A+C Arquitectura y Cultura 2009

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Nausica Caniglia

UTOPIATEORIAPRAXIS

Nel 1995 Kenneth Frampton pubblica il testo “Studies in Tectonic Culture” in cui, nell’ultimo capitolo, esprime la preoccupazione che l’architettura contemporanea stia andando verso una eccessiva e progressiva smaterializzazione (Prestinenza, 1998, p. 58). Per contro Robert Venturi, con accenti piuttosto enfatici, e, soprattutto, Charles Jencks, affermano la valenza positiva di questi nuovi scenari per l’ispirazione poetica della architettura contemporanea: la rivoluzione informatica, le biotecnologie, i nuovi scenari culturali aperti dalla scienza e dalle nuove impostazioni epistemologiche, costituiscono, secondo questi autori, i presupposti per un cambiamento della architettura. I mutamenti generati dallo scenario culturale contemporaneo nella costruzione dello spazio fisico sono stati già ampiamente trattati soprattutto in riferimento alla scala urbana. Nel padiglione italiano della VI Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia, nella sezione dedicata al paesaggio curata da Gabriele Basilico e Stefano Boeri, era esposta una ricerca che analizzava alcune realtà suburbane italiane per mezzo di un’indagine fotografica. Nei dintorni dei grandi agglomerati urbani di Milano, Venezia, Firenze, Rimini, Napoli e Gioia Tauro, lungo le principali vie di comunicazione, sono nate, negli ultimi decenni, una miriade di costruzioni che poco si adattano ai metodi classificatori usati fino a ora. Massimo Ilardi, per esempio, esprime alcune considerazioni su come la realtà urbana contemporanea sia profondamente mutata. L’ampliamento della città al di fuori dei confini definiti dalla pianificazione, genera quell’unica sterminata periferia, caratterizzata da non luoghi antropologici (Augé, 1992), che costituisce uno degli aspetti più rilevanti della forma della città contemporanea. La periferia oggi è diventata centro di spazi pubblici con i suoi centri commerciali, gli autogrill, le stazioni di servizio. Questi pezzi di territorio costituiscono una parte assai importante dello spazio costruito contemporaneo, essi sono le: “... città senza autore [che] sono le città della gente, costruite dall’immaginario comune, governate dai bisogni diretti di chi le vive in cui si sta realizzando lo scardinamento del senso “comune” della cultura. (...)” (Desideri, 1995, p. 28) Oggi, infatti, si sta assistendo ad una tendenza diffusa che spinge a classificare alcuni spazi funzionali della mobilità collettiva come “non luoghi”. Siamo di fronte ad una trasformazione dei nuclei di significato urbani e paesaggistici in esibizione di pura virtualità. La virtualità simbolica dell’immagine finisce col sostituire la realtà come è accaduto a Città del Messico dove per conferire un’identità visuale ad un quartiere residenziale sono stati costruiti due grattacieli internamente vuoti. Cosa ci fa pensare questo? La pura virtualità diventa un segno eloquente del moderno smarrimento del significato dell’abitare. Il grattacielo vuoto non è altro che un simbolo della “città irreale”. Il tema dell’irrealtà propria delle continue trasformazioni moderne lo si può far risalire a Nietzsche: è il tema dello svanimento di ogni possibilità di vita, passata e futura, nel deserto che cresce (Bonesio, 2002).

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U N I V E R S I DA D D E S A N T I A G O D E C H I L E

ESCUELA DE ARQUITECTURA

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