Fondamentale gennaio 2013

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Numero 1 - gennaio 2013 - Anno XLI - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped.

in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479

IFOM

Il nuovo laboratorio a Bangalore (India) conferma che la ricerca è internazionale MEDICINA DEL FUTURO

Ingegneria genetica, staminali e terapia genica al servizio della ricerca

I GIORNI DELLA RICERCA

AIRC ha portato l’oncologia dal Quirinale alle università

Lucia Del Mastro protegge la maternità

AVERE FIGLI DOPO LA MALATTIA


SOMMARIO

FONDAMENTALE gennaio 2013

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In questo numero: 04 07 10 12 15 16 18 20 22 24 29 30 32 34 36 37 38

VITA DI RICERCATORE Per le donne con cancro del seno la cicogna viene dal Cilento DAL LABORATORIO ALLA CURA Senescenza e ringiovanimento, due facce della stessa medaglia STILI DI VITA Cibo scarso per vivere meglio PROFESSIONI PER LA RICERCA Dalla filosofia alla pratica arriva l’uomo del compromesso RICERCA IN VETRINA Nuove vie portano alla diagnosi precoce LEGGE La stampella amministrativa che aiuta chi non ce la fa WORLD ONCOLOGY FORUM Cento esperti tracciano le strategie di domani NOTIZIE FLASH Dal mondo I GIORNI DELLA RICERCA La crisi non ferma la ricerca contro il cancro Una ricerca giovane all’insegna della multidisciplinarietà I risultati dei vostri sforzi RAI per AIRC: insieme mettiamo il cancro all’angolo IFOM Viaggio in India per studiare la rigenerazione dei tessuti EROGAZIONI Selezione significa ottenere l’eccellenza INIZIATIVE AIRC sempre più 2.0 LASCITI Il paziente discolo a fianco di FIRC INIZIATIVE Arriva la stagione delle arance!

FONDAMENTALE

Anno XLI - Numero 1 Gennaio 2013 - AIRC Editore DIREZIONE E REDAZIONE: Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro sede legale: via Corridoni, 7 - 20122 Milano tel. 02 7797.1 - www.airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa Roto 2000 Casarile (Milano) DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci CONSULENZA EDITORIALE Daniela Ovadia (Agenzia Zoe)

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La medicina della giovinezza serve anche al cancro

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COORDINAMENTO REDAZIONALE Giulia Cauda REDAZIONE Martina Perotti, Cristina Zorzoli, Cristina Ferrario (Agenzia Zoe) PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Umberto Galli RESPONSABILE EDITORIALE Emanuela Properzj TESTI Attilia Burke, Giulia Cauda, Agnese Codignola, Cristina Ferrario, Daniela Ovadia, Simona Regina, Daniel Reichel, Gian Antonio Stella, Fabio Turone, Cristina Zorzoli

Si può essere madre anche dopo il tumore grazie agli studi di Lucia Del Mastro

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Il bioeticista è un conciliatore di opposte esigenze

Anche quest’anno la raccolta di fondi per la ricerca ha avuto un ottimo riscontro che consentirà agli scienziati di proseguire nel lavoro

FOTOGRAFIE Armando Rotoletti (copertina e servizio a p. 4), Contrasto, Corbis, Gardin & Mazzoli Fotografi in Treviso, Istockphoto

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La circolazione dei cervelli

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a cosiddetta “fuga dei cervelli” è ormai un luogo comune denunciato da tutti i media. A nostro parere, però, il fenomeno è più complesso di come viene descritto: innanzitutto, nella scienza, i cervelli non scompaiono, ma spesso vanno semplicemente ad arricchire le proprie conoscenze dove risulta efficace farlo. Il segreto, dunque, per un Paese avanzato come il nostro, è quello di costruire e mantenere una struttura operativa tale da attrarre e conservare talenti. Ed è proprio nel fare questo che AIRC, FIRC e IFOM eccellono: prima bandendo borse di studio per giovani ricercatori italiani che vogliono fare un’esperienza all’estero, poi finanziando attività per accogliere e aiutare gli stessi a rientrare in patria e, infine, accogliendo talenti di altre nazioni in strutture scientifiche localizzate in Italia. Questo circolo virtuoso crea un ambiente meritocratico e di alta qualità per la ricerca oncologica che ha come fine ultimo la produzione di scoperte che portino allo sviluppo di nuovi approcci clinici, incluse terapie vincenti. Non a caso, circa 3.000 ricercatori operano con successo nel nostro settore in Italia sotto la guida e la protezione dell’Associazione. Questo è un dato più che favorevole anche quando ci si confronta con altri Paesi. Nel nostro caso, pertanto, non è corretto parlare di fuga, bensì di circolazione dei cervelli. I quali, più circolano, più curano.

AMBROGINO D’ORO 2012 A GIUSEPPE DELLA PORTA Giuseppe Della Porta ha ricevuto il massimo riconoscimento della città di Milano il 7 dicembre 2012. Uomo di spicco della ricerca sul cancro ha fondato AIRC nel 1965 con Umberto Veronesi ed è ora presidente di IFOM. Della Porta conta oltre 180 pubblicazioni su diversi aspetti dell’oncologia sperimentale.


VITA DI RICERCATORE LL La scienza per la fertilità

In questo articolo: cancro del seno fertilità triptorelina

Per le donne con cancro del seno la cicogna viene dal Cilento Laureata in medicina a Napoli, trasferitasi a Genova per seguire il marito oncologo e per crescere da “mamma del Sud” due bellissimi figli, Lucia Del Mastro ha scoperto un farmaco che permette di conservare la fertilità anche dopo una chemio per tumore della mammella

a cura di FABIO TURONE e oggi le donne colpite in età giovanile da un tumore della mammella possono conservare buone prospettive di diventare mamme senza dover rinunciare alle migliori cure antitumorali disponibili, gran parte del merito va alle ricerche condotte da Lucia Del Mastro, con il finanziamento di AIRC. Cilentana, da molti anni trapiantata a Genova, dove lavora allo sviluppo di terapie innovative nel reparto di oncologia dell’IRCCS San Martino-Istituto nazionale per la ricerca sul cancro, ha pubblicato nel 2011 la ricerca condotta insieme al marito Marco Venturini su JAMA, una delle riviste cliniche più prestigiose del mondo, che all’importante novità terapeutica ha significativamente dedicato anche un editoriale. “Quando lo studio è uscito, ed è stato citato dai giornali di tutto il mondo, i miei figli mi hanno chiesto: ‘Mamma,

S Lucia Del Mastro in compagnia delle sue collaboratrici

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ma era quel lavoro per cui ti alzavi tutti i giorni alle cinque e andavi avanti a lavorare fino a mezzanotte?’” racconta con orgoglio Del Mastro nel suo studio nell’ospedale sulla collina genovese affacciata sul mare. Anche in quel periodo di lavoro incredibilmente intenso, aggiunge subito, la famiglia e i figli hanno avuto comunque la priorità: “Sono una mamma del Sud” spiega con un ampio sorriso e con un accento che qua e là ancora tradisce le origini campane, cui è molto attaccata. “Sono nata ad Agnone Cilento, in provincia di Salerno. Un paese di circa 800 abitanti, con il pregio impagabile di essere sul mare. Chi nasce sul mare ne rimane condizionato in maniera positiva per tutta la vita. Diventa difficile vivere in un posto dove il mare non c’è”.

iscriversi a medicina a Napoli, distante 200 chilometri. “Uno dei motivi per cui ho fatto medicina è stata l’insistenza con cui mia mamma Margherita si è sempre detta certa che dei suoi otto figli sarei stata io a fare il medico, come lo zio”. A Napoli Lucia condivide un appartamento con altre studentesse, tra cui una compagna delle medie anche lei iscritta a medicina. A partire dal quarto anno comincia a frequentare il reparto di oncologia, coltivando un particolare interesse per gli effetti del tumore della mammella sulla fertilità delle donne giovani, su cui scrive la tesi di laurea. La laurea con 110 e lode coincide con la prima borsa di studio triennale di AIRC, per lavorare a una ricerca su un trattamento innovativo, in esame nel reparto diretto da Angelo Raffaele Bianco. Poi, come spesso accade a chi è concentrato sulla ricerca, è durante un congresso internazionale, a Francoforte, che inaspettato arriva il colpo di fulmine: “Lì ho conosciuto Marco, che sarebbe poi diventato mio marito; lavorava come aiuto all’Istituto dei tumori di Genova”. Era il 1991. L’anno dopo Lucia si trasferisce a Genova, nello stesso reparto del marito: “Anche lui si occupava di tumore della mammella, per cui da allora abbiamo cominciato a lavorare e a fare ricerca insieme. All’inizio venivo un po’ vista come la fidanzata dell’aiuto primario, ma ho ben presto chiarito di avere non solo il mio caratterino, ma anche indipendenza e autonomia professionale. Da allora abbiamo lavorato insieme in modo sinergico, riuscendo a fare in modo che uno più uno facesse assai più di due. Insieme abbiamo imparato l’importanza del confronto, anche per avere un aiuto critico che metta in luce gli aspetti migliorabili di qualsiasi lavoro”. Tra i segni tangibili di questo affiatamento professionale, la nascita del Gruppo italiano mammella, che oggi riunisce oltre cento centri oncologici.

L’oncologia è una passione precoce fin dai primi anni di medicina

Con AIRC fin da giovanissima Dopo il liceo classico ad Agropoli, a 27 chilometri da casa, la decisione di


Dalla cucina all’ospedale Dopo il matrimonio, e l’acquisto della casa “piccolissima ma con terrazzo vista mare”, all’inizio del 2000 arrivano i due gemelli Carlo Andrea e Margherita (chiamata così in onore della nonna). “È stato il giorno più bello della nostra vita” ricorda con orgoglio materno misto a commozione. “Il lavoro è sempre stato molto importante per me, ma loro sono subito diventati il mio primo pensiero, senza che questo comportasse alcun rammarico. Con molta serenità”. Visto che le famiglie di origine sono lontane, in Campania e in Toscana, i piccoli Venturini diventano subito ospiti fissi del congresso annuale dell’Associazione italiana di oncologia medica, di cui il papà in seguito sarebbe anche stato presidente: “Fin da quando avevano un anno me li sono sempre portati dietro, con la baby sitter, per poter stare con loro senza rinunciare a presentare i miei lavori. Per questo conoscono tutti gli oncologi italiani” racconta ridendo. “Ancora oggi li accompagno a scuola tutte le mattine e fino alle elementari andavo anche a prenderli al pomeriggio

per riportarli a casa, dove ho sempre un sacco di cose da fare e in genere non mi porto il lavoro”. Un’eccezione fu fatta ovviamente per la revisione dello studio AIRC da pubblicare su JAMA: in quel periodo era a casa in convalescenza e passava l’intera giornata a rispondere alle richieste di chiarimenti dei revisori, ben cinque, chiamati dalla rivista a valutare la ricerca in ogni dettaglio. “In tutto alla fine ho spedito ben 17 pagine di risposte e precisazioni”. Ma al risveglio antelucano, in realtà, la Del Mastro è abituata da sempre: “Mi sveglio verso le cinque e mezzo e trovo in casa moltissime cose da fare. Mi occupo delle piante, e in particolare del melograno che sono molto fiera di aver portato da Agnone e di essere riuscita a far crescere rigogliosamente. E siccome mi piace moltissimo cucinare, alle volte mi piace far trovare ai bambini, al risveglio, una torta appena sfornata, insieme al pranzo che lascio in frigo per mezzogiorno, visto che da quando sono alle medie tornano a casa da soli. Spesso al pomeriggio preparo una delle ‘merende speciali’ per cui sono famosa in tutta la scuola: conosco tutti i loro compagni e

c’è sempre qualche loro Lucia Del Mastro amico che si ferma a con i figli Carlo Andrea mangiare e a dormire da e Margherita noi, dopo una cena in cui di solito passiamo un sacco di tempo a raccontarci come è andata la giornata”. È stato anche il suo modo – da “mamma del Sud” – di superare insieme a loro il lutto che li ha colpiti crudelmente nel dicembre 2011, quando Marco se n’è andato per un infarto durante un intervento di angioplastica, ad appena 57 anni: “Ha continuato a lavorare fino al giorno prima dell’intervento, perché l’unica cosa che ha amato più del suo lavoro di medico e della ricerca oncologica sono i figli”. Allora la vicinanza dei parenti è stata importantissima: “Per me e i miei figli è stato fondamentale avere tutti i miei fratelli e le mie sorelle vicino. È bello essere una famiglia numerosa” ricorda. E forse anche la dimestichezza con la malattia ha in qualche modo aiutato, almeno un po’. “Nel corso degli anni mi è capitato spesso di ospitare a casa molti compaesani con problemi di salute. Ad Agnone, dove continuiamo a passare le vacanze estive, ci si conosce tutti, e per molti è naturale pensare che a Genova ci

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VITA DI RICERCATORE

A RIPOSO PER IL FUTURO

i chiama triptorelina, ed è la sostanza – tecnicamente definita un analogo dell’ormone che rilascia le gonadotropine – che permette di “mettere a riposo” le ovaie quando una donna giovane deve sottoporsi a una chemioterapia, così da limitare al massimo i rischi che la terapia salvavita comprometta la sua fecondità negli anni a venire. La ricerca che ne ha dimostrato l’efficacia, finanziata da AIRC, ha coinvolto 281 giovani donne colpite da un tumore della mammella, e ha confermato che l’uso della triptorelina riduce significativamente il rischio di dover rinunciare alla maternità: “Tenere in braccio i primi bambini nati dalle pazienti che hanno partecipato allo studio mi ha dato una grande emozione” racconta Lucia Del Mastro. Ora sta portando avanti un progetto per permettere alle donne di congelare i propri ovuli prima di sottoporsi alla chemioterapia: “La crioconservazione degli ovociti rimane l’opzione più sicura, per cui la nostra scommessa è quella di riuscire a indurre la stimolazione ovarica con farmaci

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che non abbiano effetti negativi”. Il team con cui lavora è costituito da sei medici (in gran parte giovani, specializzandi, borsisti o contrattisti), un’infermiera di ricerca, due data manager e un ricercatore di laboratorio: “Quando si lavora insieme su una patologia come il tumore della mammella, il rapporto che si sviluppa all’interno del team è molto profondo. Si condividono, dal punto di vista clinico, sconfitte e vittorie umanamente molto coinvolgenti. Ogni vittoria è di tutto il gruppo, anche se io cerco di fare in modo che ciascuno conservi la voglia di coltivare e portare avanti le proprie idee. Sarebbe più facile per me dare indicazioni da seguire, ma non è questo che fa crescere un gruppo”. Del Mastro si prefigge ora lo stesso obiettivo con il lavoro nel Comitato tecnico scientifico di AIRC, in cui è chiamata a scegliere le ricerche più promettenti e meritevoli di essere finanziate con i soldi dei donatori: “Ho contribuito a valutare ben 350 progetti” spiega con giustificato orgoglio.

Lucia Del Mastro col suo gruppo che segue il progetto 5 per mille dedicato alla lotta contro il cancro del seno

siano non solo ottime cure ma anche una persona che può aiutarli. La domanda che i bambini hanno sempre fatto quando avevamo qualcuno ospite da noi è ‘Ma guarisce?’ Io ho sempre pensato che sia importante trovare il modo per dire loro la verità: è importante dare una risposta ponderata, senza mentire. È un aspetto fondamentale anche per le donne colpite da tumore del seno, cui cerco sempre di spiegare che quando in famiglia c’è un problema grave, la cosa peggiore per i bambini è sentirsi esclusi, lasciati all’oscuro. Lo spavento peggiore nasce dal non sapere, mentre invece è importante trovare il modo perché sentano di poter collaborare, nel loro piccolo, a far stare un po’ meglio la persona cara che soffre” spiega. Oggi i suoi ragazzi rispondono in modo molto personale alla domanda se pensino di fare il medico da grande: “Margherita mi ha detto che non farà il medico perché non vuole vedere le persone che soffrono, mentre Carlo Andrea – che ha una grande passione per gli animali ed è vegetariano molto convinto – ha sempre detto di voler fare il veterinario, ma ultimamente pensava di fare oncologia pediatrica”.


DAL LABORATORIO ALLA CURA Dall’invecchiamento al tumore

Senescenza e ringiovanimento, due facce della stessa medaglia La ricerca sui meccanismi di invecchiamento cellulare è nata con lo scopo di fermare, o rallentare, i processi di degenerazione a cui è sottoposto l’organismo umano. Col tempo, però, si è scoperto che è molto utile nella lotta contro il cancro a cura di AGNESE CODIGNOLA e DANIELA OVADIA nche le cellule vanno incontro alla terza età, modificando le loro caratteristiche fisiologiche e, soprattutto, perdendo la capacità di replicarsi. Questo processo, che viene chiamato senescenza, ha importanti ERRY conseguenELINO ze: comprenderle è molBIOLOGO MOLECOLA to utile per combattere RE A OR il cancro. ERGATA Anzi, secondo alcuni la senescenza è messa in atto dall’organismo proprio per evitare che una

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cellula, arrivata a un numero limite di cicli di divisione, avendo accumulato molte mutazioni (dovute, per esempio, al sole, agli agenti chimici e a tutto ciò che può aver incontrato nel suo percorso vitale), perda la capacità di controllo e inizi a proliferare senza limiti. Se si riuscisse a intervenire sui passaggi chiave di questo fenomeno, per esempio indirizzando tutte le cellule verso la senescenza quando è il momento giusto, si potrebbe trovare un approccio efficace per combattere i tumori. La ricerca di terapie capaci di “invecchiare” la cellula a comando è l’altra faccia della medaglia della cosiddetta medicina rigenerativa, quella che si propone invece di bloccare l’invecchiamento dei tessuti, oppure di creare nuovi tessuti da cellule staminali per sostituire quelli usurati. Quando si conosce un meccanismo cel-

lulare, infatti, è sempre possibile (per lo meno in laboratorio) approcciarlo nei due sensi: la strada dell’invecchiamento può quindi essere percorsa a ritroso per “ringiovanire” una cellula o un tessuto, oppure può essere accelerata per indurre una morte cellulare precoce, come si tenta di fare nel caso di tumori. E se da un lato si spera di prolungare la vita dell’uomo (e la qualità della stessa), lavorando alla creazione di nuovi tessuti e persino di organi di ricambio, dall’altro il medesimo obiettivo finale è però perseguito attraverso il blocco della proliferazione cancerosa.

salgono agli anni sessanta, con le prime osservazioni in vitro del meccanismo naturale di senescenza nelle cellule di mammifero. Negli anni seguenti si è capito che la senescenza è un sistema di difesa che si attiva per rispondere ai danni che la cellula riceve dall’interazione con l’esterno: solo all’inizio del Duemila è apparso chiaro che tra questi rientra anche il cancro. Da quel momento molti gruppi si sono attivati per cercare di trasformare le scoperte fatte fino ad allora in vere armi anticancro. Tra questi c’è quello diretto da Gerry Melino, docente di biologia molecolare e direttore del Dipartimento di medicina sperimentale e scienze biochimiche dell’Università Tor Vergata di Roma che, di recente, ha pubblicato, su Genes

Vivere più a lungo ma anche vivere meglio

CINQUANT’ANNI DI STUDI Le prime indicazioni di fattibilità di questa strategia ri-

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DAL LABORATORIO ALLA CURA Dall’invecchiamento al tumore

p63 governa l’invecchiamento della pelle e della cellula

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In questo articolo: medicina rigenerativa senescenza telomeri

& Development e su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), gli ultimi studi sull’argomento, realizzati principalmente con fondi ottenuti da AIRC. Spiega Melino: “Lo scopo di alcune delle nostre ricerche è inquadrare al meglio il ruolo dei geni coinvolti nella senescenza, per comprendere il fenomeno in ogni dettaglio e individuare i punti dove potrebbe essere più facile intervenire. In particolare, negli ultimi anni abbiamo scoperto che due geni chiamati p63 e p73, molto simili per struttura al più noto p53, sono cruciali per l’invecchiamento”. Melino e il suo gruppo hanno capito che p63 è collegato alla senescenza dei cheratinociti, le cellule della pelle che, per difendersi dai danni (tipicamente del sole) e non innescare la formazione dei tumori cutanei, invecchiano: un processo che si vede dall’esterno, poiché è all’origine di rughe e macchie. Hanno inoltre dimostrato che p73 è collegato al circuito che porta alternativamente alla senescenza o ai tumori. I modelli sperimentali privi del gene p73 vanno infatti incontro a un invecchiamento molto spinto e precoce, dovuto a modificazioni dell’intero metabolismo di un organismo. La ricerca ha poi appurato che bassissime dosi di p73 sono necessarie per mantenere l’efficienza del metabolismo, in particolare dei mitocondri (gli organelli cellulari deputati alla respirazione della cellula) prevenendo la senescenza, mentre se le concentrazioni di p73 sono troppo

alte il metabolismo spinge verso la morte programmata (apoptosi). Tutta la famiglia di p53 quindi, inclusi p63 e p73, regola il metabolismo delle cellule e, di conseguenza, il loro destino: senescenza o morte. Si tratta di un equilibrio molto delicato, con valori-soglia di un solo gene che riescono a orientare tutto il destino di una cellula verso una direzione che, nel caso dei tumori, può essere positiva e, soprattutto, sfruttabile a fini terapeutici. Non solo: teoricamente, la via della senescenza potrebbe essere utilizzata anche a scopi preventivi in tutti i tumori, proprio perché il meccanismo è universale e condiviso da tutte le cellule. “Nel mondo iniziano a esserci sperimentazioni precliniche di farmaci che intervengono sulle vie metaboliche della senescenza” conclude Melino. “Il fatto che alcune aziende stiano investendo notevoli risorse e capacità dimostra che siamo in molti a pensare che i presupposti teorici siano validi e che questa potrebbe essere una nuova strada per comprendere meglio e sconfiggere il cancro”. SI ACCORCIANO CON L’ETÀ Il fenomeno della senescenza e il suo rapporto con l’evoluzione tumorale può anche essere affrontato da un altro punto di vista: quello dei telomeri, le strutture la cui lunghezza è collegata al numero di replicazioni del DNA e quindi alla durata della vita della cellula. Infatti, quando i telomeri raggiungono una lunghezza limite, la cellula smette di re-


plicarsi, un evento che può essere positivo o negativo. È negativo se la cellula che si ferma è normale, perché fermandosi non può più sostituire altre cellule danneggiate o morte. Ma è positivo se la cellula che smette di replicarsi è pretumorale, perché se non prolifera più la probabilità che dia origine a un tumore si riduce drasticamente fino ad annullarsi. Sui legami tra lunghezza dei telomeri, senescenza e cancro sta lavorando ormai da alcuni anni Fabrizio d’Adda di Fagagna, il ricercatore che guida il programma “Telomeri e senescenza”, finanziato da AIRC, dell’Istituto FIRC di oncologia molecolare (IFOM) di Milano. D’Adda di Fagagna, autore di molte prestigiose pubblicazioni sull’argomento, ha scoperto che quando i telomeri sono troppo corti la cellula attiva una sorta di sistema di allarme, perché percepisce i telomeri corti come DNA danneggiato. Anche in questo caso ciò che emerge è la dualità tra senescenza e tumori, che sembrano sempre di più due vie alternative da sfruttare a scopi terapeutici. Gli studi di d’Adda di Fagagna, inoltre, si incontrano con quelli di Melino, perché anche il ricercatore milanese ha descritto il ruolo di oncogeni simili a p73 in questi complessi fenomeni e dimostrato che quando si attiva un oncogene, la cellula è avviata a generare un tumore, ma la senescenza cellulare la blocca, riconoscendo la presenza di DNA danneggiato. In questo modo il tumore non si instaura, a meno che altre mutazioni impediscano all’invecchiamento cellulare di concludersi con il suo destino naturale, ovvero la morte di quell’elemento ormai troppo usurato.

UNA FABBRICA DI “PEZZI DI RICAMBIO”

L’

aumento della vita media ha scatenato una corsa al miglioramento dell’efficienza fisica e mentale delle persone in là con gli anni: vivere a lungo è infatti inutile se la qualità di vita è compromessa e, soprattutto, se si manifestano malattie non facilmente curabili come il cancro, le malattie cardiovascolari e il diabete. È da questa esigenza che nasce la necessità di sviluppare tecniche capaci di riparare o sostituire organi danneggiati dall’invecchiamento patologico. Queste, note con il termine di medicina rigenerativa, sono basate principalmente sulle particolari proprietà delle cellule staminali, progenitrici non ancora mature di tutti i tessuti dell’organismo. Come è noto, anche i tumori possiedono un tipo di cellula staminale, la staminale tumorale, che funge da serbatoio di mantenimento della replicazione di elementi maligni e che condivide con tutte le altre staminali i principali meccanismi di funzionamento. Ecco perché la ricerca sulla staminalità (cioè sulle caratteristiche di questo particolare tipo di cellule) è utile sia nell’ambito degli studi sul ringiovanimento sia in quelli sul cancro. La medicina rigenerativa, che vede la sua punta di diamante nell’ingegneria tissutale, è un campo multidisciplinare che cerca di sviluppare cellule, tessuti o sostituti di organi: non sempre lo scopo è sostituire ciò che non funziona più, ma talvolta è quello di migliorare le prestazioni dell’organismo. Ne fanno parte anche la terapia genica (cioè le tecniche di sostituzione di geni

difettosi all’interno delle cellule dell’organismo) e la terapia cellulare somatica, cioè l’uso di staminali. La terapia genica è stata finora utilizzata solo in alcuni rari casi di malattie congenite (per lo più neurodegenerative, ma vi sono sperimentazioni in atto in tumori particolari, legati all’alterazione di un singolo gene), mentre le staminali sono ormai entrate a far parte delle terapie di “routine”. Basta infatti pensare ai trapianti di midollo (che altro non sono se non un trasferimento di elementi staminali del sangue) o all’uso di pelle o cornee coltivate in laboratorio. Il prossimo passo della

medicina rigenerativa consiste nella possibilità di programmare alcune cellule staminali (per esempio le staminali adulte presenti nel tessuto adiposo) perché diano origine a elem e n t i super specializzati, in grado di svolgere compiti importanti per la salute della persona. Gli esperimenti più avanzati in questo ambito sono stati effettuati per sostituire le cellule della sostanza nera del cervello, che producono dopamina e non funzionano più nel morbo di Parkinson, e per creare in laboratorio nuove isole pancreatiche, che producono l’insulina e sono andate distrutte nei diabetici.

Il futuro? L’ingegneria dei tessuti e la terapia genica

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STILI DI VITA La restrizione calorica

Cibo scarso per vivere meglio Da oltre vent’anni si studiano gli effetti di una riduzione importante delle calorie sulla salute dell’uomo e degli altri animali: in tutti i casi si nota una diminuzione delle malattie come il cancro e, forse, anche un allungamento della vita media

a cura di CRISTINA FERRARIO on è certo l’elisir di lunga vita, ma la restrizione calorica è senza dubbio il più potente strumento a nostra disposizione per invecchiare in buona salute e probabilmente anche per vivere più a lungo”. Studi recenti che h a n n o a v u t o larga eco anche sui giornali sembrerebbero smentire l’utilità di un regime alimentare basato sulla riduzione delle calorie introdotte con il cibo al fine di aumentare la durata media della vita, limitando (si fa per dire) il beneficio alla diminuzione generica delle malattie. Malgrado queste novità, Pier Giuseppe

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Pelicci, direttore del Dipartimento di oncologia sperimentale dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, rimane convinto della fondatezza della teoria che ha contribuito a dimostrare con le sue ricerche. La riduzione, in base a dati raccolti in decenni di studi su modelli sperimentali, ha infatti effetti positivi sulla salute e porta a una diminuzione sia del numero sia della gravità delle malattie tipiche dell’invecchiamento come diabete, malattie cardiovascolari, malattie neurodegenerative (per esempio l’Alzheimer) e, non ultimi, i tumori. “Il dato che colpisce” aggiunge Pelicci “è che ridurre di molto le calorie funziona sempre. Tutti i dati ottenuti dai ricercatori sono ri-

Mangiare meno significa vivere più sani se non più a lungo

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producibili, cioè possono essere ottenuti nuovamente se si ripete l’esperimento e questo dimostra che si tratta di un effetto molto potente”. EFFETTI DIFFUSI I benefici della restrizione calorica valgono per tutti gli organismi: dal verme alle scimmie, passando per il topo e per molte altre specie animali. Ciò significa che coinvolge meccanismi molecolari ben conservati nel corso dell’evoluzione e, quindi, fondamentali per la vita. E il fatto che i vantaggi di questa riduzione si riscontrino praticamente nel 99 per cento degli organismi viventi ci induce a ipotizzare che simili benefici si possano ottenere anche nell’uomo, sebbene al momento non esistano dati ufficiali a riguardo. “Negli anni sono stati fatti molti passi avanti nella comprensione dei meccani-

smi genetici e molecolari regolati dalla riduzione delle calorie e oggi sappiamo che le parole magiche per riassumere l’effetto della restrizione calorica sono insulina e mTOR” spiega Pelicci. Si tratta di due molecole che interagiscono tra loro e con altre proteine implicate in un processo molecolare complesso e fondamentale per l’invecchiamento delle cellule e dell’organismo. “Oggi molti dei tasselli di questo puzzle sono stati identificati e posizionati al posto giusto. Sappiamo, per esempio, che modificando in modo mirato i geni di questo processo molecolare possiamo ottenere gli stessi effetti che si ottengono riducendo le calorie ingerite”. Si tratta, quindi, di una grande opportunità per la creazione di farmaci intelligenti che possano, in un certo senso, mimare l’effetto di un taglio drastico del cibo,


In questo articolo: alimentazione restrizione calorica vita media

così drastico da essere spesso improponibile. I dati finora disponibili sugli effetti della restrizione calorica sono stati ottenuti sempre in laboratorio e in condizioni molto controllate. “Non è certo semplice studiare questi effetti direttamente sull’uomo dal momento che le variabili in gioco sono moltissime e si tratta di sottoporre le persone a una dieta difficile da seguire” spiega Pelicci. Qualcosa però si sta muovendo. Negli Stati Uniti è in corso il primo studio sull’uomo e i risultati preliminari fanno ben sperare: dopo sei mesi di dieta draconiana sono stati osservati effetti benefici sulla salute cardiovascolare e il miglioramento di molti parametri considerati importanti marcatori dell’invecchiamento. FUNZIONA DAVVERO? Un articolo comparso di recente sulla prestigiosa rivista scientifica Nature e firmato dai ricercatori statunitensi del NIA (National Institute on Aging, Istituto nazionale per lo studio dell’invecchiamento) riporta i risultati di uno studio durato più di 20 anni, affermando che la restrizione calorica non porta a un allungamento della vita, se confrontata con un’alimentazione normale. Il dato è apparso subito molto importante perché il modello sperimentale utilizzato in questo studio è particolarmente vicino all’uomo.

Bisogna dunque rivedere tutte le convinzioni e i dati precedentemente raccolti sulla restrizione calorica? “Il nuovo dato è di certo interessante” chiarisce Pelicci “ma, personalmente, non ritengo possa sminuire l’importanza di una strategia che resta fondamentale per invecchiare in salute”. In precedenza un altro studio, condotto sullo stesso modello sperimentale, aveva dato risultati opposti, forse a causa di differenze nel disegno sperimentale che possono giustificare un risultato per certi versi inaspettato, di cui hanno molto parlato anche i quotidiani generalisti. “In ogni caso nel nuovo studio si manifestano gli effetti positivi della restrizione calorica sulle malattie tipiche dell’invecchiamento, anche quando la vita non si allunga”. In sostanza, semmai questa scoperta fosse confermata, ridurre di molto la quantità di cibo ingerito non permette di vivere di più, ma sicuramente meglio, senza gravi malattie. Il numero di tumori, solo per fare un esempio, è risultato più basso nel gruppo che ha ridotto l’assunzione di calorie. “La nostra missione è portare il cancro a zero, non certo vivere in eterno” conclude Pelicci parlando anche a nome di tanti ricercatori che ogni giorno lo affiancano nella battaglia contro il cancro. “I processi molecolari regolati dalla restrizione calorica ci offrono tante opportunità in questo senso. E se poi guadagniamo anche qualche anno di vita in buona salute, tanto meglio per noi”.

Difficile da studiare per i molti fattori in gioco

IL NUMERO DI CALORIE DEVE ESSERE DRASTICAMENTE RIDOTTO

QUANTO È RISTRETTA ecnicamente, con l’espressione restrizione calorica si intende una riduzione molto drastica del numero di calorie assunte attraverso la dieta, ma senza arrivare alla soglia della malnutrizione. In altri termini, iniziare un regime di restrizione calorica significa – almeno nei mammiferi come l’uomo – ridurre le calorie del 30 per cento circa rispetto a quelle che si assumerebbero in una situazione ideale nella quale è possibile mangiare a piacere, senza nessun tipo di limitazione. “Questi numeri variano nei diversi organismi e comunque rappresentano un taglio piuttosto drastico e difficile da mettere in pratica nella vita di tutti i giorni” chiarisce Pier Giuseppe Pelicci.

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L’EVOLUZIONE CI HA DOTATI DI UN SISTEMA DI CONTROLLO AMBIENTALE

IL DNA SENTE IL CIBO rocurarsi il cibo è un’impresa piuttosto semplice nella nostra società: al massimo dobbiamo affrontare una lunga fila alla cassa del supermercato, ma non dobbiamo certo fare i conti con prede che scappano o condizioni climatiche sfavorevoli che ne riducono la disponibilità. Un tempo la situazione era molto diversa anche per l’uomo e tutti gli organismi hanno sviluppato sistemi per riuscire a sopravvivere non solo nei periodi di abbondanza, ma anche quando il cibo scarseggia. “A livello molecolare esistono meccanismi che sentono il cibo” spiega Pelicci. “In base alla quantità di nutrimento presente decidono come procedere dal punto di vista metabolico: se il cibo è abbondante si possono compiere moltissime attività e anche mettere da parte qualche riserva, mentre se il cibo è poco la vita in un certo senso si congela e molte azioni vengono rimandate a tempi migliori”. Proprio questi meccanismi sono alla base degli effetti della restrizione calorica.

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PROFESSIONI PER LA RICERCA Il bioeticista

Dalla filosofia alla pratica arriva l’uomo del compromesso Il bioeticista è un professionista della mediazione culturale: il suo compito è quello di rendere accettabili e sicure, a livello sociale, le innovazioni introdotte dalla scienza, tenendo conto delle diverse sensibilità in gioco a cura di DANIELA OVADIA ellule staminali, tecniche di sperimentazione, applicazione delle scoperte scientifiche sull’uomo: non c’è ambito della scienza moderna che non susciti dibattiti, che non si apra a possibili interpretazioni controverse e che non abbia bisogno di una comprensione e di una mediazione tra culture e sensibilità differenti, come per esempio quella laica e quella cattolica. A svolgere questo prezioso lavoro di compromesso tra le aspirazioni della scienza e un doveroso controllo sociale sui suoi risultati è il bioeticista, figura professionale dai contorni ancora sfumati, malgrado sia sempre più necessaria anche nella vita quotidiana delle istituzioni scientifiche e degli ospedali. Le norme in materia di tutela delle persone coinvolte nella ricerca scientifica e di applicazione delle innovazioni impongono, infatti, che qualsiasi novità passi al vaglio di appositi comitati. Le stesse proposte devono essere redatte rispettando complesse normative che richiedono sempre più spesso la presenza di esperti nella materia. “Tradizionalmente, in Italia, i bioeticisti sono filosofi, cioè persone con una formazione prettamente umanistica e quasi nessuna conoscenza

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della scienza applicata, cioè di ciò che si fa davvero nei laboratori” spiega Giovanni Boniolo, bioeticista dell’Università di Milano e fondatore del primo corso di dottorato interdiscipli-

In questo articolo: bioeticista ricerca formazione

nare in scienze della vita e bioetica (FOLSATEC), ospitato dall’Istituto FIRC di oncologia molecolare (vedi riquadro sulla formazione).

Contorni sfumati Definire il ruolo del bioeticista in Italia è davvero difficile poiché manca una figura professionale riconosciuta, contrariamente a quanto accade in diversi altri Paesi europei. Un tentativo di normare la questione è stato fatto nel 2003, con un progetto di legge presentato al Senato (primo firmatario il sen. Giovanni Collino, PDL). La bozza, mai diventata legge, definiva all’articolo 1 gli ambiti di intervento di questo nuovo professionista, che doveva possedere una laurea magistrale o specialistica e un master o un dottorato specifico: “Il bioeticista svolge la sua attività di ricerca e di consulenza bioetica nei seguenti settori: alimentare, ambienta-

COME SI DIVENTA… BIOETICISTA. radizionalmente la bioetica è materia per filosofi, specie in Italia, ma da alcuni anni le cose stanno cambiando. Un numero sempre maggiore di laureati in materie scientifiche decide di completare la propria formazione in questo ambito disciplinare. Si tratta, in ogni caso, di un percorso post laurea, poiché non esistono corsi di laurea specifici. Molte università attivano invece corsi di perfezionamento e master in bioetica, alcuni dei quali già tematici (bioetica applicata ai protocolli di ricerca e ai comitati etici, bioetica e legge, bioetica della finanza e dell’economia eccetera). Tali corsi aprono e chiudono con grande frequenza, per cui è bene informarsi direttamente presso la propria università di riferimento. In molte università sono disponibili anche dottorati di ricerca promossi, di volta in volta, dalle Facoltà di medicina, filosofia o giurisprudenza. Ovviamente la facoltà che lo promuove influenza anche l’approccio alla materia: più tecnico nel caso delle facoltà scientifiche, più speculativo nelle facoltà umanistiche. Un discorso a parte merita il dottorato di ricerca in bioetica della Scuola europea di medicina molecolare (SEMM) in collaborazione con l’Università degli studi di Milano, ospitata dall’Istituto FIRC di oncologia molecolare. Si tratta infatti di un corso di dottorato di quattro anni, in lingua inglese, in cui la metà del tempo è dedicata alla ricerca pratica in laboratorio e solo l’altra metà alle lezioni teoricofilosofiche. Lo scopo è quello di formare bioeticisti in grado di discutere la materia dall’interno, specie per quel che riguarda la costruzione di protocolli di ricerca in ambito oncologico e biotecnologico.

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le, animale, biopedagogico, demografico, giuridico, medico e sociosanitario, penitenziario”. Come si può notare, si tratta di un elenco ampio e variegato e gli stessi estensori del progetto di legge, nelle premesse, invocavano la necessità di figure preparate a facilitare (e controllare) l’applicazione corretta delle scoperte scientifiche non solo nei laboratori, ma anche all’interno delle industrie. Aziende e fabbriche, specie nel settore farmaceutico e biotech, hanno infatti un bisogno sempre più impellente di attivare progetti nell’ambito della cosiddetta “corporate social responsibility”, un’espressione anglosassone che indica tutte le attività non necessariamente legate al profitto che le grandi aziende portano avanti anche per migliorare la propria immagine pubblica: si va dal finanziamento a enti di ricerca agli interventi umanitari in Paesi in via di sviluppo, fino a campagne di sensibilizzazione e informazione su temi scientifici e non solo. In questo settore poco conosciuto possono trovare lavoro alcune persone formate ad hoc. Una preparazione bioetica è richiesta, per esempio,

anche in ambito economico, dal momento che esistono, all’interno delle banche e delle finanziarie, alcuni pacchetti di investimento etico, che promettono a chi li sottoscrive di usare il denaro solo per attività di valore sociale comprovato (evitando, per esempio, le industrie che sfruttano il lavoro minorile oppure fabbricano armi).

Il lavoro in ospedale

sia da quelle di ogni singola istituzione, che possono essere anche molto diverse tra loro. In ambito oncologico, l’apporto della bioetica è particolarmente importante poiché molti trattamenti sperimentali costituiscono l’ultima speranza per pazienti che non rispondono alle cure più comuni e non sono pochi gli interrogativi sollevati dalla selezione dei soggetti da includere o da escludere da un’even-

Per restare nell’ambito più strettamente scientifico e sanitario, i bioeticisti sono necessari per gestire i comitati di bioetica che tutte le istituzioni mediche sono obbligate a mettere in piedi, per vagliare le sperimentazioni proposte dai propri ricercatori. Una consulenza bioetica può essere necessaria anche nella fase di messa a punto di un protocollo di sperimentazione, per essere sicuri che risponda a tutti i requisiti richiesti sia dalle leggi piuttosto complesse che governano il modo con cui si fa ricerca

Impiegati nel pubblico ma anche in farmaceutica e biotech

... l’articolo continua su: www.airc.it/bioeticista


PROFESSIONI PER LA RICERCA Il bioeticista

tuale sperimentazione. Sta all’esperto studiare, insieme al medico e allo scienziato, qual è il compromesso più accettabile tra esigenze di tutela della salute dei pazienti, possibilità offerte da una terapia innovativa e limiti sperimentali imposti dal protocollo di ricerca.

Non solo teoria “Il bioeticista è per definizione interdisciplinare: deve conoscere molto bene la parte scientifica relativa a ciò di cui si occupa, ma anche il pensiero filosofico sul tema e, non ultimo, tutti gli aspetti legali” spiega Boniolo. Non a caso il dottorato FOLSATEC è aperto sia a laureati in materie scientifiche sia a laureati in materie umanistiche, con l’idea che le eventuali lacune in un ambito o nell’altro saranno colmate durante il corso di studi. “In Italia c’è la tendenza a fare una bioetica tutta teorica, a studiare solo gli aspetti più speculativi della materia, tralasciando di calare sul piano reale, cioè su quello delle decisioni pratiche, il risultato della riflessione” continua Boniolo. “È facile dire no all’uso di staminali, per esempio, ma una cosa è decidere in astratto, un’altra farlo quando ci si trova davanti al bancone di un laboratorio, con la consapevolezza che il loro uso potrebbe aiutare, in un caso

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specifico, a salvare vite umane”. In altri Paesi, come la Francia o la Germania, il bioeticista è presente in ogni ospedale e aiuta i medici a dirimere le questioni spinose che ogni giorno si presentano alla loro attenzione: interventi che non vanno come si vorrebbe, pazienti che rifiutano le cure o, viceversa, pretendono cure inefficaci, familiari che non sanno cosa fare in caso di situazioni ormai deteriorate per le quali la medicina può fare poco. In quei Paesi i medici (e anche i pazienti) possono avvalersi dell’opinione di una persona che ha studiato a fondo gli aspetti tecnici, legali ma anche psicologici e sociali del problema che li affligge. In Italia, invece, come dimostra un’indagine pubblicata sulla rivista Nature nel 2008, medici e familiari sono soli con la propria coscienza e spesso influenzati, nella decisione finale, dalla visione personale della questione. “Penso che in futuro anche l’Italia dovrà, come gli altri Paesi, dotarsi di esperti preparati” dice Silvia Camporesi, giovane ricercatrice in bioetica, grazie a una borsa del Wellcome Trust, presso il Centre for the Humanities and Health del King’s College di Londra e attualmente inviata, in qualità di ricercatore ospite, presso il Di-

partimento di antropologia, storia e medicina sociale dell’Università della California, a San Francisco. Camporesi, dopo una laurea in biotecnologie conseguita a Bologna, ha frequentato, dal 2007 al 2010, il dottorato di ricerca del FOLSATEC. Ora si occupa di bioetica applicata allo sport (e per questo si è trasferita inizialmente a Londra, dove da poco hanno avuto luogo le Olimpiadi), dopo aver contribuito a creare una piattaforma europea per la comunicazione tra oncologi e società civile nell’ambito del progetto Eurocancercoms e aver studiato a lungo le regole che governano gli studi di fase zero, cioè quelli preclinici, in ambito oncologico. Il percorso professionale di Camporesi è un buon esempio della versatilità richiesta a chi decide di intraprendere questa professione affascinante ma certamente innovativa e, come tale, ancora tutta da inventare. Per ora le uniche posizioni più o meno stabili si trovano in ambito accademico o nei grandi centri di ricerca privati, comprese le industrie. Poiché in Italia la ricerca di base sull’uomo, tranne che in pochi casi, è pressoché inesistente, è necessario mettere in conto la possibilità di emigrare per trovare un posto adeguato alla propria preparazione.

In futuro anche l’Italia avrà bisogno di bioeticisti


RICERCA IN VETRINA Dalla cromatina al tumore

Nuove vie portano alla diagnosi precoce Uno studio internazionale, effettuato su campioni di tessuto provenienti da pazienti con cancro del pancreas allo stadio iniziale, svela quali sono le strade percorse dalla cellula per diventare maligna

a cura della REDAZIONE ontro il tumore del pancreas, le armi sono ancora spuntate. E la ricerca oncologica è indietro, in questo rispetto ad altri tumori, per via delle caratteristiche intrinseche alla malattia, che si presenta complessa dal punto di vista molecolare. Per questo non stupisce che la prestigiosa rivista Nature abbia pubblicato un importante studio internazionale di genetica del tumore del pancreas, guidato da un gruppo di ricerca australiano ma a cui hanno partecipato, tra gli altri, anche due ricercatori italiani finanziati da AIRC: Giampaolo Tortora, del Dipartimento di chirurgia oncologica, e Aldo Scarpa, del Centro ARC-NET per la ricerca applicata sul cancro dell’Università di Verona.

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In questo articolo: cancro del pancreas cromatina diagnosi precoce

Campioni da tutto il mondo Grazie agli sforzi di scienziati di una decina di Paesi partecipanti, è stato possibile identificare due nuovi percorsi che, dalla mutazione genetica fino alla formazione di una nuova massa all’interno del pancreas, inducono la formazione del cancro. Secondo il principale autore dello studio, Andrew V. Biankin del Kinghorn Cancer Centre di Sydney, in Australia, l’obiettivo è identificare alterazioni precoci che possano essere usate per una diagnosi il più possibile tempestiva, l’unica che consente di salvare la vita ai malati. Inoltre conoscere l’intero percorso molecolare consentirà di costruire a tavolino farmaci in grado di interferire con i passaggi chiave. Con questo studio si completa, infine, la mappa dei geni coinvolti nel cancro del pancreas, una premessa indispensabile alla creazione di nuove terapie. I tessuti provenienti da 142 pazienti con la malattia identificata agli stadi 1 e 2 (cioè i più precoci) sono stati analizzati presso quattro grandi centri internazionali di sequenziamento del genoma e hanno portato all’identificazione di 1982 diverse mutazioni che portano a cambiamenti nella produzione di una proteina e di ben 1628 mutazioni che influiscono sulla struttura dei cromosomi, i “pacchetti” di DNA contenuti nel nucleo della cellula. In sostanza, i ricercatori si sono trovati davanti a una montagna di errori nel DNA delle cellule malate, tra i quali hanno dovuto identificare quelli veramente responsabili del tumore, il che è stato possibile solo per la numerosità dei campioni raccolti in luoghi diversi del mondo.

Un modello completo Al termine di un lavoro certosino di selezione, l’attenzione si è concen-

trata su alcuni geni Fonte: Andrew V. Biankin coinvolti nelle modi- et al., “Pancreatic cancer ficazioni della cro- genomes reveal matina, una protei- aberrations in axon na che influenza il guidance pathway genes”. modo con cui il Nature (2012), doi:10.1038 DNA viene compattato all’interno della cellula e orienta la distribuzione degli assoni, i filamenti delle cellule nervose che fungono da collegamento tra un neurone e l’altro. Si tratta di geni che finora non erano stati messi in relazione con questo tipo di tumore e ciò apre nuove interessanti prospettive per la ricerca, come ogni volta in cui si trovano sentieri inesplorati. Infine, questo è uno dei primi studi genetici effettuati su campioni di tessuto pancreatico provenienti direttamente dai tumori asportati ai pazienti: in genere, anche per via delle lesioni piccole e diffuse, si studiano le alterazioni in cellule tumorali coltivate in laboratorio che, non avendo modo di interagire con l’ambiente come invece accade all’interno dell’organismo, costituiscono un modello incompleto della malattia.

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LEGGE L’amministratore di sostegno

In questo articolo: amministrazione di sostegno tutela del malato norme

La stampella amministrativa che aiuta chi non ce la fa Un tempo, quando una persona era in difficoltà a prendere decisioni per ragioni mediche, l’unico modo di sostituirsi a essa era di interdirla. Oggi è possibile nominare un amministratore di sostegno con poteri limitati a cura della REDAZIONE na persona anziana e malata, oppure un paziente dalle facoltà mentali parzialmente compromesse per la malattia o per la cura possono aver bisogno di qualcuno che si sostituisca a loro nello

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svolgimento di pratiche burocratiche, nella gestione del denaro o nel prendere decisioni con i medici. Si tratta di un’evenienza molto comune alla quale spesso non piace pensare, ma che può lasciare la famiglia e il paziente stesso in situazioni complesse e difficili. Uno dei casi raccontati recentemente in un convegno di psicologia forense riguarda una signora di soli 60 anni, trattata con radiochirurgia tramite gamma

knife per un tumore cerebrale. La signora ha avuto qualche disturbo dopo l’intervento, ma i medici ritengono che col tempo si riprenderà. Solo che i suoi soldi, necessari al mantenimento suo e della figlia, sono su un conto online. Questo tipo di conto non permette la nomina di un cointestatario, come accade con i conti in filiale, per cui la figlia non ha avuto modo, per oltre due mesi, di accedere ai fondi che servono loro per vivere. È stato necessario procedere alla sua nomina urgente come amministratore di sostegno, pratica che viene svolta da un giudice su richiesta dei familiari e previa presentazione di tutta la documentazione medica necessaria a provare lo stato di difficoltà della persona.

Non una menomazione Rispetto alla vecchia interdizione, che privava completamente il soggetto dei diritti fondamentali di decidere dei propri beni e della propria persona, l’amministrazione di sostegno è un istituto molto più flessibile e meno penalizzante. Il malato o la persona debole non perde i propri diritti, ma li delega, anche solo parzialmente, a una persona di fiducia. Gli ambiti nei quali quest’ultima può operare


vengono decisi dal giudice sulla base di quanto suggerito dai medici curanti, in particolare dalla valutazione di un neurologo e di un neuropsicologo che determinino quali sono le facoltà più compromesse. È possibile, per esempio, che l’amministratore possa operare solo sul piano economico ma non prendere decisioni mediche, oppure esattamente il contrario. La nomina di un amministratore è anche una tutela per il malato, poiché tutto ciò che quest’ultimo fa (compresa la gestione del patrimonio) deve essere concordato con il giudice di riferimento che può, per esempio, mettere un tetto alle spese mensili oppure richiedere, in qualsiasi momento i giustificativi. Inoltre i poteri dell’amministratore sono flessibili e possono essere adattati, con una domanda al Tribunale, alle mutate esigenze psicofisiche della persona debole. In alcuni ambiti è possibile distinguere tra assistenza e rappresentanza. Nel primo caso l’amministratore può solo accompagnare il malato nello svolgimento delle attività (per esempio andando con lui in banca e verificando che la somma ritirata sia corretta); nel secondo caso, invece, potrà sostituirsi a esso in tutto e per tutto. La rappresentanza può essere esclusiva (cioè quell’atto potrà essere compiuto solo dall’amministratore) o parziale (anche il paziente potrà compierlo in autonomia).

La delega al consenso Più complessa è la questione delle decisioni mediche e del consenso ai trattamenti, sulla quale esiste una maggiore soggettività che potrebbe aprire le porte ad abusi. “La legge attuale prevede che le decisioni di un amministratore di sostegno in materia di terapie e interventi chirurgici vengano prese nel rispetto delle idee e delle convinzioni della persona tutelata e non dell’amministratore stesso” spiega Stefano Rodotà, giurista ed esperto di diritti del malato e di privacy. “Sono state emesse sentenze molto chiare in merito, in relazione per esempio all’interruzione delle cure o alla donazione di organi. Alcuni familiari si sono espressi con-

CHI PUÒ ESSERE NOMINATO AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO? Chiunque può essere nominato amministratore di sostegno. La scelta deve avvenire “con riguardo esclusivo alla cura e agli interessi del beneficiario” (vedi art. 408 del Codice civile). La legge, quindi, non richiede particolari conoscenze o requisiti. Se però la gestione dell’amministrazione di sostegno richiede particolari conoscenze (economiche, giuridiche, contabili eccetera) si nomina in genere una persona capace di adempiere adeguatamente agli incarichi. Il giudice tutelare può anche nominare un amministratore di sostegno non competente con l’obbligo di farsi assistere da un professionista. In genere si tende a nominare un familiare, a meno che il giudice non rilevi situazioni di conflitto tali da richiedere la presenza neutrale di una figura esterna. La richiesta di nomina può pervenire al giudice tutelare dai familiari, dal paziente stesso, dai medici o dagli assistenti sociali. Non si può rifiutare l’incarico di amministratore di sostegno una volta che il giudice ha deciso.

tro il volere della persona ormai in fin di vita che aveva, in precedenza, aderito a registri pubblici di donatori. Tali sentenze ribadiscono che qualsiasi decisione in ambito medico va presa, dal delegato, sulla base di ciò che ragionevolmente sarebbe stata la decisione del malato e non sulla base delle proprie convinzioni. Sta al giudice tutelare verificare che sia effettivamente così”. Data la delicatezza della questione, è meglio non aspettare che la situazione clinica del paziente si deteriori completamente prima di nominare un amministratore. È possibile farlo insieme al malato, nelle fasi iniziali della patologia, in modo che possa condividerne la scelta, che spesso non è la più scontata.

Infine, l’amministratore di sostegno ha anche compiti di cura della persona, diversamente dal curatore previsto in caso di interdizione. Ciò significa che diventa il responsabile del benessere psicofisico della persona debole e che deve accertarsi che questa abbia la migliore assistenza possibile nella vita di tutti i giorni. Può stabilire il luogo di residenza del malato ed elaborare per lui (o con lui) un progetto di vita. È bene ricordare che l’amministratore può avere poteri molto ampi in questo ambito, compreso quello di chiedere il divorzio per conto del suo assistito o di rinunciare o accettare un’eredità. In ogni caso le sue decisioni devono essere ben motivate perché il giudice di riferimento gliene chiederà conto.

Può aiutare a prendere decisioni mediche

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WORLD ONCOLOGY FORUM Lugano 2012

In questo articolo: strategie della ricerca politiche sanitarie World Oncology Forum

Cento esperti tracciano le strategie di domani Nella cittadina svizzera si sono trovati i maggiori esperti mondiali nel campo dell’oncologia. Non solo medici e ricercatori, ma anche responsabili di politiche sanitarie, del finanziamento alla ricerca e della comunicazione a cura di DANIELA OVADIA osa accade quando si radunano oltre 100 esperti internazionali di cancro in una stanza per discutere di come vincere la sfida contro la malattia? Ne vengono fuori idee nuove e talvolta inaspettate per arrivare vittoriosi alla fine di quella che è stata definita da Richard Nixon nel 1971 una “guerra contro un nemico subdolo e mortale”. Organizzato per celebrare il trentennale della European School of Oncology, istituzione che contribuisce alla formazione dei giovani oncologi europei, l’incontro doveva rispondere alla domanda “Stiamo vincendo la guerra contro il cancro?” Il 4 febbraio 2013 su The Lancet verrà pubblicata la risposta. A fare da contraltare e da pungolo agli esperti c’erano i giornalisti scientifici più preparati, da Richard Horton, direttore della prestigiosa rivista The Lancet, a Clifton Leaf del New York Times.

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Ottimisti e pessimisti Una prima risposta, subito dopo la provocazione lanciata da Franco Cavalli, direttore scientifico di ESO, è giunta da Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia. “Negli ultimi 40 anni abbiamo visto raddoppiare la curabilità del can-

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cro: possiamo ragionevolmente pensare che nei prossimi 40 troveremo la cura”. Meno ottimista è apparso Paolo Vineis, epidemiologo dell’Imperial College di Londra, secondo il quale stiamo perdendo la battaglia più importante, quella sulla prevenzione, e ci concentriamo su obiettivi molto mediocri in termini di guadagno e di qualità di vita. “Tutta la ricerca oncologica degli ultimi dieci anni ha portato a grandi successi nella conoscenza dei

meccanismi della malattia ma a guadagni modesti in termini di sopravvivenza” ha detto Vineis, supportato nella sua affermazione dalla maggioranza dei presenti che hanno fatto di questo la riflessione cardine da cui partire, per disegnare una strategia di intervento completamente nuova. Gli obiettivi saranno continuare a puntare sulla ricerca di base e sui meccanismi molecolari di attacco alle cellule, ma prendere anche in considerazione la visione macroscopica del cancro, con tutte le sue ricadute individuali e sociali. I vantaggi ottenuti sono infatti andati solo a una minoranza della popolazione colpita dalla malattia, quella dei Paesi sviluppati, mentre il cancro è in aumento nei Paesi in via di sviluppo.

Spese in crescita “Anche i Paesi ricchi cominciano ad avere delle difficoltà a sostenere le spese legate alle terapie innovative” ha ricordato Douglas Hanahan, direttore dell’Istituto svizzero per la ricerca sul cancro. “Per evitare di fare una ricerca egoista, che vada a vantaggio di pochi,

ISU molto elevato Colon retto Polmone Mammella Prostata Stomaco 0

Nuovi casi per 100.000 abitanti, di età standard Uomini Donne

250 500

ISU elevato Mammella Polmone Colon-retto Prostata Stomaco 0

250


bisogna reinvestire in prevenzione, utile a tutti quanti”. È intervenuto quindi uno dei maggiori epidemiologi oncologi, il britannico Sir Richard Peto, che con i suoi dati ha mostrato quanto si guadagnerebbe, in termini di vite salvate, investendo maggiormente in campagne per i corretti stili di vita, in particolare per l’abolizione del fumo di sigaretta, l’attività fisica e l’alimentazione. “I dati italiani e quelli di altri Paesi dove è vietato fumare nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici dimostrano che si tratta di un intervento fondamentale per ridurre l’incidenza del cancro, non solo di quello del polmone” ha detto. Il problema è particolarmente sentito dai Paesi in via di sviluppo, come ha chiarito Felicia Knaul, direttore dell’Harvard Global Equity Initiative, un progetto di sostegno alla ricerca scientifica nei Paesi a basso reddito. “Il problema è che se non si interviene con forza nella prevenzione, la battaglia col cancro sarà persa anche se la ricerca fa passi da gigante” ha detto Franco Cavalli, che ha spronato le grandi agenzie non profit di finanziamento alla ricerca (da Cancer Research UK all’American Association for Can-

cer Research, presenti a Lugano con i rispettivi direttori scientifici) a investire maggiormente in informazione alla popolazione. Bisogna prendere spunto da quanto fatto per combattere l’AIDS, la malaria e la tubercolosi, ha spiegato Mary Gospodarowicz, docente di radiologia oncologica dell’Università di Toronto, in Canada: “Con le campagne indirizzate a cambiare gli stili di vita si è drasticamente ridotto il numero dei casi”. Questa priorità sarà in cima al documento programmatico del World Oncology Forum, una sorta di “carta costituzionale” della ricerca oncologica per i prossimi anni che gli esperti radunati a Lugano stanno elaborando e che pubblicheranno nel febbraio del 2013. Tra gli altri punti anche quelli tecnici legati alla messa a Sopra Clifton Leaf, The New York punto di nuovi farTimes, e a destra maci e al loro costo, Paolo Vineis, ormai in crescita inImperial College, controllata malgraLondra. do il massiccio investimento pubbli- Qui Alberto Costa, co e degli enti non direttore Centro di senologia, profit nell’identifiFondazione cazione di nuovi Maugeri, Pavia bersagli terapeutici.

Nel futuro si punterà di più sulla prevenzione

Le forme di cancro più frequenti in base all’Indice di sviluppo umano (ISU)

ISU basso

ISU medio

Cervice uterina Mammella Fegato Sarcoma di Kaposi Linfoma non Hodgkin

Polmone Stomaco Fegato Mammella Colon-retto 0

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NOTIZIE FLASH

Dal mondo

Stop al fumo: prima dei 40 è meglio Non è mai troppo tardi per smettere di fumare, ma se si decide di farlo prima dei 40 anni i benefici sulla salute sono decisamente superiori. Lo sostiene uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet e condotto su più di un milione di donne nel Regno Unito. Kirstin Pirie e colleghi, epidemiologi dell’Università di Oxford, hanno infatti sottolineato ancora una volta che il fumo porta molte conseguenze negative con un vero e

Meglio in fotografia

Un nuovo bersaglio per il colon-retto Arriva da Napoli la scoperta di una nuova molecola, chiamata CD66c, che potrebbe rappresentare il bersaglio ideale per nuovi farmaci intelligenti contro il tumore del colon-retto. Secondo Marica Gemei e i suoi colleghi dell’Università degli studi di Napoli “Federico II”, che hanno pubblicato la propria ricerca sulla rivista Cancer, CD66c possiede tutte le caratteristiche per diventare un “tallone d’Achille” del tumore. Per dimostrarlo hanno valutato la sua presenza in alcune cellule tumorali (incluse alcune staminali tumorali) e in campioni di tessuto sano. Dalle analisi è emerso che CD66c in effetti è molto più abbondante nei tessuti malati e che la sua quantità è legata anche allo stadio della malattia. Non solo. Bloccando la molecola, i ricercatori napoletani sono riusciti a ostacolare la proliferazione delle cellule tumorali e la loro capacità di dare origine alla malattia.

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I messaggi intimidatori sui pacchetti di sigarette non funzionano più e il loro effetto deterrente sta calando. Le fotografie, invece, sembrano sortire un risultato migliore, specialmente sulle persone con una più bassa scolarità. Lo afferma uno studio pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine da un gruppo di epidemiologi dell’Università della Carolina del Sud. In molti Paesi, infatti, sui pacchetti si possono vedere immagini piuttosto forti di polmoni pieni di catrame, fumatori con lesioni della pelle e altri danni legati alla sigaretta. Secondo alcuni si tratta di scelte esagerate, inutili in una società dell’immagine che ci ha abituati a ben altro. I test psicologici somministrati ai partecipanti a questa indagine dicono, invece, che l’“esagerazione” è necessaria per indurre anche i più recalcitranti a prendere in mano la propria salute.


proprio “eccesso di mortalità” (in pratica un numero superiore di decessi nei fumatori rispetto ai non fumatori) e toglie più di 10 anni di vita. I ricercatori hanno anche stabilito che il rischio di morire per malattie legate al fumo, come per esempio il tumore del polmone, si moltiplica con l’aumento degli anni dedicati alla sigaretta. I numeri non lasciano spazio a dubbi: chi dice addio al fumo prima dei 40 anni elimina il 90 per cento del temuto aumento di rischio e chi smette prima dei 30 ne toglie addirittura il 97 per cento. “Fumare fino ai 40 anni e poi smettere comporta comunque dei rischi per la salute” spiega l’autrice. “Ma per chi persevera con la cattiva abitudine, i rischi sono 10 volte superiori”.

Una chemio intensa nel sarcoma di Ewing

Il lettino solare non ama la pelle Ancora uno studio che conferma la pericolosità dei lettini solari: la ricerca, pubblicata sul British Medical Journal, dimostra l’aumento del rischio non solo di melanoma ma anche di altri tumori della pelle, soprattutto se le sedute abbronzanti cominciano prima dei 25 anni. Lo studio è stato condotto da Mackenzie R. Wehner della Stanford University School of Medicine in California. I ricercatori hanno valutato 12 lavori che hanno coinvolto poco più di 9.300 pazienti con tumori della pelle diversi da melanoma (carcinoma a cellule basali e a cellule squamose) e sono giunti alla conclusione che per chi ha ceduto alla tentazione di questa abbronzatura artificiale il rischio di carcinoma a cellule squamose aumenta del 67 per cento e quello di carcinoma a cellule basali del 29 per cento. E il rischio è ancora più alto se chi usa il lettino ha meno di 25 anni: raddoppia per il carcinoma a cellule squamose e aumenta del 40 per cento per quello a cellule basali.

Secondo uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Oncology, nelle persone con sarcoma di Ewing ridurre l’intervallo tra due sedute di chemio (ogni due settimane invece che ogni tre) potrebbe permettere di tenere lontana più a lungo la malattia. Richard B. Womer e i suoi colleghi del Children’s Hospital di Philadelphia hanno coinvolto nel loro studio 568 pazienti con meno di 50 anni affetti da sarcoma di Ewing, li hanno divisi in due gruppi e li hanno poi sottoposti a 14 cicli di chemioterapia con gli stessi farmaci, ma con frequenza diversa: un gruppo affrontava la chemio ogni 14 giorni, l’altro ogni 21. Dopo un periodo di circa cinque anni, il 65 per cento dei pazienti trattati ogni tre settimane era ancora libero dalla malattia, mentre in quelli sottoposti a trattamento intensivo (ogni due settimane) la percentuale ha raggiunto il 73 per cento, senza differenze negli effetti collaterali.

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I GIORNI DELLA RICERCA La visita al Quirinale

In questo articolo:

La crisi non ferma la ricerca contro il cancro

Creatività e innovazione

Quirinale Premio FIRC “Guido Venosta” Giorgio Napolitano

Mai come quest’anno, in un contesto generale caratterizzato dalla mancanza di risorse, i ricercatori hanno avanzato un cauto ottimismo per il futuro

a cura della REDAZIONE l 9 novembre i saloni del Quirinale hanno ospitato il consueto incontro tra AIRC e i suoi ricercatori e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un appuntamento che quest’anno non ha potuto evitare il tema della crisi economica che, anzi, è stato il cuore del discorso del Presidente, culminato in una accorata difesa del Sistema sanitario pubblico italiano e del valore della ricerca scientifica. “L’istituzione del Sistema sanitario nazionale, nel lontano 1978, fu una conquista, un grande balzo in avanti per il progresso del Paese” ha detto, ricordando come la scelta di tutelare la salute di tutti fosse stata presa con il voto unanime delle forze politiche. Inoltre, ha detto Giorgio Napolitano, la ricerca scientifica ha garantito, negli anni, anche la qualità delle cure erogate nei nostri ospedali.

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Dalla scienza indicazioni per la cura Tuttavia anche il Sistema sanitario, in tempo di crisi, deve fare attenzione a come spende i propri soldi. Lo ha ricordato il ministro della salute Renato Balduzzi, che ha identificato però la stessa soluzione del Presidente. “È la ricerca che ci dice dove conviene investire e che ci permette di razionalizzare gli interventi per garantire a tutti di ricevere la migliore cura secondo gli standard scientifici”. Il ministro ha voluto ribadire che nella lotta contro i tumori l’Italia ha un ruolo preminente anche a livello internazionale. “Occorre guardare più in là della crisi” ha detto Balduzzi, “avere fiducia nelle giovani generazioni e continuare le conquiste sociali della nostra democrazia e del lascito costituzionale”.

Anche il sistema sanitario deve investire con attenzione

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“La crisi economica non ferma la scienza, la creatività e l’innovazione” ha voluto ricordare Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia, dopo aver ribadito l’importanza di puntare non solo alla guarigione di chi è già malato ma anche alla prevenzione, per ridurre l’incidenza della malattia. “Indipendentemente da qualunque spread, non si può fermare il nostro pensiero. Stiamo per entrare in una nuova era della ricerca scientifica, un’era che chiamiamo GRIN, acronimo di genetica, robotica, informatica e nanotecnologie, al termine della quale la società avrà fatto un grande balzo in avanti”.

Solide fondamenta Quel che è certo è che se l’economia è alle corde, la ricerca contro il cancro continua invece a mostrare la solidità delle sue fondamenta, come ha ricordato Piero Sierra, presidente di AIRC: “Proprio per aiutarci a superare questi tempi difficili sentiamo il dovere di mostrare una realtà solida e positiva del Paese, in continua evoluzione: la realtà della ricerca oncologica. Quello che si è scoperto sul cancro negli ultimi vent’anni è più di quello che si è scoperto nei secoli precedenti: il tumore sta perdendo rapidamente il vantaggio che aveva su di noi”. Sierra ha anche ribadito l’utilità della strategia che AIRC persegue da 30 anni: trasformare velocemente i risultati di laboratorio in cure concrete per i malati. “Sentiamo, nel contempo, forte l’impegno di garantire stabilità e certezza ai nostri 3.000 ricercatori: devono poter lavorare con serenità senza interrompere o solo rallentare le proprie ricerche” ha concluso Sierra.


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PREMIO GUIDO VENOSTA l Presidente Napolitano ha consegnato a Stefano Piccolo, docente di biologia molecolare dell’Università di Padova, il premio FIRC “Guido Venosta”, prestigioso riconoscimento che sottolinea l’importanza delle scoperte effettuate da questo ricercatore, titolare anche di un gruppo afferente a uno dei programmi finanziati con i proventi del 5 per mille AIRC. Piccolo ha lavorato a lungo sui meccanismi di comunicazione tra le cellule e sul ruolo delle cellule staminali nel mantenere attiva la malattia. Il gruppo di Piccolo è noto anche per aver dimostrato l’esistenza di una classe di geni “di difesa”, il cui compito è prevenire la formazione delle metastasi. Si tratta di pochi geni che hanno, però, un ruolo centrale nella malattia e contro i quali si stanno mettendo a punto farmaci mirati. Questi studi suggeriscono una nuova strada per la terapia del cancro che non mira solo a distruggere le staminali tumorali ma agisce sul microambiente che mantiene attiva la malattia. Per un approfondimento delle ricerche del gruppo di Piccolo si rimanda all’articolo pubblicato nel numero di dicembre 2012 di Fondamentale.

I Piero Sierra, presidente di AIRC, consegna a Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, un particolare riconoscimento per il suo impegno nel valorizzare i risultati della ricerca sul cancro di oggi e nel promuovere quella di domani Galassie dentro di noi Infine ha preso la parola Pier Paolo Pandolfi, direttore scientifico del BIDMC Cancer Center della Harvard Medical School, che ha parlato di “medicina di precisione”, quella inaugurata dalla scoperta del ruolo dei geni nella malattia tumorale. “Immaginate di avere a disposizione un cannocchiale di media potenza, quello inventato da Galileo. Ebbene quel cannocchiale ci ha permesso di fare enormi progressi. Per esempio ci ha permesso di ribaltare la visione erronea dei pianeti rotanti intorno alla Terra, offrendo supporto alla nuova teoria copernicana. Immaginate che ora vi venga offerto un mega telescopio che vi permetta di scrutare il cielo e di vedere non i pianeti, ma le galassie, le nebulose, i buchi neri. Come vi sentireste? Smarriti? Entusiasti? Ciò è esattamente quello che è accaduto in medicina” ha detto Pandolfi. “Il telescopio genomico ci ha permesso di vedere ciò che non avevamo visto, que-

st’universo di stelle, di galassie, di nebulose e di materia nera, di capire come si parlano tra di loro le stelle all’interno delle nostre cellule. È quella che chiamiamo la lingua dell’RNA. Ma c’è una differenza profonda fra le stelle nel firmamento e le nuove galassie che ora vediamo all’interno delle nostre cellule. Possiamo studiare e misurare le galassie del cielo ma non possiamo alterarne l’orbita e il corso, mentre le galassie al nostro interno sono alla nostra portata: le possiamo studiare ma anche modificare al fine di comprendere le nostre malattie e curarle. L’Italia ha contribuito così tanto a questo processo negli ultimi decenni: non possiamo assolutamente accettare di restare a guardare passivamente questa fase rivoluzionaria. Dobbiamo essere protagonisti con investimenti adeguati, ma anche con entusiasmo e con totale dedizione perché questo lo dobbiamo a chi soffre: la vera spinta al cambiamento per un’Italia migliore, e per una ricerca e una cura migliore e più efficace”.

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I GIORNI DELLA RICERCA Nelle università e nelle scuole

Una ricerca giovane all’insegna della multidisciplinarietà Oggi la ricerca sul cancro ha bisogno di discipline molto varie, accomunate dall’obiettivo di porre un freno alla malattia. Per questo gli incontri tra gli esperti di AIRC e i giovani universitari sono stati ospitati da diverse facoltà scientifiche, anche da un politecnico I RELATORI DI TORINO Gianluca Ciardelli Politecnico di Torino Paolo Comoglio IRCCS Candiolo (TO) Lucia Del Mastro IRCCS San Martino IST, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova Pier Paolo di Fiore Università degli Studi di Milano e IFOM-IEO Campus, Milano Mario Calabresi Direttore La Stampa Modera: Gabriele Beccaria La Stampa

a cura della REDAZIONE erché domani vi sia ancora una ricerca scientifica di punta in Italia, bisogna continuare a investire sui giovani e sul loro percorso professionale e formativo. È quanto ha fatto AIRC negli anni e quanto continua a fare promuovendo un contatto diretto tra professionisti della scienza e studenti universitari. Anche quest’anno, infatti, sono stati quattro gli incontri pubblici ospitati in università e politecnici di Torino, Trieste, Perugia e Catanzaro. Da nord a sud lo stesso entusiasmo e interesse per la complessità del cancro e per le strategie che la scienza sta perseguendo con lo scopo di rendere la malattia curabile in tutti i casi: una curiosità che si è fatta concreta nel momento delle domande, sempre puntuali e numerose. Dalla complessità del cancro nascono nuove opportunità di cura: questo il tema scientifico scelto da AIRC per aprire tutti gli incontri. Negli ultimi due decenni la ricerca sul cancro ha messo ancora più in luce l’estrema complessità di una malattia che si manifesta con almeno 100 tipi diversi di tumore, per non parlare del numero enorme di cellule e molecole coinvolte. I ricercatori hanno capito che le molteplici

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caratteristiche del cancro possono diventare ciascuna un’opportunità di cura. Almeno dieci sono le caratteristiche comuni a tutti i tipi di tumore ed è proprio su queste carte che la ricerca punta per individuare nuove strategie di cura, come spiega chiaramente Piero Angela nel video che sintetizzava il tema dei Giorni della Ricerca e che potete vedere su www.airc.it/angela. Su queste dieci tematiche i ricercatori di AIRC sono impegnati con un lavoro intenso e senza tregua, che ha portato a un nuovo modo di fare diagnosi, di proporre terapie, e perfino di considerare la medicina clinica.

Qui Torino Il chimico tedesco Paul Ehrlich sognava la “pallottola magica”, un composto chimico capace di distruggere ogni malattia senza danneggiare l’organismo. Un arsenale di questo tipo avrebbe permesso di debellare il cancro senza difficoltà. Non siamo arrivati a questo punto ma il progresso scientifico ha permesso un enorme passo avanti sul fronte della cura dei tumori. La ricerca, la collaborazione tra esperti di campi diver-


si e la passione hanno messo in mano all’uomo sempre più carte vincenti per battere “l’imperatore del male”, come lo ha chiamato nel suo best seller l’oncologo statunitense Siddharta Mukherjee. Un cauto ottimismo si respirava anche nell’Aula Magna del Politecnico di Torino, dove studenti e professori si sono riuniti per ascoltare la conferenza organizzata da AIRC sull’inscindibile legame tra ricerca e opportunità di cura dei tumori. Un campo dove, come ha sottolineato in apertura dell’incontro il rettore Marco Gilli, l’interdisciplinarietà è una realtà oramai consolidata. “La ragione per cui siamo qui oggi è evidenziare l’importanza fondamentale della collaborazione tra tecnologia e discipline medico-biologiche” ha affermato Gilli. L’intreccio delle diverse esperienze professionali è una delle chiavi dei successi conseguiti negli ultimi anni nella battaglia contro il cancro. “Come dice il titolo di questa conferenza, la complessità del cancro apre paradossalmente nuove strade per la ricerca, coinvolgendo anche i futuri ingegneri” ha affermato Gabriele Beccaria, responsabile di Tuttoscienze, supplemento tematico de La Stampa e moderatore dell’incontro. Una sfida che, alla luce della partecipazione, numerosi studenti del Politecnico piemontese sembrano voler raccogliere. Quali sono i campi di applicazione di questa collaborazione tra ingegneri, medici e biologi? La nanotecnologia è una delle vie percorribili. “Attraverso la nanomedicina, stiamo lavorando alla creazione di nuovi sistemi di rilascio controllato dei farmaci in grado di colpire in maniera selettiva le cellule tumorali, riducendo gli effetti collaterali” ha spiegato Gianluca Ciardelli. “Non abbiamo la pallottola magica di Ehrlich, Nobel e pioniere nel campo della chemioterapia, ma possiamo colpire con maggiore efficacia e precisione il bersaglio”. Target therapy, viene chiamata, e dipende strettamente dalla valutazione molecolare dei tumori, in modo da riuscire a colpire le specifiche alterazioni. “Il cancro è una malattia dovuta alla mutazione di qualche decina di geni” ha ricordato Paolo Comoglio. “Per evidenziare queste mutazioni usiamo strumenti di diagnosi molecolare in grado di individuare l’alterazione che caratterizza un singolo tumore e che lo rende vulnerabile a un particolare trattamento”. Esiste un numero finito di tumori e la sfida è quella di trovare una terapia efficace per ciascuno di essi. La chiave è la ricerca, come è apparso chiaro dai dati forniti da Lucia Del Mastro. “Il nuovo approccio ha permesso, per esempio, di ottenere risultati positivi nel trattamento dei melanomi, campo in cui non si riusciva a migliorare le prognosi malgrado le numerose ricerche disponibili”. Pier Paolo Di Fiore ha sottolineato come il paziente debba essere al centro di un nuovo approccio perso-

nalizzato delle terapie: “Ogni individuo risponde in maniera diversa sia alla malattia sia alle cure”. E parlando della filosofia di AIRC e della ricerca in generale, Di Fiore ha citato una frase del matematico tedesco David Hilbert: “Dobbiamo sapere, sapremo”. Merita una menzione la grande attenzione e la viva partecipazione dimostrata dagli studenti. A chiudere la conferenza, l’intervento di Mario Calabresi. “Ho fatto il giornalista perché volevo viaggiare, vedere il mondo. Bene, ascoltando oggi gli altri relatori, ho avuto la sensazione che il fascino del viaggio rivivesse nelle loro parole. Ho capito che la ricerca è un viaggio appassionante, è un’opportunità, un modo per far cadere le frontiere. Ragazzi, appassionatevi anche voi al viaggio che vi hanno raccontato oggi”. (Daniel Reichel)

Qui Trieste “Siamo tutti in debito con Trieste: qui ci sono 7.000 ricercatori, l’Università è una delle migliori al mondo ed è nel suo DNA esportare idee e uomini. Speriamo che anche qualcuno di voi si dedichi alla ricerca scientifica e ci aiuti a mettere il cancro all’angolo”. Così Alberto Costa ha salutato le centinaia di studenti che hanno riempito l’Aula Magna dell’ateneo triestino per conoscere lo stato dell’arte della lotta contro il cancro. “Una battaglia – ha ricordato Etta Carignani Di Novoli, vicepresidente del comitato AIRC del Friuli-Venezia Giulia – che in Italia impegna 4.000 ricercatori e negli ultimi anni ha compiuto molti progressi, anche se non definitivi”. Un traguardo raggiungibile solo con lo sforzo congiunto di oncologi, ricercatori, biostatistici e bioinformatici e investendo nella ricerca. Una ricerca multidisciplinare. Perché la multidisciplinarietà è una condizione sempre più necessaria perché la ricerca medica possa affrontare le sfide del presente e del futuro. “L’università è la sede per eccellenza della ricerca scientifica e la nostra è sede di studi d’avanguardia in scienze della vita che hanno un grosso impatto sulla società” ha commentato il rettore Francesco Peroni. A Trieste, in-

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I RELATORI DI TRIESTE Francesco Peroni Rettore Università degli Studi di Trieste Giannino Del Sal Università degli Studi e Laboratorio Nazionale CIB Area Science Park, Trieste Salvatore Siena Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano Paola Zanovello Università degli Studi di Padova Giovanni Boniolo Università degli Studi di Milano e Istituto Europeo di Oncologia, Milano Modera: Alberto Costa Scuola Europea di Oncologia, Milano


I GIORNI DELLA RICERCA Nelle università e nelle scuole

fatti, Giannino Del Sal coordina un progetto AIRC sui carcinomi alla mammella, in particolare sui tripli negativi che, pur costituendo una percentuale bassa rispetto all’intero repertorio di tumori al seno, sono tra i più aggressivi. “Grazie ai fondi AIRC, studiamo le firme molecolari del tumore e cerchiamo di trovare nuove molecole per nuovi trattamenti terapeutici in grado, da un lato, di inibire l’espressione dei geni che causano le metastasi e, dall’altro, di attivare l’espressione di quelli che le frenano. Il cancro – ha aggiunto Del Sal – rappresenta una delle sfide più importanti, dal punto di vista scientifico ma anche sociale. Basti pensare che nel 2030 si stimano in oltre 11 milioni i decessi causati dai tumori”. Una malattia molto complessa che stravolge il funzionamento delle cellule e crea un’intricata rete di circuiti molecolari che funzionano in modo aberrante.

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“Noi dobbiamo interpretare la complessità cellulare per trovare nuove soluzioni terapeutiche” ha ribadito dunque l’oncologo Salvatore Siena, che agli studenti ha presentato i risultati del suo team di ricerca nella cura del cancro al colon-retto. “È un tumore tipico del mondo occidentale ricco, che solo in Italia fa registrare circa 35.000 nuovi casi ogni anno, di cui una grossa percentuale va incontro a metastasi”. Per disarmare il cancro è fondamentale conoscere la sua biologia e il modo in cui modifica le cellule sane facendole lavorare a proprio vantaggio. “Il cancro, infatti, corrompe l’ambiente circostante” ha spiegato Paola Zanovello illustrando da un lato i meccanismi d’azione del sistema immunitario nel contrastare le malattie e dall’altro l’astuta capacità delle cellule tumorali nell’eluderlo, rendendosi invisibili o apparendo non pericolose, così da poter proliferare. Ed è proprio la complessità dei rapporti reciproci tra sistema immunitario e cellule tumorali a determinare la risposta finale: infatti solo se le cellule cancerogene sono percepite come estranee si produce una risposta immunitaria. “Per questo oggi cerchiamo di sviluppare nuovi farmaci che invece di attaccare gli antigeni prendono di mira il microambiente circostante”. Dalle terapie combinate, al rapporto medico-paziente: il filosofo della scienza e bioeticista Giovanni Boniolo ha chiuso infatti la mattinata con una riflessione a tutto tondo sull’importanza dell’empatia nella gestione del rapporto di cura, sulla medicina, sulla sua pratica e sull’impatto sociale dell’odierna medicina molecolare personalizzata. (Simona Regina)


Qui Catanzaro Un commovente discorso del rettore Aldo Quattrone – dedicato ai malati di cancro e seguito dallo scrosciante applauso di studenti e professori – ha segnato l’inizio dell’incontro svoltosi presso l’Aula Magna dell’Università “Magna Graecia”. Marcello Maggiolini ha raccontato il lavoro svolto dal suo team grazie al sostegno AIRC e focalizzato sulla ricerca e studio dei tumori tipicamente femminili: “Ci occupiamo principalmente di tumore mammario, ovarico e dell’endometrio che insieme costituiscono circa il 40 per cento di tutti i tumori nel sesso femminile”. Il team calabrese analazza il ruolo svolto dagli ormoni estrogeni. “Vi parlerò dell’avverarsi di un sogno. Un sogno che è vecchio di quasi 100 anni: quello di usare le potenti armi del nostro sistema immunitario contro il cancro. E si sta avverando”. Esordisce così Alberto Mantovani, immunologo di fama mondiale, i cui studi hanno dimostrato l’esistenza di una correlazione molto stretta tra processi infiammatori e sviluppo di fenomeni tumorali: “Sappiamo da molto tempo che una serie di condizioni infiammatorie aumenta il rischio di sviluppare il cancro. Il paradigma di questo meccanismo è costituito dalle malattie infiammatorie dell’intestino. Si calcola che circa un quarto dei tumori umani abbia come concausa un’infiammazione”. Le alterazioni genetiche responsabili dello sviluppo di tumori sono infatti implicate anche nella produzione di fattori che favoriscono la formazione di un microambiente infiammatorio. Il sistema immunitario non è però coinvolto solo in relazione al microambiente, ma anche in risposta a infezioni come l’epatite B e il Papilloma virus, contro le quali esistono oggi dei vaccini efficaci “che sono a tutti gli effetti dei vaccini contro il cancro” ha chiarito Mantovani. Pierfrancesco Tassone, coordinatore di uno dei programmi AIRC 5 per mille, ha mostrato una panoramica delle terapie anticancro, dalle prime chemioterapie fino alle attuali target therapies, mirate a una specifica alterazione. Tassone ha raccontato in dettaglio il suo progetto per contrastare il mieloma multiplo grazie alle terapie molecolari, terminando il suo intervento con i ringraziamenti ad AIRC per “l’indispensabile supporto” ricevuto. Ospite dell’incontro anche Gian Antonio Stella, editorialista del Corriere della Sera che ha voluto rimarcare la necessità di “un’Italia della ricerca più giovane. Occorrono idee, occorre creatività, occorre aggressività giovanile, occorrono tutte que-

ste carte che hanno solo i giovani: abbiamo bisogno di loro”. L’appello di Stella non è solo una denuncia a parole ma un richiamo concreto, corredato di numeri e di esempi: “Su circa 19.000 professori universitari italiani quelli che hanno meno di 35 anni sono una decina: lo 0,05 per cento dei docenti in Italia ha meno di 35 anni, contro circa il 7,5 per cento negli Stati Uniti, il 12 per cento circa in Francia, il 16 per cento circa in Gran Bretagna”. (Attilia Burke)

Qui Perugia “Sosteniamo il lavoro dei ricercatori per mettere il cancro all’angolo”: così Luciano Bignola ha deciso di aprire l’incontro con gli esperti di AIRC, ospitati nell’Aula Magna. “Non possiamo che pensare positivamente ai progressi ottenuti nella ricerca contro il cancro, in particolare nel campo della diagnostica molecolare che ha rivoluzionato le condizioni e l’aspettativa di vita dei pazienti” ha detto Bignola. La diagnostica molecolare cerca le alterazioni genetiche presenti nelle cellule tumorali, differenti nei diversi tipi di tumore. È dunque possibile classificare le patologie in base alle variazioni genetiche che le caratterizzano e sviluppare farmaci che agiscano selettivamente su di esse. “Quando si identifica un bersaglio molecolare, i risultati possono essere straordinariamente positivi e nettamente superiori alle aspettative”

I RELATORI DI CATANZARO Marcello Maggiolini Università della Calabria, Rende (CS) Alberto Mantovani Fondazione Humanitas per la Ricerca, Rozzano (MI) e Università degli Studi di Milano Pierfrancesco Tassone Università degli Studi Magna Graecia, Catanzaro Gian Antonio Stella Corriere della Sera

Un pubblico di giovani studenti attenti, curiosi e partecipi

I RELATORI DI PERUGIA Lucio Crinò Azienda ospedaliera di Perugia Pier Paolo Pandolfi Harvard Medical School, Boston, USA Enrico Tiacci Università degli Studi di Perugia Bruno Manfellotto direttore L’Espresso

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I GIORNI DELLA RICERCA Nelle università e nelle scuole

2012 ODISSEA NELLE SCUOLE

ome nuovi Ulisse, i ricercatori sono sempre in viaggio e sempre mossi da curiosità. E la ricerca nasce come passione personale: dalla voglia di capire e dal fascino della scoperta. Poi questa passione diventa il desiderio di fare qualcosa per il bene di tutti”. È il racconto personale di Andrea Spitaleri della Fondazione centro San Raffaele, uno dei 65 ricercatori AIRC che si sono recati in altrettante scuole in tutta Italia l’8 e 9 novembre 2012, proprio durante i Giorni della Ricerca, un’occasione per conoscere la vita e la professione dei ricercatori. “Sono stata molto colpita dall’entusiasmo del ricercatore” afferma uno dei 9.000 studenti dell’ultimo triennio delle scuole secondarie superiori, che hanno partecipato all’iniziativa. “Si capisce che nel suo impegno di tutti i giorni ha presente anche le persone malate”. Temi, quelli della malattia e della cura, ai quali i ragazzi sono molto sensibili, come emerso in questi dialoghi. Protagonisti degli incontri sono stati anche i volontari AIRC, invitati a dare la propria testimonianza, che hanno trasmesso ai ragazzi l’importanza (e la soddisfazione!) di offrire un aiuto concreto alla missione di AIRC, nelle iniziative di piazza: le Arance della Salute a gennaio, le Azalee della Ricerca a maggio, i Doni della Ricerca a novembre. Fondamentale per la riuscita dell’iniziativa è stato, inoltre, il contributo dei Comitati regionali, non solo nell’organizzazione, ma anche nel coinvolgimento delle scuole. In occasione degli incontri sono state presentate le altre attività proposte da “AIRC nelle scuole”, attraverso il sito web www.scuola.airc.it , in particolare il concorso “Una metafora per la ricerca” 2012-13: un invito alla creatività dei ragazzi per raccontare in modo originale la ricerca sul cancro, attraverso un video, una foto, un disegno o un testo.

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Un Incontro con la ricerca a Milano

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ha sottolineato Lucio Crinò, un pioniere della ricerca sul cancro, che ha raccontato la sua esperienza iniziata negli anni ’70 e cresciuta di pari passo con la ricerca oncologica, dai primi chemioterapici alla terapia molecolare. Pier Paolo Pandolfi ha esordito parlando del “rinascimento” della ricerca sul cancro: “Sono qui per testimoniare un entusiasmo profondo che deriva da una vera e propria rivoluzione. La ricerca oncologica ha vissuto un rinascimento che ci ha permesso di sconfiggere diverse forme di cancro e di ritardarne l’evoluzione in altri casi”. Rivoluzionario non è solo il nuovo approccio farmacologico, che prevede un trattamento selettivo e mirato, ma anche il metodo di studio dell’efficacia dei nuovi farmaci. Pandolfi e il suo team stanno infatti utilizzando nei laboratori americani un modello sperimentale che permetterebbe di accorciare notevolmente le tempistiche necessarie a valutare l’efficacia delle cure. “Abbiamo fatto ricerca da leader negli ultimi 30 anni e Perugia ha contribuito in maniera sostanziale” ha detto con un pizzico di nostalgia per il luogo dove la sua carriera è cominciata. “In questa università, per tre volte, abbiamo battuto gli americani: ma non dite agli americani che l’ho detto!” ha concluso scherzosamente Pandolfi. Infine ha preso la parola Enrico Tiacci, membro del gruppo diretto da Brunangelo Falini, leader della ricerca sulla leuceumia a cellule cappellute. “La ricerca delle alterazioni genetiche che causano i tumori può portare anche in tempi brevi a un beneficio clinico diretto e tangibile” ha detto Tiacci introducendo la storia del paziente che ha portato il team a scoprire l’intero modello genetico di questo tipo di leucemia e a identificare la mutazione responsabile della malattia. Grazie a esso è stato trovato un farmaco che potrebbe risolvere la malattia e per il quale sono partite le sperimentazioni proprio in questi giorni. Bruno Manfellotto ha concluso ringraziando AIRC e la straordinaria platea di medici e ricercatori, che ha aperto il cuore alla speranza: “I giornalisti scrivono oggi e parlano di ieri. A me invece è capitato, per una volta, di essere immerso per qualche ora in una quotidianità tutta speciale e di ascoltare la storia di ciò che accadrà domani”. (Attilia Burke)

Accorciare i tempi per arrivare alla cura


I GIORNI DELLA RICERCA Insieme a fianco di AIRC

I risultati dei vostri sforzi Raccolti 5,4 milioni di euro per mettere il cancro all’angolo

alla TV alla radio, dai campi di calcio alle piazze italiane: i Giorni della Ricerca 2012 hanno visto una grande mobilitazione di gente comune, medici, ricercatori, testimonial dal mondo dello spettacolo e dello sport, persone che hanno combattuto e vinto contro il cancro.

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Le piazze aiutano la ricerca I cioccolatini de “I Doni per la Ricerca” hanno rappresentato un terzo e importante momento di raccolta fondi nel corso dell’anno che, insieme alla grande mobilitazione che ha attraversato tutta l’Italia, hanno permesso di raccogliere 5,4 milioni di euro. Lo scorso novembre avete trovato in piazza i banchetti di AIRC con tanti volontari che distribuivano il nuovo prodotto solidale, le confezioni di cioccolatini fondenti, grazie alla collaborazione con Lindt&Sprüngli. Lanciare una nuova iniziativa non è mai una cosa facile, ma non per AIRC. La rete degli instancabili volontari è stata una certezza di coinvolgimento e calore e l’adesione e la fiducia della gente nell’operato dell’Associazione è stata confermata. Le azalee e le arance di AIRC, distribuite nelle altre iniziative di piazza, si sono conquistate negli anni il cuore della gente perché sono diventate il simbolo di una profonda adesione alla missione di AIRC per rendere il cancro sempre più curabile. Ora anche il cioccolato, con le sue proprietà antiossidanti, diventa simbolo e strumento per finanziare la migliore ricerca oncologica nel nostro Paese. Grazie!

I nostri partner Esselunga ha confermato anche per il 2012 il suo sostegno ad AIRC come partner della campagna “La Buona Spesa”. Dal 3 al 10 novembre, in Esselunga e in altre 15 insegne della grande distribuzione alimentare, i clienti si sono potuti informare sui progressi della ricerca oncologica e i consigli per la prevenzione, attraverso lo speciale edito da AIRC Comprendere la complessità del cancro per batterlo, distribuito gratuitamente in tutti i punti vendita aderenti. Le donazioni di Esselunga e delle altre aziende sostengono i ricercatori di AIRC impegnati ogni giorno per mettere il cancro all’angolo.

Aldo, Giovanni e Giacomo con i cioccolatini dei Giorni della Ricerca

Sisal Grazie alla capillarità e al supporto di oltre 44.000 ricevitorie SISAL, anche per il 2012 migliaia di italiani hanno potuto contribuire alla ricerca sul cancro, donando attraverso la schedina speciale del SuperEnalotto. Novità di quest’anno, la donazione online che Sisal ha messo a disposizione attraverso il sito istituzionale, un’ulteriore modalità di partecipazione con cui l’azienda si conferma vicina alla missione di AIRC.

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INNER WHEEL

urante l’assemblea del consiglio nazionale, Inner Wheel, organizzazione femminile con finalità rotariane, ha consegnato un’importante donazione di 30.000 euro a favore della ricerca di AIRC. Durante la consegna da parte del presidente Anna Maria Oberto, è intervenuto Francesco Fazi, ricercatore AIRC che ha illustrato le ultime frontiere della ricerca, confermando la collaborazione dell’associazione con Inner Wheel.


I GIORNI DELLA RICERCA L’impegno della RAI

Per gentile concessione di TV Sorrisi e Canzoni

RAI per AIRC: insieme mettiamo il cancro all’angolo Dal 5 all’11 novembre RAI e AIRC hanno unito le forze per sostenere la ricerca oncologica

a cura della REDAZIONE a 18 anni la RAI condivide la missione di AIRC: rendere il cancro sempre più curabile. L’appuntamento, che si è rinnovato in occasione dei Giorni della Ricerca, ha informato il pubblico sulle opportunità di cura più innovative e contribuito a finanziare, con le donazioni ricevute, progetti dedicati alla formazione e alla specializzazione di una nuova generazione di ricercatori. Presentando i Giorni della Ricerca, Anna Maria Tarantola, presidente RAI, e Piero Sierra, presidente AIRC, hanno fatto quasi uno scambio di ruoli: Tarantola ha parlato della necessità della ricerca, perché “senza ricerca non c’è futuro per nessuno”. Da parte sua Sierra ha sottolineato “quanto sia importante che il servizio pubblico sia accanto alla ricerca, altrimenti questa non può fare molti passi da sola: anche AIRC fa servizio pubblico, informando i suoi sostenitori con puntualità e trasparenza”. Alle parole dei due presidenti hanno fatto eco quelle di Antonio Ma-

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rano, vicedirettore RAI: “Dobbiamo ringraziare AIRC con cui collaboriamo da 18 anni. Questo è per noi non solo un valore, ma soprattutto un onore: grazie ad AIRC possiamo contare su persone e strutture che agiscono affinché tutti possano essere curati da un male così diffuso”. Per tutta la settimana dal 5 all’11 novembre 2012, AIRC ha fornito alla RAI contenuti autorevoli per le trasmissioni TV e radio e testimonianze qualificate di medici, ricercatori e persone che hanno combattuto la malattia, con il coinvolgimento di tutta la

struttura RAI (le reti TV, RadioRai, RaiNews24, Tg1, Tg2, Tg3, i TgR, i GRR, Televideo e Rainet). Eccezionale è stata RadioRai per la campagna di informazione: per tutta la settimana le tra-

UN GOL PER LA RICERCA Sabato 10 e domenica 11 novembre Lega Serie A ha invitato le squadre a segnare “Un Gol per la Ricerca” partecipando, con attività di sensibilizzazione sui campi, al sostegno di una nuova squadra di ricercatori di talento. Claudio Marchisio, Pato e Javier Zanetti sono stati gli ambasciatori di AIRC nel mondo del calcio per coinvolgere i tifosi nella donazione. A loro si è aggiunto Alessandro Del Piero, storico testimonial di AIRC, con un videomessaggio dall’Australia. Grazie al patrocinio dell’Associazione italiana Arbitri, anche i team arbitrali hanno testimoniato la loro partecipazione, scendendo in campo con una T-shirt con il messaggio di AIRC. TIM, da 14 anni partner di AIRC, ha offerto importanti spazi di comunicazione al numero solidale negli stadi e nelle aree interviste. Un ringraziamento speciale va ai media sportivi che hanno garantito una straordinaria vetrina ad AIRC e agli appelli dei testimonial.


I PARTNER TECNICI smissioni delle tre emittenti sono state le voci che hanno raccontato la ricerca sul cancro.

Obiettivi e protagonisti All’impegno della RAI e in particolare degli autori delle trasmissioni, che si sono appassionati alle storie di AIRC e hanno costruito importanti spazi per raccontarle, si è aggiunto quello personale di tanti personaggi dello spettacolo. Antonella Clerici, madrina della campagna, con la sua personale maratona attraverso La Prova del Cuoco e Ti lascio una Canzone, ha saputo coinvolgere il pubblico, raccogliendo 800.000 euro che permetteranno a sette giovani promettenti ricercatori di avviarsi a una carriera con progetti triennali in Italia, obiettivo su cui AIRC si è sempre impegnata. Carlo Conti non è stato da meno: motivato e coinvolgente, con L’Eredità e Tale e Quale Show, ha raccolto circa 600.000 euro che finanzieranno i primi due anni di una Start-up. A testimoniare l’importanza di questo tipo di progetti era in studio Francesco Fazi con la sua Unità (foto in basso). Come in tutte le maratone, sul finale il tifo e le speranze si raccolgono su di un

Il 75% circa delle donazioni totali raccolte dalle diverse iniziative dei Giorni della Ricerca transita attraverso il numero solidale attivato dai principali gestori di telefonia fissa e mobile. Il numero solidale si conferma ancora una volta lo strumento più immediato per ricevere in tempo reale le donazioni del pubblico in risposta agli appelli lanciati nel corso delle campagne RAI per AIRC e Un Gol per la Ricerca. Grazie a TIM, Vodafone, Wind, 3, PosteMobile, CoopVoce, Nòverca, TeleTu, TWT, Telecom Italia, Infostrada e Fastweb per avere rinnovato ancora una volta la loro collaborazione a sostegno della ricerca sul cancro. unico pensiero: il traguardo. Affidata allo Speciale Elisir e a Michele Mirabella, il taglio del traguardo è stato emozionante e ricco: le donazioni del pubblico hanno raggiunto 650.000 euro, con cui una giovane Unità di ricerca lavorerà due anni. Quattro affermati ricercatori AIRC hanno trovato in Claudio Lippi e Stefania Sandrelli i loro appassionati portavoce negli appelli a donare. Quest’anno la partecpazione dei conduttori TV e radio che hanno sostenuto la campagna sembrava quasi una gara vivace: vogliamo citare ancora Elisa Isoardi e Franco di Mare con Uno Mattina, Massimo Giletti e Lorella Cuccarini con Domenica In, Miriam Leone e Tiberio Timperi che hanno aperto la gior-

nata più calda della maratona alle 6,30 di domenica con Mattina in Famiglia e gli ospiti AIRC, Max Giusti e Luca Barbarossa con i loro appelli per RadioRai. In questa carrellata di personalità dello spettacolo è stato importante l’impegno di: Piero Angela, Pippo Baudo, Ferzan Ozpetek, Cecilia Gasdia ed Emiliano Mondonico. I protagonisti indiscussi della campagna sono stati i ricercatori, che hanno raccontato i progressi recenti della ricerca e lanciato le sfide per il futuro. Un grazie particolare va poi a tante persone speciali come Mario, Valentina, Livio, Giacomo, Alisa, Francesca, Gianluca, per i loro emozionanti racconti e per aver testimoniato che oggi il cancro è sempre più curabile.

Clerici, Conti, Lippi, Mirabella e tanti altri a fianco di AIRC

Francesco Fazi e la sua Unità di ricerca dell’Università La Sapienza ospiti di Conti a Tale e Quale Show

Guarda i videoappelli e i backstage dei calciatori, dei testimonial tv e di tutti i protagonisti dei Giorni della Ricerca: www.youtube.com/AssociazioneAIRC - playlist “Un Gol per la Ricerca” e “Io sto con AIRC”.

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IFOM - ISTITUTO FIRC DI ONCOLOGIA MOLECOLARE La rigenerazione tissutale

Viaggio in India per studiare la rigenerazione dei tessuti Apre a Bangalore, nel Paese asiatico, il nuovo laboratorio di IFOM in collaborazione con un importante centro di ricerca sulle cellule staminali. Obiettivo: scoprire le analogie tra riparazione delle ferite e tumori a cura della REDAZIONE istituto FIRC di oncologia molecolare apre una succursale in India, a Bangalore, grazie a un accordo di ricerca internazionale con NCBS, istituto di ricerca specializzato in biologia avanzata del Tata Institute of Fundamental Research (TIFR), il centro di eccellenza dell’Unione indiana, e inSTEM, il prestigioso Istituto per la biologia delle cellule staminali e per la medicina rigenerativa della città indiana. Obiettivo: studiare in che modo le cellule staminali, presenti nell’organismo adulto, contribuiscono a rigenerare tessuti sani e, di conseguenza, in che modo i meccanismi di rigenerazio-

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ne sono sfruttati dai tumori per proliferare. Che si tratta di un progetto senza confini è dimostrato anche dal fatto che il team dei ricercatori, di varia provenienza, è diretto da Colin Jamora, un giovane scienziato hawaiano, proveniente dall’Università di San Diego, in California. “Sono molto entusiasta di questa nuova possibilità di conseguire risultati scientifici importanti grazie al sostegno di IFOM e inStem” spiega Jamora. “Dirigerò un gruppo il cui obiettivo è tradurre gli studi sulla rigenerazione e riparazione dei tessuti in scoperte che consentono di combattere malattie come cancro, diabete e disturbi infiammatori cronici”.

Arriveremo rapidamente a ricadute applicative

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In questo articolo: Colin Jamora medicina rigenerativa cellule staminali UNA RETE MONDIALE La creazione di piccole “isole di IFOM” all’estero è una strategia perseguita con convinzione del direttore scientifico Marco Foiani: “In Asia ci sono aree di vera eccellenza nella ricerca, scienziati appassionati e investimenti in strutture e tecnologie. L’attivazione del laboratorio diretto da Jamora è per IFOM una preziosa opportunità di ricerca in sinergia con un Paese come l’India che rappresenta uno dei più promettenti incubatori per lo sviluppo scientifico a livello mondiale. Questa operazione rientra in una strategia di internazionalizzazione che ha già portato IFOM a siglare un accordo simile con Singapore nel 2011. Il futuro della ricerca non può prescindere dalla collaborazione tra i centri più innovativi nel mondo. Solo così la ricerca italiana sarà veramente competitiva ed entrerà in un dibattito scientifico globale”. Jamora lavora da anni sui meccanismi di riparazione delle ferite e così spiega la connessione tra la sua specializzazione e il cancro: “Più di 25 anni fa i medici, sulla base di osservazioni sui pazienti hanno formulato una ipotesi: che il cancro non fosse altro che un tentativo senza fine di

risanare una normale ferita. Peraltro ambedue i fenomeni utilizzano le potenzialità di crescita e rigenerazione dei tessuti offerte dalle cellule staminali”. Jamora esplorerà i dettagli cellulari e molecolari alla base di questi fenomeni e analizzerà gli errori che possono verificarsi e che possono favorire la formazione di tumori. INFIAMMAZIONE E STAMINALI In che modo le ferite della pelle costituiscono un modello utile per la ricerca sul cancro? Come detto in precedenza, quando un tessuto deve riparare una lesione fa ricorso alla capacità rigenerativa delle cellule staminali. Le ferite della pelle sono tra le lesioni più comuni e meglio studiate. La pelle è infatti un sistema ideale per verificare il ruolo delle cellule staminali. “Subito dopo la lesione il nostro corpo attiva una risposta infiammatoria che ha come scopo la difesa dalle infezioni” spiega Jamora. Negli ultimi anni scienziati di tutto il mondo hanno dimostrato l’importanza dell’infiammazione nel promuovere la crescita delle cellule tumorali. Le nuove tecniche scientifiche hanno confermato le osservazioni preliminari sulla stretta connessione tra cancro e riparazione delle ferite. L’infiammazione attiva le cellule staminali, che cominciano a ri-

IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare della FIRC, la Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, svolge attività scientifica d’avanguardia a beneficio dei pazienti oncologici grazie a quanti sostengono concretamente la Fondazione. Dai anche tu il tuo contributo e senza versare denaro! Come? Aggiungi un piccolo lascito nel tuo testamento, è facilissimo: visita il sito www.fondazionefirc.it o telefona allo 02 79 47 07. Grazie.

prodursi (con una stretta analogia con quanto avviene nei tumori favoriti dalla presenza di infiammazioni croniche). Jamora e il suo team hanno contribuito a scoprire quali sono i mediatori di questo processo a livello molecolare. Nel 2009, per esempio, hanno scoperto che la Caspasi-8, una proteina nota per esser coinvolta nella morte cellulare programmata (processo chiave nei tumori), ha un ruolo fondamentale nella guarigione delle ferite. A seguito di un trauma la Caspasi-8 deve ridurre la propria presenza localmente perché il tessuto possa ripararsi. Difetti nella regolazione di questa proteina provocano gravi conseguenze: nel diabete, per esempio, l’incapacità di guarire dalle ferite dipende da un’aumentata produzione di Caspasi-8 mentre una sua riduzione genera risposta cronica al danno con sintomi come l’eczema. Un’altra scoperta recente riguarda un importante anello di congiunzione tra rigenerazione e cancro. Dagli studi di Jamora e collaboratori è

UN MECCANISMO EVOLUTIVO

L’organismo ha sviluppato sistemi molto efficaci per riparare e ricostruire i tessuti danneggiati. Ciononostante la macchina non è perfetta. Esiste infatti una stretta associazione tra lesioni croniche, infiammazione e cancro. Le relazioni tra colite ulcerosa e cancro al colonretto, tra cirrosi epatica e cancro al

fegato, tra ulcera e carcinoma gastrico sono solo alcuni dei tanti casi documentati in cui una lesione cronica si evolve in tumore. Guarigione delle ferite e formazione dei tumori sono due processi che dipendono da meccanismi molecolari incredibilmente simili. Molti dei fattori che promuovono la rigenerazione dei

emerso che Snail, una molecola coinvolta nella formazione delle metastasi, interviene anche nelle primissime fasi della risposta alle lesioni. “Le cellule staminali di qualunque tessuto possono proliferare oppure differenziarsi, cioè trasformarsi in elementi ‘normali’ del tessuto stesso” continua Jamora. “Fino a qualche anno fa studiarne la regolazione significava solo verificare in che modo imboccavano una via piuttosto che l’altra a livello di singola cellula”. Il problema è che le cellule singole esistono solo in laboratorio: nel corpo stanno insieme e sono immerse in un ambiente ricco di stimoli e interazioni e proprio su queste interazioni lavorerà Jamora nel nuovo centro di Bangalore. L’obiettivo finale di tutto il percorso è però molto pratico: individuare nuovi target che caratterizzano le staminali, per esempio proteine presenti in stati patologici quali cancro, diabete e malattie dell’epidermide, ma assenti nei tessuti normali, da utilizzare come bersagli molecolari per terapie specifiche.

tessuti, come citochine, fattori di crescita e metalloproteasi, sono gli stessi che stimolano la crescita e la metastatizzazione del tumore. I segnali che portano le cellule a proliferare sono accesi sia nella riparazione delle ferite sia durante la crescita tumorale, con la differenza che nel primo caso la loro attivazione è temporanea, mentre nel cancro il segnale di proliferazione è sempre acceso. GENNAIO 2013 | FONDAMENTALE | 33


EROGAZIONI Bandi 2012

In questo articolo: erogazioni bandi processo di selezione

Selezione significa ottenere l’eccellenza I dati relativi alle erogazioni per progetti di ricerca effettuate nel 2012 confermano l’andamento degli anni precedenti: le richieste sono molte, soprattutto da chi si affaccia al mondo della ricerca per la prima volta, ma una rigida selezione meritocratica permette di ottenere ottimi risultati

a cura della REDAZIONE ome ogni anno, è tempo di bilanci per la direzione scientifica di AIRC, intenta a tirare le somme dei progetti valutati e finanziati nel corso del 2012. Oltre ai Programmi speciali 5 per mille (grandi sia nei numeri sia negli obiettivi e valutati con una selezione a sé stante), AIRC continua a finanziare progetti di ricerca di alta qualità portati avanti da ricercatori affermati (i cosiddetti Investigator Grant o IG); progetti presentati da giovani ricercatori che per la prima volta si affacciano al “mondo AIRC” (My First AIRC Grant) e quelli che consentono a giovani e brillanti scienziati all’estero di rientrare in Italia e di avviare un laboratorio (Start-up Grant). Per i progetti 5 per mille e per questa categoria di bandi, AIRC ha erogato nel 2012 poco più di 86 milioni di euro tra progetti del tutto

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Sono tre le tipologie di bandi per ottenere fondi da AIRC

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nuovi e mantenimento di quelli selezionati negli anni precedenti, ma con durata triennale o quinquennale, tutti fondi provenienti dalla raccolta ordinaria attraverso le varie iniziative e le donazioni degli italiani oltre che dai fondi ottenuti col 5 per mille.

Il primo scoglio da superare “Abbiamo ricevuto 358 richieste di IG, tutte sottoposte a peer review, il processo di valutazione” spiega Maria Ines Colnaghi, direttore scientifico di AIRC. “Ne abbiamo approvati 148, per un totale di 14 milioni e mezzo di euro circa”. Più selettiva è stata l’erogazione dei My First AIRC Grant (su 179 richieste sono stati “promossi” solo in 21) e delle Start-up (è passato un solo progetto a fronte di sette richieste), da parte di un team di soli revisori stranieri. “È comprensibile” spiega Colnaghi.

“Nel primo caso stiamo parlando di scienziati con grande esperienza e quindi con proposte di ricerca già molto solide. Inoltre compilare una richiesta di grant non è facile ed è evidente che per chi lo fa per la prima volta sia più difficile passare la selezione. I giovani non si devono però scoraggiare: è tutta esperienza che serve per gli anni successivi, per presentare il proprio progetto rielaborato secondo le indicazioni dei revisori, il cui compito non è solo valutare ma anche aiutare il ricercatore a portarne avanti uno diverso e migliore”.

Niente rendite Guardando alle percentuali di successo per ciascuna categoria, si scopre che globalmente (tra i progetti presentati da ricercatori non precedentemente finanziati da AIRC e ricercatori che, terminato il primo, ripresentano un altro progetto) passa la selezione il 41,3 dei ricercatori, ma in realtà solo il 25,4 per cento di chi ha presentato domanda per la prima volta. Attenzione però: aver avuto un finanziamento da AIRC nel precedente triennio non è una garanzia per ottenerne uno successivo. Solo il 57,3 per cento di ex finanziati riesce a bissare il successo. “Un grant AIRC non è una rendita a vita: è qualcosa che anche i migliori devono conquistarsi ogni volta superando la selezione” conferma Colnaghi. Tutte le richieste di Investigator grant, per esempio, vengono valutate da circa 600 revisori stranieri, selezionati sulla base delle competenze nei diversi ambiti di ricerca. “I revisori sono tre per ogni progetto, due stranieri e un membro del CTS (il comitato tecnico scientifico di AIRC). Quando sono tutti sostanzialmente d’accordo sulla bontà o sull’inadeguatezza di una proposta, questa viene promossa o bocciata al primo turno. Se

Sono stati approvati 148 progetti per 14,5 milioni di euro


però i revisori esprimono pareri diversi, la proposta approda nella cosiddetta zona grigia e viene discussa dai 24 membri del CTS”. Il comitato scientifico interno ha una funzione importantissima: permette di verificare se ci sono state discrepanze nella valutazione di un progetto e, in tal caso, di ricorrere a un ulteriore parere. Inoltre considera anche aspetti che gli stranieri non possono conoscere, come la solidità della struttura di cui fa parte il ricercatore e la sua adeguatezza tecnologica.

Ricerca di qualità Infine è importante anche tener conto della qualità della ricerca prodotta, non solo della quantità. Un parametro oggettivo che consente di fare considerazioni in tal senso è il Cytation Index, cioè il numero di volte in cui un dato articolo scientifico viene citato nella bibliografia di ricerche uscite successivamente. “Il presupposto è che se una scoperta è stata utile agli altri scienziati nello svolgimento del proprio lavoro, significa che è stata

davvero innovativa e importante. Più citazioni si ottengono, più un determinato studio diviene pietra miliare nella ricerca” spiega Colnaghi. Le ricerche prodotte nell’anno 2010 grazie ai finanziamenti AIRC sono state citate, nel corso del 2012, nel 97 per cento dei casi. Il 3 per cento di articoli non citati è un dato fisiologico dovuto anche a quelle ricerche appena uscite che non hanno fatto in tempo a essere recepite da altri gruppi di ricer-

ca. Non solo: ogni ricerca AIRC riceve in media 9,49 citazioni, oltre tre volte di più della media delle citazioni considerate valide in ambito oncologico. “Tutto ciò significa da un lato che il sistema di selezione meritocratico messo in piedi da AIRC funziona bene e identifica effettivamente l’eccellenza” spiega Colnaghi. “Dall’altro è una testimonianza della vitalità della ricerca oncologica italiana, che ormai compete alla pari con i migliori”.

IRC e FIRC insieme hanno deliberato la somma totale di 100.035.362 euro grazie alla generosità dei loro interlocutori, soci, volontari, contribuenti, sostenitori e al supporto dei mezzi di comunicazione.

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NELLO SPECIFICO I FINANZIAMENTI 2012 SONO STATI DESTINATI A: Programma di Oncologia clinica molecolare 5 per mille

24.251.847 euro

Programma Diagnosi precoce e analisi del rischio di sviluppare un tumore 5 per mille 6.682.804 euro Progetti di ricerca (di base, traslazionale, clinica ed epidemiologica)

49.539.000 euro

Sostegno ai giovani (borse di studio*, My First AIRC grant, Start-up)

9.581.446 euro

Ricerca intramurale (IFOM – Istituto FIRC di oncologia molecolare)

9.218.193 euro

Progetti regionali e speciali

560.000 euro

Enti, istituti, fondazioni nazionali e internazionali

202.072 euro

Totale

100.035.362 euro

* 3.375.446 euro sono destinati a borse di studio AIRC e FIRC ordinarie per l’Italia e per l’estero.


INIZIATIVE Il sito internet di AIRC

AIRC sempre più 2.0 Il sito web di AIRC non cambia solo nell’aspetto, ma anche nella tecnologia e nei contenuti a cura della REDAZIONE seguito di un lungo lavoro di riorganizzazione dei contenuti, rinnovamento grafico, introduzione di nuovi strumenti, da questo autunno è online un sito che offre una migliore navigazione: menù a discesa affiancati di volta in volta dai focus sui temi più d’attualità, messa in evidenza degli argomenti, approfondimenti e consigli più cercati dagli internauti sono solo alcune delle novità che si scoprono navigando su www.airc.it. Il sito, così rifatto, permette di raggiungere più facilmente i contenuti che interessano maggiormente, grazie a una struttura che è stata rivo-

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luzionata sulla base di test di usabilità realizzati con l’aiuto degli utenti stessi. Oltre alle parti dedicate alla vita dell’Associazione, è possibile accedere a molte informazioni sui tumori, la prevenzione, la ricerca, la cura… Solo le pagine scientifiche sono più di 300. Ampio spazio viene dato poi alle modalità per sostenere la ricerca, attraverso le donazioni online o l’acquisto di oggetti creativi, come le bomboniere solidali o i biglietti di Natale e di auguri per varie occasioni. Un’attenzione particolare è dedicata anche alle aziende, che possono diventare partner di AIRC in diversi modi. Varie pagine sono dedicate alle iniziative dell’Associazione, sia nazionali, come le Arance della Salute,

le Azalee della Ricerca eccetera, sia locali, con gli appuntamenti e gli eventi dei Comitati regionali. Ai contenuti si affiancano i volti di AIRC, dalle testimonianze delle “Storie di speranza” ai ricercatori, i soci, i volontari: i diversi protagonisti e interlocutori raccontano la propria esperienza quotidiana per contribuire alla ricerca sul cancro. Un’opportunità offerta a tutti, ciascuno con le proprie capacità e disponibilità. Il sito si arricchisce poi di strumenti in tempo reale, per essere sempre aggiornati sulle novità della ricerca, della prevenzione e della cura e si apre al mondo dei social media: Facebook, Twitter, Google+ .


LASCITI Chi ha scelto di sostenere FIRC

Il paziente discolo a fianco di FIRC Conosco gli amici di AIRC e di FIRC e mi fido: per questo ho scelto di disporre un lascito a favore della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro. Perché il denaro, certo, non è tutto. Però… a cura di GIAN ANTONIO STELLA obbiamo toglierle un rene”, sospirò il primario, accasciandosi affranto sulla seggiola accanto all’ingresso della cameretta. “Che sfiga…” risposi io di getto. Mi spiegò, con la semplicità dei medici bravi che non usano paroloni, che non c’era niente da fare : i polipetti alla vescica avevano fatto strada, a ritroso, e avevano attaccato il rene sinistro. “Sempre colpa del fumo?” chiesi. “Colpa del fumo, quasi sicuro”, rispose. Aggiunse: “Mi dispiace”. Scosso, diedi la risposta più ebete che mi potesse venire in mente: “Si figuri”. Mi dispiaceva anche per lui. Dopo tanti anni che aveva speso nel curarmi quei polipetti quasi a dispetto dei “buchi” che gli tiravo, della mia distrazione, dei

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miei cedimenti alla tentazione di rimuovere il problema, eravamo diventati amici, con Giuseppe Signorelli. E sapevo che viveva quella scelta obbligata come una sconfitta che non era solo mia, ma anche sua. Quando uscì, a capo chino, chiamai il mio amico Mario, un altro di quei dottori che sa dire le parole giuste. Disse: “Amen. Ormai è andata. C’è uno del Milan che gioca da dieci anni a San Siro e in Nazionale con un rene solo. Ci si può vivere benissimo. Basta badare un po’ più a se stessi”. Mi ricordai la volta in cui, qualche mese prima, mi aveva consigliato di sottopormi a degli esami che io, maledetto lavoro, mi ero dimenticato di fare. Gli chiesi, masochista, se sarebbe cambiato qualcosa, a scoprire prima i danni al rene. Rispose: “Boh… forse”. Mi restò il dubbio. E la rabbia per quel medico del Pronto Soccorso che mesi prima, una sera d’inverno, mi aveva distrattamente visitato a Roma, dopo che mi ero sentito male in ufficio. Il dottore mi aveva dato una pastiglietta per abbassare la pressione, ipotizzando solo una colica renale. “Vuole andare a casa o essere ricoverato per controlli?” Non gliela perdonerò mai. Come qualsiasi analfabeta di medicina pensai che non fosse nulla di importante. Spesso ho pensato a quanto ero stato stupido a non cogliere tutti i segnali che mi erano stati mandati dal destino. O, se volete, dal buon Dio. Su un solo punto, se guardo indietro a tutti gli errori fatti nel mio ruolo di paziente discolo, posso trovare consolazione: se è vero che la prima medicina è l’ottimismo, il guardare avanti, lì me la cavai bene. L’ultima sera a casa prima del ricovero e dell’intervento, convinto che nelle guerre muoiono prima i soldati con la faccia triste, chiamai gli amici a cena. “Cosa si festeggia?” chiesero. “Il rene-day”. In tavola c’era del Teroldego. Chiudemmo con un Ferrari millesimato. Prosit…

UN LASCITO PER LA RICERCA hi sono gli eredi e come vengono stabiliti? Quali sono le quote di riserva a favore dei figli e del coniuge? Come si redige un testamento?

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Effettuare un lascito testamentario è molto semplice: – testamento olografo: basta scrivere su un foglio di proprio pugno cosa si vuole destinare (per esempio una somma di denaro) e a chi, datarlo e firmarlo. Il testamento potrà essere poi affidato a una persona di fiducia o a un notaio; – testamento pubblico: viene ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni e poi custodito dal notaio stesso. Con la Guida al testamento, aggiornata secondo le leggi vigenti, effettuare un lascito testamentario è diventato un gesto semplice. E lo può diventare per tutti: basta richiederla gratuitamente contattando tel. 02 79 47 07 www.fondazionefirc.it

Ho pensato che avrei dovuto cogliere i segnali d’allarme

GENNAIO 2013 | FONDAMENTALE | 37


INIZIATIVE Le Arance della Salute

Arriva la stagione delle arance! Seguire i ritmi della natura, scegliendo frutta e verdura di stagione, aiuta a ottenere i migliori effetti benefici sull’organismo

a cura della REDAZIONE e arance in piazza il 26 gennaio sono un appuntamento fisso che fa allegria, sostiene la ricerca sul cancro e invita a riflettere su quanto benessere portiamo a tavola ogni giorno. Nella pubblicazione a disposizione di chi scenderà in piazza si potranno trovare informazioni utili, le ricette sane e gustose proposte per l’occasione da Moreno Cedroni in collaborazione con La Cucina Italiana e notizie dal mondo della ricerca AIRC, sulla possibilità

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di prevenire il cancro anche attraverso l’alimentazione. Se già in passato studi epidemiologici condotti su grandi popolazioni avevano osservato un legame tra la diffusione di abitudini alimentari, prime fra tutte la dieta mediterranea, e una minore frequenza di alcune forme di cancro, oggi conosciamo le basi molecolari dell’interazione tra ciò che mangiamo e le cellule del nostro corpo. Gli scienziati del World Cancer Research Fund (WCRF) hanno individuato i meccanismi di base che governano il rapporto tra il

IL COMITATO VENETO SPEGNE 30 CANDELINE

Gardin & Mazzoli Fotografi in Treviso

Tra i tanti eventi per celebrare i 30 anni del Comitato Veneto AIRC, e sostenere la ricerca sul cancro, si è svolta una serata per festeggiare il primo presidente del comitato, Giancarlo Ligabue, proprio al Museo di storia naturale di Venezia, cui l’imprenditore e paleontologo ha donato diversi fossili. Di fronte alle autorità e a tutti i partecipanti, sono intervenuti l’attuale presidente Vittorio Coin, il giornalista Alberto Angela, Inti Ligabue, figlio di Giancarlo. Con il ricavato della serata è stata istituita una borsa di studio intitolata al Centro studi e ricerche Ligabue. Inoltre, ha annunciato Coin, sarà istituita una borsa per i volontari del Comitato Veneto.

cibo e la malattia. In sintesi, occorre mangiare di meno, privilegiando prodotti integrali, con frutta e verdura. Ma come sceglierla? Con le colture in serra, i metodi di maturazione artificiale e l’accorciamento delle distanze tra i continenti oggi è possibile trovare quasi ogni alimento in qualunque stagione. Queste modalità possono però ridurre il valore nutrizionale di questi frutti della natura: imparare a conoscere la stagionalità delle varie specie vegetali nostrane può aiutarci ad arricchire la nostra tavola e la nostra salute. Grazie al contributo della Regione Siciliana e alla preziosa collaborazione dei nostri volontari, 400.000 reticelle di arance rosse di Sicilia saranno offerte nelle piazze italiane a fronte di un contributo di 10 euro. Anche il mondo della scuola parteciperà con l’iniziativa “Cancro, io ti boccio”: venerdì 25 gennaio, insegnanti e genitori distribuiranno le reticelle di arance nelle scuole del nostro Paese. Per trovare Le Arance della Salute chiama il numero 840 001 001 (attivo dal 20 gennaio) o vai sul sito www.airc.it




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