richiede circa 2 mesi; 4 settimane in fabbrica, 35 giorni per la spedizione, un paio di giorni per arrivare sul posto, e 1 giorno per l’installazione. Naturalmente, mentre il costruttore si occupa delle fondamenta e crea le opere a monte per un nuovo sito di un motel, le unità sono già in fase di costruzione in fabbrica. Essere presenti nei luoghi più impervi del mondo e nei porti più difficili dal punto di vista della logistica è servito per sviluppare una supply chain ridotta ed efficiente che dovrebbe servire a portare nuovo made in Italy in giro per il mondo. C.A.

partecipano alla mostra di Manama. La struttura operativa di Assoimprese Mena diretta da Ramez Nouaimeh , da mesi prepara e sviluppa progetti e iniziative nei vari settori di interesse del BIGS; questi avranno visibilità durante la mostra e saranno oggetto di approfondimenti tra le imprese italiane coordinate da Assoimprese Mena e gli Enti e imprenditori del Bahrain e dei Paesi dell’area del Golfo presenti al BIGS e al road show. In aggiunta sarà ratificato un protocollo di collaborazione fra Assoimprese Mena e la National Chamber of Commerce and Industry del Bahrain.

Change the desert into a garden. This is the dream of Sabeeka Bint Ibrahim Al Khalifa, the wife of the king of Bahrain, who stressed the importance of BiGS, the International Garden Show that took place in Manama; this agriculture and garden expo is not just a fair; it is the tool to attract international investors in Bahrain: in this view a strategic role is played by Mr. Ramez Nouaimeh, director of Assoimprese Mena (Middle East North Africa) association, who is creating connection between Italian high tech industries and the Gulf State.

Protagonists

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di Claudio Antonelli

Obiettivo Africa Africa in the spotlight

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frica uguale guerra. No. Africa anche uguale turismo, al punto che - secondo uno studio pubblicato in queste settimane - in pochi anni nei paesi dell’Africa sub-sahariana il turismo creerà 6,7 milioni di nuovi posti di lavoro. A affermarlo è la Banca Mondiale che nel suo rapporto ha esaminato 33 dei 48 paesi sub-sahariani con le maggiori potenzialità di sviluppo nel settore. Tra questi, quelli che si distinguono per quanto hanno saputo già mettere in campo grazie anche alla liberalizzazione del trasporto aereo e alla attiva capacità di attrazione di investimenti privati sono: Kenya, Namibia, Tanzania, Capo Verde, Ruanda, e, soprattutto, il Sudafrica. Quest ’ultimo, in par ticolare, ha sfruttato l’enorme popolarità ricavata dall’organizzazione dei Mondiali di calcio nel 2010, per attirare turisti e investimenti esteri: nel 2011, gli investimenti diretti in Sudafrica per il solo settore turistico sono ammontati a 6 miliardi di dollari. Pur con valori ben inferiori anche le altre nazioni sub-sahariane si sono date da fare: dai 6,7 milioni di visitatori arrivati nel Continente Nero nel 2009 si è passati a 33,8 milioni nel 2012 con un giro d’affari complessivo del settore pari a 36 miliardi di dollari in crescita del 4,4% rispetto all’anno precedente. Ci sono nazioni che ormai vivono

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Corsa contro il tempo per conquistare i grandi flussi del mercato turistico mondiale, ma per ora solo il 5% dei vacanzieri sceglie una destinazione del continente nero. Boom degli stati sub-sahariani…ma la qualità è ancora bassa e le infrastrutture insufficienti. Race against the clock to win the big flows of the world tourism market, but for now only 5% of the vacationers are willing to choose a vacation destination of the black continent. Boom in subSaharan ... but the quality is still low and infrastructure are insufficient. stabilmente su tale risorsa. Nel 2020 il 50% degli abitanti di Zanzibar avrà grazie al turismo un lavoro stabile e nello stesso

anno in tutta l’Africa sub sahariana saranno addirittura 16 milioni. La riforma di alcune leggi in termini di mobilità e investimenti in Mozambico ha fatto crescere i numeri del comparto del 284% in soli cinque anni. Capo Verde, che ha una storia di accoglienza molto più lunga e legata all’industria del turismo made in Brescia, ormai viaggia su un rapporto entrate turistiche/Pil nazionale superiore al 15%. Con un tasso di occupazione nel settore che rasenta il 30% sul totale degli occupati. In poche parole, l’Africa sta diventando competitiva e salvo brusche inversioni di tendenza (che però non si vedono all’orizzonte) si può sostenere che si sia messa in scia alle destinazioni asiatiche, con l’obiettivo di essere concorrenziale. Ovviamente esistono ancora grosse criticità. Due i principali problemi da risolvere. Il primo riguarda la qualità del servizio e i prezzi: si stima che delle 390 mila camere d’albergo censite nella zona sub-sahariana, soltanto il 10% (di cui circa la metà concentrate nel Sudafrica) possano vantare gli standard qualitativi internazionali con prezzi medi di pernottamento superiori alla media internazionale dei 200 dollari. Il secondo ostacolo, invece, riguarda le infrastrutture, una carenza “ingombrante” anche per molti altri settori di sviluppo dell’Africa. Un gap, quello infrastrutturale,

che potrà essere coperto dalle aziende internazionali, tra le quali anche molte piccole e medie imprese italiane, capaci di fornire un elevato know how utilizzando però manodopera locale. Sotto questo punto di vista gli investimenti delle compagnie aeree - Turkish Airlines, Emirates, Qatar Airways e Ethiopian in prima fila - stanno producendo numerosi ritorni. Infine ci sono le novità politiche che hanno investito l’intero Maghreb. Se da un lato la cosiddetta primavera araba lascia temere altre nubi all’orizzonte, lo spostamento degli equilibri e la fuga (soprattutto dall’Egitto) di turisti legati ai tour operator può finire col favorire tutta l’area sub-sahariana. Investimenti russi e qatarini continuano ad affluire nel Maghreb, spesso anche per motivazioni politiche. Ma si comincia anche a differenziare. La catena Sheraton ha deciso di investire più di una dozzina di milioni a Gibuti. Nell’ex colonia francese esiste una struttura alberghiera ormai datata e oltre al progetto di rinnovamento si lavora allo sviluppo di una offerta turistica su una delle più belle isole gibutine. Pochi spiccioli rispetto ai grandi investimenti, ma indicativi di come sta cambiando il trend e la capacità di adottare strategie alternative all’Egitto, sempre più instabile. Su tutt’altro fronte, la compagnia edile

russa Inteko, di proprietà della moglie del sindaco di Mosca, Elena Baturina, vuole investire circa 500 milioni di euro in progetti di costruzione nelle località turistiche del Marocco. Secondo il quotidiano russo Vedomosti il gruppo Kudla, sussidiario della compagnia Inteko, ha acquistato 46 ettari

di terra nel nord del Marocco, per costruire un edificio, un hotel, un centro sport ed intrattenimento e un campo di golf. Sempre in Marocco, il Qatar partecipa, con altri Paesi del Golfo, alla realizzazione di alcuni complessi turistici attraverso la società Qatar National Hotel Marocco, ma è in Egitto

Tourism

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ica: r f A n i wth Tourissm m for Gro is r u o T g in s od Harnes d Liveliho e v o r p Im and

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Tourism

la natura selvaggia, ma anche cultura, sport acquatici e golf. <Il governo keniota ha deciso che una delle priorità della nazione per il prossimo anno sarà proprio quella di puntare ancora di più sul turismo, identificandolo come una delle attività chiave in grado di contribuire positivamente all’economia della nazione” ha dichiarato Mureithi Ndegwa, managing director del Kenya Tourism Board. “Saranno costruiti nuovi hotel, aumentando la ricettività alberghiera. L’Ente di promozione Turistica Nazionale si assocerà ad altri stakeholder nel supportare le strutture che promuoveranno il turismo sostenibile, a favore delle comunità”, ha spiegato ancora Ndegwa. Dunque, diversificazione e ampliamento dell’offerta senza pesare sulla sostenibilità, quindi, per un Paese che nel 2012 ha ospitato 1.236.024 viaggiatori internazionali. Di questi 82.330 erano italiani: il nostro Paese è il terzo mercato di riferimento per il Kenya, dietro a Gran Bretagna e Stati Uniti. Una posizione confermata anche nei primi sei mesi del 2013, nel corso dei quali sono giunti in Kenya dall’Italia 37.239 turisti. C’è poi l’aspetto legato al turismo nazionale ed è su questo che dovrebbero puntare sia il Kenya che l’altro Paese in netta crescita economica: l’Angola. “I turisti domestici aiutano nella creazione dell’occupazione e nella crescita delle infrastrutture”, ha detto recentemente il segretario generale dell’Organizzazione mondiale del turismo, chiarendo come non sia stata affatto casuale la decisione di tenere l’assemblea generale nell’Africa meridionale, una scelta che rappresenta un modo indiretto per promuovere gli arrivi in una zona scarsamente frequentata dalle rotte turistiche internazionali. Alcuni dati recenti, infatti, hanno mostrato come - nonostante il numero crescente di arrivi - l’Africa attragga solo il 5% dei flussi, ben al di sotto del proprio potenziale. Questo a causa di una mancanza di strategia collettiva del continente africano, una strategia che già a partire da questa assemblea generale si è tentato di abbandonare, favorendo accordi internazionali tra l’Africa e Paesi come Cina, Russia e Germania. Ci vorranno anni, ma

qualcosa si muove. “L’Organizzazione mondiale del Turismo crede nell’Africa e continuerà a supportarla per farla comparire nei radar del turismo globale”, ha dichiarato Taleb Rifai, segretario generale dell’UNWTO, durante l’ultima assemblea generale dell’Organizzazione svoltasi in Zambia. E il governo angolano ha preso in parola il messaggio. Infatti, per il 2014 è pronto a investire 100 milioni di dollari nel comparto turistico. Ad annunciarlo è stato il ministro del Turismo Pedro Mutindi, durante il discorso di inizio anno in cui ha spiegato come i fondi saranno investiti in servizi alberghieri e di formazione. Tra i progetti annunciati dall’esecutivo, anche la costruzione di una scuola alberghiera nella capitale Luanda: “Sarà un passo in avanti per far sì che l’Angola diventi una destinazione turistica e di investimento straniero”, ha affermato il ministro, che ha poi spiegato come il suo Paese abbia grande potenziale: “Abbiamo immense meraviglie naturali e potenzialità turistiche in grado di guidare lo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese”. Anche se l’Angola è geograficamente vicina a Stati come la Namibia, lo Zambia e il Botswana - che negli ultimi anni hanno visto un boom degli ingressi turistici - e sebbene la guerra sia finita da oltre 10

anni, in questo Paese il turismo straniero ha ancora dimensioni limitate. Un freno su cui probabilmente hanno un peso determinante le complesse procedure burocratiche necessarie per i visti: per richiedere un visa turistico in Angola sono infatti necessari numerosi documenti, che

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alberghiero. Marghani in un recente convegno ha parlato della Libia come una nazione entrata nella nuova era adatta a rafforzare i suoi legami sociali, politici ed economici col resto dell’Africa. “La Libia sta cercando un nuovo inizio, e una seria ed equilibrata relazione con gli altri Stati africani - ha detto al riguardo, precisando che - c’è un cambiamento di rotta negli affari del mondo K intero: tutti D BAN THE WORL s, de gli occhi ora Fernan d tie, Eneida Iain Chris uise Twining-War Lo d sono rivolti esserli, an Hannah M a l l ’A f r i c a c o m e continente vergine”. c h e In sostanza l’Africa sub-sahariana più il fondo ha evoluta dal punto di vista infrastrutturale intenzione di insistere - come si si candida come avversario del Maghreb diceva per motivi essenzialmente politici e e di alcune destinazioni classiche per con un impegno economico di 10 miliardi i flussi globali. Il Kenya nonostante si di dollari, sarà creato un mega resort sulla trovi a gestire difficili dinamiche legate costa mediterranea. alle tensioni nel Corno d’Africa, punta a In Tunisia, invece, gli investimenti del Qatar crescere nel settore. Nel Paese il turismo nel turismo in programma per Tozeur sono vale circa il 12% dell’economia nazionale stati spostati a data da destinarsi. Nell’area la e dà lavoro a 150.000 persone: nel 2013, Libia del dopo Gheddafi ha preso una strada solo in termini di Pil il contributo dal controcorrente. Se da un lato è consapevole settore turistico è stato di 97,3 miliardi di di non poter diventare una meta turistica, scellini keniani, ovvero 8 milioni di euro. dall’altro investe nelle altre nazioni africane. L’attacco terroristico avvenuto lo scorso L’impresa statale Libyan African Investment 21 settembre in un centro commerciale Company (LAICO) è responsabile di 52 della capitale Nairobi ha esposto il Kenya al hotel nel continente africano (Uganda, rischio di vedere seriamente compromesso Rwanda, Tanzania, Sudan, solo per citare la propria attrattività sul mercato turistico alcuni Stati) e intende espandersi ancora di internazionale. Per scongiurare questo più. Un messaggio lanciato da Mohammed rischio e anzi per dare un nuovo sviluppo Marghani, top manager del Lake Victoria, al settore, il governo del Kenya ha deciso hotel libico a 5 stelle. L’Africa e in particolare di portare avanti un articolato piano di l’Uganda sono destinazioni che richiedono diversificazione dei prodotti turistici: non di più in termini di ecoturismo e settore più solo spiagge e vacanze a contatto con

vanno dalla lettera d’invito di un residente, a quella dell’hotel ai documenti della banca che provano la disponibilità economica per ogni giorno di soggiorno. Tanta strada da percorrere, ma molti investitori sono pronti a scommettere su Luanda, come su buona parte del Continente.

Tourism, the great hope of Africa. Africa means war. No. Africa means and wants to mean tourism; according to a study published in recent weeks by the World Bank. in a few years in the countries of sub -Saharan Africa tourism will create 6.7 million new jobs. The World Bank examined 33 of the 48 sub-Saharan countries with the greatest potential for development in the area. Among these, the ones that stand out for what they knew already put in place thanks to the liberalization of air transport and the active ability to attract private investment are: Kenya, Namibia, Tanzania, Cape Verde, Rwanda, and most importantly, South Africa. Obviously there are still major weaknesses. There are two main problems to be solved. The first concerns the quality of service and the relation between quality and prices: of the 390 thousand hotel rooms surveyed in sub - Saharan Africa, only 10% (of which about half is concentrated in South Africa) can boast international quality standards with average prices above the international average of $ 200; the second problem to be solved is directly connected with the poor state of infrastructure and logistics.

Tourism

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A cura di Laura Alberti

City

Tanzania

dove soggiornare | where to stay

Dar es Salaam è la città più grande della Tanzania. Un agglomerato dal fascino coloniale, fatto di palme, mangrovie, vie polverose e qualche grattacielo, suggestivamente affacciato sullo spicchio d’Oceano compreso tra Zanzibar e l’isola di Mafia. Sorge qui il The Oyster Bay, 8 suite in stile African-chic con grandi letti panoramici e vasche free-standing. L’interior delle aree comuni – a cura di Kim Smith – è tutto un trionfo di antico e moderno e regala la vista sul giardino tropicale, una vera e propria giungla di bambù, buganville, cespugli rigogliosi, fontane e cascate. Fino al 7 giugno, una notte in All Inclusive costa 425 $ a persona.

Sea

&BEYOND MNEMBA ISLAND LODGE MNEMBA ISLAND Mnemba, a nord di Zanzibar, è un’isola super esclusiva: solo gli ospiti dei resort, e il personale degli stessi, hanno il permesso di soggiornarvi. Proprio qui, in questo piccolissimo atollo di solo 1.5 km di circonferenza, circondato da una spettacolare barriera corallina, sorge &beyond Mnemba Island Lodge, 10 bungalow insieme rustici e lussuosi, con il tetto fatto di fronde di palma e la foresta tropicale tutto intorno. Al loro interno, manufatti tipici dell’isola, legni intagliati ed enormi docce in vetro. Mnemba, in the North of Zanzibar, is an exclusive island: only the resort clients and their employees can stay there. In this 1.5 km wide atoll surrounded by a beautiful barrier reef, stands “& beyond Mnemba Island Lodge”, 10 rural but at the same time luxurious bungalows with the roof made of palms, deep in the tropical forest. Inside, typical objects, carved woods and big glass showers.

The Oyster Bay Dar es Salaam

Nature

SINGITA SERENGETI HOUSE SERENGETI NATIONAL PARK All’interno della Riserva del Grumeti, la cui fauna selvaggia attira ogni anno appassionati di safari da tutto il mondo, il Singita Serengeti House è un resort esclusivo e votato al relax. Una villa immersa nella natura, capace di accogliere fino a 8 persone tra la struttura principale e le due garden suite. Ambienti dal design europeo e i richiami africani si affacciano su un panorama mozzafiato e regalano riposo agli ospiti magari di ritorno dal Game Drive in notturna, una “crociera su terra” alla scoperta degli animali del parco.

Dar es Salaam is the biggest city in Tanzania. A build up area with a colonial charm, made of palms, mangroves, dusty streets and some skyscrapers that face the part of Ocean between Zanzibar and Mafia Island. Here stands The Oyster Bay, 8 suites in African-chic style with big panoramic bedrooms and free-standing pools. The design of common areas – by Kim Smith – is a triumph of ancient and modern and gives a view on the tropical garden, a real jungle of bamboos, bougainvillea, luxuriant bushes, fountains and waterfalls. Until 7th June you can spend an All Inclusive night for 425 dollars for person.

In Grumeti Reserves, that thanks to its wild animals attracts Safari lovers from all over the world every year, there’s the Singita Serengeti House, an exclusive and restful resort. This accommodation is surrounded by nature that can welcome up to 8 people in its principal building and in the two garden suites. The location design recalls Europe and Africa and faces an amazing view. The accommodation makes the clients relax after a “Game Drive” by night or a “Cruise on Earth” to discover the animals of the park. www.singita.com

www.andbeyond.com

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Tourism

www.theoysterbayhotel.com



NAMIBIA

RUANDA

cosa fare | what to do

cosa fare | what to do www.namibrand.com

Nature

Nature

NamibRand Nature Reserve natural reserve

PARCO NAZIONALE DEI VULCANI VOLCANOES NATIONAL PARK

All’interno del deserto della Namibia, NamibRand è una riserva naturale privata, auto-finanziata dal turismo sostenibile e confinante per 100 km con il parco nazionale di Namib-Naukluft. Il panorama è mozzafiato, soprattutto dall’alto di una mongolfiera, o dal sedile di una 4x4 guidata da un ranger. Indimenticabile l’esperienza di una “scalata” delle dune a piedi nudi, per poi fermarsi ad ammirare l’imponente Duna 45, una montagna di sabbia alta oltre 170 metri.

Meta ideale per chi vuole un “incontro ravvicinato”con gli enormi gorilla di montagna, il Parco Nazionale dei Vulcani ospita - tra la tipica vegetazione pluviale e gli alti bambù cinque tra gli otto vulcani dei monti Virunga. Accessibile da soli 56 visitatori al giorno, che avranno l’irripetibile occasione di passare un’ora tra i gorilla, il Parco dà anche la possibilità di incontrare le golden monkeys (che devono il loro nome alle “chiazze” arancioni/dorate sulla schiena e sui fianchi) e di partecipare a panoramici trekking sui vulcani.

In the Namibia desert, NamibRand is a natural private reserve bordering on the Namib-Naukluft National Park for 100 km. The location has been financed by sustainable tourism. The landscape is amazing; the best is looking at it from an hot-air balloon or onboard a 4x4 driven by a ranger. The experience of climbing sand hills without shoes is unforgettable. After that, you can stop admiring the huge Dune 45, a sand mountain of 170 mt.

dove stare | where to stay Nature

dove stare | where to stay www.wolwedans.com

Wolwedans in the desert

Nel cuore della riserva naturale di NamibRand, Wolwedans è, o meglio sono, lussuosi camp immersi nella natura. Tra le più esclusive sistemazioni, il Dunes Lodge è un agglomerato di 9 bungalow in legno e tela, ciascuno con bagno e veranda privati. Dormire su quel letto immenso, protetti solo dalle tende, regala la magia di un sonno sotto le stelle. La piscina sospesa sulla spiaggia è un piccolo gioiello. Se cercate un lusso ancora più esclusivo, la Mountain View Suite, con i suoi 200 mq e il suo letto “vista cielo” in terrazza, è un paradiso nel mezzo del deserto.

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Tourism

The perfect place to meet enormous gorillas from the mountains is the Volcanoes National Park that houses 5 of the 8 volcanoes of Virunga Mountains among typical rainforest and other bamboos. Only 56 visitors can enter per day and they have the chance to spend one hour with gorillas. In the Park you can also meet golden monkeys (the name is due to the orange and gold spots on their back and hips) and participate to panoramic trekking on volcanoes.

Responsible Tourism

www.governorscamp.com

SABYINYO SILVERBACK LODGE In the Park In the heart of NamibRand natural reserve, Wolwedans are luxury camps plunged into nature. Dunes Lodge is one of the most exclusive location composed by 9 wood and canvas bungalows each with private bathroom and veranda. Sleeping in that wide bed, protected only by tents, gives you the magic of a night under the stars. The floating swimming-pool on the beach is a little jewel. If you are searching for a luxury even more unique, the Mountain View Suite, its 200 sqmt and its bed with a sky view is like paradise in the middle of the desert.

A piedi dei Monti Virunga, poco lontano dal cuore del Parco Nazionale dei Vulcani, il Sabyinyo Silverback Lodge si affaccia sui vulcani che lo circondano. Cinque cottage, due suite e una family suite in pietra, con tetto in terracotta ruandese, grandi soggiorni, camini e bagni in stucco veneziano. Accoglienti rifugi in cui riposarsi al ritorno da un trekking tra i gorilla e le scimmie del luogo, con una buona causa. Soggiornandovi si aiutano infatti le comunità che vivono ai confini del parco, mediante l’attuazione di iniziative socio-economiche e conservative.

Under the Virunga Mountains, not so far from the center of the Volcanoes National Park, the Sabyinyo Silverback Lodge faces the volcanoes. It features five cottages, two suites and a family suite in stone with a roof made of terracotta of Rwanda, large living-rooms, chimneys and bathrooms in plaster from Venice. They are comfortable shelters where to relax after a trekking among gorillas and typical monkeys. Your staying at Sabyinyo Silverback Lodge also helps local communities that live next to the Park with through the financing of social and economic actions to protect them.

Tourism

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HOUSE&LUXURY

SUDAFRICA

dove stare | where to stay City

www.pod.co.za

POD Cape Town Ai piedi della Table Mountain, nella bellissima cornice di Camps Bay e a soli dieci minuti dal centro di Cape Town, Pod è un elegantissimo boutique hotel. Tra le più lussuose sistemazioni proposte, le Luxury Rooms con piscina privata hanno una vista bellissima sull’oceano e sui monti circostanti, da godersi mentre si è ammollo nell’acqua. Se invece volete regalarvi l’atmosfera di un appartamento a cinque stelle, le Deluxe Suites - con i loro 75 metri quadrati e il lungo letto king size con pregiata biancheria - sono ciò che fa per voi.

Under Table Mountain in the beautiful Camps Bay frame and only 10 minutes from the center of Cape Town, Pod is an elegant boutique hotel. Among the most unique accommodations offered, the Luxury Rooms with private pools have a beautiful view on the ocean and on surrounding mountains that you can enjoy while taking a bath. If you prefer the atmosphere of a five stars apartment, the Deluxe Suites, with their 75 square meters, the long king size bed and the precious bed lines are the right place for you.

cosa fare | what to do Nature

www.tablemountain.net

TABLE MOUNTAIN cape town Si trova in Sudafrica una delle 7 nuove meraviglie del mondo naturale. È la Table Mountain, una spettacolare montagna piatta - nella sua parte frontale, lunga circa tre chilometri - da raggiungere in cabinovia da Cape Town o, per i più temerari, a piedi, godendosi la splendida natura del luogo. La vista, dalla cima, è sensazionale. Dal Lion’s Head - il monte che svetta tra la Table Mountain e Signal Hill - al Green point Stadium (costruito in occasione dei Mondiali di calcio del 2010) fino a Robben Island, tutto, da lassù, sembra piccolo piccolo.

It’s in South Africa that you can find one of the seven new beautiful things of natural world. It’s Table Mountain, an amazing plane mountain that is 3 km long in its frontal part and that you can reach with a cable car from Cape Town or - for fearless people only - by foot , and enjoy the wonderful nature. The view from the top is stunning. From Lion’s Head – the mountain that stands out against Table Mountain and Signal Hill - to Green point Stadium (built for 2010 World Cup) up to Robben Island, everything seems smaller.

www.houseluxury-re.ch 86

Tourism


di Laura Alberti

in scena l’autenticità South African identity Tra le nuove mete del turismo africano, sicuramente il Sudafrica è una delle più gettonate. Paese in crescita e dal fascino innegabile, sorprende per i suoi paesaggi straordinari e le nuove architetture. Splendidi edifici moderni che, come fossero scatole magiche, si stagliano contro il verde delle montagne e il blu dell’oceano. Noi abbiamo intervistato il team di Saota, una delle firme più prestigiose e affermate con base a Cape Town.

Among the new destinations of African tourism, South Africa is certainly one of the most popular. Growing country and undeniable charm, surprising for its extraordinary landscapes and new architectures. Beautiful modern buildings, as if they were magic boxes, stand out against the green of the mountains and the blue of the ocean. We interviewed the team SAOTA, one of the most prestigious and wellestablished based architects studios in Cape Town.

Sow, Ginevra

Architecture

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Nettleton 198

Nettleton 199

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Architecture

Quali caratteristiche dovrebbe avere la casa dei sogni? “Sono diversi i concetti che ci vengono in mente: qualità, autenticità, longevità, valore aggiunto, capacità di essere impressa nella mente, comfort, semplicità, straordinarietà. Unicità. Lo stile di vita è di primaria importanza. Le persone vogliono che la loro casa sia un’oasi di ristoro spirituale. Che lavoriamo a Cape Town o a Ginevra, il nostro obiettivo è quello di capire come il cliente e la sua famiglia vivono il concetto di casa. Vogliamo costruire case che regalino un’esperienza di vita memorabile”. Scegliete tre tra i capisaldi dell’architettura firmata Saota. “Idea, fattibilità, valore aggiunto”. Oltre che in Sudafrica avete lavorato in molti altri Paesi del mondo. Quali sono le differenze riscontrate? “In Sudafrica non siamo molto lontani dall’essere i leader del mercato. Forse perché siamo sempre alle prese con più progetti insieme, tutti abbastanza estremi, e questo ci sta dando il coraggio di realizzare opere uniche. Tuttavia, i progetti realizzati negli ultimi anni sono quasi tutti oltreoceano. Spesso i clienti stranieri sono loro stessi

a darci le direttive, a chiederci linguaggi e materiali contemporanei. Sono persone che vedono l’originalità e lo stile di vita che sta dietro il nostro lavoro, caratteristiche che spesso non ritrovano nell’architettura oltreoceano, che dicono essere spesso austera e noiosa. Detto questo, indipendentemente dal Paese in cui ci troviamo, abbiamo notato che le città stanno diventando sempre più simili specialmente per quanto riguarda i nuovi progetti e le nuove zone residenziali. Noi crediamo invece che si debba identificare e sviluppare le peculiarità di ogni luogo prima che si perdano, mediante l’uso di materiali locali che possano influenzare positivamente la qualità e il linguaggio delle costruzioni”. Parliamo degli hotel che averte realizzato. In cosa si differenziano rispetto ai contesti residenziali? “Abbiamo appena ultimato il Radisson Blu Dakar e ne abbiamo alcuni in fase decisione è più razionale che emotiva; non si ha a che fare con un cliente che è coinvolto nella sua casa. Per quanto riguarda i progetti residenziali, si tratta invece di veri e propri viaggi con il cliente, percorsi in cui il design passa in secondo piano”.

A quali progetti state lavorando attualmente? “Stiamo lavorando a progetti meravigliosi: appartamenti, hotel, uffici. Stiamo crescendo moltissimo nell’Africa Occidentale, soprattutto in Nigeria, ma

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uali sono le caratteristiche dell’architettura sudafricana? “Il clima meraviglioso, i paesaggi che tolgono il fiato, lo stile sofisticato, clienti istruiti e amanti dei viaggi, architetti talentuosi: il Sud Africa ha dimostrato di avere un grande potenziale, un potenziale da sviluppare. Non dobbiamo buttare via l’immagine che il mondo ha di noi. Abbiamo bisogno di disciplina, duro lavoro e della giusta intelligenza per fare sempre il nostro meglio. Spesso ci sentiamo dire che i nostri lavori sono molto sudafricani, nel senso che il design e l’architettura che realizziamo sono forti e di personalità senza essere alienanti. Inoltre, diamo molta importanza alla connessione tra spazi interni e spazi esterni e al ruolo della luce naturale. Ci sforziamo, insomma, di dar vita a opere che non siano eccessivamente elaborate, ma che, anzi, trasmettano un certo senso di mistero e di magia”. Qual è stato il vostro progetto più spettacolare? “Ogni realizzazione è unica, con un’identità definita, e ognuna è spettacolare a suo modo. Sceglierne una sarebbe un’ingiustizia nei confronti di tutti gli altri lavori”.

ci siamo anche spinti negli Emirati Arabi, in Russia, a Miami, a Sidney e in Cina”. Un viaggio nel mondo dell’architettura. Un viaggio che porta la bellezza del Sudafrica nel mondo.

The SAOTA architect team explains the reasons why South Africa is breeding a new school of modern architects and is experiencing some of the most original and unique solutions. The mix between nature and human creation is generating a magical wedding in the South African landscape. According to Saota (one of the most successful architectural firms in South Africa) the secret to this success is achieved through the balance between indoor and outdoor space, and in the magic role of natural light. The South African architectural masterpieces are not elaborate; they reflect strength, the strength of this land and its colors. We believe - they say - that every place, every city must develop an original idea connected with its soul: for these reasons we privilege the use of local materials so as to influence the quality and the peculiarity of our constructions. Recently the Saota firm completed construction of the new Radisson Blu Dakar Hotel in Senegal: Saota is working intensively in Nigeria, Arab Emirates, Russia, Miami, Sidney and in China. They spread the South African beauty worldwide.

www.saota.com

Architecture

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beauty for men

di Laura Alberti

Hanno un animo dark le nuove fragranze maschili

DSQUARED Packaging in legno Red Alder Canadese per Intense He Wood. Euro 88 (100ml)

CLIVE CHRISTIAN Olio di cardamomo, alloro, cannella e zenzero per X for Men. Euro 295 (50ml) www.cale.it

SOOUD Si chiama al Jana (Il Giardino) il profumo bio che sa di timo, limone e anice www.sooud.net *

CZECH&SPEAKE N°88, profumo unisex al bergamotto, geranio, sandalo e vetiver. Euro 100 ca www.czechandspeake.com *

CHOPARD Un inizio che sa di lavanda e una scia al profumo di ambra, legno e fave di caffè per Mille Miglia. Euro 79 (80ml) www.coty.com

BLOOD CONCEPT Dedicato al gruppo sanguigno AB l’omonimo profumo sintetico ed individualista. Euro 98 www.bloodconcept.com *

la stanza della moda Fashion room

di Laura Alberti

BOND NO.9 Profuma di carriera Wall Street, insieme fresco, energetico e speziato. Dollari 265 ca www.bondno9.com *

AGONIST Flacone di design per Onyx Pearl, fragranza 100% naturale floreale e speziata. Euro 880 www.agonistparfums.com *

ANDREA MAACK Il nome, Coal, rimanda al carboncino. La fragranza, mascolina, sa di legno e cuoio www.andreamaack.com *

Una selezione di capi colorati, dettagli preziosi e accessori esclusivi dalla Milano Fashion Week. A trionfare, pelli pregiate e curate lavorazioni, con una predilezione per le maestranze del made in Italy

A selection of colored clothes, precious details and unique accessories from the Milan Fashion Week. Fine leathers and well-finished manufacturing with a preference for Made in Italy triumphed during the event.

* by Intertrade Europe

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Beauty gallery

Fashion news

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Bally

Pelli preziose Precious Leathers

Sono preziosissimi gli accessori che Bally propone per il prossimo autunno/inverno. Pelli esotiche, morbidissima nappa e raffinati cashmere per una donna sofisticata, che ama essere elegante anche sul lavoro. Nella foto, la decolté in pelle di lucertola con sfumature giallo cedro elettrico è proposta abbinata alla borsa con tracolla staccabile. Questa si caratterizza per l’angolo tagliato di netto secondo la tecnica del “gentlemen corner” utilizzata da Bally agli inizi del ‘900 per le calzature maschili, il cui tacco veniva tagliato nell’angolo interno così da non strappare l’orlo dei pantaloni. The accessories that Bally proposes for next autumn/winter are really exquisite: exotic leathers, soft nappa leather and precious cashmere for a sophisticated woman who loves to be elegant even at work. In the picture, the high-heeled shoes made of lizard leather with electric cedar yellow nuances are proposed with the removable shoulder bag. The bag is characterized by a cut edge made with the “gentlemen corner technique” employed by Bally at the beginning of ‘900 for male shoes. The heel has been cut in the inner angle so that it didn’t rip the trousers’ hem. www.bally.com

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Prete Bruno

Meissen Italia

Salco

Ispirazione 70 Inspiration 70s

Pizzi, piume e luccichii Laces, feathers and sparkles

Peso piuma Feather-weight

Prete & Bruno, brand nato nel 2011 dall’incontro tra i designer Filippo Bruno e Salvatore Prete, si ispira per la sua collezione A/I 2014/15 al periodo storico a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Un periodo in cui la moda era immaginazione e fantasia, e le donne la utilizzavano per urlare al mondo il loro ruolo nella rinascita economica. Tweed di lana, crepe e cachemire di provenienza comasca e biellese, insieme alle sete, danno vita a cappotti oversize, giacche costruite, gonne a bauletto e pantaloni con le pence. Senza dimenticare l’accessorio/bijoux, quelle spille e quelle catene che completano il look.

È stata presentata durante la Milano Fashion Week MEISSEN COUTURE®, collezione A/I 2014/15 di MEISSEN® Italia. Una collezione esclusiva come da background aziendale, quello tipico e preziosissimo di una manifattura di lusso e fine arts la cui storia inizia oltre trecento anni fa. Location della sfilata, la bellissima Villa Meissen di via Montenapoleone 3. È qui che sono andati in scena pizzi a effetto boudoir, vertiginose scollature da diva hollywoodiana e ricami metallizzati, ispirati ai dipinti asiatici su lacca dell’archivio della Maison.

Tradizione artigiana e innovazione nei materiali e nelle tecnologie si fondono nei piumini Salco. L’azienda toscana, che ha da poco inaugurato un nuovo showroom in via Montenapoleone 19, ha presentato la prima collezione nata sotto la direzione creativa di Michele Cozzani Ditria. Nylon tecnici, poliestere giapponese e raso si uniscono a pelle e casentino per un’interpretazione in chiave lusso del capospalla che, grazie alla possibilità di scegliere tra peso light, medium, superium e maximum, può essere portato in diverse stagioni.

Prete & Bruno, a brand born in 2011 from the meeting of the designers Filippo Bruno and Salvatore Prete, takes inspiration from the late 70s and early 80s for its collection A/I 2014/15. During that period, fashion was imagination and fantasy and women use fashion to scream out to the world the economic rebirth. Wool tweed, crepe fabric and cashmere from Como and Biella together with silks give birth to oversize coats, jackets worn with the shoulder built and sustained wadding, skirts trunk going to huddle on the bottom and trousers with the pence. The accessory are pins and chains that complete the look.

www.pretebruno.com

Mangano

Japan style Japanese Style

In Corso Como 9, venerdì 21 febbraio Mangano ha reso omaggio alla Milano Fashion Week con un happening esclusivo, in collaborazione con lo storico ristorante giapponese Origami. Con indosso i must have della collezione, le modelle hanno sfilato - in diretta streaming sul sito di Mangano - tra pareti specchiate e luci ad effetto. I capi della P/E 2014, dedicati a donne dalla forte personalità, sono stati presentati insieme a due outfit in anteprima della collezione A/I 2014/15. Tra gli ospiti, Ana Laura Ribas e i “Velini” di Striscia la Notizia. In Corso Como 9, on Friday 21st February, Mangano gave homage to Milan Fashion Week with an exclusive happening in collaboration with the famous Japanese restaurant Origami. Wearing the must have of the collection, models walk the runway surrounded by mirrored walls with the beautiful effects of lights. The event was in streaming on Mangano site. The clothes of P/E 2014 collection is dedicated to strong women and were presented together with two outfits from the A/I 2014/15 collection. Among the guests, Ana Laura Ribas and the “Velini” from Striscia la Notizia. www.mangano.com

Fashion news

MEISSEN COUTURE®, the collection A/I 2014/15 of MEISSEN® Italia, was launched during the Milan Fashion Week. It’s an exclusive collection typical of a luxury and fine arts brand born 300 years ago. The location of the catwalk was the wonderful Villa Meissen in Montenapoleone 3. In this location, laces with boudoir effect, plunging necklines perfect for Hollywood stars and metallic embroidery inspired by Asiatic paintings on laque coming from the Maison archive have been presented.

www.meissen.com

Debora Zavaglia

Made in Italy in rosa Made in Italy in Pink

Si chiama 4 Pretties la collezione A/I 2014/15 della torinese Debora Zavaglia. Un inno alle donne, declinato in quattro interpretazioni. C’è Cocodì, per una donna materna e concreta capace di difendere con coraggio le proprie idee. C’è Camilla O’Dood, per le personalità sensuali e indipendenti, e c’è Vom Fizz, per gli spiriti liberi sicuri di sé. Per finire con la donna amorevole e altruista di Giudi Barth. Quattro versioni per capi made in Italy e prodotti con tessuti a km zero. It’s 4 Pretties the collection A/I 2014/15 of Debora Zavaglia from Turin. It’s an homage to women, in four different interpretations. Cocodì is thought for a mother figure able to defend her ideas with courage. Camilla O’Dood is for sensual and independent females, Vom Fizz is perfect for free and selfconfident spirits. Last but not least, Giudi Barth is for loving and generous women. These are 4 versions of Made in Italy clothes made of local fabric.

Handmade tradition and innovation in materials and technologies merge into Salco quilted jackets. The firm from Tuscany has just opened a new showroom in Montenapoleone 19 and presented the first collection created by Michele Cozzani Ditria. Technical nylon, Japanese polyester and satin join leather and casentino wool to create an elegant outerwear. You can choose between light, medium, superior and maximum to wear it in different seasons.

www.salcoitalia.it

www.deborazavaglia.it

Fashion news

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di Marcello Dax

Shale gas delle mie brame Fracking nightmare Gli Stati Uniti viaggiano a tutta velocità verso l’indipendenza energetica, la Cina si lancia all’inseguimento facendo del fracking e del gas da argille il pilastro della sua politica energetica, la Ue dice ai singoli paesi: it’s up to you… decidete voi…

United States are driving at full speed toward energy independence, China is making off in pursuit of shale gas; fracking is becoming the pillar of its energy policy; the EU Commissioni is telling to the State members: Finale decisioni? it’s up to you...

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racking and shale. Questi due vocaboli hanno già conquistato un posto nella storia; la tecnica invasiva per frantumare rocce profonde e produrre lo shale gas (o gas da argille), stanno determinando quello che è forse il mutamento più sconvolgente negli equilibri del pianeta, l’autonomia energetica degli stati Uniti entro il 2020. Ma la partita è solo cominciata. La Cina che di scrupoli per la difesa dell’ambiente se ne fa certo di meno degli Stati Uniti e dell’Europa, si è lanciata in una campagna di sfruttamento intensivo dei suoi giacimenti di gas, ivi compresi quelli da argille, al fine di ridurre in modo drastico la dipendenza dalle forniture straniere di idrocarburi e supportare i ritmi di crescita che dovrebbero tornare a intensificarsi. Ma persino la vecchia Europa che aveva speso parole di fuoco contro la disinvoltura con cui gli Stati Uniti avrebbero affrontato la partita del “fracking” dello shale gas, ha fatto precipitosamente marcia indietro. Il che, nel caso del mercato comunitario, ossessivamente controllato da un apparato burocratico e normativo che poco consente balzi in avanti, non significa che dalle parole si passerà ai fatti in tempi brevi. In termini generali si può comunque affermare che, nella grande indifferenza anche dei media, il mondo sta subendo una delle più clamorose e traumatiche rivoluzioni della sua storia.

I giacimenti di shale gas in Europa

Una rivoluzione, che una volta compiuta e abbinata comunque al calo delle risorse petrolifere nei tradizionali paesi produttori, provocherà una vera e propria metamorfosi negli equilibri strategici, militari e sociali del pianeta. Una rivoluzione che, non casualmente, sta spingendo gli Stati più evoluti dell’area petrolifera del Golfo,a accelerare sul fronte della diversificazione, a investire risorse sempre più consistenti in altri settori che comunque resteranno strategici (basti pensare al ruolo delle compagnie emiratine e del Qatar nel trasporto aereo) e a concentrare una spesa sempre più consistenti in progetti di autonomia energetica progettando vere e proprie città del futuro. Ma torniamo al fracking e allo shale gas. L’indipendenza energetica degli Stati Uniti sarà una realtà nel 2020. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, gli Stati Uniti supereranno l’Arabia Saudita nel 2016, diventando il primo produttore mondiale di petrolio. Ma per quanto riguarda lo shale gas,

estratto tramite fratturazione idraulica che dà accesso a giacimenti prima irraggiungibili, i più recenti studi accreditano alla Cina il record delle riserve, anche se molte difficilmente raggiungibili se con tecnologie di avanguardia. La Cina - è il caso di ricordarlo - è il più grande consumatore di energia al mondo. Ne consuma più di quanta ne produca e il suo fabbisogno è destinato ad aumentare. Dal 2002 al 2011 i consumi energetici sono cresciuti del 132% a fronte di una crescita della ricchezza nazionale del 404%. Nel 2011, la Cina ha consumato 131 miliardi di metri cubi di gas naturale a fronte di una produzione interna di soli 103 miliardi. Dal 2007, la Repubblica Popolare Cinese (Prc) è un importatore netto di gas naturale. Nel 2011 le importazioni sono state di 28 miliardi di metri cubi, di cui 17 in forma liquefatta, pari a un incremento annuo del 33%, costituendo il 21% del consumo totale di gas naturale. Il governo cinese è intenzionato a portare l’impiego di gas naturale dall’odierno 4%

del portafoglio energetico medio nazionale al 10% nel 2020. Sulla base di questo obiettivo, si può stimare che la domanda di gas naturale passerà dai 131 miliardi di metri cubi odierni ai 300 miliardi del 2020, per un incremento annuo dell’8%. Nel 2011 sono state stimate riserve di gas per 32 miliardi di metri cubi suddivise in 4 grandi giacimenti contenenti gas di origine marina di ottima qualità per la produzione di gas da argille (Sichuan, Tarim, Junggar e Songliao). A questi si aggiungono altri 3 depositi di dimensioni minori e con struttura geologica complessa (Jianghan, Yangtze e Subei), per una superficie complessiva di 2,75 milioni di km quadrati, Le risorse complessive sono invece stimate a 136 miliardi di metri cubi. Nel XII piano quinquennale, il governo ha fissato come obiettivo una produzione annua di gas da argille di 6,5 miliardi di metri cubi entro il 2015, che poi arrivi ad almeno 60 miliardi nel 2020. Alla prima asta per 4 blocchi di gas da argille, tenutasi nel giugno 2011, hanno preso parte 6 compagnie nazionali e solo

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se sfruttare o meno la risorsa a patto di seguire “una serie di principi comuni” a tutela dell’ambiente. E ovviamente l’Italia non intende avvalersene al momento. La Francia ha già vietato le esplorazioni di gas scisto sul proprio territorio. La Germania, invece, ha deciso di vietarle ma solo nelle zone ad alta densità di falde freatiche. Mentre Polonia, Danimarca e Gran Bretagna hanno già avviato le ricerche. Il nuovo pacchetto energia-clima di Bruxelles contiene le norme per l’attività estrattiva del metano da roccia.

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2 blocchi sono stati assegnati: quello di Nanchuan, nella provincia di Guizhou (a China petroleum), e quello di Xiushan, nelle vicinanze della metropoli di Chongqing (a Henan provincial). Una seconda asta, indetta nell’ottobre 2012, è stata aperta anche alle joint-venture controllate da società cinesi per 20 blocchi dalla superficie totale di 20 mila chilometri quadrati. Il governo cinese è perfettamente conscio delle conseguenze di un’autonomia energetica americana e di una accentuata dipendenza cinese dalle forniture importate, che comporterebbe inevitabilmente un maggiore (e ad oggi non certo auspicato) coinvolgimento della Cina nella polveriera mediorientale. Mentre gli Usa, con un’economia rafforzata, potrebbero schierare nuovamente la loro potenza militare, ma anche, economica sullo scacchiere del Pacifico, fra l’altro rafforzando i rapporti con il Giappone. Per l’Europa, anche se Bruxelles non sembra accorgersene a fondo, non si tratta di equilibri strategici, bensì di sopravvivenza. I dati sul costo dell’energia nei paesi comunitari hanno generato un effetto choc, nonostante i media come sempre abbiano optato per un sotto-traccia politically correct. L’energia elettrica in Europa costa il doppio che negli Usa e il gas viene pagato dalle tre o quattro volte in più. ‘’Mentre l’Europa non è mai stata una località economica per l’energia, negli ultimi anni la differenza di prezzi tra l’Ue e i principali partner economici è ulteriormente aumentata’’ e ‘’in media, i prezzi industriali del gas sono ora da tre a quattro volte più cari che i prezzi di Usa, India e Russia, e 12% in più di quelli della Cina’’, si legge nel rapporto. Sul fronte elettricità, invece, ‘’i prezzi Ue industriali al dettaglio sono più del doppio di quelli di Usa e Russia, e il 20% in più di quelli della Cina’’. A trarre le conclusioni ci ha pensato l’Agenzia internazionale dell’energia che ha preconizzato per l’Europa vent’anni di declino con la perdita secca di un terzo della sua quota mondiale di mercato nelle esportazioni che necessitano di molta energia a vantaggio degli Stati Uniti. E con grande ritardo da Bruxelles è arrivato una specie di via libera dell’Unione europea allo shale gas, il gas di scisto, nonostante le polemiche relative ai metodi estrattivi. Saranno, comunque, i singoli Stati a scegliere

Ma difficilmente si ripeterà il successo degli Stati Uniti. I grandi gruppi scappano dalla Polonia, solo la Gran Bretagna ci crede. Negli altri paesi sembra prevalere lo scetticismo. Lo shale gas per essere economico richiede grandi giacimenti e l’urbanizzazione del territorio europeo, renderebbe quantomeno aleatoria questa ipotesi le cui conseguenze su equilibri geologici e idrogeologici a dir poco già fragili come quelli europei (e italiani in particolare) sono tutti da verificare.

The United States traveling at full speed toward energy independence, China is making off in pursuit of shale gas and fracking systems and definining the pillar of its energy policy, the EU says to individual countries: it ‘up ... you. The energy independence of the United States will be a reality in 2020. According to the International Energy Agency, the United States will surpass Saudi Arabia in 2016, becoming the first world producer of oil. The Chinese government is determined to bring the use of natural gas by today’s 4% of the national average energy portfolio to 10% in 2020. Based on this goal, it can be estimated that the demand for natural gas will increase from 131 billion to 300 billion cubic meters today in 2020, for an annual increase of 8%. The electricity costs twice as much in Europe as in the USA and the gas is paid by the three or four more times.


di Andrea Affaticati

Puliamo il kilowattora Cleaning energy

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hi ha seguito, inizio dicembre, il discorso del cancelliere Angela Merkel al Bundestag, deve aver vissuto un attimo di choc. Da accorta mediatrice la Merkel si è infatti trasformata in un politico a dir poco decisionista. Motivo di questa singolare (ma solo momentanea) mutazione è stato l’annuncio fatto qualche tempo prima da Joaquín Almunia, commissario europeo per la Concorrenza, di voler avviare una procedura contro la Germania per la normativa che regola la Energiewende, la svolta energetica. Gli incentivi previsti dalla legge sulle fonti alternative (EEG) hanno reso le bollette particolarmente onerose per il consumatore finale, sgravano le grandi industrie, viziando così la libera concorrenza. Angela Merkel, appena riconfermata per la terza volta Kanzlerin, aveva replicato che non vedeva alcuna necessità di modificare l’attuale normativa, fintanto che i costi energetici in Germania continuavano a essere più

Angela Merkel e il leader dell’Spd, Sigmar Gabriel lanciano la Germania (anche contro la Ue) nella campagna delle rinnovabili, ma in fondo al cavo elettrico c’è la carica di cancellieres

Angela Merkel and the SPD leader Sigmar Gabriel launched in Germany (also against the EU) in a renewables campaign, but at the end of the power cable… is the office of chancellor

alti che in altri paesi. E in effetti, stando a uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), l’industria tedesca paga l’energia il 27 per cento in più rispetto alla media dei paesi Ocse. La risposta della signora Merkel aveva di certo fatto piacere alle grandi industrie, assai meno ai consumatori privati e alle aziende medio piccole. Oggi, metà del costo di una bolletta è dato da sovrattasse. La quota fissa che serve a sovvenzionare il passaggio alle energie rinnovabili corrisponde attualmente a 6,24 centesimi per kilowattora. La politica energetica e la salvaguardia dell’ambiente costituiscono uno dei leitmotiv della carriera politica di Angela Merkel: il secondo incarico ministeriale che Helmut Kohl le affidò, esattamente 20 anni fa, fu quello dell’Ambiente; nel G8 del 2007, tenutosi a Heiligendamm sotto la guida di Merkel, la Kanzlerin riuscì a sensibilizzare addirittura un riottoso George W. Bush

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Percorso a ostacoli Tralicci alti 70 metri e aumento delle emissioni: il piano scricchiola Bruxelles insiste affinché vengano apportate modifiche all’attuale normativa tedesca sullo sviluppo dello sfruttamento delle fonti energetiche alternative. Il commissario Eu per l’energia Almunia vuole ridurre considerevolmente il numero delle industrie esonerate dal pagare la quota-contributo (6,24 centesimi per kilowattora) a sostegno del passaggio a queste fonti pulite. Attualmente sono circa 2700 le imprese tedesche che godono di questa esenzione. Almunia intende limitare il numero alle sole industrie che hanno un elevato consumo energetico e al tempo stesso operano sul mercato internazionale, dunque si confrontano con concorrenti, che godono nei loro paesi di costi energetici più bassi. Un altro problema è dato dalla domanda, se con lo spegnimento nel 2022 dell’ultima centrale nucleare, possano verificarsi dei “buchi” di rifornimenti. Buchi causati per esempio da una rete non ancora completata del tutto. All’inizio di questo mese di febbraio è stato, presentato dai gestori di rete Transnet BW e Tennet un tracciato ad alta tensione lungo 800 km e che dallo Schleswig Holstein dovrebbe portare l’energia fin giù in Baviera. Un progetto enorme con pilastri alti fino a 70 metri, e un costo di svariati miliardi di euro. Peccato che si stiano già organizzando i primi comitati civici che non ne vogliono sapere di questi pilastri a due passi da casa. E, last but not least, sarebbe ovviamente paradossale se, in attesa del completamente di tutte le infrastrutture, aumentassero le emissioni di CO2. Secondo i dati forniti dal centro studi energetici Arbeitsgemeinschaft Energiebilanzen, nel 2013 le centrali a lignite hanno prodotto oltre 162 miliardi di kilowattore, quelle a carbon fossile 124 miliardi di kilowattore, mentre quelle rinnovabili 147 miliardi di kilowattore. E solo l’energia prodotta dalle centrali a carbon fossile ha superato peraltro quella prodotta nel 1990 quando erano ancora in funzione alcune centrali dell’ex Germania dell’est.

riguardo al tema emissioni CO2; e infine, è stata la Merkel, per quanto sollecitata dagli eventi, dal disastro della centrale di Fukushima nel marzo 2011, ad anticipare la dismissione definitiva delle centrali nucleari tedesche e a dare il via alla Energiewende. Una svolta che non è solo un buon proposito, ma si basa già su una precisa tabella di marcia. L’ultima centrale nucleare verrà spenta entro il 2022; entro il 2050, l’80 per cento dell’energia prodotta in Germania dovrà provenire da fotovoltaico, eolico e biomasse; attualmente la quota coperta è del 25 per cento. Già a fine 2020 le emissioni di gas serra dovrebbero essere il 40 per cento rispetto al 1990. Un obiettivo quest’ultimo, che sembrava a portata di mano. Ora invece il ritorno a un più massiccio impiego di centrali a carbone, rischia di produrre un risultato diametralmente opposto. Il volume di investimenti previsto fino al 2030, supererà i 200 miliardi di euro solo per quel che riguarda il settore dell’energia elettrica. Particolarmente impegnativa da realizzare risulta peraltro la costruzione della rete attraverso la quale trasportare l’energia prodotta dalle fonti alternative. Ritardi e ambizioni politiche Attualmente la rete tedesca misura 1,78 milioni di chilometri. Per poter trasportare l’energia dal luogo di produzione, per esempio i parchi eolici offshore che si trovano nel Mare del Nord, c’è bisogno di altri 2800 chilometri. Ma fino a oggi ne sono stati costruiti giusto 200. Un ritardo dovuto in parte anche ai cambi a capo del ministero dell’Ambiente. Nel maggio del 2012 al posto del cristianodemocratico Norbert Röttgens, è subentrato il compagno di partito Peter Altmaier. Mentre ora, con la grande coalizione bis, all’Ambiente è arrivata Barbara Hendricks, una socialdemocratica molto stimata. Solo che il settore energia è stato scorporato e passato al grande capo. Cioè a Sigmar Gabriel, leader dell’Spd, nonché vicecancelliere e ministro dell’Economia, con delega all’energia, appunto. Gabriel, che nella prima Große Koalition, rivestiva a sua volta il ruolo di ministro dell’Ambiente, è infatti convinto che dal procedere della Energiewende, dipenda anche il suo futuro politico. Riuscire a dare l’input decisivo è a sua avviso il miglior viatico per poter aspirare al posto di cancelliere nel 2017. Per questo Gabriel si è messo subito al lavoro, ha stilato [continua]

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meno si intende invece sviluppare le bioenergie, che risultano troppo care. E infine, anche l’industria a forte consumo energetico, fino a oggi tutelata da costi forfettari ed esenzioni, dovrà prossimamente contribuire di più alla Energiewende. Molte imprese si sono nel frattempo costruite la loro centrale di produzione di energia pulita, energia che essendo autoprodotta non solo costa meno, ma non è nemmeno gravata dalle tasse. Un “privilegio” ingiustificato, che, stando alla riforma di Gabriel, non ci sarà più. E anche le industrie a forte consumo di energia non saranno più totalmente esenti dalla tasse/ incentivi per le rinnovabili. Come si legge in un articolo della Süddeutsche Zeitung,

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un documento che dovrebbe apportare significativi cambiamenti all’attuale legge su sovvenzioni e incentivi in materia di energie rinnovabili, permettendo con il tempo anche una significativa riduzione di costi per il consumatore finale. Inizialmente gli aiuti dovevano favorire gli investimenti nella produzione di energia da fonti alternative. Solo che a un certo punto è come se si fosse persa la visione d’insieme. Per quel che riguarda i pannelli solari, per esempio, si arrivò al paradosso che i prezzi dei pannelli cominciarono a scendere mentre gli incentivi restavano uguali. Un affare che tra il 2011 e il 2012 ha visto un vero boom di pannelli fotovoltaici, un boom che spiega come mai il costo annuale dell’energia è passato dai 120 euro nel 2011 ai 220 euro di quest’anno. Ma mentre la piccola impresa e il privato vengono spremuti, le industrie ad alto consumo energetico sono esenti da questi balzelli. E sono anche queste eccezioni che Bruxelles contesta. Ora, il documento di Gabriel prevede per il futuro, una progressiva riduzione degli incentivi sia per il fotovoltaico che per l’eolico a partire da prestazioni annuali che superano i 2500 megawatt. Il che significa anche una riduzione degli incentivi alle imprese del settore energie rinnovabili: dagli attuali 17 cent per kilowattora si passerà nel 2015 a 12 cent. Il documento stilato da Gabriel prevede inoltre quali fonti vadano incentivate: per l’eolica e la fotovoltaica si prevede un fabbisogno da qui al 2020 di ulteriori 2500 megawatt all’anno. Assai

sotto il precedente governo di centro destra, era stato ampliato il ventaglio di chi poteva avvalersi di tali esenzioni. Spesso si trattava anche di imprese che non operano affatto sul mercato internazionale, dunque non devono misurarsi con concorrenti stranieri che possono approfittare di prezzi energetici più bassi nei loro paesi. Gabriel, pur non dando apertamente ragione ad Almunia e a Bruxelles, preme dunque sull’acceleratore. Vorrebbe vedere entrare in vigore le sue modifiche già per l’estate. Sarebbe un’importante segnale che la Energiewende ha ripreso a marciare. E per il capo dell’Spd, si tratterebbe ovviamente già un primo punto a suo favore.

The last nuclear power plant will be switched off by 2022; by 2050, 80 percent of the energy produced in Germany must come from solar, wind and biomass; currently the share of renewable energy does not exceed 25 per cent. Already in late 2020, greenhouse gas emissions should be 40 per cent compared to 1990. But this goal seemed at hand already two years ago, but a massive use of coal, is likely to produce the opposite result. The volume of investments planned for 2030, will exceed 200 billion Euros just with regard to the electricity sector. However it is particularly difficult to build up a network through which the energy produced by alternative sources mith be transported to the centres of production and consumption. And alternative energy also becomes the basis for a political confrontation between Angela Merkel and the SPD leader Sigmar Gabriel.

La resistenza di Zoppas The Zoppas “resistenza”


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n questi primi mesi del 2014 molto si è parlato dell’Electrolux, la multinazionale svedese degli elettrodomestici bianchi che stenta a vedere un futuro per i suoi stabilimenti italiani e per questo ha chiesto una riduzione delle retribuzioni dei dipendenti italiani. C’è stata un’insurrezione generale, i sindacati sono insorti come se gli svedesi fossero vecchi padroni delle ferriere dickensiani. In pochi hanno ricordato che il nostro Paese perde produttività in termini comparati da oltre vent’anni, e tra i paesi europei mediograndi ha un costo lordo del lavoro inferiore di poco solo a quello della Francia, non a caso divenuta essa, ora, il grande malato continentale. Ovviamente, a spingere così in alto il costo del lavoro non è la retribuzione netta che va in tasca ai dipendenti, inferiore a quella tedesca e francese. É il cuneo fiscale, la pesante pretesa fiscale e contributiva dello Stato. Che è pure cresciuta del 5% dal 2005, altro che scendere come tutti i governi hanno promesso di fare. Nel breve termine, visto che lo Stato non si decide, i gruppi multinazionali non investono nella manifattura in Italia, come pure la sua elevata qualità meriterebbe ancora, e quelli che lo hanno fatto da molto tempo, come Electrolux, per non spostarsi altrove chiedono a dipendenti e sindacati la disponibilità a mettere in discussione l’unica componente dei costi fissi che nel breve si può abbassare. Cioè quella decisa da azienda e lavoratori. Dicevamo: in questi primi mesi del 2014 molto si è parlato dell’Electrolux. Assai meno, purtroppo, si è rammentata la storia di chi gli elettrodomestici li ha venduti nell’ormai lontano 1970 alla Zanussi, che alcuni anni dopo li cedette proprio alla Electrolux. Eppure alzi la mano chi non si ricorda dello slogan da Carosello “Zoppas li fa e nessuno li distrugge”. Il gruppo fondato dall’omonima dinastia veneta, oggi arrivata alla terza generazione, ha portato il frigorifero e la lavatrice nelle case degli italiani. Poi, alla fine degli anni Sessanta l’acquisizione della Triplex, tesa a incrementare le quote di mercato, ha coinciso con il crollo del mercato. Il settore arriva al capolinea, gli Zoppas cambiano treno e salgono su uno superveloce. In poche parole riconvertono il business. Attraverso la Zoppas Industries,

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Da re dei frigoriferi, al successo della Irca, leader mondiale delle resistenze elettriche (85% prodotte lontano dall’Italia), e utilizzate anche dall’industria spaziale. La storia di una famiglia di “eccellenze globali” come la Sipa e di un paese che fa chiedere ogni giorno: “Perché devo rimanere qui?”

Former King of refrigerators, Gianfranco Zoppas repeats its success with IRCA, the world leader in electric heaters (85% generated outside of Italy), with tools utilized also by the space industry. The story of a family and “global excellence” of companies like Sipa…but a country that every day makes you wonder: “Why should I stay here?”

di cui oggi è presidente, Gianfranco Zoppas comincia a far crescere la Irca che faceva resistenze per forni, lavatrici e altro, con un centinaio di persone e 850 milioni di lire di fatturato. Oggi Irca è una realtà da 400 milioni di euro di ricavi (l’85% del quale generato fuori dai confini nazionali), con fabbriche oltre che in Italia anche in Cina, in Romania, Germania, in Messico, Stati Uniti e Brasile. Ed è leader mondiale nella produzione di resistenze elettriche e sistemi riscaldanti per il settore del piccolo

e grande elettrodomestico: per capirsi, oltre il 60% delle 30 milioni di lavatrici vendute ogni anno nel mondo monta componenti prodotti da Irca. Lo stesso vale per la metà delle lavastoviglie e delle macchinette del caffè per uso domestico. Se circa il 50% del fatturato si ascrive al mercato degli elettrodomestici ad uso domestico, il restante 50% è generato dalla produzione di resistenze elettriche e sistemi riscaldanti per applicazioni industriali. Anche in questo segmento i componenti prodotti da Irca sono rintracciabili dalle macchine del caffè dei bar alle lavanderie professionali, dalle automobili agli aerei e persino nello spazio. Negli aerei tendenzialmente vengono impiegate resistenze antighiaccio per superfici a contatto con esterno e riscaldamento per catering all’interno. Già nel 1992 Irca iniziò a partecipare a programmi aereonautici e spaziali europei, ottenendo per i propri prodotti le certificazioni ESA (Agenzia Spaziale Europea). Oggi tutti i satelliti Europei e molti di quelli stranieri montano componenti prodotti dall’azienda degli Zoppas (generalmente si tratta di sistemi di controllo termico e di elementi riscaldanti per il mantenimento della temperatura costante: fondamentali per proteggere le parti elettriche ed elettroniche del satellite). Lo stesso vale per la stazione spaziale: oltre il 50% della struttura della Stazione Spaziale (ISS) è di costruzione europea ed il suo controllo termico è completamente realizzato con i riscaldatori elettrici in poliammide di Irca. Gli obiettivi per il futuro sono quelli di mantenere la quota di mercato nel comparto degli elettrodomestici ad uso domestico e incrementare la presenza nel segmento delle applicazioni industriali. In quest’ultimo settore, infatti, la competizione avviene non tanto sul prezzo quanto piuttosto sulla qualità e sui contenuti innovativi. Ci sono quindi maggiori incentivi ad investire nell’attività di R&D e maggiori possibilità per distinguersi dai competitors - pensiamo ad esempio ai produttori asiatici - che fondano la loro competitività solo sui prezzi. E poi c’è l’altro business, quello dei macchinari per produrre contenitori in plastica, che viene seguito dalla Sipa,

Gianfranco Zoppas

nata nel 1980 per fornire sistemi integrati e sostegno tecnologico a Irca nella produzione di macchinari e sviluppata per supportare le esigenze di un’altra azienda della famiglia veneta, la San Benedetto, attività seguita dal fratello di Gianfranco, Enrico. Sipa è stata la prima azienda in Italia a pensare e realizzare le bottiglie di plastica trasparente per il latte e la prima a introdurre negli USA barattoli di plastica per il burro di noccioline. Oggi produce sistemi per la produzione di contenitori, in parte (per il 2%) usati dalla San Benedetto, ma soprattutto da colossi come Coca Cola (è uno dei soli quattro produttori certificati Coca-Cola al mondo),

Pepsi Cola, Danone e Nestlè. Prima fornivano solo i mezzi per produrre il contenitore. Ora consegnano linee complete dall’imbottigliamento all’imballaggio. Sipa viaggia intorno ai 250 milioni di fatturato è tra i primi cinque produttori di settore al mondo per fatturato e si sta imponendo tra i colossi tedeschi come fornitore di sistemi per l’imbottigliamento. Anche perché è in grado di gestire la lavorazione “dal pellet al pallet”: in alcuni stabilimenti entra la materia prima per la realizzazione dei prodotti finiti in materiale plastico ed escono le bottiglie riempite, tappate ed etichettate. Il fatturato è di circa 250 milioni (il 96% del quale generato fuori

dai confini nazionali) per un totale di circa 1200 dipendenti. L’obiettivo per il futuro è sfruttare sempre meglio la conoscenza dei processi, sviluppando macchinari e sistemi in grado di garantire reale valore aggiunto al cliente in termini di riduzione del peso dei contenitori (se pensiamo infatti all’acqua, il costo non è tanto il prodotto quanto la logistica, ridurre anche solo di un grammo il peso di una bottiglia può garantire enormi risparmi) e di riduzione dei consumi dei macchinari. Gli Zoppas hanno dunque iniziato una seconda vita e si sono specializzati in un settore che li fa crescere a ritmo del +10% l’anno grazie soprattutto alla strategia di

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delocalizzazione nei Paesi di consumo avviata ormai da quindici anni. Una scelta quasi obbligata non solo per via del costo del lavoro che è assai più competitivo all’estero (e non si parla solo di Est Europa o Messico ma anche di Stato Uniti) ma anche per essere vicini ai clienti. Nella componentistica il 90% viene prodotto all’estero, il 26% in Europa e il 63% nel resto del mondo. Il gruppo ha 12 stabilimenti nel mondo, che impiegano circa 5mila persone. Delocalizzare non significa però abbandonare l’Italia, dove il gruppo opera con cinque stabilimenti produttivi per un totale di 1.700 collaboratori. Gianfranco Zoppas ha letto i titoli sui giornali l’attacco ai “padroni” della Electrolux. E lui che gli svedesi li ha conosciuti bene, ha una posizione molto chiara sulla vicenda: “Se l’Italia non è in grado di dare agli svedesi un buon motivo per rimanere, è naturale che, avendo alternative già consolidate, si pongano il problema. Da noi c’è un alto tasso di contrapposizione sindacale, abbiamo un costo dell’energia del 30-50% più pesante che altrove, una burocrazia terribile, una fiscalità opprimente. Lo stato della giustizia, poi, non aiuta. Con un clima così, ovvio che uno si chieda perché rimanere”.

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una locandina pubblicitaria Zoppas del 1962

He was the king of Italian refrigerators and washing machines, now Gianfranco Zoppas leads the successful multinational IRCA; this company is the world leader in electric heaters (85% generated outside of Italy ) also used by the space industry. The story of a family, their companies like Sipa that is a “global excellence” and that of a country, Italy, which makes you wonder every day: “Why should I stay here?” Gianfranco Zoppas tells the parable of household appliances, then the overall success of the IRCA, today a reality with a 400

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million Euros total revenues (85 % of which was generated outside the country), with factories in Italy as well as in China, Romania, Germany, Mexico, the United States and Brazil; world leader in production of electric heaters and heating systems for the sector of small and large appliances. But even with Sipa Sipa first company in Italy to think and realize the clear plastic bottles for milk and the first to penetrate the U.S. market for plastic jars of peanut butter. Today, one of the four global supplier of Coca Cola. ARIETE Della linea Party Time, la macchina per fare muffin e cupcakes www.ariete.net

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DIRITTO D’IMPRESA Company and law

Il ricambio generazionale nell’impresa

Generational turnover within the family companies Alla domanda: “Qual è la difficoltà maggiore che si incontra nel trattare la materia delle successioni d’impresa, l’Avvocato così risponde”. “Convincere l’imprenditore è spesso un’impresa lunga e altalenante, soggetto com’è a ripensamenti che derivano dalla constatazione di essere ancora capace e in forze; ma l’approccio metodologico più corretto per affrontare la successione è fuori dubbio: pianificarla per tempo, prevedendo tempi, modalità e contenuti. Charles Darwin scriveva:“non sono le specie più forti a sopravvivere, né le più intelligenti, ma sono quelle che riescono a rispondere con maggiore prontezza ai cambiamenti”. Secondo stime della Commissione Europea il problema del passaggio generazionale interessa ogni anno in Italia circa 40.000 imprese aventi forma diversa dall’impresa individuale alle quali si aggiungono 60.000 imprese individuali, per un totale annuo di 100.000 imprese pari al 2,5% del totale. Ma anche questo dato, pur ragguardevole, non dà l’esatta dimensione del problema, visto che la successione alla guida dell’impresa non si può certo improvvisare e deve essere dunque preparata con molto anticipo. Purtroppo, nella maggiore parte delle nostre imprese, si trovano ai posti di comando intere famiglie con il noto problema che “non sempre la virtute discende per li rami” [Dante Alighieri], intendendo che non sempre la virtù, cioè la qualità dei padri, si trasmette ai figli. Non perché i figli sono peggiori dei padri, ma perché i figli sono sempre diversi dai padri. Pertanto una società e un’economia che non abbiano degli strumenti efficaci per indirizzare al meglio i talenti dei singoli, non possono che essere meno competitive e generare meno benessere delle altre che questi meccanismi possiedono in maggiore misura. Il legislatore italiano in questi anni si è limitato a conferire tipicità a una tipologia contrattuale già diffusa nella pratica e che gli studi di management già conoscevano, introducendo nel nostro ordinamento con la L. 55/2006 il “Patto di Famiglia” mediante l’inserimento nel Codice Civile degli articoli dal 768 bis al 768 octies.

“Which problems do you face when you have to deal with business succession?” The lawyer replies: “Convincing the businessman is a long and unstable task because he usually thinks to be still able to manage a firm. The right approach to succession is no doubt to plan it in time, considering schedule, procedures and contents. Charles Darwin wrote: “The species that survive are not the strongest ones, neither the smartest but the ones that can respond to changes”. According to the European Commission the problem of succession from a generation to another in Italy involves every year 40.000 companies and 60.000 individual firms. The total amount of firms involved is 100.000, accounting for 2,5% of the total. This information, however, doesn’t give the right dimension of the problem since the succession in a firm management cannot be improvised and must be planned in advance. Unfortunately, the majority of our firms are managed by entire families. Dante Alighieri said: “The virtue not always descends from branches” that means that the merit of fathers not always passes on to sons. Not because sons are worse than fathers but they are simply different. As a matter of fact, a society and an economy that have not the right tools to guide single talents are less competitive and produce less wealth than others where there are more chances. During these years the Italian legislator has only recognized an already widespread contract that management studies already know by introducing in the Italian legal codes the “Family Pact” (the law 55/2006) and adding in the Civil Code the articles from 768bis to 768 octies .

L’Avv. Massimo Gardini, coadiuvato dall’Avv. Elisa Maraldi partener dello Studio, si è occupato in questi ultimi anni di una contingente difficoltà economica diffusa nel nostro paese: il problema della “successione d’impresa nel passaggio generazionale”. Lo Studio nasce dall’unione delle esperienze maturate dai suoi soci fondatori nei vari settori del diritto. Dal confronto delle rispettive capacità è nato un percorso professionale comune volto a risolvere le problematiche che la difficile professione dell’avvocato porta quotidianamente ad affrontare. Lo Studio, utilizzando il criterio della suddivisione delle materie fra i propri componenti, opera nei vari settori del diritto civile con particolare riferimento al diritto commerciale, bancario, societario e delle successioni. Lo Studio è oggi suddiviso fra le sedi di Santarcangelo di R. (RN), Faenza (RA), Bologna e Roma.

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Corporate law

Il Paese che inventa il mondo Israel: we invent the world lifestyle

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In Jerusalem, an exhibition on the 45 “made in Israel” inventions that have changed the way we live and which have become indispensable. Even the observance of the Sabbath among the reasons for inventing the future

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uarantacinque invenzioni made in Israel che hanno cambiato il mondo diventando indispensabili e irrinunciabili. Al Bloomfield Science Museum di Gerusalemme è andata in scena l’inventiva israeliana e non è poca cosa per un paese perennemente in stato di tensione, collocato in una delle posizioni geografiche più scomode del mondo, con una popolazione di poco più di sei milioni di abitanti… Per anni si è affermato il paradigma secondo il quale gran parte di questa inventiva fosse dovuta alla necessità di disporre di un apparato bellico e di security il più avanzato possibile e che dalle innovazioni apportate a sistemi di puntamento, device anti-terrorismo, armi derivasse a cascata un flusso costante di invenzioni che puntualmente hanno trovato applicazione nel civile e, in particolare, nel settore del biomedicale e in quello della sicurezza. Ma proprio l’esposizione tenutasi al museo di Gerusalemme ha evidenziato qualcosa di più: l’invenzione e l’high tech sono nel codice genetico di Israele al punto che anche l’esigenza, teoricamente

la più lontana dalla scienza, di rispettare le prescrizioni dello Shabbat, il giorno di festa nel quale anche la sola accensione di un interruttore è offesa a Dio, ha prodotto una serie di automatismi destinati ad avere applicazione anche al di fuori delle prescrizioni rabbiniche. Lo Zomit Institute, un istituto no profit diventato un centro di ricerca avanzata, ha prodotto e commercializzato metal detector, jeep per sorveglianza, macchine del caffè, sedie a rotelle che si mettono in moto da sole e che non richiedono l’assistenza di un infermiere. Tutto ideato per non violare la consegna della giornata dedicata al Signore, ma prodotti adottati poi dall’esercito, dal ministero della Sanità, dall’aeroporto Ben Gurion, persino da canali televisivi.

Ma scorrendo l’elenco delle 45 invenzioni che hanno cambiato il mondo e che comprende persino il primo apparecchio per la depilazione femminile, si scopre ad esempio che la Pillcam, la pillola dotata di telecamera e sensori che sostituisce le invasive tecniche di endoscopia scattando, nel percorso di 8 ore nell’apparato digerente, ben tre fotogrammi al secondo è un brevetto israeliano della Given Imagining. O che il primo vetro per finestre in grado di produrre energia solare è stato - e il nome dice tutto - inventato dalla Pythagoras Solar. O che i pomodori ciliegini ormai diffusi sulle nostre tavole sono un prodotto di Hazera Genetics e di due professori della Hebrew University Faculty of Agriculture. E chi di noi non ha usato il Babyphone, per sentire da lontano il respiro del proprio neonato e verificare che tutto funzioni per il verso giusto. Anche questo made in Israel dalla BabySense. Leggere la velocità della nostra auto direttamente proiettata sul parabrezza è frutto della MobilEye e delle micro telecamere che consentono anche di leggere i cartelli con le limitazioni. E se ascoltiamo le informazioni sul traffico in tempo reale è perché Decell Technologies

ne è diventato leader a livello mondiale. Ma tornando alla medicina come non ricordare il sistema di sensori che applicati a un materasso consentono alle infermiere di avere sotto controllo i pazienti e le loro più importanti funzioni vitali? Lo schermo multivideo della BriefCam, ma specialmente IntelIsrael che ha cambiato il cervello dei computer con gli MMX e il Centrino. Se i progressi nell’agricoltura

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Esposte le 45 invenzioni made in Israel che hanno cambiato il modo di vivere e che sono diventate indispensabili. Anche il rispetto dello Shabbat fra le motivazioni per costruire il futuro

idroponica sono abbastanza noti, meno nota è la “paternità” dei principali robot chirurgici ivi compreso quello per gli interventi sulla colonna vertebrale Fra le 45 invenzioni che hanno cambiato il mondo anche un sistema, Takadu, che in tempo reale evidenzia perdite dagli acquedotti. In Italia probabilmente, vista la dispersione di acqua potabile da impianti obsoleti, andrebbe in tilt.

The Bloomfield Science Museum in Jerusalem has presented the 45 Israeli inventions that changed the world. Most of them are directly connected with defence needs and then converted into high tech tools mainly for biomedical purposes. Nevertheless creativity Israeli treasured by the need to accomplish the Shabbath rest: the Zomit religious Institute is now a high tech research center involved in designing metal detectors, patrol cars, automated wheeling chairs… Among the most worldwide utilized Israeli invention may be mentioned cherry tomatoes, the Pillcam for endoscopic exam, Babyphone aimed at controlling the baby breath, microtelecameras to read on the speed of the car windscreen, and the “brain” of computer systems such as Centrino and MMX.

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di Laura Alberti

back to the future il pazzo mondo della tecnologia

NETATMO Sembra un braccialetto, in realtà June misura la propria esposizione ai raggi del sole per preservare la salute della pelle www.netatmo.com

FRENDS Black Enamel Cap, per trasformare le proprie cuffie in un gioiello alla moda www.eu.wearefrends.com

GLASS UP Tutti italiani gli occhiali cibernetici sulle cui lenti si leggono sms, email e messaggi dai social network www.glassup.net

MAIKII Della collezione Star Wars, chiavetta USB con memoria da 8 GB utilizzabile anche come portachiavi www.maiworld.com

JARRE Si chiama AeroSkull HD, èd è una doc station placcata e verniciata per iPod e iPhone www.jarre.com

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High-tech gallery

ABELE MALPIEDI È ora, orologio senza lancette che ironizza sull’ossessione del tempo. www.poliedrico.wix.com

IL COYOTE Segnala tutor, autovelox fissi e mobili e semafori con telecamera l’assistente alla guida Il Coyote www.mycoyote.net


di Riccardo Rolando

CARTELLA CLINICA SULLA NUVOLA

Medical records on cloud La soluzione cloud del gruppo Upgrade per l’ospedale di Lecco rivoluziona la gestione dei dati sanitari Upgrade Srl cloud solutions help Lecco’s Hospital to renew sensitive data management www.upgrade.com

collaboratori dei Sistemi informativi” L’Azienda ospedaliera lecchese conta tre ospedali e diverse sedi territoriali, con una dimensione dell’attività di degenza, ambulatoriale e diagnostica enorme; altrettanta è la quantità di dati che viene prodotta quotidianamente. É estremamente importante, quindi, proteggere queste informazioni, renderle fruibili, in tempi rapidi, sia ai pazienti sia al personale medico. “Le nuove soluzioni cloud – aggiunge Bacchi – rappresentano

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ambiente sanitario, sia pubblico che privato, ha trovato nel cloud computing e nella virtualizzazione delle postazioni di lavoro una risposta efficace alle esigenze di contenimento dei costi e disponibilità dei servizi 24 ore al giorno. Ad affiancare le aziende sanitarie in questo nuovo percorso si stanno affermando società informatiche in grado di progettare infrastrutture evolute: virtualizzate, cloud, always-on e che integrano nel mondo del lavoro nuovi strumenti come tablet e smartphone. Upgrade è una di queste realtà. Il più importante riconoscimento nel 2012 quando l’Azienda Ospedaliera di Lecco ha ricevuto, dall’Osservatorio Cloud del Politecnico di Milano, il riconoscimento per la categoria “Il Cloud a supporto dell’innovazione nella Pubblica Amministrazione”. Il progetto avviato in modo quasi pioneristico nel 2009, e sviluppato per step successivi nel triennio seguente, ha visto la partecipazione di Upgrade nella creazione di un’infrastruttura cloud privata con l’obiettivo di tutelare i dati di tutta l’azienda ospedaliera e di gestire in modo virtuale le postazioni di lavoro del Pronto Soccorso. Da allora i progetti cloud e di mobilità sono una realtà consolidata e standardizzata che Upgrade propone sia in ambito Enterpise che PMI. La soluzione, implementata da Upgrade, società informatica lecchese, e adottata dai Servizi informativi aziendali, persegue gli obiettivi di miglioramento dei processi informatici e dei servizi dedicati agli Utenti. “La scelta di questa soluzione rappresenta per noi un cambio tecnologico sostanziale - spiega Alberto Bacchi, direttore della struttura informativa dell’Azienda -. L’iniziativa consentirà di contenere i costi operativi e di ottimizzare l’impegno dei

dunque la chiave di volta per procedere in questa direzione e per semplificare i processi dell’organizzazione ospedaliera”. In ogni situazione critica o in caso di guasto tecnologico le soluzioni introdotte consentono non solo di non perdere, ma di conservare meglio i dati memorizzati; permettono poi che non si verifichino fermi del lavoro ospedaliero e ambulatoriale, dell’attività di accettazione, di redazione delle cartelle cliniche e delle lettere di dimissione.

Healthcare Organizations Meet Compliance and Patient Care Needs With Mobile, Secure Desktops powered by Upgrade Srl. Cloud computing and Virtual Desktop are an effective response to the needs to contain costs and service availability 24 hours a day. To help businesses get health some IT companies, as Upgrade srl which is based in Italy, are able to design advanced virtualized infrastructures. Upgrade srl developed for Manzoni Hospital a private cloud infrastructure with the aim to protect all their data and to manage virtual workstations in the emergency room. The solution permitted, in any critical situation or technological fault, to do not lose the stored data and keep them available for the medical team and the patients.

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Autostrade sdrucciolevoli Sleeding motorways

alla fine la montagna partorì il topolino. Peccato che la montagna stia crollando e che lo Stato italiano faccia finta di non accorgersene. Nuotando come sempre contro corrente, ci riferiamo alle autostrade in concessione, oggetto di una campagna mediatica e di una strumentalizzazione di tipo politico che forse merita un momento di riflessione. La notizia: il governo attraverso il suo ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti annuncia una grande vittoria: dal primo febbraio 2014 a tutto il 2015 i pendolari, ovvero una ristretta categoria di cittadini che tutti i santi giorni usano l’autostrada da un casello predeterminato a un altro predeterminato, usufruiranno di uno sconto da un minimo dell’1% sino a un massimo del 20%. Sconto variabile a seconda dei transiti, con il massimo di risparmio per il pendolare che fa più di 41 viaggi, documentati da un telepass family, non aziendale, per persone fisiche e veicoli di classe A. Per i transiti post 46 viaggi si torna alla tariffa piena. Dimenticavamo. Il percorso deve essere di lunghezza massima 50 km e il guidatore deve… portare scarpe comprese fra il numero 41 e 42 e mezzo. Ma non scherziamo. Dietro a questo topolino partorito grazie a un accordo fra governo e Aiscat, l’associazione che raggruppa le concessionarie autostradali, si cela una montagna, quella delle concessioni di costruzione e gestione, che ha consentito sino ad oggi al paese di dotarsi, sia pure fra alti e bassi e contraddizioni (non ultima la segretazione da parte dello Stato delle intese con i concessionari e delle formule in base alle quali scatta l’adeguamento tariffario), di una rete autostradale, che minaccia di franare. La polemica sulle tariffe non è altro che la punta dell’iceberg di una incapacità della pubblica amministrazione di garantire i contratti siglati con soggetti privati (quello delle concessioni è emblematico), rimettendo ogni volta in discussione l’essenza stessa dei contratti. Il problema non può essere ogni volta spostato indietro nel tempo al momento della definizione del contenuto di questi contratti e quindi a una presunta incapacità dello Stato di definire forme contrattuali che garantiscano lo Stato stesso, ma specialmente i cittadini o a un’altrettanto presunta furbizia dei concessionari in grado di arricchirsi grazie a clausole contrattuali

L’Italia inventa gli sconti sui pedaggi per i pendolari, ma il sistema scricchiola perché a fine concessione, lo Stato si dimentica dei costi di subentro. Mentre Spagna e Francia scoprono la soluzione più semplice: allungare le concessioni. The Italian public administration “invents” discounts on tolls for commuters, but the motorways system is creaking because the State forgot to include in the State budget the cost of takeover at the end of concession. The example of Spain and France wich discovered the easiest solution: extend the concessions.

nonché di un generalizzato calo di traffico sulla rete a causa della crisi economica in atto. Si cela anche un problema che rischia davvero di far saltare il banco per più di una concessionaria: i costi del subentro. L’incertezza su lavori, tempi reali della concessione, gare lascia le società di gestione a fine concessione con un onere lavori residuo che, ad esempio, nel caso di Autobrennero sfiora il miliardo. A parole lo Stato afferma che il subentrante o la stessa concessionaria (se verrà confermata a fine gara) si dovranno fare carico di questo onere. La verità è che lo Stato non scrive questi costi a libro, per non sforare i vincoli comunitari e nessuna banca accetta di finanziare la concessionaria che vanta un “pagherò per via orale”. Per Autovie Venete che ha affrontato la spesa del passante di Mestre il conto sale a 1,7 miliardi e anche Autovie Venete è in scadenza di

loro favorevoli. Il problema è il rispetto dei patti e a capacità dello Stato di intervenire quando le situazioni di mercato mettono a rischio investimenti strategici non tanto per le concessionarie quanto per il sistema paese. In un paese in cui il tempo è una variabile indipendente in qualsiasi campo, le autostrade in concessione non sfuggono a questo malcostume. Le gare per i rinnovi delle concessioni non vengono effettuate nei tempi previsti, le autorizzazioni per i lavori vengono date con grande ritardo… Tutto ciò innesca una catena di inefficienza che in taluni casi si trasforma in una giustificazione anche per chi non opera correttamente. Dietro all’ultimo aumento delle tariffe si cela non solo uno squilibrio nei piani finanziari di gran parte delle concessionarie, a causa della crescita di tempi e costi dei lavori,

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spagnolo, verificata l’escalation dei costi di espropri dei terreni per la costruzione della R2 Madrid-Guadalajara e della circonvallazione di Madrid, ha riconosciuto un prolungamento della concezione dal 2024 al 2039, oltre a un aumento annuo delle tariffe dell’1,95%. Si è ripetuto con Madrid Sur e Acega alle quali sono stati accordati aumenti tariffari costanti dell’1.95%. Invicat (gruppo Abertis) ha ottenuto una compensazione sino alla scadenza della concessione, saldo che sarà comunicato formalmente da Invicat e verificato dal Governo catalano. Aumar (autostrade Tarragona-Valencia, AP-7 Valencia-Alicante e AP-4 Siviglia-Cadice)è stata la prima a ottenere un prolungamento di 13 anni nella durata della concessione. Un processo analogo è accaduto in Francia . Nel 2009 le concessionarie autostradali francesi rappresentate nell’ASFA avviarono dei negoziati, poi andati a buon fine, con il Governo francese per l’ottenimento di un

anno di proroga nella durata del contratto di concessione delle società Cofiroute, Escota, Asf, Sanef, Sapn, a fronte dell’impegno, da parte delle concessionarie autostradali, di portare avanti degli investimenti (pari a 1 Mld di Euro) volti a migliorare l’efficienza della rete autostradale a pedaggio soprattutto dal punto di vista del rispetto dei criteri ambientali. Nel 2013, le concessionarie rappresentate in ASFA hanno avviato nuovi negoziati con lo Stato francese, tuttora in corso. Ancora una volta si è posto l’accento su investimenti che possano migliorare la mobilità a favore degli utenti e che riguardino in particolare la tutela ambientale: a fronte del prolungamento di tre anni nella durata del contratto di concessione, le concessionarie interessate si impegnano ad investire in totale 3,6 Mld di Euro; le società concessionarie interessate sono le seguenti: Cofiroute, Escota, Asf, Sanef, Sapn, Aprr, Area.

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concessione. Sarà un destino, ma appena il governo transita a un casello… fa incidente. Era questo l’incipit di un articolo scritto sulle pagine di CH quasi quattro anni addietro, quando eravamo stati costretti a occuparci per l’ennesima volta di un altro pasticciaccio brutto della pubblica amministrazione in tema di concessioni e, in particolare di concessioni autostradali. Utilizziamo ancora una volta lo stesso incipit, ponendoci un interrogativo. Esiste una via d’uscita. Secondo i governi di Spagna e Francia, sembrerebbe proprio di sì. Madrid e Parigi, al contrario di quanto sta accadendo in una pubblica amministrazione terrorizzata di violare norme europee (e forse per questo sotto costante procedura di infrazione) hanno pensato e applicato per tempo una soluzione che si chiama allungamento della concessione. È accaduto con concessionaria Henarsa, Madrid Sud al quale il governo

The Former Italian government closed an agreement with the Association of motorways owner companies then “inventing” discounts on motorway tolls for commuters, but the system of Italian motorway in regime of concession is creaking: at the end of the concession period, the State forgets the cost of takeover. while Spain and France discovered the easiest solution: extend the concessions. Behind the last fare increase not only hides an imbalance in the financial plans of most of the motorways owner companies, because of the increase in time and cost of the new infrasctucture under construction, as well as a generalized decline in traffic on the network due to the current economic crisis. It also conceals an issue that could really destroy the motorways concession system: the costs of takeover. The uncertainty about times and cost of the planned investment in the motorways network development, uncertainty about timing of tender for the renewal of concession burden the motorway company and threaten its survival.

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dall’economia alla finanza, dall’arte al design, dalla musica ai motori, dalla storia alla letteratura... l’importante è leggere!

books cosa leggere

La fabbrica delle illusioni di Mario Fabbri, Rubettino ed. Consiglio vivamente la lettura di questo libro a tutti coloro che non si lasciano scoraggiare da 280 pagine dense di fitti ragionamenti economici. No, non ci sono equazioni né derivate né modelli autoregressivi vettoriali che vanno per la maggiore nei paper degli economisti. VAR, e anche i grafici sono pochini. In compenso, è un libro eccezionale. L’autore è amministratore delegato di Directa, pioniere del trading on line in Italia da quasi vent’anni. Per il mestiere che fa, è attratto dalla dimensione micro, penserete voi. Sì, ma gestendo denaro, è gravato da un problema storico: perché gli economisti sono considerati attendibili, se non sanno predire nulla e litigano tra loro forsennatamente pretendendo pure di essere scienziati, solo perché usano molta matematica? É insomma il libro di chi, gestendo denaro, si ribella a modelli di finti scienziati, che del denaro mostrano di capire assai poco. E per questo non li mette in berlina per pregiudizio, ma dopo aver studiato per decenni tutti i guru dell’economia, sin dal XII secolo, ed esserne riemerso con decine di segni rossi e blu sui loro testi sacri. Fabbri usa una tecnica astuta, per mettere in berlina l’economia, perché si concentra sull’evoluzione storica di un termine che ha alimentato massimamente la discordia tra scuole: l’dea di capitale. E nel far notare le mille contraddizioni sul capitale tra scuola e scuola, all’interno degli scritti di ogni autore stesso, dà il meglio della sua abrasiva capacità di logica e dialettica. Ma è una tecnica, perché non è sul capitale che si misurano più le scuole, da almeno centocinquant’anni... quando Hayek e Keynes ci litigarono sopra, ormai non interessava più a nessuno.

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Books

pp.280, 14 euro

Economia

Per questo vi invito a partire dalla fine, a leggere il libro da pagina 210, nell’ultima parte in cui in maniera fulminante ed esilarante Fabbri coglie in castagna l’intrinseca contraddizione dei due Keynes della Teoria Generale, da una parte l’assertore del fatto che non si cresce abbastanza senza investimenti, ergo servono quelli pubblici, e dall’altra il convinto sostenitore che la crisi viene perché non si consuma abbastanza e si risparmia e investe troppo, ergo ancora una volta ci pensi lo Stato. É ovvio che le due tesi sono contraddittorie, ma naturalmente ancora oggi i keynesiani se ne fottono e lo negano risolutamente. Ecco, di descrizioni a decine di contraddizioni di questo tipo nel libro ne trovate per ogni vostro gusto, e per ogni caposcuola. E sono quasi tutte fondate. Il punto di fondo, l’architrave del libro è il grafico a pagina 232: se dal 1841 al 2012 la crescita media del reddito del cittadino americano mostra un inossidabile ancoraggio al valore dell’1,9% annuo, malgrado ricette economiche e crisi di ogni tipo, allora gli economisti non contano davvero niente. In realtà non è così, ma questo è forse il maggior difetto di un “sottoconsumista” come Fabbri, capace però di distillare in una sola mirabile pagina, la 246, i sei tipi diversi di crisi e le 4 ricette base di risposta degli economisti moderni... Datemi retta, vale la pena di leggerselo di corsa. Quanto poi a che cosa pensi lui, dopo aver demolito tutti gli altri (e aver sottovalutato molto la scuola austriaca che a me convince, inchiodandola alle equazioni delle scelte intertemporali come fosse quello, il suo fondamento), beh ci promette un altro libro. Non so se verrà davvero, ma me lo auguro di cuore. O.F.G.

Calcio, lo shopping italiano Football, the italian shopping

Cellino si compra il Leeds United, ma è pronto a vendere il Cagliari allo sceicco AlThani (PSG e Costa Smeralda). Volpi (La Spezia) controlla il Rijeka. Preziosi punta Francia e Spagna, Campedelli sbarca in Portogallo, Ghilardi con più di 230 giocatori, in Grecia e Croazia e a Gubbio; Pozzi dal Watford al Granada

Cellino si compra il Leeds United, ma vende il Cagliari allo sceicco Al-Thani (PSG e Costa Smeralda). Volpi (La Spezia) controlla il Rijeka. Preziosi punta Francia e Spagna, Campedelli sbarca in Portogallo, Ghilardi con più di 230 giocatori, in Grecia e Croazia e a Gubbio; Pozzi dal Watford al Granada

Sports

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ma proprio sul filo di lana aveva avuto la meglio la coppia americana formata da David Gold e David Sullivan detentori di un vero e proprio impero nell’industria del porno. Il West Ham era così sparito dall’orizzonte di gloria del pirotecnico presidente del Cagliari che con le casacche bianche del Leeds, squadra che negli anni di gloria fu guidata da Don Revie, non ha ripetuto gli errori del passato e solo quando ha avuto (benché ancora in attesa

del via libera delle autorità inglesi) in mano il 75% attraverso la Eleonora Sports Ltda ha reso pubblica la notizia. Si è anche presentato alla Cellino, licenziando l’allenatore e poi reintegrandolo per evitare un’insurrezione dei tifosi. Resa dei conti – suggerisce chi lo conosce bene – solo rinviata così come è solo rinviato l’annuncio di alcuni nuovi giocatori che sfruttando la finestra di mercato interno di febbraio, dovrebbero arrivare nello Yorkshire per consentire al Leeds (che naviga a metà classifica nella Championship, ovvero in serie B), di agganciare la quota per la promozione. Magari con un nuovo allenatore che potrebbe essere – dicono i bene informatiGianluca Festa. Ma con l’apertura di una porta su un mercato del calcio, quello inglese, che presenta vincoli di governance infinitamente meno stringenti e più elastici di quelli italiani, Cellino, che in più di una occasione aveva espresso la sua amarezza per la vicenda giudiziaria dello stadio che avrebbe dovuto sostituire il vecchio

Massimo Cellino

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860 chilometri per passare dal sole accecante della costa sud della Sardegna alle nebbie del Yorkshire. Ma nel mondo del calcio globale, quello che ha scoperto le squadre- parcheggio, le squadre-serbatoio, le squadre- colonie, ci sta anche questo. L’esempio più clamoroso è fornito dall’inconsueto asse Italia-Gran Bretagna che il vulcanico presidente del Cagliari, Massimo Cellino è (quasi) riuscito a concretizzare, assicurandosi, da un lato, il controllo di una vecchia squadra blasonata inglese, il Leeds United, dall’altro tentando il colpo di vendere il “suo” Cagliari allo sceicco Al-Thani, lo stesso del Paris Saint Germain, nonché alla Qatar Foundation che in terra di Sardegna si sentono a casa, dopo l’ingresso in forze in Costa Smeralda. A dire il vero Cellino, transitato nella gogna di un’inchiesta giudiziaria e di un arresto per il nuovo stadio di Cagliari e oggi stabilmente residente a Miami, la voglia di Inghilterra la covava da almeno quattro anni. Circa un anno fa era arrivato a un soffio dall’assicurarsi il West Ham

Sant’Elia e per la tegola dell’arresto, non ci avrebbe pensato due volte anche a tagliare il suo cordone ombelicale con la Sardegna e spostare per l’appunto di 1860 chilometri a nord il suo sogno calcistico deluso – come ha sottolineato – dopo 22 anni di Cagliari. Se la stella Cellino torna a brillare sui cieli d’Inghilterra, il suo caso è tutt’altro che isolato. Il Napoli di De Laurentis sarebbe dietro al Baden, una squadra svizzera che sarà anche di terza divisione ma ha l’indubbio vantaggio di poter ingaggiare calciatori extracomunitari senza limitazioni e che quindi è lo strumento ottimale per parcheggiarli, provarli e reimportarli eventualmente in secondo tempo nel campionato italiano. Persino le “nuove leve” del calcio professionistico, come il presidente dello Spezia, Raffaele Volpi (imprenditore di successo in Nigeria) si starebbe guardando in giro. E un colpo lo ha già messo a segno aggiudicandosi il controllo della squadra del Rijeka, non lontano dal confine con Trieste. Ma non sarebbe l’unico in carniere. E’ recente anche lo sbarco dell’ex presidente del Cesena, Ivan Campedelli in terra di Portogallo, con l’acquisto della Olhanense, squadra di serie A, in un paese in cui (per la serie l’Unione europea ha normative uniformi!) non vige il limite di ingaggio di extra-comunitari. E l’Olhanense ha subito rimpinguato i ranghi con Sampirisi e Santana, due calciatori provenienti dal Genoa del presidente Enrico Preziosi. E proprio Preziosi fa parte del trio dei presidenti più attivi oltre frontiera e nella gestione di vere e proprie “scuderie” di calciatori impegnati sotto i colori di diversi club, Se al presidente del Genoa, già presidente del Lugano calcio, vengono attribuiti interessi pesanti nel sud di Francia e Spagna, alla famiglia Pozzi (Udinese) sono riconducibili il Watford che sino a poco tempo addietro era allenato da Zola, il Granada e l’Hercules. Ma la palma spetterebbe al presidente del Parma, Ghilardi, al quale vengono attribuite oltre alla società emiliana, il Gubbio e, una squadra in Croazia e una in Grecia, ma specialmente un parco di oltre 235 calciatori, in gran parte prestati a altri team..

Italian shopping around the European football market: the Italian entrepreneur Cellino is willing to buy the British club Leeds United, but he is ecpected to sale his favorite team, Cagliari to Sheikh Al-Thani (Paris Saint Germain and the Emerald Coast). Antoher internation tycoon, Raffaele Volpi (who owns the La Spezia soccer team) took control of the Rijeka. Preziosi, patron of Genoa Football Club is investing in clubs in southern France and southern Spain. Campedelli landed in Portugal with the purchase of Olhanense, league team, in a country where (with respect with non existing European Union uniform standards!) limit does not apply to the employment of non-EU soccers; with more than 230 players “in its stable”, the president of Parma football team, Ghilardi, invested in Greece and Croatia as well as in Gubbio, Pozzi (Udinese) controls the british team Watford, and the Spanish clubs Granada and Hercules. De Laurentis, president of the Naples club, would be behind Baden, a Swiss team that will also be the third division but has the added advantage of being able to recruit non-EU players without limitations

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business sul green Business on the green Un nuovo percorso dalla Repubblica Domenicana al kazakhstan New route from Repubblica Domenicana to Kazakhstan

Businessmen fans of golf give rise to Race to Kazakhstan, a golfing amateur challenge, that from Santo Domingo to different stages in Europe will end in Kazakhstan

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n torneo golfistico che farà il giro del mondo. È Race to Kazakhstan, organizzato dal Consolato Onorario del Kazakhstan in Rep Dominicana, con il supporto di alcune Imprese internazionali. L’inizio è fissato per il prossimo 15 aprile nella scenografica location di Teeth of the Dog, golf club di Casa de Campo Resort, in Repubblica Dominicana, tra i cento campi più belli al mondo, per proseguire poi in Europa e concludersi in Kazakhstan, per un totale di 7 tappe con doppi appuntamenti in Kazakistan in settembre al golf club di Almaty e l’altro in Astana. L’idea è quella di un gruppo di imprenditori appassionati di golf e interessati allo sviluppo del commercio verso il mondo kazako (il Kazakhstan, attraverso il suo sviluppo infrastrutturale, residenziale e industriale sta iniziando ad offrire interessanti nuovi sbocchi per la piccola e media impresa italiana ndr.) e dominicano, che hanno deciso di dar vita ad un torneo amatoriale per giocatori europei, statunitensi, domenicani e kazaki di alto livello.

A sponsorizzare Race to Kazakhstan sono importanti realtà, dall’IBT Group di Miami alla Belltex Communication di Lugano, fino alla JP Partners della Repubblica Dominicana. I partecipanti alla tappa iniziale avranno diritto ad un soggiorno di 3 notti e 4 giorni (dal 15 al 18 aprile) in un prestigioso hotel e una cena di gala; gli accompagnatori che non gareggeranno potranno godere di un apposito programma leisure, a disposizione anche dei golfisti nel loro tempo libero.

abstract

Uomini d’affari appassionati di golf danno vita a Race to Kazakhstan, gara golfistica amatoriale che, da Santo Domingo, toccherà diverse tappe europee per concludersi poi in Kazakistan

Teeth of the Dog

Race to Kazakhstan will open the third of April next in the scenic location of Teeth of the Dog, Casa de Campo golf club Resort, Santo Domingo, among the hundred most beautiful golf courts in the world, to continue in the Europe and end in Kazakhstan for a total of 7/8 stages, some of which still being defined. This project have been set by a group of businessmen with two common interests: the golf passion and the idea of developing business in Kazakhstan. Among sponsors IBT Group of Miami, Belltex Communication Lugano, JP Partners Republica Domenicana.

Sports

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22’000

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Pertamina sarà il nome di un grattacielo di 500 metri di altezza ad energie rinnovabili che sorgerà a Jakarta, in Indonesia. La torre sarà in grado di produrre energia dal vento grazie ad una particolare forma ondulata, atta a convogliare il vento in una sorta di imbuto. Inoltre tutta la sua superficie sarà percorsa da pannelli fotovoltaici, e produrrà acqua pulita da riciclo. La torre dovrebbe essere pronta nel 2017.

66’000

Un angolo di tropici a pochi passi da Berlino. All’interno di questo vasto hangar, usato dai sovietici della Germania dell’Est come base aerea, è stato ricostruito uno scenario da vacanza paradisiaca, con microclima perfetto, spiagge di vera sabbia e piante esotiche. Ci sono voluti 200 milioni di euro per ricreare la perfetta illusione con oltre 66mila piante tropicali importate dall’Asia, edifici progettati per rievocare atmosfere esotiche in cui grazie agli alloggi interni si può soggiornare per una settimana intera. E pensare che in questo hangar prima trovavano riparo i dirigibili nazisti poi i bombardieri dell’aviazione sovietica… A tropical corner near Berlin. Inside this large hangar, employed by soviets of the DDR as air base, a paradise landscape has been created for holiday with a perfect microclimate, real sandy beaches and exotic plants. The project of recreating this illusion cost 200 million euros: 66.000 Asian tropical plants, exotic buildings, accommodations where to spend an entire week. The transformation from Nazi airplanes and soviet bombers shelter to a tropical paradise is amazing…

5G

Ammonta a tanto lo stanziamento che la Svizzera ha deciso e che è stato ufficializzato nell’accordo fra la consigliera federale Doris Leuthard e il ministro italiano dei Trasporti, Maurizio Lupi, per il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie sul territorio italiano. 120 milioni di euro saranno pagati dalla Svizzera per l’ampliamento della sagoma delle gallerie della linea Gallarate-Luino e 40 dall’Italia per la Chiasso-Milano. This is the amount that Switzerland has allocated to boost Italian rail infrastructures. The agreement was signed between the Swiss federal councilor Doris Leuthard and the Italian Minister of Transports, Maurizio Lupi. Switzerland will pay 120 million euros to enlarge tunnels on the Gallarate-Luino while 40 million euros will been invested by Italy in the Chiasso-Milano.

€160milioni

Scaricare un film ad altissima velocità: nemmeno il tempo di ingoiare un sorso di un caffè ed ecco che la barra del download ha già raggiunto il 100 per cento. Basterà un secondo per tirare giù un file di 800 mega e non sarà l’unico beneficio. Si potrà navigare stabilmente, a velocità impressionanti per gli standard attuali, anche in movimento, per esempio in autostrada o su treni lanciati fino a 500 chilometri all’ora. É la nuova frontiera del 5G, la prossima grande innovazione della connettività sulle reti mobili con sperimentazione a partire dal 2017. Downloading movies in a sip of coffee. In a second you will be able to download 800 megabyte files and this is not the only benefit. You can surf the Net high speed, without interruption even on cars or trains travelling at 500 km/h. It’s the new challenge of 5G, the next great innovation of connectivity on mobile networks. Tests will start in 2017.

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Numbers

Pertamina is the name of a 500 meter high skyscraper powered with renewable energies that will be built in Jakarta, Indonesia. The tower will produce energy from wind thanks to its wavy shape. The wind will be let in a kind of funnel. The surface of the building will be covered by solar panels that will produce clean and recycled water. The skyscraper will be ready in 2017.

2020

II primo ministro del Vietnam, Nguyen Tan Dung, ha annunciato che la costruzione (affidata alla PetroVietnam, in collaborazione con la russa Atomstroyexport ) della prima centrale nucleare del Paese, Ninh Thuan 1, potrebbe essere rinviata al 2020. The Prime Minister of Vietnam, Nguyen Tan Dung, announced the possible slip in 2020 of the construction of the first nuclear central in the country. Ninh Thuan 1 will be erected by PetroVietnam, in collaboration with the Russian Atomstroyexport.

-40%

50%

L’Italia accelera sulla banda larga di nuova generazione. In tre anni la nuova rete raggiungerà il 50% della popolazione. Grazie all’utilizzo di tecnologia FTTCab/ VDSL2. A differenza di piani annunciati in passato quelli esaminati sono già in attuazione. Date le caratteristiche favorevoli della rete italiana (struttura della rete con subloop in rame corti, 300 m in media), i piani prevedono di erogare una banda superiore ai 30 Mbps. Italy speeds up on broadband. In three years, the new network will reach 50% of population thanks to the FTTCab/VDSL2 technology implementation. Differently from the past, these measures are already underway. Due to the positive characteristics of Italian network (the structure with sub-loop in short copper, 300 meters on the average) it is expected to supply 30 Mbps.

Il Parlamento europeo, con 314 voti a favore, 263 contrari e 26 astensioni, ha chiesto, entro il 2030, una riduzione del 40% delle emissioni di CO2 ed un aumento del 30% della quota delle energie rinnovabili ed un obiettivo del 40% per l’efficienza energetica. The European Parliament asked the reduction of 40% of CO2 emissions and the increase of 30% of renewable energies employment by 2030. The objective is reaching 40% of energy efficiency. These measures have been voted by 314 members, 263 opposed whereas 26 didn’t vote.

Numbers

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Cuba

NORD OVEST Lugano

Madrid

La costruzione di una seconda canna al San Gottardo è necessaria per garantire il collegamento stradale con il Canton Ticino. Ormai il dado è tratto e difficilmente si tornerà indietro, anche se la Convenzione delle Alpi ha già rizzato le antenne protestando contro la delibera della Commissione dei trasporti del Consiglio degli Stati, che ha optato per la costruzione di una seconda galleria autostradale funzionante nei due sensi durante il lungo periodo di manutenzione della galleria esistente, e quindi destinata a operare in una sola direzione, con senso alternato nell’altro tunnel, non appena tutte e due i trafori saranno in funzione. Si cerca una soluzione compatibile con la Convenzione delle Alpi.

Nel 2013 la Spagna ha battuto un nuovo record nel settore turistico, con l’arrivo di 60,6 milioni di turisti, un 5,6 % in più rispetto al 2012. Viene anche superato il precedente record di 58,7 milioni di turisti stabilito nel 2007. La Spagna scavalca così la Cina per numero di turisti ricevuti e recupera la terza posizione sul podio mondiale, dopo Usa e Francia.

The construction of a second road tunnel in the San Gottardo is fundamental to assure the connection with the Ticino. The decision is taken and even if the Alpine Convention has already protested against the Swiss Transport Commission’s (CCT) measure they are not coming back. The Commission voted for the construction of a track road tunnel that will work during the first road tunnel reconstruction. When the two tunnels will be ready they will work one-way, alternatively. A solution with the Alpine Convention is under study.

In 2013 Spain overcomes the new record in tourism thanks to the arrival of 60,6 million tourists, 5,6% more than in 2012. Spain also broke the record established in 2007 with 58,7 million tourists. Spain does better than China as to the number of tourists and reaches the third position in the world ranking after the USA and France.

Washington Gli Stati Uniti premono sull’acceleratore della produzione di uranio, che è balzata in avanti del 21% fra il 2011 e il 2013. Obiettivo ridurre drasticamente le importazioni attraverso tre nuovi giacimenti produttivi il cui sfruttamento, per due, è iniziato nel 2011 mentre il terzo ha iniziato a produrre nel 2013. La produzione del 2013 è stata la più alta dal 1997. United States speed up on uranium production grew by 21% between 2011 and 2013. The objective is to significantly reduce the imports by exploiting three new fields. Two of the them have already been exploited since 2011 while the production of the third started in 2013. The production in 2013 has been the most elevated since 1997.

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News

Lione

Già oggi con la prevenzione si potrebbero ridurre della metà le morti per cancro nel mondo. Circa 4 milioni degli 8,2 milioni di decessi stimati nel 2012 si sarebbero potuti evitare. Ad affermarlo è l’Onu, attraverso la Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che ha organizzato anche quest’anno la Giornata mondiale del Cancro. Il cancro, come fattore singolo, è la prima causa di morte al mondo. Secondo il World Cancer Report 2014:, nel 2012 14 milioni di persone nel mondo si sono ammalate, con una crescita del l’11% . Nei prossimi venti anni si stima un aumento del 75% dei casi di cancro nel mondo, fino a raggiungere i 25 milioni di nuove diagnosi nel 2034.

Inaugurato a Cuba dalla presidente del Brasile, Dilma Rousseff, un porto per container finanziato dal suo governo e ha offerto ben 290 milioni di dollari per lo sviluppo di una zona franca. Il nuovo terminal di Mariel è stato costruito dalla società brasiliana Odebrecht con un credito di 700 milioni di dollari dalla banca di sviluppo statale brasiliana Bndes. É una scommessa su una futura revoca dell’embargo commerciale imposto più di cinquant’anni fa dagli Stati Uniti: Mariel si trova di fronte alla costa della Florida e una volta terminato l’ampliamento del Canale di Panama potrebbe trasformarsi in un importante hub.

A new port for containers has been inaugurated in Cuba by the President of Brazil, Dilma Rousseff. The project has been financed by her government with 290 million dollars for the development of a free port. he new Maruel terminal has been built by Brazilian firm Odebrecht with 700 million dollars financing from the Brazilian State Development Bank Bndes. The free port is a challenge against the possible suspension of the commercial embargo imposed by the USA 50 years ago. Marial is in front of the Floridian coast and once finished the enlargement of Panama Canal it could turn into an important hub.

Today thanks to preventation we can reduce deaths for cancer in the world. Around 4 million of 8,2 million deaths in 2012 could have been avoided. This is what the IARC stated, the International Agency of the UN for Research on Cancer that organized again the World Cancer Day. Cancer, as a single factor, is the first death cause in the world. According to the World Cancer Report 2014, in 2012 14 million people got sick with an increase by 11%. In next 20 years there will be an increase of cancer cases in the world by 75%, reaching 25 million of new cases in 2034.

News

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sud eST Tunisi Più che una nuova Costituzione quella tunisina che ha recentemente tagliato il traguardo è una rivoluzione, vera ancorchè mediaticamente meno affascinante rispetto ai moti di piazza della primavera araba e alla stessa rivoluzione dei Gelsomini che in Tunisia ha segnato la rottura fra passto e futuro. La nuova Carta è la base su cui costruire un ponte con l’Europa: proclama l’uguaglianza tra uomini e donne, stabilisce l’obbligo dello Stato a garantire i diritti di queste ultime e persino il loro ruolo nelle istituzioni, non fa riferimento alla sha’ria. Incertezze sul rapporto tra religione e stato. La religione ufficiale è l’Islam, è scritto all’articolo 1, ma l’articolo 6 proclama la libertà di culto. It’s not a new Constitution the one of Tunisia but a real revolution although it is less involving than the Arab spring clashes and the Jasmine Revolution that marked the rupture between the past and the future. The new Constitution is the starting point to build a bridge to Europe: it states equality between men and women, it obliges the State to guarantee a role for women in Institutions and it doesn’t mention sha’ria. However, there are still doubts on religion and State relationship. The official religion is Islam and it is written in article 1 but article 6 protects the freedom of cult.

Monrovia La Liberia è stata ufficialmente accettata tra i paesi esportatori dell’Organizzazione internazionale di cacao (ICCO), L’ICCO riunisce paesi produttori e consumatori di cacao, per lo sviluppo di un’economia sostenibile legata alla coltivazione del cacao. Si occupa del controllo dei prezzi sui mercati internazionali, poiché i suoi paesi membri rappresentano circa l’85% della produzione mondiale e il 60% di quelli consumatori. Liberia has been accepted among exporting countries by ICCO, the International Cacao Organization. ICCO gathers all producer and consumer countries of cacao and its mission is the sustainable economy development of cacao plantation. ICCO controls prices on international markets because the member countries represent 85% of world production and 60% of world consumption.

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News


Pechino L’inquinamento viaggia in grandi quantità attraverso l’Oceano Pacifico dalla Cina agli Stati Uniti. In alcuni giorni, il solfato della combustione di combustibili fossili che porta a piogge acide in Cina può rappresentare fino ad un terzo della contaminazione da solfati nell’ovest degli Usa, sostengono ricercatori cinesi e statunitensi dell’Accademia Nazionale di Scienze degli Stati Uniti Pollution moves in the Pacific Ocean from China to the USA in great amounts. In a few days the sulfate produced by fossil fuels ought acid rains in China and this phenomenon represents up to one third of the sulfate contamination in West US. This is what Chinese and American researchers from National Academy of Sciences said.

Tokio

Dacca In questi giorni si parla molto della demolizione della Costa Concordia. Ma dove vanno a morire le navi? Nel solo 2013 sono state demolite 1231 navi e oltre la metà ha finito la sua vita sulle spiagge di paesi in via di sviluppo dove l’attività di demolizione e scrapping delle grandi navi viene effettuata in totale spregio delle norme fondamentali di sicurezza sul lavoro e in violazione di qualsiasi procedura anche basilare per evitare l’inquinamento. Ciò accade in prevalenza sulle spiagge del Bangladesh e del Pakistan dove, delle 645 navi demolite, oltre il 40% risultava essere di proprietà di interessi europei. Fra queste anche ex traghetti della italiana Tirrenia e navi di Msc.

Vecchia abitudine, quella di adottare libri di testo scolastici con una versione “geografica” di favore. Olp e alcuni paesi arabi, che insegnano geografia facendo finta che Israele con esita, all’Argentina che nei libri di testo registrava come parte integrante del suo territorio le Malvine, Falklands. Ora tocca al Giappone che sta modificando i libri di testo in dotazione alle scuole primarie e secondarie del paese per mettere in chiaro che due gruppi di isole, la cui sovranità è contestata da Cina e Corea del Sud, gli appartengono.

These days news deal with Costa Concordia demolition. But where are ships brought to die? Only in 2013, 1.231 ships were demolished and more than a half of them finished their life on some developing countries shores. Here the destroying and scrapping activity of big ships are managed without considering the main safety rules and by violating all the basic procedures to avoid pollution. This is what happens in Bangladesh and Pakistan shores where out of 645 destroyed ships, 40% were European. Among them there were also Italian Tirrenia ferries and Msc ships.

It’s an old habit to use textbooks with a particular point of view on Geography. Olp and some Arab countries teach Geography pretending that Israel doesn’t exist or Argentina stated that Falklands were part it as territory… Now it’s Japan turn. The country is changing its primary and secondary schools textbooks assessing to govern the two groups of island whose sovereignty is contended between China and South Korea.

News

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Corri Forrest, corri...

ATTENTI AL LUPO

Vi avevo lasciato con l’invito della mia mamma..... e come avrete tutti notato (?)..... in tutti questi anni..... ho solo corso..... sempre e molto..... ma..... sentivo la vostra mancanza..... e..... dopo l’abbandono di Jane ..... non me la sentivo di perdere anche voi..... e quindi..... eccomi tornato tra voi ..... da cosa posso cominciare??????????..... quando la mamma mi gridava..... corri forrest corri..... si era dimenticata di avvertirmi che avrei rischiato..... correndo..... di incontrare lupi e simili..... e invece..... il rischio c’è e non è neppure tanto tanto remoto..... ma non c’entra niente quella storia del cappuccetto rosso, né il cappuccetto né il rosso, questi lupi venivano da un altro bosco. Correndo..... io ho sempre evitato i pasticci ..... ma..... come

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Forrest

mi diceva la mia mamma ..... stupido è chi lo stupido fa..... e quindi a volte..... anche correndo si rischia di finire nella tana del lupo..... anche in una splendida giornata pasquale..... quando la mia mamma mi ha raccontato che..... a comandare erano arrivati tanti tanti Forrest..... intesi come runners..... ho pensato chissà come saranno tutti molto più sereni simpatici e cordiali..... e invece...... neppure la grande festa che stanno organizzando a Milano ha dato loro la serenità necessaria..... e quindi..... hanno creato una nuova grande “compagnia” di amici..... una compagnia di amici che da un’altra grande città cercherà di gestire e consigliare..... insomma..... tutti comandano ma non si capisce chi e cosa ..... e io..... Forrest..... credo di aver capito

che la corsa a volte non basta.....Qualcuno di voi dirà: non è una novità..... ma di questi tempi fatico davvero a capire...... corro mi guardo in giro…un giorno i lupi fanno amicizia con gli uccelli..... dopo due giorni con gli agnelli pasquali..... e intanto il bosco anche se prende fuoco..... interessa solo a quelli come me..... quelli che corrono. Ci sono rimasto male…..credevo..... credevo che i runners “sono diversi”..... Io sono diverso..... loro no. Chissà….forse mi tocca cercare chi gioca a piing poong. Oppure avranno per caso solo bisogno di cioccolatini???????????..... io posso..... dal mio nuovo osservatorio..... procurare cioccolatini buoni molto buoni..... svizzeri ??????????

back to the past La ruota panoramica del parco giochi di Pripyat, città fantasma del fall-out nucleare, protende le sue navicelle verso il cielo. Da quelle ore 1 e 23 del 26 aprile del 1986 è rimasta a testimoniare il dramma di Chernobyl il più grave disastro nucleare che avrebbe causato dai 30 ai 60.000 morti e che tutt’oggi miete vittime in un’area vasta che comprende non solo l’Ucraina, ma anche altre ex repubbliche sovietiche come la Bielorussia. Dal muro della censura più inviolabile del sarcofago di cemento in cui è stato soffocato il reattore 1 della centrale, trapelano in rete le foto; trapelano le foto delle malformazioni genetiche, che uomini e animali continuano a subire nel silenzio assordante di terre che anche il post comunismo ha condannato all’oblio. A un tale oblio e a una tale disattenzione che il dittatore della Bielorussia, Alexander Lukashenko, ha firmato il decreto “Sulla

costruzione della centrale nucleare bielorussa” di Ostrovets. É vero si è innescata la protesta di gran parte delle ONG che operano da decenni in quelle aree; il Partito dell’Unione civica ha chiesto di sospendere l’efficacia del decreto; in campo è scesa anche la Chiesa Ortodossa, ma Lukashenko vuole andare avanti con la sua sfida: il decreto 499 firmato si basa sull’articolo 4 della legge della Repubblica di Belarus “sull’uso di energia atomica” che permette a un general contractor di avviare la costruzione della centrale nucleare a Ostrovets, un distretto della regione di Grodno, di due reattori VVER-1200 da 1,2 gigawatt l’uno. In realtà la costruzione della centrale, progettata e gestita da Atomstroiexport, il braccio estero del monopolista statale del nucleare russo Rosatom Corporation, è già cominciata da un pezzo. Eppure la Bielorussia è il paese che più ha

subito e continua a subire le conseguenze del fall-out della catastrofe nucleare di Chernobyl del 1986. Secondo uno studio pubblicato nel 2012 dall’ Universität für Bodenkultur di Vienna che dimostra come un grave incidente, non contemplato nei progetti per Ostrovets, in un solo reattore potrebbe portare ad una contaminazione di cesio 137 radioattivo a livelli che potrebbero essere pericolosi per l’agricoltura e la sanità pubblica: da 10 e 100 curies per Km2 (3.7·105 e 3.7·106 becquerels per Km2) con un territorio colpito in un raggio di 300 Km, compresa la capitale Minsk e le città di Vitebsk and Polotsk. Una tragedia che farebbe impallidire Chernobyl, con un fall-out radioattivo che raggiungerebbe anche l’Italia e comporterebbe l’evacuazione permanente del territorio interessato.

History

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Un contributo importante Per un anno Bally supporta l’attività dell’artista prescelto organizzando esposizioni presso musei, acquistando un’opera, realizzando una monografia e fornendo un contributo economico mirato alla concretizzazione di un progetto artistico.

Nelly Rodriguez Fotografia

Artista Bally 2008

Gabriele Genini Illustrazione

Nell’universo Bally il lusso è infatti inteso come stile di vita, un concetto concreto e tangibile che si manifesta nella qualità e cura dei dettagli che caratterizzano tutte le linee di prodotto.

Artista Bally 2009

Una filosofia espressione di una vera e propria cultura aziendale che negli anni ha portato Bally a realizzare prodotti paragonabili a vere e proprie espressioni artistiche.

La Fondazione Bally per la Cultura ha come obiettivo quello di cercare e mettere in luce artisti ticinesi che avranno l’opportunità di essere sostenuti e supportati a livello internazionale da uno dei Brand più famosi nel settore del lusso.

Ed è quindi per coerenza con i propri valori artistici che Bally ha deciso di legarsi al Ticino, sua terra d’elezione, investendo sulla cultura e sulla creatività di talenti emergenti in grado di distinguersi nel campo delle arti figurative.

Renato Tagli Land Art

Annunciarsi è semplice Per il titolo di Artista Bally dell’anno le iscrizioni sono sempre aperte. Chiunque volesse partecipare al concorso può iscriversi in qualunque momento dell’anno compilando l’apposito formulario elettronico pubblicato nel sito:

www.fondazionebally.ch

Dal 2007 la Fondazione Bally per la Cultura ricerca talenti di età variabile tra i 21 ed i 55 anni, nati o residenti in Canton Ticino e in grado di distinguersi nel campo delle arti figurative quali pittura, scultura, fotografia e illustrazione.

Artista Bally 2010

Pascal Murer Scultura

Artista Bally 2011

www.fondazionebally.ch Nevercrew Street Art

Artista Bally 2012

Alla costante ricerca di talenti in “ombra” da mettere in luce Per chiarire qual è l’obiettivo del lavoro che ogni anno la Fondazione Bally si accinge a compiere, il Consiglio di Fondazione ha ritenuto opportuno rivedere il significato del sostantivo “talento” traducendolo in ingegno, capacità, attitudine, inclinazione, estro e genialità.

Matteo Fieni Fotografia

Artista Bally 2013


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