Le donne occupano spazi

Le donne occupano spazi una lettura di genere nelle città di oggi

Autrice: Adele Maria Saita Relatrice Prof.ssa Elena Granata

« Per le donne che non mollano: siate sempre maledettamente difficili. »

Caroline Criado-Perez

Le donne occupano spazi Una lettura di genere nelle città di oggi

Women take up spaces A gender equality analysis of today’s cities

Indice 1. Una città ostile 1.1 Il mio corpo in città 1.2 Oltre al mio corpo: le esigenze delle donne 2. La città delle possibilità 2.1 Playgrounds 2.2 Sicurezza negli spazi pubblici 2.3 La città accessibile 3. La città equamente condivisa 3.1 Il suo volto 3.2 La città equamente condivisa è anche equamente amministrata

Conclusione

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Introduzione

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L’idea di questa tesi è nata durante una lezione di urbanistica del secondo anno, il professore Luca Gaeta, aveva spiegato perché nel programma trattassimo il contributo di una sola donna al sapere della disciplina. Il professore aveva ricordato di come le donne avessero avuto accesso al diritto allo studio con secoli di ritardo rispetto agli uomini e ancora più avanti avevano potuto ricoprire cariche per la gestione delle città. Il discorso aveva fatto insorgere in me diverse domande che poi sono state le scintille di vita di questo elaborato.

Se le città erano nate e cresciute sotto un mondo governato da uomini si poteva dire che esse erano create da uomini per uomini? Quanto l’esclusione delle donne in questo campo aveva modellato il volto delle città? E questo modello in che modo aveva influenzato e/o tutt’ora influenza la vita delle donne? Come spiega la sociologia urbana spazio e società sono materie strettamente legate che tra loro si influenzano e per questo sembra quasi natura-

le andare a ricercare risposte sulla disparità di genere anche nella materia urbana. A maggior ragione nell’epoca contemporanea dove la maggior parte della popolazione mondiale vive in città.

Caroline Criado Perez nel suo libro Invisibili parla del gender data gap: la mancanza di dati di genere.

L’assenza di informazioni della popolazione femminile è presente in tutti gli ambiti della cultura e l’urbanistica e l’architettura non ne sono esenti.

In cosa consiste questa mancanza di dati di genere? Si è notato come in tutti i campi, nel momento in cui si vanno ad analizzare diverse situazioni, si cada spesso nell’errore di considerare il maschile come universale invece di operare una distinzione tra l’esperienza maschile e quella femminile. Questa differenziazione non è malevola, non vuole inscatolare i ruoli, al contrario cerca di individuare i problemi che sostengono la disparità al fine di poter giungere ad una società più equa.

La tesi parte con l’individuare tali

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Introduzione

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Anche le donne vivono gli spazi, anche le donne occupano gli spazi e questa occupazione fisica deve diventare il memento per poter creare città equamente condivise.

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problematiche di genere iniziando dalla mia esperienza personale.

Ho trovato infatti che l’approccio migliore per affrontare questo argomento fosse quella di iniziare spiegando il mio vissuto, perché lo spazio non è privo di emozioni, lo spazio porta con sé una serie di storie che assumono un grande valore quando sono ascoltate. In particolare la tematica della sicurezza nei luoghi pubblici è difficile da comprendere a fondo se si parla solo di numeri, se di fatto la si depersonalizza. L’elaborato prosegue con un’analisi delle soluzioni proposte da diverse città del mondo, adattando però una visione prevalentemente eurocentrica, e si conclude delineando il volto della città equamente condivisa.

Nel corso della lettura diventerà sempre più evidente che oltre ad una mancanza di dati vi è anche un’assenza di donne nelle cariche per la gestione della città; questo non permette a norme ed interventi di essere efficaci e duraturi.

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1. Una città ostile

Da quando ho memoria sono appassionata di spazio, di spazio architettonico poiché questa è la materia che ho deciso di intraprendere e di spazio urbano poiché è lì che si possono osservare meglio le interazioni tra le persone. Trovo affascinante e al tempo stesso provo quasi timore verso l’influenza che una città può esercitare, attraverso i suoi spazi, su intere comunità. Durante la prima lezione di urbanistica del secondo

© Adele M. Saita

anno il professore Luca Gaeta raccontò della famosa vicenda studiata da Levi-Strauss nei confronti della tribù dei Bororo. I Bororo erano una popolazione indigena del sud America ed erano stati convertiti al cristianesimo dai missionari gesuiti attraverso il cambio del loro modello insediativo che da circolare era diventato ortogonale. Il cambio dell’assetto urbano aveva causato nella popolazione indigena una crisi

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Via Edoardo Bonardi, Milano

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l’ascolto come obbligo principale, nel corso della storia dell’umanità chi si è ascoltato?

Caroline Criado Perez nel suo libro Invisible women: exposing data bias in a world designed for men scrive: «La storia, così come ci è stata tramandata, è un enorme vuoto di dati. […] si è deciso che le vite degli uomini dovessero rappresentare il percorso di tutto il genere umano.

E così non sappiamo nulla di come vivessero le donne […] è un silenzio onnipresente che pervade tutta la cultura. Cinema, giornalismo, letteratura, scienza, urbanistica, economia […] è il gender data gap: la mancanza di dati di genere.»1 Le donne hanno avuto la possibilità di studiare e di ricoprire cariche nell’amministrazione della città solo da un centennio mentre i centri urbani sono poco più giovani della storia dell’umanità, è possibile quindi che nella loro progettazione vi sia una matrice patriarcale? Si è a lungo pensato, e forse non è scorretto dire che tutt’ora molti pensano, alle esigenze maschili come universali: è la mentalità del: «maschile-ove-non-altrimenti-indicato2.» «È una questione che parte dal lin-

Parcheggio Rho-Fiera

guaggio.»3 suggerisce Perez, il maschile plurale in molte lingue, compreso l’italiano, si usa per indicare un gruppo di persone, che esso sia composto da novantanove donne e un solo uomo non importa, il maschile viene sempre utilizzato come universale. Eppure, questo tipo di mentalità, questa: «[…] assenza di dati non è sempre malevola e neppure premeditata. Spesso è solo la conseguenza di un modo di pensare che esiste da millenni e che in un

© Adele M. Saita

certo senso è un modo di non pensare.»4 Si pensi al modulor di Le Corbusier. È stato ideato seguendo calcoli precisi sicuramente distante delle proporzioni dell’utente medio, eppure questo modello universale che avrebbe dovuto essere usato per progettare correttamente l’architettura, tanto universale non era perché appare con le sembianze di un uomo.

Dall’utente medio non ci si limita solo ad escludere le donne in quan-

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della propria identità e di tutta una serie di usanze complesse che potevano succedersi sono in un impianto a forma circolare. La loro crisi di valori fu tale da permettere facilmente la loro conversione al cristianesimo.

Questa crisi d’identità, questo sconvolgimento del proprio modo di vivere sono avvenuti perché lo spazio è strettamente legato alla società.

Coloro che non fanno parte del mondo architettonico-urbanistico spesso sottovalutano il ruolo dei progettisti di spazio, è capitato che qualcuno etichettasse il mio campo di studi come un: «Lavoro automatico, ti vengono assegnate delle richieste, rispetti il regolamento edilizio e tiri su dei muri.» Se fosse un compito così privo di ascolto ed empatia vivremmo in città e in case fatte per automi e non per essere umani. Invece come ci insegna l’episodio della tribù Bororo, ma così come ci insegna la quotidianità, il disegno dello spazio assume un’importanza chiave nel mantenere o soverchiare un determinato tipo di mentalità, di usanze e di ruoli. Da qui la mia curiosità mi ha permesso di pormi una domanda: se disegnare l’urbano è un’attività che richiede

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1.1 Il mio corpo in città

Sono una studentessa di 22 anni che vive a Novate milanese un paese al confine con Milano. Sono nata in Italia da padre italiano e madre nicaraguense, il mio viso e la mia pelle hanno caratteristiche che non coincidono con quelle dello stereotipo italiano. Nel momento in cui sono entrata nella preadolescenza, ho capito che il paese in cui vivevo mi andava stretto. Il senso di soffocamento che mi dava la mia cittadina non era legato solo al senso di ribellione pre-adolescenziale, a Novate, all’età di 12 anni, ero vittima di razzismo. Il bullismo di cui ero vittima era di una forma così insistente che avevo paura ad uscire di casa. Ricordo perfettamente di aver trovato una serie di vie alternative alle principali, meno affollate, per non rischiare di incontrare i miei bulli. Avevo il terrore degli

spazi di gioco e di ritrovo come l’oratorio e il parco e preferivo rifugi quali la biblioteca e casa mia. Il primo approccio consapevole che ho avuto con lo spazio urbano è stato quindi contrassegnato dall’acerba e inconscia sensazione che il mio corpo avrebbe continuato ad influenzare le mie esplorazioni nella città. Novate dieci anni fa non offriva la varietà etnica che sicuramente offre ora, mi sentivo persa e senza riferimenti, la così vicina Milano per me era la terra promessa.

Ad una sola fermata di autobus o in alternativa di treno si trovava la grande città dove pareva che il mio corpo potesse scomparire tra grattacieli, macchine e folle di persone di nazionalità diverse. I primi contatti con la metropoli furono insieme a mia madre, prendevamo a Novate l’autobus 89 fino a Comasina e poi da lì la metro, le nostre fermate principali erano Duomo e stazione centrale. Durante le perlustrazioni nella grande città mi sentivo al sicuro al fianco di mia madre, la quale mi avvertiva dei normali pericoli a cui una bambina sarebbe potuta incorrere: non parlare con gli sconosciuti, stare attenta ad attraversare

la strada, starle vicina e non perdermi. Crescendo ed entrando nell’adolescenza gli avvertimenti dei miei genitori sono con il tempo cambiati e si sono fatti, per la ragazza che ero, strani e insensati. Riguardavano soprattutto il mio corpo e mi chiedevo come mai dovessi stare attenta “alla gonna troppo corta, al rossetto troppo rosso, al vestito troppo aderente” quando andavo nella grande città dove i corpi si perdevano tra la folla. Avendo solo una sorella nella mia famiglia, mi sono accorta con il passare del tempo, attraverso i fratelli delle mie amiche, che quegli ammonimenti erano riservati solo a noi in quanto femmine. È difficile ricordare l’esatto momento in cui ho capito di dover stare attenta alla città e ai suoi pericoli, non solo in quanto essere umano esposto alle possibili esperienze negative del mondo, ma in quanto giovane donna. Forse è un momento che si è allungato attraverso le esperienze e le sgrida genitoriali. Sta di fatto che sia io che tutte le mie amiche sapevamo di dover stare attente ai pericoli più dei nostri compagni maschi. Leslie Kern descrive questo fenomeno come: «Per molte di noi […] il mes-

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«E il mio corpo di cosa mi permette di scrivere e di parlare?»7

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to tali, il femminismo intersezionale s’impegna a considerare altri aspetti come: classe, etnia, disabilità e orientamento sessuale. È fondamentale considerare questi aspetti per non perdersi ogni volta una categoria di persone che non vengono ascoltate.

Prendendo in prestito le parole della geografa femminista Leslie Kern: «[…] qualsiasi politica, pratica e modifica dell’ambiente intesa ad aumentare la sicurezza deve analizzare attentamente le ripercussioni sui diversi membri della società. Potrebbe essere impossibile trovare una soluzione valida per tutti, ma dobbiamo comunque adottare un approccio intersezionale quando possibile.» 5 Nel raccontare lo spazio che le donne occupano nella città ho deciso di iniziare dalla mia esperienza, in particolare del mio corpo in relazione allo spazio urbano. Citando Kern: «Da dove cominciare? Iniziamo dal materiale. La materia del corpo.

Adriene Rich elenca le particolarità del suo corpo – cicatrici, gravidanze, artrite, pelle bianca, niente stupri, niente aborti – a memento di come il suo corpo sia la radice della sua prospettiva, di ciò che scrive e che dice.»6

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avrebbe potuto influire sull’empatia e l’ascolto dei progettisti di domani.

Il dato che aveva fatto sorprendere il mio collega, a me non aveva destato scalpore bensì aveva semplicemente fornito i numeri per quantificare la realtà che avevo intorno. Le molestie nei luoghi pubblici erano diventate una spiacevole routine da quando ero entrata nell’età dell’adolescenza. Non ricordo esattamente quale sia stata la prima, ma ricordo che ogni volta che un uomo mi fischiava o ricevevo un complimento sgradito per strada poi facevo più fatica a ripassare in quel luogo. La maggior parte delle ragazze nell’età della scoperta vengono private della leggerezza di poter vagare tra le vie di una metropoli piena di opportunità. La geografa Kern fa un interessante paragone con la figura del flâneur di Charles Baudelaire ovvero quella figura: «[…] di un gentiluomo «spettatore appassionato» della città, che cerca di «diventare una sola carne con la folla», al centro dell’attenzione eppure invisibile.»10 Prosegue poi a interrogarsi se la figura del flâneur fosse possibile al femminile, se quindi potesse esistere una flâneuse. Da una parte vi è

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Campus Leonardo

saggio arriva attraverso una flebo endovenosa, accumulandosi nel nostro sistema gradualmente al punto che quando ce ne accorgiamo si è ormai completamente dissolto nel nostro sangue. Fa parte della nostra natura, del comune buon senso, è dentro di noi.»8 In una conversazione con un mio collega di università era emerso che secondo un report condotto da Ipsos per Save the children in Italia: «Il 70% delle intervistate dichiarava di aver subito molestie e apprezzamenti sessuali in luoghi pubblici.»9, questo dato venne colto con sorpresa a dimostrazione che esiste una disinformazione alla base delle questioni di genere.

Di fatto, era a conoscenza del tema a grandi linee, ma non pensava potesse essere una problematica così rilevante. La conversazione era poi proseguita con altre sue domande riguardo l’argomento ed era così continuato un dibattito che aveva arricchito entrambi. Introdurre la questione ad un mio collega, che per ovvie ragioni non viveva il problema in prima persona, mi ha reso consapevole dell’assenza di questa tematica nel nostro percorso di studi e mi ha fatto domandare come questo

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re e la dipendenza delle donne dalla partnership eterosessuale per un’apparente sicurezza.» 15 Poste le premesse sul dibattitto della possibile flâneuse, propongo la mia personale visione sulle sue caratteristiche. Come scritto precedentemente sono un’appassionata di spazio e come tale uno dei miei hobby preferiti è quello di passeggiare per la città, preferisco praticare questa attività in solitario per concentrarmi sui miei pensieri e per perdermi nei miei ragionamenti senza venire interrotta. Dunque, la mia versione della flâneuse richiede l’utilizzo di due strumenti molto importanti: auricolari e un dispositivo da cui riprodurre musica. In questo modo due oggetti mi permettono di chiudermi in una bolla per la quale da una parte mi sottraggo ad attenzioni indesiderate, ma dall’altra mi sottraggo anche dalle semplici interazioni di vita urbana e in qualità di futura progettista di spazio questa è una mancanza che si fa sentire. Ho scoperto che quello dello cuffiette è uno stratagemma usato da molte mie amiche, anche la geografa Leslie Kern ne parla a proposito nel capitolo La città dei single : «Indos-

sare le cuffie è uno dei tanti tentavi che facciamo per rivendicare il nostro spazio personale […] Anche a me farebbe piacere vivere in una città ricca di incontri sociali amichevoli e spontanei; ma finché non sarò sicura che gli uomini rispetteranno la mia autonomia e la mia sicurezza, non chiederò scusa se vado in giro con le mie cuffie antisociali.»16 Un mio amico mi fece notare che ogni volta che mi vedeva prendere la metro a Piola indossavo gli auricolari: “È il mio assetto da battaglia” gli dissi scherzando. Era il modo quasi inconscio di affrontare gli spazi pubblici quando mi trovavo da sola. Ripensando in seguito a quell’episodio non reputai giusto che il mio approccio dovesse essere diffidente verso città, avevo certamente ragioni per pormi in maniera prevenuta nei confronti di spazi come i mezzi pubblici; secondo i dati Istat del 2002: «Le situazioni in cui la donna ha la possibilità di trovarsi confusa tra la gente, vi è un maggior pericolo di subire delle molestie fisiche, probabilmente anche in seguito al fatto che, l’essere confuso tra la folla, rende l’autore

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l’uso che le donne fanno degli spazi pubblici: che tratta sceglieranno per tornare a casa? Utilizzeranno più i mezzi privati rispetto a quelli pubblici? In quale fascia oraria? È una paura senza dubbio fondata e alimentata dall’esorbitante numero di molestie a cui sono soggette negli spazi pubblici, ma c’è anche una teoria secondo la quale la paura per l’esterno contribuisca a minimizzare il pericolo della violenza domestica.

La convinzione che le donne siano più al sicuro a casa con le proprie famiglie va in contrasto con il dato allarmante per cui «Nell’82% dei casi chi fa violenza su una donna agisce tra le mura domestiche.»13 Inoltre le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. «Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex.»14 «[…] Questa differenza di attenzione serve a indirizzare la paura delle donne verso l’esterno, lontano dalla casa e dalla famiglia, rafforzando le istituzioni patriarcali come la famiglia nuclea-

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chi sostiene che una donna non potrà mai rifugiarsi nell’invisibilità della folla perché il suo corpo sarà sempre soggetto alla sessualizzazione e oggettificazione, dall’altra Kern propone l’esempio di Virginia Woolf nel suo saggio del 1930 A zonzo: un’avventura londinese: «[…] Wolf immagina di penetrare nella mente degli estranei mentre cammina per le strade di Londra, sostenendo che «fuggire è il più grande dei piaceri; andare a zonzo la più grande avventura» […] «Non c’è riposo più grande che camminare da soli in città»11 È quindi possibile l’esistenza della flâneuse? Non è una domanda semplice poiché sono ancora tante le condizioni in cui le donne si sentono tagliate fuori e in pericolo nello spazio urbano che anche a loro dovrebbe appartenere. Un articolo del Fatto Quotidiano riporta un’indagine Istat del 2018: «Il 36,6% delle donne intervistate ha detto di non uscire di sera per paura (gli uomini solo l’8,5%) e il 35,3% ha dichiarato invece che quando esce da sola di sera non si sente sicura.»12 Le donne vengono bombardate da questa paura per la strada, il buio e la città.

Il terrore della metropoli condiziona

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una deviazione lunga oppure stavamo al telefono facendoci così compagnia in chiamata. La frase conclusiva di ogni nostra serata, anche ora che di anni non ne abbiamo più sedici ma ventidue, è sempre stata:

«Scrivimi quando rientri a casa.»

Un’espressione che riassume l’amicizia femminile fondata sull’aiuto e sulla sorveglianza reciproca in un mondo che spesso e volentieri non sembra disegnato per le nostre esigenze. La frase Text me when you get home è diventato un simbolo mondiale per denunciare la violenza sulle donne dopo l’omicidio avvenuto il 3 marzo 2020 di Sarah Everard, 33 anni, la quale stava rientrando a casa facendosi compagnia al cellulare dal suo fidanzato quando è stata uccisa dall’agente di Scotland Yard, Wayne Couzens. La giornalista e scrittrice Kayleen Schaefer nel suo libro Text me when you get home: the evolution and triumph of modern female friendship scrive: «È il modo che le donne hanno per dirsi: sono sempre con te. Non mi dimenticherò di te quando te ne

Passante Milano-Saronno

andrai.»18 È un linguaggio tutto al femminile che presuppone una rete di sorveglianza che da secoli si tramanda nella quotidianità delle donne. Mi è capitato, spinta dall’abitudine, che dicessi: “Scrivimi quando ritorni a casa.” a qualche mio amico e ho sempre ricevuto espressioni di sorpresa. Dovevano solo rientrare a casa, un percorso che probabilmente facevano da anni, non capivano quel timore che magari avrebbero riservato a zone sconosciute e/o pe-

© Adele M. Saita

ricolose della città. Un esempio di quanto la percezione maschile degli spazi possa essere molto diversa da quella femminile ci è data dalla testimonianza di un utente su Twitter. I tweet si rifacevano alle violenze riportate dai giornali a inizio dicembre del 2021 nella tratta ferroviaria Milano-Varese. L’utente, che ha voluto rimanere nell’anonimato del suo nickname (@greygooseonice), raccontava l’esperienza avuta con una sua collega nella città

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della molestia più sicuro di rimanere impunito.»17 Eppure queste premesse non mi impedivano del tutto di essere parte della vita della città.

C’erano diverse strategie che io e le mie amiche avevamo adottato nel corso degli anni per rendere le nostre escursioni nella città più sicure.

Una delle regole fondamentali era fare numero. Che fossero appuntamenti di giorno o di sera era una regola implicita fare il percorso sui i mezzi pubblici insieme, in questo modo sapevamo che qualunque cosa fosse successa una di noi avrebbe tirato fuori l’altra dai guai.

Chiaramente di notte questa regola valeva con maggior forza, da Cadorna prendevamo l’ultimo treno delle 00:32 ed arrivavamo a Novate, dalla stazione ci incamminavamo verso la casa di una sola persona così da fare la strada tutte insieme. Ci piaceva stare in gruppo perché così potevamo prolungare la serata e divertirci in compagnia, ma c’era anche un grande senso di sicurezza che aleggiava nell’aria per cui i vicoli bui e la città silenziosa non sembravano poi così pericolosi. Se per qualche motivo una di noi fosse dovuta tornare nella propria casa, facevamo

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sica, ma comunque è stato in grado di fornirmi le basi per capire in cosa consistesse l’ostilità di quell’architettura. Il progetto dava tanta importanza all’automobile creando così un labirinto di auto che metteva l’esperienza pedonale in secondo piano.

Dal tweet citato è nata una discussione nella quale si sono inseriti altri utenti. Qui riporterò quelli che più mi hanno colpita: -Poi un giorno si tornerà anche a progettare pensando all’essere umano, alle sue abitudini, alla qualità della vita e all’utilizzo, non solo a un mero esercizio di stile. L’architettura influisce sulla società. - @NicholasD_Altea - Ci sono cose a cui un uomo non pensa e a cui invece una donna viene addestrata a pensare fin dalla primissima adolescenza. - @fedesettre Questo scambio d’interazioni è stato fondamentale per comprende quanto le persone si sentano decentrate dagli obbiettivi primari dell’architettura. Il dibattito di come i tagli finanziari all’edilizia pubblica e la standardizzazione degli spazi abbiano spostato il focus dell’architettura dalle persone al profitto è sicura-

Stazione in provincia di Varese

mente in corso da tempo. Occorre però fare un ulteriore passo avanti per non ignorare i pericoli psicologici e sociali che un’architettura disattenta può procurare a quella metà di popolazione che spesso è stata ignorata dalle scelte urbanistiche nella costruzione delle città.

© Adele M. Saita

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di Melzo. La sua amica e collega aveva aspettato che il citato utente finisse di lavorare per fare insieme, come erano soliti fare, la strada dal loro ufficio alla stazione di Melzo.

L’uomo raccontava di come il gesto avesse in lui scaturito la curiosità di capire come mai quel luogo le metteva così tanta paura da impedirle di passarci da sola e finalmente attraverso le sue emozioni aveva visto quegli spazi urbani con i suoi occhi.

-Il tragitto ufficio stazione aveva strade deserte e poco illuminate. Il piazzale della stazione, isolato, un labirinto buio di auto. La rampa in discesa verso i binari, anch’essa semibuia, fatta a denti di sega, piena di punti ciechi. “Questa cosa sembra averla progettata uno stupratore seriale” disse lei. Io, da maschio, non avrei mai visto pericolo in quella barbarie architettonica. - (@greygooseonice) L’utente in un altro tweet aggiunge anche un dato importante: la stazione era stata rinnovata recentemente nel 2014. Dopo aver contattato l’utente provai a fare un sopralluogo attraverso Google Maps, il quale non ha potuto darmi le medesime sensazioni di una perlustrazione fi-

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I progettisti di spazio devono sempre fare un lavoro di immedesimazione quando progettano, devono pensare ad un’utenza variegata e magari spesso lontana dal proprio vissuto. Ed è un esercizio che devo fare anch’io in quanto futura progettista: andare oltre al mio stesso corpo che necessariamente si porta dietro un determinato modo di vivere lo spazio. Sono una giovane donna, una studentessa, sono italiana ma di origine nicaraguense, sono abile. Questo fa di me una persona che riserva una particolare attenzione a tematiche come sessismo, razzismo, violenze e molestie. Sono però consapevole esistano realtà, non ancora sperimentate dal mio corpo, che hanno la necessità di essere portate in luce.

Una di queste esperienze, quella dell’essere mamma, viene descritta pienamente dalla geografa femminista Leslie Kern. Nel capitolo La città delle mamme espone la sua esperienza di donna incinta nelle città di Londra e di Ottawa. Racconta di come all’inizio, quando la sua gravidanza non era così visibile,

la gente non si curasse di cederle il posto nonostante il pallore del suo viso rendeva chiare le sue nausee; o di come l’attrazione degli estranei verso il suo corpo non si traduceva in “gentilezza urbana” ma avvertiva un monito che la faceva sentire fuori luogo e diversa. «Chiunque sia stata incinta racconta storie di questo genere con sarcasmo, come fossero vecchie storie di guerra, o riti di passaggio quando vivi una gravidanza in città. Come se ci fosse da aspettarselo per aver osato uscire di casa con quel corpo ingombrante e goffo.» 19 Le ostilità dello spazio urbano non si sono concluse dopo aver portato a termine la gravidanza, la geografa parla del grande coraggio che richiedeva allattare in pubblico: «Razionalmente sapevo che mi era “permesso” allattare la mia bambina ovunque, ma il pensiero mi faceva rabbrividire.»20 Per di più trovare un fasciatoio per cambiare il proprio bambino risultava difficile: i bagni pubblici erano di ardua reperibilità e se presenti ridotti in condizioni igieniche-sanitarie pessime. Le funzioni che dovrebbero essere assolte da un servizio pubblico vengono quindi sempre più relegate alle toi-

Bagni campus Leonardo

© Adele M. Saita

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1.2 Oltre al mio corpo: le esigenze delle donne

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Kern afferma che rispetto all’inferno dei suburbs nord americani, il posto migliore per la donna rimane la città.

Il modello dei sobborghi americani si può definire, prendendo in prestito le parole della geografa femminista Jane Darke, come: «[…] l’iscrizione in pietra, mattoni, vetro e cemento del patriarcato.»21 Il modello è composto da villette unifamiliari che si trovano molto distanti dai trasporti pubblici e da altri servizi, per questo motivo esso si regge sul presupposto che uno dei genitori rimanga a casa ad occuparsi dei lavori domestici e di cura, compito che ricade quasi sempre sulla donna. Secondo i dati Istat del 2016, in Italia, il 97% delle donne tra i 25 e i 49 anni (con figli minorenni) si prende cura dei propri figli quotidianamente, rispetto al 73% degli uomini. Riguardo alle attività domestiche e alla cucina, le differenze sono ancora più ampie.

L’81% delle donne cucina e/o svolge attività domestiche quotidianamente, rispetto al 19% degli uomini.

Le donne italiane svolgono, quindi, il 74% del tempo totale, non retribuito, dell’assistenza e cura alla per-

sona, coerente con la media mondiale del 75%. Queste dinamiche si ripercuotono sulle donne in termini di quantità di lavoro a carico incompatibile con il lavoro retribuito, stress fisico e piscologico. A livello urbanistico questi dati ci spiegano un fenomeno che viene chiamato trip-chaining: «[…] una modalità di viaggio comune alle donne di tutto il pianeta e composta da tappe concatenate.»22 La quotidianità della maggior parte delle donne di tutto il mondo consiste nel dividere la giornata in diverse tappe: arrivare a lavoro, andare a prendere i figli a scuola ed accompagnarli alle attività sportive e ricreative, seguire i genitori nelle visite mediche o aiutarli in caso di degenza, ritornare a casa ed occuparsi dei lavori domestici. Aggiungendo che ad utilizzare di più i mezzi pubblici nel mondo sono più le donne, in particolare secondo i dati dell’eurobarometro in Europa il 23,1% delle donne contro 18 % degli uomini, ci si aspetta un’attenzione particolare dai progettisti della città. Secondo uno studio dell’EU Science Hub la realtà però è un’altra: «Il comportamento delle donne in materia di mobilità e trasporto è

molto diverso da quello degli uomini e le donne sono attualmente sottorappresentate nei posti di lavoro in questo settore. Rappresentando solo il 22% dei lavoratori nel settore del trasporto pubblico, è meno probabile che le loro esigenze, quando si parla di progettazione dei sistemi di trasporto, vengano prese in considerazione.»23 I sistemi di trasporto collettivi sono pensati avendo come focus principale i tragitti casa-lavoro/scuola sia in termini di reti di servizio che in termini di frequenza.

In questo modo le tratte che escono da quelle principali sono mal organizzate e i mezzi passano con minor frequenza nelle fasce orarie più utilizzate dalle donne. La giornalista Caroline Criado Perez, nel suo libro Invisibili, porta l’esempio di Londra una città che ha una rete di trasporti organizzata a “ragnatela”: la maggior parte dei percorsi porta ad un’area identificata come centro e ve ne sono alcuni minori che collegano le linee in modo circolare. Per i viaggiatori che devono fare tratte che collegano centro-periferia questo sistema è comodo, per tutti gli altri no. «La linea di separazione tra chi lo considera comodo

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che non tiene conto di tali esigenze.

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lette di attività commerciali come ristoranti, bar e centri commerciali.

Questi servizi igienici sono spesso caratterizzati da una lunga fila solo per i bagni femminili, ma perché è così? Il fenomeno viene spiegato da un articolo di ScienceDaily realizzato dall’università di Ghent.Il primo è un fattore biologico: le donne in media urinano più degli uomini, inoltre a causa del ciclo mestruale hanno bisogno di usufruire del bagno più frequentemente. Il secondo è un fattore culturale: le donne quando vanno ai servizi sono solite accompagnare bambini e anziani con borse e buste della spesa, ciò comporta che hanno bisogno di più tempo per pulire la tavoletta, gestire eventuali carichi e abbigliamento.

Contando anche che i bagni degli uomini sonno provvisti di orinatoi, i quali accorciano il tempo di utilizzo di due terzi rispetto alle normali cabine, risulta che a parità di spazio i bagni femminili sono sottostimati.

Lo studio conclude che per stabilire la parità per ogni gabinetto maschile ce ne dovrebbero essere due femminili. L’unica risposta alle interminabili code davanti alle toilette per le donne è una cattiva progettazione

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città equamente condivisa si può trovare un modello flessibile che meglio si può adattare ai suddetti mutamenti. Analizzare il fenomeno del trip-chaining vuol dire poter migliorare, nel breve periodo, anche la vita di padri single, lavoratori che hanno a carico un genitore degente o famiglie omogenitoriali e nel lungo periodo facilitare le condizione di ognuno quando i ruoli di genere non saranno più così netti. Così come preoccuparsi della sicurezza nei luoghi pubblici o dell’accessibilità sui mezzi di trasporto ci proiettano verso una questione che è di interesse generale.

Milano

© Adele M. Saita

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e chi è del parere opposto coincide abbastanza precisamente con la suddivisione dell’utenza in maschi e femmine.»24Anche la struttura tariffaria non sempre viene incontro alle esigenze delle donne: «[…] gli abbonamenti raramente coprono spostamenti erratici (se non a prezzi elevatissimi) e quindi occorre utilizzare i biglietti interi più costosi.»25 Inoltre da uno studio europeo sulla mobilità del 2012 si nota che le donne spesso non viaggiano da sole: sono le accompagnatrici di bambini, neonati e anziani. Le donne quindi si ritrovano a fronteggiare infrastrutture inadeguate a facilitare la salita e discesa con buste della spesa, passeggini o carrozzine. In aggiunta, le donne, avendo risorse finanziarie inferiori, trovano più difficoltà a possedere una macchina e questo le porta a fare totale affidamento ai trasporti pubblici, i tagli economici a tal proposito le colpiscono direttamente.

Le problematiche presentate in questo capitolo nascono dall’esperienza femminile, ma la loro risoluzione va a vantaggio di tutti. La società sta cambiando ad una velocità che i centri urbani non sembrano in grado di sostenere e nella

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Bibliografia

Caroline Criado Perez, Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano, Einaudi, 2020.

2 C. C. Perez, Invisibili, cit.

3 C. C. Perez, Invisibili, cit.

4 C. C. Perez, Invisibili, cit.

5 Leslie Kern, La città femminista. La lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini, Treccani Visioni, 2021.

6 L. Kern, La città femminista, cit.

7 L. Kern, La città femminista, cit.

8 L. Kern, La città femminista, cit.

9 https://www.savethechildren.it/press/violenza-contro-le-donne-il-70-delle-ragazze-dichiara-di-aver-subito-molestie-e-apprezzamenti 10 L. Kern, La città femminista, cit.

11 L. Kern, La città femminista, cit.

12 https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/27/dalle-aggressioni-al-catcalling-perche-le-donne-ancora-non-sono-sicure-in-strada-e-perche-appe-buoni-per-i-taxi-non-possono-bastare/6015256/ 13 https://www.poliziadistato.it/statics/12/brochure_questononeamore_2019.pdf 14 https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/violenza-dentro-e-fuori-la-famiglia/numero-delle-vittime-e-forme-di-violenza 15 L. Kern, La città femminista, cit.

16 L. Kern, La città femminista, cit.

17 https://www4.istat.it/it/files/2017/11/Molestie_violenze_sessuali_2002.pdf 18 L. Kern, La città femminista, cit.

19 L. Kern, La città femminista, cit.

20 L. Kern, La città femminista, cit.

21 L. Kern, La città femminista, cit.

22 C. C. Perez, Invisibili, cit.

23 https://ec.europa.eu/jrc/en/news/women-travel-greener-are-more-concerned-about-reliability-new-transport-technologies 24 C. C. Perez, Invisibili, cit.

25 https://www.ingenere.it/articoli/attaccate-al-tram-ecco-come-si-muovono-le-donne

Kern, Leslie, La città femminista. La lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini, Treccani Visioni, 2021.

Perez, Caroline Criado, Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano, Einaudi, 2020.

Sitografia https://www.younipa.it/scrivimi-quando-arrivi-a-casa-la-frase-simbolo-per-la-sicurezza-delle-donne/?refresh_ce https://www.sciencedaily.com/releases/2017/07/170714142749.htm https://www.istat.it/donne-uomini/bloc-3d.html?lang=it https://www.ilo.org/rome/risorse-informative/comunicati-stampa/ WCMS_633451/lang--it/index.htm https://www.affaritaliani.it/costume/divario-di-genere-il-dedalo-del-trip-chaining-al-servizio-del-lavoro-di-cura-702703.html https://www.ingenere.it/articoli/attaccate-al-tram-ecco-come-si-muovono-le-donne https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/note/ join/2012/462453/IPOL-FEMM_NT(2012)462453_EN.pdf

Le donne occupano spazi

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Una città ostile

Note

«Alle differenze tra corpi viene data poca rilevanza e, se prese in considerazione, vengono aggiunte alla fine del processo progettuale.» 1 2.1 Playgrounds Imogen Clark co-ideatrice del progetto Make Space for Girls racconta della sua iniziativa: «Si occupa di strutture e spazi pubblici per ragazze adolescenti. Parchi, giochi e spazi pubblici per bambini e adolescenti sono attualmente progettati di default secondo standard maschili.

Gli spazi ricreativi sono composti da skate park, piste BMX, campi da calcio e MUGAs (multi use games area), che sono utilizzati quasi interamente dai ragazzi.»2 I motivi per cui questi spazi sono dominati

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2. La città delle possibilità

In una puntata della rubrica The Urbanist, prodotta dalla stazione radio inglese Monocle 24, sono state invitate due figure importanti nella progettazione di spazi che tengono conto della questione di genere: Imogen Clark co-fondatrice di Make Space for Girls e Leslie Kern autrice di Feminist City: Claiming Space in a Man-Made World.

Il tema della puntata, condotta da Andrew Tuck, era: Designing safer for women (progettare in modo più sicuro per le donne). L’intervista iniziava con la domanda: le città sono progettate secondo standard neutrali? È un pensiero diffuso quello che le città siano state progettate avendo come riferimento una figura super partes, oggettiva e neutrale. Viene spesso insegnato, anche nella nostra educazione come progettisti, a pensare per prime le necessità di questo corpo universale: come si sposterà?

Troverà il suddetto spazio confortevole? Vicino a lui avrà tutti i servizi di cui ha bisogno? Tali domande sono lecite, ma non bastano se rivolte ad una figura universale che non può esistere per come è composta la società oggi.

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vano occupate da ragazzi.

La ricerca suggerisce diversi punti per una migliore progettazione degli spazi: 1. I playgrounds devono essere grandi tali da poter consentire lo svolgersi dei giochi sia tipicamente usati da maschi che da femmine. Ciò vuol dire che la metratura occupata dai giochi di squadra (basketball, calcio) dovrà essere la stessa che occuperanno le strutture da gioco (scivoli, altalene) così da garantire un’equità spaziale ad entrambi i generi.

2. Per aumentare la presenza femminile nelle aree gioco è necessario dedicare una particolare attenzione alle attrezzature di gioco, non solo nella parte progettuale ma in seguito nella cura e nella manutenzione di queste strutture. Raggiungere un’ equa presenza di maschi e femmine nei playgrounds aiuterà anche ad aumentare i tentativi di mettere in discussione i ruoli di genere.

3. Devono essere incoraggiate, attraverso la progettazione degli spazi, quelle attività che sono svolte

equamente da entrambi i generi come andare in bicicletta, utilizzare i rollerblade, giocare con la sabbia e l’acqua o arrampicarsi su oggetti alti.

Suddette linee guida sono state studiate e messe in pratica dalla sopracitata organizzazione Make Space for Girls. Secondo un loro report il primo errore nella progettazione è la mancata consapevolezza del rapporto tra spazio e genere. A questo proposito si fa menzione del caso di Somerset, una cittadina britannica, che, in un rinnovamento dei suoi parchi, aveva speso 127.000£ per strutture utilizzate prevalentemente da ragazzi (pista da skate e pista da BMX) e 0 £ per attrezzature usate maggiormente dalle ragazze. Quando l’organizzazione ha sottolineato il problema, la municipalità ha risposto: «Non abbiamo mai considerato che gli investimenti versati al miglioramento dei nostri parchi potessero essere per ragazzi o per ragazze.»4 Nonostante ciò il tema del gender urban planning si sta facendo strada tra tante amministrazioni delle città nord europee; un esempio virtuoso

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se tali equipaggiamenti erano danneggiati, sporchi o non funzionanti le bambine non consideravano più quel playground attraente. Giocare con la corda, fare capriole, fare acrobazie con gli anelli erano attività a maggioranza femminile e si svolgevano sempre nei dintorni delle attrezzature da gioco. Ogni tanto era possibile vedere bambine giocare a calcio ma erano sempre in piccoli gruppi tra di loro che, in mancanza di spazio, si esercitavano in luoghi seminascosti dai cespugli. Alcuni bambini giocavano insieme alle loro coetanee, ma preferivano quelle attività che non erano etichettate come strettamente femminili. I maschi in generale presentavano, seppur con eccezioni, il preconcetto che le femmine facevano giochi stupidi, noiosi e che non erano abbastanza brave da unirsi a loro. Lo studio si concludeva affermando che l’esperienza del playground risultava più negativa per le femmine che per i maschi. «Le identità di genere sono costruite e rafforzate dalle caratteristiche del luogo.[…]»3 Infatti le aree gioco che non presentavano suddivisioni ma che erano caratterizzate da spazi “liberi” veni-

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dalla presenza maschile sono complessi e si rifanno a dinamiche di socializzazione, per cui esistono disuguaglianze sull’educazione imposta a femmine e maschi. Uno studio del 2003 condotto dalla professoressa Lia Karsten per l’Università di Amsterdam approfondisce le dinamiche a tal proposito. La tesi della ricerca verteva nel comprendere se i playgrounds soddisfacevano equamente le esigenze di bambini e bambine.

Come casi studio erano stati presi in considerazione 8 parchi di Amsterdam per un periodo di 2 mesi in estate. La prima osservazione fatta è che in tutte le zone di gioco i maschi superavano, con una media tra il 15 e il 45% in più, le femmine. Anche il tempo di gioco era superiore rispetto alla controparte femminile, infatti i bambini erano soliti rimanere fino a sera mentre le bambine erano sollecitate dai loro genitori a rientrare a casa prima. L’attività preferita della maggior parte dei ragazzi di Amsterdam era il calcio il che permetteva loro di controllare e occupare una grande porzione del playground. Le ragazze, invece, usavano di più altalene, scivoli e altre attrezzature da gioco; per questo

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A destra: Design sviluppati da Make space for girls ascoltando i consigli di bambine e ragazze.

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sica. Tali iniziative inoltre sarebbero state gestite degli stessi abitanti del quartiere, in modo da coinvolgere la comunità. Il progetto ha avuto un successo tale da innescare un dibattito in Svezia sul tema del gender equality in urban planning.

Il progetto di Rosens roda matta ha ispirato l’organizzazione Make Space for Girls la quale, combinando anche le sue precedenti ricerche, ha sviluppato diversi design in grado di venire incontro alle richieste di bambine e ragazze. Le attrezzature progettate favoriscono attività di gruppo e sono create tenendo in mente i giochi preferiti dalle ragazze come altalene, scivoli, e sbarre dove poter far acrobazie.

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in questo senso è quello del comune di Malmö in Svezia. Nel 2010 la municipalità di Malmö ha iniziato un piano per connettere, con piste ciclo-pedonabili, il centro della città con il sobborgo di Rosengård; socio-economicamente più svantaggiato. Lo scopo principale del progetto era quello di coinvolgere attivamente i cittadini in modo da poter creare un ambiente urbano che riflettesse davvero le necessità della comunità. Una parte della pianificazione comprendeva la trasformazione di un parcheggio in un playground, rinominato Rosens roda matta, per bambini e ragazzi.

Inizialmente il progetto prevedeva attività come uno skatepark, una piccola parete per arrampicata e muri per fare graffiti, ma i sondaggi hanno rivelato che queste attività sarebbe state usate 80-90% da maschi e al 10-20% da femmine. Si è dunque deciso di procedere chiamando un gruppo di giovani donne e ascoltare le loro proposte sull’organizzare lo spazio in una serie di piccole aree aventi strutte da gioco come barre per esercizio e aree più grandi in modo da ospitare attività culturali e spettacoli di danza e mu-

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A destra in alto: Nuovo parco nel quartiere di Nordbahnhof. Non ci sono barriere intorno alle aree gioco per bambini.

A destra in basso: Einsiedler Park. Per il campo da basket è stata progettata un’ampia entrata al fine di scoraggiare la formazione di gruppi di bambini che bloccavano l’ingresso e che per questo intimidivano i/ le bambini/e più insicuri/e ad entrare.

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squadra (come basket e calcio) e attrezzature per attività più informali come canto o danza; infine aprire più ingressi e più ampi. Tutti i parchi di Vienna sono stati progettati seguendo questo modello: il tasso di abbandono delle bambine è sceso a zero e la loro presenza è cresciuta di numero.

I playgrounds assumono una grande importanza nella crescita dei più piccoli perché è il primo luogo pubblico che hanno la possibilità di esplorare senza necessariamente la presenza di un adulto, pertanto si ha la necessità di rendere questi spazi equamente condivisi. Al di là delle linee guida generali illustrate nel paragrafo risulta necessario sempre un coinvolgimento diretto con la comunità di riferimento per ottenere spazi su misura che non escludano nessuno.

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Un altro caso è quello di Vienna.

Una ricerca condotta a metà degli anni Novanta promossa dall’amministrazione della città ha rilevato che: «[…] a partire dai dieci anni la presenza delle bambine nei parchi pubblici e nelle aree gioco diminuiva in maniera significativa.»5 I funzionari del comune hanno quindi avviato un’ulteriore raccolta dati per capire il perché di tale fenomeno e si è concluso che il problema era di natura progettuale. I risultati della ricerca sono uguali a quelli ricavati dal sopracitato studio della ricercatrice Lia Karsten. Grandi spazi aperti condizionavano il comportamento della bambine le quali avrebbe dovuto competere con i maschi per il controllo delle aree gioco. «Gli spazi per le attività fisiche erano recitante su tutti i lati e vi era un solo ingresso quindi era normale veder sostare vicino ad esso gruppi di ragazzi»6, il che metteva in soggezione ragazze e ragazzi più timidi che per quello preferivano non entrare. Le soluzioni adottate sono state semplici, ma puntuali: dividere i parchi in più aree di diverse dimensioni, alternare nelle suddette zone attrezzature per giochi di

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«Sui mezzi pubblici di tutto il mondo non mancano cartelli che dicono cosa fare

in presenza di un pacco o un bagaglio sospetto eppure non ci sono quasi mai istruzioni su come ci si debba comportare in casi di molestie o aggressioni sessuali. » 7 Ancora una volta il primo problema a cui si va incontro è la mancata consapevolezza; in primo luogo rispetto a quanto frequentemente la quotidianità femminile sia caratterizzata da determinati episodi e in secondo luogo rispetto a cosa si possa fare concretamente per migliorare la situazione. La professoressa in urban planning Anastasia Loukaitou-Sideris dell’Università della California ha cercato di capire che tipo di approccio avessero le aziende di trasporto pubblico statu-

nitensi sul tema della sicurezza delle donne sui mezzi. Durante l’inizio della sua ricerca Loukaitou-Sideris si è scontrata con la resistenza dei funzionari intervistati i quali non riconoscevano che il problema della sicurezza dovesse essere affrontato in maniera diversa in base al genere.

«Delle cento trentuno aziende […] che hanno risposto al sondaggio soltanto un terzo ha ritenuto di dover agire concretamente e solo tre hanno davvero fatto qualcosa. L’autrice della ricerca ha inoltre riscontrato una significativa discrepanza tra le esigenze di sicurezza delle passeggere e le caratteristiche delle misure adottate dalle aziende.»8 Il sistema di sicurezza più usato nei trasporti sono le videocamere all’interno dei mezzi e non vi sono dati che dimostrano l’efficacia di questo metodo di sorveglianza nel dissuadere molestie e violenze. Sono le soluzioni più economiche per le aziende di trasporto e quelle preferite dagli uomini: «[...] perché i crimini di cui sono vittime hanno una minore componente di violazione dell’integrità personale.»9 I sondaggi rivelano che le donne preferiscono la presenza di un controllore o di un addetto alla

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osceni a danno delle donne sono scesi del 3%, ma le molestie hanno continuato a crescere del 15-20% in due delle tratte dove erano state introdotte le carrozze. Sebbene questo dato può essere interpretato con l’aumento generale delle denunce contro le molestie, resta il fatto che ad oggi non vi sono dati schiaccianti in favore di questa soluzione. Un numero sicuramente importante da tenere a mente è quello ottenuto da un sondaggio che ha avuto luogo nelle quindici capitali più grandi al mondo, per un totale di 6,300 intervistate, il 70% delle donne ha dichiarato si sarebbe sentito più protetto in aree per sole femmine nei mezzi pubblici. Ciò porta a pensare che al di là dell’efficacia di tale soluzione, rimane comunque presente e forte il desiderio di sicurezza da parte delle donne.

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2.2 Sicurezza negli spazi pubblici Nel primo capitolo ho ampiamente descritto le sfide che molte donne devono affrontare nella città. Uno degli ostacoli più grandi è quello di non sentirsi al sicuro nei mezzi pubblici. È un tema che si è visto portare alla luce in tempi recenti: nel mese di dicembre del 2021 sono stati registrati casi di violenza nella tratta ferroviaria Milano-Varese, la notizia ha fatto nascere un dibattito nazionale, consumatosi soprattutto nei social network, sull’idea di introdurre delle carrozze per sole donne.

Gli schieramenti di pensiero sono stati due: coloro che vedevano questa soluzione come una regressione rispetto alle conquiste ottenute dalle donne e coloro che si sarebbero sentite più al sicuro in uno scenario simile. La realtà delle carrozze per sole donne è attuale in diversi paesi del mondo, primo su tutti Tokyo.

Nella capitale giapponese le cabine rosa sono presenti dal 2004 e sono state introdotte per agire contro l’enorme problema delle molestie e violenze sessuali che grava sul paese. I dati giunti un anno dopo l’apertura delle linee riportano che le segnalazioni per comportamenti

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la città, ma ha anche i suoi risvolti negativi. Se da una parte è efficace contro molestie di tipo seriale o per migliorare la progettazione degli spazi, dall’altra parte è presente il rischio che la città diventi una serie di luoghi dove le donne non dovrebbero andare, per questo è importante che i progetti sulle comunità residenti entrino in azione.

Malmö e Umeå rispettivamente la terza e la dodicesima città più grande della Svezia hanno deciso di rinnovare i loro comprehensive plans (piani urbanistici che si propongono diversi traguardi nel lungo periodo in termini di sviluppo della comunità) nel 2014 e nel 2018. Il raggiungimento della parità di genere è uno dei pilastri dei due comprehensive plans. Riguardo alla sicurezza propongono strategie per densificare la città ottenendo così zone con all’interno funzionalità miste. Al fine di evitare, in certe fasce orarie, quartieri deserti nei quali ci si potrebbe sentire a disagio passare. Dai piani si ritiene anche importante il lavoro di identità culturale che viene fatto nei vari quartieri. L’obbiettivo è stato quello di promuovere attività spor-

tive o culturali, ad incentivo verso l’integrazione e lo scambio, in modo da creare così un legame di fiducia con il proprio vicinato.

Un’interessante iniziativa è stata avviata a New Tork con il nome di Rightrides. Si tratta di un’organizzazione no profit che offre a donne, persone transgender e queer un passaggio, gratuito e sicuro, a casa tutti i sabato sera e le domeniche mattina. Il loro motto è: “Because Getting Home Safely Shouldn’t Be a Luxury.” tradotto

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simile ma più in linea con il mondo digitale è quella di creare app dover poter chiedere aiuto attraverso una chat online che consenta di riportare incidenti, registrare eventuali molestie, per potere creare una mappa degli punti nevralgici su cui si ha bisogno di intervenire.

Su questa scia esistono applicazioni come Wher o Safe city che si basano sull’aiuto degli utenti per mappare i pericoli della città. In particolare Wher permette non solo di segnare i luoghi dove si è stata vittima di molestie o aggressioni, ma anche di indicare le strade che hanno fatto sentire l’utente in pericolo e il motivo che ha provocato questo disagio; come poca illuminazione e affollamento. Tutte queste informazioni vengono catalogate per fascia oraria e forniscono una pianta della città da cui poi sono ricavati percorsi sui quali è sicuro viaggiare. Le utenti possono usare l’app come alternativa a Google Maps con la differenza che sono segnati i tragitti più protetti, con in aggiunta eventuali fermate dei mezzi, stazioni di polizia e centri antiviolenza. Tale tipo di raccolta dati può essere un utile strumento per progettisti e amministratori del-

«Perché tornare a casa in tutta sicurezza non dovrebbe essere un lusso.»10 L’organizzazione è nata nel 2004 come risposta all’aumento di aggressioni a danno delle donne nell’area di Brooklyn e si appoggia ad un servizio di car sharing, Zipcar, che ogni settimana mette a disposizione sei veicoli. Rightrides supporta anche un’altra iniziativa, SafeWalk, la quale fornisce accompagnatori a

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sicurezza, ma questa soluzione risulta dispendiosa per la maggior parte delle aziende di trasporto. La dispendiosità dichiarata dalle aziende non include però il ricavo in termini di benessere mentale che ne trarrebbero le donne e quindi la probabilità che, sentendosi più al sicuro, possano usare più spesso i mezzi.

Vi sono altre proposte che potrebbero migliorare la situazione. Una di queste è quella di installare videocamere di sorveglianza nelle fermate, infatti la possibilità di essere vittima di un crimine è tre volte più probabile aspettando il mezzo che a bordo dello stesso. Anche l’ubicazione delle fermate è un fattore importante, spostarle di qualche metro in zone più trafficate aumenterebbe la sensazione di sicurezza e la possibilità di poter chiedere aiuto. Introdurre nelle corse notturne fermate intermedie tra quelle “ufficiali” per permettere alle utenti di fare meno strada da sole. Si potrebbe anche intervenire nel design delle fermate attraverso dispositivi d’illuminazione, dispositivi d’allarme come pulsanti collegati alla stazione di polizia più vicina e migliorando la manutenzione delle strutture. Una soluzione

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Nel libro Milano gender atlas scritto da Muzzunigro A. e Andreola F. sono contenute informazioni che aiutano a fare il punto della situazioni in una delle metropoli più importanti d’Italia. Secondo il questionario proposto a cittadini e city user di Milano Il genere e l’uso della città del 2021 entrambi i generi ritengono Milano una città sicura, ma gli uomini la percepiscono di più come tale: il 68% contro il 48%. La percezione della sicurezza in città di giorno rimane indifferente tra i generi, mentre di notte il 50% delle donne dichiara di sentirsi in pericolo contro il 15,6% degli uomini. Le molestie subite in luoghi pubblici

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qualificazione urbana nei quartieri meno centrali. La casa delle donne, rifugio per le donne vittime di violenza, è stata salvata dalla legge dei bilancio del 2020: «[…] prevede che le Amministrazioni locali concedano immobili pubblici in comodato d’uso gratuito alle associazioni impegnate “nella promozione della libertà femminile” che gestiscono “luoghi fisici di incontro, relazione e libera costruzione della cittadinanza, fruibili per tutte le donne.»12 Un’altra iniziativa è stata quella delle panchine rosse: «L’idea è quella di attivare una vita culturale intorno a questi temi, per questo abbiamo pensato che ci fosse materia per attivare le energie della città, a partire dalle panchine.»13 Nell’agosto del 2020 la municipalità ha inoltre avviato i voucher taxi, ovvero buoni taxi per diverse categorie tra cui le donne che rientrano alla sera. Tra le 19mila richieste il 21,3% apparteneva alle donne. Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro concludono dicendo che nonostante queste pratiche tecniche per la messa in sicurezza:

«Le strade sicure le fanno le donne che le attraversano con la solidarietà, il guardarsi reciprocamente, l’autodeterminazione e l’autodifesa.»14 Recentemente mi sono imbattuta su un video della piattaforma TikTok, di una ragazza, Charlotte Lion (@lottie.lion), la quale ho contatto al fine di avere il permesso per aggiungere la sua testimonianza in questa tesi, che raccontava la sua esperienza come vittima di molestie in un mezzo pubblico. Si trovava sulla tratta ferroviaria Reading- Bristol Temple Meads nel Regno Unito, quando è stata aggredita da un gruppo di uomini, il capotreno le è venuto in soccorso e l’ha portata immediatamente in una cabina della prima classe dove le è stato detto di

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hanno come vittime il 91% di donne e il 9% di uomini. Di questo 9% il 50% dichiara che le molestie sono state perpetrate con commenti denigratori sull’orientamento sessuale, lasciando così dedurre che: «[…] i commenti non desiderati nello spazio pubblico sono un problema che riguarda esclusivamente le donne e le minoranze di genere.»11 Entrambi i generi hanno espresso, attraverso un sondaggio a risposta multipla, soluzioni per migliorare la percezione dello spazio urbano: il 57% ritiene importante avere una buona illuminazione, il 61% ritiene rassicurante la presenza di negozi in attività, mentre la presenza di forze armate è percepita sia come un elemento di sicurezza che di pericolo da una percentuale simile di intervistati. Le aree periferiche e la stazioni sono percepiti come i luoghi più pericolosi della città. Per contrastare il fenomeno della violenza di genere Diana De Marchi Presidente della Commissione Pari Opportunità di Milano (2016-2021) afferma che sono stati portati avanti progetti di educazione e informazione nelle scuole e nei centri di aggregazione così come progetti di ri-

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piedi e organizza eventi per la sensibilizzazione di tematiche come violenze e molestie per strada. Secondo un sondaggio che lo stesso coordinamento ha rivolto ai suoi volontari e ai suoi utenti il 100% pensa che Rightrides ha determinato un cambiamento positivo nelle loro vite, il 93% degli utenti e il 80% dei volontarie ritiene che questo tipo di iniziativa possa contribuire a porre fine, in maniera sistematica, al problema di molestie ed aggressioni.

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La città delle possibilità A destra in alto: Milano. Un violador en tu camino, flash-mob di NUDM © Bruna Orlandi A destra in basso: La violenza non è (solo) nella tua testa. Parlane. Milano, Corvetto. © Azzurra Muzzonigro

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chiamare il numero della polizia inglese dei trasporti. L’operatore del call center è rimasto in chiamata con la ragazza per tutto il tragitto fino alla sua destinazione, intanto alla stazione successiva del personale di polizia è salito sul treno per tenere sotto custodia gli uomini indagati.

Alla fermata di arrivo di Charlotte una pattuglia della polizia l’ha scortata presso un centro di sostegno delle vittime (victim support center) per poi riaccompagnarla fino al suo appartamento così da non dover affrontare nessun percorso da sola.

La sua testimonianza si conclude consigliando di chiamare il numero d’emergenza davanti ad un episodio analogo, poiché si è trovata protetta da tale procedura. Stabilire un protocollo simile da attuare in questi casi dovrebbe essere la norma in qualsiasi Paese per garantire il diritto delle donne di sentirsi sicure negli spazi urbani.

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«Se volete fare qualcosa per le donne fate qualcosa per i pedoni.»15 A destra in alto: Una scala senza barriere architettoniche nel 9° distretto di Vienna © Josef Lex Thurnstiege A destra in basso: Le strade e le aree pedonali del quartiere di Aspern prendono il nome dalle donne © Daniel Hawelka for Seestadt

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spesa e passeggini i quali erano ostacolati da eventuali buche o dissesti del pavimento stradale. Una volta raccolti i dati il comune di Vienna ha progettato un piano per migliorare la mobilità pedonale. È stata migliorata l’illuminazione stradale posizionando lampioni dove era necessario, sono stati allargati i marciapiedi ed è stata installata una grande rampa che collegava una delle maggiori intersezioni stradali, così da permettere una circolazione più semplice a passeggini, persone in sedia rotella o deambulatori.

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2.3 La città accessibile Dagli anni Novanta la municipalità di Vienna ha deciso di adottare un principio di gender mainstreaming (integrazione di genere) nella progettazione degli spazi urbani. Nel 1996 gli amministratori della città hanno lanciato un sondaggio tra i propri cittadini sull’uso dei trasporti pubblici, le risposte degli uomini riportavano un tragitto che si identificava con quello di casa-lavoro e lavoro-casa utilizzando maggiormente il proprio veicolo o i mezzi di trasporto. Le donne invece descrivevano i loro tragitti come una serie di tappe concatenate, una mobilità, che come abbiamo visto nel capitolo uno, è chiamata trip-chaining.

A causa di questo tipo di mobilità la maggior parte delle donne prendeva svariati mezzi di trasporto e affrontava anche tratte a piedi, risultava quindi, ugualmente importante, considerare la mobilità lenta composta da strade pedonali e ciclabili. Il sondaggio dimostrava che gli uomini avevano una percezione migliore dello stato dei marciapiedi, perché ne erano fruitori meno frequenti e perché era meno probabile dovessero farsi carico di buste della

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rete del trasporto pubblico rete di piste ciclabili passaggio libero delle bici

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MODELLO ATTUALE

MODELLO SUPERILLES

veicoli di privati veicoli dei residenti servizi urbani e d’emergenza trasporti DUM*

area vicino alla zona DUM* controllo accesso rete di circolazione elementare area proprietà dei pedoni

La mobilità lenta è diventata protagonista anche di un altro progetto urbano, quello della città di Barcellona. La giunta guidata dalla sindaca Ada Colau si è sempre fatta portavoce di «[...]un’urbanistica a vocazione sociale»16 una progettazione che quindi si propone di mettere al centro il cittadino e non gli investitori privati o il turismo. Tra i punti di questa visione vi è anche la lotta contro l’automobile che secondo i dati a Barcellona occupa il 60% dello spazio pubblico. I ricavi di questa battaglia hanno risvolti sia in ter-

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mini ecologici con la riduzione di anidride carbonica, che comunitari ridando ai residenti il loro quartieri. Il comune ha deciso quindi di intervenire con il programma delle Superilles: un macro-isolato, composto da nove isolati, che veicola il traffico al suo perimetro; all’interno invece, le macchine viaggiano in una sola corsia con un limite di dieci chilometri all’ora. Inoltre l’iniziativa rende attiva la partecipazione dei residenti attraverso collettivi che possono esprimere critiche e consigli.

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DUM*= distribuzione delle merci

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taggiosa ed ecologica. Così come sottolinea il comprehensive plan della sopracitata Umeå che propone il suo progetto de: «La città dei cinque chilometri»18 un piano che prevede di raggiungere in massimo cinque chilometri servizi essenziali, commerciali e aree residenziali. Le funzionalità miste sono la chiave di tutti questi progetti che pongono come obbiettivo la possibilità di creare un ambiente accessibile e disponibile a tutti i gruppi sociali.

Pag. 51 in alto: Modello di Superilles Pag. 51 in basso: Bambini che giocano in una areea pedonale del quartiere Poblenou,dove il progetto Superilles è stato attuato.

Nella pagina precedente: Superilla a Sant Antoni © Florencia Andreola A destra in alto: Schema che illustra il funzionamento della città dei quindici minuti, Parigi.

A destra in basso: Disegno della città dei quindici minuti.

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Questo concetto è portato su un altro livello con la città dei quindici minuti di Anne Hidalgo, sindaca di Parigi. Il sistema consiste nel posizionare tutti i servizi in un raggio di quindici minuti a piedi dalla propria abitazione. L’obbiettivo risulta quindi quello di decostruire la città rispetto alla zonizzazione avvenuta dalla prima rivoluzione industriale in avanti. Carlos Moreno, professore alla Sorbonne di Parigi che lavora con Hidalgo al progetto della città intelligente dice: «[…] per concentrare le attività, mi è sembrato logico moltiplicare le funzioni degli edifici di solito monouso, come rendere una scuola un luogo di attività sociali o culturali al di fuori dell’orario scolastico. In sostanza, un forte sentimento di appartenenza e amore per la sua città mi è sembrato essenziale per evitare che si disincarnasse e soffrisse di mancanza di rispetto.

La città di un quarto d’ora […] consente a te stesso, alla tua famiglia e ai tuoi vicini, di moltiplicare l’uso dei luoghi, di suscitare orgoglio e attaccamento.» 17 Questo tipo di città va incontro alla mobilità trip-chaining e quindi risulta una soluzione valida, nonché socialmente van-

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serve iniziare a pensare le città dalla prospettiva delle persone, tutte, e non esclusivamente da quella maschile e delle auto.» 20

Per cambiare le città è anche necessario intervenire sulla progettazione degli edifici. Un esempio di come le donne vengano tagliate fuori dalla progettazione dell’edilizia pubblica è il progetto Minha Casa, Minha Vida (Mia Casa, Mia Vita) voluto dal sindaco di Rio in concomitanza della World Cup nel 2014. Si è deciso di intervenire sulle favelas della capitale brasiliana per ragioni che ha detta dell’amministrazione erano spinte solo da motivi di sicurezza, dato che le residenze informali si trovavano in zone non adatte alla costruzione, ma tutta l’operazione fa presupporre ad una slum clearance in concomitanza con i mondiali

di calcio. Le case nelle favelas sono state rase al suolo e il comune ha dato in cambio ai residenti le case del progetto Minha Casa, Minha Vida (Mcmv) situate nell’area di Campo grande e le maggiori vittime di questa decisione sono state le donne. Il brasile ha il più alto numero di lavoratrici domestiche di tutto il mondo: il 17% delle brasiliane lavora come governante. Ciò significa la maggior parte delle donne lavora presso case della classe medio-alta che si trovano al centro di Rio, mentre i complessi residenziali Mcmv erano stati costruiti in una zona a due ore e mezza dal centro e il servizio del trasporto pubblico presente era poco affidabile e collegato male. Non solo quindi molte madri dovevano spendere cinque ore per arrivare e tornare dal lavoro, ma non sapevano a chi lasciare i figli dato che nelle vicinanze non c’erano né scuole né asili. Nelle favelas la mancanza di questo tipo di servizi era sostituito dall’aiuto comunitario, infatti durante le ore di gioco i bambini erano sempre tenuti d’occhio da qualcuno e quando i genitori erano a lavoro i nonni erano incaricati di tenere i figli. Le dimen-

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lo stesso biglietto viaggi di andata e ritorno, anche con più ingressi in metropolitana.»19 Il biglietto si differenzia dal precedente per l’estensione del suo utilizzo, 15 minuti in più, e per la possibilità di poterlo usare per più accessi in un arco temporale di 90 minuti dalla prima convalida.

Nonostante ciò non è da escludere il problema dell’aumento di prezzo da 1,50€ a 2€ risentito soprattutto nelle fasce più deboli a cui si è cercato di rimediare con l’aumento del bacino per le agevolazioni.

Alla Conferenza dei cambiamenti climatici Cop26, Janet Sanz, vicesindaca di Barcellona ha sottolineato quanto pensare le città in maniera diversa possa essere una scelta ecologica oltre che sociale: «La democratizzazione dello spazio pubblico va a braccetto con la lotta ai cambiamenti climatici. Un cambio di prospettiva nello street design è essenziale perché donne, bambini, anziani ne prendano la guida e contribuiscano a creare un nuovo modello urbano che renda le nostre città vivibili di fronte all’emergenza climatica e alle disuguaglianze sociali. Le città devono cambiare per combattere queste emergenze e

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Un’ulteriore alternativa per venire incontro alla mobilità trip-chaining è investire su mezzi di trasporto flessibile come l’autobus, che al contrario di metro e treno, permette di variare fermate in base a nuove necessità. L’architetta spagnola Inés Sánchez de Madariaga suggerisce un mezzo che sia intermedio tra l’autobus e la macchina come i peseros messicani: piccoli autobus da una dozzina di posti. Rivoluzionare anche il piano tariffario è una possibilità da tenere in considerazione, permettendo di acquistare biglietti a tempo, ovvero biglietti che consentano molteplici cambi di linea in periodo di tempo determinato. Come è successo a Milano quando il 15 luglio del 2019 l’amministrazione ha fatto entrare in vigore il Sistema Tariffario Integrato del Bacino di Mobilità (STIBM) in sostituzione del Sistema Integrato Tariffario dell’Area Milanese (SITAM). Come dice il sito dell’azienda dei trasporti milanesi (ATM): «Il nuovo biglietto ordinario permette di spostarsi percorrendo più tratte e combinando più mezzi, in modalità sia continuativa sia con più soste intermedie; pertanto è possibile effettuare con

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A destra in alto: La corte del complesso è completamente pedonale e dotata di tante aree verdi A destra in basso: Layout degli appartamenti di FWS I flessibile per ogni tipo di utenza

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dono più tempo nell’accompagnare i bambini a scuola, i genitori a carico dal medico e facendo commissioni per la cura della casa. Le unità abitative hanno come punto centrale la cucina da cui è possibile vedere ogni altro ambiente della casa, la scrittrice C. Criado Perez aggiunge: «Oltre a permettere alle donne di tenere d’occhio i figli mentre sono impegnate in cucina, questo assetto spaziale colloca il lavoro domestico al centro di ogni abitazione: una sfida a chi vorrebbe rifilarlo tutto alle donne.»21 Inoltre l’area è vicina a scuole primarie e di secondo grado in modo che crescendo i figli possano diventare autonomi e la zona risulta ben collegata con il trasporto pubblico. Attualmente, a Vienna, sono presenti tre residenze di questo tipo: Frauen-Werk-Stadt I, II, III .

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sioni degli appartamenti Mcvm non permettevano a nuclei famigliari numerosi di abitare insieme, il che faceva venire a meno l’aiuto di altri parenti nella cura dei bambini, inoltre le residenze erano progettate in modo da garantire la privacy tra i vicini, un principio che si trovava agli antipodi rispetto al senso comunitario di condivisione che era presente nell’abitazioni informali.

Un’alternativa a questo tipo di costruzione esiste e si trova a Vienna.

Nel 1993 è stato bandito il concorso per la costruzione di una serie di residenze popolari a cui è stato dato il nome Frauen-Werk-Stadt (La città delle donne che lavorano). Dopo aver appreso i dati sul lavoro di cura non retribuito delle austriache l’amministrazione si è chiesta cosa si potesse fare per rendere più facile la vita delle donne. Da qui nasce Frauen-Werk-Stadt I uno stabilimento con all’interno aree verdi che permettono a genitori e bambini di spendere tempo all’aperto senza andare troppo lontano da casa. Il complesso di quattro edifici comprende un asilo, una farmacia, uno studio medico e dei negozi di alimentari poiché si è visto che le donne per-

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Note https://lup.lub.lu.se/luur/download?func=downloadFile&recordOId=8931543&fileOId=8932505 19 https://www.atm.it/it/AtmNews/AtmInforma/Pagine/nascenuovosistematariffario.aspx 20 https://www.wired.it/article/donne-trasporti-cop26/ 21 C. C. Perez, Invisibili, cit 18

Bibliografia Andreola, Florencia e Muzzonigro, Azzurra, Milan gender atlas, Letteraventidue, 2021.

Kern, Leslie, La città femminista. La lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini, Treccani Visioni, 2021.

Perez, Caroline Criado, Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano, Einaudi, 2020.

Sitografia https://www.researchgate.net/publication/258128957_Children’s_Use_ of_Public_Space http://makespaceforgirls.co.uk/wp-content/uploads/2021/02/Make-Space-for-Girls-Summary-of-Research-findings-December-2020-web. pdf https://charter-equality.eu/exemple-de-bonnes-pratiques/urban-planning-on-girls-conditions.html https://www.bbc.com/news/world-41603115 https://www.reuters.com/article/women-poll-carriages/exclusive-poll-does-single-sex-public-transport-help-or-hinder-women-idUKL6N0S42MD20141029

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“A gendered gaze on public spaces – placemaking and spatial justice” Ep. 3 del podcast: Women in urbanism. Guest: Milena Ivković, Host: Raquel Teixeira Dos Santos, 11 ottobre 2021.

2 “Designing safer for women” Ep. 508 del podcast: The Urbanist. Guest: Imogen Clark e Leslie Kern, Host: Andrew Tuck, 8 July 2021.

3 https://www.researchgate.net/publication/258128957_Children’s_Use_ of_Public_Space 4 http://makespaceforgirls.co.uk/wp-content/uploads/2021/02/Make-Space-for-Girls-Summary-of-Research-findings-December-2020-web. pdf 5 Caroline Criado Perez, Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano, Einaudi, 2020.

6 C. C. Perez, Invisibili, cit.

7 C. C. Perez, Invisibili, cit.

8 C. C. Perez, Invisibili, cit.

9 C. C. Perez, Invisibili, cit.

10 https://lup.lub.lu.se/luur/download?func=downloadFile&recordOId=8931543&fileOId=8932505 11 Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, Milan gender atlas, Letteraventidue, 2021.

12 https://milano.repubblica.it/cronaca/2022/02/05/news/casa_delle_ donne_vince_bando_comune_milano_resta_nella_sua_sede-336533908/ 13 F. Andreola e A. Muzzonigro, Milan gender atlas, cit.

14 F. Andreola e A. Muzzonigro, Milan gender atlas, cit.

15 https://www.theguardian.com/cities/2019/may/14/city-with-a-femaleface-how-modern-vienna-was-shaped-by-women 16 https://ilgiornaledellarchitettura.com/2016/12/04/barcellona-tutti-pazzi-per-le-superilles/ 17 https://www.elledecor.com/it/lifestyle/a33009232/anne-hidalgo-parigi-15-minuti/ 1

https://link.springer.com/content/pdf/10.1057/s41300-017-0032-5.pdf https://lup.lub.lu.se/luur/download?func=downloadFile&recordOId=8931543&fileOId=8932505 https://www.bloomberg.com/news/articles/2013-09-16/how-to-designa-city-for-women https://lup.lub.lu.se/luur/download?func=downloadFile&recordOId=8931543&fileOId=8932505 https://www.boell.de/en/2014/06/11/we-were-not-invited-party-women-and-world-cup Immagini p. 38 - Design di attrezzature da gioco realizzate da Make space for girls da: https://makespaceforgirls.co.uk/what-does-better-look-like/ p. 40 - parco nel quartiere di Nordbahnhof, Vienna da: https://www.rtpi. org.uk/media/4471/george-pepler-report_200301_final.pdf p.40 - Einsiedler Park, Vienna: https://www.rtpi.org.uk/media/4471/george-pepler-report_200301_final.pdf p. 48 - Un violador en tu camino, flash-mob di NUDM, Milano da: Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, Milan gender atlas, Letteraventidue, 2021. p. 48 - Scritta su un muro: “La violenza non è (solo) nella tua testa.

Parlane.” Milano, Corvetto da: Milano da: Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, Milan gender atlas, Letteraventidue, 2021. p. 50 - Una scala senza barriere architettoniche nel 9° distretto di Vienna da: http://3.bp.blogspot.com/-_OKcc78fNlw/UkekIS0w8LI/AAAAAAAAAAk/50RyZ_V5_0E/s1600/Josef+Lex+Thurnstiege.jpg p. 50 - Quartiere di Aspern, Vienna: https://www.theguardian.com/

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https://transweb.sjsu.edu/sites/default/files/2611-women-transportation. pdf

cities/2019/may/14/city-with-a-female-face-how-modern-vienna-wasshaped-by-women p. 51 - Quartiere Poblenou, Barcellona da: https://ilgiornaledellarchitettura.com/2016/12/04/barcellona-tutti-pazzi-per-le-superilles/#foobox-1/6/Confederacion-de-talleres-de-proyectos-de-arquitectura.jpg p. 52 - Superilla a Sant Antoni, Barcellona da: Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, Milan gender atlas, Letteraventidue, 2021. p. 54 - Schema che illustra il funzionamento della città dei quindici minuti di Parigi da: https://www.ilriformista.it/wp-content/uploads/2021/10/117 771116_3725467060813885_7080536903877284859_n.jpg p. 54 - Disegno della città dei quindici minuti di Parigi da: https://aspeniaonline.it/wp-content/uploads/2021/10/paris-en-commun.jpg p. 58 - cortile Frauen-Werk-Stadt I da: https://www-.openhouse-wien. at/de/frauenwerkstadt.html p. 58 - piante appartamenti Frauen-Werk-Stadt I da: https://www.theguardian.com/cities/2019/may/14/city-with-a-female-face-how-modernvienna-was-shaped-by-women

3. La città equamente condivisa

Fair shared cities (città equamente condivisa) è il titolo del libro di I. S. de Madariaga e M. Roberts. Il concetto di città equamente condivisa nasce con l’intento di riconoscere ed ascoltare le sproporzioni presenti nella società al fine di creare uno spazio urbano adatto a tutti. Una città equamente condivisa è una città che dà le stesse possibilità, una città che ascolta e può essere usata da tutti. Quale contributo possono dare i progettisti di spazio alla creazione di tale città? Nel capitolo precedente abbiamo individuato esempi provenienti da tutto il Mondo, ma quali sono le linee guida generali per progettare una città non ostile?

© Caterina Cecilia Ziparo

3.1 Il suo volto Partiamo dalla considerazione che una città equamente condivisa è una città che mette al centro le persone. Nel capitolo uno si è citato l’esempio della stazione ferroviaria di Melzo, lo spazio risultava ostile perché le file di automobili creavano un labirinto, in aggiunta il percorso era deserto e non mancavano vicoli ciechi o bui. L’architetto Jan Gehl a tal proposito nel suo libro Life between building scrive: «Con la rivoluzione industriale si è divisa la città in diverse aree in base alla loro funzione, questo ha causato la nascita di città patinate e monotone.

Città morte che fanno affidamento

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Bologna

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solo sull’automobile dove la vita è segregata nelle aree residenziali.»1 È una tendenza che caratterizza soprattutto le città nord americane e le metropoli di nuova nascita. La segregazione degli spazi porta alla creazione di zone fantasma, ovvero aree in cui passato un certo orario, svolta la propria funzione, perdono i suoi abitanti e diventano deserte.

Queste sono le strade più pericolose, quelle che non hanno occhi che le guardano. L’antropologa Jane Jacobs definisce questo fenomeno nel suo libro The death and life of great

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© Elisa Reposo

american cities. Jacobs spiega che una città sicura non è resa tale principalmente dalla presenza di forze dell’ordine, piuttosto da: «[…] un’ intricata, quasi inconsapevole, rete di controlli costituita dalle persone, e rafforzata da esse stesse.»2 Nel sondaggio di Milano gender Atlas, citato nel capitolo precedente, era risultato che una soluzione voluta delle donne al problema sicurezza nei luoghi pubblici era progettare un’adeguata illuminazione, ma quanto è efficacie una buona illuminazione se non c’è nessuno a guar-

Dal progetto Piazze aperte, Piazza a NoLo, Milano

Le donne occupano spazi

Giardini dei palazzi reali, Parigi

Atlas riportava che le donne si sarebbero sentite più al sicuro con la presenza di negozi in attività. Un fattore rilevante contro la desertificazione delle strade e la conseguente sicurezza negli spazi pubblici risulta quindi essere il piccolo commercio su strada. Le vie con negozi aperti al pomeriggio o alla sera sono quelle più frequentate.

In aggiunta i proprietari di piccole attività sono solitamente sostenitori della pace e dell’ordine: «[…] sono perfetti osservatori di strade e guardiani dei marciapiedi se presenti in

La città equamente condivisa

dare? Le strade sono protette dai propri passanti e abitanti che inconsciamente svolgono questa azione di sorveglianza. Jacobs ha coniato l’espressione “occhi sulla strada”: più sguardi osservano lo spazio urbano più esso è sicuro.

Per attirare persone gli spazi devo permettere attività che le coinvolgano direttamente. La vita tra gli edifici assume, quindi, un ruolo importantissimo, ma come deve essere alimentata questa vita?

La risposta più gettonata del sopracitato sondaggio di Milano gender

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La città equamente condivisa Ninot Market, Barcellona

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© Adrià Goula

numero sufficiente.»3 La soluzione è creare connessioni fisiche e visive dal privato al pubblico. Un progetto in questo senso è quello del Ninot Market a Barcellona dove i vari stand hanno un affaccio diretto sulla strada, le attività si pongono in maniera estroversa con l’esterno e creano luoghi dove è piacevole sostare.

Negli edifici residenziali l’apertura sulla strada è creata dai portici al piano terra o dai balconi-corridoi delle case a ringhiera. Jacobs scrive che: «L’effetto psicologico di questi elementi di apertura è efficacie in termini di sorveglianza.»4

©Alessandra Zappa

È importante riconoscere che la progettazione dell’ambiente esterno l’influisce sul tempo che i cittadini spenderanno all’aperto. Secondo Gehl esiste una formula ideale per progettare strade che rendono confortevole il passaggio delle persone: dai 10 ai 15 pedoni al minuto per una strada larga 10 metri. Inoltre Gehl ha la sensibilità di pensare al traffico pedonale su ruota, ovvero coloro che sono in sedia a rotelle o che spingono un passeggino o un carrello porta spesa. Questi utenti hanno bisogno di uno spazio ancora più ampio per transitare. Una del-

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Venezia

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© Caterina Cecilia Ziparo

Strøget, Copenaghen

© Naumova Ekaterina

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riparo dal sole. La città equamente condivisa è una città di incontri è una città di scambi. È per l’appunto una città pedonale. Copenaghen dal 1968 al 1995 ha allargato le sue aree pedonali con l’aumentare della popolazione. Un’equazione naturale, fisiologica: se ci sono più persone avranno bisogno di più spazio per camminare. Un concetto simile si traduce nell’iniziativa Piazze aperte a Milano che offre di ridare valore ad ex parcheggi trasformandoli in aree pedonali in cui vengono proposte attività d’intrattenimento di vario tipo. Le esibizioni su strada di cantanti e ballerini attraggono molta gente:

«È generalmente vero che le persone e le attività umane attirano altre persone. […]

Le persone sono attratte da altre persone.» 5 È altresì il motivo per cui le panchine che si rivolgono verso una strada pedonale o verso un parco o

una piazza sono sempre piene, perché c’è qualcosa o qualcuno con cui parlare, guardare, ascoltare. Queste interazioni spontanee creano sicurezza e conforto, è un modo per conoscere i propri vicini e per non aver paura dell’estraneo. “Le strade sicure le fanno le donne che le attraversano” è uno dei motti del movimento Non una di meno ed esplicita il concetto che le strade sicure sono quelle popolate e il compito dei progettisti è quello di favorire questa vita attraverso gli spazi urbani.

In alto: Scritta di NUDM Milano, Corvetto. © Azzurra Muzzonigro

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le strade principali di Copenaghen, Strøget, è stata trasformata da una zona a transito misto ad esclusivamente pedonale; in aggiunta è stata allargata quattro volte in più del suo diametro iniziale. Il numero di pedoni, durante il primo anno, è aumentato di circa il 35%, mentre il transito di passeggini è aumento del 400%.

Una vittoria, una facilitazione per le persone disabili e per chi si dedica ai lavori di cura. Ma non basta allargare le strade, bisogna che esse non siano spoglie e non protette; devono avere una barriera contro il traffico automobilistico e questo limite è preferibile sia composto da alberi e cespugli che al contempo possono anche offrire

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cui «[…] quando si dà il comando ad una donna se ha successo tanto meglio. Se fallisce si potrà dire che le donne sono incompetenti.»10 O peggio non si deve raggiungere una quota sufficiente di donne in un determinato settore e fermarsi in quel punto; una tendenza che è stata sperimentata in Danimarca quando è stata eletta la sua prima ministra donna. Nonostante nel Paese a livello legislativo si era raggiunta l’equità la percentuale di sindache non ha superato il 15%. Ulrik Kjaer, professore di scienze politiche presso l’Università della Danimarca meridionale ha commentato questo dato: «Dal momento che abbiamo già alcune donne sindache e abbiamo avuto una prima ministra donna, tendiamo a spuntare la casella dell’uguaglianza di genere - Ok, abbiamo finito con questo, abbiamo raggiunto una sorta di parità’ - è il momento di concentrarsi su altri gruppi sotto-rappresentati come immigrati e giovani e così via... quando in realtà la parità di genere non è stata raggiunta.»11

È una lotta continua che richiede perseveranza e impegno, che deve fare dell’esperienza diversa un punto da cui partire e su cui lavorare. Ed è una lotta che mette in discussione tutti e ci coinvolge direttamente.

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virtuosi di Ada Colau, sindaca di Barcellona, che: «[…] ha basato la sua campagna contro gli sfratti degli inquilini e i pignoramenti ipotecari a seguito della crisi finanziaria in Spagna.»6 e Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, la quale: «[…] sta prendendo misure coraggiose per frenare l’uso delle auto nella capitale francese e migliorare la qualità dell’aria.»7 Queste sindache hanno avuto la possibilità di potare il loro modo di vedere il mondo, una prospettiva diversa poiché diverse sono le loro esperienze. È senza dubbio necessaria la presenza di donne, ma bisogna ricordare anche che: «Quando si vede il corpo di una donna si può pensare al raggiungimento di un risultato femminista, ma il corpo di una donna non equivale ad mente femminista.»8 Inoltre: «Se ci sono differenze di genere negli obbiettivi politici, questo non necessariamente indica che i politici uomini o donne agiranno in base al loro genere.»9 Questo perché la soluzione non è nell’azione della singola donna, non si deve cadere nel cosiddetto glass cliff (il precipizio di vetro). Quel fenomeno per

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3.2 La città equamente condivisa è anche equamente amministrata La città equamente condivisa è amministrata anche dalle donne. È fondamentale riconoscere questo fattore, perché per poter ottenere cambiamenti efficaci e duraturi nel tempo si ha bisogno di un’amministrazione guidata anche da donne. Secondo un articolo della testata giornalistica The Guardian non esiste una percentuale esatta che indichi il numero di sindache nel mondo, perché questo ruolo varia da paese in paese. Sappiamo però che in Italia la percentuale si aggira al 15% mentre negli Stati Uniti è del 20%. Sono numeri lontani dalla parità, nonostante la presenza di donne nelle amministrazioni sia un dato in crescita. Studi hanno dimostrato che donne e uomini hanno obbiettivi diversi nelle loro politiche. Le donne in quanto minoranza (una minoranza in termini di rappresentazione e non di numero) sono solite avere più a cuore tematiche come inclusione sociale, lotta alla parità di genere, lotta al cambiamento climatico. Come dimostrano gli esempi

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Bibliografia Andreola, Florencia e Muzzonigro, Azzurra, Milan gender atlas, Letteraventidue, 2021.

Gehl, Jan, Life between buildings, Island press, 2011. (pp. 9-39; 129-145) Gruber, Lilli, Basta! Il potere delle donne contro la politica del testosterone, Solferino, 2019 Jacobs, Jane, Death and life of great american cities, Vintage books, 1992 (pp. 29-55) Sanchez de Madariaga, Inés e Roberts Marion, Fair shared cities The Impact of Gender Planning in Europe, Routledge, 2016

Sitografia https://www.theguardian.com/cities/2016/oct/12/global-rise-female-mayors https://www.researchgate.net/publication/272496529_Do_female_ mayors_make_a_difference_Evidence_from_Bavaria https://ecpr.eu/Filestore/paperproposal/0dd0577c-1a34-4f59-850f-ea9217c3c49f.pdf https://www.openpolis.it/ancora-troppe-poche-le-sindache-in-italia/ https://www.iri.org/news/women-mayors-make-a-difference/ Immagini p.67 - El Ninot market, Barcellona da: https://archinect.com/firms/ project/3205/remodelling-of-el-ninot-market-in-barcelona/130920348 p.66 - Piazza a NoLo da: https://www.radiolombardia.it/wp-content/ uploads/2019/09/48759331681_4db58460e5_k.jpg p.70 - Strøget, Copenaghen da: ShutterStock p. 71-72 - Le strade sicure le fanno le donne che le attraversano, Milano, Corvetto da: Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, Milan gender atlas, Letteraventidue, 2021.

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Note 1 Jan Gehl, Life between buildings, Island press, 2011.

2 Jane Jacobs, Death and life of great american cities, Vintage books, 1992 3 J. Jacobs, Death and life of great american cities, cit.

4 J. Jacobs, Death and life of great american cities, cit.

5 J. Gehl, Life between buildings, cit.

6 https://www.theguardian.com/cities/2016/oct/12/global-rise-female-mayors 7 https://www.theguardian.com/cities/2016/oct/12/global-rise-female-mayors 8 https://www.theguardian.com/cities/2016/oct/12/global-rise-female-mayors 9 https://www.researchgate.net/publication/272496529_Do_female_ mayors_make_a_difference_Evidence_from_Bavaria 10 Lilli Gruber, Basta! Il potere delle donne contro la politica del testosterone, Solferino, 2019 11 https://www.theguardian.com/cities/2016/oct/12/global-rise-female-mayors

L’assenza di dati di cui parla Criado Perez, che è la conseguenza di quel modo di non pensare, quasi inconscio, alle donne è questo il primo punto su cui bisogna intervenire per cambiare lo status quo. La maggior parte delle città contemporanee attualmente risulta non supportare le esigenze di genere. È necessario che i progettisti di spazio e amministratori della città abbandonino l’idea di un corpo universale e di soluzioni universali al fine di optare, invece, verso tecniche tutte differenti cucite su misura ad ogni contesto. Bisogna inoltre ribadire che la diversità dei corpi non è solo fisica è anche sociale, poiché dati alla mano nella società odierna vi sono ancora squilibri. Nell’elaborato sono state illustrate proposte, dalle intenzioni virtuose, provenienti da tutto il mondo. Alcune di esse si sono dimostrate efficaci altre sono tutt’ora oggetto di discussione; questo a dimostrazione che il dibattito sulla progettazione di genere è ancora giovane e per questo si ha davanti tanta strada da percorrere. Nonostante ciò si può dire che il panora-

ma europeo è ricco di iniziative, in particolar modo nei paesi del Nord.

I campi d’intervento di questi progetti sono molteplici: dalla mobilità, a parchi e playgrounds e ancora accessibilità ai servizi e sicurezza nei luoghi pubblici. Tutti ambiti rivisti dalla pianificazione di genere attraverso lo sguardo della raccolta dati che risulta essere lo strumento principale per riconoscere e comprendere questo fenomeno. Lo scopo di questo elaborato, in primo luogo, è stato quello di mostrare come aspetti più “banali” dello spazio urbano possano avere impatti diversi sui due generi. Si è poi sottolineata l’importanza di coinvolgere le donne non solo attraverso il racconto delle proprie esperienze, ma attivamente permettendo loro di svolgere ruoli nell’amministrazione dello spazio. L’inclusione può essere efficace solo se le decisioni vengono prese anche dalle donne.

Si è concluso mostrando il volto di una città attenta, una città sensibile dove lo spazio è vivo e può creare possibilità. È una città che si pone domande, una città che mette al

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Conclusione

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comunali abbiano orari compatibili con quelli di un/a lavoratore/trice o di un genitore lavoratore. Nella progettazione si dà particolare rilievo ai parchi e playgrounds per aumentare la partecipazione femminile iniziando dalla giovane età. Vi sono attività e giochi utilizzati ugualmente da bambine e bambini. Non sono presenti percorsi che finiscono in vicoli ciechi o una vegetazione densa che limiti la visibilità. È una città dove le donne occupano spazi, ma anche cariche amministrative al fine di garantire sempre l’integrazione della loro visione.

Ascoltare le esigenze e le proposte femminili non vuol dire marchiare le suddette con un bollo riservato solo alle donne ma vuol dire guardare le cose con lungimiranza pensando a quando questi squilibri non esisteranno più e la città potrà essere veramente un luogo migliore per tutti.

Non sarà più una città ostile, sarà una città piena di possibilità.

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centro la persona. E con la persona la sua mobilità, quindi predilige la mobilità dolce. Ha molte aree completamente pedonabili o accessibili solo dai mezzi pubblici, questi ultimi hanno tratte che considerano diversi tipi di spostamenti come sono quelli di genere. Il mezzo principale per spostarsi nella città non è più quello privato; non ci sono file interminabili di parcheggi poiché i luoghi vivibili, sicuri, confortevoli li fanno le persone e non le macchine. Sono spazi urbani con all’interno funzionalità miste in modo da garantire attività aperte in ogni fascia oraria e aumentare la percezione della sicurezza. L’amministrazione è attenta all’illuminazione nelle strade, ma anche al loro stato affinché carrozzine e passeggini non incontrino difficoltà a transitare. È una città attenta all’accessibilità ai servizi che posiziona linee del trasporto pubblico, studi medici, scuole, negozi di prima necessità, bagni pubblici e asili in modo tale che essi siano facilmente raggiungibili da tutti i cittadini senza discriminazioni. È importante in questo senso la pianificazione oraria per far sì che i servizi pubblici come sportelli

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Ringraziamenti Ringrazio mia mamma Celeste e mio papà Arturo per avermi insegnato ad essere creativa, sensibile e coraggiosa. Ringrazio mia sorella Maria Francesca di essere stata sempre presente con la sua dolcezza e il suo supporto.

Ringrazio Martina, Sara e Chiara, le mie compagne delle prime esplorazioni nella città. Tra tutte le cose che mi hanno insegnato quella più importante è stata che le donne possono occupare tutto lo spazio che sognano.

A loro dedico il titolo di questa tesi.

Ringrazio Angela e Federico per aver reso questo percorso di studi un’avventura unica.

Ringrazio Rachele e Serena per tutta la strada che abbiamo fatto insieme.

Ringrazio tuttæ coloro che mi hanno ccompagnata nella stesura di questa tesi. Ringrazio chi mi ha aiutata con le “frasi rosse” quelle frasi ingarbugliate che non riuscivo a districare.

A chi c’è da anni, a chi c’è da poco, a chi non c’è più, ringrazio tuttæ coloro che hanno reso questi anni così leggeri e così fantastici.