Bioteca - Rapporto di ricerca

RAPPORTO DI RICERCA PROGET TO

BIOTECNOLOGIE DEGLI ALIMENTI PER L’INNOVAZIONE E LA COMPETITIVITÀ DELLE PRINCIPALI FILIERE REGIONALI: ESTENSIONE DELLA CONSERVABILITÀ E ASPETTI FUNZIONALI Codice progetto : QCBRAJ6 [ Avviso Aiuti a Sostegno dei Cluster Tecnologici Regionali per l’Innovazione ] Proponente Valle Fiorita Catering Srl

Partner

Gruppo Milo Cantine Due Palme Soc. Coop. Agricola Ignalat Srl Cannone Industrie Alimentari “Gli antipasti” SpA Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (CNR-ISPA) Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Dipartimento Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti (DISSPA) Università degli Studi di Foggia, Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente e Centro Servizi per la Ricerca Applicata (SAFE)

Con la collaborazione di

Agriplan Srl, DARe Puglia, MCM TECHNO CONSULTING Srl

Gennaio 2018

INDICE

PREMESSA ................................................................................................................................. 2 1. INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 3 2. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA DEI LIEVITATI DA FORNO ................................ 4 2.1 IMPIEGO DI STARTER SELEZIONATI E MATRICI VEGETALI PER IL PROLUNGAMENTO DELLA SHELF-LIFE DI LIEVITATI DA FORNO .................................................................................................................................... 4 2.2 REALIZZAZIONE DI PANE A RIDOTTO CONTENUTO DI SALE MEDIANTE APPLICAZIONE DI BIOINGREDIENTE DI LACTOBACILLUSPLANTARUM NEL PROCESSO DI PANIFICAZIONE ........................................................... 9 2.3 REALIZZAZIONE DI “PUCCIA” SENZA LIEVITO AGGIUNTO MEDIANTE L’USO DI COLTURE BATTERICHE STARTER...................................................................................................................................................... 14 2.4 IMPIEGO DI STARTER SELEZIONATI E MATRICI VEGETALI PER L’OTTENIMENTO DI LIEVITATI DA FORNO ARRICCHITI IN COMPOSTI FUNZIONALI AD ATTIVITÀ ANTI-IPERTENSIVA .................................................. 17 2.5 IMPIEGO DI STARTER SELEZIONATI E MATRICI VEGETALI PER L’OTTENIMENTO DI LIEVITATI DA FORNO A ELEVATA QUALITA’ NUTRIZIONALE E FUNZIONALE.................................................................................... 22

3. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA PASTA.......................................................... 26 3.1 MICROORGANISMI SELEZIONATI PER INCREMENTARE LA SHELF-LIFE DI PASTA FRESCA ............................ 26 3.2 PASTA FRESCA ARRICCHITA IN ESOPOLISACCARIDI ...................................................................................... 30

4. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA VINO............................................................ 35 4.1 APPLICAZIONE DI PROTOCOLLI BIOTECNOLOGICI ALLA FILIERA VINO PER MIGLIORARNE LA QUALITÀ E CONSERVABILITÀ DI PRODUZIONI VINICOLE TIPICHE ................................................................................ 35

5. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA OLIVE DA TAVOLA ........................................ 41 5.1 OLIVE DEAMARIZZATE BIOLOGICAMENTE .................................................................................................... 41 5.2 STARTER INNOVATIVI PER LA PRODUZIONE DI OLIVE A RIDOTTO CONTENUTO DI SALE ............................. 46 5.3 BIOPRESERVAZIONE DI OLIVE CONFEZIONATE ............................................................................................. 51 5.4 MODELLI PREDITTIVI PER I LIEVITI ALTERANTI DELLE OLIVE DA MENSA ...................................................... 57

6. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA FORMAGGI .................................................. 61 6.1 MIGLIORAMENTO DELLA CONSERVABILITÁ DI FORMAGGI FRESCHI A PASTA FILATA ................................. 61

7. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA ITTICA .......................................................... 65 7.1 BIOPRESERVAZIONE DI FISH BURGER FRESCHI A BASE DI TONNO ............................................................... 65 7.2 BIOPRESERVAZIONE DI POLPETTE PANATE A BASE DI ORATA ...................................................................... 70

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PREMESSA “La ricerca scientifica ci aiuta a innovare i prodotti tipici della nostra terra. In questo modo riusciremo a farli conoscere e apprezzare in ogni angolo del mondo”. Questo è il motivo di base che ha spinto sei aziende di diverse filiere alimentari e tre organismi pubblici di ricerca a mettersi insieme nel Progetto Bioteca. Tale programma di ricerca e sviluppo, avviato nell’ambito del bando “Aiuti a sostegno dei cluster tecnologici regionali” Fsc 2007-2013 emanato dalla Regione Puglia, rappresenta un valido esempio di collaborazione tra le imprese e le università. Obiettivo comune del progetto Bioteca è stato l’utilizzo delle biotecnologie per l’innovazione e la competitività delle principali filiere alimentari regionali. Particolarmente l’attenzione dei ricercati si è concentrata sulla estensione della conservabilità con metodi naturali e sugli aspetti funzionali dei prodotti. Ma l’aspetto più importante va oltre i lusinghieri risultati del progetto e riguarda lo spirito collaborativo che c’è stato tra le imprese partecipanti. Si è capito, finalmente, che la ricerca e l’innovazione rappresentano il futuro e la chiave di successo per ogni impresa. Ma non si può fare ricerca da soli, bisogna mettersi insieme e collaborare. Sicuramente nei prossimi mesi ci saranno altri progetti, altri programmi, altre collaborazioni. Questo è il nostro impegno: assicurare il futuro alle nostre imprese, alle giovani generazioni, al territorio, alla ricchezza ed alla bontà dei prodotti tipici della nostra Terra.

Pietro Minisci Capofila del Progetto di R&S Bioteca Amministratore Delegato Valle Fiorita Catering Srl

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1. INTRODUZIONE L’innovazione, quale soluzione biotecnologica applicabile alle tecnologie alimentari, e disponibile per il trasferimento è la principale leva per la competitività e sostenibilità delle imprese alimentari.

Lo sviluppo ed il trasferimento dell’innovazione presuppone un approccio olistico e integrato dei problemi, che favorisca un’apertura alla domanda senza vincoli ai singoli comparti produttivi mediante soluzioni trasversali, le quali, con lievi adattamenti “su misura”, siano fruibili per le più importanti produzioni alimentari regionali e, conseguentemente, nazionali. Due, tra le più importanti sfide, per la competitività del settore alimentare sono rappresentate dalla estensione del mercato, nel tempo e nello spazio, e dalla preferenza del consumatore verso alimenti dalla etichetta “pulita” e che siano in grado di garantire valore funzionale. E’ in accordo con queste esigenze prioritarie del settore, che il Progetto BiotecA ha inteso mettere a sistema competenze e tecnologie presenti sul territorio pugliese per fare sinergia tra l'attività di ricerca e sviluppo del sistema scientifico regionale e la forte propensione a sperimentare ed applicare innovazioni da parte delle imprese di spicco dell’agroalimentare Pugliese.

Ecco che dopo due anni di sperimentazione, più di 2700 campioni di prodotti alimentari innovati, oltre 36.000 ore di attività di R&S, 42 ricercatori a vario titolo coinvolti, 66 ceppi di microrganismi testati, si è arrivati a mettere a punto 17 protocolli biotecnologici, validati su impianti industriali, che permettono alle aziende parter del progetto di presentarsi sul mercato con nuovi prodotti di qualità, funzionali e con una maggiore conservabilità.

Il presente lavoro ha lo scopo di presentare la sperimentazione realizzata descrivendone i materiali e metodi i risultati e le conclusioni scientifiche che permettono di attestare il successo del BiotecA.

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2. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA DEI LIEVITATI DA FORNO 2.1 IMPIEGO DI STARTER SELEZIONATI E MATRICI VEGETALI PER IL PROLUNGAMENTO DELLA SHELF-LIFE DI LIEVITATI DA FORNO PONTONIO Erica (1), LANERA Alessia, MINISCI Andrea (2), CONTE Amalia (3), RIZZELLO Carlo Giuseppe (1) (1) Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari Aldo Moro - Via G. Amendola n. 165/A, 70126 Bari, IT (2) Valle Fiorita Catering Srl - Via della Comunicazione s.n., 72017 Ostuni (BR), IT (3) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente, Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT

Abstract Due batteri lattici (Lactobacillus plantarum 1A7, Lactobacillus brevis AM7) e un lievito (Pichia anomala 1695), precedentemente selezionati per l’attività antifungina, sono stati impiegati per l’ottenimento di un lievito naturale contenente farina di ceci. L’attività antifungina

di tale

fermentato è stata valutata su funghi comunemente contaminanti il pane, con risultati positivi. Il lievito naturale è stato impiegato come ingrediente per la preparazione di pane (tipo “puccia”), prima su scala pilota e poi industriale, e la shelf-life microbiologica valutata in condizioni di ammuffimento spontaneo o artificiale. L’aggiunta del lievito naturale ai pani (20-30%) ha permesso di prolungarne la conservabilità, fornendo risultati comparabili ai controlli, in assenza o in presenza di minime concentrazioni di etanolo. Le analisi sensoriali hanno confermato accettabilità e gradevolezza dei pani sperimentali.

Introduzione Una delle maggiori problematiche del comparto dei prodotti lievitati da forno è rappresentata dalla breve conservabilità, come conseguenza di fenomeni chimico-fisici (raffermimento) e microbiologici (contaminazione da muffe). L’attenzione degli organi di controllo, dei consumatori e delle aziende è attualmente rivolta alla riduzione dell’impiego di conservanti di sintesi e all’uso d’ingredienti naturali e processi di confezionamento che siano in grado di prolungare la conservabilità con soluzioni sostenibili. La ricerca scientifica ha recentemente dimostrato come l’impiego di lievito naturale (lievito madre), oltre agli indubbi vantaggi di carattere organolettico, nutrizionale e tecnologico, consente un prolungamento della conservazione dei prodotti, grazie alla diminuzione del valore di pH e alla sintesi di metaboliti antifungini (principalmente peptidi e acidi organici). E’ documentato, inoltre, come la fermentazione di alcuni vegetali (es. germe di grano) o l’impiego di alcune materie prime (es. amaranto, leguminose) (Rizzello et al., 2017) consenta il rilascio di metaboliti antifungini in concentrazione tale da consentire una maggiore shelf-life dei lievitati da forno. L’impiego di batteri lattici precedentemente selezionati per l’attività antifungina come starter 4

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per la fermentazione di miscele di farina di frumento e leguminose è stato prima ottimizzato e poi valutato su scala di laboratorio e industriale, con l’obiettivo di ottenere una prolungata shelf-life di pane tipo “puccia”.

Materiali e metodi Microrganismi. L. plantarum 1A7, L. brevis AM7 e P. anomala 1695, precedentemente selezionati per l’attività antifungina (Coda et al., 2008 e 2011) sono stati impiegati come starter per la lievitazione naturale. Essi sono stati coltivati in MRS (Oxoid), modificato (mMRS) per l’aggiunta di maltosio (5%, p/p), estratto di lievito fresco (5%, v/p), avente un pH finale di 5,6. Per i test di attività antifungina sono stati utilizzati i seguenti indicatori: Penicillium rouqueforti DPPMAF1, noto per essere uno dei funghi più resistenti ai conservanti chimici (Coda et al., 2008), P. polonicum CBS 112490, P. chrysogenum CBS 111214, P. paneum CBS 101032, P. albocoremium CBS 109582, P. chermesinum CBS 117279, P. carneum CBS 112297, Eurotium herbariorum CBS 117336, E. rubrum CBS 150.92, Aspergillus parasiticus CBS 971.97, A.versicolor CBS 117286, P. bialowiezense CBS 110102, P. aethiopicum DPPMAF2, A.s niger DPPMAF3. Tutti i funghi sono stati coltivati in Potato Dextrose Agar (pH 5,6) (Oxoid) a 25°C per un tempo di 24 - 72 h.

Lievito naturale. Farina di frumento tipo 00 e acqua contenente una sospensione cellulare di ca. 8 log ufc/mL di L. plantarum 1A7 e L. brevis AM7, sono stati utilizzati per preparare impasti con dough yield (DY) 160. Gli impasti sono stati incubati a 30°C per 16 h. Analogamente, è stato preparato un lievito naturale (LN-ceci) contenente farina di ceci (5%, p/p). L’attività antifungina dei lieviti naturali è stata determinata sugli estratti acquosi ottenuti dai lieviti prima dell’incubazione (T0) e dopo 12 (T12) e 16 (T16) ore di fermentazione. In una successiva fase di ottimizzazione sono stati saggiati anche sfarinati di lupino e lenticchia (in sostituzione dei ceci).

Preparazione pani tipo “puccia”. Pani sperimentali sono stati prodotti presso i laboratori del Disspa (Bari) e successivamente presso l’azienda Valle Fiorita (Ostuni, BR), secondo i protocolli aziendali. In particolare, 4 tipologie di pane sono state prodotte: CTR (pane controllo, solo frumento); CTR-ceci (pane controllo contenente farina di ceci 5%, p/p); LN (30%) (pane con 30% lievito naturale); LN-ceci (30%) (pane con il 30% di lievito naturale-ceci). La lievitazione, condotta a 30°C per 1 h in presenza di lievito di birra (1.5%), è stata seguita da cottura a 190°C per ca. 20 min in forno Combo 3 (Zucchelli, Verona, Italia). Il pane in cassetta, previo raffreddamento, è stato poi affettato per le successive determinazioni analitiche. Per ogni formulazione sono stati prodotti cinque pani da 200 g. I lieviti naturali (LN e LN-ceci), prima (T0) e dopo la fermentazione (T16) e i pani da essi ottenuti sono stati caratterizzati da un punto di vista biochimico e microbiologico. In una successiva fase di

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ottimizzazione, sono stati prodotti anche pani nebulizzati a concentrazioni di etanolo variabili tra 1,5% e 3 %, per valutarne l’effetto combinato alla lievitazione naturale.

Analisi chimiche, ottenimento degli estratti acquosi. Impasti e pani sono stati analizzati per pH e TTA (acidità titolabile). Inoltre, per ogni campione sono stati ottenuti estratti acquosi, impiegati per la determinazione degli aminoacidi (mediante analizzatore Biochrom 30) e per i saggi di attività antifungina (Coda et al. 2008).

Enumerazione dei batteri lattici e dei lieviti. Batteri lattici e lieviti sono stati enumerati mediante conta in piastra su mMRS modificato (mMRS) contenente cicloesimide (0,1 g/L) e Sabouraud Dextrose Agar (SDA) contenente cloramfenicolo (0,1 g/L), rispettivamente.

Determinazione dell’attività antifungina. L’attività antifungina in vitro degli estratti acquosi, è stata determinata mediante il saggio d’inibizione di crescita radiale (Coda et al. 2008).

L’inibizione è stata calcolata dopo 6 giorni di incubazione a 25°C, mediante comparazione della crescita dell’indicatore su substrato controllo (PDA) e su substrato addizionato degli estratti acquosi (15 e 30%, v/v).

Attività antifungina su pane. Al fine di confermare l’attività antifungina dell’estratto acquoso, simulando le condizioni reali, il saggio è stato prodotto direttamente sulle fette di pane in cassetta (spessore di ca. 1,5 cm e altezza di 12 cm) (Coda et al. 2008) nebulizzate con una sospensione di 10² conidi/mL di P. roqueforti, incubate a temperatura ambiente per 30 giorni.

Fette di pane non inoculate sono state confezionate ed incubate nelle stesse condizioni, allo scopo di valutare l’ammuffimento spontaneo.

Valutazione della shelf-life del pane prodotto simulando le condizioni aziendali. Al fine di valutare l’effetto dell’aggiunta della farina di ceci e lievito naturale sulle proprietà organolettiche e sulla shelf-life dei pani tipo “puccia”, sono state proposte tre formulazioni che vedevano come unica variante la percentuale di lievito naturale-ceci presente nell’impasto quale, 10, 20 e 30%. La determinazione della shelf-life è stata condotta mediante la valutazione visiva dello sviluppo fungino su prodotto confezionato in film plastico in ATM per un periodo complessivo di 40 giorni.

Analisi sensoriale. Un panel test con assaggiatori addestrati è stato condotto ai fini di valutare il profilo organolettico dei pani tipo “puccia”. Gli attributi sensoriali e i criteri di valutazione sono stati discussi ampiamente in sessioni preparative ai test.

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Risultati e discussione Le prove di attività antifungina hanno evidenziato che 16h di fermentazione consentivano l’ottenimento della più elevata percentuale di inibizione della crescita fungina. Lo spettro d’azione contemplava l’inibizione della crescita (>40%) di A. parasiticus, P. polonicum, P. bialowiezense, P. roqueforti e in misura minore di P. chermesinum, P. paneum, P. carneum, E. herbariorum, A niger.

Le analisi hanno evidenziato valori di pH simili per CTR e CTR-ceci (ca. 5,6), mentre la fermentazione ha causato una riduzione del pH a valori di 3,74 e 3,90 rispettivamente per LN ed LN-ceci (caratterizzati da densità 9 log ufc/g di batteri lattici). Come atteso, le tesi LN e LN-ceci mostravano un contenuto di aminoacidi più alto (1086 e 1649 mg/kg, rispettivamente), rispetto a CTR-ceci (220 mg/kg) e CTR (228 mg/kg), risultato attribuibile all’attività proteolitica dei batteri lattici. I baking test hanno mostrato che la tesi realizzata con il 30% di LN-ceci non presentava sviluppo fungino al termine della conservazione (40 giorni), un risultato paragonabile al CTR-aziendale contenente conservanti chimici in percentuali conformi alla legge. Sulla base dell’analisi sensoriale si è individuato nella percentuale del 20% un buon compromesso per le caratteristiche organolettiche in comparazione al controllo (es. sapore globale, aroma globale, acidità e dolcezza). Con l’obiettivo di ottimizzare la shelf-life del pane con il 20% del lievito naturale, si è deciso di combinare l’uso dell’alcool. In particolare, la strategia messa a punto ha incluso l’uso del 20% di lievito naturale-ceci e la riduzione del 50% di alcool normalmente usato in azienda (dal 3 al 1,5%). In termini di shelf-life non è stato osservato, dopo 21 giorni di conservazione, nessuno sviluppo di colonie fungine, confermando l’effetto positivo della combinazione del lievito naturale (20% ceci) e della percentuale ridotta di alcool (1,5%). Dal punto di vista sensoriale, è risultato che i pani delle tesi con LN-ceci (20%), indipendentemente dalla quantità di alcool nebulizzato, erano caratterizzati dalla presenza di una lieve nota “erbacea”, assente nei campioni controllo. Tale differenza è stata però giudicata positiva. Una maggiore sofficità è stata riscontrata nei controlli rispetto ai pani sperimentali. I dati precedentemente riportati sono stati confermati su altre tipologie di lievitati da forno (pane in cassetta e pan-focaccia).

Conclusioni Come ampiamente dimostrato da diversi studi, l’impiego di lievito naturale, contenente i metaboliti rilasciati dai batteri lattici, e l’uso di conservanti naturali estratti da vegetali (es. leguminose) sono in grado di inibire la contaminazione da funghi durante la conservazione del pane. In considerazione dei risultati ottenuti è possibile affermare che gli starter e le matrici vegetali in esame (farina di ceci)

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hanno mostrato un’apprezzabile attività antifungina con conseguente prolungamento della shelflife dei pani rispetto ai controlli.

Riferimenti bibliografici Coda, R., Rizzello, C.G., Nigro, F., De Angelis, M., Arnault, P., Gobbetti, M. 2008. Long-term fungal inhibitory activity of water-soluble extracts of Phaseolus vulgaris cv. Pinto and sourdough lactic acid bacteria during bread storage. Applied and environmental microbiology 74, 7391-7398.

Coda, R., Cassone, A., Rizzello, C. G., Nionelli, L., Cardinali, G., & Gobbetti, M. 2011. Antifungal activity of Wickerhamomyces anomalus and Lactobacillus plantarum during sourdough fermentation: identification of novel compounds and long-term effect during storage of wheat bread. Applied and environmental microbiology 77, 3484-3492.

Rizzello, C.G., Verni, M., Bordignon, S., Gramaglia, V., Gobbetti, M. 2017. Hydrolysate from a mixture of legume flours with antifungal activity as an ingredient for prolonging the shelf-life of wheat bread. Food Microbiology 64, 72-82.

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2.2 REALIZZAZIONE DI PANE A RIDOTTO CONTENUTO DI SALE MEDIANTE APPLICAZIONE DI BIOINGREDIENTE DI LACTOBACILLUSPLANTARUM NEL PROCESSO DI PANIFICAZIONE VALERIO Francesca (1), CONTE Amalia (2), DI BIASE Mariaelena (1), LATTANZIO Veronica M.T. (1), LONIGRO Stella Lisa (1), PADALINO Lucia (2), PONTONIO Erica (3), DE BELLIS Palmira (1) BAVARO Annarita (1), SISTO Angelo (1), LOGRIECO Antonio Francesco (1), LAVERMICOCCA Paola (1), MINISCI Andrea (4) (1) Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) - Via Amendola n. 122/O, 70126 Bari, IT (2) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente, Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (3) Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari Aldo Moro - Via G. Amendola n. 165/A, 70126 Bari, IT (4) Valle Fiorita Catering Srl - Via della Comunicazione s.n., 72017 Ostuni (BR), IT

Abstract Nel settore panario c’è forte interesse dei produttori e dei consumatori per prodotti panari a ridotto contenuto di sale e di buona qualità organolettica. Pertanto uno degli obiettivi perseguiti con successo nell’ambito dell’OR2 è lo sviluppo di un protocollo biotecnologico per la produzione di un pane a ridotto contenuto di sale con gradevoli caratteristiche sensoriali. Per la realizzazione di questo pane, un bioingrediente a base di Lactobacillusplantarum (Bio21B), ottenuto dopo la crescita del ceppo in un mezzo a base di farina, è stato applicato nel processo di panificazione come esaltatore di gusto, al fine di ottenere un pane, lievitato con lievito di birra, con ridotto contenuto di sale (20% e 50%) rispetto a un pane di riferimento (REF) non contenente il prodotto di fermentazione. L'analisi sensoriale ha indicato che il pane Bio21B con sale ridotto del 50% ha un sapore gradevole simile al pane contenente sale (REF). Il contenuto di L-glutammato e di amminoacidi liberi totali non differisce tra i pani REF e Bio21B, mentre gli acidi lattico, acetico, fenilattico, 4-OH-fenilattico e indolo-3-lattico sono presenti solo in pane Bio21B. I risultati hanno suggerito un possibile ruolo delle molecole acide nel compensare la percezione negativa dell’assenza di sale.

Introduzione Il pane è il principale prodotto lievitato da forno a causa del suo consumo quotidiano e può essere arricchito di sostanze bioattive o impoverito di componenti dannosi come il sale, acquisendo le caratteristiche di prodotto funzionale. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccomanda un’assunzione di sale al giorno <5 g per gli adulti(WHO, 2006). Il regolamento (CE) n. 1924/2006 (2006) stabilisce l'utilizzo di indicazioni nutrizionali e regola le etichette in: a basso contenuto di sodio/sale (<0,30 g/100 g), a bassissimo contenuto di sodio/sale (<0,75 g/100 g), senza sodio o senza sale (<0,0125 g/100 g), a ridotto contenuto di sodio/sale (riduzione del sale di almeno il 25% rispetto al prodotto standard). Tuttavia, la riduzione del sale nel pane può pregiudicare la qualità 9

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sensoriale, le proprietà tecnologiche e la conservabilità del prodotto. Una strategia per compensare gli svantaggi causati dalla riduzione del sale può essere rappresentato dall'uso dei batteri lattici (LAB) il cui metabolismo favorisce la formazione di amminoacidi e loro derivati e di molecole acide,che contribuiscono a conferire caratteristiche desiderabili, come sapore o struttura(Belz, 2016; Valerio et al., 2014). Pertanto, questo studio è stato finalizzato a riformulare un pane con contenuto di sale ridotto del 20% (livello del sale 1,35%) e del 50% (livello di sale 0,85%) attraverso l'applicazione di un bioingrediente a base di Lactobacillusplantarum 21B nel processo di panificazione per compensare la percezione negativa della riduzione del sale.

Materiali e metodi Lactobacillusplantarum 21B (LMG P-25726) è un ceppo isolato da lievito naturale con note caratteristiche tecnologiche (Valerio et al., 2016) e appartenente alla collezione ISPA (ITEM 17148).

Il bioingredienteBio21B è stato preparato aggiungendo una coltura batterica del ceppo ad un impasto liquido composto da acqua (144 mL), farina di grano (72 g), di glutine (72 g), e incubato per 14 ore a 30° C. La presenza del ceppo inoculato nel bioingrediente è stata accertata mediante REPPCR (Valerio et al., 2017). Sono stati prodotti tre pani in impianto pilota di laboratorio: un pane di riferimento (REF) e due pani contenenti il bioingrediente e un contenuto di sale ridotto del 20% (BreadBio21B-20) e 50% (BreadBio21B-50). Successivamente il protocollo è stato applicato in impianto pilota aziendale (Valle Fiorita) per produrre pane in cassetta e puccia a ridotto (-50%) contenuto di sale. L'analisi sensoriale dei campioni di pane è stata eseguita da un gruppo di esperti composto da otto valutatori. I campioni di pane sono stati valutati in una scala da 1 a 9 (dove, 1 = estremamente sgradevole, 9 = estremamente piacevole, 5 = soglia di accettabilità sensoriale). La quantificazione degli acidi lattico, acetico, fenillattico e OH-fenillattico, di glutammato e degli amminoacidi liberi totali (FAA) è stata condotta come riportato in Valerio et al. (2017).

Risultati e discussione Dopo un'incubazione di 14 ore,Bio21B era caratterizzato da una densità cellulare di LAB di 8.66 ± 0.13 log CFU /mL,e l'identificazione genotipica ha dimostrato che il 100%delle colonie analizzate corrispondeva a L. plantarum21B.Per valutare l'impatto del bioingrediente Bio21B sulle caratteristiche sensoriali del pane, è stata eseguita un'analisi sensoriale (Tabella 1). Tutti i campioni di pane (Fig. 1) hanno mostrato punteggi molto alti (da 6 a 7.81) e sono stati altamente apprezzati dagli assaggiatori. In particolare, grazie all'acidificazione dell'impasto operata dal Bio21B e al più basso contenuto di sale, pane Bio21B-50 ha registrato un sapore gradevole e una qualità 10

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complessiva (fino a 7.00) paragonabile (p> 0,05) a quella del campione REF, mentre la mollica e la crosta risultano più morbide (p <0,05). E’ noto che la riduzione del sale porta ad un aumento di forza dell’impasto mentre l'acidificazione operata dai prodotti della fermentazione dei LAB come acidi organici, diminuendo il pH dell'impasto, potrebbe indurre una degradazione più elevata della rete di glutine risultante in una diminuzione della forza dell’impasto(Belz, 2016). L'aggiunta di Bio21Ball'impasto compensa gli effetti di riduzione del sale, portando a un prodotto simile a quello di riferimento. Sebbene valutato positivamente(circa 6.25), il pane Bio21B-20 ha registrato una qualità generale inferiore rispetto agli altri campioni, a causa dell'aroma e gusto meno piacevole, rispetto al paneREF. Tabella 1. Caratteristiche sensoriali dei pani realizzati con e senza Bio21B Campione

Colore

Odore

Sapore

Consistenza

Consistenza

mollica a

7.81 ± 0.26

b

7.25 ± 0.27

b

6.94 ± 0.18

Alveoli

Qualità

crosta a

6.63± 0.23

generale a

6.88± 0.23

b

6.88± 0.23b

REF

7.50 ± 0.38

Bio21B-20

7.00 ± 0.38a

7.13 ± 0.23a

6.19± 0.37a

7.44 ± 0.18b

6.13 ± 0.23a

6.00 ± 0.38a

6.25 ± 0.27a

Bio21B-50

7.63 ± 0.23a

7.88 ± 0.23b

6.69 ± 0.26a,b

7.50± 0.00b

7.50± 0.38b

7.38 ± 0.23b

7.19± 0.26b

Le medie nella stessa colonna seguite da differenti lettere in apice differiscono significativamente (P < 0.05).

A Pane REF

B Pane Bio21B-20

C pane Bio21B-50

Figura 1. Pane di riferimento (REF) contenente sale (A) senza Bio21B; pane a ridotto contenuto di sale (-20% B e -50% C) contenente Bio21B

L'aggiunta di Bio21B all’impasto ha determinato valori di TTA e di pH comparabili a quelli riconosciuti come ottimali per l’impasto ottenuto con lievito naturale. Inoltre, la densità cellulare di LAB in impasto con contenuto di sale ridotto e contenente il bioingrediente (8.36 ± 0.04 log CFU /g, e 8.55 ± 0.19 log CFU / g, rispettivamente in Bio21B-20 e Bio21B-50)era significativamente più alta (p <0.05) rispetto all’impasto REF(6.79 ± 0.02 log CFU / g). La Tabella 2 mostra la concentrazione degli acidi organici e di L-glutammato in campioni di impasto e pane. Le quantità degli acidi lattico e acetico sono significativamente più alte nei campioni di impasto con Bio21B, con un FQ> 1. La concentrazione di L-glutammato non varia tra pane REF e Bio21B. Il campione di impasto REF ha la concentrazione più bassa di amminoacidi liberi (FAA)(572 ± 48,7 mg / kg, p <0,05) rispetto agli impastiBio21B (Bio21B-20, 628 ± 31,0 mg / kg; Bio21B-50, 776 ± 13,2 mg /kg), confermando il contributo positivo del bioingrediente al contenuto di amminoacidi nell'impasto. La cottura 11

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dell’impasto ha comunque determinato la riduzione dei FAA a valori simili tra i campioni (da 447 a 473 mg / kg, p> 0,05).

Tabella 2.Contenuto di acidi organici e L-glutammato nei campioni di pane con o senzaBio21B L-Glutammato

Acido lattico

Acido acetico

PLA

OHPLA

mmol/Kg

μmol/Kg

Pane REF

a

0.18 ± 0.03

nd

nd

ab

14.63±1.84

a

15.35±0.91

Bio21B-20

0.14 ± 0.07

Bio21B-50

0.16 ± 0.02

nd

a

2.09±0.70

a

4.07±0.50

nd

ab

a

32.52±4.45

21.34±9.57

ac

35.92±3.86

b

nd

a

a

18.51±2.14

a

Impasto REF

a

0.18 ± 0.02

nd

1.05±0.67

b

18.58±9.96

a

11.99±2.31

Bio21B-20

0.09 ± 0.02

Bio21B-50

0.20± 0.02

a a

nd

ab

32.77±10.16

17.53±2.63

c

30.33±6.20

a

18.33±3.30

2.97±0.68

6.18±1.87

a

a a

Media±DS. Le medie nella stessa colonna seguite da differenti lettere in apice differiscono significativamente (P < 0.05).nd: non rilevato.DL: detectionlimit.

Le analisi chimiche hanno inoltre evidenziato che la principale differenza è rappresentata dalla presenza degli acidi fenilattico (PLA), 4-OH-fenilattico (OHPLA)e indolo-3-lattico solo nei campioni contenenti Bio21B. Il protocollo è stato applicato successivamente in azienda per la produzione di puccia e pane in cassetta a ridotto (-50%) contenuto di sale. L’analisi sensoriale e le analisi chimiche dei prodotti aziendali hanno confermato i risultati ottenuti in laboratorio (impianto pilota) dimostrando l’applicabilità del protocollo su scala industriale (Figura 2).

Figura 2. Pane in cassetta (A) e puccia (B) prodotti con (sinistra) o senza (destra) Bio21B in impianto pilota industriale

Conclusioni In questo studio è stato realizzato pane con ridotto contenuto di sale ridotto del 20% e del 50% (1,35 e 0,85 g / 100 g, rispettivamente) aggiungendo un bioingrediente a base di L. plantarum nella formulazione senza compromettere il gusto e la qualità generale del pane. I risultati dimostrano l’applicabilità del Bio21B come insaporitore nella formulazione di pane a ridotto contenuto di sale nei processi industriali. Bio21B, apportando una concentrazione totale di aminoacidi adeguata a sopperire alla riduzione del sale, non modifica la qualità sensoriale del prodotto. Il protocollo è 12

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stato trasferito in azienda portando alla produzione di prototipi di puccia e pane in cassetta a ridotto contenuto di sale. I risultati della sperimentazione sono pubblicati su rivista scientifica internazionale (Valerio et al., 2017).

Riferimenti bibliografici Belz, M. C. E. (2016). Reduction of salt in yeasted wheat bread: impact on bread quality and solutions using sourdough fermented by functional lactic acid bacteria strains (Ph.D. thesis).

University College Cork. http://creativecommons.org/licenses/bync-nd/3.0/.

Valerio, F., Conte, A., Di Biase, M., Lattanzio, V.M.T., Lonigro, S.L., Padalino, L., Pontonio, E., Lavermicocca, P. (2017). Formulation of yeast-leavened bread with reduced salt content by using a Lactobacillus plantarum fermentation product. FoodChemistry, 221, 582–589.

Valerio F., Di Biase M., LattanzioM.T.V., Lavermicocca P. (2016). Improvement of the antifungal activity of lactic acid bacteria by addition to the growth medium of phenylpyruvic acid, a precursor of phenyllactic acid. International Journal of FoodMicrobiology 222 (2016) 1–7.

Valerio, F., Di Biase, M., Caputo, L., Creanza, T. M., Ancona, N., Visconti, A., & Lavermicocca, P. (2014). Effect of Lactobacillus brevis – based bioingredient and bran on microbiological, physicochemical and textural quality of yeast leavened bread during storage. Innovative Food Science & Emerging Technologies, 25, 2–8.

World Health Organisation. (2006) Reducing salt intake in populations. In: Report of a WHO Forum and Technical meeting. Paris, France.

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2.3 REALIZZAZIONE DI “PUCCIA” SENZA LIEVITO AGGIUNTO MEDIANTE L’USO DI COLTURE BATTERICHE STARTER DE BELLIS Palmira (1), LORUSSO Valeria (1), LONIGRO Stella Lisa (1), VALERIO Francesca (1), BAVARO Annarita (1), SISTO Angelo (1), LOGRIECO Antonio Francesco (1), CONTE Amalia (2), Del NOBILE Matteo Alessandro (2), LAVERMICOCCA Paola (1), MINISCI Andrea (3) (1) Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) - Via Amendola n. 122/O, 70126 Bari, IT (2) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente, Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (3) Valle Fiorita Catering Srl - Via della Comunicazione s.n., 72017 Ostuni (BR), IT

Abstract Il pane è tra gli alimenti più consumati al mondo quotidianamente e, sebbene di semplice composizione, è interessato da una costante e crescente ricerca di innovazione. Al fine di realizzare prodotti da forno senza aggiunta di lievito di birra commerciale, è stato definito un protocollo biotecnologico che prevede lo sviluppo di prodotti fermentati da batteri lattici da aggiungere direttamente, nella formulazione dei prodotti panari, agli ingredienti nella fase di impasto. La selezione di ceppi batterici adatti alla preparazione di impasti, dotati di buona capacità lievitante in assenza di lievito di birra, è stata effettuata mediante caratterizzazione tecnologica e molecolare di 12 ceppi appartenenti a 8 specie di batteri lattici. I risultati ottenuti hanno permesso di individuare due ceppi più promettenti, Leuconostoc citreum C2.27 e Weissella confusa C5.7, con i quali sono state effettuate prove di panificazione in laboratorio. In azienda è stata confermata l’applicabilità del protocollo definito e l’idoneità in particolare del ceppo L. citreum C2.27.

Introduzione Il pane e gli altri prodotti da forno sono alimenti fondamentali della dieta in quanto consumati quotidianamente. Negli ultimi decenni i consumatori hanno mostrato una maggiore attenzione al rapporto dieta–salute, pertanto le aziende alimentari sono alla ricerca di sistemi innovativi per il miglioramento nutrizionale e funzionale dei prodotti da forno. Tra gli elementi di forte innovazione maggiormente richiesti dalle aziende dei prodotti da forno vi è anche la fermentazione senza aggiunta di lievito di birra. Negli ultimi anni sta aumentando la richiesta da parte dei consumatori, di prodotti senza lievito aggiunto, in quanto il lievito di birra è stato associato ad alcune problematiche piuttosto specifiche, quali reazioni avverse agli alimenti (Shakoor et al., 2016), malattie croniche intestinali (Cohen e Krause, 2015; Desplat-Jegò et al., 2007), malattie autoimmuni (Muratori et al., 2003) e obesità (Salamati et al., 2014).

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Materiali e metodi Dodici ceppi, appartenenti alle specie Lactobacillus plantarum, Lactococcus lactis, Weissella confusa, Lb. rossiae, Leuconostoc citreum, W. cibaria, Lb. brevis e Pediococcus pentosaceus, e provenienti dalle collezioni dell’ISPA-CNR e del DiSSPA, sono stati utilizzati per produrre impasti che sono stati incubati a 30°C e valutati dopo 8, 16 e 24 ore per le caratteristiche chimico-fisiche quali pH, volume e acidità titolabile (Minervini et al., 2011). Allo scopo di monitorare la presenza dei ceppi negli impasti durante il processo di lievitazione, i singoli ceppi sono stati caratterizzati mediante REP-PCR (De Bellis et al., 2010).

Due ceppi selezionati sono stati utilizzati individualmente in prove di panificazione in laboratorio. I pre-fermenti liquidi sono stati preparati miscelando farina “00”, acqua di rubinetto sterile e la coltura di uno dei due ceppi (inoculo al 25%, corrispondente ad una densità di circa 108 cfu/ml). I pre-fermenti sono stati incubati a 30°C per 16 ore. Dopo la fermentazione, gli impasti per il pane sono stati preparati aggiungendo alla farina “00” e all’acqua di rubinetto, il pre-fermento liquido al 30% vol/p. Gli impasti avevano una DY pari a circa 160. Un impasto di controllo è stato preparato senza aggiunta del pre-fermento ma aggiungendo il 2% (p/p) di lievito di birra. Gli impasti sono stati incubati a 30°C per 6 ore. L’impasto di controllo contenente il lievito ha fermentato per 1,5 ore prima della cottura. La cottura è stata effettuata in un forno elettrico ventilato (Ardes, Milano, Italia) preriscaldato a 190°C per 20 minuti. Sono state effettuate tre prove di panificazione.

Allo scopo di valutare a livello aziendale l’idoneità del protocollo biotecnologico sono state condotte prove aziendali, sperimentali e su scala pilota, di produzione del pane senza lievito aggiunto. In accordo con le esigenze aziendali il protocollo seguito nelle prove di laboratorio è stato adattato alla produzione di pane “puccia”. Dopo la fermentazione tutti gli impasti sono stati sottoposti ad analisi chimiche, fisiche e microbiologiche. Al fine di verificare la presenza del ceppo starter negli impasti è stato condotto il monitoraggio del ceppo mediante REP-PCR. I batteri diversi dal ceppo starter e i lieviti eventualmente presenti negli impasti sono stati caratterizzati ed identificati (De Bellis et al., 2010). Il pane tipo puccia prodotto in azienda è stato sottoposto ad analisi sensoriali.

Risultati e discussione Tra tutti i batteri lattici esaminati, il ceppo L. citreum C2.27 è stato quello che presentava valori ottimali dei diversi parametri considerati. Infatti, tale ceppo ha mostrato una notevole capacità lievitante dopo 8 ore (ΔV 9,83±0,17 ml) e un aumento significativo di volume dell’impasto anche dopo 16 ore di fermentazione (ΔV 13,9±2,31 ml). Tale ceppo era tra quelli con una buona capacità acidificante dopo 8 (ΔpH 2,06±0,01) e dopo 16 ore determinava ancora una riduzione significativa 15

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del pH (ΔpH 2,28±0,02). I valori di acidità titolabile determinati dopo i tre tempi di fermentazione considerati sono risultati ottimali rispetto a quelli degli altri ceppi. Anche il ceppo W. confusa C5.7 ha mostrato buone capacità lievitanti dopo 8 ore (ΔV 7,5±0 ml) e determinava una buona acidificazione (ΔpH 1,68±0,02). Pertanto, i ceppi L. citreum C2.27 e W. confusa C5.7 sono stati selezionati per le loro caratteristiche molto promettenti ed utilizzati per la produzione in laboratorio di impasti senza aggiunta di lievito di birra. Tali prove hanno avuto la finalità di sviluppare un protocollo di produzione e di verificare l’idoneità dei ceppi per la produzione di pane senza lievito di birra aggiunto. E’ stato definito un protocollo biotecnologico a due fasi: una prima fase di produzione del pre-fermento liquido inoculato con il ceppo starter e una seconda fase di preparazione degli impasti, in assenza di lievito di birra, la cui lievitazione è dovuta all’aggiunta del pre-fermento agli ingredienti. L’altezza del pane ottenuto con i ceppi starter è stata paragonabile a quella del pane con lievito di birra. In generale, gli impasti inoculati presentavano una carica vitale dei batteri lattici (108 cfu/g) significativamente superiore dell’impasto con lievito di birra (105 cfu/g).

L’analisi REP-PCR ha permesso di rilevare negli impasti inoculati con il L. citreum C2.27 la presenza soltanto di questo ceppo che quindi costituiva il 100% della popolazione analizzata. Al contrario, negli impasti inoculati con W. confusa C5.7 era presente un altro ceppo, diverso dallo starter, che è stato identificato come Lb. plantarum. Inoltre, negli impasti inoculati con il ceppo L. citreum C2.27 non sono stati rilevati lieviti e muffe, mentre negli impasti inoculati con W. confusa C5.7 erano presenti lieviti e muffe anche se in bassa quantità. Alla luce dei risultati conseguiti in laboratorio, nelle prove aziendali è stato utilizzato il ceppo L. citreum C2.27 e il protocollo è stato adattato alla ricetta aziendale e alle tempistiche aziendali. Queste prove hanno confermato l’applicabilità del protocollo biotecnologico sviluppato e l’idoneità del ceppo selezionato al fine di produrre un pane “puccia” senza lievito aggiunto. Infatti, la popolazione lattica totale degli impasti inoculati era dell’ordine di 108 cfu/g e il ceppo starter era dominante anche se non era l’unico ceppo batterico presente. Inoltre, non sono state riscontrate differenze tra le pucce preparate con pre-fermento e quelle con lievito di birra per molti parametri strutturali, in modo particolare per l’aspetto generale, il colore, la consistenza e l’alveolatura.

Conclusioni Anche se i risultati della panificazione condotta in laboratorio hanno indicato che entrambi i ceppi selezionati potrebbero essere utilizzati per la produzione di pane senza aggiunta di lievito di birra, il ceppo L. citreum C2.27 si è mostrato più idoneo distinguendosi per una maggiore capacità di lievitare l’impasto, di sopravvivere e di dominare il microbiota autoctono degli impasti. Le prove aziendali hanno confermato l’applicabilità del protocollo sviluppato e l’idoneità del ceppo 16

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selezionato, permettendo di realizzare il pane “puccia” senza aggiunta di lievito di birra commerciale di aspetto paragonabile a quello prodotto in azienda con lievito di birra e dalle caratteristiche sensoriali giudicate positivamente.

Riferimenti bibliografici Cohen E., Krause I. (2015). Anti-Saccharomyces cerevisiae Antibodies Autoimmune Diseases. In: Shoenfeld Y., Agmon-Levin N., Rose N.R. (ed.), Infection and Autoimmunity, Elsevier B.V., pp 671679.

De Bellis P., Valerio F., Sisto A., Lonigro S. L., Lavermicocca P. (2010). Probiotic table olives: microbial populations adhering on olive surface in fermentation sets inoculated with the probiotic strain Lactobacillus paracasei IMPC2.1 in an industrial plant. International Journal of Food Microbiology, 140, 6-13.

Desplat-Jégo S., Johanet C., Escande A., Goetz J., Fabien N., Olsson N., Ballot E., Sarles J., Baudon J.J., Grimaud J.C., Veyrac M., Chamouard P., Humbel R.L. (2007). Update on Anti-Saccharomyces cerevisiae antibodies, anti-nuclear associated anti-neutrophil antibodies and antibodies to exocrine pancreas detected by indirect immunofluorescence as biomarkers in chronic inflammatory

bowel diseases: Results of a multicenter study. World Journal of

Gastroenterology, 13 (16), 2312-2318.

Minervini F., Pinto D, Di Cagno R., De Angelis M., Gobbetti M. (2011). Scouting the application of sourdough to frozen dough bread technology. Journal of Cereal Science, 54, 296-304.

Muratori P., Muratori L., Guidi M., Maccariello S., Pappas G., Ferrari R., Bianchi F.B. (2003). AntiSaccharomyces cerevisiae antibodies (ASCA) and autoimmune liver diseases. Clinical & Experimental Immunology, 132(3), 473-476.

Salamati S., Martins C., Kulseng B. (2014). Baker’s yeast (Saccharomyces cerevisiae) antigen in obese and normal weight subjects. Clinical obesity, 5, 42-47.

Shakoor Z., Al Faifi A., Al Amro B., Al Tawil L.M., Al Ohaly R.Y. (2016). Prevalence of IgG-mediated food intolerance among patients with allergic symptoms. Ann. Saudi. Med., 36 (6), 386-390.

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2.4 IMPIEGO DI STARTER SELEZIONATI E MATRICI VEGETALI PER L’OTTENIMENTO DI LIEVITATI DA FORNO ARRICCHITI IN COMPOSTI FUNZIONALI AD ATTIVITÀ ANTI-IPERTENSIVA PONTONIO Erica (1), DE PASQUALE Ilaria (1), MINISCI Andrea (2), LANERA Alessia, RIZZELLO Carlo Giuseppe (1) (1) Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari Aldo Moro - Via G. Amendola n. 165/A, 70126 Bari, IT (2) Valle Fiorita Catering Srl - Via della Comunicazione s.n., 72017 Ostuni (BR), IT

Abstract Batteri lattici precedentemente selezionati per le caratteristiche pro-tecnologiche e farine di leguminose (cece, lenticchia, pisello e lupino, al 5-10% p/p) sono stati impiegati per la produzione di pane in cassetta e pan-focaccia. I pani ottenuti con gli sfarinati di leguminose mostravano quantità significativamente più elevate di peptidi rispetto ai rispettivi controlli prodotti esclusivamente con farina di frumento. Essi derivavano dalle proteine native e/o erano liberati come risultato della proteolisi operata dai batteri lattici. Un’ottimizzazione dei protocolli biotecnologici e delle formulazioni è stata effettuata per ottenere elevati valori di attività ACE-inibitoria, determinata in vitro sugli estratti ottenuti da impasti e pani.

Introduzione I peptidi bioattivi sono sequenze proteiche capaci di modulare funzioni fisiologiche e di conseguenza, la salute dell’uomo. Comunemente, i peptidi bioattivi corrispondono a sequenze criptate nelle proteine native che sono rilasciate attraverso l’idrolisi catalizzata da enzimi digestivi, enzimi proteolitici di microrganismi e, più in generale, durante la fermentazione degli alimenti. Studi in vitro e alcuni in vivo mostrano un ampio spettro di funzioni biologiche attribuite ai peptidi bioattivi. Tra le bioattività, quella antipertensiva (ACE- inibitoria) riveste una particolare importanza applicativa nella prevenzione dell’ipertensione. L’acido γ-aminobutirrico (GABA), un aminoacido non proteico a quattro atomi di carbonio, ha attività da neurotrasmettitore inibente nel sistema nervoso centrale. Il GABA ha anche effetti anti-ipertensivi, diuretici e tranquillanti, e previene il diabete. L’enzima glutammato decarbossilasi catalizza la conversione di L-glutammato (o un suo sale) in GABA, attraverso una α-decarbossilazione a singola fase (Rizzello et al., 2016). Obiettivo del presente lavoro è stato la messa a punto di un processo produttivo volto a garantire la produzione di pane in cassetta e pan-focaccia arricchiti in peptidi bioattivi e GABA, i cui estratti acquosi avessero una elevata attività ACE-inibitoria.

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Materiali e metodi Microrganismi e materie prime. Lactobacillus plantarum 1A7, Lactobacillus brevis AM7 sono stati impiegati come

starter per la lievitazione naturale. Essi sono stati coltivati in MRS (Oxoid),

modificato (mMRS) per l’aggiunta di maltosio (5%, p/p), estratto di lievito fresco (5%, v/p), avente un pH finale di 5,6. Farina di grano tenero e farina di leguminose (ceci, lenticchie, piselli, lupini).sono state fornite dall’azienda Valle Fiorita.

Lievito naturale. Lieviti naturali di farina di grano tenero, contenenti sfarinati di leguminose (ceci, lenticchie, piselli, lupini) al 5 e 10% (p/p) sono stati fermentati con L. plantarum 1A7 e L. brevis AM7, inoculati alla densità cellulare di ca. 7 log ufc/g, a 30°C per 48 h. L’andamento della fermentazione è stato valutato mediante la determinazione del pH e dell’acidità totale titolabile (TTA) ai tempi 0, 6, 12, 24, 48 h.

Preparazione pani tipo “pane in cassetta” e “pan focaccia”. Il pane in cassetta e il pan- focaccia sono stati preparati seguendo il protocollo fornito dall’azienda Valle Fiorita. Una volta ottenuto il lievito naturale, gli impasti per l’ottenimento di pane in cassetta e pan-focaccia sono stati impastati per ca. 15 min, mediante impastatrice a spirale. Successivamente, sono stati effettuati a spezzamento e filonatura, per il pane in cassetta, e spezzamento e stesura in teglia stampata, per il pan-focaccia. Il pane in cassetta ha subito una lievitazione di 2 h, mentre il pan-focaccia di 1 h, a 36°C e 80% di umidità. La cottura per il pane in cassetta è stata di 35 min a 230°C in forno rotativo, mentre per il pan-focaccia di 15 min a 215°C. Entrambi sono raffreddati in cella refrigerata dopo la cottura.

Caratterizzazione degli impasti e dei pani. Impasti e pani sono stati caratterizzati per pH e TTA. Estratti acquosi (EA) sono stati ottenuti mediante il protocollo descritto da Weiss et al. (1993) per la determinare la concentrazione di peptidi (Church et al., 1983) e aminoacidi liberi totali (FAA) (Rizzello et al., 2010) e l’analisi dell’attività ACE-inibitoria (Cushman e Cheung, 1971). Inoltre, l’umidità relativa è stata determinata per tutti i pani. Il volume specifico è stato misurato mediante il sistema BVM (TexVol Instruments). I risultati sono stati paragonati a quelli ottenuti con un lievito naturale convenzionale (CONV), cioè non contenente farina di leguminose, e ad un impasto incubato alle stesse condizioni dei lieviti naturali, ma non contenente i batteri lattici (CT).

Risultati e discussione Come atteso, gli impasti fermentati con batteri lattici hanno subito una significativa (P<0.05) riduzione del pH già dopo 6 h di fermentazione (Tabella 1). Il valore di pH del CT ha subito una leggera riduzione allo stesso tempo, dovuta probabilmente ai microrganismi autoctoni. La 19

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concentrazione di peptidi negli EA tendeva ad aumentare con il proseguire della fermentazione, raggiungendo il valore massimo al termine delle 48 h. I campioni CT, CONV, Cece, Pisello, Lenticchia e Lupino (5% di aggiunta di leguminose) mostravano un incremento di peptidi: i valori massimi sono stati ottenuti per l’impasto contenente farina di lenticchia. Gli impasti Lupino e Lenticchia mostravano anche un elevato incremento di GABA (ca. 50%) dopo la fermentazione che corrispondeva a ca. 180 e 200 mg/kg, rispettivamente. L’attività ACE-inibitoria risultava essere massima per tutte le tesi, tranne il CT, dopo 6 h di fermentazione. Essa variava da ca. 12,6% (CT) a 73,3% (Lenticchia).

Allo scopo di incrementare ulteriormente l’attività ACE-inibitoria degli impasti fermentati, si è provveduto ad effettuare simili prove su lieviti naturali contenenti farina di leguminose al 10% (p/p) con il medesimo protocollo di produzione impiegato, ad eccezione del tempo di fermentazione, fissato a 6 h. I risultati degli impasti sperimentali (Tabella 1) mostravano un andamento simile a quello riportato per i lieviti naturali contenenti il 5% (p/p) di farina di leguminose. I valori maggiori sono stati ottenuti per gli impasti Lenticchia (76,6%) e Lupino (82,1%). Gli stessi impasti presentavano anche un elevato e significativo (P<0,05) incremento percentuale di GABA, Lenticchia (47,6%) e Lupino (62,6%). Gli impasti contenevano quindi una concentrazione di GABA superiore a 265 mg/kg.

Sulla base dei risultati sopra descritti, si è proceduto alla produzione su scala industriale dei pani, mediante l’aggiunta di lievito naturale al 20% (p/p). I lieviti naturali (fermentati per 6 h a 30°C) contenevano farina di lenticchie o lupino al 10% in sostituzione della farina di frumento. Come atteso, indipendentemente dalla tipologia di farina di leguminose impiegata nel protocollo, l’aggiunta del lievito naturale ha causato una riduzione del pH e del volume specifico dei pani sperimentali, paragonati ai controlli. Infatti, il pane in cassetta CT-Lenticchia mostrava valori di pH e volume specifico significativamente più elevati rispetto i campioni Lenticchia e Lupino (contenenti i lieviti naturali): 5,51 vs 5,40 e 5,34 e 2,90 vs 2,55 e 2,21, rispettivamente. Lo stesso andamento è stato osservato per il pan-focaccia CT rispetto i campioni Lenticchia e Lupino (pH 5,4 vs 5,2 e 5,2; 3,33 vs 2,75 e 1,91, rispettivamente).

Conclusioni Il protocollo biotecnologico impiegato, che includeva l’impiego dei due starter selezionati e gli sfarinati di leguminose, si è dimostrato efficace per l’incremento dell’attività ACE-inibitoria degli impasti fermentati, attribuibile alla presenza di peptidi antipertensivi. Come già riscontrato in letteratura, una moderata proteolisi (6 h di incubazione, nel caso specifico) ha favorito il rilascio di sequenze attive. In generale, anche la presenza di elevate concentrazioni di GABA fa presupporre 20

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potenzialità della strategia nell’ottenimento di nuovi alimenti funzionali. Tuttavia, successive indagini in vivo sono necessarie a complementare i dati sperimentali ottenuti in vitro.

Tabella 1. Valori di pH, acidità totale titolabile, concentrazione di peptidi e attività ACE-inibitoria di impasti fermentati a 30°C per 0 e 6h

CT, impasto di farina di grano tenero senza inoculo di batteri lattici; CONV, impasto di farina di frumento tenero fermentato con L. plantarum 1A7 e L. brevis AM7 (ca. 107 cfu/g); Cece, Pisello, Lenticchia, Lupino: impasti di farina di frumento tenero contenenti sfarinati di cece, pisello, lenticchia, lupino al 5 o 10%, p/p), fermentati con L. plantarum 1A7 e L. brevis AM7 (ca. 107 cfu/g). I dati rappresentano la media di tre misurazioni indipendenti. I valori che nella stessa colonna sono contraddistinti da apici differenti (a-h), presentano differenze significative (P < 0,05).

T0 % di farine leguminose

CT CONV Cece Pisello Lenticchia Lupino

5 10 5 10 5 10 5 10

pH

TTA

a

6,14 c 6,07 c 6,08 b 6,10 b 6,12 a 6,14 c 6,08 b 6,11 d 5,84 d 5,87

(ml NaOH 0,1M) e

1,2 d 1,9 c-d 2,7 b 3,2 c 2,9 c-d 2,7 b 3,1 a-b 3,4 c-d 2,7 a 3,6

T6

peptidi (mg/g)

g

4,6 g 4,6 f 6,6 e 8,3 f 6,5 e 8,7 a 11,7 b 11,2 d 9,5 c 10,9

ACEinibizione (%) g

11,2 c 21,1 d 19,4 a 25,6 b 23,5 a 26,4 f 17,4 e 18,5 e 18,1 d 19,9

pH

TTA

a

6,11 d 5,35 c 5,41 d 5,39 b 5,64 b 5,58 c-d 5,38 c 5,41 e 5,13 f 5

(ml NaOH 0,1M) g

1,7 f 2,5 d 3,8 b 4,5 e 3,4 c-d 3,9 c 4,1 a-b 4,6 c-d 3,9 a 4,8

peptidi (mg/g)

ACEinibizione

h

4,8 g 5,8 f 7,1 d 9,5 e 7,7 c 10,1 c 10,2 b 13,5 e 7,8 a 14,1

(%)

h

12,6 g 48,9 g 48,9 f 55,2 g 48,6 e 63,6 c 73,3 a-c 76,6 d 70,1 a 82,1

Riferimenti bibliografici Church, F.C., Swaisgood, H.E., Porter, D.H., Catignani, G.L., 1983. Spectrophotometric assay using ophtaldialdehyde for determination of proteolysis in milk and isolated milk proteins. Journal of Dairy Science 66, 1219–1227.

Cushman D.W., Cheung. H.S. Spectrophotometric assay and properties of the angiotensinconverting enzyme of rabbit lung. Biochemical Pharmacology, 20 (1971), pp. 1637-1648.

Rizzello, C.G., Coda, R., Gobbetti, M. 2016. Use of sourdough fermentation and nonwheat flours for enhancing nutritional and healthy properties of wheat-based foods (chapter 18). In: Fermented foods in health and disease prevention (Eds: Frías J, Martínez-Villaluenga C, Peñas E.) Academic Press, Elsevier, pp. 433-446.

Rizzello, C.G., Nionelli, L., Coda, R., Di Cagno, R., Gobbetti, M. 2010. Use of sourdough fermented wheat germ for enhancing the nutritional, texture and sensory characteristics of the white bread. European Food Research and Technology, 230, 645e654.

Weiss, W., Vogelmeier, C., Angelika Gorg, Z. 1993 Electrophoretic characterization of wheat grain allergens from different cultivars involved in bakers' asthma. Electrophoresis. 1993. 14, 805-816.

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2.5 IMPIEGO DI STARTER SELEZIONATI E MATRICI VEGETALI PER L’OTTENIMENTO DI LIEVITATI DA FORNO A ELEVATA QUALITA’ NUTRIZIONALE E FUNZIONALE PONTONIO Erica (1), MONTEMURRO Marco (1), MINISCI Andrea (2), RIZZELLO Carlo Giuseppe (1) (1) Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari Aldo Moro - Via G. Amendola n. 165/A, 70126 Bari, IT (2) Valle Fiorita Catering Srl - Via della Comunicazione s.n., 72017 Ostuni (BR), IT

Abstract Sfarinati ottenuti da legumi differenti sono stati sottoposti a lievitazione naturale, ritenuta una biotecnologia naturale e sicura per valorizzare le caratteristiche nutrizionali, funzionali e sensoriali dei legumi e dei cereali (Gobbetti et al., 2014).

Con l’obiettivo di ottenere lievitati da forno ad elevata qualità nutrizionale e funzionale, lieviti naturali contenenti sfarinati di leguminose sono stati impiegati per la produzione di tre tipologie differenti di prodotto ottenuti seguendo le ricette fornite dall’azienda. L’analisi dell’attività antiossidante, digeribilità delle proteine in vitro e valutazione degli indici nutrizionali dei lieviti naturali e pani da essi ottenuti hanno dimostrato il miglioramento qualitativo dei prodotti finiti.

Introduzione Le leguminose rappresentano, come importanza, il secondo gruppo di colture alimentari a livello mondiale. Nonostante esse siano fonte di composti anti-nutrizionali, sono attualmente oggetto di una riscoperta grazie al loro elevato valore funzionale e nutrizionale (Rizzello et al., 2014) dovuto all’importante contenuto di proteine, carboidrati e fibre alimentari. La fermentazione è stata recentemente proposta come strumento per la riduzione dei fattori anti-nutrizionali ed è stata studiata su diversi legumi (Rizzello et al., 2014). In quest’ottica, la lievitazione naturale, ritenuta una biotecnologia naturale e sicura, può avere la potenzialità di valorizzare le caratteristiche nutrizionali, funzionali e sensoriali dei legumi e delle farine da essi ricavate aumentando la concentrazione e la biodisponibilità di composti bioattivi, la digeribilità proteica, la biodisponibilità dei minerali, e diminuendo il livello di fattori anti-nutrizionali e l’indice glicemico (Gobbetti et al., 2014).

Materiali e metodi Tre tipologie differenti di prodotti lievitati da forno sono stati oggetto di sperimentazione. I pani tipo in casetta e pan-focaccia sono stati prodotti dall’azienda Valle Fiorita Catering s.r.l. (Ostuni BR), mentre il pane tipo bruschetta è stato prodotto dall’azienda GR.A.M.M. Gruppo Alimentare Mediterraneo Milo s.r.l (Bitonto - BA).

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Le differenti tipologie di pane sono state prodotte in accordo ai protocolli aziendali valutando l’effetto dell’aggiunta di lievito naturale a base di farina di legumi alla ricetta aziendale.

Ottenimento del lievito naturale. Il lievito naturale per la preparazione del pane in cassetta e panfocaccia è stato prodotto con il 10% p/p di farina di lenticchie e lupino in sostituzione della farina di frumento, attraverso fermentazione con Lactobacillus plantarum 1A7 e Lactobacillus brevis AM7 (ca. 107 cfu/g, inoculo iniziale) a 30°C per 6 h. I lieviti naturali così ottenuti sono stati utilizzati al 20% nel prodotto finale.

Il lievito naturale utilizzato per produrre il pane tipo bruschetta è stato prodotto con il 20% di farina di lenticchie o pisello, e il 30% di farina di ceci (percentuali selezionate in base alle analisi sensoriali effettuate preliminarmente). Gli impasti sono stati fermentati con Lactobacillus plantarum STF28 e Lactobacillus sanfranciscensis LSD (ca. 107 ufc/g) per 6 h a 30°C. Il 30% di lievito naturale è stato aggiunto all’impasto per la produzione finale di pane tipo bruschetta Attività antiossidante. I composti antiossidanti sono stati estratti dal campione (5 g) con metanolo 80% (v/v) (50 mL) e recuperati nella fase liquida in seguito a centrifugazione (6000 rpm, 20 min). La capacità di scavenging del radicale libero DPPH (2,2-diphenyl-1-picrylhydrazyl), basato sulla quantificazione del radicale con concentrazione iniziale di 100 micromoli è stata espressa come percentuale di DPPH detossificato, mentre la concentrazione di fenoli totali è stata determinata ed espressa come mm/kg ac. gallico (Lorusso et al., 2017).

Digeribilità in vitro (IVPD). La digeribilità in vitro delle proteine dei campioni è stata determinata come descritto da Rizzello et al. (2014) tramite una simulazione del passaggio attraverso il tratto gastrointestinale, separazione della frazione digerita e non digerita tramite centrifugazione e quantificazione delle proteine nel surnatante, contenente le proteine digerite, e nelle differenti frazioni del precipitato. La digeribilità in vitro delle proteine è stata espressa come percentuale delle proteine totale solubilizzate dopo idrolisi enzimatica.

Indici nutrizionali. Il calcolo degli indici nutrizionali successivo a idrolisi acida e basica della frazione contenente le proteine digerite, ottenuta come precedentemente descritto, è stata effettuata come descritto da Rizzello et al. (2014) e ha compreso il calcolo del Chemical Score, dell'indice di aminoacidi essenziali (EAAI), del valore biologico (BV), del rapporto di efficienza proteica (PER) e dell’indice nutrizionale (NI) il quale normalizza le variazioni qualitative e quantitative della proteina test rispetto allo stato nutrizionale.

Risultati e discussione Pane in cassetta e pan-focaccia. Nella sperimentazione effettuata per il miglioramento del pane in cassetta e del pan-focaccia, l’impiego della farina di leguminose ha provocato un lieve, ma 23

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significativo (P<0,05), aumento di tutti i parametri funzionali/nutrizionali considerati per la caratterizzazione (Tab. 1).

La tipologia del prodotto, pane in cassetta o pan-focaccia, sembra non avere alcuna incidenza su tali fattori. Al contrario, il tipo di leguminosa provoca un aumento più o meno spinto di tali parametri.

In particolare, la farina di lupino ha mostrato risultati migliori (Tab. 1). Il NI è considerato un fattore predittivo globale della qualità delle proteine. Dato l'aumento della biodisponibilità proteica dovuto all’aggiunta di farina di leguminose, il valore del NI dei prodotti sperimentali è stato aumentato dal 30 al 35% circa, rispetto ai prodotti preparati senza tale ingrediente.

Pane tipo bruschetta. Nella sperimentazione effettuata per il miglioramento del pane tipo bruschetta l’impiego di lievito naturale a base di farina di leguminose, provocava un aumento della concentrazione di peptidi e TFAA variabile (Tab. 2). Un simile andamento era riscontrato per la concentrazione dei polifenoli totali aumentata maggiormente nel pane contenete lievito naturale con aggiunta di farina di piselli (Tab. 2). Tale aumento si riflette sull’attività antiossidante. Sebbene talvolta poco significativo, tutti i parametri nutrizionali subivano un aumento a seguito dell’inclusione delle farine di leguminose nella preparazione dei lieviti naturali e pane tipo bruschetta, suggerendo un miglioramento delle caratteristiche nutrizionali dei prodotti sperimentai rispetto al controllo aziendale.

Tabella 1. Caratteristiche nutrizionali di pane in cassetta e pan-focaccia prodotti con lievito naturale a base di farina di grano tenero e farina di lenticchie e lupino Potenziale antiossidante impasti Polifenoli (mm/kg ac. gallico) Attività antiox (%) Indici pani IVPD (%) EAAI BV PER NI AA limitanti

Controllo Lenticchia Lupino 2,4±0,1 7,9±0,1 8,9±0,2 21±0,4 79,4±1,1 81,4±0,9 Pane in cassetta Pan-focaccia CT Len Lup CT Len Lup 71±1 74±2 75±2 70±1 73±2 76±1 68±1 75±1 75±1 69±1 74,5±2 75±1 65±1 72±1 73,5±1 63±1 71,5±1 73±1 17,9±0,3 27,0±0,2 26,7±0,3 18,5±0,2 26,8±0,3 27,0±0,2 16,4±0,3 24,0±0,2 25,9±0,3 17,0±0,2 23,9±0,3 26,0±0,2 Lys, Thr, Meth Lys, Meth, Thr Lys, Meth, Thr Lys, Thr, Meth Lys, Meth, Thr Lys, Meth, Thr

Tabella 2. Caratteristiche funzionali e nutrizionali del pane tipo bruschetta

CT, pane tipo bruschetta aziendale; Lenticchia, Pisello e Cece, pani tipo bruschetta prodotti con lievito naturale (30%, p/p) di farina di grano tenero e farina di legumi al 20% (rispettivamente lenticchia, pisello e cece) fermentato con Lactobacillus plantarum STF28 e Lactobacillus sanfranciscensis LSD (densità cellulare di ca. 107 ufc/g) per 6 h a 30°C.

TFAA Peptidi Polifenoli totali Attività antiox (%) IVPD (%) EAAI BV PER NI

CT 673±24 7,1±0,5 2,9±0,4 37±2 71±1 68±1 65±1 17,9±0,3 16,4±0,3

Lenticchia 1162±31 13,0±0,4 5,7±0,4 54±3 74±2 75±1 72±1 27,0±0,2 24,0±0,2

Pisello 919±37 9,9±0,3 6,0±0,3 73±5 75±2 75±1 73,5±1 26,7±0,3 25,9±0,3

Cece 1606±45 10,7±0,5 5,8±0,3 79±4 70±1 69±1 63±1 18,5±0,2 17,0±0,2

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Conclusioni L’impiego di lievito naturale fortificato con leguminose può essere considerato un utile strumento in grado di apportare notevole miglioramenti delle caratteristiche nutrizionali e funzionali dei prodotti finiti. Da questo studio si evince come una selezione accurata della tipologia di farina, con minime variazioni dei processi tradizionali di produzione, permetta l’ottenimento di prodotti simili a quelli convenzionali ma migliorati grazie ad alcuni fattori quali il potenziale antiossidante e la digeribilità delle proteine. L’applicazione di questa biotecnologia innovativa può essere estesa ad numerose tipologie di lievitati da forno.

Riferimenti bibliografici Rizzello C.G., Curiel, J.A., Nionelli, L., Vincentini, O., Di Cagno, R., Silano, M., et al. 2014. Use of fungal proteases and selected sourdough lactic acid bacteria for making wheat bread with an intermediate content of gluten. Food Microbiology, 37, 59-68.

Gobbetti, M., Rizzello, C.G., Di Cagno, R., De Angelis, M. 2014. How the sourdough may affect the functional features of leavened baked goods. Food microbiology 37, 30-40.

Lorusso, A., Verni, M., Montemurro, M., Coda, R., Gobbetti, M., Rizzello, C.G. 2017. Use of fermented quinoa flour for pasta making and evaluation of the technological and nutritional features. LWT-Food Science and Technology, 78, 215-221.

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3. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA PASTA 3.1 MICROORGANISMI SELEZIONATI PER INCREMENTARE LA SHELF-LIFE DI PASTA FRESCA MINERVINI Fabio (1), CONTE Amalia (2), DEL NOBILE Matteo Alessandro (2), GOBBETTI Marco (3), DE ANGELIS Maria (1) (1) Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari Aldo Moro - Via G. Amendola n. 165/A, 70126 Bari, IT (2) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente, Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (3) Facoltà di Scienze e Tecnologie, Libera Università di Bolzano - Via A. Volta n. 9, 39100 Bolzano, IT

Abstract In questo lavoro è stato valutato l’effetto di lattobacilli selezionati usati come ingredienti in sostituzione di parte dell’acqua (50%) sulla shelf-life e altre proprietà di pasta fresca. La pasta è stata realizzata e confezionata in atmosfera modificata presso l’azienda partner del progetto e successivamente stoccata a 4 °C. Per valutare l’influenza dei microorganismi aggiunti sulla shelf-life del prodotto sono stati monitorati gli indici di qualità microbiologica, sensoriale e i principali indici chimico-fisici. I risultati ottenuti hanno dimostrato che i microorganismi selezionati non compromettono le caratteristiche iniziali della pasta rispetto al controllo. Inoltre, l’aggiunta di batteri lattici ha permesso di ottenere un incremento percentuale della shelf-life del 34.61% rispetto al controllo.

Introduzione La pasta fresca è un prodotto altamente deperibile; l’elevato contenuto in acqua (umidità tra il 24% e il 30%) favorisce lo sviluppo dei microrganismi (batteri, lieviti, muffe) che alterano le caratteristiche iniziali del prodotto (Del Nobile et al, 2009; Costa et al., 2010). Generalmente, la pasta fresca realizzata a livello industriale è sottoposta a trattamenti termici e al confezionamento in atmosfera modificata (MAP) allo scopo di garantire una stabilità igienica del prodotto nel tempo (Zardetto e Dalla Rosa, 2007).

In alternativa all’aggiunta di conservanti molti studi stanno focalizzando la loro attenzione sulla biopreservazione, che sfrutta la produzione di uno o più metaboliti a carattere antimicrobico di alcuni microorganismi, in particolare dei batteri lattici (Ananou et al., 2007).

Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare l’influenza dell’aggiunta di lactobacilli selezionati sulla shelf-life di pasta fresca. A tal fine sono stati monitorati i cambiamenti delle caratteristiche sensoriali, microbiologiche e chimico-fisiche del prodotto stoccato a 4 °C.

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Materiali e metodi Preparazione dei campioni di pasta. La pasta fresca in formato orecchiette è stata realizzata presso l’azienda coinvolta nel progetto (GR.A.M.M. S.r.L). In particolare, alla semola di grano duro è stata aggiunta, in ragione del 50% (concentrazione individuata in una prima fase sperimentale del progetto) sul totale dell’acqua impiegata nell’impasto una sospensione di lattobacilli selezionati (Tesi IM). La pasta realizzata con semola e acqua è stata usata come controllo (CTRL). I campioni ottenuti sono stati confezionati in MAP (35% CO2 e 65%N2) e stoccati a 4°C. Analisi microbiologiche. I test microbiologici sono stati condotti utilizzando la tecnica del conteggio in piastra impiegando substrati colturali selettivi, tempi e temperature di incubazione appropriate per ciascun gruppo microbico oggetto di studio. In particolare, è stata eseguita la determinazione di batteri mesofili aerobi, batteri psicrotrofi aerobi, coliformi totali, Staphylococcus spp., lattobacilli, lieviti e muffe (Costa et al., 2010).

Analisi sensoriale. Campioni di pasta fresca sia cruda che cotta sono stati sottoposti ad analisi sensoriale. I campioni di pasta cruda sono stati presentati ad un panel addestrato composto da dieci giudici, al fine di valutare colore, odore e qualità globale. Sulla pasta cotta sono stati valutati l’adesività, la struttura, la collosità, l’elasticità, il colore, l’odore, il sapore e la qualità globale. Per l’analisi sensoriale è stata utilizzata una scala edonistica a nove punti. Un punteggio pari a 5 è stato utilizzato come valore soglia per l’accettabilità del prodotto (Padalino et al., 2013). Inoltre, ai panelisti è stato chiesto di riportare l’eventuale osservazione di micelio fungino sul prodotto.

Valutazione delle caratteristiche chimico-fisiche della pasta. Il valore di pH è stato determinato su campioni di pasta cruda omogenati con soluzione fisiologica. Inoltre, è stata monitorata l’umidità, mediante l’utilizzo di una bilancia termica, e tramite l’impiego di un colorimetro sono stati determinati i valori di L*, a*, b* sia per la porzione interna che esterna delle orecchiette. Per valutare la qualità della pasta a seguito della cottura sono stati determinati il tempo ottimale di cottura, la perdita in cottura, l’indice di swelling, la percentuale di acqua assorbita e strumentalmente la durezza e la collosità (Padalino et 2013). Per monitorare i cambiamenti della concentrazione di O2 e CO2 nello spazio di testa dei campioni confezionati é stato utilizzato un Dansensor PBI (Checkmate 9900, Danimarca). Per ciascun campione sono state effettuate due misurazioni.

Calcolo della shelf-life. Per definizione la shelf-life di un prodotto è il valore più basso tra il limite di accettabilità microbiologica (MAL), il limite di accettabilità sensoriale (SAL) e la comparsa di micelio fungino sul prodotto confezionato (Conte et al., 2009). Per calcolare il SAL è stata utilizzata l'equazione di Gompertz riparametrizzata (Costa et al., 2010; Conte et al., 2009) adattata ai dati sensoriali. In questo lavoro il MAL non è stato calcolato poiché per i campioni testati non è mai 27

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stato superato il valore soglia imposto (Costa et al., 2010). La comparsa di micelio fungino è stata calcolata come la media tra l’ultimo giorno in cui non erano presenti le muffe nella confezione e il primo giorno in cui queste risultavano visibili ai panelisti.

Risultati e discussione Le analisi sulla qualità microbiologica della pasta mostrano che entrambi i campioni testati risultano stabili per circa trenta giorni. Dopo tale periodo è stato osservato un progressivo incremento del microbiota alterante che ha coinvolto principalmente il campione di controllo. A titolo di esempio, in Figura 1 è riportata l’evoluzione di lieviti. Come è possibile osservare per il controllo, dopo la prima fase di stabilità, si è avuto un rapido incremento della densità cellulare di lieviti.

Differentemente, densità cellulari piuttosto costanti (entro il 45° giorno) sono stati registrati per il campione IM. Un andamento simile è stato osservato anche per altri gruppi microbici monitorati quali muffe, batteri psicrotrofi e Staphylococcus spp.. I dati relativi alla conta batterica totale e ai batteri lattici hanno evidenziato un progressivo incremento della densità cellulare nel campione IM e nel controllo. I coliformi sono risultati assenti in tutti i campioni. Piccole variazioni di pH rispetto al valore iniziale di pH della pasta (6.00) sono state riportate per entrambi i campioni.

Figura 1: Evoluzione di lieviti nei campioni di pasta

Figura 2: Evoluzione della Qualità Globale dei campioni di pasta

Dalle analisi strumentali emerge che il campione IM, contenente lattobacilli selezionati, è in grado di preservare le caratteristiche qualitative della pasta. In particolare, l’analisi del colore dimostra che il campione IM mantiene meglio l’intensità del colore giallo nel tempo rispetto al controllo. Le caratteristiche del prodotto nel tempo sono compromesse dallo sviluppo di micelio fungino sulla superficie. In concomitanza a tale fenomeno, risultano fortemente compromessi anche altri parametri sensoriali valutati, tra i quali spicca l’odore. La perdita di accettabilità della pasta emerge anche dal giudizio dato dai panelisti sulla qualità globale (Figura 2). Dalla figura si vede come tra i 28

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due campioni ci siano differenze significative che dimostrano un prolungamento della shelf-life del campione contenente lattobacilli selezionati di oltre il 30% rispetto al controllo.

Conclusioni I risultati ottenuti in questo lavoro hanno evidenziato che l’aggiunta di lattobacilli selezionati all’impasto di semola e acqua permette di ottenere un incremento della shelf-life della pasta fresca.

Riferimenti bibliografici Ananou S., Maqueda M., Martinez-Bueno M., Valvidia E. 2007. Biopreservation an ecological approach to improve the safety and shelf life of foods. Communicating Current Research and Educational Topics and Trends in Applied Microbiology A. Méndez-Vilas (Ed.)475-486.

Conte A., Gammariello D., Di Giulio S., Attanasio M., Del Nobile M.A. 2009. Active coating and modified-atmosphere packaging to extend the shelf life of Fior di Latte cheese. Journal of Dairy Science, 92, 887-894.

Costa C., Lucera A., Mastromatteo M., Conte A., Del Nobile M.A. 2010. Shelf life extension of durum semolina-based fresh pasta. International Journal of Food Science and Technology, 45, 1545-1551.

Del Nobile M.A., Di Benedetto N., Suriano N., Conte A., Corbo M.R., Sinigaglia M. 2009. Combined effects of chitosan and MAP to improve the microbial quality of amaranth homemade fresh pasta.

Food Microbiology 26, 587-591.

Padalino L., Mastromatteo M., Lecce L., Spinellio S., Contò F., Del Nobile M.A. 2013. Chemical composition: sensory and cooking quality of durum wheat spaghetti enriched with pea flour.

International Journal of Food Science and Technology, 49, 1544-1556.

Zardetto S. Dalla Rosa M. 2007. Effect of heat treatment of the microbiology and quality of Fresh Filled pasta. New Issues in Food Policy, Control and Ressearch Editor: Arthur P. RILEY, nova Science Publishers, 45-66.

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3.2 PASTA FRESCA ARRICCHITA IN ESOPOLISACCARIDI MINERVINI Fabio (1), CONTE Amalia (2), DEL NOBILE Matteo Alessandro (2), GOBBETTI Marco (3), DE ANGELIS Maria (1) (1) Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari Aldo Moro - Via G. Amendola n. 165/A, 70126 Bari, IT (2) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente, Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (3) Facoltà di Scienze e Tecnologie, Libera Università di Bolzano - Via A. Volta n. 9, 39100 Bolzano, IT

Abstract E’ stato valutato l’effetto nel tempo di lattobacilli produttori di esopolisaccaridi (EPS) per migliorare la qualità della pasta fresca. La pasta è stata realizzata su impianto industriale presso l’azienda partner del progetto (GR.A.M.M. S.r.L), confezionata in atmosfera modificata e successivamente stoccata a 4 °C. Per valutare l’influenza dei microorganismi aggiunti sono stati monitorati la qualità microbiologica, quella sensoriale e quella in cottura della pasta. I risultati ottenuti hanno evidenziato che l’arricchimento di pasta in EPS permette di preservare meglio le caratteristiche sensoriali e la qualità in cottura con un incremento percentuale della shelf-life che va oltre il 30% rispetto al campione di controllo.

Introduzione I prodotti a base di cereali rappresentano i costituenti chiave nella dieta di molti Paesi. In particolare, la pasta è consumata in larga quantità in tutto il mondo, in quanto è un prodotto alimentare a basso contenuto di sodio e di grassi, senza colesterolo e ricco di carboidrati complessi.

L’ingrediente base della pasta è la semola di grano duro. La pasta può essere arricchita o fortificata.

Recentemente, diversi ingredienti e additivi sono stati individuati al fine di migliorare la qualità globale della pasta, ad esempio in termini nutrizionali e di appetibilità. In ambito di innovazioni è doveroso anche citare l’applicazione delle biotecnologie nel processo di produzione della pasta e in particolare l’uso di batteri lattici che generalmente giocano un ruolo chiave nella produzione di alimenti fermentati (de Nomi et al., 2010). Le caratteristiche metaboliche dei batteri lattici possono migliorare la qualità dei prodotti nei quali vengono utilizzati in termini di aumento dell’ attività antimicrobica, dell’acidificazione, formazione di polisaccaridi e di oligosaccaridi, nonché miglioramento delle caratteristiche organolettiche del prodotto (Gãnzle et al., 2009). In particolare, è stato osservato che l’aggiunta di batteri lattici durante il processo di produzione della pasta migliora l’aroma e l’odore del prodotto finito (Beleggia et al., 2009). Inoltre, la pasta con aggiunta di batteri lattici mostra un miglioramento della qualità in cottura, risultando meno collosa e dura rispetto al campione controllo (Di Cagno et al., 2005). Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare

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l’influenza dell’aggiunta di batteri lattici produttori di EPS sulle proprietà microbiologiche, sensoriali e tecnologiche di pasta fresca.

Materiali e metodi Preparazione dei campioni di pasta. La pasta fresca in formato orecchiette è stata realizzata presso l’azienda GR.A.M.M. S.r.L. In particolare, alla semola di grano duro ed all’acqua è stata aggiunta una biomassa microbica rappresentata da un lattobacillo selezionato produttore di EPS (Tesi DB200). La pasta realizzata con semola e acqua è stata usata come controllo (CTRL). I campioni ottenuti sono stati confezionati in MAP (35% CO2 e 65%N2) e stoccati a 4°C. Analisi microbiologiche. I test microbiologici sono stati condotti utilizzando la tecnica del conteggio in piastra impiegando substrati colturali selettivi, tempi e temperature di incubazione appropriate per ciascun gruppo microbico oggetto di studio. In particolare, è stata eseguita la determinazione di batteri mesofili aerobi, batteri psicrotrofi aerobi, coliformi totali, Staphylococcus spp., lattobacilli, lieviti e muffe (Costa et al., 2010).

Analisi sensoriale. Campioni di pasta fresca sia cruda che cotta sono stati sottoposti ad analisi sensoriale. I campioni di pasta cruda sono stati presentati ad un panel addestrato composto da dieci giudici, al fine di valutare colore, odore e qualità globale della pasta fresca prima della cottura. Sulla pasta cotta sono stati anche valutati l’adesività, la struttura, la collosità, l’elasticità e il sapore. Per l’analisi sensoriale è stata utilizzata una scala edonistica a nove punti. Un punteggio pari a 5 è stato utilizzato come valore soglia per l’accettabilità del prodotto (Padalino et al., 2013). Inoltre, ai panelisti è stato chiesto di riportare l’eventuale presenza di micelio fungino sulla superficie del prodotto.

Valutazione delle caratteristiche chimico-fisiche della pasta. Il valore di pH è stato determinato su campioni di pasta cruda omogenati con soluzione fisiologica. Per i campioni di pasta cruda è stata monitorata l’umidità, mediante l’utilizzo di una bilancia termica, e tramite l’impiego di un colorimetro sono stati determinati i valori di L*, a*, b* sia per la porzione interna che esterna delle orecchiette fresche crude.

Qualità in cottura. Per valutare la qualità della pasta durante la cottura sono state effettuate le seguenti analisi: determinazione del tempo ottimale di cottura, la perdita in cottura (AACC 66-50, 2000), l’indice di swelling e la percentuale di acqua assorbita (Padalino et al., 2013). Inoltre, sono stati determinati strumentalmente i parametri di durezza e collosità per mezzo di un analizzatore di texture (Zwick/Roell model Z010 Italia S.r.l., Genova, Italia). Le condizioni del test sono in accordo a Padalino et al., 2013.

Determinazione della concentrazione degli EPS. La concentrazione di EPS nella pasta è stata 31

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determinata seguendo il metodo descritto da Cerning et al. (1994). 50 ml di pasta omogenata (corrispondente alla diluizione 1:10) sono stati centrifugati (4500 × g, 10 min, 4°C). Al sopranatante sono stati aggiunti 150 ml di etanolo (95%) freddo. Dopo incubazione a 4°C per 16 h, il precipitato risultante è stato raccolto per centrifugazione (11325 × g, 20 min). Gli EPS sono stati sospesi in acqua, dializzati e liofilizzati. Dopo liofilizzazione, essi sono stati dissolti in una soluzione (10%) di acido tricloroacetico, per allontanare le proteine. Dopo centrifugazione (11325 × g, 20 min), il sopranatante è stato dializzato e liofilizzato. Il peso del liofilizzato, corrispondente a EPS parzialmente purificati, è stato determinato mediante bilancia analitica.

Risultati e discussione Le analisi sulla qualità microbiologica della pasta mostrano differenze tra i campioni. Dopo circa 50 giorni è stato osservato un progressivo incremento del microbiota alterante che ha interessato principalmente il campione di controllo. Differentemente, densità cellulari piuttosto costanti nel tempo sono stati registrati per il campione DB200 che è rimasto accettabile per circa 70 giorni. I coliformi sono risultati assenti sia nel campione DB200 che nel controllo.

Dall’analisi sensoriale e dalla qualità in cottura dei campioni di pasta si è osservato che l’aggiunta di un lattobacillo precedentemente selezionato per la produzione di EPS è in grado di preservare le caratteristiche qualitative della pasta. Dalla Figura 1 emerge che il controllo è accettabile fino a quasi 50 giorni mentre il campione DB200 presenta valori di qualità globale positivi fino a oltre 2 mesi di stoccaggio. Nel controllo è stato percepito un leggero odore di fermentato (riferito come odore di acido acetico) con la concomitante comparsa di muffe sulla superficie della pasta che ne ha causato l’inaccettabilità. Al contrario, il campione DB200 ha conservato un odore gradevole ed ha mostrato un rallentamento della comparsa di micelio fungino rispetto al controllo. In accordo a quanto riportato in letteratura (Di Cagno et al., 2005), il campione DB200, ha mostrato anche un miglioramento della qualità in cottura, con una minore perdita di sostanza organica nell’acqua di cottura e quindi una minore collosità sulla superficie della pasta cotta. Inoltre, ha registrato valori di durezza più bassi rispetto al campione controllo. Il miglioramento della qualità in cottura può essere messo in relazione con gli EPS contenuti nella biomassa microbica usata come ingrediente. Nel campione di pasta DB200 gli EPS sono stati rilevati alla concentrazione di 5,0 ± 0,2 g/kg, mentre nel controllo non sono stati rilevati EPS. Complessivamente, il campione di pasta DB200 ha mostrato una shelf-life più lunga (in misura del 30%) rispetto al controllo.

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Conclusioni I risultati ottenuti in questo lavoro hanno evidenziato che l’arricchimento di pasta con EPS permette di preservare nel tempo le caratteristiche sensoriali e la qualità in cottura e allo stesso tempo aumenta la shelf-life del prodotto.

Figura 1. Qualità globale del campione di pasta controllo (CTRL) e arricchito con esopolisaccaridi (DB200)

Riferimenti bibliografici American Association of Cereal Chemists, 2000 Approved Methods of the AACC 66–50.Saint Paul, MN. Beleggia R., Platani C., Spano G., Monteleone M., Cattivelli, L. 2009. Metabolic profiling and analysis of volatile composition of durum wheat semolina and pasta. Journal of Cereal Science, 49, 301309.

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4. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA VINO 4.1 APPLICAZIONE DI PROTOCOLLI BIOTECNOLOGICI ALLA FILIERA VINO PER MIGLIORARNE LA QUALITÀ E CONSERVABILITÀ DI PRODUZIONI VINICOLE TIPICHE GRIECO Francesco (1), SPANO Giuseppe (2), MACI Angelo (3) (1) Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), UOS di Lecce - Via Provinciale Lecce Monteroni, 73100 Lecce, IT (2) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente, Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (3) Cantine Due Palme Soc. Coop. Agricola – Via San Marco n. 130, 72020 Cellino San Marco (BR), IT

Abstract In enologia, l'utilizzo di colture starter miste è un approccio di crescente importanza per gli enologi al fine di migliorare la qualità del prodotto finale e la sicurezza d’uso dei prodotti enologici. Il nostro obiettivo in questo Progetto è stato quello di valutare, per la prima volta, il potenziale enologico di Hanseniaspora uvarum in colture miste con Saccharomyces cerevisiae ed Oenococcus oeni per la produzione industriale di vino con ridotta o nulla addizione di anidride solforosa (SO2). Il ceppo di H. uvarum ITEM8795 è stato inoculato in modo concomitante e sequenziale, in associazione con due starter autoctoni di S. cerevisiaee di O. oeni, in vinificazioni su scala di laboratorio, pilota ed industriale. Lo starter misto è stato in grado di dominare con successo le diverse fasi del processo di fermentazione ed ha prodotto,su scala pilota ed industriale, vino di elevate proprietà chimicoorganolettiche qualità organolettica e senza aggiunta di SO2.

Introduzione Il complesso processo biologico di fermentazione alcolica è inizialmente promosso dall'azione di un consorzio eterogeneo di lieviti autoctoni appartenenti a diverse specie non Saccharomyces caratterizzate solitamente da un basso potere fermentativo (Jolly et al., 2006), mentre il suo passaggio finale è sotto il controllo di ceppi di Saccharomyces cerevisiae. I lieviti autoctoni forniscono caratteristiche regionali distintive ai vini (Garofalo et al., 2015), consigliando così il loro uso come colture starter in ordine di differenziare le produzioni vinicole. La funzione delle specie non-Saccharomyces è molto significativa, poiché esse contribuiscono fortemente a determinare la composizione chimica del vino (Lu et al., 2015). Infatti, è stato dimostrato che numerose specie non Saccharomyces contribuiscono alla composizione analitica e alle caratteristiche sensoriali del vino (Capozzi et al., 2015). Hanseniaspora uvarum è una delle specie di lievito più rappresentate sulle bacche di uva e prevale nelle prime fasi della fermentazione alcolica (FA) spontanea (Fleet, 2003) e, se usato in combinazione con S. cerevisiae, contribuisce a produrre vini con caratteristiche differenti dai vini di riferimento prodotti con coltura pura di S. cerevisiae (Ciani et al., 2010; Tristezza et al., 35

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2016b). L'aggiunta di specie di lievito non-Saccharomyces come parte di formulazioni di starter misti, insieme a S. cerevisiae e ceppi di batteri malo lattici della specie Oenococcus oeni (Tristezza et al., 2016a), è stata recentemente indicata come un modo di imitare le fermentazioni spontanee (Suzzi et al., 2012), conferendo un aroma e caratteristiche particolari ai vini (Ciani et al., 2010) e riducendo i rischi per la qualità e la sicurezza del vino spesso associato a vinificazioni incontrollate (Capozzi and Spano, 2011). Sulla base di quanto sopra, lo scopo dell’attività progettuale è stato di valutare le prestazioni di fermentazione di colture miste di H. uvarum, S. cerevisiae ed O. oeni in vinificazioni su scala di laboratorio e pilota e di applicare questa nuova formulazione su scala industriale per la produzione di vini tipici in assenza di aggiunta di anidride solforosa.

Materiali e metodi I ceppi utilizzati nel presente studio sono stati: S. cerevisiae ITEM 17292 e ITEM17293 (CNR-ISPA), il ceppo di H. uvarum ITEM8795 (CNR-ISPA), il ceppo di O. oeni (UNIFG). I ceppi di lievito sono stati coltivati come precedentemente descritto (Tristezza et al., 2016b). Le vinificazioni su scala di laboratorio sono state effettuate secondo Tristezza et al. (2016; 2016b), utilizzando mosto ottenuto da uve Negroamaro e Primitivo individuate dal personale tecnico della Cantina Due Palme. Gli starter misti sono stati testati in prove di fermentazione su scala pilota utilizzando tini in acciaio da 100 L (Grieco et al, 2011). Le vinificazioni su scala industriale sono state effettuate in tini di acciaio da 300.000 L, presso gli impianti della cantina Due Palme, come descritto da Tristezza et al. (2016a; 2016b). Le popolazioni microbiche sono state quantificate e caratterizzate da mosti in fermentazioni e vini rispettivamente mediante test di enumerazione su piastra e test molecolari (Suzzi et al., 2012; Tristezza et al., 2016). I mosti ed i vini prodotti sono stati analizzati mediante la spettroscopia a infrarossi a trasformata di Fourier. I composti volatili liberi sono stati estratti e analizzati mediante gas cromatografia-spettrometria di massa (GC-MS) (Tristezza et al., 2016b).

Risultati e discussione In un esperimento preliminare è stata studiata la cinetica di crescita di colture miste di H. uvarum e S. cerevisiae, i cui risultati hanno indicato in 107 CFU/mL e 105 CFU/mL rispettivamente per ceppi di H. uvarum e per lo starter di S. cerevisiae le concentrazioni ottimali di inoculo (rapporto 100:1).

Successivamente è stato valutato l'effetto delle differenti procedure di inoculo delle due specie di lievito, ovvero simultanea o sequenziale, sulla composizione finale del vino. In generale, le prove condotte mediante inoculo simultaneo hanno prodotto una maggiore quantità di composti volatili, esteri, alcoli e terpeni. Allo scopo di verificare la compatibilità biologica tra i due ceppi starter di S. 36

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cerevisiae ITEM17292 (P25) e ITEM17293 (P28), già precedentemente caratterizzati dopo isolamento dalle uve della cantina, sono state messe in opera delle micro vinificazioni in scala di laboratorio separatamente inoculando i suddetti ceppi con il ceppo di H. uvarum ITEM 8795 in 500 mL di mosto ottenuto da uve Negroamaro in assenza di anidride solforosa. Le curve di crescita ottenute per entrambe le specie hanno confermato la compatibilità del ceppo di H. uvarum con i due starter ITEM17292 (P25) e ITEM17293 (P28), suggerendo un loro utilizzo come inoculo misto in vinificazioni in scala pilota e industriale (Fig.1A).

Le analisi relative alle interazione tra i ceppi di lieviti e i ceppi di O. oeni hanno mostrato che non ci sono interazioni di tipo negativo tra le colture microbiche oggetto di studio. Nello specifico, non sono stati individuati raggi di inibizione attorno agli spot né dei lieviti singoli né delle combinazioni di lieviti (dati non mostrati). Le combinazioni di lieviti M1 (ITEM17292 e ITEM8795) e M2 (ITEM17293 e ITEM8795) sono state impiegate sia in inoculi simultanei o sequenziali in associazione con il ceppo OT4 di O. oeni in fermentazioni in mosto in scala di laboratorio (Fig.1B), che hanno prodotto vini senza residui zuccherini e privi di difetti. Sono quindi state effettuate prove di vinificazione su scala pilota presso la Cantina Due Palme con la collaborazione attiva del personale tecnico dell’Azienda. Le prove hanno visto l’utilizzo del ceppi di H. uvarum ITEM8795, i due ceppi di S. cerevisiae (ITEM17292 e ITEM17293) ed il ceppo OT4 di O. oeni, utilizzando mosti da uve Negroamaro in assenza di aggiunte di anidride solforosa. A fine fermentazione, l’analisi genetica effettuata sulla popolazione di lieviti presenti nelle fecce residue delle fermentazioni su scala pilota ha dimostrato che essi sono stati in grado di dominare il processo fermentativo. I vini prodotti con le due formulazioni di inoculi misti i) S. cerevisiae ITEM17292 (P25) + O. oeni OT4 + H. uvarum ITEM895 e ii) S .cerevisiae ITEM17293 (P28) + O. oeni OT4 + H. uvarum ITEM895 non hanno rivelato presenza di difetti e si sono dimostrati dotati di interessante complessità aromatica (Fig. 2).

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Tale evidenza indica che l’utilizzo del co-inoculo non-Saccharomyces/ Saccharomyces/ Oenococcus è funzionale alla produzione di vini in assenza di aggiunta di metabisolfito di potassio, con conseguente assenza di solfiti esogeni nel vino.

Durante la vendemmia 2017 sono state effettuate due vinificazioni su scala industriale presso Cantine Due Palme, utilizzando la formulazione S. cerevisiae ITEM17293 (P28) + O. oeni_OT4 + H. uvarum ITEM895 in inoculo simultaneo per innestare separatamente 250 quintali di mosto da uve Primitivo e un’analoga quantità di mosto da uve Negroamaro, senza aggiunta di anidride solforosa.

Le due vinificazioni hanno avuto un decorso regolare. Infatti la vinificazione da uve Primitivo ha visto il completamento delle fermentazioni alcolica e malo lattica rispettivamente in 7 e 6 giorni, mentre quella da uve Negroamaro in 8 e 5 giorni. L’analisi quali-quantitativa dei componenti volatili minori dei vini, ha permesso di studiare la presenza di aromi secondari che si sono formati durante la fermentazione (esteri, acidi, alcoli e terpeni). Tale valutazione ha permesso di determinare che i vini prodotti utilizzando l’inoculo misto hanno una complessità aromatica superiore a vini prodotti come controllo dalle stesse uva mediante la procedura di inoculo classica. In collaborazione con il personale tecnico di Cantine Due Palme è stata messa a punto ed applicata una procedura per la stabilizzazione e conservazione del vini prodotto mediante centrifugazione ed aggiunta di chitosano.

I due vini sono stai oggetto di imbottigliamento utilizzando un’etichetta appositamente predisposta.

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Figura 3

Conclusioni Il protocollo messo a punto ed applicato potrà essere ulteriormente implementato dal punto di vista della tecnologia necessaria per la conservazione del prodotto “SO2 free”. L’applicazione della combinazioni di starters (non-Saccharomyces/Saccharomyces/O. oeni) ha permesso di ottenere, in assenza di aggiunta di anidride solforosa, vini Negroamaro e Primitivo finiti, dotati di buone proprietà enologiche in cui non è stata rilevata presenza di fenoli volatili né tantomeno di ammine biogene. I risultati del trasferimento dell’approccio biotecnologico qui sviluppato indicano la sua piena applicabilità livello industriale.

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5. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA OLIVE DA TAVOLA 5.1 OLIVE DEAMARIZZATE BIOLOGICAMENTE TUFARIELLO Maria (1), MAIORANO Gabriele (1), ANGLANA Chiara (1), LOGRIECO Antonio Francesco (2), MITA Giovanni (1), BLEVE Gianluca (1) (1) Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), UOS di Lecce - Via Provinciale Lecce Monteroni, 73100 Lecce, IT (2) Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) - Via Amendola n. 122/O, 70126 Bari, IT

Abstract Una delle attività di questo progetto ha riguardato la valutazione dell’azione di microrganismi starter sulla fermentazione di importanti cultivar della Regione Puglia molto utilizzate per la produzione di olive da tavola: Termite di Bitetto (TdB), Bella di Cerignola (BdC), Leccino (L) e Peranzana (Pz). Ceppi di lieviti e batteri lattici selezionati da fermentazioni spontanee di olive da tavola e presenti nella ceppoteca dell’ISPA-CNR sono stati impiegati come candidati starter della fermentazione. Nel corso del primo anno di attività, tra le differenti strategie di inoculo impiegate per la fermentazione di olive delle cultivar BdC e TdB su scala di laboratorio (10 Kg), il co-inoculo simultaneo di lieviti e batteri lattici è stato in grado di migliorare in modo efficace le caratteristiche organolettiche e di sicurezza del prodotto finito, riducendo sensibilmente il tempo di processo. Nel secondo anno di progetto, il trasferimento su scala pilota (30 Kg) delle strategie messe a punto in laboratorio, quali il co-inoculo lieviti-batteri lattici per BdC e TdB e di inoculo sequenziale, dei lieviti, prima, e dei batteri lattici in seguito, per Pz e L ha consentito di portare a termine la fermentazione delle olive, seguita mediante specifici descrittori chimici individuati nelle fermentazioni spontanee.

L’impiego dei microrganismi starter ha dimostrato, in tutte le cultivar di olive testate un miglioramento in termini di sicurezza del prodotto, notevole riduzione dei tempi di fermentazione, migliorata deamarizzazione del prodotto e la produzione di composti favorevoli legati al processo fermentativo molti dei quali in grado di incrementare il profilo organolettico del prodotto finale.

Introduzione Le olive da tavola sono tra i vegetali fermentati più amati e consumati al mondo, molto diffusi soprattutto nei paesi del bacino Mediterraneo. Dal punto di vista nutrizionale sono un alimento completo, ricco di sostanze nutritive di varia natura con un particolare profilo aromatico. Esistono diversi tipi di metodi utilizzati per la trasformazione delle olive da tavola: Greco, Spagnolo (o Sivigliano), Castelvetrano, Siciliano, Californiano ed altri più tradizionali. Tra questi quelli più usati a livello industriale sono il metodo spagnolo e quello greco, entrambi aventi una fase di 41

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fermentazione spontanea che è però difficile da controllare e monitorare (Tufariello et al., 2016). Da qualche tempo i LAB sono utilizzati per la fermentazione di diversi alimenti tra cui le olive da tavola.

Essi sono, infatti, i principali responsabili della fermentazione delle olive trattate con soda (metodo spagnolo) (Hurtado et al., 2012). L’utilizzo dei lieviti come colture starter è stato proposto più recentemente e l’attenzione su questi microrganismi cresce sempre più grazie al loro contributo favorevole, durante la fermentazione, dovuto alla produzione di metaboliti e composti volatili che vanno ad accrescere le proprietà organolettiche del prodotto, la loro capacità di degradare i composti fenolici e di favorire la crescita dei LAB (Arroyo-Lòpez et al., 2012; Bevilacqua et al., 2013; Bonatsou et al., 2015; Tufariello et al., 2015).

Materiali e metodi Analisi microbiologiche. Sono state effettuate impiegando aliquote di salamoia prelevata da ciascuna fermentazione al fine di valutare: la conta batterica totale (PCA), la conta di batteri lattici (MRS), la conta di stafilococchi coagulasi positivi (Baird Parker Agar), la conta di enterobatteriacee (VRBGA), la conta di coliformi totali e fecali (VRBA), la conta di microstafilococchi (MSA), la conta di clostridi solfito riduttori (SPS), la conta di propionibatteri (P2), la conta di lieviti e muffe (Sabouraud).

Analisi degli zuccheri e acidi organici. Gli zuccheri sono stati estratti da campioni liofilizzati e gli estratti finali sono stati analizzati in HPLC-RID (detector a indice di rifrazione). Gli acidi organici sono stati estratti seguendo la metodica descritta da Günç Ergönül & Nergiz (2010). Gli estratti finali di acidi organici sono stati analizzati in HPLC-DAD. La separazione di zuccheri e acidi organici è stata eseguita in accordo alla metodica descritta da De Benedictis et al. (2011).

Analisi dei polifenoli. L’estrazione dei composti polifenolici è stata eseguita come descritto da Hajimahmoodi et al. (2008). Gli estratti sono stati analizzati in HPLC-DAD, seguendo le indicazioni riportate da Li et al. (2008).

Analisi dei composti volatili. Le molecole volatili sono state estratte ed analizzate mediante tecnica di micro estrazione in fase solida (SPME)-GC-MS. Analisi statistica. Tutte le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il programma STATISTICA 7.0 (StatSoft software package, Tulsa, OK, USA).

Risultati e discussione Fermentazioni su scala di laboratorio di olive Bella di Cerignola e Termite di Bitetto. Tutte le fermentazioni hanno portato ad ottenere valori di pH finale intorno a 4-4,2 unità. Nelle olive 42

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inoculate con differenti strategie di inoculo [lievito (L), batterio (B) e lievito+batterio (L+B)] è stato riscontrato un consumo più veloce degli zuccheri ed una produzione maggiore di etanolo e di acido lattico rispetto ai corrispettivi controlli non inoculati. Nelle prove sperimentali condotte in questo primo anno, si può osservare come nelle olive BC e TB la combinazione lievito-batterio lattico in coinoculo abbia permesso una riduzione significativa dell’oleuropeina, principale responsabile del sapore amaro dei frutti, in tempi molto ridotti, seguita da un significativo incremento delle concentrazioni di idrossitirosolo e tirosolo.

L’analisi delle componenti principali (PCA) applicata ai dati ottenuti mediante analisi GC-MS e HPLCDAD ha rivelato che i campioni di olive TB e BC trattati con co-inoculo lieviti e batteri lattici (TB L+B, BC L1+B1 e BC L2+B2) si differenziano sia dai controllo che dalle altre strategie di inoculo per l’elevata concentrazione di molecole volatili e fenoli. Il co-inoculo ha dato origine ad olive caratterizzate da una più significativa complessità di molecole aromatiche e maggiori valori di acidi fenolici legati alla degradazione di oleuropeina. Questo risultato consente di concludere che il coinoculo lievito-batterio può migliorare sensibilmente non solo il processo fermentativo, ma anche la qualità organolettica del prodotto.

Fermentazioni su scala pilota di olive Bella di Cerignola, Termite di Bitetto, Leccino e Peranzana.

L’analisi dei profili volatili delle quattro cultivar di olive ha consentito di elaborare dei radar plot che rappresentano il prodotto finito ottenuto in seguito a fermentazione spontanea o guidata da starter selezionati (Figura 1). Per le olive delle cultivar Bella di Cerignola e della Termite di Bitetto, l’impiego della strategia del co-inoculo di lieviti e batteri lattici starter e per le olive delle cultivar Leccino e Peranzana l’uso dell’inoculo sequenziale di lieviti prima e batteri lattici in seguito hanno consentito di ottenere profili volatili più ricchi in composti che sono associati a note fruttate, fruttato-vinose e floreali rispetto alle corrispondenti fermentazioni spontanee.

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Figura 2. Radar plot di tutte le classi di volatili associate alle olive Bella di Cerignola, Termite di Bitetto, Peranzana e Leccino prodotte mediante fermentazione guidata da starter (verde) o fermentazione spontanea (rosso).

Conclusioni Il trattamento con gli starter microbici autoctoni selezionati ha consentito di produrre delle olive deamarizzate di quattro diverse cultivar di olive (verdi e nere) senza la necessità di impiego della soda, in tempi estremamente ridotti, con migliorate caratteristiche organolettiche e di sicurezza.

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5.2 STARTER INNOVATIVI PER LA PRODUZIONE DI OLIVE A RIDOTTO CONTENUTO DI SALE CORBO Maria Rosaria (1), SPERANZA Barbara (1), BEVILACQUA Antonio (1), CAMPANIELLO Daniela (1), ALTIERI Clelia (1), TOTA Rosanna (2), SINIGAGLIA Milena (1) (1) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente (SAFE), Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (2) Cannone Industrie Alimentari “Gli Antipasti” - Via Raffaele Tamma n. 74, 71042 Cerignola (FG), IT

Abstract Il presente studio mira a valutare l’effetto dell’attenuazione tramite ultrasuoni (US) sulla vitalità di due ceppi di batteri lattici autoctoni isolati da olive da mensa e selezionati come potenziali starter per olive a risotto contenuto di sale: i trattamenti differivano in termini di potenza netta applicata (40-90%) e durata (2-8 min). Su entrambi i ceppi, un trattamento di 2 minuti con una potenza pari al 60% induceva le cellule a migliorare alcune performances tecnologiche: la capacità acidificante risultava esaltata e lo sviluppo in presenza di NaCl (7%), a pH 4 o 9, a 15 e 45°C non era mai inibito.

In due condizioni di stress (pH 9 e presenza di NaCl al 7%), gli starter innovativi erano in grado di sviluppare meglio degli starter tradizionali, mostrando indici di crescita superiori al 100%.

Introduzione Il moderno sviluppo delle biotecnologie ed una più approfondita conoscenza del metabolismo dei microrganismi coinvolti nei processi fermentativi hanno consentito di evidenziare molte caratteristiche fisiologiche dei batteri lattici usati come colture starter, che possono sia contribuire al controllo di microrganismi indesiderati, alteranti o patogeni, che assicurare il conseguimento degli obiettivi industriali. È importante, però, che l’utilizzo degli starter sia economicamente conveniente e che la loro manipolazione ed il loro impiego sia semplice. Recentemente la ricerca scientifica è indirizzata verso l’uso di nuove tecnologie che vadano a migliorare le performances tecnologiche delle colture starter, in modo da facilitarne e velocizzarne l’uso aziendale e migliorare la qualità del prodotto finale. L’attenuazione e il Growth Enhancement (Stimolo delle Sviluppo) sono metodologie innovative che usano metodi fisici o agenti chimici per controllare e modulare il metabolismo dei microrganismi utili senza comprometterne la vitalità; tale tecnica è in grado di migliorare il pool di enzimi intracellulari rilasciati nella matrice, andando ad influenzare positivamente il sapore e la qualità del prodotto finale (Tabatabaie e Mortazavi, 2010). Il presente studio mira a valutare l’effetto del trattamento tramite ultrasuoni (US) sulla vitalità di due ceppi di batteri lattici autoctoni isolati da olive da mensa e selezionati come potenziali starter. In aggiunta, esso è volto ad individuare un trattamento di attenuazione in grado di avere un potenziale effetto di stimolo, tale cioè da indurre gli starter trattati a migliorare alcune performances tecnologiche.

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Materiali e metodi In una prima fase sperimentale è stata valutata la resistenza al trattamento di sonicazione di 2 ceppi autoctoni di Lactobacillus plantarum (codificati come 87 e 2_12) isolati da olive da mensa e selezionati come potenziali starter per le buone caratteristiche tecnologiche. Dopo la fase di rivitalizzazione nelle idonee condizioni colturali, le precolture sono state centrifugate a 8000 rpm per 15 minuti. Eliminato il surnatante, il pellet è stato sospeso in soluzione fisiologica sterile (0,9% NaCl) per il trattamento di attenuazione mediante US utilizzando un sonicatore da banco che opera ad una potenza netta di 130W e ad una frequenza di 20 kHz. Durante l’attenuazione sono stati modulati i seguenti parametri: potenza netta (40-90%) e durata del trattamento (2-8 min); gli impulsi sono stati impostati a 4 s. Subito dopo il trattamento di sonicazione, le sospensioni cellulari sono state raffreddate per evitare che l’incremento di temperatura causato dagli US potesse avere un effetto deleterio sui microrganismi e sottoposte a conta su piastra, per verificare l’effetto del trattamento sulla perdita di vitalità. Sui microrganismi attenuati sono state successivamente effettuate le seguenti prove: acidificazione (Bevilacqua et al., 2010); sviluppo in presenza di concentrazione variabili di NaCl (7%; 9% e 10% p/v), a 15°C, 30°C, 45°C e a pH 4 e 9 (Bevilacqua et al., 2010, 2013).

Tutte le analisi sono state effettuate in doppio su due batch differenti e indipendenti. Lo sviluppo microbico è stato monitorato indirettamente, al momento dell’inoculo e dopo 2, 3, 4 e 7 giorni, mediante lettura dell’assorbanza a 600 nm con uno spettrofotometro UV-vis Hach DR 6000. I dati sono stati elaborati come Growth Index (GI) secondo l’approccio di Bevilacqua et al. (2009).

Nella seconda fase della sperimentazione i ceppi trattati con gli ultrasuoni sono stati utilizzati come colture starter per una fermentazione su scala pilota di Olive Bella di Cerignola (calibro 2G) (10 kg di olive in 8 l di salamoia al 4% di NaCl). La fermentazione è stata condotta per 60 giorni, valutando periodicamente la concentrazione dei diversi gruppi microbici su olive e salamoia ed il pH, come riportato da Bevilacqua et al. (2009). I due ceppi di batteri lattici sono stati inoculati in mix, in ragione di 7 log ufc/ml.

A)

B)

Figura 1: A) GI (%) a 24 e 72 h del ceppo 87, sottoposto a trattamento con US, posto ad incubare in terreno ottimale modificato a pH 9 o addizionato del 7% di NaCl e B) GI (%) a 17, 20 e 24 h del ceppo 87, sottoposto a trattamento con US, posto ad incubare in terreno ottimale modificato a pH 9. I dati sono espressi come media ± deviazione standard.

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Risultati e discussione In generale, la sensibilità agli US era ceppo-dipendente e la perdita di vitalità variava in funzione della potenza e/o del tempo di esposizione agli US. In particolare, la perdita di vitalità aumentava all’aumento della potenza e/o del tempo di trattamento (massimo 3-4 cicli logaritmici) e il ceppo 87 era più resistente ai trattamenti con US, tra i due testati.

Per entrambi i ceppi, un trattamento applicato ad una potenza pari al 60% per 2 minuti è stato individuato come quello in grado di avere un effetto di stimolo nei confronti dei potenziali starter (ipotizzando un effetto di stress response), tale cioè da indurre le cellule a migliorare alcune performances tecnologiche. I batteri lattici devono affrontare una serie di sollecitazioni derivanti dall’habitat ambientale e dalle condizioni riscontrabili sia durante la produzione che durante la conservazione; in genere, essi mettono in atto meccanismi adattativi di risposta agli stress, di tipo fisiologico, genetico o di comportamento che permettono loro di sopravvivere alle diverse condizioni ambientali. La risposta agli stress abiotici (stress response) è un comportamento comune sia ai batteri che ai lieviti, che reagiscono con rapidi cambiamenti nel loro genoma a stimoli esterni.

Anche se la risposta agli stress abiotici prevede l’attivazione di meccanismi comuni tra le diverse specie microbiche, la tolleranza agli stress può variare da specie a specie (González-Párraga et al., 2008). Ad esempio, Casado Muñoz et al. (2016) hanno studiato la capacità di diversi ceppi di batteri lattici, isolati da olive da tavola della cultivar Aloreña, di sviluppare strategie di adattamento differenti per sopravvivere in condizioni avverse (pH, concentrazione salina, temperatura, concentrazione di nutrienti, ecc) che includono l'alterazione della fisiologia cellulare e il controllo dell’espressione genetica. A livello genetico, i geni legati allo stress response venivano espressi in modo diverso a seconda della specie e del ceppo, oltre che del tipo di stress. Similmente, i risultati del presente studio ci spingono ad ipotizzare che l’induzione di uno stress possa provocare nelle cellule di uno starter notevoli mutazioni sia fenotipiche che genetiche, tali da rendere il microrganismo più resistente ai fattori di stress riscontrabili durante la produzione o la fermentazione delle olive da mensa. Infatti, in merito alle caratteristiche tecnologiche degli starter attenuati, il trattamento con US non influiva negativamente sulle performances tecnologiche dei ceppi in esame: sia il ceppo 87 che il ceppo 2_12 presentavano le stesse capacità di sviluppo in presenza di sale, a diverse temperature e diversi valori di pH mostrate in assenza del trattamento di US (dati non mostrati). La capacità acidificante risultava in alcuni casi esaltata e lo sviluppo in presenza di NaCl (7%), a pH 4 o 9, a 15 e 45°C non era mai inibito (GI >60%).

In due casi, inoltre, per il ceppo 87 si osservava un possibile miglioramento delle performances tecnologiche. La figura 1A mostra il G.I. a 24 e 72 h del ceppo 87, sottoposto a trattamento con US, posto ad incubare in terreno ottimale modificato a pH 9 o addizionato del 7% di NaCl. Si evince che 48

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lo starter innovativo (trattato con gli US), in condizioni di pH alcalino, dopo solo 1 giorno d’incubazione, era in grado di sviluppare meglio dello starter tradizionale, mostrando un G.I. pari a 123,90%. Similmente, lo starter innovativo presentava un G.I. del 115,29% in presenza del 7% di NaCl dopo 3 giorni d’incubazione.

La figura 1B mostra i valori di G.I. a 17, 20 e 24 h del ceppo 87, sottoposto a trattamento con ultrasuoni, posto ad incubare in terreno ottimale modificato a pH 9; dopo 17 h d’incubazione, il ceppo 87 post-US mostrava un valore di G.I. pari a circa 132,58%. Tale valore tendeva a diminuire dopo 24 h, facendo registrare valori simili al controllo.

I risultati ottenuti nella seconda fase della sperimentazione sono promettenti, poiché nei batch di olive inoculati con i ceppi trattati con gli US si registrava un aumento della velocità di acidificazione: in particolare il pH limite di 4,5 veniva raggiunto in 30 giorni nei batch inoculati con i ceppi non trattati; nel controllo tale valore si osservava dopo circa 50 giorni.

Conclusioni I risultati ottenuti permettono di ipotizzare che le cellule sottoposte a un lieve fattore di stress (come può considerarsi un lieve trattamento con US) mettono in atto meccanismi di difesa tali da migliorare la loro capacità di sviluppo anche in condizioni non ottimali, come possono considerarsi l’ambiente alcalino o la presenza di sale.

Riferimenti bibliografici Bevilacqua A., C. Altieri, M.R. Corbo, M. Sinigaglia, L.I.I Ouoba. 2010. Characterization of Lactic Acid Bacteria Isolated from Italian Bella di Cerignola Table Olives: Selection of Potential Multifunctional Starter Cultures. Journal of Food Science, 7, M536-544.

Bevilacqua A., L. Beneduce, M. Sinigaglia, M.R. Corbo 2013. Selection of yeasts as starter cultures for table olives. Journal of Food Science, 78, M742-751.

Bevilacqua A., M. Perricone, M. Cannarsi, M.R Corbo, M. Sinigaglia. 2009. Technological and spoiling characteristics of the yeast microflora isolated from Bella Di Cerignola table olives. International Journal of Food Science and Technology, 44, 2198-2207.

Casado Muñoz M., N. Benomar, L. Lerma, C.W. Knapp, A.G. Alvez, H. Abriouel. 2016. Biocide tolerance, phenotypic and molecular response of lactic acid bacteria isolated from naturallyfermented Aloreña table to different physico-chemical stresses. Food Microbiology, 60, 1-12.

González-Párraga P., R. Sánchez-Fresneda, M. Martínez-Esparza, J.C. Argüelles. 2008. Stress responses in yeasts: what rules apply? Archives of Microbiology, 189, 293-296.

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Tabatabaie F., S.A. Mortazavi. 2010. Effects of ultrasound treatment on viability and autolysis of starter bacteria in hard cheese. American-Eurasian Journal of Agricultural & Environmental Sciences, 8, 301-304.

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5.3 BIOPRESERVAZIONE DI OLIVE CONFEZIONATE LAVERMICOCCA Paola (1), ANGIOLILLO Luisa (2), LONIGRO Stella Lisa (1), VALERIO Francesca (1), BEVILACQUA Antonio (2), PERRICONE Marianne (2), LOGRIECO Antonio Francesco (1), DEL NOBILE Matteo Alessandro (2), CORBO Maria Rosaria (2), CONTE Amalia (2), DE BELLIS Palmira (1), SISTO Angelo (1), DI BIASE Mariaelena (1), TOTA Rosanna (3).

(1) Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) - Via Amendola n. 122/O, 70126 Bari, IT (2) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente (SAFE), Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (3) Cannone Industrie Alimentari “Gli Antipasti” - Via Raffaele Tamma n. 74, 71042 Cerignola (FG), IT

Abstract La conservazione degli alimenti mediante l’uso di microrganismi con caratteristiche tecnologiche (biopreservazione) ha trovato positivo riscontro da parte dei produttori consentendo l’adozione di processi più sostenibili, garantendo la qualità e sicurezza del prodotto senza l’uso di additivi chimici e rispondendo alle richieste dei consumatori per alimenti poco processati ricchi di componenti nutrizionali e funzionali. Nel settore delle olive da mensa l’uso di ceppi lattici selezionati può garantire una conservabilità nella fase di post-fermentazione. Le attività di ricerca e sviluppo realizzate in questo progetto hanno consentito di mettere a punto un processo in cui olive Bella di Cerignola, dopo la fase di deamarizzazione e di fermentazione, sono state confezionate in buste contenenti una quantità ridotta di salamoia a ridotto contenuto di sale (rispetto alla metodologia tradizionale aziendale) in presenza di popolazioni del ceppo biopreservante Lactobacillus plantarum 5BG, la cui persistenza è stata accertata con metodi molecolari, a ciascun tempo sperimentale, sulle olive (≥log 6.5 CFU/g) e nella salamoia (≥ log 7 CFU/ml). La popolazione biopr eservante ha determinato un controllo efficace dei microrganismi alterativi e, nel challenge test con Listeria innocua, ha ridotto il tempo di sopravvivenza del patogeno. La biopreservazione ha assicurato una più lunga conservazione (almeno 5 mesi) dei tratti sensoriali delle olive rispetto al prodotto tradizionale acidificato chimicamente.

Introduzione La biopreservazione è un metodo naturale per il prolungamento della shelf-life dei prodotti alimentari consistente nell’utilizzo dei prodotti di fermentazione sviluppati prevalentemente dai batteri lattici. Affinché l’azione biopreservante sia efficace, risulta fondamentale assicurare la sopravvivenza del ceppo microbico non solo durante il processo fermentativo ma durante l’intero periodo di conservazione.

Nello specifico in questo progetto è stata studiata la capacità del Lactobacillus plantarum 5BG (ITEM 17403) di prolungare la conservabilità di olive verdi della varietà Bella di Cerignola ottenute tramite il metodo Spagnolo e confezionate in buste con ridotto contenuto di salamoia (olive/salamoia 8/1 51

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anziché 4/1) e di sale (4% anziché il comune 8-10%). L’attività fermentativa dopo la deamarizzazione risulta fondamentale per abbassare il pH a valori < 4.0 in modo da evitare lo sviluppo di popolazioni microbiche alterative o patogene. Generalmente le olive vengono pastorizzate per assicurare una maggiore sicurezza e conservabilità. Tuttavia, l’International Olive Council ed il Codex Alimentarius prescrivono delle caratteristiche sensoriali ben precise (IOC 2010; CODEX/COI, 1990) per le olive verdi da tavola e di conseguenza, ogni trattamento effettuato per prolungarne la conservabilità, deve garantire non solo le caratteristiche microbiologiche ma anche quelle sensoriali. Nello specifico le olive devono presentare un colore uniforme verde tipico della varietà, una buona consistenza ed un gusto equilibrato. Gli obiettivi del seguente lavoro sono stati quelli di studiare come l’utilizzo del Lactobacillus plantarum 5BG, aggiunto durante la fase di stoccaggio postfermentativo, potesse prolungare la conservabilità di olive verdi da tavola della varietà Bella di Cerignola valutando durante tutto il periodo di conservazione, l’influenza della sua attività fermentativa sui parametri microbiologici e sensoriali. In concomitanza è stata valutata la sopravvivenza del ceppo durante l’intero periodo di conservazione e la sua capacità inibitoria nei confronti di Listeria innocua. I risultati sono oggetto di un manoscritto sottomesso per la pubblicazione ad una rivista internazionale (Lavermicocca et al. 2018).

Materiali e metodi Le olive della varietà Bella di Cerignola, sono state raccolte a mano durante la campagna del 2015. Il processo produttivo, consistente in una fermentazione naturale in tini con salamoia all’11% di sale, si è svolto presso l’azienda Cannone S.p.A. Al termine dell’attività fermentativa, le olive sono state conservate per un anno a temperatura ambiente e successivamente 100 Kg sono stati dissalati al 5% di sale, formando due set di campioni sperimentali: 1) SET1biopreservato,ottenuto aggiungendo il ceppo Lb. plantarum 5BG (log 8 CFU/gdi olive) nella salamoia fresca (4% NaCl, 2% saccarosio) per 5 giorni a 25°C; 2) SET2controllo, ottenuto confezionando le olive dissalate nella salamoia acidificata contenente acidificanti chimici e antiossidanti. Successivamente, 400 g del prodotto finale sono stati confezionati in buste di PE con 50 g di salamoia (Figura 1) e conservati a 5°C per circa 1 anno.

Sono stati valutati i seguenti parametri: pH, consistenza (firmness) e colore delle olive. Sono state condotte analisi microbiologiche per la determinazione di: batteri lattici (LAB), lieviti, muffe, stafilococchi, carica batterica totale ed Enterobacteriaceae. Al fine di determinare il limite di accettabilità microbiologica, i dati sono stati fittati usando una equazione Gompertz (Corbo et al., 2006). La sopravvivenza del ceppo inoculato è stata monitorata utilizzando una metodologia di identificazione molecolare basata su profili ceppo-specifici ottenuti mediante REP-PCR (De Bellis et al., 2010).

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I campioni sono stati sottoposti ad un’analisi sensoriale qualitativa, valutando nel tempo l’evoluzione dell’intensità dei singoli descrittori sensoriali in accordo con quanto richiesto dall’ International Olive Council (2010) e dall’ ISO 13300-1 (2006). I panelisti hanno valutato colore, gusto, odore, texture e la qualità globale del prodotto come media dei 4 descrittori sensoriali. I dati sensoriali sono stati fittati con un’equazione Gompertz per valutare il limite di accettabilità sensoriale come descritto da Conte et al. (2009).

E’ stato effettuato un challenge test per valutare l'efficacia inibitoria di Lb. plantarum 5BG nei confronti di un ceppo di Listeria innocua. Le salamoie sono state inoculate con il patogeno a log 5 CFU/ml e conservate a 4° C per 3 mesi. Le olive e le salamoie sono state analizzate periodicamente per valutare la carica batterica totale, i batteri lattici, i lieviti e la L. innocua.

Risultati e discussione Qualità microbiologica. Entrambi i campioni sperimentali hanno mostrato una buona qualità microbiologica non raggiungendo mai il limite di accettabilità microbiologica per tutto il periodo di conservazione. Il pH delle olive inoculate è risultato essere per tutto il periodo di osservazione significativamente inferiore (valore medio pH=4.44±0.07) rispetto a quello delle olive non inoculate (valore medio pH=4.65±0.08). In merito alla carica batterica totale, i campioni sperimentali (SET1 e SET2) hanno registrato un aumento graduale delle popolazioni durante la conservazione. Nello specifico, il SET1 ha registrato valori medi dilog 7.00 CFU/g ad un anno di conservazione, al contrario il SET 2 ha mostrato valori inferiori (log 6.1 CFU/g). La carica microbica delle rispettive salamoie è risultata più elevata in entrambi i campioni. Per i lieviti, durante i primi 77 giorni di conservazione è stata registrata una carica pari a log 5 CFU/g nel SET 1 e valori più bassi nel SET 2 (circa log 4 CFU/g). In seguito, valori più bassi sono stati osservati per il SET 1 (log 5 CFU/g), per tutto il periodo di conservazione. Non vi è stata crescita di Enterobacteriaceae o di Stafilococchi in entrambi i campioni sperimentali.

Relativamente ai batteri lattici presenti sulla polpa delle olive e nelle rispettive salamoie, la sopravvivenza del ceppo Lb. plantarum 5BG è stata accertata mediante una metodologia di identificazione molecolare basata su profili ceppo-specifici ottenuti mediante REP-PCR e successiva elettroforesi microfluidica capillare che ha evidenziato la persistenza della coltura biopreservante nel SET1con valori di log 6.38±0.26 CFU/g (polpa) e log 6.98±0.71 CFU/ml (salamoia) (Figura 2).

Inoltre, l’inoculo con il ceppo biopreservante ha determinato un incremento della popolazione dei batteri lattici fin dal primo giorno di conservazione sia sulle olive (log 7.12±0.33 CFU/g) che nelle salamoie (7.74±0.35 log CFU/ml) e tali valori sono rimasti stabili. Nelle olive di controllo (SET2), i LAB erano presenti con valori sensibilmente inferiori dall’inizio del periodo di conservazione. I dati 53

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hanno confermato il buon adattamento del ceppo nelle salamoie dei campioni inoculati e la loro successiva migrazione sulle polpe, dimostrando quindi la validità del processo di biopreservazione che ha assicurato la vitalità del ceppo fino ad un anno di conservazione.

Qualità Sensoriale. La valutazione della qualità sensoriale è stata fondamentale ai fini della determinazione della shelf-life finale del prodotto. La popolazione ridotta di lieviti riscontrata dal nono mese in poi associata all’attività fermentativa operata dai batteri lattici, ha contribuito ad una migliore percezione sensoriale dei campioni inoculati. I risultati sensoriali e colorimetrici hanno evidenziato il mantenimento di un colore verde brillante fino ad un anno di conservazione per i campioni del SET1 mentre quelli non inoculati (SET2) hanno mostrato un inevitabile imbrunimento dovuto ai processi ossidativi. Queste informazioni sono state confermate dall’analisi strumentale considerando i parametri di luminosità e di variazione di intensità del colore dal rosso al verde. Le olive inoculate hanno evidenziato un gusto e un odore equilibrati e piacevoli, mentre i campioni non inoculati hanno mostrato delle note alcoliche ed acetiche associate allo sviluppo dei lieviti. Il parametro maggiormente influenzato e migliorato dal processo di biopreservazione è stata la consistenza. I campioni inoculati, infatti, hanno mostrato una migliore croccantezza e fibrosità mentre i campioni non inoculati hanno mostrato un crescente ammorbidimento ed un evidente distaccamento della polpa dal nocciolo. L’analisi strumentale ha confermato le valutazioni sensoriali; valori di firmness elevati (71.8±14.9 N/g) sono stati registrati fino a 180 giorni di conservazione nel SET 1, mentre nelle olive di controllo sono stati osservati valori significativamente più bassi (32.8±7.4 N/g) già a 120 giorni. Dopo 1 anno di conservazione, si è osservato un deterioramento del 24% della consistenza della polpa dell’oliva biopreservata mentre nell’oliva di controllo tale riduzione è significativamente più alta (33%). In termini di qualità globale, i campioni inoculati, a seguito dei migliori parametri sensoriali percepiti hanno evidenziato un’accettabilità fino a 5 mesi di conservazione mentre quelli non inoculati sono stati rigettati intorno al 115° giorno.

Challenge Test. I dati sono stati fittati attraverso il modello di Weibull per valutare come l’uso del Lb. plantarum potesse influenzare la sopravvivenza e la forma della curva di morte del microrganismo usato come modello, L. innocua. Il tempo di riduzione decimale è risultato essere pari a 40.07±0.91 giorni nelle salamoie delle olive di controllo, mentre in quelle inoculate con il ceppo biopreservante il valore è risultato sensibilmente più basso e cioè 5.30±0.86 giorni dimostrando quindi un’azione inibente, confermata da valori analoghi riscontrati sulle polpe. Inoltre la forma della curva è risultata essere lineare e non più discendente, probabilmente grazie alla produzione di composti antimicrobici ad opera del ceppo biopreservante (Lavermicocca et al.,1998).

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Figura 1. Confezionamento in buste flessibili di olive da tavola cv Bella di Cerignola in quantità ridotta di salamoia a bassa concentrazione di sale in presenza del ceppo L. plantarum 5BG utilizzato come coltura protettiva.

Figura 2. A sinistra: immagine gel-simile dei profili REP della coltura bioprotettiva L. plantarum 5BG (1) e dei profili rappresentativi degli isolati presenti al T0 sulle olive biopreservate (2-5) e di controllo (6-7); Ladder di dimensionamento (L). A destra: sovrapposizione dell’ elettroferogramma del ceppo biopreservante (---) e del ceppo rappresentativo del profilo 2 (---).

Conclusioni Il trattamento di biopreservazione utilizzato in questo studio rappresenta una valida alternativa all’utilizzo di conservanti chimici e/o trattamenti termici dannosi per prolungare la conservabilità di olive verdi da tavola. I risultati principali raggiunti sono stati: a) la biopreservazione delle olive confezionate in quantità ridotta di salamoia, avente una bassa concentrazione di sale, ha assicurato una più lunga conservazione (almeno 5 mesi) dei tratti sensoriali delle olive rispetto al prodotto tradizionale acidificato chimicamente; b) Lb. plantarum 5BG sopravvive per 1 anno in salamoia colonizzando la superficie delle olive; c) il ceppo biopreservante Lb. plantarum 5BG è in grado di contrastare L. innocua.

Riferimenti bibliografici CODEX/COI (1990). Codex Standard for Table. CODEX STAN 66- 1881, as Amended 1990. Roma: FAO. Conte, A., Gammariello, D., Di Giulio, S., Attanasio, M. and Del Nobile, M.A. (2009). Active coating and modified-atmosphere packaging to extend the shelf life of Fior di Latte cheese. Journal of Dairy Science 92, 887–894.

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Corbo, M.R., Del Nobile, M.A., Sinigaglia, M. (2006). A novel approach for calculating shelf life of minimally processed vegetables. International Journal of Food Microbiology 106: 69–73.

De Bellis, P., Valerio, F., Sisto, A., Lonigro, S.L., Lavermicocca P. (2010). Probiotic table olives: Microbial populations adhering on olive surface in fermentation sets inoculated with the probiotic strain Lactobacillus paracasei IMPC2.1 in an industrial plant. International Journal of Food Microbiology 140, 6–13.

IOC (2010). Sensory Analysis of Table Olives. COI/OT/MO No 1/ Rev.1. Madrid, Spain: International Olive Oil Council.

Lavermicocca, P., Gobbetti, M., Corsetti, A., Caputo L. (1998). Characterization of lactic acid bacteria isolated from olive phylloplane and table olive brines. Italian Journal of Food Science 10, 27–39.

Lavermicocca P., Angiolillo L., Lonigro S.L., Valerio F., Bevilacqua A., Perricone M., Del Nobile M.A., Corbo M.R., Conte A. (2018). Lactobacillus plantarum bio-preservative culture improves shelf life and safety of packed table olives cv. Bella di Cerignola. Frontiersin Microbiology (sottomesso per la pubblicazione).

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5.4 MODELLI PREDITTIVI PER I LIEVITI ALTERANTI DELLE OLIVE DA MENSA CORBO Maria Rosaria (1), BEVILACQUA Antonio (1), SPERANZA Barbara (1), CAMPANIELLO Daniela (1), ALTIERI Clelia (1), TOTA Rosanna (2), SINIGAGLIA Milena (1) (1) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente, Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (2) Cannone Industrie Alimentari “Gli Antipasti” - Via Raffaele Tamma n. 74, 71042 Cerignola (FG), IT

Abstract Lo scopo di questo lavoro di ricerca è proporre un primo approccio per lo sviluppo di un modello matematico previsionale per i lieviti alteranti delle olive da mensa. Come microrganismo modello è stato usato Pichia guilliermondii, inoculato in un substrato contenente diverse concentrazioni di sale (0-10%), a pH differenti (3-5) e incubato a temperature comprese tra 15 e 35°C. I dati sono stati elaborati con la teoria del Disegno degli Esperimenti ed è stato possibile costruire delle semplici equazioni polinomiali, che consentono di prevedere lo sviluppo del lievito a tempi differenti.

Introduzione La microbiologia predittiva è “la scienza quantitativa che consente di valutare oggettivamente l’effetto delle operazioni di trasformazione, distribuzione e conservazione sulla sicurezza microbiologica e sulla qualità degli alimenti. L’obiettivo della microbiologia predittiva è quello di sviluppare equazioni matematiche che descrivono il comportamento dei microrganismi in diversi fattori ambientali (fisici, chimici, competitivi)” (McMeekin et al., 1993).

Il comportamento delle popolazioni microbiche negli alimenti (la crescita, la sopravvivenza o la morte) è, infatti, determinata dai fattori intrinseci degli alimenti stessi (ad esempio attività dell'acqua e pH) e dalle condizioni di conservazione (ad esempio temperatura, umidità relativa e atmosfera). L’effetto di queste proprietà può essere previsto da modelli matematici derivanti da studi quantitativi sulle popolazioni microbiche. I modelli predittivi permettono di stimare la shelflife degli alimenti, di individuare i punti critici, il processo di produzione e di distribuzione e di comprendere come le variabili ambientali influenzino il comportamento dei batteri patogeni o alteranti. I modelli utilizzati in microbiologia predittiva sono sviluppati in seguito ad un lavoro sperimentale, condotto in laboratorio; questi modelli sono poi estrapolati agli alimenti. Le risposte microbiche sono testate in condizioni controllate ed i risultati vengono poi espressi come un’equazione matematica che consente la previsione anche di combinazioni di fattori non testati (Hajmeer e Clover, 2002).

Nell’ambito del progetto BiotecA, uno degli obiettivi connessi con la filiera olive da mensa era lo sviluppo di semplici modelli matematici in grado di prevedere, in funzione delle variabili operative 57

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(pH, temperatura, concentrazione di sale, presenza di composti fenolici), la possibilità di sviluppo di microrganismi alteranti. L’obiettivo di questo lavoro di ricerca è lo sviluppo di un semplice modello per prevedere la crescita di lieviti alteranti del genere Pichia, che possono rappresentare un problema rilevante in fase di post-fermentazione.

Materiali e metodi Microrganismi. Le prove sperimentali sono state condotte con P. guillermondii DSM 11947, acquistato presso la Deutsche Sammlung von Mikroorganismem und Zellkulturen’s collection (DSM) (Braunschweig, Germania).

Prima di ogni prova il ceppo è stato rivitalizzato in YPG broth (Yeast Extract, 10 g/l; Bacteriological Peptone, 20 g/l; Glucosio, 20 g/l) ed incubato a 25°C per 48 h.

Sviluppo del modello. Per lo sviluppo del modello sono stati combinati il pH (3-5), la temperatura (15-35°C) e la concentrazione di sale nel substrato YPG (0-10%), utilizzando la teoria del Disegno degli Esprimenti. Il lievito è stato inoculato in ragione di 6-7 log ufc/ml e incubato alle temperature previste dal piano sperimentale. Lo sviluppo microbico è stato monitorato al momento dell’inoculo, dopo 2, 5, 7 e 15 giorni mediante conta in piastra su YPG agar, incubato a 25°C per 2 giorni. Tutte le analisi sono state condotte in doppio e i dati sono stati elaborati con il software Statistica per Windows (Statsoft, Tulsa, Okhla). L’elaborazione statistica ha fornito 3 diversi risultati: a) La tabella degli effetti statistici standardizzati, che riporta per ciascun fattore i relativi termini lineari o quadratici il suo peso statistico. La significatività dell’approccio è stata valutata tramite il coefficiente di determinazione, corretto per le regressioni multiple. b) Le superfici di isorisposta, ovvero grafici tridimensionali che mostrano per ciascun tempo di analisi l’effetto di due fattori sulla vitalità del lievito. c) Un’equazione polinomiale che descrive matematicamente il comportamento dei fattori, individuando gli effetti lineari e quadratici di ciascun fattore.

Risultati e discussione L’elaborazione statistica dei risultati e la costruzione del modello matematico ha messo in evidenza che in P. guillermondii, il pH interveniva come termine lineare negativo dopo 2 giorni e per tempi prolungati di conservazione il significato matematico cambiava, poichè l’analisi statistica individuava un effetto di tipo positivo. Il sale interveniva come termine lineare negativo; tuttavia, la presenza di termini quadratici positivi indicava un andamento di tipo parabolico con concentrazioni critiche di NaCl. Il significato della temperatura non era univoco, poiché interveniva come termine lineare positivo dopo 2 giorni e lineare negativo dopo 7 e 15 giorni, indicando come un incremento della 58

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temperatura determinasse un aumento della concentrazione cellulare del lievito nelle prime fasi, ma favorisse in seguito la fase di senescenza per tempi di incubazione prolungati.

Una migliore valutazione degli effetti statistici descritti può essere ottenuta con dei grafici tridimensionali, denominati superfici di isoriposta. Nella figura 1 possiamo osservare l’effetto dell’interazione NaCl/temperatura sulla concentrazione cellulare di P. guillermondii dopo 2 giorni di incubazione. In particolare, la figura evidenza, almeno nel range di concentrazioni considerato, il ruolo negativo del sale sulla crescita del lievito, in quanto la concentrazione cellulare diminuiva all’aumentare della percentuale salina; la temperatura, invece, aveva un effetto positivo, sebbene meno marcato rispetto all’effetto del sale. In particolare, la concentrazione cellulare di P. guilliermondii dopo 2 giorni era minima a 16°C e in presenza dell’8% di NaCl (5,6 log ufc/ml) e massima a 30-32°C ed in assenza di sale.

L’analisi delle superfici di isorisposta per gli altri tempi di analisi sottolineava come un incremento della temperatura avesse un effetto diverso in funzione della fase di sviluppo del lievito e del tempo di osservazione: l’aumento della temperatura esaltava lo sviluppo del lievito nelle prime fasi, ma riduceva la concentrazione cellulare nelle ultime fasi, accentuando la cinetica di morte (dati non mostrati).

L’ultimo risultato, che consentiva di prevedere la concentrazione cellulare del lievito nel sistema modello anche per valori delle variabili indipendenti non testati, sono le equazioni polinomiali. Un criterio importante da sottolineare è che esse sono valide sono all’interno dei range di pH (3-5), sale (0-10%) e temperatura (15-35°C), inclusi nel piano sperimentale.

Di seguito si riportano le equazioni ottenute: C2g=6.69-0.20*[pH]-0.30*[pH]2-1.11*[NaCl]+0.26*[NaCl]2+0.38*[T]+0.24*[T]2

(R2adj,

0.974;

MS,0.013) C15g=6.87+0.45*[pH]+0.29*[pH]2-0.57*[NaCl]-0.60*[T](R2adj,0.901; MS,0.021) I pedici indicano il tempo di analisi a cui l’equazione si riferisce; MS è il residuo quadratico medio e R2adj il coefficiente di determinazione corretto per la regressione multipla.

Conclusioni I dati ottenuti mettono in luce alcuni elementi chiave, che possono rappresentare il punto di partenza per ricerche future:

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 il sale è l’unico elemento per modulare significativamente la microflora levurica delle olive da mensa. In generale, un aumento della concentrazione salina nella salamoia aveva un effetto deleterio sullo sviluppo dei lieviti; tuttavia, nel tempo si registravano fenomeni di adattamento;  la temperatura esercitava un effetto differente, in funzione del tempo di osservazione. Tale risultato potrebbe essere correlato direttamente con la cinetica di sviluppo dei lieviti, confermando un effetto di stimolo della temperatura nella prime fasi e nel contempo un aumento della velocità di morte nel tratto discendente della curva;  il pH, come del resto era plausibile aspettarsi, esercita un effetto blando, che dipende, come per la temperatura, dal tempo di campionamento.

Riferimenti bibliografici McMeekin, T.A., J. Olley, T. Ross T., D.A.Ratkowsky. 1993. Predictive microbiology: theory and application. Taunton, UK: Research Studies Press.

Hajmeer, M.N., D.O. Cliver. 2002. Microbiology of Food Preservation and Sanitation. In: Cliver, D.O., H. Riemann, editors. Food-borne Diseases. New York: Academic Press, pp. 330–352.

Figura 1: Superficie di isorisposta relativa alla interazioni di NaCl e temperatura sulla concentrazione cellulare di P. guillermondii dopo 2 giorni.

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6. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA FORMAGGI 6.1 MIGLIORAMENTO DELLA CONSERVABILITÁ DI FORMAGGI FRESCHI A PASTA FILATA MINERVINI Fabio (1), CONTE Amalia (2), DEL NOBILE Matteo Alessandro (2), GOBBETTI Marco (3), DE ANGELIS Maria (1) (1) Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari Aldo Moro - Via G. Amendola n. 165/A, 70126 Bari, IT (2) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente, Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (3) Facoltà di Scienze e Tecnologie, Libera Università di Bolzano - Via A. Volta n. 9, 39100 Bolzano, IT

Abstract Questa attività progettuale ha avuto lo scopo di migliorare gli attributi sensoriali e di shelf-life della burrata mediante l’uso di colture protettive (Lactobacillus plantarum LPAL e Lactobacillus rhamnosus LRB), frutto-oligosaccaridi e inulina. Aggiungendo le colture protettive soltanto al latte da trasformare, sono state osservate, durante la caseificazione e la conservazione, l’acidificazione più bassa in assoluto e la riduzione del microbiota contaminante il caseificio (e.g., Streptococcus thermophilus, Lactococcus lactis e Leuconostoc lactis). Le colture protettive hanno rallentato la crescita di stafilococchi, coliformi e Pseudomonas spp., specialmente nei primi giorni di conservazione, migliorato il sapore e incrementato la shelf-life della burrata.

Introduzione La burrata è un formaggio fresco a pasta filata, inserito nella lista PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) di varie regioni meridionali, tra cui la Puglia. L’esportazione della burrata è limitata dalla sua breve shelf-life. Infatti, a causa della scarsità di microbiota competitivo, dei valori relativamente elevati di attività dell’acqua e del pH debolmente acido, vari microrganismi, specialmente batteri psicrotrofici (Pseudomonas spp. ed alcune Enterobacteriaceae), possono crescere in questo formaggio, causando varie alterazioni (e.g., perdita di elasticità, comparsa di colori anomali) (1). La biopreservazione è uno degli approcci impiegati per prevenire la crescita di microrganismi indesiderati e prolungare la shelf-life degli alimenti. In quest’ambito le colture protettive sono microrganismi aggiunti all’alimento per inibire microrganismi indesiderati senza andare a detrimento della qualità sensoriale (2).

Per limitare i danni strutturali che gli alimenti subiscono durante la shelf-life, si possono impiegare le fibre alimentari, tra cui frutto-oligosaccaridi (FOS) ed inulina (3). Quest’ultima, peraltro, ingerita con la dieta nella dose giornaliera di 12 g, “contribuisce a normalizzare la funzione intestinale aumentando la frequenza dell’evacuazione” (4).

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Questo studio ha avuto lo scopo di migliorare gli attributi sensoriali e di shelf-life della burrata mediante l’uso di lattobacilli protettivi, FOS e inulina.

Materiali e metodi I lattobacilli protettivi e probiotici (PL) Lactobacillus plantarum LPAL e Lactobacillus rhamnosus LRB sono stati forniti da Clerici-Sacco S.r.l. (Cadorago, Italia) in forma liofilizzata, mentre FOS e inulina sono stati forniti da Farmalabor S.r.l. (Canosa di Puglia, Italia). La burrata è stata prodotta presso l’azienda partner coinvolta nel progetto (Ignalat) per un totale di sei differenti tesi, usando (i) il protocollo tradizionale (controllo), (ii), l’aggiunta di FOS e inulina (ciascuno allo 0,5%) alla farcitura (DF), (iii) lattobacilli protettivi solo nel latte (PL), (iv) lattobacilli protettivi nel latte e nel liquido di governo (2PL); (v) lattobacilli protettivi nel latte e FOS e inulina nella farcitura (DF_PL), e (vi) lattobacilli protettivi nel latte e nel liquido di governo e FOS e inulina nella farcitura (DF_2PL). Le burrate sono state conservate a 4°C per 16 giorni e sono state analizzate dopo 1, 6, 8 e 13 giorni.

Le analisi microbiologiche coltura-dipendenti sono state effettuate usando terreni selettivi per determinare la densità cellulare di lattobacilli mesofili e termofili, lattococchi mesofili e streptococchi termofili, enterococchi, stafilococchi, coliformi totali, Pseudomonas sp. e microrganismi mesofili aerobi totali. Le analisi microbiologiche coltura-indipendenti sono state effettuate estraendo l’RNA totale dalle burrate ed ottenendo il cDNA. Quest’ultimo è stato usato come template nella piattaforma di next generation sequencing Illumina MiSeq, impiegando primer universali aventi come target la regione V1-V3 dell’rRNA 16S, al fine di descrivere la componente batterica del microbioma delle burrate. Il livello di proteolisi nelle burrate è stato descritto mediante urea-PAGE della frazione insolubile a pH 4,6, RP-HPLC ed analisi della concentrazione degli aminoacidi liberi mediante cromatografia liquida effettuate sulla frazione solubile a pH 4,6.

L’analisi sensoriale è stata effettuata da 10 volontari, che hanno valutato, attribuendo un punteggio da 0 a 10, i seguenti parametri qualitativi: trasparenza del liquido di governo, colore, aspetto della superficie, resilienza, resistenza al taglio ed alla masticazione, odore di latte, odore di burro, intensità del sapore, acidità, dolcezza, sapidità.

Risultati e discussione Nel complesso, l’aggiunta di inulina e FOS e l’uso delle colture protettive hanno modificato il microbioma, le caratteristiche biochimiche ed i caratteri sensoriali della burrata, nel corso dei 16 giorni di conservazione. In accordo con quanto precedentemente riportato in letteratura (5, 6), durante la caseificazione, i microrganismi che naturalmente contaminano l’ambiente del caseificio 62

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(compresi batteri del phylum Firmicutes, come Streptococcus, e del phylum Proteobacteria, come Pseudomonas) sono trasferiti nel formaggio. Il microbioma della burrata controllo e di quella in cui sono state usate soltanto le fibre è risultato dominato da Streptococcus (principalmente Streptococcus thermophilus) e Lactococcus (Lactococcus lactis), generi ben adattati all’ecosistema formaggio che hanno causato un’acidificazione della burrata. Ciò influenza negativamente le qualità sensoriali dei formaggi freschi, come la burrata (2). I lattobacilli protettivi impiegati hanno ridotto il livello di contaminazione di Streptococcus e Lactococcus. Rispetto al controllo, l’aggiunta di fibre e di lattobacilli protettivi ha fortemente ridotto L. lactis, implicato nei processi di deterioramento (7).

L’analisi coltura-dipendente ha mostrato che, specialmente nei primi giorni di conservazione, i lattobacilli protettivi hanno rallentato la crescita di stafilococchi, coliformi e Pseudomonas spp., batteri coinvolti nella riduzione della shelf-life (7, 8).

In accordo con le differenze nel microbioma, le varie tesi di burrata si sono differenziate per il profilo peptidico e degli aminoacidi liberi. In precedenza, era stato riportato che i lattobacilli probiotici influenzano la proteolisi di mozzarella ed altri formaggi, in funzione dei ceppi (9, 10).

L’analisi sensoriale ha mostrato che l’aggiunta di lattobacilli protettivi ha migliorato l’aroma della burrata (Fig. 1). Complessivamente non sono stati riscontrati difetti strutturali né sapore amaro nelle burrate contenenti fibre e lattobacilli protettivi. L’uso di questi ultimi ha incrementato di 3 giorni la shelf-life della burrata.

Conclusioni La sperimentazione ha prodotto una burrata con incrementata shelf-life e migliore aspetto funzionale per il contenuto in fibre e lattobacilli probiotici.

Riferimenti bibliografici Conte A., I. Brescia, M.A. Del Nobile. 2011. Lysozyme/EDTA disodium salt and modified-atmosphere packaging to prolong the shelf life of burrata cheese. Journal of Dairy Science, 94, 5289-5297.

Spanu C, Scarano C, Piras F, Spanu V, Pala C, Casti D, Lamon S, Cossu F, Ibba M, Nieddu G, De Santis EPL. 2017. Testing commercial biopreservative against spoilage microorganisms in MAP packed Ricotta fresca cheese. Food Microbiol 66:72–76.

Meyer D, Bayarri S, Tárrega A, Costell E. 2011. Inulin as texture modifier in dairy products. Food Hydrocoll 25:1881–1890.

European Commission. 7 December 2015. Commission regulation (EU) 2015/2314. L328. European Union, Brussels, Belgium.

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Bokulich NA, Mills DA. 2013. Facility-specific “house” microbiome drives microbial landscapes of artisan cheesemaking plants. Appl Environ Microbiol 79:5214 –5223.

Calasso M, Ercolini D, Mancini L, Stellato G, Minervini F, Di Cagno R, De Angelis M, Gobbetti M. 2016. Relationships among house, rind and core microbiotas during manufacture of traditional Italian cheeses at the same dairy plant. Food Microbiol 54:115–126.

Remenant B, Jaffrès E, Dousset X, Pilet M-F, Zagorec M. 2015. Bacterial spoilers of food: behavior, fitness and functional properties. Food Microbiol 45:45–53.

Baruzzi F, Lagonigro R, Quintieri L, Morea M, Caputo L. 2012. Occurrence of non-lactic acid bacteria populations involved in protein hydrolysis of cold-stored high moisture mozzarella cheese.

Minervini F, Siragusa S, Faccia M, Dal Bello F, Gobbetti M, De Angelis M. 2012. Manufacture of fior di latte cheese by incorporation of probiotic lactobacilli. J Dairy Sci 95:508 –520.

Ong L, Henriksson A, Shah NP. 2007. Proteolytic pattern and organic acid profiles of probiotic cheddar cheese as influenced by probiotic strains of Lactobacillus acidophilus, Lb. paracasei, Lb. casei or Bifidobacterium sp. Int Dairy J 17:67–78.

Figura 1. Analisi sensoriale della burrata addizionata con FOS e inulina (DF), FOS e inulina e colture protettive in latte (DF_PL), FOS e inulina e colture protettive in latte e liquido di governo (DF_2PL), colture protettive in latte (PL), colture protettive in latte e liquido di governo (2PL), dopo 1 (A), 8 (B) e 16 (C) giorni di conservazione a 4°C. Il controllo è rappresentato da burrata prodotta secondo il protocollo tradizionale.

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7. INNOVAZIONI BIOTECNOLOGICHE ALLA FILIERA ITTICA 7.1 BIOPRESERVAZIONE DI FISH BURGER FRESCHI A BASE DI TONNO CONTE Amalia (1), LONIGRO Stella Lisa (2), LAVERMICOCCA Paola (2), DE BELLIS Palmira (2), DI BIASE Mariaelena (2), PALERMO Carmen (1), CENTONZE Diego (1), LOGRIECO Antonio Francesco (2), DEL NOBILE Matteo Alessandro (1).

(1) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente, Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (2) Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) - Via Amendola n. 122/O, 70126 Bari, IT

Abstract L’obiettivo della filiera ittica era l’applicazione di processi biotecnologici in grado di preservare la qualità di trasformati freschi. L’attività del progetto ha permesso la realizzazione di trasformati ittici aventi conservabilità più lunga rispetto a prodotti di controllo.

Introduzione Il consumo di pesce è altamente discriminato dal lungo tempo necessario per pulirlo (Costa et al., 2014); perciò, la realizzazione di prodotti ittici pronti da cuocere, eviscerati e sfilettati potrebbe rappresentare un’iniziativa strategica per promuovere il consumo di pesce. Tuttavia, è necessario considerare l’elevata natura deperibile delle matrici ittiche, sia da un punto di vista microbiologico che biochimico. Generalmente vengono impiegati drastici trattamenti fisici per garantire la sicurezza degli alimenti e ciò ne influenza le proprietà sensoriali e nutrizionali. Tecnologie alternative come la conservazione biologica mediante l’uso del microbiota naturale e/o dei suoi prodotti antimicrobici può garantire la qualità e la sicurezza del prodotto. L’azione conservante dei batteri è principalmente correlata alla competizione per i nutrienti, all’abbassamento del pH e alla produzione di composti inibitori del loro metabolismo, principalmente acidi organici, come l’acido lattico, diacetile, acidi grassi, CO2, perossido e batteriocine. Recentemente, l’estensione della shelflife mediante l’uso di colture microbiche bioprotettive ha guadagnato grande attenzione. Inoltre, il loro uso in combinazione con altre tecnologie blande, come l’atmosfera modificata (MAP), può rappresentare una soluzione alternativa per prolungare la shelf-life garantendo al contempo la sicurezza degli alimenti.

Materiali e metodi Per la realizzazione dei fish burger è stato utilizzato tonno (Thunnus albacares) fornito sottoforma di filoni interi congelati. Le prove di laboratorio hanno inizialmente interessato la modalità di lavorazione della materia prima. Il lavoro è stato articolato in tre diverse fasi sperimentali: 65

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I) Valutazione dell’applicabilità e selezione di almeno un ceppo o combinazione di ceppi idonei alla biopreservazione del trasformato ittico fresco. Al fine di valutare la capacità di sopravvivenza dei ceppi potenzialmente pro tecnologici forniti dal CNR-ISPA di Bari (Lactobacillus casei, Lactobacillus paracasei, Lactobacillus plantarum e Lactobacillus rhamnosus), essi sono stati inoculati alla concentrazione di circa 108 UFC/g in burger di tonno tal quali. I campioni sono stati confezionati in aria e come riferimento è stato realizzato un burger non inoculato. La sopravvivenza dei ceppi protecnologici nei burger è stata valutata mediante semina in piastra (spatolamento su MRS agar) e monitoraggio molecolare utilizzando una metodologia basata sulla identificazione dei singoli ceppi mediante il confronto di pattern ceppo-specifici ottenuti mediante REP-PCR e successiva elettroforesi microfluidica miniaturizzata (Valerio et al, 2015) che ha permesso la quantificazione e l’identificazione dei ceppi inoculati al momento del confezionamento e dopo 5 giorni di frigoconservazione. Inoltre, in questa fase è stato monitorato il pH dei campioni e sono state svolte analisi sensoriali (scala 1-9 "limite di accettabilità" 5).

II) Formulazione e ottimizzazione del fish burger ready-to-cook. La necessità di migliorare le caratteristiche organolettiche dei burger, sia in termini di struttura, attraverso il conferimento di una maggiore consistenza, masticabilità e succosità, che in termini di miglioramento del sapore percepito ha previsto l’uso di specifiche sostanze (addensanti, aromi, spezie e coloranti di origine naturale) valutate singolarmente a diverse concentrazioni e in combinazione tra loro. Durante questa attività i campioni sono stati valutati attraverso sedute di analisi sensoriale condotte sui trasformati crudi e cotti.

III) Test di shelf-life su fish burger di tonno. Dopo aver valutato l’applicabilità dei ceppi LAB ne è stata valutata la capacità preservante mediante test di shelf-life su fish burger di tonno realizzati con la ricetta ottimale, confezionati in aria e stoccati per 15 giorni. I risultati di tale test hanno permesso di individuare il ceppo lattico (L. paracasei ITEM15479),

più promettente nella

preservazione del prodotto ittico. Per potenziarne l’effetto preservante esso è stato combinato con l’atmosfera modificata selezionata (95%CO2-5%O2) mediante test di shelf-life preliminari. Al fine di verificare l’efficacia bioprotettiva della migliore coltura LAB in condizioni MAP, i campioni di pesce sono stati analizzati monitorando il carico cellulare del ceppo inoculato, dei batteri mesofili aerobi e dei principali microorganismi di spoilage (SSO, Pseudomonas spp.). Inoltre, sono stati valutati i cambiamenti di pH, la qualità sensoriale, la qualità chimica mediante la determinazione dei composti volatili e effettuato il monitoraggio molecolare per l’identificazione e la quantificazione del ceppo inoculato. La shelf-life è stata calcolata come riportato da Conte et al., 2009.

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Esempio di burger di pesce prodotto nell’ambito della sperimentazione

Risultati e discussione I) Valutazione dell’applicabilità e selezione di almeno un ceppo o combinazione di ceppi idonei alla bio-preservazione del trasformato ittico fresco. I risultati di questa fase preliminare evidenziavano che i carichi cellulari delle 4 colture bioprotettive inoculate rimanevano costanti durante l’intero periodo di osservazione (5 giorni) e la popolazione microbica risultava pari a 108 UFC/g. Da questo primo screening, il ceppo L. rhamnosus non è risultato idoneo all’applicazione poiché i risultati dell’analisi molecolare denotavano la presenza di colture miste. Dall’analisi sensoriale risultava che i parametri di odore e colore si modificavano nel tempo raggiungendo il limite di accettabilità alla fine dei 5 giorni di frigoconservazione. Ciò ha reso necessaria la successiva fase di ottimizzazione della ricetta dei burger di pesce.

II) Formulazione e ottimizzazione del fish burger ready-to-cook. Per i burger a base di tonno sono stati individuati specifici ingredienti e sostanze strutturanti. In particolare, l’impiego di fecola e fiocchi di patate, olio extra-vergine di oliva, prezzemolo, rosmarino e curry ha permesso l’ottenimento di trasformati dal sapore bilanciato, armonico e particolarmente aromatico. I burger realizzati con la ricetta ottimale sono stati inoculati con il ceppo biopreservante al fine di verificarne la sopravvivenza anche in presenza di spezie che potevano interferire con la sua vitalità. La nuova formulazione non ha compromesso l’azione protettiva del ceppo lattico e i burger hanno raggiunto valori di accettabilità sensoriale compresi tra 7 e 8.

III) Test di shelf-life su fish burger di tonno. Lo screening dei 3 ceppi di LAB inoculati nei fish burger ha permesso di individuare in L. paracasei il ceppo più idoneo alla biopreservazione. Tale microrganismo più degli altri era capace di rallentare la crescita cellulare di alcuni alteranti come Pseudomonas spp.

La combinazione del ceppo biopreservante con l’atmosfera modificata costituiva la migliore strategia atta al prolungamento della shelf-life. I risultati dei test mostravano che il ceppo 67

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protecnologico L. paracasei manteneva titoli elevati (compresi tra 8 e 9 cicli logaritmici) per l’intero periodo di osservazione e la sua vitalità non subiva alterazioni in relazione al sistema impiegato per il confezionamento dei burger come riportato anche dalle indagini molecolari. Il ceppo biopreservante in combinazione con l’atmosfera modificata preservava il prodotto ittico dal punto di vista della qualità microbiologica, sensoriale e chimica. In particolare, L. paracasei era in grado di limitare lo sviluppo della carica batterica totale mesofila e delle pseudomonadaceae, tale effetto era potenziato dalla presenza della MAP. A titolo di esempio in Tab.1 sono riportati i carichi cellulari di tutti i gruppi microbici ricercati in burger di tonno. Dal punto di vista sensoriale i parametri di qualità considerati (colore, odore, consistenza, qualità globale) risultavano accettabili per un periodo di tempo più lungo rispetto ai campioni non trattati. I campioni presentavano cinetiche di sviluppo dei composti volatili responsabili dell’aroma varie e complesse essendo questi substrati sedi di attività microbiche e chimiche. I vari campioni mostravano un diverso profilo aromatico in relazione alla presenza o meno sia del ceppo che della MAP. In particolare, i campioni in cui la strategia era combinata mantenevano una composizione aromatica complessiva simile nel tempo fino alla fine del periodo di osservazione confermando che la strategia generava minori modificazioni organolettiche.

Tabella 1. Carichi microbici (log UFC/g) degli alteranti nei burger di tonno

Gruppo Microbico

Ctrl Air

Ctrl MAP

L. paracasei Air

L. paracasei MAP

CMT-Psicrofila

6.59±0.31

5.68±0.24

3.16±0.28

2.77±0.27

HSPB

2.33±0.58

2.33±0.58

2.33±0.58

2.33±0.58

PHAB

2.33±0.58

2.33±0.58

2.33±0.58

2.33±0.58

Pseudomonadaceae

6.66±0.11

5.64±0.14

3.41±0.36

2.33±0.58

Lieviti

5.29±0.49

2.33±0.58

4.60±0.14

2.33±0.58

Batteri Lattici

4.00±0.79

3.47±0.95

8.34±0.30

8.31±0.28

Conclusioni Il lavoro realizzato ha permesso di individuare un protocollo di produzione per la realizzazione di burger di pesce con una shelf-life prolungata. La strategia combinata ceppo biopreservante L. paracasei e MAP idonea risulta applicabile a diverse matrici ittiche. Infatti, risultati positivi sono stati raggiunti anche per fish burger realizzati con altre matrici ittiche come orata e sgombro adottando per ciascuna matrice una idonea formulazione in termini di ingredienti e un specifica miscela gassosa.

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Riferimenti bibliografici Conte, A., Scrocco, C., Brescia, I., Del Nobile, M.A. 2009. Packaging strategies to prolong the shelf life of minimally processed lampascioni (Muscari comosum). Journal of Food Engineering, 90, 199206.

Costa, C., Conte, A., Del Nobile, M.A. 2014. Effective preservation techniques to prolong the shelf life of ready-to-eat oysters.Journal of the Science of Food and Agriculture, 94, 2661-2667.

Danza, A., Conte, A., Del Nobile, M.A. 2017. Technological options to control quality of fish burgers.

Journal of Food Science and Technology. Accepted: 24 March 2017.

Valerio F., Lonigro S.L., Giribaldi M., Di Biase M., De Bellis P., Cavallarin L. , Lavermicocca P. 2015.

Probiotic Lactobacillus paracasei IMPC 2.1 strain delivered by ready-to-eat swordfish fillets colonizes the human gut after alternate-day supplementation. Journal of Functional Foods, 17, 468-475.

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7.2 BIOPRESERVAZIONE DI POLPETTE PANATE A BASE DI ORATA CONTE Amalia (1), LONIGRO Stella Lisa (2), LAVERMICOCCA Paola (2), VALERIO Francesca (2), BAVARO Anna Rita (2), PALERMO Carmen (1), CENTONZE Diego (1), LOGRIECO Antonio Francesco (2), DEL NOBILE Matteo Alessandro (1).

(1) Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell'Ambiente, Università degli Studi di Foggia - Via Napoli n. 25, 71121 Foggia, IT (2) Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) - Via Amendola n. 122/O, 70126 Bari, IT

Abstract La biopreservazione mediante l’impiego di colture protettive ha rappresentato un utile strumento per il miglioramento di alcune caratteristiche di trasformati ittici freschi rappresentati da polpette panate a base di orata. In particolare, si tratta di un ceppo selezionato di Lactobacillus paracasei (ITEM15479), capace di preservare soprattutto il colore del prodotto.

Introduzione La convenience del prodotto ittico e la sua durabilità rappresentano le due caratteristiche chiave per promuovere l’acquisto e allargare il mercato delle vendite. Per combinare queste due strategiche soluzioni nell’ambito del progetto si è voluta sperimentare la possibilità di sviluppare nuovi trasformati di pesce pronti a cottura, sfruttando la biopreservazone come tecnologia di preservazione in modo tale da sviluppare prodotti con una shelf-life adeguata alle esigenze di acquisto del consumatore moderno e quindi tale da competere con mercati di vendita non limitati a quello locale del luogo di produzione.

Materiali e metodi Preparazione trasformati di pesce panati. Per la preparazione dei trasformati panati sono stati utilizzati filetti freschi di orata (Sparus aurata), questi ultimi sono stati spellati a mano prima di essere macinati con un frullatore bilama. Al macinato di pesce sono stati aggiunti gli ingredienti aromatizzanti (prezzemolo, curry, rosmarino), il sale, la fecola, i fiocchi di patate e l’olio extravergine di oliva. La formulazione è stata studiata per ottenere un prodotto equilibrato e dal gusto gradevole. Il tutto è stato miscelato manualmente e al preparato è stata aggiunta la coltura di L. paracasei; per il campione controllo, all’impasto è stata aggiunta la stessa quantità di acqua sterile usata per l’attivo al fine di avere un umidità paragonabile tra i due campioni. Dal macinato di pesce condito sono state formate manualmente le polpette (Figura 1), queste sono state panate con farina di mais. Tutti i campioni, inoculati e non, sono stati confezionati in atmosfera ordinaria e conservati a 4° C.

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Sopravvivenza e influenza del ceppo biopreservante sulle proprietà del prodotto panato. I prodotti panati inoculati e non inoculati sono stati analizzati mediante semina in piastra, per spatolamento, su MRS agar per verificare la sopravvivenza del ceppo biopreservante e il suo effetto su alcune proprietà chimico-fisiche. Considerando da prove precedenti che la conservabilità di un trasformato ittico confezionato in aria si aggira in media tra i 7 e gli 8 giorni, sono stati presi come riferimento di analisi per il ceppo inoculato il tempo iniziale (t0), intermedio (t4) e finale (t7). Inoltre, al tempo zero è stato valutato anche il carico cellulare della coltura usata per la preparazione dell’inoculo. Sono state, quindi, selezionate le diluizioni contenenti 30-100 colonie ed inviate al CNR-ISPA per l’identificazione e la quantificazione del ceppo inoculato mediante una metodologia molecolare basata sulla identificazione dei singoli ceppi attraverso il confronto di pattern ceppospecifici ottenuti mediante REP-PCR e successiva elettroforesi microfluidica miniaturizzata (Valerio et al, 2015). Sono stati determinati anche la composizione gassosa dello spazio di testa delle confezioni, il pH e il colore valutando i seguenti parametri luminosità (L*); indici di verde (-a*) e di giallo (b*), differenza totale di colore (ΔE), chroma.

Esempio di polpette panate fresche a base di orata

Risultati e discussione La precoltura di L. paracasei usata per l’inoculo presentava un carico cellulare di 3,44x109 UFC/ml. In Figura 1 è riportata l’evoluzione dei carichi cellulari del ceppo biopreservante nei trasformati panati a base di orata. Dai dati si evince che il ceppo, inizialmente in fase di adattamento, presentava un valore di circa 7,5 Log UFC/g, mentre al t4 e t7 si osservava un leggero incremento pari a circa 8 e 8,5 Log UFC/g rispettivamente. Il ceppo, quindi, ha confermato la sua capacità di sopravvivenza anche quando inoculato in un preparato ittico diverso dal burger.

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Log UFC/g

10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 0

4 Tempo (gg)

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Figura 1. Evoluzione del ceppo biopreservante L. paracasei in trasformati panati a base di orata

La composizione gassosa delle confezioni era costante per entrambi i campioni analizzati fino al settimo giorno di stoccaggio ovvero non si riscontrava modificazione atmosferica rispetto all’aria.

Alla fine del periodo di osservazione si è evidenziato uno scostamento della concentrazione gassosa dall’atmosfera ordinaria con valori di O2 e CO2 pari a 18.7 e 3.2 per i panati inoculati e pari a 16.5 e 5.7 per i controlli. La riduzione di ossigeno e la maggiore presenza di anidride carbonica nelle confezioni non inoculate potrebbero essere indice del più rapido spoilage microbico di tali campioni. Tale dato confermerebbe la capacità biopreservante del ceppo lattico.

Per quanto riguarda le variazioni di colore si sono riscontrate notevoli differenze tra i campioni per tutti i parametri considerati. Dai valori numerici dei dati del colore i campioni inoculati mostravano un rilevante scostamento dai valori iniziali per tutti gli attributi colorimetrici, tuttavia, visivamente tali campioni erano più gradevoli dei controlli. Infatti, essi all’interno preservavano una colorazione gialla, dovuta alla presenza del curry, più brillante. I controlli erano più scuri all’interno e si osservava un maggiore imbrunimento delle spezie (Figura 2).

Controllo

Attivo

Figura 2. Sezione interna di polpette panate a base di orata

In riferimento ai controlli molecolari effettuati, l’analisi del profilo REP-PCR delle colonie isolate dai campioni ai vari tempi ha permesso di identificare e quantificare il ceppo inoculato. Al t0 in entrambe le repliche, sono stati visualizzati 2 profili REP di cui uno coincidente con quello del ceppo 72

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inoculato.. La concentrazione del ceppo biopreservante, calcolata sulla base del numero di colonie identificate in entrambe le repliche, rappresenta l’82% delle colonie di LAB analizzate al t0; ai tempi successivi ( t4 e t7) questa percentuale aumenta e il ceppo inoculato rappresenta il 100% delle colonie di LAB esaminate.

Conclusioni L’applicazione di colture biopreservanti (L. paracasei) nel trasformato panato a base di orata ha confermato che il ceppo selezionato è in grado di sopravvivere in condizioni refrigerate durante l’intero periodo di osservazione mantenendo elevata la sua concentrazione cellulare. Il prodotto inoculato manteneva un colore più gradevole del controllo.

Riferimenti bibliografici Costa, C., Conte, A., Del Nobile, M.A. 2014. Effective preservation techniques to prolong the shelf life of ready-to-eat oysters. Journal of the Science of Food and Agriculture, 94, 2661-2667.

Danza, A., Conte, A., Del Nobile, M.A. 2017. Technological options to control quality of fish burgers.

Journal of Food Science and Technology. Accepted: 24 March 2017.

Valerio F., Lonigro S.L., Giribaldi M., Di Biase M., De Bellis P., Cavallarin L., Lavermicocca P. 2015.

Probiotic Lactobacillus paracasei IMPC 2.1 strain delivered by ready-to-eat swordfish fillets colonizes the human gut after alternate-day supplementation. Journal of Functional Foods, 17, 468-475.

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