Jolly Club 1957-66

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1957 - 1966


Š Roberto Angiolini I° edizione maggio 2011 Vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale in qualsiasi formato digitale compreso

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Robero Angiolini

La Scuderia Jolly Club, negli anni dal 1957 al 1966

a

Mario Angiolini

eDizioni www.e-dizioni.it

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L O e

Nell’immediato dopoguerra la motorizzazione

rigini

italiana era molto carente e formata, per la maggior parte, da mezzi prodotti prima del 1940, in precario stato di manutenzione e con una diffusione molto limitata.

Per gli appassionati di motorismo, digiuni da un lustro di agonismo e di velocità, il

desiderio di correre era bruciante ma le ristrettezze economiche e la carenza di vetture si opponevano alla realizzazione dell’uso dell’auto idealizzata come una nuova prova della libertà conquistata in competizioni sportive.

Il poco automobilismo e motociclismo sportivo era legato alle potenti associazioni militari, uniche con qualche possibilità di accedere ai carburanti (contingentati) e con una qualche organizzazione in essere.

L’Associazione Autieri d’Italia, nata come raggruppamento interforze tra tutti coloro che avevano, in guerra, condotto un mezzo motorizzato di terra, aveva un gruppo sportivo che veniva aiutato a partecipare ai raduni, alle gare in salita e di regolarità.

Da sinistra : Il Generale in comando del corpo “Autieri d’Italia” con una giovanissima Renata Angiolini e con il Senatore De Unterrichter, primo presidente della C.S.A.I. Dietro di lui il socio sostenitore (oggi si direbbe sponsor) Emilio Prudenzano, industriaIe della plastica e promoter di una fortissima campionessa: Luisa Pozzoli.

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Per lo più si faceva un gran parlare della velocità di punta della propria Topolino Fiat

“pasticciata’ da meccanici ex militari, per esempio Virgilio Conrero (a destra nella foto assieme a Juan Manuel Fangio e Paolo De Leonibus) era motorista della regia aviazione . 5


E’anche grazie alla passione di questi reduci se l’automobilismo italiano si riprese

velocemente dopo la guerra accettando anche la presenza del “Gentil sesso”, con intuizione molto moderna per i tempi.

L’avvento della motorizzazione di massa, a metà degli anni 50, sorprese la Scuderia

Autieri impreparata, avendo comunque mantenuto un carattere elitario ed una struttura più ricreativa che “professionale”, essa era restia ad allargare i programmi, coinvolgendosi con le fabbriche di automobili ed aprendo la possibilità di associare giovani che non avevano fatto parte delle forze armate.

Così

nel 1956 gruppi di piloti si staccarono dalla Scuderia Autieri fondando organizzazioni nuove e specializzate.

Quelli delle vetture di formula in massima parte si riunirono sotto i colori della Scuderia Madunina, con a capo il combattivo Marcello Giambertone.

Quelli che correvano con i prototipi e con vetture Gran Turismo si ritrovarono sotto la bandiera della scuderia Sant’Ambreus, il cui capo assoluto era Eugenio Dragoni.

Quelli che partecipavano alle gare di regolarità, ai rallies, ed alle competizioni per vetture Turismo, passarono al Jolly Club, guidato da Mario Angiolini.

In basso, da sinistra: Ottavio Picchio e Signora, Eugenio Dragoni, Mario Angiolini (Picchio fu campione dell’Aci di Alessandria nel ‘58).

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“Nobiltà Milanese nell’automobilismo sportivo degli anni 50” Da sinistra: La contessa ed il conte Besana, Mario Angiolini, l’Architetto Renato Bazzoni, fondatore e compianto presidente di Italia Nostra ed il conte Giovanni Lurani Cernuschi, tutti uniti dalla passione per le corse.

In basso, da sinistra: Alberto Ascari, il giornalista Emilio De Martino, l’alfista Guidotti.

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D a notare che alla prima “SuperCortemaggiore�, gara dell’Agip, si erano iscritti oltre 900 partecipanti.

Le vetture usate erano improbabili come vetture da corsa!

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A lcune erano proprio bruttine

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a ce ne erano anche di bellissime, vere regine, oggi ricercatissime dai collezionisti di auto storiche.

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E rano artigianali, diverse una dall’altra! Le carrozzerie erano di alluminio battuto a mano, verniciate in officina e solo del colore rosso nazionale, senza pubblicità.

S i trattava di vetture creative e fantastiche, anche se questo sperimentare in casa è costato la vita a più di un pilota.

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V i erano anche vetture Gran Turismo, moderne e futuribili.

E

cco la prova della grande partecipazione alle gare: qui passa il concorrente n. 1156.

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P er Mario Angiolini il futuro dell’automobilismo sarebbe passato per nuove formule di gare a costi contenuti, con regolamenti che consentissero a tutti di competere, con la vettura di tutti i giorni e poche modifiche.

F are dell’automobilismo uno sport di massa era la massima aspirazione di questo manipolo di appassionati, e, per arrivarci, coinvolsero le case automobilistiche facendo in modo che publicizzassero le prestazioni sportive del loro prodotto.

P rima fra tutte l’Alfa Romeo, con cui si era creato un Filo diretto grazie al Rag. Mario Bernasconi, capo della pubblicità dell’Alfa e primo presidente del Jolly Club ed al geometra Claudio Mariani, difensore in armi dello stabilimento di Arese dalla rappresaglia tedesca e forte azionista della società (fu il secondo presidente del Jolly Club).

E ssendo proibito apporre scritte sulle vetture si trattava di convincere le fabbriche che le corse garantivano la bontà del prodotto e che era giusto sostenerle.

È di questo periodo lo slogan dell’ALFA 1900: “la vettura della famiglia che vince le corse.

Imiol sogno di padre non

si realizzò mai compiutamente poiché molti interessi contrastanti e i molti sciocchi che si sono alternati ai vertici dell’automobilismo, hanno fatto sì che i costi siano sempre stati alti, ma con un impegno incrollabile è comunque riuscito a far accostare a questo sport un numero molto alto di praticanti che senza i suoi interventi, non avrebbero potuto permettersi di correre.

Q uesta entità neonata volendo partecipare e tutti i tipi di gare, volendo adattarsi rapidamente alle situazioni, prese il nome di una carta da gioco polivalente e si chiamò Jolly Club.

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La riproduzione del menĂš del Ristorante Giannino, Atto Costitutivo della neonata Scuderia Automobilistica Jolly Club. Si possono riconoscer le ďŹ rme di molti che poi diventeranno importanti personaggi del Settore. 13


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F ederico Muller, uno dei soci fondatori e primo Direttore Sportivo della Scuderia, prima con lo stemma della Scuderia Autieri, e successivamente con quello del Jolly Club.

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L’evolversi del logo della Scuderia Jolly Club.

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La Nascita del Jolly Club (Roberto Angiolini)

Vi posso parlare di questo evento solo rivivendolo nei ricordi di un

ragazzino di 11 anni, che da sempre aveva condiviso ed anche un po’ subìto, la passione per le corse in automobile dei suoi genitori.

In effetti era dal 1950 che mia madre e mio padre scomparivano il sa-

bato e la domenica per partecipare alle competizioni con vetture diverse da quelle che ogni tanto vedevo passare.

Correvano con una Volkswagen che filava a 130 km l’ora ed il babbo

arrivò un giorno con un mostro di alluminio argenteo che si chiamava Carrera, toccava i 200, era rumorosa da far dolere i timpani e odorava di ricino bruciato.

Profumo inebriante quello degli oli ricinati, non so dirvi se le corse

mi piacessero di più’ per l’odore o per il rumore, fatto sta che cominciai ad andare a Monza la domenica con i miei e scoprii che molti figli di piloti passavano le feste dentro il parco dell’autodromo. Mi innamorai della figlia dei Nicosia, altra famiglia di piloti ed il gioco fu fatto, addio calcio ed evviva il ricino combusto.

Rimpiango ancora l’odore degli oli ricinati e, secondo me, dalla loro scomparsa, l’automobilismo ha perduto uno spicchio del suo fascino, come se Marylin non avesse avuto la sua goccia di Chanel N°5.

Ma torniamo al febbraio 1957 quando al termine di una riunione

conviviale, nel ristorante Giannino, sul retro di un menu’, 20 appassionati si impegnarono a costituire un gruppo sportivo automobilistico e a deciderne il regolamento . Mario Angiolini fu incaricato di “promuovere legalmente gli atti relativi”.

Mi piacerebbe ricodarli tutti, perchè alcuni furono oggettivamente

parte della mia famiglia e perchè il loro impegno fece in maniera che il “gruppo sportivo” si tramutasse in pochi anni nella più’ numerosa e articolata scuderia d’Europa e forse del Mondo.

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Maria Teresa Meneghelli Conduttrice veloce e aggressiva, corse con molte vetture, dalla Giulietta alle Fiat e alle Lancia, con grandi successi sportivi. Mise scompiglio nell’ambiente sia perchè era una affascinante giovane donna che spesso primeggiava sugli uomini, sia perchè accentuava la differenza indossando pantaloncini cortissimi prima che arrivasse la moda delle minigonne. Jolande Convert Notissima campionessa francese che apriva la strada alla vocazione di internazionalità della giovane associazione. Renata Angiolini Con la sua apparente dolcezza era caparbia e motivata a vincere come poche pilotesse che io abbia conosciuto, lavorava nella sua ditta di confezioni anche di notte per poter andare a correre o a provare le gare. Vinse molto, spesso davanti a piloti affermati come Dante Salvai, che sostennero sempre, con cavalleria, le sue capacità e le restarono amici per tutta la vita. Mario Bernasconi il primo e l’ultimo Presidente della scuderia, lasciò per alcuni anni la carica di presidente, per incompatibilità con le sue responsabilità in Alfa Romeo al suo amico Claudio Mariani, per tornare poi al suo posto quando quest’ultimo sfortunatamente mancò . Sono stati due grandissimi presidenti e due persone stupende della cui conoscenza non posso che essere orgoglioso.

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Guglielmo Federico Muller Anima dell’organizzazione della scuderia, pilota e poi copilota di rally, fu il primo vero amico adulto che ebbi e mi aiutò a maturare. Incredibile esperto di regolamenti e vera nemesi per i commissari disattenti e per gli avversari irregolari. Primo Lavizzari Professore e perito del tribunale detto “il commendatorone “ per la sua imponenza fisica in assoluto contrasto con il tratto gentile e la grande comprensione per le difficoltà degli altri. Fu subito il Vicepresidente della scuderia ed il” confessore” di molti giovani soci. Giovanni Besana Conte di nascita e sportivo per vocazione, membro di una delle più’ note vecchie famiglie milanesi, dette, con la sua adesione ed il suo impegno, lustro alla nuova entità. Arnaldo e Mario Bongiasca Noti costruttori edili di Milano (costruirono anche la storica sede di via Turati 29) e abili piloti, particolarmente Mario, il fratello più’ giovane e meno impegnato nell’attività di famiglia, che ebbe successi notevoli sia correndo con il fratello che da solo. Luigi Marsaglia Un computer ante Iitteram, capace di spaccare il centesimo nei tratti di regolarità come di impressionare in quelli veloci. Vincitore del Campionato Italiano Regolarità e sempre protagonista in corsa. Renato Bazzoni Giovane architetto e corridore, molto legato al Club ed alla mia famiglia, divenne presidente di Italia Nostra, a lui si devono molti restauri di insigni monumenti oltre alla realizzazione del palazzo del Comune di Milano in via M.Gioia. 19


Sandro e Giacomo Zocchi Ramazzi Il primo giovane velocista che restò fedele al Jolly per tutta la sua militanza nell’automobilismo sportivo, immaturamente scomparso in gara. Mario Dini Correva nel settore velocità sulle strade che lui stesso costruiva. Che fosse un vantaggio? Guglielmo Milesi Industriale delle vernici, appassionato di automobilismo, sostenitore sincero della associazione, simpatico compagno di trasferte agonistiche. Attilio Neri Importante commerciante di petrolio, sostenne il Jolly in vari modi, oggi nei capannoni della sede originale è ubicato il Motor Jolly di Ruggero Bernardi. Mario Risetti Pilota di ottimo livello, correva in pista con la Fiat 600 e, pur essendo molto alto, riusciva ad ottenere una comoda posizione di guida come ben appresero i suoi avversari Antonio Valla, Francesco Riva, Attilio Mozzati e Lino Franceschetti, Soci sostenitori, il corrispondente di allora degli sponsor. Questa particolare figura di sportivo è caratteristica dell’automobilismo e, senza l’aiuto organizzativo ed economico di questi tifosi, molti campioni non avrebbero potuto emergere.

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A tutti un sentito grazie.

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Alessandro Fiorio, Responsabile della Pubblicità e del Marketing della Lancia con il figlio Cesare, futuro Direttore Sortivo del Gruppo Fiat.

Da sinistra: La Medaglia d’oro al valor militare Luigi Bertet presidente dell’ACI Milano, Alessandro Fiorio, Renata Angiolini, Aldo Morgantini.

A lato, da sinistra: Federico Muller, Segretario del Jolly Club Mario Bernasconi, il Presidente, e Mario Angiolini, anima della Scuderia.

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Sotto, da sinistra: Castoldi, il mitico “Zio Peppino�, Cesare Fiorio, Mario Angiolini.

Sopra, a sinistra: Claudio Mariani, secondo Presidente del Jolly Club.

Premiazione Campionato 1958 - Si riconoscono Maria Teresa Meneghelli (2.a da sinix) Sergio Bettoja, il Presidente CSAI De Urrichterr, e, ultimi a destra, il Presidente Jolly Club Mario Bernasconi e la campionessa Ada Pace.

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L’uomo,

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le sue speranze per l ’automobilismo,

Arnaldo Cavallari ed Ermanno Ruboli, si confessano con Mario Angiolini.

le innovazioni

Per molti che lo hanno conosciuto, è rimasto un mitico demiurgo che plasmava e reinventava il malandato sport dell’auto, in un paese che aveva perso la guerra ma che cercava di affermarsi industrialmente con grande tenacia e che non temeva il confronto con le altre nazioni, forte di una tradizione automobilistica di eccellenza.

Come lui lottavano per questo scopo altri grandi appassionati di quel periodo, da Dragoni a Giambertone, da Mimmo Dei a Luigi Tabaton, da Elio Zagato a Dore Leto di Priolo, mentre caso a parte era quello di Enzo Ferrari che, sia pure con il sostegno di molti di coloro che abbiamo menzionato, era più coinvolto in sede internazionale che nazionale.

Era un leader naturale,

duro come gli acciai speciali delle cammes, che per inciso si chiamavano stelliti, eppure disponibile con tutti, combattivo, tenace e intransigente.

Non aveva alcun timore a

criticare duramente l’autorità sportiva e coloro che traevano vantaggi dalla propria posizione di potere (succedeva anche allora) senza perseguire l’interesse dello sport dell’automobile. 24


Un suo motto era :”se ti vergogni a dire qualcosa in pubblico probabilmente sarà

una cosa vergognosa” e quindi non temeva la trasparenza delle scelte tecniche e sportive e delle motivazioni che le avevano determinate.

Il suo carattere derivava dalle sue esperienze e dalla vita avventurosa.

Era, come molti altri personaggi diventati poi famosi a Milano, un ex Martinitt, cioè un allievo del più prestigioso e noto orfanotrofio di Milano avendo perduto il padre in tenerissima età.

Diplomatosi geometra, era partito volontario nel 7° bersaglieri per l’Africa, dove

fu ferito e decorato una prima volta quando l’Africa Corp prese la città di Tobruk e poi di nuovo ferito una seconda volta e molto più gravemente nel ‘41, ridecorato, questa volta da Rommel e rimpatriato con una ulteriore medaglia da grande invalido di guerra.

Questa ultima ferita minò gravemente il suo fisico e gli lasciò dolori fortissimi

per tutta la vita, eppure correva in auto vincendo, nuotava e aveva persino trovato il modo per giocare a tennis senza sfigurare.

Aveva i migliori amici tra i suoi avversari che ne apprezzavano la franchezza, lo spirito di iniziativa e la grande disponibilità umana. In una gara per vetture turismo, una “Coppa Carri “a Monza, conduceva con alcuni secondi di vantaggio dopo essere stato in testa tutta la gara; durante un doppiaggio, un sasso alzato dal doppiato, gli ruppe il cristallo anteriore, costringendolo ad un rallentamento. Per liberarsene colpì ciò che rimaneva con un pugno (i cristalli non erano stratificati), restando lievemente ferito alla mano dalle schegge di vetro.

Ovviamente, senza il parabrezza la vettura risultava rallentata e fu raggiunta da

quella di Cochetti, uno dei migliori conduttori di quei tempi, che gareggiava per un’altra scuderia ed era in procinto di vincere un ennesimo campionato Italiano .

Avvedutosi che Angiolini era senza parabrezza e che questo era il motivo del rallentamento, lo affiancò accompagnandolo al traguardo senza superarlo per non rischiare di colpirlo con altri sassi, ma in più lo lasciò vincere, considerando che l’avesse meritato ed applicando una regola di cavalleria che oggi sarebbe improponibile.

Il ricordo della semplice nobiltà di rapporto e di rispetto degli avversari che questo gesto sottintende, mi fa ancora effetto: un sottile rimpianto di valori sopiti che andrebbero riscoperti. 25


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Con Dragoni, potente direttore sportivo della Ferrari, con Giambertone, manager

di Fangio, con Leto di Priolo, leader della Scuderia Ambrosiana e con Zagato, erano battaglie vere, senza esclusione di colpi tra la visione di sport d’eccellenza di costoro e quella di sport di massa di Angiolini, salvo poi andare insieme ogni anno a Montecatini a bere acque terapeutiche e giocare a carte.

Rimase la memoria di una partita in cui invece del denaro giocarono prodotti delle proprie aziende e per burla Leto di Priolo recapitò sotto casa di Angiolini un tornio lineare da industria insistendo che, debito di gioco debito d’onore, dovesse essere consegnato al secondo piano in casa del vincitore.

Il legame tra questi avversari era talmente forte che, dopo la scomparsa di Mario

Angiolini, fu chiusa la scuderia Santambreus e Dragoni chiese ai suoi di passare al Jolly Club di cui fu per alcuni anni prezioso e apprezzato consigliere, aiutando sia il figlio che la moglie del suo “nemico” a condurre la scuderia che cresceva sempre più’.

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Il rispetto degli avversari e la stima dei suoi piloti appare chiaramente dalla corrispndenza di cui riproduciamo qualche testimonianza.

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Come tanti altri grandi italiani dell’epoca (da Angelo Rizzoli ad Edoardo Bianchi) anche Mario Angiolini era orfano e deve la sua formazione alla benemerita Istituzione “I Martinitt” di Milano, cui fu riconoscente tutta la vita.

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Anche il legame personale con l’Ingegner Ferrari è sempre stato molto stretto e cordiale.

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Le Prime “Squadre Nazionali” Nell’ottica di rendere popolari e

accessibili le partecipazioni alle gare internazionali, l’Automobile Club d’Italia, l’Anfia ed il Jolly Club vararono un programma pluriennale di sostegno logistico - sportivo (ed economico) alle squadre nazionali.

Come per le Olimpiadi, anche per i

campionati europei vi era la volontà di selezionare i migliori piloti che tenessero alto l’onore ed il prestigio dell’Italia automobilistica e di presentare all’estero l’eccellenza del prodotto e delle capacità nazionali.

In questa visione (invero un po’ cen-

tralistica e autoritaria) solo coloro che la Csai designava potevano partecipare alle gare internazionali.

In un primo tempo ciascuno corre-

va con la propria vettura e i risultati lasciavano parecchio a desiderare poichè le squadre erano disomogenee e non sempre le elaborazioni erano adeguate.

Dopo una stagione di test però, grazie al successo del programma, l’Alfa Romeo e la Lancia nei rally e l’Alfa Romeo, la Fiat Abarth e la Lancia (anche Zagato) nella velocità turismo dettero prima il loro sostegno, poi si formarono squadre con solo una marca di auto.

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Questa è la squadra che partecipò al Rally di Wiesbaden, composta di 5 Alfa Romeo Giulietta 1300: fu la prima squadra ufficiale CSAI gestita dal Jolly Club, che confermò la sua vocazione internazionale assegnandone una ad un pilota tedesco (invito gli amici a segnalarmene il nome, che non ricordo).

Carlo Massagrande Campione Italiano Rally.

Nando Tecilla Renata Angiolini. In primo piano il pilota tedesco con l’amico Pino Simonetta, un pilastro della logistica del Jolly: era lui il pilota della bisarca. 35


La squadra nazionale Lancia al Rally di Finlandia.

Da sinistra: Antonio Ghini (attuale responsbile Relazioni Esterne della Ferrari Angelo Del Monte (diventerà Direttore Tecnico del Jolly, alias “Titanio Berillio” o Paky) Luigi Petri (allora ottimo pilota di F.3 poi presidente del Jolly Sub*) Guglielmo Federico Muller¨ (compianto Direttore Sportivo del Jolly Club fino al ‘77) Sandro Munari (primo italiano Campione del mondo Rally) Roberto Angiolini (chi scrive...) Giorgio Pianta (successivamente responsabile della Attività sportive del Gruppo Fiat) Luciano Lombardini (campione del mondo con Munari), perito poi in corsa Zeffirino “Ceo”Filippi (poi influente membro della Csai) Enzo Martoni (allora già campione italiano di Regolarità).

Era la prima partecipazione di italiani in Finlandia:

nonostante tanti futuri campioni fummo superati perfino ......dalle renne!

*Jolly Sub vinse sette volte il campionato del mondo di nuoto pinnato. 36


Le gloriose Giulia Quadrifoglio

al Rally del Portogallo:

la squadra vincente fu ricevuta dall ’ex Re Umberto di Savoia.

La squadra nazionale Alfa Romeo al Rally di Portogallo Da sinistra: Andrea De Adamich (vincitore della gara), Claudio Berselli, suo copilota, Ferdinando Tecilla, Pino Simonetta, Donatella De Adamich, Umberto di Savoia, Mario Angiolini.

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Le Due Squadre Alfa Romeo Da sinistra a destra, i piloti della squadra Rally: in alto Stefani, Zoia, Ferrarin e il maestro di tutti Arnaldo Cavallari; sotto, inginocchiati: Ossola e Lombardini.

Rally

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Velocità

Da sinistra a destra, i piloti della squadra Velocità: Baghetti, Munaron, De Adamich, Di Bona, Prinot e De Leonibus.

Alla “4 ore di Monza”,

Andrea De Adamich precede Withmore, con la Ford Cortina di Bood Speed.

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La squadra Jolly al Rally di Corsica:

si riconoscono a partire da Rossi (con gli occhiali neri), Marsiai, Varisco, Patria, Bussinello, Morgantini, XXXXX*, Mario Angiolini, Balzarini, YYYYYY*, Marengo e Pianta. (invito gli amici a segnarmi i nomi, che non ricordo).

Rally 40


Accucciati Piero Frescobaldi,

Marcello De Luca, Cesare Fiorio, dietro Dante Marengo, leader dello Sport Lancia, Piero Facetti (il mitico papà Facetti) e Mario Angiolini. A destra Kicco Cabella con (in tuta) “Ettore” il capo officina del preparatore Almo Bosato.

Piero Frescobaldi

al Nurburgring.

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Le Grandi Manifestazioni introdotte dal

Jolly Club

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Il

Mobil Gas

Economy Run

Si trattava di un singolare sistema di competere per il quale, stabilita la velocità

media minima da mantenersi, che era comunque impegnativa, vinceva chi consumava meno benzina.

Sembrerebbe una cosa semplice e invece era una specialità che richiedeva messe a punto perfette e specialisti agguerriti per consentire successi.

Vetture con grandi sofisticazioni di Almo Bosato e del “ Veloce”(Baggioli) fecero

oltre 20 km con un litro di carburante quando le vetture di serie consumavano un litro ogni 7/8 Km.

Con il passare del tempo si svolsero in tutta Europa gare con centinaia di iscritti e la prima edizione si chiamò con il vecchio nome della Mobil, che era appunto Mobilgas, per distinguerla dalla Mobiloil, che era la divisione lubrificanti.

Oltre ad Angiolini, uno dei maggiori sostenitori di questa nuova, e se ci pensate attualissima specialità, visti i costi del carburante, fu l’ing. Sivori che era responsabile dell’immagine della Mobil e che era Genovese, forse spinto dai propri natali a sollecitare il risparmio.

Si corse anche in pista con una formula che prendeva in considerazione sia il consumo che la velocità media.

Con questa soluzione fu sorprendente la prestazione dell’Alfa Zagato 2600 che a oltre 180 Km/h di media consumò solo un litro ogni 14 km.

Con la specializzazione si arrivò, con velocità media superiore ai 60 Km ora, a fare ben 28 km con un litro di carburante.

Tra le regole auree per consumare poco vi era la necessità di tenere i finestrini

chiusi in qualsiasi situazione (nessuno aveva ovviamente il condizionatore), non accendere le frecce, non frenare, accendere i fari solo se indispensabile, viaggiare sempre con la marcia più alta possibile, pigiare l’acceleratore come se sotto al pedale vi fosse un uovo da non rompere.

Infatti il pedale dell’acceleratore con sotto un uovo diventò il marchio della manifestazione.

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Tutte le marche di auto si cimentavano, anche le meno sportive, addirittura le piĂš signorili: in queste foto si vedono le due ammiraglie di Alfa e Lancia ....

e via per strada.... Oltre 2500 chilometri in giro per l’Italia.

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Prima conoscenza con Cesare Fiorio.

Cesare correva con la Lancia Appia Coupé preparata da Facetti per il campionato Italiano velocità. Era universitario e approfittava per fare anche il militare.

Rappresentava tutto ciò che avrebbe fatto felice un genitore: era educato mentre

io parlavo come uno scaricatore, era studioso e io una mezza frana, era riflessivo io sanguigno. Diventò il cocco di mio padre ed io, che avevo 15 anni, pativo il naturale paragone che mi vedeva soccombente.

Un fine settimana (allora non si usava dire weekend) in cui doveva correre a Monza, venne a dormire a casa nostra (di più: in camera mia! ... i giovani non avevano molti soldi).

Io, un po’ teppa e vittima degli odiosi paragoni, ero prevenuto con un ragazzo che non usava mai l’intercalare “cazzo”, intercalare allora talmente odiato dai genitori che mia madre mise una tassa di 100 lire su ogni parolaccia.

Siccome questo denaro era utilizzato per rifornire il bar della storica sede di via

Turati 19, l’intercalare in questione, che era il più gettonato, certo ha finanziato tutte le bevute - per lo più non alcoliche - dei 600 corridori (quelle alcoliche erano riservate ai sostenitori...).

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Credo che quella notte sia nata la nostra amicizia.

Scoprii un livello di intelligenza superiore alla media, un diverso modo di porsi, con gli stessi problemi miei, con la differenza che lui sapeva individuare gli obiettivi e perseguirli, mentre io non ne ero ancora capace.

Entrambi desideravamo scardinare un ambiente “vecchio” ed elitario: noi volevamo la nostra occasione e ci fummo simpatici nella nostra diversità. Lui tagliente nei giudizi e implacabile con coloro che gli facessero torto, io, che non rifuggivo da una bella scazzottata (il fratello di mia nonna paterna era stato campione italiano dei medio massimi e mi aveva insegnato i rudimenti della boxe) ma entrambi tetragoni (una sua parola) nelle amicizie, mai rinnegate, anche se a volte abbiamo avuto amici che ci hanno deluso.

Si sposò presto con Franca, storica fidanzata, bellissima ragazza prima e poi donna

affascinante. Cesare con il gentil sesso ha sempre avuto gran buon gusto e parecchio successo.

Alla morte di mio padre iniziammo uno stabile sodalizio in cui lui era la mente ed io il braccio. Mi ha insegnato “la mentalità vincente” necessaria per avere successo nella vita. La mattina dopo aver passato parte della notte a parlarmi, vinse la gara e il campionato Italiano e, da allora, tutte le sfide che sceglieva in campo automobilistico. Fino alla scelta Ferrari, cui ero contrario, anche se la sua direzione sportiva della Scuderia del Cavallino fu la migliore dopo molti anni.

Se fosse stato approvato il contratto siglato in Sardegna con Senna e Nannini,

avrebbe realizzato la miglior squadra possibile per quella stagione, ma l’opposizione della presidenza a favore di Prost, grande golfista e ancora ottimo pilota, ma a fine carriera, e lo sfortunato incidente di Nannini, vanificarono la tela da lui intelligentemente ordita.

Da quella prima conoscenza fino all’abbandono della Lancia e dei rally, fui avvantaggiato dalla confidenza che mi legava a Cesare e poi, se possibile, ancora di più ai suoi figli, particolarmente ad Alessandro, vincitore del mondiale rally con una mia vettura Delta Totip.

Non mi sono mai tolto il complesso (ma forse

era la verità) di avere a che fare con un fenomeno insuperabile, quindi mi sono impegnato per 30 anni, ho sempre cercato il suo apprezzamento e spero di essere stato all’altezza. 47


Il Rally dei Jolly Hotels dopo il I° anno diventerà

“Giro d’Italia” Approfittando dell’omonimia e del-

la distribuzione nelle varie Regioni d’Italia dei nuovi Alberghi della catena dei Jolly Hotels, Mario Angiolini si inventò una corsa a tappe che raggruppava le più importanti classiche delle gare in salita con gare sui vari circuiti italiani. Chiamò la prima edizione - quella del 1965 - “rally” nel senso di raduno e in seguito “giro d’Italia” per similitudine con quello ciclistico. La manifestazione ebbe grande successo per oltre un decennio; le immagini che seguono sono quelle della prima edizione, con Alfa e Lancia come marche più rappresentate.

Sergio Lipitzer, pilota già affermato, corse con il dilettante figlio del Capo, Roberto Angiolini. 48


Arnaldo Cavallari e Sandro Munari, facevano rispettivamente i circuiti stradali e le salite (Cavallari) e le prove in piste (Munari) .

Giancarlo Baghetti e Dino Di Bona, facevano rispettivamente i circuiti e le salite.

Teodoro Zeccoli e Enrico Pinto sulla terza Alfa ufďŹ ciale.

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Giancarlo Baghetti su GTA e Giorgio Pianta su Flavia Zagato, danzano ad Imola...

Alla ďŹ ne scendono dalle macchine a raccogliere applausi e cocci.

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Sandro Munari alla partenza sfoggia un curioso casco in stile “Star Treck”.... ...probabilmente subacqueo”.... visto che a Pergusa - circuito famoso per il laghetto delle anatre pensò bene di tuffarcisi!

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Ore

challenge Turismo La prima “4 0re del Jolly Club” fu organiz-

zata in previsione di un Challenge Europeo per vetture Turismo i cui promotori erano Willy Stenger, direttore del prestigioso circuito del Nurburgring, ed il Jolly.

Si cercarono nuove iniziative per svecchiare le gare e furono ingaggiate le Majorettes. La Fiat andava orgogliosa della sua 1500 e delle 850, e gradì il fatto di essere protagonista con tutti i suoi modelli a Monza.

A Monza fu anche girato un film a cui collaborò Rolly Cannara, che venne programmato in diverse sale cinematografiche e che ci piacerebbe poter mostrare per far notare la modernità e l’efficacia delle riprese.

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Fin dalla prima edizione di prova che si svolse a Monza sul circuito completo di sopraelevata, furono presenti le Squadre Ufficiali delle varie Marche: qui sopra quella dell’Abarth, con tra gli altri - Patria, Cella, Raffa, Merzario, “Matich, ” (Paolo Lado), Demetz e Trivellato. Era il 1964.

Tra le più importanti evoluzioni tecniche, ecco il primo “bocchettone” per il rifornimento rapido. 53


Il parco vetture della classe fino a 1000 era veramente nutrito. L’Abarth dominò per anni le varie edizioni.

...sempre lottando strenuamente con le Mini Cooper di Broadspeed....

Dopo questa sbandata il commento dell’Ing. Carlo Abarth fu: “Voi non pilota, tassista!”. È sempre stato dolce con i suoi piloti...

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Il primo vincitore della “4 ore” Demetz, portato in Abarth da un altro grande plota dell’epoca: Ernesto Prinot, suo compaesano. Da sinistra in primo piano si riconoscono: Paolo Moruzzi, Willy Löwinger, Elisabetta Tosi.

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Nel ‘61 nella categoria fino a 1600, vinse la Ford Cortina con Jhon Withmore, detto “sorriso”, per una sorta di ghigno che gli si stampava sul volto, dall’inizio alla fine della gara.


L’equipaggio De Leonibus - Cappio, vincitori della classe 3000, con Alfa Romeo 2600 coupé.

Dopo la prima edizione, lo “squadrone Alfa”, non si lasciò più sorprendere. In primo piano la quadrifoglio di Andrea De Adamich.

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L’Alfa si dimostrò imbattibile grazie alle preparazioni di Virgilio Conrero detto “il Mago” e di Carlo Chiti, detto “il Leone”.

Una vettura che pochi ricordano: la Flavia Zagato, qui affidata a Claudio Maglioli, inseguito dall’alfista Giancarlo Galimberti. 57


C C arlo

l ’ingegnere

hiti,

F ino al 1964 il Jolly Club gestiva le squadre sportive turismo dell’Alfa Romeo e il fatto che l’ing.Carlo Chiti, lasciata la Ferrari, ottenne dalla fabbrica l’incarico tecnico

per la sua Autodelta affinchè riaccostasse il marchio del Biscione alle grandi corse Automobilistiche, avrebbe potuto mettere a rischio il contratto del club con l’Alfa Romeo. Venendo dalla Formula 1 e dai Prototipi (biposto corsa sarebbe la dizione esatta) guardava le corse turismo e i rally con una certa sufficienza, ma aveva incontrato mio padre (me presente) stabilendo un accordo di collaborazione per gli sviluppi e le omologazioni delle vetture turismo in attesa di essere pronto per la futura Alfa 33 e per la Formula 1.

T utto della gloriosa squadra corse Alfa Romeo era stato abbandonato e bisognava rifondare il Team dei meccanici e degli ingegneri, fare i progetti, le prove: insomma,

un lavoro titanico che sarebbe durato qualche anno prima di poter essere operativo; quindi Chiti era interessato a far lavorare i meccanici che avrebbe scelto nelle corse, anche se minori, fino al completamento della squadra, già pensando di realizzare un modello più sportivo delle 1600 quadrifoglio: il GTA 1300 e 1600. Mio padre morì nel mese di maggio di quell’anno ed io, poco dopo, chiesi un appuntamento nella prima sede della Autodelta che era oggettivamente pessima, un ripiego in attesa della nuova ancora da finire e con una confusione assoluta, tipica dei geni che vorrebbero tutto pronto subito.

A ndai un po’ intimidito alle 15 da Carlo Chiti, soprannominato “il Leone”, sia per la sua imponenza che per il carattere molto deciso.

Aspettai seduto in una squallida e raffazzonata sala d’attesa per oltre 2 ore e confesso

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che già avevo un pessimo carattere anche a 21 anni. Finalmente mi ricevette e, guardandomi con aria infastidita dal dover ricevere un ragazzino esclamò: “ Ovvia, che vuole?”. Io con un sorriso raggiante gli risposi: “ Ingegnere volevo sapere quanto vuole per questa baracca di officina così la compero e non ne parliamo più”. Una sonora risata invece di un “vaffa....” e diventò il mio miglior amico e mentore.

E ra un genio, capace e creativo, le sue innovazioni erano eccezionali come l’effetto suolo o il ventilatore con cui vinse in F1 spiazzando tutti, tanto che si affrettarono a

vietarlo, il motore a sogliola della Subaru e una montagna di progetti in tutti i settori automobilistici che ne hanno caratterizzato la attività.

Inénventò perfino il modo, mai capito adottato, per evitare l’infiammarsi del carburante. Inoltre, in contrasto con la sua impressionante mole, era gentile e tenerissimo con gli animali, che raccattava randagi e spesso feriti, che curava amorevolmente e che gli restavano affezionati per tutta la vita e con i giovani che incuriosiva e motivava con la tecnica avvenieristica, tanto che spesso gli ho chiesto se non avrebbe voluto insegnare ingegneria meccanica.

Anche io sono rimasto affezionato a lui e alla sua fantastica moglie Lina, grande amica della mia, ( e vi garantisco personalmente che solo una mente eccezionalmente aperta e vivace poteva vivere accanto a quel vulcano di idee per oltre un trentennio.)

L a sua scomparsa è stata una perdita assoluta per lo sport automobilistico di cui ci si è accorti subito, anche perchè la sua era passione vera, non condizionata dal denaro, del quale non sentiva la necessità, ma solo dall’innovazione tecnica. (fece i motori da corsa Alfa ad alcool metilico, durante la crisi del petrolio, a sue spese e presentò una proposta di legge per l’uso dell’alcool al posto della benzina, una benzina “verde” oltre 30 anni prima della sua apparizione sul mercato!!)

N on tradì mai un amico e parlò sempre bene dell’ing. Ferrari an-

che se si erano separati professionalmente (non benissimo) dopo i successi del motore posteriore a “sogliola”, lasciandolo per qualche anno in difficoltà e non valorizzandone il lavoro, usando allora L’ing. Ferrari accreditare i meriti alla propria squadra e non alle persone. 59


Risorse

alla ricerca di

“Nuove idee per rendere accessibile l ’automobilismo sportivo”

La pubblicità sulle vetture era vietata, e questo escludeva dalla partecipazione attiva i meno abbienti. Salvo rarissimi casi, i piloti più dotati erano anche allora scarsi in risorse economiche. Sarebbero stati necessari, oltre a numerosi mecenati, altri apporti economici per far progredire i piloti.

Le autorità sportive consideravano irrinunciabile il di-

lettantismo nello sport e non ne apprezzavano la mercificazione attraverso l’apporto della pubblicità. D’altro canto la peculiarità dell’automobilismo è che non può essere praticato semplicemente usando un paio di scarpe ed un pallone: così era necessario eludere le regole dell’ACI, collegate a quelle del CONI, di cui è federazione riconosciuta.

Se la squadra, o l’associazione sportiva, o la scuderia

(tutti organismi previsti nelle regole del comitato olimpico) si fossero chiamati con il nome di un prodotto e con questo avessimo preso la licenza sportiva, nessuno avrebbe potuto impedirlo... Nacquero così il Jolly MobilClub, il Team Atkinson’s ed il Repsol Jolly, scuderie che a poco a poco ruppero il fronte dell’intransigenza.

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La squadra Atkinson Jolly Club era proprietaria di sei Renault Gordini ufficiali e lanciò giovani piloti come Sergio Barbasio, Alcide Paganelli e Gianni Vacca. Il suo copilota, anche lui di Cagliari, era Sandro Miglior, automatico l’irriverente gioco di parole: “Miglior - Vacca di Sardegna”. La squadra Repsol Jolly Club correva con le Lancia Fulvia HF : da sinistra si riconoscono Salvador Canellas, già noto campione di motociclismo, Eladio Doncell, futuro Presidente del Real Automobil Club de España, Alberto Ruiz Jmenez, più tardi campione europeo della montagna, Jaime Lazcano, noto cardiochirurgo spagnolo.

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Per coinvolgere le fabbriche di automobili, era neces-

sario dare visibilità al prodotto: quale miglior pubblicità delle prove di durata e relativi record di velocità nei lunghi percorsi?

Fu questa la geniale trovata di Mario Angiolini che,

supportato dalla BP, organizzò una massacrante prova di 50.000 chilometri sulla tratta Milano - Fiorenzuola - Somaglia, andata e ritorno senza fermate se non per rifornimento (appunto nell’area di servizio della BP a Somaglia).

Con questa prova - sponsorizzata dalla rivista Autorama - la Innocenti riuscì ad imporre sul mercato italiano la nuova IM3.

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Anche la Fiat riconobbe l’importanza dei record e l’Abarth, con i Piloti del

Jolly Club, realizzò per la marca torinese una prova di velocità sulla sopraelevata di Monza.

Ottenne tutti record di velocità da 1000 a 10.000 km.

Si riconoscono: Steimetz, Cattini, Selva, Gray, Cella, Simonetta, De Leonibus, Varisco e Poltronieri.

La stessa macchina, e lo stesso pilota...

A sinistra in versione “famiglia” Mario Mannucci accompagna in gita la moglie Ariella Pangaro.

La stessa Fulvia, a destra, sarà al 1° RALLYE dell’ISOLA D’ELBA, dove vinse Cavallari con un’altra 1.3 HF del Jolly e dove Mario Mannucci e Bruno Scabini giunsero 6° assoluti.

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Tutti i soci dopo la partecipazione alla quinta gara nell’arco dell’anno, avevano

diritto ad uno sconto dal 25% fino al 30 % sull’accquisto della vettura utilizzata nelle corse, avevano diritto ad uno sconto del 50% sui pneumatici Pirelli e Kleber, la benzina aveva uno sconto del 20% ed era in omaggio quella utilizzata nelle corse e relative prove (ne ricevemmo inizialmente20.000 litri all’anno, fino ad arrivare a 100.000).

Il Club riconosceva ai Piloti 30.000 lire a partecipazione, più 100.000 per ogni vittoria, 50.000 per il 2° posto e 30.000 per il terzo.

Ogni campionato, Trofeo o Challenge vinto veniva premiato con 1.000.000 di lire

(per rendersi conto dell’entità della cifra basti considerare che una Lancia Fulvia HF costava ad un socio Jolly 2.500.000 ed il primo anno dalla sua uscita ne comprammo 400!)

Grazie a questi incentivi poterono correre molti ragazzi bravi ed appassionati che non potevano contare sull’aiuto di una ricca famiglia. Nel dicembre 1963 il Jolly, nato solo 6 anni prima, festeggiò le 1000 vittorie.

Allora, per omologare alle corse una vettura era obbligatorio costruirne 1000 per la categoria Granturismo e 5000 per il Turismo: la direzione commerciale della Lancia non prevedeva di potere vendere così tante “fuoriserie”, sicché, con l’incoscienza della gioventù, Cesare Fiorio, il Jolly Club e la scuderia Grifone si impegnarono a ritirare l’invenduto a fine stagione.

Non solo si vendettero tutte, ma fu necessario metterne in produzione un’altra

serie da 1000, perché erano richiestissime dal mercato, proprio grazie agli ottimi risultati sportivi.

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Da

M

ario

Dopo 15 anni di rapporti idilliaci iniziò una fase conflittuale di ribellione tra me e mio padre che in parte derivava dall’insofferenza per l’esclusivo collegio Leone XIII che frequentavo insieme ai rampolli delle famiglie bene di Milano, in parte dalla infantile convinzione di vivere in un mondo di sciocchi e di non esserne capito. Finché mio padre mi disse che se ero così dotato e maturo lo dimostrassi arrangiandomi da solo.

Così nel giugno del 1961 andai a lavorare nella ditta di cartellonistica pubblicitaria

“Artes” e ad agosto mi trasferii a Fossano in pensione alla Spada Reale che era della suocera di Federico Muller, l’uomo che più mi aiutò nella fase di ribellione adoscenziale, e lavorai alla decorazione della cartellonistica della Olivetti sull’autostrada Fossano Savona che si stava costruendo. Mi iscrissi ad un biennio 2a e 3a liceo scientifico privatamente, per orgoglio e per l’ansia di dimostrare di essere il più intelligente del mondo!!. Malgrado non lo fossi, passai il biennio a giugno con successo ….tornai a casa avendo 17 anni, avendo capito che lavorare, impegnarsi ed essere solo non è bello né intelligente: stavo benissimo con i miei!

Da allora, sino alla fine, il rapporto con mio padre diventò eccezionale, un amico,

un complice, un estimatore, insomma un punto di riferimento. Iniziai a correre in auto al Rally di Vigo del ‘63, con lusinghieri risultati; progredii sia in velocità che nei rally, credo con soddisfazione di mio padre, anche se non ebbi mai una vettura ufficiale del Jolly Club, ma solo di altri o private. Nel ‘66 avevo accordi con Renault Gordini per i rally e Lancia Facetti per la velocità. Guadagnavo 50.000 lire a partenza 500.000 a vittoria e 5.000.000 per campionato, più tutti i premi e gli ingaggi. Nel 1964 partecipai a 43 gare e guadagnai la cifra enorme di 25.000.000.(la Fiat 500 costava 460.000 lire) e questo so che lo inorgogliva.

Avevamo preso l’abitudine di incontrarci in giro per l’Europa facendo coincidere

l’ultimo tratto di ritorno: per esempio, mio padre era in Portogallo ed io correvo a Malaga, l’appuntamento era a Barcellona dove cenavamo al Botafumero o a Los Caracoles e poi, magari la mattina dopo, fatta serata, prendevamo l’aereo insieme per Milano. Quell’ultima volta io venivo da una premiazione Renault a Parigi e mio padre aveva una riunione di organizzatori a Vienna, così, rientrando in Italia, ci feci scalo per passare una serata con lui. Avevo con me lo Smoking che allora si usava nelle cerimonie ufficiali e mio padre mi portò a vivere una Vienna particolare: una cena memorabile in un castello con uno spettacolo hard che mi ricordo ancora a 45 anni di distanza, sembrava di essere in un film.

Al rientro in hotel mi disse che ci saremmo visti a Bari dove io avrei corso il Rally del Gargano 4 giorni dopo, avendo lui una riunione con l’Avv.Aleffi e altri direttori

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R

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Aci a Caltanissetta per determinare date e corse del campionato Italiano dell’anno succesivo; dopo la riunione mi avrebbe raggiunto a Bari. Fu l’ultimo incontro con mio padre.

Andai a Bari da Milano via strada con la vettura sul carrello e arrivai nel pomeriggio. Arnaldo Cavallari mi aspettava e mi disse che mio padre non poteva essere li perchè non stava tanto bene e che mi avrebbe dato notizie... ma raccontandomi la pietosa bugia non riusciva a trattenere il pianto. Caro Arnaldo, da quella volta ho realizzato che tu eri più di un bravissimo pilota che piangeva il suo manager e ti ho percepito come il fratello che non ho avuto.

Capii subito che era morto, lontano da casa, dai suoi piloti e dai sui cari.

Irrazionalmente scaricai la vettura da gara e partii per Caltanissetta malgrado tutti cercassero di fermarmi. Arrivai, dopo una corsa sfrenata di 12 ore, con la fievole speranza di trovarlo ancora vivo; alle 6 del mattino ero a Caltanissetta in albergo, dove trovai mia madre giunta da Milano nella notte con l’ultimo aereo e da lei seppi la verità: colui che nella mia mente era invincibile, il mio eroe, era morto. Non lo avevano fermato gli Alleati a Tobruk, le numerose ferite che lo avevano reso grande invalido di guerra, gli anni di prigionia e di ospedale, gli incidenti in auto, i continui dolori lancinanti, ma una ischemia subdola e fatale.

Mio padre non potendosi piegare, si toglieva le calze con i piedi, infilando l’alluce

nella calza sfilandola in questo curioso modo. Quando la cameriera entrò la mattina per rassettare la camera, lo trovò con il dito infilato nella calza e riferì questa inconsueta postura che per mia madre e per me però aveva un senso. Ci consolò sapere che la morte era stata immediata e quasi certamente indolore. L’Avv. Aleffi (poi diventato presidente dell’Aci), amico dei miei genitori, mise a disposizione la cappella di famiglia dove fu organizzata la camera ardente. Mia madre mi raccomandò di non piangere in pubblico che avremmo avuto tempo in privato e così feci.

Era tale lo shock che ho pochi ricordi dei giorni successivi e del funerale, anche

se ricordo di aver stretto una marea di mani, non tutte conosciute e di aver visto una decina di ragazzi con la mantellina nera in rappresentanza dei Martinit e alcuni reduci del 7° bersaglieri, credo suoi commilitoni, con il cappello piumato dei Bersaglieri: del suo reparto erano tornati in sette su tremila ed io ne conoscevo soltanto due. In seguito ci sarebbe stato tempo per piangere, anzi ci fu tutta una vita per rimpiangerlo. 67

Questi furono i miei giorni peggiori.


I Soci del

Jolly Club

Nel 1957 i soci del Jolly erano un centinaio nel 1967 erano 600 e quando presi il controllo del club erano circa 1000 corridori e circa 3000 simpatizzanti sparsi per l’Europa. Pagavano una tassa di iscrizione di 50.000 lire annue e la loro accettazione era soggetta al parere favorevole di una commissione di fondatori che respingeva con cortesia chi appariva non conforme allo spirito del club, per motivazioni errate con cui si avvicinava alle corse (molti erano influenzati dai fumetti e troppo aggressivi) o per cattiva educazione o palese inaffidabilità. (mitomania). Questa commissione poteva anche radiare un socio per comportamento antisportivo, anche se in 20 anni lo fece una sola volta.

Nel ‘63 vi erano già due generazioni di piloti: a sinistra Mario Baldrighi, a destra suo figlio Cesare con al centro Rodolfo Coscioni

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Nel 1977 fu deciso di non accettare nuovi soci ma scegliere chi invitare ad associarsi e di potenziare le squadre di professionisti. Il Jolly Club si sviluppò attraverso sedi distaccate sul territorio, ciascuna seguita da un fiduciario che interloquiva direttamente con lo staff dirigenziale formato da mia madre, Federico Muller, Paolo de Leonibus e da me.

Giulio Besulli, detto l’indistruttibile, indimenticabile amico

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Gianni Balzarini detto “Maria” , dopo il ribaltamento su un ...vespasiano, al circuito cittadino di Budaspest; la vettura andò a podio così modificata


Il Conte Capra a destra, con Paolo De Leonibus. Campione di longevità fu l’unico pilota a gareggiare con tre generazioni di piloti 70


Leo Cella, io, Mario Mannucci e i meccanici Podda e “Scintilla�

Luigi Petri, caro amico, campione italiano di F.3 e presidente del Jolly Sub

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Alcide Paganelli ed Elios Zappella, al Rally di Sanremo Luciano Lombardini al Rally Alpi Orientali 1966

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Leo Pittoni, tra me e mia madre, che per il Jolly corse con tutte le vetture possibili... avrebbe corso anche a piedi, se necessario, tanta era la sua passione

A destra Fabrizia Pons, con la sua copilota Gabriella Zappia. Alle loro spalle Renata Angiolini, il Presidente ANCAI Comm. Spotorno, Primo Lavizzari e Paolo De leonibus 73


Alberto Cambieri

Galimberti

Corrad Manfred Giorgio Pianta

Una rappresentativa “calcistica� del Club: tra gli altri (e Alberto Cambieri, Gal Giorgio P Corrado Manfred

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Mario Poltronieri

do dini

Geki Russo

e mi scuso con quelli dei quali non ricordo pi첫 il nome): limberti, Poltronieri , Pianta. dini Geki Russo

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Arnaldo Bernacchini

Giampiero Raffa

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Antonio Ghini

Dino di B

Un’altra squadra di calcio del Club: tra gli altri (e mi riscuso con quelli dei quali non rico Ildefonso Torriani, Antonio Ghi

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Guffanti,

Ildefonso Torriani

Paolo de Leonibus

Luigi Petri

Bona

ordo pi첫 il nome): Giampiero Raffa, Arnaldo Bernacchini, Paolo de Leonibus, Guffanti, ini, Dino Di Bona, Luigi Petri

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Gianni Besozzi, e Sandro Brusati “Blu” Il Principe Cristiano Del Balzo “Gero” nel giorno sbagliato per una “cabrio”

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Ignazio Giunti alle prime gare Dante Salvaj e Arnaldo Cavallari con mia madre

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Un particolare capitoletto desidero dedicarlo ad Andrea de Adamich, non perchè fosse meglio di altri grandi del Jolly ai tempi di mio padre, da Munari a Giunti a Cella o a Cavallari e altri, ma per la sua parabola di rapporto con il Boss Mario. Fu subito un suo pupillo, coccolato e spinto in ogni tipo di gara. Gli finanziò il F3 con cui vinse il Campionato Italiano. Era il pilota ideale per una squadra “privata”, non era istintivo e esplosivo come altri, ma più tecnico e intelligente e...non sbatteva o rompeva vetture. In pochi anni divenne la prima guida del team Jolly Alfa e vinse tutto, dai Rally alle gare del Challange Europeo Turismo.... sino al Nurgburgring dove avvenne il “fattaccio”. Come sempre le vetture erano tutte uguali, ma la più uguale era per lui. A fine del primo turno di prove Dino Di Bona, un ottimo pilota un po’ più avanti con gli anni e senza ambizioni professionistiche, segnò un tempo di pochissimo migliore del suo (al vecchio Nurgburgring di 27 km stradali la differenza di 1” era nulla). Andrea, che non considerava Di Bona un possibile avversario, pretese di invertire le auto e di partecipare al secondo turno a macchine invertite. Mio padre cercò di dissuaderlo innervosendosi per la richiesta inusuale e perentoria. Così accettò lo scambio di vetture (allora era possibile per lo stesso concorrente) ma si lasciò sfuggire uno stizzito “se non vai più forte sei fuori”. La voglia di dare una lezione a tutti e dimostrare (non serviva...) di essere il più forte tradì Andrea che prese 1” da Di Bona (questo era il racconto degli altri piloti....nè mio padre nè Andrea ne parlarono mai.) Ma da allora tutto il periodo al Jolly (26 vittorie) fu cancellato dai vari curricula di Andrea, e il nome di De Adamich non più pronunciato da mio padre.

Il carattere intransigente del vecchio, quello per cui ero andato via da casa a 16 anni, ebbero il sopravvento e Andrea passò dal Jolly alla Autodelta, con grande vantaggio per lui, ma secondo me mio padre fece un errore. 80


Io, invece, rimasi suo amico ed estimatore. Poco dopo presi le redini della scuderia e riallacciai la collaborazione. Lo seguii nei prototipi dal box Autodelta cui facevo da cronometrista e da quel momento camminò con le sue gambe ed ebbe successo. Dopo tre lustri feci correre Cora, sua bella e determinata ďŹ glia, restando sempre suo amico e fan. 81


Lella Lombardi,una campionessa fedelissima del club che credo non verrà eguagliata per capacità e professionismo. Una grande amica con cui mi è capitato di andare a caccia e, tirando contemporaneamente a un fagiano volato tra di noi, di scambiarci una fucilata abbattendo il fagiano ma prendendoci ciascuno i pallini dell’altro, fortunatamente ormai in caduta.

Corse in F3 , nei prototip, con le Alfa Romeo Turismo diventando Campione Europeo, e arrivò persino in F.1!! Insomma andava più forte di molti degli uomini pur gareggiando tra campioni.

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Federico Ormezzano, detto “tramezzino”, che contribuì non poco al mio “ingrassamento”...

Ignazio Giunti alle prime gare

Giuliano Faccetti, che non ha mai amato i rally - e si vedeva - assieme a mia mamma...

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In alto Merlotti, ai box in compagnia di mia madre e Paolo De Leonibus, in basso Pittoni-Brambilla sulla HF

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Piercarlo Borghesio, noto regista cinematografico e televisivo, con la figlia Anna, sposata a Mimmo Raimondi, pilota del Jolly e assicuratore del Club

Antonio Thellung, l’unico in grado di calcolare il millesimo di secondo, campione assoluto di regolarità 1966

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Tra gli altri Polese, Bonamigo, Maschietto, Stefanelli, C 86


Chicco Svizzero, Fregnani, Carlo Molin, Romanzioni... 87


1967 V Rias Bajas AR TZ 2 Paolo de Leonibus Jolly Club

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Jolly Sub Luigi Petri (presidente)

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iliate.

Jolly Club Milano Direttori sportivi dal 1966 a oggi Alberto Redaelli Enrico Vago Emilio Colzani Claudio Bortoletto Andrea Muller

Strutture tecniche

Scuderie collegate Sedi periferiche

Sedi Internazionali

Autosport Jolly

Ateneo Jolly Aldo BorzĂŹ Rafaele Restivo

Piave Jolly Giancalo Ronchi Patrizia Capuzzo

Jolly San Marino Beppe Muscioni Enzo Zafferani

Jolly Montevarchi Adolfo Nannini

Jolly Club Svizzera Aldo Pessina Franco Mosconi

Telai Angelo del Monte Vaemeniajolly Paolo Azzi Motor Jolly Propulsori Jolly moto Ruggero Bernardi Franco Mayr Jolly Adventure Raids e donne Maurizio Rossi

Junior Jolly Carlo Giani

Nord Jolly Jolly Blu Gianluigi Tavolaccini Motonautica Pietro Silva Angelo Torriani Jolly Formula Eliseo Bernini

Jolly Cesena Luigi Bartolini Jolly Bergamo Mary Vedovello Bruno Vedovello

Jolly Club G.B. Bob Wilkingson Jeanfrancois Mosnier Jolly Espagna Manuel Ortiz Tallo Juan Petisco Jolly Brasile Piero Gancia Emilio Zambello Jolly Usa Standford P. Darger

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Jolly Sub Luigi Petri (presidente)

notate gli stemmi del Jolly Club sui poggiatesta

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Jolly Club Milano Direttori sportivi dal 1966 a oggi Alberto Redaelli Enrico Vago Emilio Colzani Claudio Bortoletto Andrea Muller

Strutture tecniche

Scuderie collegate Sedi periferiche

Sedi Internazionali

Autosport Jolly

Ateneo Jolly Aldo BorzĂŹ Rafaele Restivo

Piave Jolly Giancalo Ronchi Patrizia Capuzzo

Jolly San Marino Beppe Muscioni Enzo Zafferani

Jolly Montevarchi Adolfo Nannini

Jolly Club Svizzera Aldo Pessina Franco Mosconi

Telai Angelo del Monte Vaemeniajolly Paolo Azzi Motor Jolly Propulsori Jolly moto Ruggero Bernardi Franco Mayr Jolly Adventure Raids e donne Maurizio Rossi Jolly Blu Motonautica Pietro Silva Angelo Torriani Jolly Formula Eliseo Bernini

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1966 Rallye das Camelias Manuel Pestana-Sanjurjo

Junior Jolly Carlo Giani Nord Jolly Gianluigi Tavolaccini

Jolly Cesena Luigi Bartolini Jolly Bergamo Mary Vedovello Bruno Vedovello

Jolly Club G.B. Bob Wilkingson Jeanfrancois Mosnier Jolly Espagna Manuel Ortiz Tallo Juan Petisco Jolly Brasile Piero Gancia Emilio Zambello Jolly Usa Standford P. Darger


1966 Rallye das Camelias Un giovanissimo Sanjurjo

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A questi appassionati si deve lo sviluppo del club che contava 2185 piloti e circa 5000 simpatizzanti. Anche per me è difficile una stima di quanti hanno militato sotto i colori del Jolly ma azzarderei la cifra di 40.000 in 50 anni…. un esercito! Non vi era nazione, città o paese in cui non ci si potesse rivolgere ad un consocio del Jolly che, con grande piacere, si sarebbe prestato ad aiutarti. Non vi era luogo dove andasse un socio a correre senza amici ad accoglierlo. Lo spirito di corpo, la disponibilità ed il piacere di parlare insieme della propria passione erano esaltanti. Cari Jollini vi ricordo tutti!! In questo libro dei primi 10 anni 57 /67 di molti non ho parlato perchè non avevo le immagini, è passato molto tempo, ma sarebbe bello se mi inviaste una foto significativa di ciascuno per una aggiunta al capitolo soci, una specie di elenco “dispersi”che vorrei stilare per non dimenticare nessuno. Il prossimo libro riguarderà gli anni dal 1967 al 1987 e sarà più facile poiché sono gli anni in cui ho diretto personalmente il club e ovviamente ho più materiale e memorie.

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Barbasio su Gordini

La prima bisarca

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Bonomelli, Pianta e Bernardi (io)

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Besozzi-Brusati a cofano aperto


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ngiolini

Non era passato nemmeno un mese dalla morte di mio padre, e il dolore era ancora

vivo assieme ad un sentimento di incredulità tra quelli che l’avevano conosciuto, che nell’associazione Jolly Club si scatenò la lotta per la successione. Probabilmente alcuni soci pensavano fosse impresa da cui tarre notorietà e guadagno non prendendo nemmeno in considerazione che potessi dirigerlo io ventunenne e nemmeno mia madre, vedova di 39 anni.

Così i probiviri convocarono in via Turati 29 (la sede era bellissima, un open space

di proprietà di mia madre e concesso al Jolly Club in comodato gratuito) per il pomeriggio del 30/6/1966 con l’ordine del giorno che prevedeva l’elezione del nuovo presidente, del segretario e del consiglio direttivo. Dal 6 di giugno alla riunione lessi tutta la corrispondenza di mio padre nei 10 anni precedenti, tutti i regolamenti e gli appunti per spiegare le ragioni per cui erano stati varati.

Inoltre essendo sempre stato abituato a leggere i bilanci e a ben valutare le cifre

rilevai che l’associazione aveva un debito (per vetture comperate e per finanziamenti e anticipazioni infruttiferi) con mio padre di 162.000.000 di lire (cifra enorme per allora, forse tutti gli utili prodotti dalla fabbrica di pigiami e camicie “Roby” fondata dai miei nel 1950, quando non avevano ancora una casa propria e vivevano dai miei nonni).

Mi rivolsi all’avvocato Masera dell’Inter chiedendo a Massimo Moratti mio compa-

gno di banco al Leone XXIII di farmi presentare da suo padre, il mitico Commendatore. Era uno dei pochi avvocati di Milano specializzato in diritto sportivo. Mi prese in simpatia e, facilitati dall’essere entrambi tifosi dell’Inter, studiammo una strategia difensiva del lavoro fatto e del denaro impegnato.

Vi erano due fazioni, una di pochi amici di famiglia (comprendeva il presidente

Mariani, il presidente onorario Bernasconi e 3 dei soci fondatori) che chiedeva una moratoria per documentarsi, l’altra, che univa i restanti soci fondatori e che voleva votare subito le nuove cariche, pensando che la mancanza di timoniere sarebbe stata peggio dell’avere un cattivo timoniere. Alla riunione del 30 giugno erano presenti 200 aventi diritto al voto.

Feci venire mia madre in gramaglie l’avvocato Masera fece da segretario dell’assemblea .

Intervennero una decina tra soci fondatori e piloti sino a che mi fu data la parola ed

96


io feci il più perfido discorso possibile: “Premesso che non si capisce l’urgenza di questa assemblea a un mese dalla morte del nostro leader,visto che i contratti per il 1966 sono già tutti firmati e funzionanti,inoltre ricordo ai probi viri che non appaiono affatto probi, dato che decidono di indire una assemblea in casa mia senza neppure chiedermi l’autorizzazione. Già che siete qui in 200 sarà più facile per tutti saldare il debito economico con mio padre che come da bilancio approvato è di lire 750.000 a testa che mi darete prima di uscire da questa sala gentilmente concessa al club ed alle ambizioni di alcuni. Forse sarà meglio rimandare tutto a settembre guardare bene la situazione e convocare l’assemblea in una sala dell’ACM o all’autodromo di Monza, visto che io, dovendo pagare le tasse di successione, sto pensando di vendere questo immobile. Siete tutti amici, credevo. Non ho sentito uno domandare se ci fossero problemi economici col club, se Mario Angiolini che vi ha finanziato tutti, per anni, avesse lasciato la sua famiglia e la sua azienda con difficoltà economiche. Ma vergognatevi.” Poi lasciai la sala e andai al bar.

L’Avvocato Masera riuscì a ridurre tutto ad una prima votazione sul rimandare a

settembre l’esame della situazione economica e le votazioni, confermando pro tempore gli organismi esistenti (presidenza, vicepresidenza e consiglieri) lasciando vacante la carica di segretario per due mesi o procedere al rinnovo delle cariche subito. Un po’ il caldo, un po’ la visione di mia madre, invero affranta, un po’ che effettivamente la tempistica della convocazione era sospetta e le votazioni erano palesi quindi si sarebbe visto chi era un amico e chi no, vinsero i favorevoli a rimandare, ma una ventina di soci votarono comunque per il rinnovo degli organi sociali.

Appena uscito dalla riunione andai dal notaio Piccaluga (un pilota e un amico) e

modificai una società che mio padre aveva fatto per intestare le vetture da corsa e la chiamai SCUDERIA JOLLY CLUB SaS di Roberto Angiolini e C, dove C era mia madre, registrai il marchio Jolly Club a nome di questa società, cedetti i crediti personali ereditati alla nuova società.

Come accomandatario avevo tutti i poteri e accomandante era mia mamma Renata.

Andai da tutti i fornitori e riscrissi i contratti come Scuderia Jolly Club sas e in due mesi tutti i piloti avevano trattato con me per vetture, ricambi, gomme, benzina, premi e contributi, iscrizioni, assistenza in gara e tutto ciò che serviva, avevo destinato due sere a settimana di riunione in sede, il lunedì per valutare ciò che era successo nel weekend ed il giovedì per fare i programmi.

Ero SEMPRE a disposizione sino alle 3 di notte e, con la vendita della fabbrica di

confezioni ebbi la liquidità per finanziare i piloti. A settembre convocarono l’assemblea ma intevennero solo una ventina di soci su 600 fu un vero flop e non decisaro alcunchè. Io, che allora ero vendicativo, mandai ai venti l’invito a iscriversi altrove e a non usare 97


mai più il marchio Jolly Club.

Durante il mese di settembre si varavano i budget per l’anno dopo e si trattava di

rinnovare i contratti per il 1967. Non ben conscio della mia età (21) e del fatto che ne dimostravo addirittura meno, mi recai dai massimi dirigenti delle case automobilistiche e di ricambi, con molta faccia tosta, poca esperienza e alcuni sogni.

Andai come primo appuntamento da Alessandro Fiorio (papà di Cesare) e potente

capo della pubblicità Lancia che mi aveva sempre dimostrato simpatia e che era buon amico di mio padre. Lui fu il primo che mi diede fiducia, probabilmente per la considerazione che la mela non cade mai troppo lontano dall’albero…..dimostrando con il suo comportamento dava una possibilità anche ai più giovani, che è quello che tutti professano ma nessuno in un Italia gerontocratica fa. Mi disse : “Ok ti rinnovo il contratto per un anno, addirittura con più premi, ma se non otterrai il successo che il Jolly ha ottenuto negli ultimi anni avrai finito con me”

Da allora ho avuto sempre a che fare con ragazzi di 18/20

anni è mi sono proposto di dare loro sempre fiducia ed una occasione sia con i piloti che con i tecnici, e non me ne sono mai pentito.

Con grande titubanza andai in seguito all’Alfa Romeo

dall’avv. Mazzi, (Amministratore Delegato) che non si fidava troppo di un ragazzino. Allora chiesi aiuto a Eugenio Dragoni che mi face da mentore, scrisse il nuovo contratto che prevedeva che tutto dipendesse dal numero di vittorie ottenute, l’avv. Mazzi lo firmò dubitando che fosse possibile raggiungere tanti successi.

Ma io avevo già individuato in Ignazio Giunti il pilota

che mi avrebbe fatto arrivare ai risultati e in ogni circuito o salita ingaggiavo per le seconde e terze vetture specialisti, che pochi espertissimi conoscevano e che davano risultati eclatanti come Colzani (cervel de plastica) a Monza (Teo) Zeccoli (collaudatore dell’Autodelta), Galimberti (Galimba) e altri nella velocità, poi Arnaldo Cavallari e Alfredo (topone) Fagnola nei Rally e avevo varato il reclutamento dei migliori piloti con Alfa Romeo sia italiani che stranieri.

Raggiungemmo tutti gli obbbiettivi e nel 1967 corsero per il Jolly 3.000 soci piloti.

Con il 1966 si è chiuso il ciclo del Jolly Club di Mario Angiolini ed è iniziato il mio.

Ho il rimpianto di non aver visto che cosa avremmo combinato lavorarando insieme, ma credo che sarebbe stato soddisfatto dai successi che il Jolly ottenne in quell’anno e nel successivi 45 . 98


Il Jolly Club era una famiglia: la festa di uno era la festa di tutti... Qui siamo al matrimonio di Alcide Paganelli con Paola Carello. da sinistra.. Trombotto, Mannucci, Barbasio, Bossetti, Nini Russo, la sposa, Ciano Oberti (un amico che purtroppo ci ha lasciato), Fausto Carello, lo sposo, Sodano, Maurizio Enrico, Perazio, Pinto, Maccaluso, Bernacchini, Cambiaghi, Massimo Faletti.

Sopra a sinistra sono con il potente Presidente della FIA Jean Balestre Sopra a destra sono tra Dubis e Pino Mariella Qui a ďŹ aco festeggiamo la vittoria del primo Rally Della Costa del Sol... da sinistra: De Leonibus, Facetti, Renata Angiolini, Danilo Marzona, io, Pino Mariella, Solcia ed il suo copilota. 99


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Un ringraziamento particolare va a mia mamma Renata, che mi ha sopportato facendomi da copilota

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Questo libro è disponibile in vari formati e versioni. sul sito ufficiale del Jollyclub www.jolly-club.it lo potete trovare sfogliabile on-line e ottenere in download come pdf sul sito www.ilmiolibro.it digitando di seguito separatamente “jolly” e “club” lo potete trovare in versione cartacea (in B/N e a colori, con copertina morbida o cartonata) Le stesse versioni a stampa le potete ordinare in tutte le librerie Feltrinelli

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Questo libro è in divenire...

I piloti sono invitati a redigere il capitolo del loro rapporto con il Jolly Club corredato di

foto e commenti, aneddoti e ciò che desiderano dire agli altri appassionati.

Questo libro è in divenire...

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