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A ttualitàIl movimento

14 L’autunno bollente della scuola...

L torno al centro del dibattito parlamentare del disegno di legge sull’autonomia scolastica. Un testo del 2008 a firma dell’onorevole Valentina Aprea (oggi assessore all’Occupazione e all’istruzione nella Regione Lombardia) che il mondo della scuola era già riuscito a “fermare” una volta e che a sorpresa è tornato all’ordine del giorno in commissione Cultura della Camera la scorsa estate.

Incubo “sponsor” La legge, emendata e modificata nei punti più controversi (come quello che pretendeva di trasformare le scuole in fondazioni), è stata approvata in commissione, in sede legislativa, lo scorso ottobre con i voti a favore di Pdl e Pd. Contrari la Lega e l’Italia dei valori. Così Pierfelice Zazzera (Idv), vicepresidente della commissione Cultura: “Il testo era in sonno e inspiegabilmente quest’estate gli è stata impressa un’accelerazione incredibile: non solo non si sono volute fare nuove

audizioni del mondo della scuola, ma nel voto finale non è stata nemmeno coinvolta l’aula. Il sospetto è che ci sia stato uno scambio: la presidenza della commissione alla Pd Monica Ghizzoni (in sostituzione della dimissionaria Aprea) in cambio dell’approvazione della legge”. Respinge con forza questo scenario Francesca Puglisi, responsabile scuola del Partito democratico: “Ma non scherziamo. La verità è che prima di lasciare, la Aprea voleva assolutamente far approvare il suo testo e se il Pd fosse sceso in piazza insieme all’Idv le scuole oggi sarebbero privatizzate, grazie ai voti di Pdl e Lega. Invece noi abbiamo lavorato per trasformare il testo originario e abbiamo ottenuto, per esempio, di stralciare la parte relativa al reclutamento: ricordo che il ddl Aprea prevedeva la chiamata diretta dei docenti da parte delle scuole”. Un salvataggio della scuola pubblica, dunque secondo il Pd. Eppure il rischio della privatizzazione è proprio quello che temono i docenti e gli studenti che il 10 novembre sono scesi in piazza assieme con lo slogan “Né servi, né clienti”. “Questa legge limita il diritto di

Trovare i soldi? Semplice Basta tagliare la ricerca

P

er rispettare i risparmi imposti dal dicastero dell’Economia, il ministro Profumo ha tentato all’inizio la via “insolita” dell’aumento da 18 a 24 delle ore di insegnamento dei professori della scuola secondaria. Con buona pace del contratto nazionale e per giunta a parità di stipendio. Naufragata quest’ipotesi, respinta seccamente da docenti e

Il Salvagente 22-29 novembre 2012

600 milioni

piano di risparmio in tre anni

182

milioni

risparmi nel 2013

60

milioni in 3 anni

taglio per i progetti di innovazione e ricerca scientifica e tecnologica (i fondi Prin e First)

noi studenti di dire la nostra, escludendoci dal consiglio d’istituto. In più permette di far arrivare i soldi dai privati: ma cosa vorranno questi signori in cambio dalla didattica?”, attacca Giuseppe Fiori, rappresentante del liceo Mameli di Roma nell’ambito della Consulta pro-

sindacati, il ministro non ha trovato niente di meglio che togliere i fondi alla ricerca: via 20 milioni l’anno (per tre anni) ai fondi Prin (Progetti di rilevante interesse nazionale) e First (Fondi di intervento per la ricerca scientifica e tecnologica) che servono a finanziare i bandi per gli investimenti nella ricerca scientifica di imprese e università. Tagli che, ovviamente, non sono piaciuti a Luigi Nicolais, presidente del Cnr: “L’Italia dovrebbe capire che si possono fare tagli su tutto, ma non sulla ricerca

che è elemento essenziale su cui si basa la crescita economica, culturale e sociale di ogni paese”. E ancora: “Ogni volta che c’è bisogno di reperire risorse si taglia la ricerca che invece dovrebbe rappresentare il principale investimento del paese e non si parla mai di patrimoniale. Obama nel discorso post elezione ha legato la forza degli Stati Uniti alla presenza delle università: forse dovremmo capire anche noi che questa è l’unica strada anche per dare occupazione e un futuro ai nostri giovani”.


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