Onda Verde n.53

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Il limite della discordia

Periodico bimestrale online edito dall’Automobile Club d’Italia - Anno X - n.53 - maggio-giugno 2024 53
sulla
30 km/h
Il dibattito
città a
criticità La posizione dell'ACI Il quadro europeo
caso Amsterdam
caso Berlino Articoli da pagina 3
Pro e contro, vantaggi e
Il
Il
il
ambiente
Ambiente Accessibilità Trucks Foto: G. Schicchi Infrastrutture Studi e Ricerche Mobility Management Articolo a pagina 62 Statistiche Parco circolante 2023 Articolo a pagina 66 In biblioteca 1959: il motorsport alla svolta Articolo a pagina 58 In Fiera Mobilità
Dalle metropoli europee alla città di Bologna: il limite di 30 km/h sulle strade urbane arroventa
dibattito su
e sicurezza
Dichiarazione di Bruxelles
Europa L'opinione degli autodemolitori Osservatorio droni PoliMi 2024 Articoli da pagina 16 Intertraffic Amsterdam 2024 Articolo a pagina 34 UITP: un TLP sempre più inclusivo Articolo a pagina 36 Più lunghi e più pesanti? Articolo a pagina 40 Restyling dell'Autodromo di Monza Articoli da pagina 44
Gli impianti a fune urbani Riciclo delle batterie in
52
Dalle dispute UE ai parchi di Roma Articoli da
pagina
In Primo Piano

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DIBATTITO APERTO SULLA VELOCITÀ MASSIMA CONSENTITA NELLE AREE URBANE

La soglia dei 30 km/h che ridisegna la città

Inattesa di dati consolidati di lungo periodo che comprovino effettivi vantaggi e benefici, la decisione del Comune di Bologna di estendere all’intera area urbana il limite di velocità di 30 km/h ha dato l’abbrivio in Italia ad una lunga serie di discussioni, pro e contro l’iniziativa attuata nel capoluogo emiliano. Questo dibattito, ulteriormente alimentato da ripetuti annunci di iniziative analoghe in progetto in altre grandi città del nostro Paese, ha quindi portato ad una più approfondita analisi dell’intera questione, ovvero se una significativa riduzione della velocità dei veicoli sulle strade urbane comporti o meno un miglioramento degli standard di sicurezza e, non ultimo, della qualità dell’aria, senza compromettere la fluidità del traffico e più in generale la mobilità delle persone e delle merci.

Proprio con l’obiettivo di dare priorità alla sicurezza stradale e promuovere una vita urbana più sostenibile, diverse città europee hanno già introdotto da tempo il nuovo limite di velocità di 30 km/h nelle aree urbane. Questo cambiamento significativo nella regolamentazione del traffico mira infatti a creare strade più sicure e più adatte soprattutto alle utenze più vulnerabili (pedoni e ciclisti in primis), riducendo il rischio di gravi incidenti e promuovendo un

La recente iniziativa avviata a Bologna ha aperto in Italia un’ampia discussione sui reali benefici di una generalizzata riduzione della velocità in ambito urbano.

maggiore senso di comunità tra i residenti.

Il passaggio al limite di velocità di 30 km/h riflette dunque uno spostamento più ampio verso una pianificazione urbana sostenibile e il desiderio di dare priorità al benessere dei residenti rispetto alla comodità dei veicoli, contribuendo a ridurre il numero delle vittime della strada, l’inquinamento acustico e quello atmosferico, in particolare nelle aree densamente popolate, per creare città più sane e vivibili.

I critici del nuovo limite di velocità sollevano tuttavia preoccupazioni non solo sull’utilità oggettiva di

tale iniziativa ai fini della sicurezza e della tutela ambientale, ma anche e soprattutto sui potenziali impatti sui tempi di viaggio e sulla congestione. I sostenitori della nuova misura, di contro, affermano che i benefici attesi superano di gran lunga qualsiasi inconveniente e che incentivando uno spostamento della mobilità verso modalità di trasporto alternative, come la bicicletta e il trasporto pubblico, il limite di 30 km/h è destinato ad alleviare il traffico e ridurre la dipendenza dalle auto private, con tutto ciò che ne consegue in termini di salute e utilizzo degli spazi pubblici.

Se tutte le città europee sono impegnate da tempo a dare priorità alla sicurezza e alla sostenibilità nei loro sforzi di pianificazione urbana, la riduzione generalizzata della velocità massima consentita in città rappresenta per molti, in questo contesto, un passo significativo verso la creazione di comunità più inclusive e resilienti. Una misura necessaria per reinventare il ruolo delle strade quali spazi condivisi per tutti gli utenti, abbracciando una visione della vita urbana che pone al centro le persone rispetto alle auto. L’adozione dei 30 km/h non è però la panacea universale per curare tutti i mali che affliggono le nostre metropoli. La mancanza, alla base, di un’attenta opera di pianificazione territoriale, supportata da dati affidabili, da una reale comprensione delle esigenze di mobilità dei cittadini e da un costante impegno di confronto e condivisione, rischia infatti di trasformare in mera inaccettabile imposizione una riduzione generalizzata dei limiti di velocità, creando dissenso e opposizione tra quegli stessi utenti che, nelle intenzioni delle amministrazioni locali, ne dovrebbero trarre beneficio. Quale contributo al dibattito in corso, su questo numero di “Onda Verde” abbiamo quindi raccolto alcuni contributi utili ad approfondire la questione, per comprendere meglio limiti e potenzialità dell’iniziativa. In Primo Piano

UNA GOCCIA NEL MARE ?

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L'OPINIONE ACI SULLA CITTÀ A 30 ALL’ORA: INTERVISTA ALL'ING. LUIGI DI MATTEO

La classificazione delle strade presupposto per le “zone 30”

Ing. Di Matteo, l'obbligo di circolare a 30 km/h in tutta la città è una soluzione efficace e soprattutto applicabile ovunque?

"È una soluzione efficace se non è realizzata apponendo soltanto segnali di limite di velocità, ma quando è realizzata in zone prive di traffico di attraversamento e dove sono implementati interventi di moderazione della velocità tali che i veicoli a motore in quelle zone siano percepiti come dei veri e propri "intrusi". Per garantire un buon flusso di traffico, anche di merci, all'interno di una città sono necessari corridoi in cui si possano percorrere velocità di 50 o 70 km/h. Il punto interessante è la dimensione delle aree dove il limite è 30 km/h. Se queste aree sono grandi, le strade circostanti a 50 o 70 km/h vedranno transitare molti veicoli a motore. Ciò ridurrà la qualità della vita su tali strade e ostacolerà l'attraversamento delle stesse da parte di pedoni e ciclisti. Per ciclisti e pedoni, le strade a 50 e 70 km/h devono almeno essere realizzate con infrastrutture separate, ovvero piste ciclabili e marciapiedi devono essere separati dalla carreggiata".

Relazione tra velocità di impatto e rischio di morte dei pedoni negli scontri con un'auto.

Fonte: SWOV National scientific institute for road safety research in the Netherlands.

Necessario pianificare il traffico urbano distinguendo viabilità principale e locale. La velocità non è né l’unica né la prima causa di incidente stradale nelle città.

L’introduzione di un possibile limite massimo di 30 km/h per chi guida all’interno di un centro urbano continua a dividere esperti e opinione pubblica. Per cercare di fare chiarezza su alcuni punti fondamentali della questione e

comprendere meglio potenzialità e limiti di questa nuova misura, “Onda Verde” ha intervistato il Coordinatore dell’Area Professionale Tecnica dell’ACI, l’ingegnere Luigi Di Matteo, che ha così risposto alle nostre domande.

L'istituzione di "Isole ambientali", ovvero "zone 30", con una precisa distinzione tra viabilità locale e viabilità principale potrebbe apportare maggiori benefici in termini di sicurezza?

"È fondamentale creare la distinzione tra viabilità principale e locale per avere benefici in termini di sicurezza. La "zona 30" deve essere realizzata nelle aree urbane racchiuse dalla viabilità principale nelle quali è prevalente il traffico locale. Le zone a 30 km/h sono utilizzate sia dal traffico lento che da quello motorizzato. Ciò significa che in linea di principio non esistono strutture separate per i ciclisti, e talvolta nemmeno per i pedoni. Le basse velocità di guida vengono imposte fisicamente, ad esempio costruendo dossi, restringimenti stradali o chicane. Una buona progettazione delle "zone 30" deve essere preceduta da una classificazione delle strade che attribuisca la giusta funzione ad ognuna di esse".

Maggiore è la velocità e più gravi sono le conseguenze di un incidente, questo è fuori di dubbio. Ma in ambito urbano è sempre e solo la velocità la prima causa di incidente?

"La scelta della velocità per le "zone 30" deriva principalmente da considerazioni di sicurezza stradale. Raramente un incidente è mortale a una velocità d'impatto inferiore a 30 km/h. Questo vale anche per gli incidenti tra un'auto e un ciclista o un pedone. Ad una velocità d'impatto di 30 km/h oltre il 95% dei pedoni sopravvive ad uno scontro con un'autovettura; ad una velocità d'impatto di 50 km/h circa l'85% dei pedoni sopravvive ad un simile incidente. La velocità, anzi per essere precisi, il superamento dei limiti di velocità è tra le prime cause di incidente, ma è preceduta dalla guida distratta e dal mancato rispetto delle regole di precedenza. È certo, comunque, che la velocità eccessiva rende più gravi gli esiti di un evento incidentale".

Quali altri interventi di organizzazione e razionalizzazione del traffico urbano sarebbero auspicabili per ridurre l'incidentalità stradale e non solo le sue più gravi conseguenze?

In Primo Piano
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Distribuzione per età delle vittime della strada (periodo 2014-2016) su strade a 30 km/h (N=94) e a 50 km/h (N=385), esclusi i limiti di velocità temporanei per circostanze speciali.

"La nostra normativa, in particolare il Codice della Strada e alcuni decreti emanati successivamente come le linee guida per la redazione dei Piani Urbani del Traffico del 1995, contengono tante soluzioni per la organizzazione del traffico, si parla di isole ambientali, zone a traffico pedonale privilegiato, soluzioni estremamente moderne che all'estero hanno invece trovato bellissime applicazioni: mi riferisco ai woonerf olandesi,  strade dove pedoni e ciclisti hanno la precedenza e dove, grazie a una serie di accorgimenti di tipo infrastrutturale, gli automobilisti sono costretti ad adottare comportamenti di guida più prudenti. Gli olandesi, che per primi hanno adottato zone a velocità ridotta,  posseggono anche statistiche sulla incidentalità nelle zone a 30 km/h rispetto alle strade a 50 km/h. Esiste una riduzione dell'incidentalità nell'adottare le zone 30, ma i dati dimostrano una sovrarappresentazione degli incidenti occorsi ad anziani. Negli anni 2014, 2015 e 2016 (N = 94), gli anziani sono leggermente sovrarappresentati tra le morti stradali negli incidenti su strade a 30 km/h rispetto a strade a 50 km/h (N = 385). Su strade a 30 km/h circa il 60% delle vittime della strada ha 60 anni o più e il 40% ha 75 anni o più; sulle strade a 50 km/h circa il 52% delle vittime della strada ha più di 60 anni e il 35% ha 75 anni o più".

Per quanto riguarda l'impatto ambientale - emissioni inquinanti e di CO2 - viaggiare in auto a 30 km/h che ricadute ha?

"Sull'impatto ambientale sono evidenti aumenti delle emissioni a velocità più basse di 30 km/h e con motore "freddo". Ma il problema emissivo non sta nella velocità media ma nei picchi di accelerazione e decelerazione. Inoltre la frenata genera l'emissione di particelle, costi-

tuite prevalentemente di metalli pesanti, proveniente dai freni. Per ridurre l'inquinamento è necessario fluidificare il traffico e questo lo si realizza principalmente attraverso la pianificazione".

Il video ACI che mette a confronto gli esiti di un incidente a 30 km/h e a 50 km/h, riproposto in queste ultime settimane da numerose emittenti televisive (vedi immagine e link a fine articolo), risale al 2018. Da allora l'industria automobilistica ha fatto registrare progressi in termini di sicurezza passiva dei veicoli, sia per gli occupanti sia in caso di investimento di un pedone?

"L'industria automobilistica ha fatto progressi in termini di sicurezza passiva, cioè della sicurezza che, una volta che l'incidente è avvenuto, ne mitiga le conseguenze. La sicurezza passiva è qualcosa che conosciamo bene, abbiamo adottato cinture di sicurezza, airbag e, prevalentemente, per i motocicli e ciclomotori, il casco. Per quanto riguarda pedoni e ciclisti, la sicurezza passiva si realizza ad esempio attraverso la riduzione dei profilo "aggressivo" del cofano dell'auto. Questa è una delle conquiste in sicurezza che si sono realizzate grazie ai test EuroNCAP che per primi hanno introdotto i test di impatto sui pedoni. La prova di impatto simula l'investimento di un pedone alla velocità di 40 km/h. E' possibile simulare l'impatto di ogni singola parte su una porzione del profilo frontale dell'auto ben stabilita. Vengono testati singolarmente: il paraurti per la protezione delle gambe, il bordo del cofano per la parte alta delle gambe e il cofano per i punti d'impatto della testa di un bambino e di un adulto. La protezione offerta in tutti i punti d'impatto viene quindi espressa nella percentuale di protezione pedoni".

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Immagine di un woonerf olandese, iniziativa già attuata da diversi anni nei Paesi Bassi. Fonte: IenW
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Due esempi dei test effettuati dal programma di crash-test EuroNCAP per valutare i livelli di sicurezza passiva e attiva dei nuovi modelli di auto nei confronti dei pedoni.

E per quanto riguarda i sistemi automatici di ausilio alla guida, i cosiddetti ADAS?

"Oggi va perseguita la sicurezza attiva, quella che diminuisce la probabilità di incidente e EuroNCAP, valuta la presenza e la efficacia dell'AEB,  il freno automatico di emergenza delle auto, per proteggere pedoni e ciclisti. Se la vettura è equipaggiata di serie, fin dal modello base, di un sistema di frenata autonoma AEB per pedoni e ciclisti, il dispositivo viene attentamente valutato e il risultato dal 2016 va ad arricchire di 6 punti il punteggio della sezione protezione pedoni, aggiungendosi a quelli dei test di sicurezza passiva di cui ho parlato prima. Gli ADAS, oggi sempre più presenti sulle auto, anche in forza della normativa che impone la presenza di alcuni di essi, rappresentano la svolta nella sicurezza stradale. In combinazione con i tradizionali sistemi di sicurezza passiva possono giocare un ruolo decisivo nella riduzione dell'incidentalità. Va ricordato, comunque che ogni sistema, ha un limite di funzionamento e che la cosiddetta "overconfidence", cioè l'eccesso di confidenza nel sistema può creare addirittura effetti negativi".

Il parco circolante italiano è uno dei più vecchi d'Europa: favorire un rapido ricambio quanto potrebbe incidere sulla riduzione degli incidenti in città e della loro lesività?

"In Italia 4 auto su 10 hanno più di 15 anni. La possibilità di morire in un incidente a bordo di un veicolo di 10 anni è più che doppio rispetto a una vettura di nuova immatricolazione. Senza dimenticare che un Euro 1 a benzina del 1993 fa registrare emissioni di monossido di carbonio superiori del 172% rispetto a un Euro 4 oppure che un diesel Euro1 rilascia 27 volte il quantitativo di polveri sottili di un Euro5. Le

auto vecchie sono quindi un problema economico, sociale ed ambientale che va affrontato subito con misure strutturali".

Esistono tipologie di automobili che per le loro specifiche caratteristiche costruttive possono risultare più lesive per i pedoni in caso di investimento?

"Si, esistono automobili che per il loro peso, ma soprattutto per il disegno e la rigidezza del cofano e delle parti anteriori possono essere estremamente lesive per l'urto contro pedoni e ciclisti. Un esempio è l'uso dei bullbar per i fuoristrada più vecchi. Questo sta cambiando, grazie alla spinta che gli specifici test di EuroNCAP, stanno esercitando nel promuovere una maggiore attenzione da parte dei costruttori".

Un'ultima domanda. Già oggi nelle città è in vigore il limite massimo di 50 km/h, con l'eccezione di alcune strade ad alto scorrimento che consentono di viaggiare fino a 70 km/h. Questi limiti tuttavia vengono spesso superati, soprattutto quando il traffico è meno intenso e durante le ore notturne. Anche introducendo l'obbligo dei 30 km/h il problema di un efficace sistema di controlli si ripropone inevitabilmente. Quali soluzioni sarebbero auspicabili e la tecnologia anche in questo caso può essere d'ausilio?

"La questione del superamento dei limiti può essere combattuta attraverso interventi di disegno delle infrastrutture, mi riferisco ad interventi cosiddetti di traffic calming, che rendano i limiti di velocità imposti coerenti con il disegno della strada, con la "lettura" che ne ha il guidatore. La tecnologia può essere d'ausilio attraverso gli ADAS anche se l'intervento principale è quello della sensibilizzazione, dell'educazione del conducente, ma anche del pedone e del ciclista, che l'ACI persegue ad ogni età".

Il video realizzato dall'Automobile Club d'Italia nel 2018 per mettere a confronto gli esiti di un incidente alla velocità di 30 km/h e di 50 km/h (clicca sull'immagine per visionare il video). maggio-giugno 2024 6

L'OPINIONE DEGLI AUTOMOBILE CLUB PROVINCIALI

Federico Bendinelli - Presidente Automobile Club Bologna

A oltre due mesi dalla sua effettiva entrata in vigore, con l'avvio dei controlli da parte della polizia municipale e delle sanzioni, il progetto "Città 30", fortemente voluto, e caparbiamente difeso, dal Sindaco Lepore e dall'assessore Orioli è già sostanzialmente fallito. I cittadini bolognesi, soprattutto dopo i ripetuti interventi del ministro Salvini e del viceministro Bignami, hanno infatti capito che si è trattato di un progetto ideologico ed irrazionale, che ponendosi in contrasto con quanto previsto dal 2° comma dell'art. 142 del Codice della Strada – stante il contrasto con le direttive impartite dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - non si traduce in disposizioni legittime, e quindi sanzionabili, ai sensi dello stesso codice. In sostanza un grande exploit propagandistico, finalizzato ad accontentare le fasce più ideologiche della sinistra: un manifesto identitario da far valere, anche sul piano nazionale, all'interno della stessa area politica di sinistra e da contrapporre al governo di centrodestra, di nessuna utilità sul piano della sicurezza stradale e negativo dal punto di vista ecologico; come del resto tante altre iniziative dell'attuale Giunta comunale in tema di mobilità - vedi la follia del "passante di mezzo" o della nuova corsia riservata di via Farini - e non solo.

Geronimo La Russa - Presidente Automobile Club Milano

"Il limite di 30 km/h in tutta la città di Milano è utopia. A meno che, ma non mi sembra sia il caso dell'Amministrazione comunale del capoluogo lombardo, la si voglia buttare in ideologia e propaganda. Per contrastare i ripetuti incidenti, servono soluzioni realmente praticabili nel nostro contesto metropolitano. Quindi, come sosteniamo da tempo, ben venga il provvedimento nelle aree adiacenti ad asili, scuole, ospedali, isole pedonali per consentire una mobilità ciclabile e stradale più sicura, con controlli che però facciano rispettare i limiti.  Aggiungo che potrebbero esserci altre iniziative un po' meno utopiche dei 30 km/h e sicuramente più operative. Noi, come sempre, siamo disponibili a sederci intorno a un tavolo per un confronto costruttivo nel nome della vera sicurezza stradale".

Giuseppina Fusco - Presidente Automobile Club Roma e Vice Presidente ACI Nel 2022, a livello nazionale, la velocità elevata ha rappresentato il 15% delle cause presunte di incidentalità totale e quasi il 28% per quelli mortali. Nello stesso anno, a Roma, la velocità ha causato il 18% degli incidenti stradali e il 29% di quelli mortali. Sono dati che evidenziano l'esistenza di un problema "grave" da affrontare in maniera strutturale, a tutela di tutti gli utenti della mobilità e, in particolare, degli utenti più fragili. L'introduzione di zone 30 nei centri urbani, o meglio, del limite della velocità a 30 km/h in alcune tratte, rappresenta sicuramente uno strumento efficace per la riduzione dell'incidentalità stradale e dei morti sulle strade, come indicato anche nel PNSS 2030, che lo inserisce tra le azioni per limitare o annullare i fattori di rischio, quando siano presenti determinate condizioni. Specificando però che è essenziale che i limiti di velocità siano regolati da principi di "coerenza" e di "credibilità". Anche Roma, con il PUMS definitamente approvato nel 2022, prevede un piano importante di interventi orientati alla sicurezza stradale e allo sviluppo della mobilità pedonale attraverso la realizzazione di zone 30 e isole ambientali. In Italia il limite generale è di 50 km/h. Il limite a 30 km/h può essere istituito là dove è più frequente, o accertato dai dati, il rischio di incidentalità e, comunque, nei luoghi in cui è più elevato il rischio di impatti tra pedoni e veicolo. Penso ad esempio alle scuole, agli asili, ai parchi. In questo senso, una applicazione "coerente" con l'ambito e le condizioni, anche infrastrutturali, e, per questo, "credibile" per l'utenza della mobilità. Nelle strade in cui non si riscontri un rischio specifico e le infrastrutture consentano di viaggiare in sicurezza, può essere mantenuto il limite a 50 km/h, per permettere una maggiore fluidità del traffico ed evitare la congestione stradale, altro grave problema delle grandi città, con un incremento del tempo speso in auto e delle emissioni prodotte.

Antonio Coppola - Presidente Automobile Club Napoli

La velocità non è la causa principale degli incidenti stradali in ambito urbano: distrazione e mancato rispetto della segnaletica risultano essere condotte ben più frequenti e pericolose. Al di là dei limiti fissati dal Codice della Strada l'andatura deve essere, sempre, adeguata al contesto della circolazione (traffico, condizioni atmosferiche, manto stradale, stato psico-fisico del conducente, ecc.): si possono infatti causare sinistri gravi, se non addirittura letali, anche a velocità apparentemente innocue, come, per esempio, quelle dei monopattini elettrici. Solo l'immobilità garantisce il rischio zero, ma a duro prezzo: si ferma la città e tutte le sue funzioni vitali. Il Codice della Strada stabilisce un limite di 50 km/h in ambito urbano, con possibilità di estenderlo a 70 km/h là dove le caratteristiche costruttive e funzionali delle strade lo consentano. Lo stesso Codice prevede, altresì, che gli enti proprietari della strada possano ridurre le velocità massime consentite, ma soltanto in determinate strade e circoscritte aree urbane, ovvero in presenza di condizioni particolari che vanno opportunamente individuate e precisate. L'obiettivo, infatti, è di garantire due esigenze specifiche: la sicurezza, innanzitutto, e poi la scorrevolezza del traffico. Pertanto, là dove ci sono maggiori interferenze tra circolazione veicolare e utenze deboli (pedoni, ciclisti, diversamente abili, scuole, parchi giochi, aree verdi ecc.) occorrono maggiori cautele e, dunque, ben vengano limiti di velocità più restrittivi come appunto le cosiddette "zone 30". Ma estenderli in modo generalizzato all'intera città, o a gran parte di essa, è un atto immotivato, illogico e illegittimo in quanto contrario alla norma prescritta dal Codice della Strada.

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IL QUADRO EUROPEO DELLE CITTÀ CHE HANNO OPTATO PER IL LIMITE DEI 30 KM/H

Chi ha scelto i 30 km/h non se ne rammarica

Il limite urbano di velocità a 30 km/h ha finora funzionato ovunque applicato. Riduce incidenti, aumenta la sicurezza e incruente l’uso di TPL e biciclette, migliorando così la qualità dell’aria e riducendo l’inquinamento acustico.

Pubblicato nel febbraio 2023 sulla piattaforma giornalistica EDJNet (The European Data Journalism Network), in tempi dunque non sospetti e ancora lontani dalle tante polemiche sollevate in Italia a seguito della scelta del Comune di Bologna di introdurre il limite di 30 km/h

su gran parte della rete stradale urbana, l’articolo che segue offre un quadro della questione a livello europeo, raccogliendo informazioni e dichiarazioni degli stessi protagonisti. Un quadro a tutt’oggi immutato, con l’unica eccezione della città di Berlino a cui dedichiamo uno specifico

articolo a pag. 14, e che ha visto aggiungersi nel tempo ulteriori grandi centri urbani, come il caso più recente di Amsterdam , di cui riferiamo nell’articolo pubblicato a seguire. Ripubblichiamo pertanto di seguito questo approfondimento giornalistico, scevro da ogni intento polemico

e fondato su dati fattuali che possono contribuire ad una più consapevole riflessione sull’opportunità di implementare nelle città aree sempre più ampie con limiti di velocità ridotti a 30 km/h e sulle ricadute di tali operazioni in termini di sostenibilità e di opinione pubblica.

In Primo Piano
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Negli ultimi decenni, un limite di velocità di 30 km/h è stato introdotto in diverse città europee. Questo non è solo il caso di alcune zone residenziali ma, con un paio di eccezioni, dell'intera città. Ci sono luoghi in cui questo sistema è in vigore da tre decenni e altri in cui è stato introdotto solo di recente. Molti consigli comunali hanno un piano e un programma concreti per introdurre la stessa misura nel prossimo futuro.

Nei luoghi in cui vengono utilizzate queste restrizioni, non ci sono resoconti di brutte esperienze. La gente del posto inizialmente aveva dei dubbi, ma si è poi abituata al nuovo scenario. Tuttavia, l'introduzione del nuovo sistema è stata accompagnata da un aumento significativo del numero di telecamere di traffico in diversi luoghi, portando a preoccupazioni sulla privacy che sono state giustamente sollevate. Nelle ultime settimane, EUrologus si è messo in contatto con diverse città coinvolte per realizzare questo articolo; la parte "italiana" è stata creata grazie alla cooperazione giornalistica transfrontaliera. Oltre alle città menzionate in questo articolo, ce ne sono diverse altre in tutta Europa dove un limite di 30 km/h è la norma, non l'eccezione. Tra queste, ad esempio, Lille, Madrid, Parigi, Lione, Grenoble, Valencia e Bilbao.

GRAZ: 30 ANNI DI ESPERIENZA

Nella città di Graz, nell'Austria meridionale, nel 1992 è stato introdotto un limite di velocità di 30 km/h. Questo si applicava a ogni strada classificata come strada secondaria, il che in pratica significa che questa regola si applica all'80% delle strade, combinate su oltre 800 chilometri di rete viaria.

Magdalena Markovic, referente stampa del consiglio comunale di Graz, sostiene che il più grande vantaggio del cambiamento è ottenere trasporti più sicuri in città. Già nei primi due anni della politica, il numero di incidenti stradali è diminuito del 25%. Poiché non ci sono stati altri cambiamenti politici per quanto riguarda il trasporto sicuro nello stesso periodo di tempo, il successo è ovviamente dovuto alla regola dei 30 km/h. Il numero di incidenti ha iniziato ad aumentare di nuovo dal 1996, ma ciò è dovuto a incidenti su strade di livello superiore, dove non si applicano le restrizioni di velocità. Nelle zone a 30 km/h il numero di incidenti è rimasto costante o addirittura è diminuito leggermente. Markovic ritiene che l'implementazione del limite a livello di città abbia anche fatto risparmiare denaro, poiché era molto meno costoso rispetto all'implementazione di restrizioni individuali per luoghi particolari. Inoltre, era facile da capire per i cittadini. La politica del limite di velocità è stata accompagnata da diverse indagini. Dopo i dubbi iniziali, al giorno d'oggi la maggior parte dei residenti sostiene il limite di 30 km/h. Alcuni dei critici temevano che ci sarebbe stato un aumento degli ingorghi, ma questo non è accaduto secondo i dati statistici disponibili.

HELSINKI: RISULTATI VISIBILI

Ci siamo messi in contatto con Heikki Palomäki, il capo del dipartimento dei sistemi di trasporto del consiglio comunale della capitale finlandese. A Helsinki, la prima ondata di introduzione di restrizioni su larga scala a 30 km/h ha avuto luogo nel 2004, poi il sistema è stato esteso nel 2019. In primo luogo, è stato utilizzato nel centro della città e in alcune aree residenziali, poi le restrizioni di velocità sono state modificate in tutte le strade. Gli aggiustamenti sono stati effettuati in modo da influenzare il traffico che entra e esce dalle aree residenziali e anche dal centro della città.

Dopo il cambiamento del 2004, nelle strade con limiti di velocità più bassi gli incidenti stradali con conseguenti lesioni personali sono diminuiti del 9%. Nei luoghi in cui il limite di velocità è stato cambiato da 40 km/h a 30 km/h, le lesioni dei pedoni sono diminuite del 19% e i danni ai veicoli del 34%. Il più grande miglioramento è stato osservato nel centro della città, dove il numero di infortuni legati al traffico è diminuito del 42%. Heikki Palomäki ha sottolineato che è molto importante che le autorità monitorino la velocità tramite un sistema di telecamere. Attualmente, circa 30 telecamere sono in atto per le strade e altre 40 arriveranno nei prossimi anni. Dopo che una telecamera è stata collocata in via Kaivokatu, nel centro della città, la velocità media è stata ridotta a 23,5 km/h e il numero di incidenti è diminuito da 2,2 l'anno a 1,1 l'anno.

A Helsinki, non monitorano l'opinione pubblica su questo tema, ma sulla base delle riflessioni dei media sembra che i cittadini siano soddisfatti. C'è anche un recente sondaggio del 2022 che conclude che il 77% dei cittadini di Helsinki si sente al sicuro nel traffico, mentre solo il 5% ha risposto che trova pericoloso il sistema di trasporto nella capitale finlandese.

BRUXELLES: SENSIBILIZZAZIONE CON TELECAMERE

A Bruxelles, il limite di velocità di 30 km/h è molto recente, ha solo due anni. D'altra parte, nella capitale belga, la misura non è stata introdotta a tappe ma si è immediatamente applicata a tutta la città. Solo le strade più trafficate, di solito a più corsie, sono esenti dalle restrizioni. Allo stesso tempo, sono stati rimossi anche i segnali di 70 km/h che erano applicabili alle strade d'ingresso e fondamentalmente alle aree non popolate. Inge Paemen, portavoce del consiglio comunale di Bruxelles, ha dichiarato a EUrologus che l'obiettivo principale della restrizione della velocità era migliorare la sicurezza stradale. I pedoni hanno un rischio di morte cinque volte superiore in un incidente con una velocità di 50 km/h rispetto a uno con 30 km/h. Nel caso di conducenti di auto e passeggeri, il rischio di lesioni gravi o morte in un incidente a 50 km/h è del 45%, mentre a 30 km/h solo del 15%. Anche gli spazi di frenata sono più bassi a una velocità inferiore: 13 metri a 30 km/h e 27 metri a 50 km/h. Secondo la scienza, le velocità più basse migliorano anche la gamma di visibilità, che è in media di 102,17° a 30 km/h, mentre è di 75,46° a 50 km/h.

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"Ulteriori vantaggi dei limiti di velocità includono strade più pulite, aree più tranquille, traffico più fluente e una migliore salute, dal momento che più persone scelgono di camminare o andare in bicicletta", afferma Inge Paemen. A Bruxelles, le misurazioni annuali della velocità si svolgono in 80 punti della città. Mostrano che la velocità è effettivamente diminuita, ma il tempo di viaggio non è aumentato in modo significativo. Per convincere i cittadini, il consiglio comunale considera cruciali la comunicazione e la sensibilizzazione, ma anche i controlli di velocità svolgono un ruolo essenziale. Al momento ci sono 85 telecamere single-direction disponibili per controllare la velocità e gli attraversamenti dei semafori rossi, e 28 telecamere dual-direction, che registrano solo la velocità. Inoltre, il consiglio comunale sta finanziando l'istituzione di 7 autovelox mobili a settimana sulle strade regionali e cittadine.

ZURIGO: ACCETTATA TRAMITE REFERENDUM

Sabina Mächler, la responsabile del progetto di comunicazione della città, ha risposto alle nostre domande per Zurigo. In Svizzera, la legge federale determina un limite di velocità di 50 km/h per le città, ma "nello spirito di proporzionalità, al fine di aumentare la sicurezza stradale, aiutare il traffico e ridurre l'inquinamento" può essere applicato un limite di 30 km/h. Su questa base la città di Zurigo ha introdotto i limiti di velocità passo dopo passo. Si è iniziato a utilizzare limiti di velocità di 30 km/h nelle aree residenziali nel 1991, e poi è stato introdotto un limite di velocità di 30 o 20 km/h in altre strade più piccole e senza mezzi pubblici negli ultimi anni, coprendo 370 chilometri dei 680 chilometri di rete viaria all'interno della città.

Una nuova ondata di restrizioni di 30 km/h sarà implementata presto. Coinvolgerà anche strade più grandi, comprese quelle con mezzi pubblici. Ci saranno eccezioni: su alcune strade principali che collegano Zurigo alle città vicine 50 km/h rimarranno il limite massimo di velocità prescritto.

Nel novembre 2021 i cittadini di Zurigo hanno approvato il piano infrastrutturale della città con un referendum, che prevede anche i limiti di velocità. Un sondaggio condotto su 900 cittadini ha rivelato che il 70% delle persone intervistate si è dichiarato felice che fossero consentite solo basse velocità nella propria strada. È anche una buona notizia che, secondo la modellistica teorica, il numero di persone esposte a un eccessivo rumore del traffico è diminuito del 73%.

Per altro verso, alcuni cittadini hanno espresso le loro preoccupazioni. Temono che lo standard del trasporto pubblico peggiorerà: per evitare questo, il consiglio comunale ha deciso di investire 20 milioni di franchi per rendere il trasporto pubblico più frequente e migliorarne la capacità se necessario.

GLASGOW: SBARAZZARSI DEGLI INCIDENTI MORTALI

La città più grande della Scozia, Glasgow, ci ha risposto che stanno pianificando un limite di velocità di 20 miglia/ora, che è leggermente superiore a 30 km/h. La misura è stata approvata alla fine del 2019 con lo scopo di creare strade più sicure in modo da rendere la ciclabilità e le passeggiate più attraenti per la mobilità quotidiana. L'idea fa parte del piano del consiglio comunale per fronteggiare reagire l'emergenza climatica, ma sosterrà anche l'iniziativa del consiglio volta a raggiungere zero incidenti mortali in città entro il 2030.

Recentemente l'unità organizzativa dello Scottish Borders Council, che è composta da 115.000 persone, ha sostenuto il limite di velocità di 20 miglia/ora in 97 città e villaggi. L'introduzione di questo limite si è dimostrata vantaggiosa per la sicurezza stradale.

GERMANIA: CITTÀ RIBELLI

In Germania, molte città vorrebbero introdurre un limite di velocità più basso, ma non hanno il diritto legale di attuarlo. È possibile attuare tali regolamenti solo su strade che non sono federali, distrettuali o finanziate dallo Stato. Questo lascia spazio all'intervento solo su strade secondarie e in aree residenziali libere, dove le persone di solito guidano comunque più lentamente.

Sette città tedesche hanno iniziato a cooperare nel 2022 per chiedere un limite di velocità di 30 km/h: Aquisgrana, Augusta, Friburgo, Hannover, Lipsia, Münster e Ulm. Da allora, 70 città hanno aderito all'iniziativa, sostenuta dall'Associazione delle città tedesche, che vorrebbe anche ottenere più libertà nella creazione di queste zone.

Esistono già alcuni esempi. A Berlino, dove il limite di velocità si applica a cinque strade principali, si possono osservare miglioramenti significativi nella qualità dell'aria: in particolare il livello di biossido di azoto (NO2) è diminuito. Ad Hannover, hanno invece rilevato che avere un limite di 30 km/h non ha alcun effetto significativo sul numero di incidenti stradali. Per altro verso, tuttavia, hanno rilevato che nelle aree con

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tale limite di velocità il numero dei ciclisti e dei pedoni aumenta e più persone usano anche i mezzi pubblici, il che a sua volta ha un effetto positivo sulla qualità dell'aria e sull'inquinamento acustico. Indipendentemente da tutto questo, il ministero federale dei Trasporti è critico verso il limite di velocità di 30 km/h, ritenendo che non renderebbe le strade meno affollate e proponendo invece migliori sistemi di controllo del traffico.

ITALIA: DA METRO A METRO

EUrologus può riflettere sulla situazione italiana grazie alla cooperazione del suo partner italiano all'interno di EDJNet, Il Sole 24 Ore. Un articolo di Michela Finizio rivela che una restrizione di 30 km/h è in vigore in 66 capoluoghi di provincia in Italia, coprendo oltre 2.700 chilometri di strade. Milano e Bologna si stanno preparando a fare il passo più grande, espandendo la zona dei 30 km/h a quasi tutta la città. Parma introdurrà un limite prima nel centro città nel 2024, e poi gradualmente anche nelle zone meno centrali. A Roma, la capitale, ci sono attualmente trenta zone a 30 km/h.

I nostri colleghi italiani hanno calcolato anche la lunghezza delle strade a velocità ridotta in rapporto ai residenti. A Verbania, questo dato è di 170 metri, che sembra piccolo, finché non ci si rende conto che questo stesso numero per Firenze e Torino arriva 35 metri e a Milano appena a 20 metri.

BUDAPEST: IDEE DI UNIFICAZIONE

Abbiamo anche chiesto al consiglio comunale di Budapest le loro impressioni su questo argomento. L'ufficio del Sindaco ha sottolineato che negli ultimi undici anni, 470 persone sono morte sulle strade di Budapest. Questo è cinque volte più che a Vienna e diciotto volte il numero di vittime di Oslo. Il 90% degli incidenti che hanno provocato lesioni sono stati causati da veicoli e la maggior parte delle vittime erano individui senza alcuna colpa, pedoni o ciclisti.

"In termini di politiche sui limiti di velocità, il nostro obiettivo principale è sempre la protezione della vita umana, il miglioramento della vivibilità dei distretti cittadini e la mitigazione dei danni ai cittadini, come l'inquinamento acustico", hanno sottolineato i responsabili del consiglio comunale.

Il programma Home in Budapest, che progetta gli obiettivi futuri di sviluppo della città, contiene un punto sulla diminuzione degli incidenti che provocano morte e lesioni gravi del 50% entro il 2030. Lo stesso programma mira a ridurre gli incidenti stradali mortali quasi a zero entro il 2050. A Budapest l'ampiezza delle aree residenziali a 30 km/h è già significativa: nel 2022 erano presenti 112 chilometri quadrati di aree sottoposte a controllo del traffico. Esistono tuttavia grandi differenze tra i distretti di Budapest, poiché le strade con caratteri e funzioni simili possono essere regolate in modo molto diverso. Il consiglio comunale di Budapest mira a standardizzare le regole e sta negoziando con i distretti.

Articolo pubblicato il 20 Febbraio 2023 su EDJNet - The European Data Journalism Network, piattaforma multilingue di notizie basate sui dati su questioni europee alimentata da una rete di giornalisti di media e dati provenienti da tutta Europa. https://www.europeandatajournalism.eu/

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ANCHE

Un nuovo paradigma per la sicurezza stradale?

a cura di intertraffic.com (portale B2B per operatori ed esperti dei settori infrastrutture, traffico, sicurezza stradale, ITS e industria del parcheggio)

Chiunque abbia lavorato nel dipartimento dei trasporti di un’amministrazione comunale in qualsiasi Paese del mondo saprà di certo quanto impegno e quante “scartoffie” si nascondono dietro ad un’operazione relativamente semplice come la riduzione del limite di velocità su una strada. Immaginate quindi la complessità del progetto appena avviato dalla Città di Amsterdam: ridurre il limite della velocità massima da 50 km/h ad appena 30 km/h su oltre l’80% dell’intera rete stradale urbana. Il nuovo limite è entrato in vigore solo l’8 dicembre, ma Intertraffic è già riuscita a mettersi in contatto con due dei protagonisti del programma - l’appena

I nuovi limiti urbani introdotti l’8 dicembre, ufficialmente come misura per la sicurezza, si prestano a titoli sensazionalistici da prima pagina, ma sono davvero così controversi?

nominato Senior Project Manager, Tobias Baardman, e il Project Manager, Daan

Luiten - per sapere di più sui retroscena di una misura che potrebbe sembrare controversa ma, stando ai primi risultati, non lo è affatto. Pochi sanno che nel Regno Unito, se il limite di velocità su una particolare strada viene improvvisamente abbassato da 40 mah a 30 mph, significa che un certo numero di persone è stato ucciso o ferito in quel punto in un periodo di tempo prestabilito. In altre parole, è stata raggiunta una soglia.

Partendo da questa esperienza Intertraffic ha quindi chiesto a Tobias Baardman e Daan

Luiten quale sia stato il motivo alla base della decisione di abbassare il limite di velocità urbano di Amsterdam a “soli” 30 km/h.

“Per il 99% è una misura di sicurezza stradale”, ha risposto Baardman. “Ci sono anche alcuni obiettivi secondari o terziari, ad esempio in teoria dimezzare i livelli di inquinamento acustico; prevediamo inoltre anche una lieve riduzione del traffico, ipotizzando che qualcuno

sceglierà di muoversi in bicicletta o con i mezzi pubblici. Queste due ultime ragioni sono però secondarie”, ha ribadito.

“La ragione più importante in assoluto è la sicurezza. Ogni giorno ad Amsterdam si verificano tre incidenti gravi che provocano feriti e ogni anno 16 o 17 persone muoiono nel traffico di Amsterdam. La sicurezza è quindi il fattore principale”

“Circa il 70% degli abitanti di Amsterdam è a favore dell’adozione di questa misura perché offre una maggiore sicurezza”, ha aggiunto Luiten. “Ovviamente, se chiedessimo a ognuno di loro se intende rispettare il nuovo limite, la risposta potrebbe cambiare, ma in via teorica sembra che le persone ne capiscano le ragioni e la accettino. Non viene vista come una misura controversa perché

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AMSTERDAM OPTA PER L'INTRODUZIONE DEL LIMITE DI VELOCITÀ DI

la maggior parte dei cittadini è consapevole della necessità di intervenire per risolvere il problema. Non possiamo stare a guardare, il numero dei feriti è in aumento”

Di fatto a 30 km/h, la distanza di arresto per un’auto è di 13 metri. A 50 km/h è più del doppio: 27 metri. La riduzione di 20 km/h è dunque ciò che determina se un pedone o ciclista sopravviverà all’impatto con il veicolo; secondo le stime, a 30 km/h il 95% dei pedoni rimarrebbe relativamente illeso.

30 KM/H: AMSTERDAM SEGUE L’ESEMPIO

Non è difficile capire perché la città di Amsterdam abbia deciso di applicare un nuovo limite di velocità sulle sue strade. Ma la domanda allora è: perché ora?

“A livello internazionale abbiamo alcuni esempi da seguire. È stata fatta una cosa simile a Bruxelles, a Helsinki e anche a Bilbao. Ci sono alcune città in Europa che hanno adottato questa misura prima di noi e crediamo siano un buon esempio da seguire”, ha affermato Baardman. “In più, circa tre anni fa alcuni politici locali avevano già proposto di introdurre una riduzione del limite di velocità ad Amsterdam. Naturalmente serve molto tempo per sviluppare una misura di questo tipo, ma di fatto l’implementazione è partita da lì” La volontà c’era e anche il team responsabile dell’implementazione c’era. C’era persino la tecnologia necessaria a trasformare il concetto in realtà. Ma per introdurre un programma che richiede agli automobilisti di modificare improvvisamente le proprie abitudini, serve anche una campagna di marketing accattivante e precisa, per ottenere la massima adesione da parte dei cittadini e ridurre al minimo i disagi. “Abbiamo lanciato una campagna incredibile, gestita dal dipartimento per la comunicazione. Abbiamo installato numerosi poster sulle

strade e persino alcuni cartelloni giganteschi lungo l’autostrada”, ha raccontato Baardman. “Ci siamo anche avvalsi di sistemi informativi digitali, simili a quelli che mostrano gli orari alle fermate degli autobus, posizionandoli in punti strategici della città. In corrispondenza dei principali punti di accesso alla città abbiamo inoltre parcheggiato furgoni pubblicitari con poster di aggiornamento sulle nostre attività. Infine, abbiamo creato un sito web con tutte le informazioni, lanciato una campagna sui social media, mandato in onda pubblicità radiofoniche e organizzato alcuni incontri formativi nelle scuole”

PIANIFICAZIONE

E LOGISTICA

La riduzione dei limiti di velocità non avviene di certo dal giorno alla notte. È necessario installare nuovi segnali stradali con largo anticipo rispetto alla data di implementazione del piano e, come ha spiegato Baardman, per installare migliaia di nuovi elementi lungo le strade servono un’attenta pianificazione e un piccolo esercito di volontari.

“Abbiamo dovuto installare circa 4.000 segnali stradali con il nuovo limite di velocità, ci sono voluti quasi quattro mesi. Per non parlare del fatto che abbiamo dovuto scoprirli tutti in una notte! Ogni segnale infatti doveva essere

coperto da un adesivo perché, una volta visibile al pubblico, sarebbe diventato legalmente vincolante”, ha spiegato Baardman. “Chiunque circolasse in città in auto, bicicletta o a piedi poteva invece vedere gli adesivi che avvisavano che il limite di 30 km/h sarebbe entrato in vigore l’8 dicembre”

Da notare che i nuovi limiti si applicano anche a scooter ed e-bike, non solo alle auto.

RICOMPENSARE

LA GUIDA CORRETTA

Altro aspetto interessante del progetto era proprio la necessità di rimuovere i 4.000 adesivi dai segnali allo scoccare della mezzanotte tra il 7 e l’8 dicembre. Di questo si occupate 120 coppie di volontari pagati della cooperativa PANTAR di Amsterdam.

Ha dichiarato Baardman in proposito: “Lo chiamiamo “avvicinamento al mercato del lavoro”, è una sorta di progetto sociale, ma i partecipanti ricevono un compenso. Alcune persone vi aderiscono per 6 mesi, altre per il resto della loro vita lavorativa.

Si occupano di qualsiasi tipo di attività legata alla manutenzione dei parchi e del verde, cose di questo genere... Come per esempio rimuovere 4.000 adesivi dai segnali stradali” Baardman e Luiten stanno anche pensando a come spingere gli automobilisti

di Amsterdam a rispettare il nuovo limite e hanno già qualche asso nella manica. “Stiamo seguendo anche alcuni piccoli progetti per influenzare il comportamento degli automobilisti, ad esempio cartelli elettronici che mostrano la velocità attuale e un’emoji felice o triste. I guidatori, per evitare l’emoji triste, saranno motivati a rispettare il limite dei 30 km/h”, ha spiegato Luiten. “Stiamo anche per implementare un sistema che è l’opposto delle multe per eccesso di velocità”, ha poi aggiunto. “Chi guida entro il limite di velocità consentito riceve una ricompensa. A gennaio inizieremo a fare alcune prove. Gli automobilisti riceveranno qualche centesimo da devolvere a favore di progetti comunitari per il proprio quartiere, come attrezzature per i parchi giochi. Si tratta di un rinforzo positivo al posto della punizione”

“A 30 km/h si ha una visibilità migliore della strada e del traffico. È più facile accorgersi se un bambino sbuca da dietro una fila di auto per recuperare la palla. C’è più tempo per reagire”, ha commentato Baardman. “Io vivo in centro ad Amsterdam e se guido in città a 30 km/h mi sembra quasi di non muovermi nemmeno. Servirà del tempo per abituarsi alla sensazione di guidare a questa velocità”

PRIMI SEGNALI POSITIVI

Baardman invita a interpretare i livelli iniziali di conformità con cautela, specialmente fino a quando non saranno disponibili i primi dati ufficiali. “Ci siamo molto impegnati nella campagna di comunicazione e abbiamo dedicato ingenti risorse economiche e numerosi sforzi alla sensibilizzazione delle persone. Grazie a questa campagna riteniamo che si avrà una riduzione iniziale della velocità media, ma ci aspettiamo anche che al suo termine, tra qualche mese, si registrerà un lieve aumento delle velocità medie. Dopodiché, crediamo che la velocità tornerà ad abbassarsi in maniera stabile”.

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Un’ampia campagna di comunicazione ha preceduto il lancio del progetto. maggio-giugno 2024 13

NESSUN DIKTAT: IN EUROPA C'È CHI FA UN PASSO INDIETRO

Berlino “accelera”: in città torna il limite di 50 km/h

Berlino abbandona Bologna in ritirata. Stavolta la storia non la fa il generale von Senger, che nella notte del 20 aprile 1945 rinunciò ad asserragliarsi con le truppe tedesche nel capoluogo emiliano per ripiegare verso il Po, ma l’assessora ai Trasporti di Berlino, Manja Schreiner, che ha annunciato un clamoroso passo indietro della città sui limiti di velocità. La capitale tedesca è stata tra le prime in Europa ad adottare quattro anni fa i 30 km/h sulle strade urbane, con un provvedimento lampo del precedente esecutivo composto da Verdi, Spd e Linke, poi destituito dalla Corte Costituzionale per irregolarità nelle elezioni locali. L’attuale Amministrazione, guidata da una coalizione composta da Cdu e Spd, ha deciso infatti di innalzare il limite di velocità sulle 34 vie principali della città, riportandolo a 50 km/h a partire dal prossimo giugno. Solo 7 strade rimarranno a 30 km/h per l’alta densità di

Tra le prime città UE a sposare i 30 km/h la capitale tedesca fa marcia indietro e torna ad elevare il limite di velocità a 50 km/h su 34 strade urbane.

scuole e ospedali, tutelando al meglio la sicurezza di chi si muove a piedi o in bici nell’area.

Il provvedimento affonda le proprie radici nel costante miglioramento della qualità dell’aria nel centro urbano, con dati sorprendenti soprattutto nell’ultimo biennio, al punto da indurre i decisori pubblici non soltanto ad incrementare i

limiti di velocità, ma anche a riaprire le porte della città alle vetture diesel, troppo spesso additate come untrici di smog ed inquinamento. C’è di più: l’Amministrazione fa un passo indietro pure nel riportare le auto su strade precedentemente chiuse al traffico, come la centralissima Friedrichstrasse che culmina al Check-point Charlie, storico varco del Muro che ha connesso le due anime della città fino alla fine della Guerra fredda. La pedonalizzazione della via, istituita ad aprile 2020, ha generato finora ripercussioni economiche, sociali ed ambientali per oltre

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3 milioni di euro, soprattutto a scapito del tessuto commerciale della zona.

I LIMITI DEVONO RISPETTARE LA LEGGE

Il limite di velocità di 30 km/h è stato adottato in ottemperanza del piano di controllo dell’inquinamento atmosferico varato a Berlino nel 2019. I riflettori erano allora puntati sui valori limite per il biossido di azoto e il particolato, stabiliti dalla direttiva UE sulla qualità dell’aria e recepiti dal governo tedesco con una legge federale sul controllo delle immissioni. Secondo Manja Schreiner, “tali valori rientrano da anni nei parametri dettati dall’Unione Europea, pertanto l’estensione generalizzata del limite di velocità a 30 km/h non trova più un fondamento giuridico”. Come sottolineato dalla stessa assessora, il miglioramento della qualità dell’aria in città non è stato raggiunto solo con la velocità ridotta dei veicoli, ma anche con l’ammodernamento del parco circolante privato e pubblico: “dieci anni fa la metà degli autobus berlinesi erano al massimo Euro4, ma oggi i mezzi più inquinanti non sono più in strada ed è stata fortemente potenziata la flotta di autobus elettrici”.

PIANO NON SIGNIFICA SOSTENIBILE

“La quantità di emissioni nocive nell’aria non dipende dalla velocità dei veicoli in circolazione: non sempre andare a 30 km/h è meno inquinante e la congestione fa salire i livelli di smog”. Lo sostiene con forza Eckhard Heinrich, il Verkehrsingenieur (ingegnere del traffico) incaricato dal governo cittadino di valutare quali strade di Berlino possono essere promosse a 50 km/h e quali invece devono rimanere a 30 per esigenze di sicurezza.

Oltre alla sostenibilità, va analizzata anche la pericolosità dei flussi di traffico e le statistiche indicano che le vittime tra i ciclisti sulle strade di Berlino sono raddoppiate nell’ultimo anno, passando da 6 a 12, soprattutto a causa dell’eccesso di sicurezza percepita dagli utenti su due ruote che li induce ad essere meno prudenti.

A favore degli automobilisti si schiera anche Dirk Stettner, capogruppo Cdu al Senato di Berlino, che vuole una città “mobile ed agile”, in cui i limiti di velocità devono essere validamente giustificati per tutelare tutti, anche chi si muove su quattro ruote. “Un limite di velocità generalizzato a 30 km/h esalta l’immaginazione di alcuni autoproclamati educatori del traffico - ha ironizzato Stettner - ma le strade di Berlino non sono una fantasia, bensì hanno una funzione ben specifica”.

SINDACO

PRO-AUTO

Ha la stessa vision il sindaco di Berlino, Kai Wegner, fautore di una rivoluzione copernicana per la mobilità urbana con una politica che riconosce la centralità dell’auto

nelle scelte dei cittadini e registra consensi crescenti nell’elettorato. Da una parte le quattro ruote private tornano a riappropriarsi di spazi finora dichiarati off-limits, anche a scapito delle piste ciclabili, il cui sviluppo - secondo Wegner - non deve ostacolare i flussi di traffico veicolare. Dall’altra, si sottolinea il ruolo strategico dei parcheggi nel sistema viario urbano, senza piglio vessatorio verso gli automobilisti: contrariamente alle tendenze in atto a Parigi ed altre città europee, Berlino non si scaglia contro i suv con un inasprimento delle tariffe di sosta. Anzi, al momento rimane confermata la tariffa media di 12 euro all’anno per i residenti, indipendentemente dall’auto.

C’È CHI DICE NO

AI 50 KM/H

Sull’aumento dei limiti in città non mancano le critiche, a cominciare da quelle della Federazione tedesca per la protezione e l’ambiente, che si allinea all’Organizzazione Mondiale della Sanità nella sollecitazione verso l’Unione Europea affinché adotti valori limite più bassi per gli inquinanti atmosferici, inducendo l’amministrazione

berlinese a una maggiore concretezza nel contrasto al rumore e agli incidenti stradali. Per gli ambientalisti, l’inquinamento sonoro e i sinistri sono infatti in aumento e l’innalzamento della velocità comporterà un peggioramento della situazione, considerando anche la condivisione dell’ambiente stradale da parte di veicoli fortemente differenti tra loro per dimensioni, peso e caratteristiche: basti pensare alle auto, ai bus, ai furgoni, alle bici e ai monopattini che impegnano contemporaneamente le stesse strade urbane. Secondo Ragnhild Sørensen, portavoce di Changing Cities, “l’aumento della velocità porta svantaggi anche gli automobilisti, perché chi vorrebbe guidare a 50 km/h avendo accanto un bambino di 10 anni in bicicletta?”

3 DECIBEL IN MENO

Berlino rientra tra le città analizzate dal LUSTRELower Urban Speed Limits in Europe, il report annuale elaborato dalla Commissione per la sicurezza dei trasporti del Parlamento inglese (PACTS) insieme all’Università di Loughborough in Gran Bretagna, l’Università svedese di Lund, l’Istituto norvegese di Economia dei Trasporti e il Consiglio europeo per la Sicurezza dei Trasporti (ETSC). Secondo il rapporto, l’adozione di un limite esteso a 30 km/h su tutto il territorio urbano porta benefici evidenti, anche senza stravolgimenti infrastrutturali: un display ad indicare il limite ridotto può risultare più efficace di un singolo autovelox. Dallo studio emerge anche che una velocità di 30 km/h anziché di 50 km/h riduce il livello medio di rumore in città di circa 3 decibel, migliorando la qualità della vita nelle zone interessate dal provvedimento.

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Tedeschi tra i primi ad adottare i 30 km/h, ma a Berlino dal 1° giugno si cambia.

MEETING INFORMALE DEI MINISTRI DEI TRASPORTI EUROPEI (3-4 APRILE 2024)

Più ferro e più biciclette non basta l’elettrificazione

“Sebbene la tecnologia possa e debba svolgere un ruolo nella decarbonizzazione della mobilità, non sarà sufficiente da sola a consentirci di raggiungere i nostri obiettivi climatici. L’UE deve incoraggiare e sostenere le modalità di spostamento più “verdi”, poiché sono i pilastri essenziali per ridurre l’impronta di carbonio dei trasporti”. Una dichiarazione che non lascia margini a dubbi, quella rilasciata dal Ministro belga della Mobilità, Georges Gilkinet, a conclusione del meeting informale dei Ministri dei Trasporti europei organizzato a Bruxelles, dal 3 al 4 aprile, sotto la Presidenza di turno belga del Consiglio dell’Unione Europea.

“Per gli spostamenti brevi occorre sviluppare la mobilità attiva, in particolare la bicicletta, mentre per gli spostamenti più lunghi o

Riuniti a Bruxelles i Ministri dei Trasporti UE hanno stilato una serie di raccomandazioni per rafforzare ferrovie e mobilità ciclistica quali risorse fondamentali a difesa del clima.

per il trasporto delle merci occorre fare della ferrovia la spina dorsale della mobilità in Europa”, ha puntulizzato Gilkinet, ricordando come sia necessario conseguire entro il 2050 una riduzione del 90% delle emissioni di CO2 dei trasporti, “l’unico settore dell’economia europea le cui emissioni hanno continuato ad aumentare negli ultimi 30 anni”, ha sottolineato, “nonostante tutti gli sforzi compiuti negli ultimi decenni”. Se dunque il miglioramento delle prestazioni dei veicoli e dei carburanti, fino ai più recenti sviluppi dell’elettrificazione, continuano a rappresentare una soluzione indispensabile

per la decarbonizzazione dei trasporti stradali, un rinnovato e sempre più fondamentale ruolo per il pieno conseguimento degli obiettivi UE è quello assegnato alle ferrovie e alla mobilità ciclistica. Due modalità che interessano ambiti molto diversi, da un lato il trasporto delle merci sulle lunghe distanze e dall’altro gli abituali spostamenti quotidiani che vengono effettuati in città, ma che insieme possono contribuire in modo determinante alla lotta contro il cambiamento climatico. L’incontro informale dei Ministri dei Trasporti europei del 3 e 4 aprile, che ha riunito tutti i rappresentanti dei

Paesi membri, preceduto da un incontro ad alto livello sulle ferrovie che si è tenuto il 2 aprile, ha quindi portato alla condivisione di un documento programmatico, la “Dichiarazione di Bruxelles sulla mobilità di domani”, in cui sono raccolte una serie di raccomandazioni destinate ad orientare l’azione delle istituzioni europee nel corso della prossima legislatura, rafforzando inoltre la richiesta di una maggiore promozione dell’uso della bicicletta, come già previsto dalla “Dichiarazione europea sul ciclismo” recentemente approvata dall’Europarlamento, dalla stessa Presidenza belga del Consiglio e dalla Commissione europea (vedi articolo a pag. 22 su “Onda Verde” n. 52) Di seguito le raccomandazioni contenute nella “Dichiarazione di Bruxelles sulla mobilità di domani”.

Mobilità
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Dichiarazione di Bruxelles sulla mobilità di domani

Rendere il trasporto ferroviario spina dorsale della mobilità europea

1. Fare del passaggio modale verso il trasporto ferroviario un obiettivo centrale della politica europea di mobilità. Stabilire obiettivi vincolanti per la quota modale della ferrovia lungo i corridoi di trasporto transeuropei e riferire sul raggiungimento di tali obiettivi.

2. Proporre un piano generale a livello UE per aumentare l'offerta di servizi ferroviari per il trasporto merci e passeggeri. La Commissione deve garantire che le future politiche UE contribuiscano all'aumento dell'offerta e allo spostamento modale verso il trasporto ferroviario.

3. Garantire, attraverso una nuova proposta legislativa, che un passeggero possa facilmente confrontare, prenotare e pagare il suo viaggio in treno "porta a porta" in una prospettiva transeuropea, restando sicuro della continuità del suo viaggio, indipendentemente dal fatto che siano coinvolte una o più compagnie ferroviarie.

4. Sviluppare una strategia dedicata per i servizi ferroviari notturni per passeggeri, comprese le tariffe ridotte, per offrire una valida alternativa ai voli a corto e medio raggio in Europa.

5. Fare dello sviluppo del trasporto merci su rotaia una priorità per il mercato interno dell'UE, con una traiettoria di aumento dei volumi di trasporto entro il 2030 e il 2050, per raddoppiare il volume delle merci trasportate per ferrovia.

6. Preparare le modifiche normative necessarie e compiere ogni sforzo per adottarle, al fine di migliorare la competitività del trasporto ferroviario e garantire condizioni di parità con altri modi di trasporto, in particolare per quanto riguarda la tassazione dell'energia e del carburante e le norme sugli aiuti di Stato.

7. Applicare il principio "chi inquina paga" alla mobilità per garantire una concorrenza leale: il prezzo di ciascun modo di trasporto deve riflettere i costi esterni sostenuti, quali l'inquinamento, le emissioni di CO2 e la congestione.

8. Analizzare le esigenze dei terminali intermodali in tutta l'UE e aiutare gli Stati membri a garantire che queste siano adeguatamente soddisfatte.

9. Aumentare l'importo dei finanziamenti europei per il trasporto ferroviario, utilizzando tutti gli strumenti di finanziamento disponibili.

10. Proteggere l'ecosistema dell'industria ferroviaria UE dalla concorrenza sleale dei produttori di paesi terzi, sia essa fiscale, sociale o ambientale.

Sfruttare a pieno il potenziale della mobilità attiva e del ciclismo a livello europeo e nazionale

1. Ogni cittadino è un pedone. La mobilità ciclistica e pedonale deve essere trattata come mezzo di trasporto a pieno titolo dall'UE.

2. La firma della Dichiarazione europea sul ciclismo da parte della Commissione, del Consiglio e del Parlamento Europei è un passo decisivo in questa direzione, rendendo il ciclismo una politica a sé stante a livello europeo.

3. Vogliamo assicurarci che lasuddetta Dichiarazione si traduca in una vera strategia politica a livelloE, a sostegno delle politiche sviluppate a livello nazionale dai singoli Stati membri.

4. L'UE e i suoi Stati membri devono aumentare significativamente le loro infrastrutture ciclabili per consentire ai cittadini di spostarsi in modo sicuro ed efficiente per raggiungere i loro luoghi di lavoro e di studio o per il tempo libero.

5. I finanziamenti per le infrastrutture ciclabili dovrebbero essere coperti dai programmi di finanziamento dell'UE esistenti.

6. L'UE deve sviluppare e proteggere il suo settore industriale per la produzione, la manutenzione e la riparazione di biciclette dalla concorrenza sleale dei produttori di Paesi terzi. Ad esempio, un'etichetta "Made in Europe" dovrebbe essere rapidamente introdotta.

7. Al fine di migliorare la sostenibilità, la qualità della vita e la sicurezza stradale nelle aree urbane, l'UE contribuirà a sviluppare una logistica ciclistica che possa garantire l'ultimo miglio e, di conseguenza, creare nuovi posti di lavoro.

8. Per sostenere la politica ciclistica in Europa, un'unità specifica all'interno della Commissione dovrebbe essere dedicata al settore.

9. Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare la condivisione delle conoscenze, delle migliori pratiche e dei dati e trasmettere alla Commissione le loro strategie e piani nazionali di mobilità attiva. I dati in questo settore devono essere raccolti annualmente allo stesso modo in tutta l'UE.

10. I cittadini devono svolgere un ruolo attivo nel passaggio alla mobilità attiva. Per sensibilizzare e coinvolgerli, dedichiamo la prossima legislatura a un "Anno europeo del ciclismo"!

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STATO

DELL'ARTE E PROSPETTIVE DEGLI IMPIANTI A FUNE URBANI

Un’alternativa sostenibile per la città a basse emissioni

La società moderna affronta esigenze cruciali, tra le quali la necessità di transizioni energetiche, la tutela ambientale a livello sia globale che locale, l’ottimizzazione degli spazi urbani e la sicurezza nei trasporti, specialmente considerando la gravità sociale degli incidenti stradali. Attualmente il 60-65% della popolazione vive in contesti urbani, in Europa circa il 78%, dove l’auto privata è il principale mezzo di trasporto. Questa situazione è però diffusamente considerata

Dalle esperienze italiane ed estere all’analisi dei vantaggi, delle criticità e delle possibili soluzioni operative per un cambio di modello della mobilità.

non più sostenibile, a causa del traffico, con perdite economiche enormi che derivano da:

• perdite di tempo, solo in parte recuperate dalla connettività a bordo veicolo;

• inquinamento;

• consumo di suolo;

• danni alla salute pubblica;

• decessi e feriti sulle strade.

Le auto inoltre - che siano a combustione o elettriche (a meno che l’energia non derivi da fonti rinnovabili o da nucleare) - contribuiscono significativamente alle emissioni di CO2 globali, oltre agli impatti ambientali locali e a perdite umane dell’ordine di circa 8-10 al giorno solamente in Italia;

circa 3.700 decessi nel mondo al giorno.

In questa situazione, un cambio di modello dei trasporti e della mobilità è necessario e in questo contesto appare lampante come gli impianti a fune urbani possano rappresentare una modalità importante e tecnologicamente evoluta di trasporto utile per ridurre la magnitudo degli aspetti più critici sopra citati. Per fare il punto sullo sviluppo e sulle potenzialità di questa importante modalità di trasporto il

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10 novembre 2023 si è tenuto, presso il Centro Congressi Unione Industriali Torino, il seminario “Impianti a fune urbani - Progettazione, energia consumata ed impatto, ritorno di esperienze”, evento organizzato dall’AIIT (Associazione Italiana per l’Ingegneria del Traffico e dei Trasporti) con il supporto dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Torino (Commissione “Trasporti: mobilità, infrastrutture e sistemi”), il patrocinio del CIFI (Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani) e la collaborazione dell’associazione senza fini di lucro CEDOSTAF (Centro Documentale per la Storia dei Trasporti a Fune).

Di seguito i principali temi affrontati e le principali conclusioni emerse dagli interventi degli autorevoli esperti di settore che hanno preso parte al seminario di Torino.

PUNTI DI FORZA E APPLICAZIONI

Il mercato funiviario è storicamente legato e associato dal largo pubblico all’ambito turisticomontano. Tuttavia, negli ultimi anni, gradatamente nel primo decennio del XXI secolo, più tumultuosamente tra il 2010 e 2023, si è osservato un aumento importante delle nuove installazioni in contesti urbani, con concentrazioni specie in Asia e Sud America. Alcune città europee - come Milano, Venezia, Perugia, Pisa, Londra e Barcellona - adottano già questa soluzione per la mobilità urbana, seppure da decenni s’impieghino funicolari o impianti misti di funicolari e ascensori in svariate città europee. Il loro sviluppo nei contesti urbani è trainato da una serie di vantaggi che il sistema a fune porta intrinsecamente con sé, di seguito sintetizzati.

1. Efficienza energetica: gli impianti a fune, con un consumo di circa 0.02-0.03 fino a 0.065 kWh/passeggero·km, si distinguono per l’efficienza rispetto a veicoli privati (0.11÷0.3, fino a 0.8÷1.3 kWh/tonnellata·km che grossomodo coincide con il medesimo valore a veicolo·km per molte

auto di piccola-media dimensione e purtroppo con pari consumo a passeggero·km data la notevole crescita d’impiego di auto con un solo passeggero a bordo) e ferrovie (0.04÷0.09 kWh/pass·km per i passeggeri, 0.03-0.1 kWh/ tonnellata·km per le merci), grazie al motore

distaccato dai veicoli in movimento e all’uso di funi, che di per sé sono elementi a bassissima inerzia. I veicoli sono così alleggeriti sia perché non portano la trasmissione sia perché sono strutturalmente alleggeriti rispetto a tutte le altre soluzioni con motori a bordo.

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Due esempi in Italia di impianti a fune urbani, escludendo le numerose funicolari, ascensori in esercizio pubblico e impianti misti a fune: Milano (Cascina-Gobba San Raffaele) e Venezia (Tronchetto-Piazzale Roma).

GROWING URBAN CABLE TRANSPORT

2. Sostenibilità ambientale: localmente, gli impianti a fune, alimentati elettricamente, non hanno pressoché alcuna emissione inquinante, mentre globalmente possono beneficiare del contributo di fonti rinnovabili nella fornitura elettrica. Attualmente la rete presenta già il 39% di elettricità da fonti rinnovabili, ad esempio, in Italia.

3. Sicurezza: gli impianti a fune, insieme ad aerei e sistemi ferroviari o metropolitani specie se ad elevata automazione, sono tra i mezzi più sicuri, con bassissimi tassi di mortalità a livello globale, così come le metropolitane automatiche.

4. Bassi costi: gli impianti a fune presentano bassi costi d’installazione e d’esercizio (non di manutenzione) rispetto a tutte le alternative di TPL, fatta eccezione per le

metropolitane automatiche se si rapportano al traffico effettivo con quali sono talvolta confrontabili, ma su numeri di passeggeri ora per direzione ben differenziati.

5. Consumo specifico minore all’aumentare della capacità: da alcune ricerche è stata evidenziata la relazione inversa tra la capacità oraria e il consumo specifico, indicando un’efficienza crescente con l’aumentare della capacità. Quindi il riempimento della linea riduce il consumo specifico.

6. Consumi fortemente variabili in base alla distribuzione di carico: l’analisi su diversi sistemi funiviari indica l’assenza di una relazione tra il consumo specifico e il carico dei passeggeri quando la distribuzione è simmetrica tra salita e discesa. Infatti, la tecnologia funiviaria, al netto degli attriti, è considerabile conservativa dal punto di

vista energetico. Tuttavia, se il carico è sbilanciato tra i due rami, si osserva una relazione tra la pendenza e il consumo specifico: crescente se la salita è più carica, inversa se la discesa è più carica, con la possibilità d’immettere energia nella rete elettrica.

7. Bassa occupazione di suolo, specie negli impianti a fune aerei.

Grazie a questi pregi, gli “Automated People Mover” a fune o impianti a fune urbani ad automazione integrale hanno iniziato a trovare varie applicazioni nel territorio europeo, tuttavia non così diffuse come riportano diversi esempi dell’America Latina, laddove gli impianti a fune urbani hanno raggiunto oggi un ruolo importante nella mobilità di molte metropoli. A partire dal 2004 si sono infatti sviluppati impianti con gare sempre più frequenti tra Colombia, Messico, Bolivia (La Paz) e Venezuela. Solo in America Latina si contano 127

stazioni, 818 sostegni, 4.000 cabine, più di 100 km di fune, 7 paesi, 14 città e 10 operatori. In America Latina la forte necessità di mobilità e contesti geografici poco omogenei hanno portato a favorire enormemente questa tipologia di sistemi di trasporto moderni, talvolta avveniristici. Diversamente, in Europa, dove l’esigenza della mobilità è gestita anche attraverso molte alternative e l’auto rappresenta anche un business di mercato, la spinta verso impianti a fune urbani risulta essere al momento contenuta.

Ovviamente sono presenti anche delle limitazioni pratiche che tendono a ridurre l‘appetibilità di questi sistemi: limitazioni del percorso, essendo efficaci solo in segmenti rettilinei (ma deviabili quando utile tramite apposite pulegge) e che non intacchino i numerosi patrimoni storici da un punto di vista estetico; timori di impianti aerei che sorvolino abitazioni, soprattutto in caso di incendio di queste ultime;

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9 10 COMPANIES 9 127 818 4083 109.8 km 7 COUNTRIES 14 CITIES
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Lo sviluppo dei sistemi urbani di trasporto a fune nei Paesi dell’America Latina.

ingombro delle stazioni, rappresentando un ostacolo talvolta all’integrazione urbana in contesti abitativi già molto edificati. Sono tuttavia ostacoli ben superabili a fronte dei gravosi problemi di spazio, sicurezza, dipendenza energetica da fonti fossili e ambientali già evidenziati che assillano oggi le città. In sintesi, nonostante gli aspetti positivi come i bassi costi e l’impatto ambientale molto limitato, la limitazione dei percorsi e le dimensioni delle stazioni costituiscono sfide per l’integrazione degli impianti a fune nelle aree urbane, sfide affrontabili con una buona progettazione e concertazione territoriale. La crescente adozione in città europee e in altre parti del mondo suggerisce un buon potenziale futuro, ma è necessario affrontare le relative criticità specifiche legate all’ambiente urbano.

CRITICITÀ E SOLUZIONI: LA PROGETTAZIONE

L’integrazione degli impianti a fune urbani può presentare in effetti alcune criticità, o sfide, che richiedono attenta considerazione e soluzioni mirate già dalla fase di progettazione.

In primo luogo, l’estesa operatività di queste linee,

pari in alcuni esempi citati a 18 ore e 30 minuti al giorno, crea sfide nella programmazione della manutenzione, poiché interrompere il servizio per lunghi periodi non è sovente praticabile. Inoltre, in quanto trasporto pubblico, non si può pensare di interrompere il servizio per molto tempo. Di conseguenza, la manutenzione deve necessariamente essere organizzata durante la notte o comunque durante i periodi di non operatività. Una delle principali problematiche riguarda poi l’inserimento in contesti urbani già sviluppati. Nonostante l’occupazione di spazi ridotti, la necessità di posizionare stazioni, anche d’interconnessione, per creare un sistema simile a una metropolitana, comporta la sfida di gestire spazi da conciliare talvolta con strade a due corsie per ogni senso di marcia. Alcuni esempi positivi di integrazione possono essere osservati a La Paz, dove stazioni sono state integrate in piazze e edifici, riducendone del tutto l’impatto visivo.

Un terzo ostacolo, seppure relativo, da considerare è il rumore prodotto dagli organi in movimento, particolarmente rilevante

in contesti urbani, tuttavia localizzati nelle sole stazioni motrici. Soluzioni come l’adozione di funi come Perfoma o Whisper, capaci di generare minor rumore e vibrazioni, oltre ad interventi acustici nelle strutture delle stazioni medesime si rendono necessarie per ridurre il disturbo acustico e migliorare, inoltre, l’efficienza energetica, aumentando la durabilità delle componenti più soggette a usura.

Anche la gestione del tempo e la riduzione dei costi emergono come aspetti essenziali del processo. La pianificazione e la rapida esecuzione delle attività di manutenzione richiedono l’impiego di software dedicati per gestire flussi di dati, aumentare la disponibilità delle installazioni, consentire la registrazione e la modifica agevole delle informazioni da dispositivi mobili. Infine, la complessità del rimessaggio o “garaging” dei mezzi durante i periodi di inattività costituisce un ulteriore nodo critico. La soluzione efficace si trova talvolta nell’impiego di sistemi 2S o 3S, che consentono lo stoccaggio delle cabine direttamente nell’area di imbarco e sbarco, tema che non si pone nei

sistemi rappresentati da impianti che derivano da funicolari a va e vieni su anelli concatenati di fune (lo scambio dei veicoli avviene nel passaggio tra anelli adiacenti), per una lunghezza complessiva dell’impianto anche senza limitazioni. Chiudendo lo spazio al pubblico, questa area di rimessaggio può essere utilizzata come zona di manutenzione, ottimizzando i tempi e semplificando il processo complessivo di gestione degli impianti a fune urbani.

CRITICITÀ E SOLUZIONI: LA GESTIONE OPERATIVA

La gestione di un impianto a fune urbano richiede attenzione per diversi aspetti, tra i quali la manutenzione dell’impianto stesso e la tutela del personale coinvolto in tutte le condizioni operative. I principali focus sono indirizzati a: passeggeri, sicurezza dell’impianto, affidabilità del servizio e formazione del personale. L’attenzione ai passeggeri è particolarmente cruciale, poiché sono loro - con le loro scelte e comportamenti - a determinare il successo del sistema. Conoscere i modi di agire e di muoversi tipici dei passeggeri è essenziale,

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In America Latina sono 31 gli impianti a fune urbani in esercizio a fine anno 2023, dopo l’avvio delle installazioni cominciato nel 2004 (nella foto a sinistra una stazione del Mi Teleférico in Bolivia e nella foto a destra l’impianto a fune di Bogotà in Colombia).

considerando anche situazioni prevedibili, come separazioni durante la chiusura delle porte. Tuttavia, il problema si complica quando si affrontano comportamenti imprevedibili in condizioni critiche. Nel caso di guasti, ad esempio, è fondamentale gestire la situazione senza divulgare informazioni che potrebbero causare panico tra i passeggeri. Le esercitazioni regolari preparano quindi il personale a gestire situazioni di emergenza di questo tipo e queste esercitazioni devono essere organizzate con regolarità adeguata al ricambio del personale, in special modo delle associazioni di volontari che spesso vengono coinvolte in queste operazioni più delicate e dove il ricambio di personale avviene con frequenza abbastanza elevata. La stessa composizione dei passeggeri è un aspetto da tenere in considerazione. Ad esempio, un impianto che collega due stazioni urbane e l’aeroporto, come quello di Pisa, integra turisti e residenti, influenzando le dinamiche dei passeggeri. La gestione di grandi eventi e l’attenzione ai dettagli (ad esempio, l’inclusione di cani sconosciuti a bordo) rappresentano talvolta attenzioni in termini

di gestione dei flussi, disponibilità dei parcheggi e di veicoli per smaltire velocemente il traffico e per garantire un servizio di qualità. Sistemi con vocazione più turistica, invece, hanno flussi e composizione dei passeggeri medi decisamente diversi.

L’ESEMPIO DEL PISAMOVER

Problemi generici, comuni a molti impianti di trasporto di persone, sono già stati ben affrontati nelle esperienze italiane, nella fattispecie dell’impianto di Pisa. Il PisaMover rappresenta infatti un impianto che, collegando punti predefiniti, rende difficile adattarsi a cambiamenti nelle condizioni circostanti, compromettendo efficienza ed efficacia in caso di variazioni. Un esempio a tale proposito è stato il passaggio dell’aeroporto da gestione pubblica a privata. Quando è cambiata la gestione dell’aeroporto, infatti, c’è stata una riduzione dei prezzi dei parcheggi da parte dell’aeroporto, rendendoli più competitivi rispetto alla soluzione offerta dal PisaMover. Essendo il sistema originariamente concepito come punto di

interscambio tra la città e l’aeroporto, questo ha portato a un periodo in cui i parcheggi dell’impianto erano pressoché vuoti. Per affrontare questa situazione, la gestione ha stipulato un accordo con l’aeroporto, chiedendo ai fornitori di auto a noleggio di parcheggiare i loro veicoli nell’area dell’impianto per bilanciare la situazione. Di fatto si è trovata la soluzione. Un aspetto ulteriore che si è dovuto tenere in considerazione è la presenza di un punto di attrazione intermedio non esattamente a metà del percorso, che solleva la questione di come mantenere la stessa capacità oraria su entrambi i rami. Questa è stata risolta mediante l’adozione di diverse velocità: più veloci nel tratto più lungo (11 m/s) e più lenti nel tratto breve (8 m/s). Segue – ma non meno importante - la gestione dei flussi di persone, che rivela che circa il 21% delle persone che si dirigono all’aeroporto durante l’anno utilizza il PisaMover, con il traffico concentrato principalmente tra Pasqua e ottobre a causa della natura low-cost dell’aeroporto di Pisa. Questa considerazione influenza le operazioni di manutenzione e le esercitazioni del personale,

evitando di concentrarle nei periodi di maggiore afflusso. Ad ogni modo i valori di quota modale a favore dell’APM a fune raggiungibili possono anche essere ben più elevati, specie in presenza di policy urbane come quelle della carbon neutrality, dichiarate nel 2023 da 100 città europee. Anche problemi tecnici più specifici possono insorgere in esercizio. Per il caso di Pisa, uno ha riguardato la passerella di sicurezza vicino alla zona degli scambi; questa, infatti, risulta significativamente distante dalla carrozza costituendo così un rischio durante l’apertura di emergenza delle porte da parte dei passeggeri. Individuato il rischio, però, si è intervenuto con l’adozione di un sistema di sicurezza che impedisce alla carrozza di fermarsi in quella zona quando viene richiesta una fermata d’emergenza. Ogni qual volta si testano tutte le apparecchiature, ovviamente, l’arresto d’emergenza del veicolo in quella specifica posizione deve essere controllato per assicurare che si fermi correttamente. Un secondo punto di attenzione nel caso di Pisa deriva dalla conformazione a ferro di cavallo dell’impianto, che provoca curvature diverse tra le funi traenti la carrozza

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Ritorni di esperienza dall’APM PisaMover con variazioni della tipologia di utenza nel corso dell’anno, tra impieghi locali e turistici.

lungo i due tratti. Ciò genera velocità di usura variabili e, inoltre, si è notato che i trefoli delle funi tendevano a sfregarsi l’uno contro l’altro, accelerando l’usura dei singoli componenti. Per risolvere questo problema, è stata adottata una soluzione tecnica consistente nell’utilizzare una fune con un’anima dotata di alette, che separano i trefoli tra di loro. Questa modifica preserva la normale funzionalità della fune, garantendo al contempo livelli di usura notevolmente inferiori. Come dimostra in conclusione l’esempio fin qui analizzato del PisaMover le sfide dei primi impianti messi in funzione in Italia sono state ben affrontate e risolte.

LE SFIDE FUTURE

Gli impianti a fune mostrano dunque un grande potenziale dalla loro parte ma non sono di certo esenti da limitazioni o punti di vista che possono far ragionare o restringerne l’ambito applicativo: tipicamente sono sistemi di trasporto adatti a potenzialità al di sotto di circa 8-9 mila passeggeri/ora per direzione di marcia e per poter avere successo devono essere accolti per l’inserimento urbano anche aereo, vale a dire con funi sospese e non solo operanti su rotaie. La loro integrazione nei contesti edificati richiede che vengano superate alcune

eventuali barriere o verifiche, talvolta tecniche e talvolta sociali, di seguito riassunte.

• Regolamentazione ad hoc: in America Latina, così come in Europa, manca una regolamentazione specifica per i sistemi a fune urbani, se non per l’esistenza delle “Linee guida per la progettazione dei sistemi di trasporto persone ad automazione integrale con trazione a fune” (UNI, 2018). Attualmente, la progettazione su basa su standard europei limitati, però, prevalentemente ai contesti montani e turistici.

• Progettazione avanzata: si potrebbe richiedere la progettazione di funi con una vita più estesa, capaci di ridurre suono e vibrazioni, insieme a sistemi di tensionamento con una durata più lunga.

• Operatività continua: il sistema deve rimanere operativo una volta avviato per evitare accensioni e spegnimenti che ridurrebbero l’efficienza e disponibilità complessiva. L’ubicazione strategica dell’impianto deve essere basata su un accurato studio della domanda di spostamento.

• Durabilità e gestione della fune: la durabilità della fune impatta sulla manutenzione e sull’impalmatura, nel caso in cui ci sia, richiedendo

una gestione più efficiente per ridurre i tempi di intervento.

• Durabilità dell’impianto nel lungo termine: si pone l’interrogativo su cosa accadrà dopo la vita utile, prevista di 25 anni. Le infrastrutture e gli interventi necessari devono essere considerati, insieme alle conseguenze a lungo termine dell’impiego di tali impianti in ambito urbano.

• Sorvolo di persone e violazione della privacy: i sistemi a fune urbani aerei comportano il sorvolo sopra le persone e attraversano zone prossime agli edifici, potenzialmente generando problemi di violazione della privacy. L’integrazione della cittadinanza nella fase di realizzazione è cruciale per evitare opposizioni nonostante progetti e finanziamenti robusti.

• Coinvolgimento di pubbliche amministrazioni e regolamentazioni ambientali: è necessario coinvolgere le amministrazioni pubbliche e le regolamentazioni ambientali nel settore dei sistemi a fune per individuare problemi tecnici e vantaggi del trasporto funiviario urbano.

• Coinvolgimento della classe politica: la sostenibilità economica di impianti di questo tipo, come la larghissima

maggioranza dei sistemi di trasporto urbano, è ben difficile da raggiungere senza sovvenzioni da parte della mano pubblica. È importante, dunque, che si sviluppi il concetto di trasporto a fune urbano e che si comprenda adeguatamente il potenziale di integrazione di queste tipologie di impianti all’interno del TPL.

La chiave risolutiva principale degli impianti a fune urbani sembra comunque essere l’obiettivo di neutralità climatica dichiarato da 100 città in Europee nel 2023, il che porta a rendere secondari gli impegni tecnici o tecnologici suindicati e passibili di una seduta attorno ad un tavolo quelli di carattere urbanistico: in termini di consumi specifici di energia, di emissioni inquinanti locali, di uso del suolo, nonché di disponibilità ed affidabilità di esercizio, per approdare ad una velocità commerciale molto concorrenziale (in linea 6 o 7 fino a 12 m/s a seconda della tipologia di impianto; in stazione ad esempio 0.15-0.18 m/s, o anche nulla su richiesta), in un abitacolo con un confort tale da rendere la mobilità del tutto compatibile con l’uso del tempo di viaggio, non pare che sussistano sistemi di trasporto urbano accessibili a chiunque concorrenziali agli impianti a fune urbani nel loro campo di potenzialità oraria.

"Impianti a fune urbani - Progettazione, energia consumata ed impatto, ritorno di esperienze": i temi affrontati

• Apertura e moderazione, a cura del Politecnico di Torino, Dip. DIATI –Trasporti (Bruno Dalla Chiara);

• “Consumi ed impatti degli APM a fune: comparazione modale e tendenze moderne” (Stefano Bazzolo, Dimensione Ingenierie);

• “Impianti urbani di nuova generazione: teoria e pratica” (Simone Tomelleri, Doppelmayr);

• “Impianti urbani di nuova generazione: teoria e pratica” (Marco Petrella, Leitner);

• “Urban Ropeways evolution in Latin America from Mexico to Chile” (Victor Vargas, D.G. Ingeniería de Sistemas de Transporte y Cables, Colombia);

• “Esercizio e manutenzione: ritorni d’esperienza ed aspetti economici” (Emiliano Cipriani, Direttore di esercizio APM PisaMover e funicolari);

• Domande e risposte in una tavola rotonda, con moderatore l’Ing. Giorgio Pizzi, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - DG per il TPL, Divisione 4 Osservatorio Nazionale per le politiche del TPL, ferrovie regionali, impianti a fune e di traslazione.

Mobilità
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RICICLO DELLE BATTERIE: STATO DELL'ARTE E PIANI PER L'EUROPA

L’economia circolare a sostegno dell’e-mobility

In Europa nel 2023 sono state immatricolate più di 2 milioni di autovetture elettriche, con un aumento del 28% sul 2022; e questo senza contare altre categorie di veicoli quali motocicli, autobus e veicoli merci, comparti in cui la propulsione elettrica è ancora più sviluppata. Considerando questi dati, la Commissione Europea prevede che la domanda mondiale di batterie aumenterà di 14 volte entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2018) e che la stessa Unione Europea potrebbe generare il 17% di questa domanda, attestandosi al secondo posto a livello mondiale sia per utilizzo che per produzione. Questa trasformazione green

Per

la produzione europea delle batterie prevista una crescente esigenza di litio e cobalto. Fondamentale il riciclo per garantire indipendenza e sostenibilità.

della mobilità fa perno al momento sulla produzione di batterie al litio (sebbene si stiano sviluppando altre tecnologie quali ad esempio le batterie LFP o quelle agli ioni di sodio) e sull’urgenza di migliorarne le possibilità di riciclo e recupero. E’ infatti assolutamente necessario che soprattutto quelle immesse sul mercato dell’UE siano il più possibile sostenibili, altamente efficienti e sicure in tutto il loro ciclo di vita, vale a dire prodotte con il minor

impatto ambientale possibile, utilizzando materiali ottenuti nel pieno rispetto dei diritti umani e delle norme sociali ed ecologiche, in grado di durare a lungo e, una volta inservibili per gli autoveicoli, poter essere destinate a una seconda vita, rigenerate o riciclate, reimmettendo materiali di valore nella filiera.

Non a caso a livello europeo si prevede la necessità di disporre rispetto agli attuali livelli di quantitativi di litio 18 volte maggiori nel 2030

e quasi 60 volte nel 2050, nonché di quantitativi di cobalto 5 volte maggiori nel 2030, per arrivare a 15 volte in più nel 2050.

A ciò si aggiunga che ogni veicolo elettrico è un prodotto complesso, costituito da decine di componenti e materiali differenti, e il suo fine vita richiede esperienza e conoscenze evolute sia di natura tecnica sia organizzativa. Una corretta gestione delle batterie è pertanto un tema centrale, sia per la conservazione delle risorse, ma anche per un aspetto di prevenzione. Un trattamento idoneo permette, infatti, di evitare l’emissione nell’ambiente di sostanze pericolose.

Mobilità elettrica maggio-giugno 2024 24

IMPEGNO UE

Nel mondo nel 2023, la produzione globale di batterie è stata di circa 65 GWh, in aumento di circa il 25% rispetto al 2022 e in Europa sta maturando progressivamente il mercato delle batterie, vero e proprio elemento chiave della transizione ecologica. Tuttavia, produrre batterie nuove in quantità tali da rispettare le richieste del mercato diventerà presto difficile e gravoso in termini di estrazione e approvvigionamento delle materie prime. Attualmente la maggior parte dei veicoli elettrici utilizza batterie a celle di litio, un oggetto relativamente piccolo, ma con un ciclo di vita molto complesso su cui influiscono direttamente diversi fattori, tra i quali quelli economici e geopolitici. Per questo motivo il riciclo degli accumulatori esausti avrà in futuro sempre più importanza, come ha ben capito tra i primi JB Straubel, uno dei fondatori di Tesla, che qualche anno fa ha lasciato l’impresa di Elon Musk per lanciarsi nell’avventura del recupero e riuso dei materiali provenienti dalle batterie. Anche l’Europa ha deciso di investire in modo consistente in queste attività, per conseguire l’obiettivo di rendersi indipendente dalla produzione di batterie in Cina attraverso l’implementazione di un’industria continentale efficiente e una produzione di auto elettriche veramente green. Obiettivo nel cui ambito proprio il riciclo è destinato a svolgere un ruolo fondamentale per garantire efficienza, indipendenza e basso impatto ambientale. Il compito di definire e avviare un mercato europeo delle batterie che sia circolare e sostenibile è attualmente affidato alla European Battery Alliance (EBA), associazione nata nel 2017 dalla volontà

Mobilità elettrica
Recupero dei materiali di valore delle batterie per ridurre impatto ambientale e sfruttamento del lavoro.
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Dall’alto in basso: lo sfruttamento di un giacimento di litio in Messico e una miniera di cobalto in Congo.

del vicepresidente della Commissione Europea Maros Sefcovic.

L’EBA vede la partecipazione di 120 soggetti che operano nel settore. Si tratta di istituti di ricerca, aziende, enti pubblici e autorità nazionali che lavorano in modo coordinato e collaborano attivamente sia con gli Stati comunitari sia con la Banca Europea degli Investimenti per attrarre investimenti e accelerare la crescita del settore. L’associazione ha

infatti chiaro che battere la Cina non è semplice; ma, differenziando i prodotti e lavorando su una catena di approvvigionamento e un sistema produttivo davvero sostenibile, il Vecchio Continente può trovare una dimensione capace di varcare i propri confini e affermarsi con successo a livello globale. E secondo gli analisti, la produzione di batterie in Europa può arrivare a un fatturato complessivo di 250 miliardi di euro entro il 2025.

Per costruire una catena veramente a basso impatto ambientale, la EBA lavora su molteplici fronti: materie prime e semilavorati, componenti per celle, costruzione di celle e di pacchi batteria, produzione veicoli elettrici, riciclo delle batterie a fine vita. È dunque ripensando da zero le singole attività e sfruttando nuove tecnologie (più efficienti) che l’Europa intende creare un settore all’avanguardia, competitivo e green.

NUOVE REGOLE PER LE BATTERIE

La transizione all’elettrico sarà davvero ecologica solo quando riuscirà a controllare e limitare le emissioni di CO2 sin dalle fasi legate all’estrazione e al recupero delle materie prime, alla costruzione dei singoli componenti della batteria, alla realizzazione delle batterie intere e anche del loro abbinamento alle auto elettriche. Senza dimenticare, chiaramente, tutta la parte legata al riciclo e recupero di materiali.

Con i metodi moderni, la percentuale dei materiali che si possono recuperare da batterie giunte a fine vita supera facilmente l’80%. Ma ci sono tecniche all’avanguardia che alzano questo valore anche oltre il 90% e, in certi casi, si può arrivare anche intorno al 95%. C’è da dire che i produttori di batterie, proprio per la loro maggiore attenzione verso il riciclo, stanno progettando e costruendo accumulatori che, una volta terminato il loro periodo utile, saranno più facili da riciclare. Questo comporterà costi minori e risultati migliori. Se però il riciclo delle batterie, a oggi, ha ancora un ruolo marginale, non è solo per via del fatto che l’industria deve ancora organizzarsi.

Parlando espressamente del settore della mobilità a zero emissioni, al momento la maggior parte dei veicoli a batteria in circolazione è recente e ancora funzionante.

In altre parole, non ci sono ancora molte batterie giunte a fine vita. E non ci si deve dimenticare che la maggior parte di esse, anche una volta che non saranno più utilizzate su veicoli elettrici, troverà altri impieghi nei sistemi stazionari di accumulo.

Per questo istituzioni UE ed EBA la scorsa estate hanno approvato una direttiva valida sul lungo periodo, ponendosi

Mobilità elettrica
La produzione mondiale di batterie nel 2023 è stata di circa 65 GWh, in aumento di circa il 25% rispetto al 2022.
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Le attuali tecnologie permettono di recuperare l’80% dei materiali presenti nelle batterie giunte a fine vita.

il 2030-2035 come orizzonte temporale per la creazione di un ecosistema efficiente e sostenibile per il riciclo in Europa.

Le misure chiave del nuovo regolamento prevedono:

• dichiarazione ed etichetta obbligatoria dell’impronta di carbonio per le batterie di tutti i veicoli elettrici, compresi i mezzi di trasporto leggeri, come scooter e biciclette elettriche; inoltre, tale obbligo vigerà anche per gli accumulatori industriali con una capacità superiore ai 2 kWh, con previsione per tutti anche di un passaporto digitale;

• una progettazione delle batterie per elettrodomestici che consenta ai consumatori di rimuoverle e sostituirle facilmente;

• politiche di due diligence per tutti gli operatori economici, ad eccezione delle piccole e medie imprese; vale a dire la spinta verso strategie e investimenti che incoraggino una transizione più rapida verso un’economia globale a basse emissioni di carbonio;

• obiettivi di raccolta rifiuti più severi per le batterie portatili (45% entro il 2023, 63% entro il 2027 e 73% entro il 2030) e quelle per veicoli leggeri (51% entro il 2028 e 61% entro il 2031);

• livelli minimi di recupero materiali (per il litio, 50% entro il 2027 e 80% entro il 2031, mentre per cobalto, rame, piombo e nichel, 90% entro il 2027 e 95% entro il 2031);

• livelli minimi di contenuto riciclato da rifiuti di produzione e consumo da utilizzare nelle nuove batterie: 16% a otto anni dall’entrata in vigore del

regolamento per il cobalto, 85% per il piombo, 6% per il litio e 6% per il nichel, che diventeranno 26% per il cobalto, 85% per il piombo, 12% per il litio e 15% per il nichel dopo 13 anni dall’entrata in vigore del regolamento.

Un ultimo passaggio per l’entrata in vigore definitiva richiede l’approvazione formale dell’accordo anche da parte del Consiglio dell’Ue. In seguito ci saranno la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea e quindi la piena operatività del regolamento. Come ha commentato il relatore Achille Variati: “Per la prima volta abbiamo una legislazione sull’economia circolare che copre l’intero ciclo di vita di un prodotto; un approccio positivo sia per l’ambiente che per l’economia. Abbiamo concordato misure che portano grandi benefici ai consumatori: le batterie saranno ben funzionanti, più sicure e più facili da rimuovere”.

In questo lasso di tempo l’Europa dovrà creare anche una rete di Gigafactory in grado di rispondere su larga scala alle esigenze di mercato. Al momento, con la Cina – come detto – in posizione dominante, non è raro che la cosiddetta massa nera, cioè l’insieme di materiali recuperati da una batteria giunta a fine vita, sia raccolta in Europa e poi spedita a Oriente, dove sarà utilizzata da aziende cinesi, sudcoreane o giapponesi per produrre nuove batterie. L’Europa deve lavorare in modo coordinato su più fronti e, così facendo, oltre a poter godere dei vantaggi già elencati in termini di stabilità degli approvigionamenti riduzione delle emissioni di CO2 e affermazione delle proprie industrie a livello globale, potrà godere anche di nuove opportunità di crescita economica e occupazionale.

Le tecniche utilizzate per il riciclo delle batterie

Al momento, quando si parla di riciclo, si fa riferimento principalmente a due metodi, che sono quelli più largamente utilizzati: la pirometallurgia e la idrometallurgia.

• Pirometallurgia: mira alla separazione e al recupero dei singoli materiali sfruttando le alte temperature. Semplificando, si inserisce una batteria in un altoforno e si raggiungono temperature specifiche che consentono di ottenere materiali in purezza o leghe di materiali comunque utilizzabili in nuovi processi produttivi.

• Idrometallurgia: questo metodo, che è più recente ma che sta prendendo piede con una certa velocità, consiste nella separazione delle materie prime di una batteria attraverso l'uso di solventi chimici. Svolgendosi a bassa temperatura, richiede meno energia e risulta quindi più efficiente. Soprattutto se, come accade sempre più spesso, i solventi utilizzati sono realizzati senza l'adozione (o con l'adozione in quantità ridotte) di sostanze altamente inquinanti.

Vista la complessità di queste tecnologie e di altre che si stanno diffondendo, appaiono sempre più necessari ulteriori investimenti per svilupparle e industrializzarle. Difficilmente potranno farlo le imprese private che per decenni hanno utilizzato metodologie tradizionali per smaltire le batterie; spetta quindi ai governi imporre cambiamenti e aiutare con solidi incentivi questi investimenti in tecnologie più pulite.

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IL

PUNTO

DI

VISTA

DEGLI AUTODEMOLITORI SULLA GESTIONE DEI VEICOLI ELETTRICI FUORI USO

Elettrici ed endotermici rottamazione a confronto

D a sempre uno degli aspetti di maggiore interesse per il settore dell’Automotive, negli ultimi decenni la gestione del fine vita dei veicoli ha assunto una rilevanza strategica in concomitanza con l’affermarsi, nella produzione e nell’utilizzo dei veicoli, oltre che di nuove tecnologie, di modelli di economia circolare, incentrati sui principi di efficiente impiego delle risorse, di riduzione al minimo dei rifiuti - con l’estensione del ciclo di vita dei prodotti attraverso il

La transizione energetica comporta una sfida per gli autodemolitori, in quanto esige nuove competenze e nuove tecnologie per mantenere il vantaggio competitivo nel nuovo scenario.

riutilizzo, la riparazione e il ricondizionamento - e, una volta che un prodotto abbia terminato la sua funzione, di creazione di nuovo valore grazie al riciclo dei materiali di cui è composto.

In questa direzione va anche la Proposta di Regolamento licenziata lo scorso luglio dalla Commissione

Europea “relativa ai requisiti di circolarità per la progettazione e alla gestione dei veicoli fuori uso”. Il suddetto Regolamento, destinato in un futuro prossimo a sostituire le direttive attualmente vigenti in materia - la 2000/53/CE sui veicoli fuori uso e la 2005/64/ CE, sull’omologazione dei

veicoli a motore in relazione alla loro riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità (Omologazione 3R)persegue, infatti, l’obiettivo di anticipare e integrare la circolarità nelle fasi di progettazione e produzione dei veicoli e di rendere la Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) il punto di snodo per il miglioramento della governance del fine vita dei veicoli, anche nell’ottica del conseguimento di benefici ambientali, valutabili in termini di riduzioni di emissione di CO2, di

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valorizzazione di materiali, di un maggiore recupero delle materie prime critiche e di una conseguente, minore dipendenza da materie prime importate.

Contestualmente, si va consolidando, come strategia fondamentale per la riduzione di gas serra e il miglioramento della qualità dell’aria, l’utilizzo su vasta scala di auto elettriche alimentate da batterie ricaricabili, in sostituzione dei veicoli con motore a combustione interna. In questo scenario articolato e in divenire si staglia uno studio di Ecoeuro s.r.l., azienda leader nel settore della consulenza ambientale per autodemolitori, condotto in collaborazione con l’Università del Salento, dal titolo “Strategie per il riciclo e il riutilizzo di componenti e materiali nel settore Automotive”, che elabora una serie di ipotesi sul futuro della gestione del fine vita dei veicoli, proprio tenendo conto delle diverse tipologie di veicoli e della prevedibile

crescita incrementale dei veicoli elettrici, sui quali l’Unione Europea e le case costruttrici puntano per vincere la sfida della mobilità sostenibile e a emissioni zero, posto che si stima che i motori a combustione interna producano il 14% di tutte le emissioni dirette e indirette in tutto il mondo.

FINALITÀ E CONTENUTI

DELLO STUDIO ECOEURO

Il punto di partenza della ricerca di Ecoeuro è rappresentato da una disamina delle iniziative delle maggiori aziende automobilistiche a supporto della circolarità, tra le quali rilevano, oltre alla pianificazione della produzione, in via esclusiva o prevalente, nei prossimi anni di veicoli elettrici o elettrificati (comprensivi sia delle automobili elettriche che di tutte le tipologie di vetture ibride che abbinano un motore elettrico a uno a combustione), la diffusione di piattaforme modulari

dovranno garantire, da un lato, la minimizzazione degli effetti negativi sull’ambiente, e, dall’altro, la conservazione del vantaggio competitivo sul mercato delle imprese di demolizione e dei centri di recupero.

Considerare la gestione del fine vita dal punto di vista delle imprese di demolizione significa, in sostanza, individuare soluzioni organizzative e strategiche efficaci, in risposta ad una serie di interrogativi che è necessario porsi: i demolitori con una dotazione tecnologica basica saranno ancora in grado di estrarre sufficiente valore dai veicoli? Quale sarà il giusto compromesso tra recupero di componenti (riuso) e recupero di materiali (riciclo)? I centri di recupero riusciranno ad estrarre sufficiente valore dai rottami?

flessibili (Flexible Modular Platform FMps), che sono sistemi di base costituiti da un insieme di componenti standardizzati - come telaio, sospensioni e sistema di alimentazione - che possono essere utilizzati per costruire una vasta gamma di veicoli. Numerosi, infatti, sono i vantaggi associabili alle piattaforme modulari: una significativa riduzione dei tempi e dei costi di produzione, una più rapida risposta dei produttori ai cambiamenti del mercato e alle tendenze dei consumatori, la possibilità di convertire i veicoli elettrici non nativi e la riduzione degli sforzi necessari per lo smontaggio, il recupero e il riutilizzo di materiali e componenti.

Sul presupposto della futura crescita esponenziale della quota di mercato dei veicoli elettrici, lo studio di Ecoeuro approfondisce dunque gli aspetti peculiari al ciclo di vita delle auto elettriche e, segnatamente alla gestione del fine vita, le cui modalità

A fronte di tali domande, Ecoeuro disegna scenari diversi che ruotano intorno al grado di difficoltà ipotizzato delle attività di estrazione di valore dai veicoli elettrici, per cui, mentre nel caso in cui si possa estrarre facilmente valore gli attori principali del recupero continueranno ad essere i demolitori, nel caso che l’estrazione di valore richieda un significativo livello di tecnologie serviranno dei poli specializzati, fino all’ipotesi che sia praticamente impossibile estrarre valore dalle auto elettriche, eventualità nella quale dovranno essere le case costruttrici a farsi carico dei costi legati al fine ciclo vita.

GESTIONE FINE VITA DEI VEICOLI ELETTRICI

Il successivo livello di approfondimento dello studio ha ad oggetto una serie di simulazioni finanziarie che mettono a confronto i valori ricavabili da veicoli a combustione interna con quelli da veicoli elettrici.

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La diffusione dell’e-mobility ha spinto Ecoeuro a studiare gli aspetti relativi al fine vita e al riciclo dei veicoli a batteria.

Presupposto delle simulazioni è la considerazione delle caratteristiche tecniche delle due diverse tipologie di veicoli e dei rispettivi componenti, in quanto destinate ad incidere in maniera significativa nella fase di gestione del fine vita del veicolo.

Un’attenzione specifica è dedicata alla batteria, l’elemento più importante, complesso e costoso del veicolo elettrico che, oltre ad essere la riserva energetica, è il vero e proprio cuore del veicolo, connotato dalla presenza di regole da osservare e da una tecnologia in costante evoluzione. Ecoeuro considera anche le possibili alternative alle attuali batterie al litio, a causa delle criticità che questo tipo di batterie presenta: costi alti, problemi di sicurezza (in termini di rischio di incendi o esplosioni) e di estrazione delle materie prime, con

la concentrazione della supply chain in pochi Paesi, tra i quali la Cina, che sta espandendo aggressivamente la sua presenza e influenza sul mercato globale del litio. Le alternative verso le quali la ricerca a livello mondiale si sta orientandobatterie al sodio, allo zinco, al magnesio, al calcio e all’alluminio - presentano ciascuna vantaggi e svantaggi rispetto alle batterie al litio e, allo stato delle attuali sperimentazioni, le soluzioni più promettenti per il settore dell’automotive sembrano essere le batterie al sodiosettore in fase di sviluppo, ma con buoni risultati nel caso pilota rappresentato da HiNa Battery Technology che ha prodotto la batteria per l’utilitaria elettrica jointventure di Volkswagen con AC Motors in Cina - e le batterie all’alluminio - per le quali è previsto il lancio per il settore automobilistico entro il primo semestre del 2025,

elevate di composti preziosi, come cablaggio in rame e magneti NdFeB (Neodimio - Ferro - Boro), ma dotato di una scarsa efficienza di riciclaggio durante la fase di trattamento dei residui della frantumazione (Auto Shredder Residue) - e dell’elettronica di potenza - comprensiva di tutti i dispositivi e di sistemi di controllo di funzioni critiche quali quelle inerenti il flusso di potenza tra la batteria e il motore elettrico, la conversione da corrente continua a corrente alternata e la regolazione della velocità del motore elettrico - .

CONFRONTO ECONOMICO SULLA ROTTAMAZIONE

dopo lo sviluppo, da parte di Graphene Manufacturing Group (GMG) in collaborazione con Rio Tinto, di una cella a bottone agli ioni di alluminio e grafene che è risultata più sicura, più facile da riciclare e ricaricabile più velocemente di una batteria al litio -.

Uno dei principali fattori di complessità, sul piano tecnico, della gestione del fine vita dei veicoli elettrici risiede proprio nello smontaggio della batteria, attività impegnativa a causa del design del veicolo, del quale la batteria rappresenta il centro di gravità, e che richiede la disponibilità di spazi adeguati e l’adozione di misure di sicurezza idonee a prevenire incidenti e preservare i componenti riutilizzabili.

Risultano particolarmente gravose anche le operazioni di smontaggio del motore elettrico - contenente concentrazioni relativamente

L’analisi dei valori finanziari, connessi alle caratteristiche tecniche incidenti in fase di rottamazione delle due tipologie di veicoli, si concreta nella formulazione da parte del team di ricerca di ipotesi che tengono conto di due specifiche circostanze: 1) quasi nessun veicolo elettrico è stato già oggetto di demolizione e 2) sono scarsamente disponibili le informazioni circa il mercato di componenti usate da veicoli elettrici.

Nei casi di studio sono messi in comparazione le operazioni e i risultati delle rottamazioni o di uno stesso modello di veicolo in versione termica e in versione elettrica o, poiché la maggior parte delle case automobilistiche ha optato per sviluppare modelli nativi elettrici, di due modelli appartenenti allo stesso segmento di mercato di cui uno nativo elettrico e l’altro a combustione interna. Nella prima tipologia rientra il caso di studio della Fiat 500, un modello nato con alimentazione termica e successivamente adattato, con alcuni cambiamenti, per ospitare una trazione di tipo elettrico.

Rispetto alla vendita dei ricambi, si stima (Figura 1)

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Fonte: Studio Ecoeuro Strategie per il riciclo e il riutilizzo di componenti e materiali nel settore Automotive

che dal modello elettrico sia ricavabile un valore pari al 29,52% in meno rispetto al modello a combustione interna, a causa della presenza, nel veicolo elettrico, di un numero inferiore di ricambi e, in particolare, dell’assenza del motore endotermico e delle componenti che lo accompagnano, come il catalizzatore. Dalla simulazione è esclusa, la batteria elettrica, in quanto ancora non ne è stata regolamentata la commercializzazione.

Quanto, invece, al valore ricavabile dai rottami, il modello elettrico presenta (Figura 2) una redditività superiore dell’8,7% rispetto alla versione a combustione interna.

Pertanto, anche al netto del peso della batteria di trazione, che non può essere demolita ma va trattata con procedure standard, il modello elettrico risultante da un adattamento da un modello nato con alimentazione termica è più pesante rispetto alla versione termica.

Ciò a differenza di quanto emerge dalle simulazioni che mettono a confronto i rottami provenienti da due auto differenti appartenenti allo stesso segmento di mercato, delle quali una elettrica nativa e una a benzina. In questi casi, infatti, il valore ricavabile dai rottami del veicolo elettrico è inferiore a quello derivante dai rottami del veicolo termico in una misura variabile dal 15% al 29% (Figura 3 e Figura 4), con una differenza di peso più accentuata nella simulazione di cui alla Figura 4 a causa delle dimensioni leggermente ridotte della BMW i3 rispetto alla 500 X.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

In sintesi, lo studio in esame, attraverso le simulazioni elaborate, porta alla conclusione che,

a causa della presenza di un numero inferiore di ricambi rivendibili e di un minor quantitativo di rottami ferrosi, la rottamazione dei veicoli elettrici comporta una riduzione del potenziale guadagno dei demolitori stimabile in un meno 30% sulle vendite di ricambi e in un valore variabile dal meno 10% al meno 30% - quale media dei valori registrati nelle simulazioni (rispettivamente +8,7%, -15% e -29%) - sui rottami rispetto alla rottamazione di un veicolo a combustione interna.

A tale constatazione, tuttavia, Ecoeuro aggiunge una riflessione sulle opportunità connesse alla presenza, nei veicoli elettrici, di un maggior quantitativo di

Materie Prime Critiche, quali il nickel, il manganese, il cobalto e la grafite, che costituiscono fattori produttivi indispensabili per un’ampia serie di settori strategici, compresi quelli legati alla transizione ecologica e digitale e i settori dello spazio e della difesa, anche se il potenziamento dei ricavi grazie al recupero di queste materie prime resta ancora vincolato allo sviluppo di strumenti e tecnologie che ne influenzano notevolmente i costi.

La considerazione conclusiva, in un momento storico, politico ed economico pieno di opportunità, ma anche di elementi di instabilità per il settore dell’Automotive e di tutte le imprese che ne fanno parte e che sono alla

ricerca di nuovi equilibri, è che l’interesse dello studio di Ecoeuro va anche oltre il valore scientifico dei contenuti.

Infatti, la definizione dei termini della sfida che la transizione ad una mobilità elettrica e sostenibile comporta per le imprese di demolizione vuole essere una “call to action” rivolta alle stesse, affinché facciano ricorso a tutte le risorse disponibili - nuove tecnologie comprese - per mettere a frutto gli asset dei quali già dispongono e per acquisire le nuove competenze e strumentazioni necessarie a mantenere il proprio ruolo strategico e di creazione di valore nella gestione della fase finale del ciclo di vita dei veicoli.

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Fonte: Studio Ecoeuro Strategie per il riciclo e il riutilizzo di componenti e materiali nel settore Automotive

OSSERVATORIO DRONI E MOBILITÀ AEREA AVANZATA DEL POLITECNICO DI MILANO

2024: dai semplici annunci alle applicazioni operative

L’Osservatorio Droni e Mobilità Aerea Avanzata del Politecnico di Milano, nato nel 2019, ha portato avanti in questi anni studi e ricerche nel settore, affiancando a questi temi la disamina dei principali fattori abilitanti per lo sviluppo del mercato, tra cui la costruzioni di vertiporti, la normativa sulla sicurezza dello spazio aereo e lo sviluppo di piattaforme per il trasporto di merci e persone, guardando sempre con molta attenzione alle possibili interazioni e integrazioni con gli attuali sistemi di trasporto. Nel nuovo studio pubblicato dall’Osservatorio del Politecnico di Milano a febbraio scorso emerge che il 2023 è stato un anno di importanti annunci, evoluzioni normative e nuove iniziative di settore con una crescita del mercato professionale (B2b e B2g) dei droni, che solo in Italia ha raggiunto il valore di 145 milioni di euro, in aumento del 23% rispetto al 2022, di cui 4 milioni generati unicamente nel segmento del trasporto delle merci da 32 aziende italiane attive in questo specifico campo di applicazione.

E le prospettive di sviluppo del mercato italiano sono più che positive, avvalorano le prime stime 2024 riportate dall’Osservatorio, che confermano “un mercato in crescita a doppia cifra, come afferma anche l’81% degli addetti ai lavori che vede il mercato in forte espansione nei prossimi tre anni”, nonostante la maturità delle

Il mercato professionale dei droni in Italia ha raggiunto nel 2023 i 145 mln di euro. Nonostante le difficoltà il contesto italiano può affermarsi come apripista nel settore.

applicazioni, come spiegano i ricercatori del Politecnico di Milano, nel nostro Paese risulti essere ancora piuttosto bassa.

LE APPLICAZIONI

INTERNAZIONALI

A livello mondiale, tra il 2019 e il 2023 sono stati censiti complessivamente dall’Osservatorio 1.471 casi applicativi di droni, di cui il 16% progetti operativi, con un incremento del 200% di questi ultimi rispetto al 2022 (70 nuovi progetti “fulloperative” nel 2023 vs 23 progetti nel 2022).

Il 70% di tutti questi casi applicativi (1.023 casi) si riferisce al segmento delle Aerial Operations (droni di piccola e media taglia che operano nei settori più tradizionali) e il restante 30%

(448) a progetti di Innovative Air Mobility & Delivery (IAM&D, droni di maggiori dimensioni per il trasporto merci e persone). Nel primo segmento le principali applicazioni si riferiscono soprattutto ad ispezioni e sopralluoghi (44%), sicurezza e sorveglianza (20%), ricerca e soccorso (12%). Sempre in questo settore nel 2023 si è inoltre evidenziato un incremento dei casi operativi nei settori storici del 186% (inclusi produttori di droni per trasporto merci o persone). Assai dinamico e in pieno sviluppo, il segmento dell’IAM&D si contraddistingue per ricchezza di iniziative soprattutto in relazione alle componenti del trasporto delle merci: il 77% dei 448 casi di IAM&D censiti

dall’Osservatorio (ovvero 345 casi) si riferisce infatti proprio a questo comparto, che si incentra per il 54% sulla consegna di merci generiche e per il 46% sul trasporto di materiale sanitario. Da sottolineare, in questo contesto, come Amazon a ottobre 2023 abbia annunciato l’introduzione di un servizio operativo di trasporto con droni in Italia e nel Regno Unito entro la fine del 2024, a documentazione dei progressi compiuti sia a livello tecnologico sia a livello normativo in questo segmento (con un implicito riconoscimento, peraltro, dell’importante lavoro svolto a livello legislativo nel nostro Paese).

Solo il 23% dei casi di Innovative Air Mobility & Delivery (ovvero 103 casi) ricade nell’ambito del trasporto di passeggeri (in ambito urbano per il 57% e in ambito extraurbano per il 43%), che rappresenta però attualmente un segmento emergente, che sta evolvendo in modo progressivo dai semplici annunci alle prime vere e proprie applicazioni operative: anche se per il 72% dei casi si parla ancora solo di progetti annunciati, le sperimentazioni censite nel 2023 coprono già il restante 28%.

A livello internazionale, ad ogni modo, solo il 16% dei 1.471 casi applicativi di droni censiti dall’Osservatorio risulta operativo a tutti gli effetti, ovvero in grado di affiancare o sostituire

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completamente il tradizionale svolgimento delle attività. A livello mondiale, infine, tra i numerosi fattori abilitanti analizzati dai ricercatori del Politecnico di Milano un posto di primo piano spetta alla disponibilità di innovativi aeromobili idonei ad affrontare le nuove e più impegnative missioni di trasporto merci e persone. In proposito l’Osservatorio ha individuato ben 480 progetti di aeromobili eVtol (elecric Vertical take-off and landing), potenzialmente a disposizione per lo sviluppo del segmento dell’IAM&D, con una crescita del 530% rispetto al 2020. Di questi, tuttavia, solo il 13% è in fase di produzione e di vendita, mentre gran parte è ancora a livello prototipale (39%) o di sviluppo concettuale (48%). Secondo l’Advanced Air Mobility Reality Index l’entrata in servizio della gran parte di questi aeromobili è comunque prevista a partire dal 2024.

L’ITALIA

DEI DRONI

Proprio nel segmento dell’IAM&D l’Italia, con le città di Roma e Milano, è già in prima fila per introdurre, rispettivamente entro fine 2024 e nel 2026, innovativi servizi di aereo-taxi (vedi “Onda Verde” n. 49) Più in generale, come riporta l’Osservatorio del Politecnico di Milano, nel nostro Paese nel 2023 sono 664 le imprese attive sul mercato dei droni, 42 in meno rispetto all’anno precedente, attestando una forte capacità di resistenza soprattutto delle realtà aziendali più strutturate. L’81% di queste (652 imprese) è interessata al segmento delle Aerial Operations (rilievi, riprese aeree e ispezioni), mentre il segmento dell’IAM&D, con 32 aziende attive, è principalmente popolato da produttori di piattaforme, pur dimostrandosi un’area che sta catalizzando sempre più,

anno dopo anno, l’interesse di imprese, enti e istituzioni pubbliche. La domanda pubblica, come rileva l’Osservatorio del Politecnico di Milano, “continua a svolgere un ruolo marginale e rappresenta solamente l’8% del valore complessivo anno su anno, nonostante il 38% delle imprese dell’offerta abbia enti pubblici tra i propri clienti e il 47% dei progetti italiani siano realizzati da Pubbliche Amministrazioni”. In questo contesto, in particolare per quanto riguarda l’IAM&D, si è assistito negli ultimi tempi a diversi annunci (come detto, Roma e Milano per il trasporto passeggeri e Amazon per quello delle merci) e si può ben sperare che vedano la luce già dalla fine del 2024 progetti concreti, anche se l’aspetto normativo risulta essere il nodo più pressante. Per l’anno in corso si prevede, tra l’altro, l’inizio dell’operatività del vertiporto di Roma e la costruzione di quello di Venezia. L’indagine del Politecnico di Milano ha inoltre evidenziato come tutti i 15 aeroporti italiani interpellati, in collaborazione con Assaeroporti, siano realmente interessati alla questione della mobilità aerea con droni, dichiarandosi disponibili a mettere a disposizione le loro strutture per queste attività. Il 33%, peraltro, ha già qualche progetto all’attivo e circa il 13% prospetta di attivarne entro i prossimi tre anni. Ciò nonostante le società aeroportuali italiane manifestano anche preoccupazioni per il futuro sviluppo del settore, indicando come principali “barriere” l’elevata incertezza su costi e ritorni degli investimenti (64%), la normativa ancora in fase troppo embrionale (50%), lo scetticismo ancora diffuso da parte dei potenziali utenti finali (43%).

IL COMMENTO DEI PROTAGONISTI

Marco Lovera, responsabile scientifico dell'Osservatorio Droni e Mobilità Aerea Avanzata del Politecnico di Milano "Il 2023 è stato un anno di grandi annunci, evoluzioni normative e nuove iniziative di settore. Il mondo dei droni e della mobilità aerea avanzata sta vivendo un fortissimo fermento: la tecnologia è matura, la normativa EASA è ora pienamente applicabile e gli addetti ai lavori sono pronti per trasformare le sperimentazioni in servizi operativi sia nei settori più tradizionali sia nella mobilità e nel trasporto. Le date di lancio dei servizi si avvicinano: il 2024 deve essere l'anno della concretezza e della realizzazione delle promesse, le comprensibili esitazioni vanno affrontate con razionalità, basandosi su fatti oggettivi e coinvolgendo tutti i portatori di interessi".

Paola Olivares, direttrice dell'Osservatorio Droni e Mobilità Aerea Avanzata del Politecnico di Milano "Il 2023 è stato un anno di crescita per il mercato professionale dei droni in Italia. Abbiamo registrato un incremento nel segmento Aerial Operations e, per il primo anno, ricavi derivanti anche dal trasporto merci, seppur ancora di modestissima entità. Il 2023 ha portato però anche una ulteriore razionalizzazione del numero di imprese attive nel settore che si sta concentrando sulle realtà più strutturate e innovative. Buone le prospettive di crescita per il prossimo anno che si confermano positive".

Cristina Rossi Lamastra, responsabile scientifica dell'Osservatorio Droni e Mobilità Aerea Avanzata del Politecnico di Milano

"Nel nostro paese il mercato è dominato da droni per uso ricreativo, che sono l'88% delle oltre 14.000 registrazioni a d-flight del 2023 e due aziende su tre che non utilizzano droni attualmente reputano la tecnologia non utile alle loro attività. Il nostro Paese ha tuttavia le potenzialità per essere un apripista del settore della mobilità aerea avanzata e punto di riferimento nel panorama internazionale, ma deve ancora lavorare sullo sviluppo di applicazioni in settori tradizionali che possono portare grandi benefici a imprese ed enti pubblici".

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INTERTRAFFIC AMSTERDAM

2024 (16-19 APRILE 2024)

Al salone della mobilità trionfa l’eco-tecnologia

Resilienza climatica, da un lato, e innovative applicazioni tecnologiche nel campo della digitalizzazione, dell’Internet of Things (IoT) e dell’intelligenza artificiale (AI) dall’altro: due approcci diversi ai problemi del traffico e della mobilità, ma oggi quanto mai connessi tra loro, che hanno contrassegnato l’edizione 2024 di Intertraffic Amsterdam, il più importante evento europeo dedicato alla ricerca di soluzioni per rendere più vivibili e più sicure le nostre strade e le nostre città.

L’evento Intertaffic 2024, organizzato dal 16 al 19 aprile presso il RAI di Amsterdam, ha registrato come di consueto una straordinaria partecipazione di aziende di settore, autorità nazionali e locali, operatori professionali

Saldamente radicata come principale occasione di incontro tra industria e decisori pubblici Intertraffic 2024 ha incentrato l’attenzione su tutela ambientale e applicazioni hi-tech.

e visitatori provenienti da 143 Paesi del mondo. Oltre 900 le organizzazioni pubbliche e private che hanno preso parte alla sezione espositiva, articolata in cinque aree tematiche (Infrastrutture, Sicurezza stradale, Parcheggi, Smart Mobility e Gestione del traffico) occupando 13 padiglioni del centro fieristico di Amsterdam.

All’ordine del giorno oltre 125 “sessioni di conoscenza” nell’ambito dell’Intertraffic Summit & Demonstration Programme, con presentazioni interattive, tavole rotonde e workshop che hanno coinvolto

esperti internazionali e rappresentanti dell’industria, ospitate in quattro grandi teatri corredati da un’area dimostrativa e da un ampio spazio di networking per favorire l’incontro tra i relatori.

Un intero padiglione, infine, è stato riservato per la prima volta alle futuristiche prospettive dell’Urban Air Mobility (UAM), offrendo ai visitatori una significativa vetrina del mercato dei piccoli droni operativi e dei velivoli elettrici a decollo e atterraggio verticale (eVTOL) destinati al trasporto delle merci e dei

passeggeri, con profonde implicazioni in termini di pianificazione urbana e integrazione con le altre modalità di trasporto.

GESTIONE DEL TRAFFICO E DIGITALIZZAZIONE

Tecnologie innovative per migliorare i flussi di traffico orientate ai problemi dell’ambiente, strumenti intelligenti e sostenibili per monitorare la mobilità stradale, fornire informazioni in tempo reale e garantire a tutti standard di sicurezza sempre più elevati, con un ampio ricorso ad applicazioni AI e a sistemi di nuova generazione per la raccolta e l’elaborazione dei dati, hanno documentato ad Amsterdam gli straordinari progressi della digitalizzazione nel settore

In Fiera maggio-giugno 2024 34

della gestione del traffico. Particolarmente curati gli aspetti relativi all’interoperabilità dei software e dei servizi, nonché all’integrazione di soluzioni “smart” in grado di connettere in modo efficace veicoli, infrastrutture e utenti finali in un unico ecosistema, al fine di rendere le strade più sicure e le città più accessibili. In primo piano, in questo contesto, il ruolo delle piattaforme MaaS e la creazione di accordi pubblicoprivato per raggiungere obiettivi di piena sostenibilità, prendendo in considerazione anche i più recenti sviluppi della micromobilità in ambito urbano e le esperienze di successo degli “hub di mobilità” per accelerare la transizione alla mobilità sostenibile.

Riduzione delle emissioni di CO2 in fase di produzione, risparmio energetico, uso di materiali ecocompatibili e

riciclabili: in una sola parola “sostenibilità ambientale”. In linea con gli obiettivi di decarbonizzazione del Green Deal UE anche l’industria della segnaletica e delle infrastrutture stradali ha fatto

Sul numero 54 di "Onda Verde" (luglio - agosto 2024)

IL NOSTRO REPORT E LE NOSTRE INTERVISTE

propri i valori fondamentali della tutela dell’ambiente, presentando ad Intertraffic 2024 innovativi prodotti “green”. Una nuova “dimensione ambientale” sempre più necessaria per rispondere alle esigenze degli amministratori pubblici, tenuti a valutare con attenzione le ricadute sull’ambiente delle proprie scelte.

Testimonianza esemplare delle novità di settore, l’assegnazione del Green Globe Intertaffic Award, per i benefici ambientali, ai pannelli acustici “Whisper” di Sealed Air: innovativa soluzione sostenibile “made in Italy” per la riduzione del rumore, prodotta a basso tenore di CO2, riciclabile, con elevata vita operativa e caratterizzata da un’estrema semplicità di montaggio.

GREEN DEAL UE E STRADE “GREEN”
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In Fiera

LE PROPOSTE DELLA UITP PER UN TRASPORTO COLLETTIVO PIÙ EQUO E INCLUSIVO

Un TPL più accessibile per la mobilità di tutti

“Affrontare il tema dell’accessibilità nel trasporto pubblico è un passo fondamentale verso la creazione di soluzioni di mobilità inclusive ed eque per tutti”. Affermazione di principio, quella dell’Associazione Internazionale del Trasporto Pubblico (UITP), in rappresentanza dei principali operatori e fornitori del TPL mondiale, che oltre ad

Dalla costruzione degli autobus alle app con funzioni aggiuntive di accessibilità. Obiettivo: rendere più agevole per tutti l’accesso ai mezzi pubblici di trasporto.

essere alla base di un serio e costante impegno per favorire la mobilità delle persone con disabilità ribadisce con chiarezza il ruolo strategico del trasporto collettivo, e in particolare degli autobus,

all’interno dei nostri sovraffollati e trafficati centri urbani.

“Il tema dell’accessibilità nel trasporto pubblico non riguarda solo il movimento fisico”, spiega infatti la

UITP, “riguarda l’inclusione sociale, le pari opportunità e il miglioramento della qualità di vita. Mentre i centri urbani continuano ad affrontare le ramificazioni della crisi finanziaria del 2008 e le conseguenze dirompenti della pandemia di COVID del 2019, gli autobus sono emersi come una modalità di trasporto urbano versatile e inclusiva, in grado non solo di offrire soluzioni alle attuali sfide

di Paolo Benevolo
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Il tema dell’accessibilità interessa non solo le persone con disabilità ma anche molte altre categorie di utenti del TPL

energetiche, climatiche e sociali, ma anche di integrarsi perfettamente con le altre modalità di trasporto”. Proprio in tema di accessibilità, con tutte le sue implicazioni nel contesto urbano appena descritto, la UITP ha lanciato lo scorso autunno la proposta di apportare alcune significative modifiche al Regolamento delle Nazioni Unite sulla

costruzione degli autobus (Regolamento UN 107), attualmente in vigore, a vantaggio tanto dei portatori di handicap quanto, più in generale, di tutti gli utenti del TPL.

Una proposta che conferma la volontà di perseguire quegli obiettivi di garanzia e rafforzamento del diritto di ogni cittadino di muoversi senza limitazioni

e partecipare attivamente alla vita sociale assunti dall’associazione nel 2022 con la sottoscrizione della “Carta di Lecco”, documento volto alla promozione di un trasporto pubblico accessibile e sicuro per tutti, basandosi sui progressi della progettazione universale e delle tecnologie accessibili (documento che pubblichiamo nelle pagine seguenti).

La Divisione Autobus dell’UITP è così intervenuta lo scorso ottobre con una propria delegazione presso le Nazioni Unite a Ginevra per perorare la necessità di un aggiornamento del Regolamento UN 107 avanzando precise e mirate richieste, con l’obiettivo dichiarato di migliorare nel loro complesso ruolo e prestazioni del TPL su gomma.

UN EMENDAMENTO CRUCIALE

“Nonostante i progressi compiuti in seguito alla Direttiva europea sugli autobus del 2001, e nonostante molti passeggeri viaggino oggi in modo più accessibile”, afferma la UITP, “alcuni passeggeri a mobilità ridotta sono ancora alle prese con problemi di accessibilità. Le incoerenze interpretative tra i produttori di autobus hanno aggravato il problema”.

Dopo aver collaborato con diverse associazioni per valutare gli effettivi livelli di accessibilità degli autobus e dopo aver aver condotto numerosi test nel mondo reale, il risultato evidenziato dalla UITP è che anche i veicoli conformi alle normative più recenti possono comunque rappresentare una complessa “sfida” per alcune categorie di utenti. E non si tratta solo di persone con disabilità fisiche che compromettono la capacità di muoversi in autonomia, ma anche daltonici, ipovedenti, anziani, genitori con passeggini, donne in attesa … in gioco, in altre parole, è il diritto stesso, universale e inalienabile, di ogni individuo alla mobilità. “Il 15% della popolazione mondiale ha una qualche forma di disabilità”, sottolineano in proposito i responsabili UITP, ricordando anche come a questi cittadini debbano essere aggiunti, non certo in ultimo, “ben 750 milioni di persone che hanno

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problemi di alfabetizzazione”, per i quali l’utilizzo degli attuali servizi di TPL su gomma presenta ostacoli non sempre facili da superare.

“Garantire l’accessibilità assicura a tutti la partecipazione alla società”, afferma dunque la UITP, che alla luce delle evidenze riscontrate propone con urgenza modifiche al Regolamento in vigore dal 2021 che ruotano attorno alle seguenti aree cardine:

• identificazione dell’autobus: migliorare il contrasto complessivo tra l’autobus e l’ambiente urbano circostante per aumentarne la visibilità;

• accesso all’autobus: amplificare il contrasto tra le porte e il corpo dell’autobus, garantendo un ingresso facile e chiaro;

• identificazione degli spazi: creare una chiara delimitazione degli spazi all’interno dell’autobus in modo che siano facili da identificare;

• informazioni e sicurezza: offrire un protocollo informativo e di sicurezza completo durante i viaggi;

• uscita dall’autobus: garantire uscite facili e sicure per tutti i passeggeri.

Le modifiche proposte al Regolamento n. 107 mirano in sostanza a rendere gli autobus universalmente visibili all’interno dei paesaggi urbani. E con l’aggiunta di raccomandazioni sulla identificabilità dei mezzi, disposizioni tecniche relative alla circolazione interna dei passeggeri e all’ammodernamento di alcuni pittogrammi, l’UITP intende standardizzare raccomandazioni di servizio globali, valide per ogni azienda e per ogni città.

“Queste proposte, sviluppate consultando i produttori”,

sottolinea pertanto la UITP, “non mirano a gonfiare i costi, ma solo a standardizzare e migliorare le caratteristiche di accessibilità per promuovere l’inclusività”. Obiettivo ultimo: rendere gli autobus sempre più inclusivi e attraenti, per incoraggiare un maggior numero di persone ad abbandonare il mezzo privato e a scegliere il trasporto collettivo, migliorando la qualità della vita nelle nostre città.

COSTI E LIMITI

DELLE APP

Ulteriori risorse per migliorare l’accessibilità del TPL sono quelle prospettate dalla crescente offerta di applicazioni software per i trasporti fruibili tramite smartphone (app), diventate ormai strumenti comuni per pianificare lunghi viaggi e piccoli spostamenti urbani. Un settore che tuttavia appare ancora lontano dal rispondere alle esigenze delle persone con disabilità, che

spesso in mancanza di una patente di guida devono fare affidamento unicamente sul TPL, affrontando difficoltà nell’orientarsi nei diversi sistemi di trasporto disponibili e nel raggiungere senza problemi fermate e capolinea.

Nonostante i progressi della tecnologia, la mancanza di requisiti obbligatori di accessibilità e gli elevati costi di sviluppo di app per smartphone con funzionalità aggiuntive ad hoc si rivelano i principali ostacoli del settore individuati dalla UITP. Una serie di ostacoli, ancora insormontabili, che impediscono di includere nelle app molte di quelle funzionalità che potrebbero renderne più facile l’utilizzo non solo alle persone con disabilità, ma anche a tutte le persone non disabili, rendendo più agevole il ricorso al TPL.

“Sebbene alcune app offrano funzionalità di accessibilità, i costi e la mancanza di normative obbligatorie

ostacolano un’ampliamento di questa accessibilità”, spiega la UITP, “il fatto che lo sviluppo di app accessibili sia più costoso scoraggia inoltre le entità più piccole. Apple e Google forniscono sì linee guida e funzionalità, ma gli sviluppatori di app non sono obbligati a conformarsi”. Inoltre, la presenza di diverse tipologie di disabilità, ognuna con le proprie esigenze e dunque con la necessità di fruire di specifiche funzionalità aggiuntive, rende ancora più complesso e costoso lo sviluppo di app per smartphone in grado di garantire, nello stesso tempo e con un unico strumento, un’efficace accesso ai servizi di TPL a diverse tipologie di utenti.

Mancanza di regole condivise a cui gli sviluppatori debbano conformarsi e costi ben poco incoraggianti, in conclusione, si frappongono ancora, a dispetto del progresso tecnologico, all’affermazione di un equo e inclusivo sistema di mobilità.

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Lo sviluppo di app con funzionalità aggiuntive di accessibilità rende più agevole e inclusivo l’uso dei mezzi pubblici.

LA DICHIARAZIONE DI LECCO SUL TRASPORTO PUBBLICO ACCESSIBILE E INCLUSIVO1

Un avanzamento più rapido verso il trasporto pubblico per tutti

La libertà di movimento è un diritto umano universale2. La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità afferma che i governi devono facilitare la mobilità delle persone con disabilità nei modi e nei tempi di loro scelta, a un costo accessibile3. Poter godere della mobilità personale con la massima indipendenza possibile garantisce equità a tutti i cittadini4. Inoltre, aumenta la libertà di scelta ed è un prerequisito per la partecipazione e l’inclusione sociale ed economica.

Il trasporto pubblico è una delle modalità di trasporto più sostenibili e sicure, che porta benefici alla società nel suo complesso. È un vettore di coesione sociale, accessibilità, cambiamento climatico, politica sanitaria e molto altro ancora. Il trasporto pubblico contribuisce allo sviluppo economico di regioni e città, crea occupazione e collega luoghi e persone. Fino al 2020, il settore contava quasi 60 miliardi di viaggi all’anno in Europa, e i numeri sono in crescita. Poiché la mobilità urbana è uno dei motori che favoriscono la creazione di ricchezza e lo sviluppo sociale nelle città, tutti dovrebbero poter beneficiare del trasporto pubblico. Facilitare la mobilità significa ridurre le barriere di varia natura e progettare sistemi di trasporto che siano accessibili, sicuri, economici e che rappresentino un’opzione per tutti. La sfida non è quella di rispondere alle esigenze o ai diritti di un gruppo specifico, ma di considerare come poter fornire servizi in modo da garantire l’accesso a tali opportunità economiche e sociali a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro condizione e dai loro mezzi finanziari.

La Strategia Europea 2020 per la Mobilità Sostenibile e Intelligente identifica le azioni chiave per rendere le nuove soluzioni di mobilità economiche, accessibili e sicure per tutti i passeggeri, compresi quelli con esigenze di accesso individuali derivanti da disabilità. Il documento afferma che “è fondamentale che la mobilità sia a disposizione e alla portata di tutti, che le regioni rurali e remote siano meglio collegate, accessibili alle persone a mobilità ridotta e alle persone con disabilità [...]. Il pilastro europeo dei diritti sociali costituisce il punto di riferimento a livello europeo per garantire che le transizioni verdi e digitali siano socialmente eque e giuste” 5

Gli sviluppi delle tecnologie digitali cambiano ulteriormente il panorama, con nuove possibilità che influenzano le interazioni uomo-macchina. Pochi settori hanno sviluppato e applicato così tante nuove tecnologie come il trasporto pubblico, con la diffusione della mobilità elettrica, dei veicoli autonomi, della connettività e della digitalizzazione del settore. Per costruire società più inclusive e partecipative e garantire un’esperienza adeguata ai passeggeri all’interno delle reti di trasporto, è importante che queste opportunità siano fruibili anche dai passeggeri con esigenze di accesso diverse. I rappresentanti dell’Associazione per il progresso delle tecnologie assistive in Europa (AAATE), della Rete europea per la vita indipendente (ENIL) e dell’Associazione internazionale dei trasporti pubblici (UITP) si sono incontrati il 12 luglio 2022 a Lecco, in Italia, per discutere su come progredire più rapidamente nella promozione di un trasporto pubblico accessibile e sicuro per tutti, basandosi sui progressi della progettazione universale e delle tecnologie accessibili. Con questa dichiarazione intendono rinnovare e rafforzare l’impegno a favore dell’accessibilità di tutte le parti interessate, compresi i responsabili politici e i fornitori di servizi di trasporto. Ulteriori azioni dovrebbero ispirarsi ai seguenti principi, che riflettono i valori che il settore dovrebbe sostenere. Tutte le parti interessate, che rappresentino organizzazioni o se stesse, sono invitate a firmare questa dichiarazione e ad agire secondo questi principi, supportati da specifici protocolli d’intesa e piani d’azione a livello europeo, nazionale o locale.

1. Rendere il trasporto pubblico nei Paesi europei completamente accessibile e privo di barriere (per quanto riguarda sia le infrastrutture fisiche sia quelle digitali) dovrebbe essere una priorità fondamentale per una mobilità urbana sostenibile.

2. La mobilità accessibile deve essere intesa come un modo per consentire a tutti i passeggeri di accedere al sistema di trasporto in modo indipendente, attraverso infrastrutture urbane e di trasporto adattate, servizi e attrezzature digitali o tramite il ricorso all’assistenza umana.

3. L’esperienza del passeggero dovrebbe essere un criterio fondamentale nello sviluppo e nell’implementazione di politiche di mobilità accessibile.

4. Le opportunità offerte dalla tecnologia, compresa la tecnologia assistiva, per superare le barriere devono promuovere l’innovazione nel settore dei trasporti, migliorando l’accessibilità e l’inclusione, salvaguardando la privacy ed evitando la creazione di nuove barriere.

5. Per garantire una rete di trasporto pubblico accessibile, è necessario promuovere la cooperazione e il dialogo tra tutte le parti interessate e le organizzazioni rappresentative, che dovrebbero essere coinvolte fin dalle prime fasi della pianificazione e per tutto il processo di sviluppo e implementazione.

6. I nuovi progetti di mobilità urbana devono rispettare pienamente la legislazione europea in materia, che è a favore di un sistema completamente accessibile, e devono essere realizzati secondo i principi della progettazione universale.

7. La formazione sull’accessibilità fisica e digitale e sul trasporto inclusivo dovrebbe essere parte integrante della formazione per i professionisti dei trasporti, adattata e correlata ai loro ruoli specifici.

8. Le buone pratiche dovrebbero essere condivise e dovrebbe essere incoraggiato il trasferimento di tecnologie nel campo del trasporto accessibile tra i Paesi, per promuoverne la diffusione.

Note:

1 La Dichiarazione di Lecco è un’iniziativa di tre reti internazionali che collaborano nel consorzio TRIPS Project per rendere accessibile e inclusivo il trasporto pubblico in Europa e nel mondo. La Dichiarazione è disponibile sul sito web di AAATE e può essere sottoscritta da organizzazioni e da singoli individui. http://aaate.net

2 Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti umani (1948). Articolo 13

3 Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (2006). Articolo 20

4 Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (2006). Articolo 9 e Articolo 20

5 Commissione europea. Strategia per una mobilità sostenibile e intelligente: mettere i trasporti europei sulla buona strada per il futuro (2020)

Il progetto TRIPS è stato finanziato dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea con il Grant Agreement n. 875588. La Dichiarazione non rappresenta necessariamente il punto di vista della Commissione europea, ma solo quello degli autori e dei firmatari.

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PROPOSTA DI REVISIONE

DELLA DIRETTIVA SU

PESI E DIMENSIONI DEI VEICOLI PESANTI

Più pesanti e più lunghi l’Europarlamento approva

“Il messaggio è chiaro: essere sostenibili ricompensa”. Parola di Isabel García Muñoz, relatrice al Parlamento Europeo in merito alla proposta di revisione della Direttiva sui pesi e sulle dimensioni dei veicoli commerciali pesanti (direttiva 96/53/CE e successive modifiche) avanzata dalla Commissione Europea nel luglio 2023, approvata il 12 marzo scorso dall’assemblea di Strasburgo con 330 voti

Incremento dei limiti di carico fino a 44 t e impiego di mega-camion da 25,25 m e 60 t. Ma spetterà al nuovo Parlamento Europeo negoziare con gli Stati UE il testo definitivo.

favorevoli, 207 contrari e 74 astensioni. Un voto che apre le porte all’utilizzo nei trasporti internazionali di camion più pesanti, elevando i limiti di carico dalle attuali 40 fino a 44 tonnellate, e alla possibilità di impiegare

combinazioni di autocarri e rimorchi lunghe fino a 25,25 metri e con peso fino a 60 tonnellate (c.d. “European Modular System”, meglio conosciuti come “megacamion” o “gigaliner”), lasciando tuttavia ai singoli

Stati la facoltà di consentire o meno la circolazione di questo tipo di veicoli sul proprio territorio nazionale, previa valutazione del loro impatto sulla sicurezza della circolazione stradale e delle relative infrastrutture.

SOTTO IL SEGNO DELLA SOSTENIBILITÀ

Una modifica ritenuta necessaria per incentivare in primo luogo la diffusione

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dei camion a trazione elettrica a emissioni zero, che attualmente offrono una minore capacità di carico rispetto ai tradizionali veicoli diesel a causa della presenza dei pacchi batteria o delle fuel cell e dei serbatoi di idrogeno, e garantire di conseguenza che gli operatori del trasporto su strada possano competere su un piano di parità nel mercato interno in termini di capacità di carico dei loro veicoli incentivando la transizione ecologica del settore. Ma anche una revisione finalizzata ad assicurare che una stessa quantità di merci possa essere trasportata su strada con un minor numero di veicoli pesanti e di viaggi - considerata anche l’attuale carenza di autisti professionali -, con conseguenti benefici in termini di emissioni di CO2 e di inquinanti, nonché a favorire l’intermodalità e, soprattutto, ad armonizzare le regole del trasporto internazionale. Obiettivo, quest’ultimo, particolarmente urgente, come puntualizza la relazione della lead lawmaker García Muñoz, in quanto “le deroghe

nazionali che consentono la circolazione di veicoli di altre dimensioni hanno generato un mosaico di norme divergenti, ostacolando la fluidità del trasporto transfrontaliero nell’UE, frammentando il mercato interno e determinando una perdita di efficienza operativa”, mentre per altro verso “la combinazione di prescrizioni a livello di Unione e nazionale nonché di accordi bilaterali, associata a incertezze giuridiche, ha determinato un’applicazione inefficace e incoerente delle norme, in particolare nel settore del trasporto transfrontaliero, con conseguente disparità di condizioni per gli operatori dei trasporti”.

La revisione della direttiva sui pesi e le dimensioni dei veicoli pesanti si rivela dunque fondamentale, nelle intenzioni della Commissione e del Parlamento Europeo, per rendere nello stesso tempo più efficiente, più sostenibile, più equo e

perfettamente concorrenziale il trasporto internazionale su strada delle merci in ambito europeo, incentivando le aziende a scommettere sui nuovi camion ad emissioni zero, “poiché consentiamo loro un peso aggiuntivo per le batterie elettriche o i serbatoi di idrogeno e, man mano che la tecnologia pulita diventerà sempre più leggera, quel peso aggiuntivo diventerà carico utile da trasportare e i camion elettrici - a batteria o a fuel cell - saranno in grado di trasportare più carico e accrescere la loro competitività”, come ha dichiarato la stessa relatrice García Muñoz in occasione del voto espresso il 12 marzo scorso dalla Plenaria di Strasburgo.

L’incremento di quattro tonnellate stabilito nella proposta di revisione della direttiva, va tuttavia evidenziato, consentirà solo fino al 2034 a tutti i camion da 44 tonnellate, indipendentemente dal loro sistema di alimentazione, l’attraversamento dei confini degli Stati membri che ne ammettono la circolazione sul proprio territorio. A partire dal 2035, infatti,

la nuova normativa si applicherà unicamente ai camion a propulsione elettrica, a batteria o a fuel cell.

Se il fatto di poter utilizzare i camion elettrici con la stessa redditività dei modelli alimentati a gasolio rappresenta pertanto un valido incentivo per incrementarne la diffusione, per altro verso i tradizionali veicoli diesel potranno fruire fino al 2034 di un indubbio vantaggio competitivo in termini di capacità di trasporto.

Di contro, l’esclusiva concessione riservata dal 2035 ai camion “full electric” presuppone, a tutti gli effetti, un’approccio non neutrale dal punto di vista tecnologico, seppure in linea con altre recenti prese di posizione da parte delle istituzioni europee.

Una limitazione temporale che ha quindi suscitato inevitabili polemiche, sia da parte delle associazioni ambientaliste sia da parte di chi ritiene possibile un futuro “green” anche motori endotermici.

Polemiche che si sono aggiunte al giudizio

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I mega-camion sono già autorizzati in alcuni Stati membri, come la Svezia e la Finlandia. In Germania possono circolare solo su una parte della rete stradale. In altri Paesi dell’Unione Europea, come l’Olanda, il Belgio, la Spagna e la Repubblica Ceca, sono invece in fase di test.

fortemente negativo espresso in modo unanime dalle aziende ferroviarie europee, preoccupate dall’impatto dell’aumento di carico dei camion sulla competitività del trasporto merci via treno. Secondo un’indagine realizzata dalla CER, la Comunità europea delle compagnie e dei gestori ferroviari, l’entrata in vigore della nuova direttiva produrrebbe infatti un calo del traffico merci su ferro compreso tra il 16% e il 40%. “Senza contare l’aumento della spesa per la manutenzione delle strade e dei ponti”, ha ulteriormente contestato il direttore esecutivo della CER, Alberto Mazzola, sottolineando come “a un 10% di aumento di peso corrisponde un aumento del 46% dei danni”.

UN’EREDITÀ PER IL NUOVO PARLAMENTO

L’accordo finale sulla revisione della direttiva sui pesi e sulle dimensioni veicoli pesanti, ad ogni modo, non è né prossimo ne tantomeno certo, perché potrà essere raggiunto solo a conclusione del cosiddetto “trilogo”, ovvero dei colloqui previsti dall’iter legislativo europeo tra i rappresentanti della Commissione di Bruxelles, degli Stati membri UE e dell’Europarlamento. Il Consiglio Europeo adotterà infatti la propria posizione in merito nel prossimo mese di giugno e sarà quindi la nuova assemblea parlamentare, dopo le elezioni che si svolgeranno nello stesso mese, a dover eventualmente finalizzare il testo definitivo della nuova direttiva, negoziando con gli Stati membri e la Commissione. Resta però di fatto che il testo approvato a maggioranza il 12 marzo scorso dal Parlamento Europeo in sessione plenaria costituisce un precedente importante, che potrebbe condizionare i futuri sviluppi della discussione.

Per ottenere la stessa autonomia dei veicoli diesel, i camion a emissioni zero necessitano oggi di una massa maggiore (elettrici a batteria) o di un volume maggiore (elettrici a fuel cell), con una conseguente perdita di competitività in termini di capacità di carico.

Un’eredità, occorre infine evidenziare, che si aggiunge alla ratifica il 10 marzo scorso da parte dell’Europarlamento, con 341 voti favorevoli, 268 contrari e 14 astensioni, del nuovo regolamento sulle emissioni di CO2 dei veicoli

pesanti nel testo concordato dall’accordo di Trilogo del febbraio scorso (vedi articolo a pag. 34 su “Onda Verde” n. 52) , nonché all’approvazione definitiva il 12 aprile scorso da parte del Consiglio dell’Unione Europea del regolamento Euro 7 (vedi

articolo a pag. 18 su “Onda Verde” n. 51) , che introduce limiti più rigorosi per le emissioni inquinanti e climalteranti (sia allo scarico che in frenata) degli autobus e degli autocarri offerti sul mercato nel Vecchio Continente.

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LA REAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI EUROPEE

IRU: "Decisione storica per un autotrasporto più efficiente ed ecologico"

Raluca Marian, direttrice IRU per l'advocacy dell'UE

"Il Parlamento europeo ha dato un segnale molto importante che sono necessari incentivi per aiutare gli operatori del trasporto su strada a decarbonizzare ulteriormente le loro operazioni. Facilitare i valichi di frontiera con quattro tonnellate aggiuntive e sostenere il traffico nazionale e transfrontaliero con combinazioni di veicoli ad alta capacità non riguarda solo migliorare il trasporto su strada, ma anche migliorare i trasporti in generale, così come l'ambiente. Per una dinamica economia europea il trasporto non dovrebbero riguardare la strada, la ferrovia, la navigazione o il vettore aereo. Dovrebbe riguardare il miglior utilizzo di tutte le modalità". L'IRU ritiene tuttavia "non neutrale dal punto di vista tecnologico" la limitazione temporale al 2034 dell'incremento di peso di 4 tonnellate prevista per i camion diesel.

ACEA: "Strada aperta ai veicoli pesanti ad emissioni zero"

Thomas Fabian, Chief Commercial Vehicles Officer dell'ACEA

"Le regole esistenti su pesi e dimensioni non sono più adatte allo scopo e in realtà penalizzano i veicoli a emissioni zero, che sono in genere più pesanti. L'aumento di peso di quattro tonnellate e l'aumento dell'asse di una tonnellata concordato dal Parlamento mirano entrambi a correggere lo squilibrio con i modelli diesel, ma sono necessari ulteriori aggiustamenti".

UETR: "Un sistema ampio e uniforme per garantire condizioni di parità"

News and Press Releases

UETR

"L'avanzata dei sistemi modulari europei ("EMS") nel trasporto internazionale di merci su strada è un'opportunità per offrire sostenibilità ambientale con maggiore efficienza, maggiore capacità e maggiore produttività, nonché un modo per mitigare la crescente carenza di manodopera nel settore. La tecnologia dei veicoli a emissioni zero o ibridi comporta inoltre un aumento di peso dei veicoli e il nuovo approccio è positivo in quanto aumenterà il loro carico utile". In merito al limite temporale che dal 2035 consente l'aumento di 4 tonnellate solo per i camion a emissioni zero la nota stampa dell'UETR prosegue: "La tempistica di una transizione ecologica realizzabile e di successo del settore è ancora incerta. Un termine più lungo sarebbe preferibile in quanto permangono ancora sfide operative e infrastrutturali da superare negli anni a venire. UETR ritiene pertanto che il nuovo quadro debba consentire il margine di 44 tonnellate per qualsiasi veicolo a lungo termine, indipendentemente dalla fonte di energia utilizzata, essendo il mix energetico e la neutralità tecnologica l'approccio migliore per la decarbonizzazione".

AECDR: "Manca alla base un ragionamento pragmatico" Massimo Artusi presidente Federauto e componente del board di AECDR

"La direttiva pesi e dimensioni approvata in prima istanza dal Parlamento europeo è la più clamorosa dimostrazione di come la pressione delle ideologie sulle istituzioni comunitarie finisca per scontentare tutti, quando non ha alle spalle un ragionamento pragmatico: le istanze ambientaliste, perché - sostengono - l'aumento di peso consentito per compensare quello delle pesantissime batterie elettriche finirà per favorire i veicoli a combustione; quelle del trasporto rotaia, perché i "gigaliner" fino a 32 metri - sostengono - rischiano di sottrarre merci al trasporto su rotaia; molti paesi come Francia e Italia (che hanno votato contro) perché hanno problemi di tenuta della infrastrutture. Per parte nostra ci auguriamo che l'Unione europea che uscirà dal voto del prossimo giugno - nell'interesse delle imprese di autotrasporto di tutto il continente - esca anche da questo stato di confusione, dettando meno regole e più coerenti con una sostenibilità reale e non solo di facciata".

T&E: "La proposta per camion più ecologici andrà a vantaggio del diesel"

Bernardo Galantini, responsabile trasporto merci di Transport & Environment

"L'indennità di peso extra dovrebbe supportare solo i camion elettrici a lunga distanza assicurando che non venga perso alcun carico utile per ospitare le batterie. Estendere lo stesso vantaggio ai camion diesel inquinanti accelera invece solo le vendite di diesel, consentendo loro di trasportare più dei camion puliti. I governi europei dovrebbero fermare questa diversione da un passaggio a zero emissioni".

ETSC: "Grandi camion, grande errore. A rischio la sicurezza stradale"

Graziella Jost, Project Director di ETSC

"I grandi camion sono un grosso errore per l'Europa. Mentre i mega-camion possono avere un posto in circostanze molto specifiche in alcuni Paesi, questi cambiamenti legali porteranno a un lancio di massa con un potenziale di impatti molto gravi sulla sicurezza stradale. (…) Esortiamo vivamente l'UE a riconsiderare questi cambiamenti proposti e a mantenere invece l'attuale pratica di applicazioni limitate, in cui gli impatti possono essere monitorati più da vicino". In aggiunta, sottolinea l'ETSC: "La proposta non contiene garanzie legali specifiche per quanto riguarda chi guida veicoli più lunghi e più pesanti. Ciò significa che in diversi paesi dell'UE, i diciottenni potrebbero guidarli senza richiesta di alcuna formazione aggiuntiva rispetto ad un camion standard".

CER: "Potenziale impatto negativo sul mercato ferroviario e la sicurezza"

Alberto Mazzola, Direttore esecutivo della CER "Purtroppo il voto del Parlamento Europeo sulla WDD (direttiva pesi e dimensioni, n.d.r.) non ha messo questa proposta sulla strada giusta, nonostante i migliori tentativi di un numero significativo di deputati che ne hanno pienamente compreso il potenziale impatto negativo. Se la legislazione proposta non verrà modificata dal Consiglio, si creerà una situazione in cui il peso e le dimensioni aggiuntivi dei camion potranno essere utilizzati per un carico utile aggiuntivo, piuttosto che per l'impiego di batterie, e questo almeno per i prossimi 10 anni. L'estensione dell'uso dei "gigaliner" al traffico transfrontaliero aprirà ulteriormente il mercato a lunga distanza agli operatori stradali, mettendo a repentaglio sia questo importante segmento del mercato ferroviario sia gli obiettivi di decarbonizzazione dell'UE, aumentando al contempo i rischi su strada".

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PRIMA FASE DEL PROGETTO DI RESTYLING DELL'AUTODROMO DI MONZA

L’ingegneria rinnova il Tempio della Velocità

Lunedì 8 gennaio 2024 ha preso avvio la prima fase del progetto di restyling dell’Autodromo di Monza.

Un progetto di ampio respiro, come già illustrato nelle pagine di questa rivista (vedi articolo a pag. 16 su “Onda Verde” n. 52), che coinvolgerà non solo la pista stessa, ma anche le tribune e le infrastrutture ordinarie al servizio dei tifosi e degli utenti abituali del Parco di Monza.

Per realizzare l’intero progetto l’Automobile Club d’Italia e la SIAS S.p.A. (Società Incremento Automobilismo e Sport), società che gestisce l’Autodromo dalla sua

Interventi sulla viabilità e i sottopassi con attenzione all’ambiente naturale e alla diverse esigenze della comunità per una mobilità più equa e accessibile.

fondazione, hanno coinvolto, con selezione competitiva, una squadra di autorevoli esperti provenienti da diverse discipline per la pianificazione di interventi tecnici che spaziano su vari livelli e ambiti.

Il cantiere, della durata complessiva prevista di tre anni, sarà organizzato per fasi, scandite dall’annuale appuntamento con il Gran Premio d’Italia di Formula 1, intorno al quale ruota l’intero

progetto. La prima fase, caratterizzata da una durata di soli 140 giorni consecutivi di cantiere, si concentra sia sulla sicurezza della pista, con un progetto dell’ing. Maurizio Crispino, alla guida della società milanese di ingegneria specializzata in infrastrutture di trasporti MCI Infrastructures Engineering e professore di Infrastrutture dei trasporti al Politecnico di Milano, sia sul viale di ingresso da Vedano,

l’allargamento dei sottopassi della pista esistenti, e la viabilità ordinaria, con un progetto degli studi Laboratorio Permanente e Sylos Labini Ingegneri e Architetti associati. Questo approccio, oltre a migliorare le prestazioni sportive, mira a mitigare le sfide logistiche causate dall’enorme afflusso di tifosi durante i giorni di gara, risolvendo le criticità causate dalla commistione di pedoni e veicoli sulla stessa sede stradale. L’obiettivo è di garantire il regolare svolgimento del Gran Premio d’Italia di Formula 1, in programma dal 30 agosto al 1° settembre 2024.

Infrastrutture
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Le fasi successive vedranno la demolizione e la ricostruzione delle tribune, con l’obiettivo di migliorare il comfort dei visitatori attraverso l’aggiunta di servizi di ristorazione e coperture degli spalti. Inoltre, è prevista la realizzazione di una copertura permanente per il Paddock Club situato sopra i box, sostituendo l’attuale sistema di tende.

L’ACI guarda così al futuro con l’obiettivo di rinnovare il contratto con la Formula 1 nel 2025, presentando un Autodromo all’avanguardia, sicuro, attrattivo e sostenibile per gli appassionati e di tutto il mondo.

Gli interventi in corso d’opera presso l’Autodromo Nazionale di Monza riflettono un bilanciato approccio tra modernizzazione e rispetto del contesto. Affrontando con precisione i temi relativi alla sicurezza identificate dalla FIA e dalla Prefettura, il progetto coglie inoltre l’occasione di avviare un processo di riqualificazione del prezioso patrimonio naturale e storico dell’Autodromo, contribuendo alla tutela paesaggistica del parco.

L’attenzione alla sostenibilità e l’integrazione ponderata di nuovi interventi evidenziano un approccio di ampio respiro. Gli aspetti sportivi, intrinsecamente legati al circuito, alla sua storia e al suo successo, sono il motore primo dietro al grande interesse che suscita ogni attività dell’Autodromo ma, attraverso una competente visione d’insieme, è possibile utilizzare questa attenzione per contribuire al prestigio e alla riqualificazione del Parco, di cui la pista è parte integrante. Gli sforzi mirati per garantire la sicurezza nei giorni di picco dell’affluenza e l’impegno nel creare un luogo che si adatti alle esigenze della prossima generazione di appassionati di corse sono occasione per garantire una fruibilità migliorata tutto l’anno, ricucendo la distanza che si è prodotta tra il Parco e il suo Autodromo.

PRIMA FASE DI INTERVENTO

I primi interventi, attualmente in corso di realizzazione, pongono la massima attenzione sulla sicurezza del circuito e delle

sue immediate vicinanze, adottando un approccio che allo stesso tempo enfatizza l’importanza della tutela del paesaggio, degli alberi e dei filari monumentali e della promozione della mobilità sostenibile.

I lavori svolti sui 5.793 metri di asfalto del “Tempio della Velocità”, progettati dall’ing. Crispino e dalla società MCI, rappresentano una risposta diretta agli stringenti standard richiesti dalla Federazione Internazionale dell’Automobile (FIA). La fase attuale comporta la rimozione completa dell’asfalto esistente e una profonda opera di risanamento del sottofondo, che include la ridefinizione delle pendenze longitudinali e trasversali, nonché la sostituzione e l’adattamento planoaltimetrico di tutti i cordoli del circuito. Il nuovo manto stradale, realizzato con miscele ad alte prestazioni e a basso impatto ambientale, insieme alle opere idrauliche di trattamento e drenaggio delle acque di scorrimento, promette una combinazione avanzata di prestazioni elevate, sicurezza e sostenibilità.

L’attenzione della FIA, delle autorità italiane e dell’ACI rispetto ai miglioramenti della sicurezza non si limita all’ambito sportivo del circuito ma coinvolge le aree limitrofe dedicate ai tifosi e agli addetti ai lavori. Particolarmente rilevante è la messa in sicurezza dei percorsi veicolari e ciclopedonali dell’Autodromo, insieme alla riqualificazione del viale d’ingresso da Vedano, progetto definitivo a firma dello studio di progettazione milanese Laboratorio Permanente ed esecutivo a firma della società Sylos Labini Ingegneri e Architetti Associati. L’importanza della sicurezza dei percorsi emerge in modo evidente durante le giornate di gara di Formula 1 quando si verifica la massima affluenza nell’impianto. La presenza di un elevato numero di persone crea situazioni di commistione tra flussi pedonali e veicolari, generando potenziali pericoli e complessità gestionali. Queste criticità si manifestano in particolare nei sottopassi che attraversano la pista; pertanto, il progetto concentra i suoi interventi su queste aree cruciali.

Infrastrutture
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Gli interventi in progetto per i sottopassi dell’Autodromo Nazionale di Monza.

IL CONTESTO PAESAGGISTICO

L’Autodromo Nazionale di Monza si distingue come un circuito unico nel suo genere. La sua unicità non deriva solamente dalle incredibili velocità medie, dalle iconiche sopraelevate, dalla sua ricca storia ormai centenaria; l’Autodromo di Monza è unico anche per la sua localizzazione all’interno del complesso monumentale del Parco della Villa Reale. Un intervento all’interno di un contesto così ricco e stratificato non può essere semplicemente finalizzato alla risoluzione di un tema specifico in modo autonomo. Al contrario, deve considerare, su una scala più ampia, le qualità ancora

inesplorate di un parco e di un circuito di richiamo a livello internazionale.

L’intervento in questione risponde senza dubbio alle richieste di maggior sicurezza stradale stabilite dalla FIA e dalle autorità italiane ma si propone anche di creare le infrastrutture necessarie per realizzare il progetto di un Autodromo aperto e attrattivo per tutti, durante tutti i giorni dell’anno. La necessità di separare il traffico veicolare da quello pedonale rappresenta un’opportunità per consolidare l’appartenenza dell’autodromo al Parco di Monza e, di conseguenza, al bacino della valle del Lambro, un parco ed un fiume di importanza regionale che attraversa un’area abitata da

L’attenzione dedicata al rispetto della maglia stradale storica e delle alberature esistenti, unitamente al ripristino della qualità arborea mediante la sostituzione di piante senescenti o malate e alla riqualificazione dei filari compromessi, rappresentano garanzie indispensabili per integrare ogni sottopasso nel contesto del Parco, conferendo un valore paesaggistico distintivo ad ogni percorso.

La modernizzazione dell’Autodromo Nazionale di Monza rappresenta in conclusione un’espressione della dedizione costante all’eccellenza, alla sicurezza e alla preservazione della sua identità unica all’interno del contesto storico e naturale del Parco della Villa Reale.

PIÙ

SICUREZZA E PIÙ COMFORT

più di due milioni di cittadini. I nuovi sottopassi, concepiti secondo i principi del design universale (Design for All), consentono ai visitatori di attraversare la pista agevolmente, rafforzando sempre di più il legame tra il circuito e il parco a cui appartiene. In particolare, le rampe pedonali sono progettate per inserirsi in modo morbido nel paesaggio e formare dei pendii naturali coperti da piante tappezzanti, costituendo anche degli attraversamenti ambientali per la piccola fauna locale. La riduzione di muri di contenimento e parapetti contribuisce a creare rampe più aperte, ampie e luminose, aumentando la sensazione di sicurezza per chi le percorre.

La strategia generale è quella di dotare tutti i sottopassi su cui interviene il progetto di due corsie carrabili per garantire il doppio senso di marcia e di un percorso separato per i flussi lenti (solo pedoni durante le gare e anche biciclette durante i giorni ordinari), con pendenze idonee al transito di persone con problemi di mobilità, per garantire sicurezza ma anche comfort a tutti gli utenti, in ogni condizione. Gli interventi sono diversificati in tre tipologie distinte, tutte con lo scopo di migliorare la viabilità veicolare e ciclo-pedonale sia durante le giornate di gara sia nei giorni ordinari in cui l’Autodromo è aperto a tutti:

• Riqualificazione del viale d’ingresso da Vedano: il viale sarà oggetto di una riqualificazione con l’obiettivo di renderlo più rappresentativo e funzionale, includendo l’aumento della larghezza della carreggiata e una corsia dedicata ai mezzi di soccorso.

Infrastrutture
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Sezione frontale e sezione laterale del progetto relativo ai sottopassi 1 e 3.

• Nuova costruzione: collegando il viale d’ingresso ai piazzali della parabolica, il nuovo sottopasso (n. 1) non solo decongestionerà il traffico in ingresso durante le gare, ma consentirà anche l’utilizzo esclusivamente pedonale del Sottopasso dei Box (n. 2) durante gli eventi.

• Demolizione e ricostruzione: il sottopasso vicino alla piscina (n. 3) e i due su viale Mirabello (n. 5 e n. 6) a causa delle loro dimensioni inadatte, saranno demoliti e ricostruiti per poter accogliere i flussi veicolari a doppio senso e i flussi ciclo-pedonali su sede completamente dedicata, concepiti con pendenze idonee al transito di

persone con problemi di deambulazione.

LA TUTELA DEI BENI NATURALI

Considerato il contesto storico, paesaggistico e naturalistico di intervento, è stata formulata una strategia generale per preservare il patrimonio naturale, costituito da boschi e filari. In particolare, si è prestata specifica attenzione alle conseguenze degli interventi di progetto sulla preziosa dotazione arborea dell’Autodromo, cercando di minimizzare le operazioni di abbattimento causate dall’allargamento delle infrastrutture e prevedendo sistematicamente azioni di mitigazione e compensazione. I lavori infrastrutturali appena avviati interessano aree già intensamente antropizzate,

in parte seguendo i tracciati storici del Parco, progettato dal Canonica nel 1815. In questi casi si è provveduto a mantenere gli allineamenti e i filari storici (principalmente di Farnia, Quercus robur), mediante la sostituzione degli esemplari senescenti e malati e il riempimento dei vuoti. Gli interventi al di fuori della maglia storica sono stati affrontati in modo differente, scegliendo di non attribuire ulteriore monumentalità al nuovo tracciato viario, evitando l’impianto di nuovi filari estranei al disegno storico.

La strategia generale si traduce in un approccio mirato che si prefigge l’obiettivo di garantire una gestione specifica e attenta alle diverse tipologie di copertura arborea presenti nel contesto, contribuendo

così alla conservazione e all’arricchimento del patrimonio naturale dell’Autodromo e del Parco della Villa Reale. Il progetto di mitigazione e compensazione evita un approccio dispersivo di interventi sparsi ma si focalizza sulle aree più significative per l’Autodromo e per il Parco, concentrando gli interventi sul ripristino e la riqualificazione dei filari e delle fasce boschive nelle vicinanze di viale Mirabello e del viale d’ingresso. Le operazioni sul patrimonio arboreo includeranno la somministrazione di biostimolanti e la piantumazione di nuovi esemplari nei numerosi vuoti esistenti e in sostituzione di piante fortemente deperenti, garantendo così la sicurezza dei viali e preservandone la loro estetica monumentale.

Infrastrutture
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Rendering dei nuovi sottopassi dopo l’esecuzione dei lavori previsti.

DESIGN FOR ALL

L’integrazione dei principi del design universale (Design for All) nella progettazione dei sottopassi emerge come un elemento cruciale per garantire l’accessibilità e l’inclusività di questi spazi, affinché possano essere fruibili da tutti, indipendentemente dalle loro capacità fisiche o cognitive. Questo approccio si traduce concretamente nella creazione di percorsi, rampe e strutture progettate

per essere accessibili sia per i pedoni che per chi fa uso di ausili alla mobilità, come sedie a rotelle, deambulatori o stampelle. Un’attenzione particolare viene rivolta alle diverse esigenze degli utenti, considerando varie abilità, età e livelli di abilità motorie, allo scopo di creare uno spazio accogliente e utilizzabile per tutti.

L’adozione del design universale non solo mira all’accessibilità ma contribuisce significativamente alla sicurezza e al comfort

degli utenti. Ad esempio, la progettazione di rampe con pendenze accessibili e l’utilizzo di superfici antiscivolo sono elementi cruciali per migliorare la sicurezza, assicurando un ambiente sicuro per tutti gli utenti, indipendentemente dalle loro capacità.

Tuttavia, la costruzione di uno spazio veramente inclusivo va oltre le necessità motorie. È essenziale considerare anche le componenti sensoriali per garantire un ambiente accogliente per tutti. Questo implica, tra le altre cose, la

scelta oculata di materiali che agevolino l’orientamento, l’implementazione di una segnaletica efficace, la presenza di illuminazione adeguata e la gestione dei rumori fastidiosi o distrattivi. In definitiva, l’approccio al design universale nella progettazione dei sottopassi si pone come fondamentale per creare ambienti urbani inclusivi, sicuri e accoglienti, rispondendo alle diverse esigenze della comunità e promuovendo un concetto di mobilità urbana che sia equo e accessibile per tutti.

Crediti progetto riqualificazione del viale d’ingresso da Vedano e dei nuovi sottopassi

Progetto Definitivo

Laboratorio Permanente fondato nel 2008 ha sede a Milano e ha realizzato progetti in Italia e all’estero. Lo studio lavora a tutte le scale, dall'architettura, all'urbanistica, all'interior design. Ogni progetto nasce da un'osservazione attenta dei tanti aspetti del suo contesto: l'ambiente naturale e la cultura materiale di un luogo, le regole che lo governano, l'identità di una comunità o di un'istituzione, la storia di una singola persona. Laboratorio Permanente ha partecipato a numerosi concorsi nazionali e internazionali, nel 2021 vince il concorso per la nuova Casa della Serenità a Lovere e nel 2019 con OMA il progetto per gli scali ferroviari dismessi Farini e San Cristoforo di Milano, prende parte alla XIV e alla XVI Biennale di Venezia e nel 2012 ottiene la Menzione d'Onore per la Medaglia d'Oro all'Architettura Italiana.

Progetto Esecutivo

Sylos Labini Ingegneri e Architetti Associati S.r.l. è una associazione professionale dall’esperienza consolidata nota per la specifica organizzazione nel settore della progettazione e direzione lavori di edifici pubblici e privati di pregio oltre che di aeroporti, porti, stazioni ferroviarie e strade. Nel corso della sua lunga attività lo Studio ha eseguito e diretto numerosi progetti di edifici destinati a residenziale, terziario, uffici ed università. La Società Sylos Labini Ingegneri e Architetti Associati S.r.l. è specializzata nella gestione di progetti complessi che richiedono coordinazione tra discipline differenti e capacità di elaborazione di dati.

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LA

Connubio DOC tra estetica funzionalità e sostenibilità

Il progetto delle nuove tribune dell’Autodromo di Monza firmato da Sportium con il contributo di Ideas per la progettazione strutturale e Sertec per quella impiantistica, si inserisce all’interno del più ampio programma di riqualificazione del circuito, che ha avuto inizio ufficialmente lo scorso 8 gennaio con l’avvio dei lavori di rifacimento dell’asfalto della pista e che prevede inoltre l’ampliamento dei tre sottopassi esistenti, la realizzazione di un nuovo sottopasso carrabile, la sistemazione dell’area

Natura e tecnologia si fondono nel progetto firmato dalla società specializzata Sportium per un’architettura idealmente integrata nel Parco e nell’Autodromo di Monza.

dei paddock e una nuova copertura per l’edificio dei box.

Le attuali tribune in acciaio distribuite lungo il circuito, alcune di queste concepite secondo logiche di temporaneità, completamente prive di servizi igienici e in parte senza copertura, dopo molti anni di onorevole servizio, sono ormai diventate obsolete

e inadatte ad ospitare importanti eventi, tra i quali il rinomato e seguito a livello mondiale Gran Premio d’Italia di Formula 1.

Partendo quindi dalla necessità di dotare l’Autodromo di Monza di strutture nuove, moderne e sostenibili al fine di migliorare la qualità dell’offerta di ospitalità e spettacolo agli spettatori,

la proposta progettuale nasce da una visione olistica dell’architettura e si materializza attorno all’idea di trasformare la tribuna in un vero e proprio elemento di congiunzione tra il Parco e l’Autodromo.

Sulla base di questi presupposti, si è quindi giunti alla definizione del concept delle nuove tribune, in cui sono proprio la natura e la tecnologia ad ispirare le forme e a caratterizzarne volumi e soluzioni tecnologiche, creando architetture che funzionano in armonia con il contesto in cui si collocano.

Infrastrutture
DI
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REALIZZAZIONE DELLE NUOVE TRIBUNE DELL'AUTODROMO
MONZA

SOSTENIBILITÀ

A 360 GRADI

Nel progetto, i criteri ESG (Environmental, Social and corporate Governance) hanno guidato e si sono integrati armoniosamente con le scelte architettoniche, al fine di garantire i principi di sostenibilità anche per quanto riguarda gli aspetti sociali e di gestione. La buona architettura è sempre stata sostenibile, intendendo con questo termine, appunto un’attenzione all’uomo nella sua complessità, che passa attraverso il rispetto per l’ambiente, per una forte considerazione riguardo l’inclusività e una grande attenzione per l’economia e la minimizzazione degli sprechi. La proposta progettuale risulta quindi essere il risultato di un connubio inscindibile tra sostenibilità, funzionalità ed estetica, che non ha riguardato soltanto la struttura di questi nuovi manufatti ma anche la dotazione di spazi di cui sono composti. Grazie alle scelte progettuali adottate, sono stati infatti creati ambienti accessibili a tutti, assicurato il confort dell’utente fruitore attraverso un’accurata scelta

di soluzioni tecnologiche e materiali, garantita la massima flessibilità grazie all’ideazione di moduli prefabbricati componibili che riducono notevolmente tempi e costi di costruzione e che consentono di modificare la capienza aggiungendo o rimuovendo moduli nel tempo.

TECNOLOGIA E NATURA

Da un punto di vista architettonico, il disegno della tribuna trae ispirazione dalla scienza della biomimesi e, in un’ottica di estrema sintesi tra natura e tecnologia, si materializza nelle forme che partendo dalle ali degli uccelli hanno dato vita agli alettoni presenti nelle macchine da corsa. Essa presenta due elementi principali che ne caratterizzano forma e funzioni: la copertura, elemento fortemente scenografico, leggero e dinamico, ispirata alla natura e al mondo delle corse; la facciata a lamelle, con il particolare aspetto curvilineo finalizzato a dare vita ad uno spazio sotto tribuna aperto ed in continuità con

il Parco, raggiunge il duplice scopo di rivestire la struttura delle tribune e di conferire leggerezza e trasparenza all’insieme. Accanto alle distintive caratteristiche architettoniche immaginate per l’involucro, le nuove tribune sono state anche pensate per aumentare la qualità architettonica delle varie aree dedicate al pubblico, studiandone la struttura, la distribuzione e le modalità di fruizione, con l’obiettivo di creare spazi per il sotto tribuna, gli spalti e gli “sky box” presenti nelle configurazioni più ricche di servizi per gli spettatori, realmente funzionali, confortevoli, efficienti e capaci di favorire la socialità tra le persone.

MODULARITÀ E FLESSIBILITÀ

La nuova tribuna è stata progettata secondo un approccio modulare, basato su dimensioni studiate al fine di garantire la massima flessibilità di composizione dei layout dei differenti manufatti che dovranno essere realizzati in sostituzione di quelli

esistenti, tutti diversi tra loro, nonché consentire la prefabbricazione degli elementi che la compongono al fine di una riduzione dei tempi e dei costi di realizzazione degli interventi, raggiungendo quella uniformità architettonico stilistica richiesta dal contesto ambientale in cui verranno inseriti.

Inoltre, il modulo di base costituito dall’alzata e dalla pedata del gradone tipo della tribuna, è stato progettato facendo riferimento alla best practice internazionale al fine di assicurare il massimo comfort in termini di spazio e visibilità al pubblico che la utilizza.

Tutti gli spazi funzionali della nuova tribuna, sia i servizi sotto tribuna che gli “sky box” realizzati alla sua sommità, sono stati pensati e progettati come veri e propri organismi architettonici autosufficienti, che possono essere addizionati, combinati o sottratti al fine di soddisfare le mutevoli esigenze che potrebbero manifestarsi nel corso dell’intero ciclo di vita dell’edificio, senza la necessità di occupare o aggiungere nuove aree o di impiegare processi ad alta

Infrastrutture
La tribuna come elemento di congiunzione tra il Parco e l’Autodromo. Natura e tecnologia ispirano le forme e caratterizzano volumi e soluzioni tecnologiche. maggio-giugno 2024 50

entropia, mantenendo la reversibilità dell’intervento, così da raggiungere la massima flessibilità.

DECARBONIZZAZIONE E INCLUSIVITÀ

Una particolare attenzione è stata poi riservata al tema dell’inclusività, mediante una progettualità rispettosa delle normative in materia e finalizzata a rendere accessibili tutti gli ambienti di cui la tribuna è composta. All’interno di ogni locale, anche in quelli in cui sono presenti i gradoni e in tutti gli spazi di lavoro e relazione, vengono garantiti posti e spazi per persone su sedia a rotelle; le porte sono facilmente utilizzabili anche da persone con ridotte o impedite capacità motorie o sensoriali; finestre e parapetti garantiscono la massima visuale anche alla persona seduta, assicurando comunque sicurezza e protezione alle cadute verso l’esterno.

Per quanto riguarda infine il tema della sostenibilità, il progetto ha previsto l’installazione di un impianto fotovoltaico sulla copertura della tribuna per garantirne l’operatività e l’autosufficienza, nonché favorire la decarbonizzazione, oltre all’installazione di un impianto solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria, garantendo così la realizzazione di un edificio NZEB, con la conseguente riduzione dei consumi e delle emissioni di CO2.

Rendering degli esterni e degli interni delle nuove tribune dopo l’esecuzione dei lavori previsti.

Credito progetto realizzazione delle nuove tribune

Sportium è una società del Gruppo Progetto CMR specializzata nell’ideazione, progettazione e sviluppo di impianti sportivi di ultima generazione, in linea con l’evoluzione della domanda del mercato e con gli esempi di eccellenza già ampiamente diffusi a livello internazionale, che spaziano dagli impianti natatori, ai centri sportivi, fino alle arene e agli stadi. Sportium raggruppa professionisti di alto profilo, con competenze che spaziano dal campo dell’Architettura e dell’Ingegneria, a quello delle Ricerche di Mercato, del Marketing, dell’Immobiliare, della Finanza e del Credito, fino alla Direzione dei Lavori ed alla Gestione, senza tralasciare un’attività costante di ricerca e sviluppo, al fine di fornire una risposta multidisciplinare e competente al settore delle infrastrutture sportive in Italia.

Infrastrutture
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"NATURAL RESTORATION LAW": DALLA CONSERVAZIONE AL RIPRISTINO DELLA NATURA

Percorso UE ad ostacoli per la tutela dell’ambiente

Il 27 febbraio 2024 il Parlamento Europeo ha dato il via libera alla prima legge dell’UE per il ripristino degli ecosistemi degradati. La “Nature Restoration Law”, c.d. Legge sul ripristino della natura, punta, oltre che a garantire il ripristino degli ecosistemi degradati in tutti i Paesi dell’UE, a contribuire al conseguimento degli obiettivi europei in materia di clima e biodiversità e a migliorare la sicurezza alimentare.

A rischio la “Natural Restoration Law” approvata a febbraio dall’Europarlamento che con politiche ambientali integrate fissa obiettivi a difesa degli ecosistemi.

Alla normativa, approvata dall’Europarlamento con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astenuti, si è arrivati attraverso un percorso non facile, fatto di opposizioni e negoziati che hanno rallentato il progresso del provvedimento e che hanno allungato l’iter

legislativo a circa 20 mesi dalla proposta iniziale. E, ora, anche il passaggio successivo dell’approvazione da parte del Consiglio dell’Unione Europea da mera formalità si è rivelato una fase critica del processo di gestazione della legge. Infatti,

l’assenza di una maggioranza qualificata ha determinato il ritiro, da parte della presidenza di turno belga, del punto in agenda della riunione dei 27 ambasciatori Ue del 22 marzo avente ad oggetto il via libera definitivo alla ratifica della “Natural Restoration Law”; ritiro seguito dalla reintroduzione in agenda al Consiglio Ambiente di una discussione, senza voto, sulla medesima legge che, a un passo dall’adozione, rischia ora di non entrare mai in

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vigore, in quanto se entro l’inizio di giugno, coincidente con le prossime elezioni europee, non verrà trovata una soluzione sul testo, la nuova normativa dovrà riprendere il suo percorso legislativo da capo.

OBIETTIVI E CONTENUTI

Ma quali sono gli obiettivi e i contenuti di questa legge, che alcuni Governi e le Associazioni ambientaliste considerano una svolta nel rapporto tra uomo e biodiversità e uno strumento essenziale per proteggere la stessa vita umana, mentre altri Governi - compreso quello italiano - e il mondo degli agricoltori in particolare, pur condividendone in tutto o in parte le motivazioni, vedono come una vera e propria minaccia per il settore agricolo, cruciale per l’economia e la sicurezza alimentare dell’Italia e dell’UE?

La volontà sottesa alla Legge sul ripristino della natura è quella di promuovere un approccio “sistemico” alla tutela dell’ambiente, funzionale al conseguimento sia degli obiettivi del Green Deal - riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 e loro azzeramento entro il 2050 - per il contrasto e la resilienza al cambiamento climatico, sia di quelli fissati nella Strategia europea per la biodiversità al 2030, che mira a portare la biodiversità dell’Europa sulla via della ripresa entro il 2030. Il dato di contesto rilevato a livello europeo e assunto dalla legge come presupposto è oggettivo e di notevole gravità: oltre l’80% degli habitat - intesi come insieme delle condizioni fisiche e ambientali che permettono a determinate specie vegetali e animali di vivere, svilupparsi e riprodursi - versano in uno stato di degrado. Da tale constatazione, alla quale si collega la consapevolezza della

improrogabilità di interventi diretti a preservare un patrimonio naturale che si rischia di perdere per sempre, scaturiscono i nuovi obblighi introdotti a carico degli Stati membri e gli obiettivi fissati dalla nuova regolamentazione europea. Il primo traguardo da raggiungere è quello del ripristino, entro il 2030, del buono stato di salute di almeno il 30% degli habitat presi in esame, tra foreste, praterie, zone umide, fiumi, laghi e coralli. Nel lungo termine gli obiettivi diventano ancora più ambiziosi, con l’innalzamento della percentuale di habitat da ripristinare al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Inoltre, sono fissati vincoli nella scelta delle aree sulle quali intervenire, in quanto, fino al 2030, è da accordare priorità alle zone “Natura 2000”, la rete di aree di particolare pregio ambientale individuate a livello europeo

per la conservazione della biodiversità.

A rendere ancora più stringenti gli impegni per gli Stati membri interviene inoltre l’obbligo, in capo agli stessi, di adottare piani nazionali di ripristino che indichino nel dettaglio in che modo intendano raggiungere l’obiettivo, accompagnato dalla garanzia che le zone ripristinate non tornino successivamente a deteriorarsi in modo significativo.

I vantaggi attesi, oltre che ambientali, sono di natura economica, in quanto, secondo la Commissione, ogni euro investito si tradurrà in almeno 8 euro di benefici.

ECOSISTEMI

DA TUTELARE

Sul piano di maggior dettaglio, sono presi in considerazione diversi ecosistemi, ciascuno dei quali è comprensivo di una pluralità di habitat che,

in parte, si sovrappongono gli uni agli altri.

Così, per il miglioramento della biodiversità - come di varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono - degli ecosistemi agricoli, la Legge sul ripristino della natura introduce tre indicatori e l’obbligo degli Stati membri di registrare progressi in almeno due di essi: 1) l’indice delle farfalle comuni, in quanto in netto calo negli ultimi anni e rilevante ai fini della biodiversità dei terreni; 2) le percentuali di superfici agricole con elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità (quali, ad esempio, parti incolterotazionali o meno, siepi, alberi, ruscelli, terrazze e piccoli stagni) e 3) lo stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati, per assicurare una buona struttura e rafforzare la stabilità del suolo.

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L’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali minaccia oggi il futuro degli ecosistemi europei.

Inoltre, è prescritta anche l’adozione di misure per migliorare l’indice dell’avifauna comune, in quanto gli uccelli rappresentano un buon indicatore dello stato di salute generale della biodiversità. Una speciale rilevanza è riconosciuta alle torbiere, in quanto questi ambienti umidi, connotati dalla ricchezza di specie e resti vegetali, ospitando un’enorme biodiversità, contribuiscono a ridurre il rischio di inondazioni, depurano l’acqua dalle sostanze inquinanti, intrappolano una grande quantità di carbonio atmosferico e si rivelano come una delle soluzioni più economiche per ridurre le emissioni nel settore agricolo. Per conseguire i vantaggi elencati, i Paesi dell’UE dovranno ripristinare almeno il 30% delle torbiere drenate entro il 2030 (almeno un quarto dovrà essere riumidificato), il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050 (con almeno un terzo riumidificato), laddove la riumidificazione continuerà ad essere volontaria per agricoltori e proprietari terrieri privati. Le disposizioni sulle torbiere, tuttavia, restano, tra quelle maggiormente contestate da parte degli agricoltori, secondo i quali la normativa approvata dal Parlamento Europeo costituirebbe una minaccia al loro sostentamento e alla stessa agricoltura, in quanto implicherebbe la riduzione dei terreni coltivabili e, quindi, una riduzione della produzione tale da determinare un aumento dei costi del cibo e un significativo aumento delle importazioni di prodotti dall’estero a danno dei coltivatori europei. Peraltro, proprio nell’intento di fare fronte alle critiche sollevate e di integrare la protezione ambientale con la necessità di garantire una produzione alimentare adeguata e sostenibile,

Ambiente
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La distribuzione delle torbiere in Europa

il legislatore europeo ha anche previsto un “freno di emergenza” che, in circostanze eccezionali, consentirà di sospendere gli obiettivi relativi agli ecosistemi agricoli qualora questi obiettivi dovessero ridurre la superficie coltivata al punto da compromettere la produzione alimentare e renderla inadeguata ai consumi dell’UE.

La Legge sul ripristino della natura, inoltre, non intende tutelare solo gli ecosistemi agricoli, in quanto prevede anche azioni dirette a registrare una tendenza positiva in diversi indicatori che riguardano gli ecosistemi forestali, la piantagione di tre miliardi di nuovi alberi e il ripristino di 25.000 km di fiumi a scorrimento libero.

FOCUS SULLE CITTÀ

In un’ottica sistemica e integrata della protezione dell’ambiente e della natura, l’attenzione del legislatore europeo si rivolge anche ai

contesti urbani, mirando a preservare la superficie degli spazi verdi e la copertura arborea in modo che non si registrino perdite in tali ambiti.

Ciò in quanto le aree verdi urbane, oltre ad essere luoghi di biodiversità, ricoprono un ruolo di primo piano ai fini della riduzione dei rischi per la salute derivanti dalla vita in città, perché contribuiscono al miglioramento della qualità dell’aria e dell’acqua, all’attenuazione dell’inquinamento acustico e alla mitigazione degli impatti degli eventi climatici estremi. In particolare, come ampiamente dimostrato dalla comunità scientifica internazionale, la riforestazione delle città è un importante fattore di contrasto all’effetto “isola di calore”, vale a dire a quel fenomeno di surriscaldamento che si verifica nei mesi estivi nelle zone urbane e limitrofe con effetti anche letali sulle fasce più deboli (anziani, bambini, malati) della popolazione.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

A fronte delle posizioni critiche rispetto alla legge in esame che, insieme agli impatti negativi sull’agricoltura europea, ne sottolineano la mancanza di sostenibilità, risalta la soddisfazione dei parlamentari che l’hanno sostenuta, sintetizzabile nelle parole del relatore César Luena (S&D, ES) nel giorno della votazione in Parlamento: “Oggi è un grande giorno per l’Europa, perché passiamo dalla protezione e dalla conservazione della natura al suo ripristino”.

Nelle sue dichiarazioni, César Luena ha fatto riferimento anche all’importanza che la nuova regolamentazione riveste per il rispetto degli impegni internazionali assunti dall’UE in materia di ambiente, con particolare riguardo al quadro globale definito nell’Accordo finale della Conferenza per la biodiversità di Kunming-

Montreal, che fissa, tra gli altri, l’obiettivo di garantire che entro il 2030 almeno il 30% delle aree degradate degli ecosistemi terrestri, delle acque interne, costiere e marini siano sottoposti a un efficace ripristino. In questo momento di incertezza sulle sorti della Legge sul ripristino della natura, ci sono tuttavia alcuni punti che restano fermi. Tra questi, quello della improrogabilità di un impegno collettivo e di una convergenza degli sforzi di tutti, a livello sia europeo che internazionale, verso l’obiettivo comune di cura e miglioramento del nostro pianeta a beneficio delle attuali e delle future generazioni, nonché quello della necessità di individuare una serie di misure che assicurino un giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco e tra l’imperatività delle norme e la loro flessibilità in relazione alle caratteristiche peculiari dei diversi contesti nei quali devono trovare applicazione.

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La “Natural Restoration Law” contempla anche una sezione interamente dedicata al rispristino degli ecosistemi urbani.

ROMA PUNTA SUL "GREEN" PER RIQUALIFICAZIONE URBANA E MOBILITÀ SOSTENIBILE

Un fiume di parchi per rinnovare Roma

Roma punta alla rigenerazione delle sponde del Tevere attraverso la realizzazione di 5 nuovi parchi d’affaccio sul fiume entro il Giubileo, grazie ad un investimento economico di 7,3 milioni di euro. Il progetto, annunciato di recente dall’amministrazione capitolina, è articolato in due lotti per la creazione e il ripristino di oasi naturalistiche che andranno a snodarsi lungo le rive, da Ponte Milvio ad Ostia, creando così il più grande giardino lineare presente nella Capitale.

Il progetto “Tevere e le vie dell’acqua” porta nella Capitale 5 nuovi parchi affacciati sul Tevere per creare dal 2025 il più vasto giardino lineare della città.

NUOVA LINFA PER 24 ETTARI

Nell’area golenale della sponda destra del Tevere nascerà su un terreno di circa 6,5 ettari l’Oasi Naturalistica tra Ponte Milvio e Ponte Flaminio, recuperando una zona che è oggi in stato di degrado, anche a causa della presenza di insediamenti abusivi.

Il progetto prevede la bonifica vegetazionale e la riforestazione, la predisposizione di percorsi di accesso alla nuova area e la realizzazione di due belvedere d’affaccio su Ponte Milvio, pensati come punti di aggregazione della comunità. Con finalità turisticodidattiche, tra Ponte Risorgimento e Ponte

Matteotti verrà recuperato il patrimonio naturalistico fluviale della sponda sinistra del Lungotevere delle Navi (ex oasi WWF). I lavori di risanamento e manutenzione mirano a ripristinare le condizioni di fruibilità e di accessibilità di un’area di 1,6 ettari per la diffusione di attività educative ambientali e il potenziamento di percorsi turistici “via acqua”, grazie a moli e punti di attracco per le canoe. Tutte le nuove strutture saranno composte da materiali naturali, in linea con le logiche di sostenibilità ambientale e paesaggistica.

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Tra i progetti di recupero del primo lotto rientra anche il Parco del Foro ltalico, sulla riva destra del Tevere che insiste tra Ponte Milvio e Ponte Duca d’Aosta. Nell’area, che ha un’estensione di circa 2 ettari, si realizzeranno nuove piazze panoramiche attrezzate.

MOBILITÀ DOLCE ANCHE SULL’ACQUA

Dal Foro Italico all’Acqua Acetosa i lavori di rigenerazione della zona di confluenza dell’Aniene riguardano la riqualificazione ambientale e la bonifica di un’area di circa 8 ettari, di grande valore paesaggistico e alta importanza per la connessione ai sistemi biologici di Monte Antenne e di Villa Ada. In quest’area si realizzerà un percorso naturalistico ciclabile, una rete pedonale, aree attrezzate per la ginnastica e per le attività ludiche dei bambini. I lavori sulle sponde del Tevere prevedono anche nuovi parcheggi drenanti alberati. Sulla riva sinistra del Tevere, in prossimità del Parco Archeologico di Ostia Antica, è prevista la realizzazione di nuovi percorsi pedonali e ciclabili, punti di sosta, zone attrezzate per l’osservazione della fauna e pontili panoramici. Sarà inoltre ristrutturato il pontile d’attracco per i battelli turistici tra Ostia Antica e l’area di Tiberis/Ponte Marconi. È in programma poi la creazione del parco-spiaggia di Tiberis impiegando pavimentazioni in materiali drenanti e fontane con sistemi di ricircolo idrico. Sempre in quest’area, verrà realizzata una piazza gradonata allagabile in estate e punto d’incontro nei mesi invernali. Saranno infine ristrutturati i campi sportivi completi di una nuova zona fitness e di un’area cani. Solo nell’area di Ostia Antica, il progetto darà un nuovo volto green a una superficie complessiva di oltre 5,5 ettari. Il progetto per Ostia Antica e due

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rendering dei parchi sul Tevere che saranno realizzati nella città di Roma.

1959: lo sport automobilistico in cerca di nuova identità

Rincorrendo se stessa e il mito della velocità, l’automobile si afferma all’inizio del XX secolo. Di seguito, il desiderio istintivo dell’uomo di confrontarsi con se stesso e con le proprie invenzioni, lo spinge a superare i propri limiti e alla sfida, dando luogo alle prime manifestazioni sportive motoristiche. Chi possiede un’auto, all’inizio pochi e privilegiati benestanti, comincia così a organizzare competizioni per mostrare la magnificenza e le potenzialità del nuovo mezzo stradale, costituendosi in Club, il primo dei quali, in Italia, nasce a Torino nel 1998, preludio alla fondazione del futuro Automobile Club d’Italia.

Un ulteriore motivo che induce i costruttori all’impegno sportivo è inoltre l’opportunità di pubblicizzare il proprio marchio: gli effetti delle vittorie si riflettono infatti non solo in un aumento di prestigio, ma anche in un successo commerciale, con la vendita di un numero maggiore di vetture, consentendo lo sviluppo delle industrie di settore, specie all’indomani del costituendo Mercato Comune Europeo (MEC), istituito nel 1957 allo scopo di realizzare la libera circolazione di merci e persone nel territorio dei Paesi aderenti, inizialmente per un periodo transitorio di 12 anni.

Questo numero speciale dell’Automobile

vi racconterà fedelmente gli avvenimenti

dell’anno trascorso, vi parlerà

delle nostre ansie, dei nostri propositi, delle nostre speranze.

Le competizioni automobilistiche, nate come esibizione di spettacolarità, diventano presto un fondamentale strumento di sperimentazione e di ricerca per migliorare prestazioni e sicurezza: il nascente mercato automotive se ne serve per apportare migliorie alle automobili prodotte in serie, diventando una vetrina per l’industria sportiva e non. Se infatti le vetture destinate all’uso quotidiano migliorano progressivamente lo si deve in gran parte proprio all’attività sportiva, dal momento che molte innovazioni progettate per le competizioni vengono in seguito trasferite alla produzione in serie, rendendo la circolazione stradale sempre più sicura ed efficiente.

Ma la crescita dello sport automobilistico è tutt’altro che scontata: nel 1955 a Le Mans un gravissimo incidente durante la gara causa la morte di un pilota e di 83 spettatori, oltre al ferimento di altre 120 persone tra il pubblico, provocando l’ostilità della stampa e dell’opinione pubblica, con conseguente allontanamento e perdita di interesse da parte degli abituali sostenitori e appassionati.

In seguito all’incidente di Le Mans, ricordato come il più grave nella storia dell’automobilismo, molte gare vengono cancellate e in alcuni Paesi lo sport automobilistico viene addirittura vietato (la Svizzera vieterà per legge le gare automobilistiche sul suo territorio fino al 2015).

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Tuttavia il grave episodio, per altro verso, dà un forte impulso alla ricerca di nuovi sistemi per rendere le vetture da competizione e i circuiti più sicuri sia per gli spettatori che per i piloti. Da questo frangente storico nasce dunque una profonda riflessione sul valore dell’automobilismo sportivo, puntualmente documentata dall’ACI nel 1959 nel quarto numero speciale del proprio house organ settimanale “l’Automobile”, diretto allora da Giovanni Canestrini.

IL PROBLEMA DELLA “MORALIZZAZIONE”

Forti polemiche seguono, come detto, il luttuoso evento accaduto in gara a Le Mans. L’industria assume un atteggiamento negativo nei confronti dello sport automobilistico allo scopo di ingraziarsi i favori del pubblico, mentre la politica monta una campagna di ostilità interrogandosi su fattori umani e morali. Tra i dirigenti sportivi solo Enzo Ferrari rimane a difendere i colori italiani in campo internazionale, minacciando, nel corso di una conferenza stampa tenuta a Modena nel dicembre del 1958, che non avrebbe più partecipato a manifestazioni sportive italiane, né avrebbe più assunto piloti italiani, vista la crescente e diffusa ostilità nei confronti dell’automobilismo sportivo. La pratica di questo sport alla fine degli anni ’50 sembra al

collasso e i giovani disertano gli autodromi, scoraggiati da un’opinione pubblica negativa e da guadagni decisamente poco redditizi a fronte di costi e rischi elevatissimi.

L’automobilismo sportivo, così contrastato da una crescente ostilità pubblica e politica, si ritrova frazionato e senza guida, in balia di posizioni polemiche e “alla mercè, in buona parte, di elementi od ancora impreparati, o gelosi di posizioni personali, od orientati verso scopi che non sempre potevano o

possono collimare con quelli dello sport inteso nel senso tradizionale”, come sottolinea Giovanni Canestrini nello speciale 1959 de “l’Automobile”. Un contesto, spiega il direttore dell’house organ ACI, dovuto anche al coinvolgimento delle grandi industrie di accessori e di carburanti nell’organizzazione delle corse, con effetto di nuovi rapporti tra case costruttrici, organizzatori delle gare e piloti.

La crisi dello sport italiano e continentale segue peraltro la debolezza del potere

sportivo e della FIA, che è ancora impegnata nella sua riorganizzazione: fondata nel 1904 come A.I.A.C.R., Associazione Internazionale degli Automobile Club Riconosciuti, e preposta all’organizzazione delle gare internazionali d’automobilismo, nel 1946 cambia infatti la sua denominazione in F.I.A., Federazione Internazionale dell’Automobile, gestendo dapprima i Grand Prix, denominati dal 1947 “Formula A” e poi “Formula 1”, di cui si organizza il primo campionato mondiale nel

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Le Mans 1955: il gravissimo incidente che determinò la crisi dello sport automobilistico è da poco avvenuto.
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I dati relativi allo sport automobilistico riportati sullo speciale de “l’Automobile” nell’articolo firmato dal direttore Giovanni Canestrini.

1950. Il termine “formula” riflette un cambiamento sostanziale nelle gare e fa riferimento a un insieme di regole alle quali tutti i partecipanti, macchine e piloti, devono adeguarsi, introducendo restrizioni e specifiche nelle auto, al fine di evitare eccessive disparità tecniche e ridurre il rischio di incidenti.

Il tema del momento diventa pertanto quello della “moralizzazione dello sport”, un problema di costume non disgiunto dalle circostanze sociali e temporali. Alla fine degli anni ’50 lo sport sta infatti mutando significato, assumendo una accezione diversa dal passato, e non soltanto perché è diversa la prevalenza dei fattori economici, che giocano un ruolo sempre maggiore, ma anche perché l’attività sportiva sta assumendo sempre più marcati caratteri di teatralità e le manifestazioni automobilistiche, sia nella loro organizzazione che nei loro protagonisti, vanno cambiando scenografia, trasformandosi in veri e propri spettacoli, “con tutte le conseguenze buone o cattive ad essi insite”, come commenta ancora Canestrini.

IL CAMMINO PER LA RIPRESA

Delle criticità e del futuro dell’automobilismo sportivo si discute ampiamente al Convegno delle Commissioni Sportive degli AACC, tenutosi a Napoli nel dicembre del 1959, che presenta all’ordine del giorno numerosi

interventi sul tema: “l’evoluzione dello sport dell’automobile”, “le reazioni fisiologiche e patologiche del pilota d’automobile in corsa”, “corse automobilistiche e costume sportivo”. Ma è soprattutto il tema della “moralizzazione” dello sport a tenere campo, come afferma a chiare lettere nelle sua relazione annuale lo stesso presidente della CSAI, senatore Guido De Unterrichter, che ritiene l’argomento “della massima importanza”.

Si afferma quindi una crescente esigenza di porre mano ai regolamenti apportando opportune modifiche che rispondano alle più attuali evoluzioni dello sport automobilistico a livello nazionale e internazionale.

Come sostiene inoltre Giovanni Canestrini nello speciale de “l’Automobile” 1959, la stessa “democratizzazione” dello sport automobilistico, che amplia progressivamente la platea di chi lo pratica, anche se non è sempre in grado di affrontarne gli elevati costi, apre nuovi orizzonti per un’auspicata ripresa del settore. “Può anche darsi che da questo nuovo orientamento dipenda, o possa dipendere la ripresa dello sport automobilistico”, scrive Canestrini, “una volta che esso sia stato adeguato alle esigenze del momento, nelle forme richieste dall’attuale costume e nell’ambiente adatto”. Alla luce di queste tendenze, sostiene Canestrini, appare anzitutto necessario operare una netta distinzione tra dilettanti e professionisti (“Un ritorno all’obbligo della licenza di concorrente a chi partecipa alle gare sarebbe a mio parere auspicabile ai fini di un miglioramento del costume o del sistema, al quale si tende”), necessità dettata dal fiorire di numerose scuderie automobilistiche,

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Evoluzione tecnica e gare automobilistiche: la Scarab F1 dell’equipe Reventlow in fase sperimentale di collaudo.
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L’eccellenza dell’industria automotive italiana supporta la ripresa delle attività sportive (nella foto le Ferrari protagoniste del GP d’Italia nel 1959).

e modificare tutta la regolamentazione. Fattori economici, sportivi, di costume e di spettacolo vanno infatti assoggettati a nuove e precise regole, perché solo da qui può e deve partire la ripresa dello motorismo sportivo. Anche i dati statistici raccolti a fine anni ’50 sembrano inoltre dimostrare che esistono le basi per una ripresa dell’attività sportiva, mettendo in luce un cambiamento di tendenza rispetto al recente passato, con un lieve aumento del numero medio dei partecipanti per manifestazione, nonostante risultino invece diminuiti i premi, sia in termini assoluti di valore sia nella media vinta da ogni guidatore. Un decremento, quest’ultimo, che si rivela costante a partire dal secondo dopoguerra e che evidenzia un generale declassamento delle manifestazioni o, in ogni caso, lo svolgimento di gare a dotazione di premi limitata, a fronte degli ingenti costi sostenuti da piloti e scuderie. Ruolo fondamentale, infine, oltre allo sviluppo delle strutture esistenti, quello delle scuole di perfezionamento, in grado di migliorare e potenziare le capacità dei piloti e la stessa qualità delle gare automobilistiche, come dimostrano nel 1959 le nuove manifestazioni della categoria Junior. Il tutto, come evidenzia nel 1959 l’house organ dell’ACI, tenendo ben fermo il principio che gli scopi delle manifestazioni motoristiche sono soprattutto tecnici e non spettacolari. “Perché se le corse perderanno la loro funzione tecnica”, conclude Giovanni Canestrini, “è chiaro che non avranno più alcuna giustificazione moralmente sostenibile, salvo quella del puro divertimento, che non ne può giustificare i rischi”.

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Numerosi i modelli di auto da competizione citati e riprodotti nello speciale de “l’Automobile” del 1959. Dall’alto in basso: l’Aston Martin DRB 4 250 di F1, la Jaguar D più volte vincitrice a Le Mans e il modello 1958 della Maserati 3000.

Tavolo Tecnico sul Mobility Management

Ogni giorno si muovono sulle strade 30,2 milioni di italiani per andare a lavorare: il 65,6% sceglie l’auto, il 7,8% predilige i mezzi pubblici e il 3,8% pedala in bicicletta. Solo il 18,9% va a piedi per coprire l’intero tragitto. Sono questi i numeri di riferimento per i mobility manager pubblici e privati chiamati ad ottimizzare gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti, almeno secondo quanto evidenziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti insieme all’Associazione nazionale Comuni italiani ed ASSTRA – Associazione Trasporti. Presso la sede del MIT di via Caraci a Roma, si è svolta infatti la “Giornata studio del Mobility Manager di Area”, figura prevista dal Decreto del Ministero dell’Ambiente in data 20 dicembre 2000 per supportare e coordinare i mobility manager delle istituzioni e delle aziende nei Comuni di oltre 50.000 abitanti. Se ne dovrebbero contare 163 in Italia secondo la legge, ma ad oggi ne sono stati nominati solo 91, pari al 55,8% del fabbisogno. Lo rileva il TAMM - Tavolo Tecnico sul Mobility Manager, che in ogni area d’Italia ha misurato il gap tra la normativa e la sua attuazione. Si scopre così che nel Nord-Ovest si registra il picco di operati -

vità con il 77,8% dei MMa realmente insediati (21 su 27), mentre al Sud ne sono stati individuati appena il 32,7% (16 su 49). Nella forbice si collocano il Nord-Est (66,7%), le Isole (63,2%) e il Centro (57,1%).

Il Tavolo Tecnico sul Mobility Manager ha anche individuato quali criticità vadano colmate al più presto per accelerare l’adeguamento delle istituzioni locali alla norma: stando alle risposte fornite da 66 Comuni sulla figura del mobility manager d’area, l’85% delle amministrazioni sottolinea l’esigenza di maggiore chiarezza sulle risorse economiche assegnate, mentre il 58% sollecita più informazione dagli organi centrali sugli strumenti a disposizione e sulle modalità di coordinamento con gli altri interlocutori nel comparto della mobilità e della sostenibilità ambientale.

La metà dei mobility manager d’area oggi nominati opera esclusivamente all’interno del Comune, ma il 38% ritiene opportuno coordinarsi con la Provincia e il 9% vorrebbe estendere il proprio raggio d’azione ai confini provinciali. Solo l’1,5% interpreta la Regione come interlocutore.

Studi e Ricerche
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Mobility Manager d'Area - IL GAP

Fonte: dati Tavolo Tecnico del Mobility Management

Tra loro, è diffusa la necessità che le risorse economiche ed umane per i mobility manager d’area siano strutturali e non occasionali, assegnate con specifica voce nei bilanci comunali. Allo stesso modo, i MMa vorrebbero riconoscersi in un albo nazionale, a cui accedere con formazione specifica, rientrando nell’organigramma delle proprie strutture territoriali e potendo contare sull’accesso a piattaforme ministeriali in grado di ottimizzare il loro operato.

SUL TERRITORIO VA PEGGIO

Il gap tra la legge e la realtà non riguarda solo i mobility manager d’area: il quadro è ancora più drammatico guardando ad enti ed imprese. Delle 4.835 aziende chiamate ad individuare un mobility manager all’interno della propria struttura, solo il 43% ha provveduto alla nomina e l’85% ha assolto l’obbligo di redi -

gere il Piano di Spostamento Casa-Lavoro. Ancora peggio tra i 936 enti pubblici, di cui appena il 34% ha incaricato un mobility manager e il 67% è a norma con un proprio PSCL. In questo scenario è difficile supportare al meglio la mobilità dei lavoratori, di cui 4 su 10 valicano quotidianamente i confini del proprio Comune per raggiungere l’ufficio. Sono quasi 20 milioni quelli che si spostano in auto, 5,7 mln a piedi, 2,3 mln con il trasporto pubblico locale e poco più di 1 milione esclusivamente in bici. Considerando la distribuzione territoriale delle infrastrutture nel Paese e le relative carenze, non stupisce che il ricorso maggiore alle quattro ruote private avvenga in Umbria (86% degli spostamenti), oltreché nelle Marche, in Abruzzo e in Sardegna (83% per ognuna). A complicare il lavoro dei mobility manager aziendali concorre il fatto che il 62% degli spostamenti casa-lavoro non siano sistematici e che i tragitti intermodali siano appena il 3% del totale di quelli motorizzati.

Cosa è il TAMM

Per migliorare e coordinare sul territorio le attività dei singoli mobility manager aziendali, è istituito con il Decreto 231 del 22 luglio 2022 il Tavolo Tecnico sul Mobility Management presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il TAMM è composto da 3 delegati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 1 membro del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, 1 componente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, 2 rappresentanti di città metropolitane, 8 di centri con oltre 250.000 abitanti e 4 per quelli con una popolazione tra le 100.000 e le 250.000 unità.

In particolare, il tavolo tecnico è chiamato a svolgere attività finalizzate a:

• consolidare la rete dei mobility manager d’area e promuovere uno scambio di buone pratiche;

• indicare nuove proposte normative per rendere più efficaci e uniformi le azioni sul territorio nazionale;

• collaborare con l’Osservatorio sul Trasporto pubblico locale presso il MIT per predisporre modelli di elaborazione digitale utili ad assicurare un’attività uniforme dei mobility manager d’area, in raccordo con i mobility manager aziendali e quelli scolastici;

• proporre analisi e studi relativi allo svolgimento delle attività a livello urbano e metropolitano;

• supportare il ruolo del mobility manager d’area nella definizione e nell’implementazione delle politiche di mobilità locale sostenibile.

Studi e Ricerche
Previsti Nominati Mancanti % copertura Nord Est 33 22 11 66,7 Nord Ovest 27 21 6 77,8 Centro 35 20 15 57,1 Sud 49 16 33 32,7 Isole 19 12 7 63,2 TOTALE 163 91 72 55,8
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FOCUS SULLE SCUOLE

Durante la giornata di studio al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sono stati diffusi i risultati di un’indagine sugli istituti scolastici secondo le risultanze di 98 Comuni rispondenti a un questionario del MIT. Nel totale si contano 711 mobility manager scolastici: 325 nelle scuole primarie, 192 nelle secondarie di primo grado e 194 in quelle di secondo grado. È interessante notare che se nelle primarie sono operativi in media 4 mobility manager a supporto di docenti e studenti, nelle secondarie questo valore scende a poco più di 2. Tra gli enti locali che hanno fornito riscontro al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 64 sfoggiano almeno una Università sul proprio territorio, per un totale di 62 mobility manager già nominati. Eppure sono appena 24 i Piani di Spostamento Casa - Lavoro trasmessi al MIT da queste Università, di cui 15 per studenti e dipendenti, mentre 9 per il solo personale scolastico.

Dai 711 mobility manager interpellati, è emersa le necessità di una normativa specifica sul mobility management per le istituzioni scolastiche, che affronti rapidamente ed efficacemente quattro priorità strategiche: 1) la disambiguazione della figura del mobility manager scolastico rispetto all’attuale ruolo, a metà tra i compiti di natura educativa/formativa e quelli di natura organizzativa/gestionale; 2) il chiarimento sull’apporto di eventuali figure professionali esterne all’istituto, prevedendo anche un parziale esonero dall’insegnamento per il personale chiamato a svolgere funzioni di mobility manager; 3) l’aggiornamento triennale dei Piani di Spostamento Casa - Lavoro, la cui scadenza deve comunque ricadere nelle fasi iniziali dell’anno scolastico (ad esempio ottobre) per rendere ancora più efficace la pianificazione delle azioni; 4) l’individuazione e l’assegnazione di risorse economiche adeguate, considerando anche la rilevanza del mobility manager in tema di sostenibilità ambientale e sicurezza stradale.

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Mobility Manager d'Area - DOVE N. Popolazione Mobility Manager d'Area previsti Comuni capoluogo di regione 20 9.385.050 20 Comuni capoluogo di provincia 109 17.471.637 89 Altri Comuni con più di 50.000 abitanti 55 3.466.155 54 20.937.792 (35.6% tot) 163
Mobility Manager aziendali in Italia N. In regola con nomine mobility manager % In regola con redazione PSCL % Imprese A22:A24 4.835 2.091 43 1.779 85 Enti pubblici 936 316 34 212 67
Fonte: dati Tavolo Tecnico del Mobility Management
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Fonte: dati Tavolo Tecnico del Mobility Management

Fonte: Istat - 2022

Mobility Manager e PSCL: cosa dice la legge

L’articolo 229, comma 4, del Decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, convertito con modificazioni dalla Legge n. 77 del 17 luglio 2020, prevede che imprese e Pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con singole unità locali con più di 100 dipendenti operanti in un capoluogo di Regione, in una Città metropolitana, in un capoluogo di Provincia ovvero in un Comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti, debbano adottare il Piano di Spostamento Casa - Lavoro del personale dipendente, finalizzato alla riduzione dell’uso dei mezzi di trasporto individuali, nonché nominare un Mobility Manager con funzioni di supporto professionale continuativo alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali di mobilità sostenibile. L’obiettivo della norma è quello di consentire la riduzione strutturale e permanente dell’impatto ambientale derivante dal traffico veicolare nelle aree urbane e metropolitane, promuovendo la realizzazione di interventi di organizzazione e gestione della domanda di mobilità delle persone che consentano la riduzione dell’uso del mezzo privato e favoriscano il decongestionamento del traffico veicolare.

In attuazione dell’articolo 229, comma 4, del DL 34/2020, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha sottoscritto il Decreto Interministeriale n. 179 del 12 maggio 2021, pubblicato sulla Serie generale della Gazzetta Ufficiale n. 124 del 26 maggio 2021.

L’articolo 3, comma 5 del suddetto Decreto 179/2021 prevede l’adozione delle “Linee guida per la redazione e l’implementazione dei piani degli spostamenti casa-lavoro (PSCL)”

Tali linee sono state approvate con la sottoscrizione del Decreto Interdirettoriale n. 209 del 4 agosto 2021: costituiscono uno strumento utile per Enti e imprese tenuti all’adozione dei PSCL e contengono indicazioni operative e metodologiche sulle procedure da seguire affinché l’analisi del contesto, sia all’interno che all’esterno della realtà aziendale di riferimento, permetta di pianificare e realizzare le misure ritenute necessarie per consentire una riduzione strutturale e permanente della mobilità sistematica casa-lavoro.

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(%) a piedi treno tram bus metro pullman corriera pullman aziendale auto (guidatore) auto (passeggero) moto scooter bicicletta tempo impiegato fino a 15 min. più di 30 min. Piemonte 11,0 2,9 4,5 2,1 1,4 0,4 73,2 5,0 2,0 2,7 33,2 15,0 Valle d'Aosta 17,8 2,2 2,7 0,5 3,8 0,2 70,2 5,2 1,7 3,0 46,8 10,7 Liguria 16,5 5,9 8,1 1,0 2,7 1,0 49,6 4,7 17,7 1,2 34,6 15,7 Lombardia 9,5 4,7 4,1 6,4 2,1 0,3 70,4 4,8 3,2 4,6 33,3 22,1 Trentino Alto Adige 18,7 3,5 4,0 0,0 3,5 1,0 60,9 4,6 2,9 7,5 45,8 11,7 Veneto 7,0 1,5 3,6 0,1 1,3 0,1 77,2 4,0 2,2 6,3 40,6 12,9 Friuli Venezia Giulia 10,0 2,0 3,7 0,3 0,4 0,0 75,9 3,6 2,7 4,3 45,6 11,4 Emilia Romagna 9,1 2,3 3,5 0,3 1,2 0,3 76,0 3,0 1,5 6,4 39,1 13,2 Toscana 13,0 2,5 2,4 0,1 1,6 0,1 71,1 4,8 5,0 3,8 38,0 14,8 Umbria 9,2 1,5 1,7 0,4 0,0 0,0 81,8 4,4 0,7 2,5 47,5 10,1 Marche 11,1 1,6 1,4 0,1 0,3 0,4 79,0 4,5 2,5 1,9 47,8 7,7 Lazio 9,6 4,6 11,4 8,0 1,0 0,0 64,7 3,7 6,1 2,0 25,0 21,7 Abruzzo 9,8 1,7 1,7 0,7 2,5 0,2 76,1 7,4 1,1 1,3 41,8 6,1 Molise 13,6 0,5 2,1 0,7 4,4 0,5 74,5 6,7 0,0 0,6 43,9 9,6 Campania 19,9 2,5 1,5 3,0 1,5 0,5 64,2 7,8 2,1 1,4 22,5 12,8 Puglia 14,6 1,8 1,7 0,5 2,3 0,1 69,7 11,6 0,8 0,9 38,0 9,8 Basilicata 19,8 0,5 1,1 0,4 5,4 0,6 65,2 7,2 0,5 0,5 42,1 13,1 Calabria 14,8 1,2 1,4 1,2 1,9 0,2 68,8 10,2 0,2 0,2 34,3 10,3 Sicilia 13,8 0,3 2,0 0,4 0,8 0,3 73,5 7,5 3,4 0,7 38,2 9,7 Sardegna 14,2 0,2 2,7 1,0 0,7 0,5 76,6 6,4 1,6 1,4 43,3 7,1 ITALIA 11,7 2,8 3,9 2,6 1,6 0,3 70,9 5,5 3,2 3,3 35,6 14,9
Mobilità per lavoro in Italia
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Parco Circolante 2023

a cura di Alessandro Vasserot (Area Professionale Statistica ACI)

Nel 2023 il parco veicolare in Italia ammonta a quasi 55 milioni, di cui 40 milioni e novecentomila sono autovetture. In generale, la consistenza del parco veicolare nell’arco degli ultimi dieci anni (2014-2023) è aumentata del 11,5%, con un massimo per la categoria dei motocicli (+15,3% circa) e dei veicoli industriali (+15,2%); le autovetture sono aumentate del 10,3% e gli autobus del 2,2%. Ricordiamo che dal 2009 non vengono più conteggiati i rimorchi ed i semirimorchi con PTT (Peso Totale a Terra) inferiore a 3,5 tonnellate, per i quali già dal 2003 non c’è obbligo di iscrizione al PRA. La consistenza del parco veicolare 2023 ha subito un incremento del 2% circa rispetto al 2022, le autovetture crescono del 1,8%, i veicoli industriali del 2,5%, i motocicli del 2,7%, gli autobus rimangono sostanzialmente stabili.

NOTA METODOLOGICA

I dati relativi alla consistenza del parco veicolare italiano al 31/12/2023, pubblicati in questo numero, sono calcolati in base alle risultanze sullo stato giuridico dei veicoli, tratte dal Pubblico Registro Automobilistico (PRA). Il PRA è l’Istituto in cui vengono registrati tutti gli eventi legati alla vita “giuridica” del veicolo dalla sua nascita con l’iscrizione alla sua morte, la radiazione. In tutte le elaborazioni effettuate il criterio adottato per includere un veicolo in uno o l’altro aggregato è l’espletamento della formalità presso il PRA. Dal 01/10/2021 è entrato definitivamente in vigore il Documento Unico di Circolazione a seguito del Decreto Dirigenziale (DD) n° 196 del 27/09/2021, che ha disposto la definitiva entrata a regime del D.Lgs. n. 98/2017, per cui le prime iscrizioni sono contestuali all’acquisto. a meno del ricorso alle procedure di emergenza (per impedimento tecnico sulla singola pratica o a seguito di specifica autorizzazione), che sfrutteranno ancora l’utilizzo dei software tradizionali. Inoltre è prevista la registrazione di immatricolazioni massive che saranno lavorate con una nuova

funzionalità nell’ultimo giorno del mese; dette pratiche dovranno poi essere completate, con l’iscrizione al PRA, il giorno lavorativo successivo, dallo STA richiedente. Va considerato poi che vi sono alcuni veicoli che, pur essendo in circolazione, non sono iscritti al PRA: si tratta dei veicoli iscritti in altri Registri quali quello del Ministero della Difesa (targhe EI), quello della Croce Rossa Internazionale, quello del Ministero degli Esteri (targhe CD), ecc.. Tuttavia è ragionevole ritenere che il numero di questi veicoli non sia tale da modificare sensibilmente le caratteristiche del parco nel suo complesso.

Inoltre a seguito del D. lgs. 22 del 5/2/97 e i successivi D. lgs. 291 del 8/9/97 e D. lgs. 839 del 8/11/97 con i quali è stata disciplinata la gestione dei rifiuti, la cancellazione dal P.R.A. dei veicoli avviati a demolizione, a partire dal 30/6/98 deve avvenire esclusivamente a cura dei titolari del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale della casa costruttrice, i quali assicurano la demolizione “ecologica” dei veicoli. Tali soggetti hanno 30 giorni di tempo dalla data di consegna del veicolo, secondo il D.lgs. n. 149/2006 in applicazione dal 27/04/’06, per presentare la formalità al PRA.

Nel definire la consistenza del parco veicolare si è partiti dunque dai veicoli iscritti al PRA al 31/12 ai quali sono stati sottratti:

• i veicoli radiati, considerando a tal fine la data di presentazione della formalità (anche in questo caso può esserci uno slittamento temporale rispetto alla consegna per la rottamazione fino a 30gg.);

• i veicoli oggetto di furto o appropriazione indebita per i quali sia stata annotata la perdita di possesso;

• i veicoli confiscati dallo Stato.

Nelle tabelle sono presentati dati provinciali e dati riguardanti i grandi comuni.

Statistiche
VEICOLARE IN ITALIA: SERIE STORICA ANNI 2014–2023 2014 2015 2016 2017 2018 AUTOBUS 97.914 97.991 97.817 99.100 100.042 AUTOVETTURE 37.080.753 37.351.233 37.876.138 38.520.321 39.018.170 MOTOCICLI 6.505.620 6.543.612 6.606.844 6.689.911 6.780.733 VEICOLI INDUSTRIALI 5.387.334 5.414.989 5.518.021 5.618.093 5.698.801 TOTALE ITALIA 49.150.466 49.488.493 50.181.875 51.011.347 51.682.370 ALTRO 78.845 80.668 83.055 83.922 84.624 2019 2020 2021 2022 2023 AUTOBUS 100.149 99.883 100.199 100.014 100.078 AUTOVETTURE 39.545.232 39.717.874 39.822.723 40.213.061 40.915.229 MOTOCICLI 6.896.048 7.003.618 7.152.760 7.302.597 7.498.908 VEICOLI INDUSTRIALI 5.775.006 5.843.373 5.951.406 6.057.369 6.206.257 TOTALE ITALIA 52.401.299 52.750.339 53.114.479 53.763.441 54.813.606 ALTRO 84.864 85.591 87.391 90.400 93.134 maggio-giugno 2024 66
PARCO

PARCO VEICOLARE 2023 (PROVINCE E REGIONI)

PROVINCE

Statistiche
Autovetture Var. % 23/22 Autobus Var. % 23/22 Veicoli Industr. Var. % 23/22 Motocicli Var. % 23/22 Totale Var. % 23/22 Alessandria 290.597 0,91 478 -3,04 52.238 1,45 53.836 2,91 398.086 1,24 Asti 152.561 1,29 390 0,78 27.586 1,16 27.727 2,40 208.938 1,41 Biella 129.549 0,85 274 4,58 18.375 0,48 21.967 1,93 170.500 0,95 Cuneo 428.485 1,46 827 -15,87 85.028 2,38 76.590 2,85 592.926 1,74 Novara 249.280 1,25 423 1,93 35.899 1,79 41.072 2,23 327.232 1,44 Torino 1.516.952 5,52 2.892 2,37 212.400 7,10 243.469 2,56 1.980.049 5,30 Verbano Cusio Ossola 108.436 1,02 151 -3,82 17.014 1,80 22.730 3,26 148.705 1,43 Vercelli 121.261 1,17 102 -1,92 18.928 1,91 19.403 1,98 160.040 1,35 Totale Piemonte 2.997.121 3,33 5.537 -1,58 467.468 4,12 506.794 2,59 3.986.476 3,32 Aosta 282.019 -2,06 250 -1,19 76.043 -2,54 17.773 2,01 376.616 -1,97 Totale Valle d'Aosta 282.019 -2,06 250 -1,19 76.043 -2,54 17.773 2,01 376.616 -1,97 Bergamo 715.385 1,75 1.153 -3,35 122.066 2,65 139.477 3,01 979.615 2,03 Brescia 839.582 1,78 852 -2,07 143.653 2,72 146.305 3,46 1.133.260 2,11 Como 416.325 1,98 680 5,26 50.997 2,17 82.186 3,65 551.070 2,25 Cremona 230.708 1,47 196 -0,51 32.575 2,80 37.666 2,57 301.578 1,74 Lecco 223.638 1,33 296 -4,82 30.795 2,39 45.027 2,94 300.428 1,67 Lodi 145.981 1,37 456 9,09 16.783 2,35 21.859 2,65 185.297 1,63 Mantova 283.985 1,62 467 0,86 52.440 2,05 50.101 2,60 387.597 1,80 Milano 1.848.869 1,66 5.086 0,61 215.742 2,89 387.773 2,56 2.460.722 1,91 Monza Brianza 583.158 1,72 292 -5,50 65.680 2,50 100.825 2,79 750.604 1,93 Pavia 361.258 1,42 523 -8,41 48.193 1,81 61.900 2,93 473.154 1,64 Sondrio 119.983 1,69 277 1,84 24.439 2,28 26.511 2,59 172.067 1,91 Varese 606.032 1,29 573 -0,69 66.682 1,53 101.682 3,02 776.014 1,54 Totale Lombardia 6.374.904 1,64 10.851 -0,28 870.045 2,49 1.201.312 2,89 8.471.406 1,90 Bolzano 491.628 -1,54 1.166 0,60 84.959 3,21 67.313 4,03 646.172 -0,38 Trento 829.090 6,70 1.327 -1,63 166.959 5,66 68.846 3,91 1.068.286 6,35 Totale Trent. A. Adige 1.320.718 3,47 2.493 -0,60 251.918 4,82 136.159 3,97 1.714.458 3,71 Belluno 138.067 1,22 400 -2,68 23.560 2,34 20.930 3,05 183.513 1,56 Padova 626.646 1,34 1.176 0,77 97.415 2,48 110.382 2,11 836.574 1,57 Rovigo 161.982 0,94 224 0,00 26.756 1,95 23.517 1,22 212.697 1,10 Treviso 612.919 1,53 1.340 -1,25 100.857 2,47 85.606 2,32 801.674 1,73 Venezia 487.919 1,36 1.444 -2,70 69.482 2,41 76.747 2,24 636.290 1,57 Verona 641.124 1,16 1.285 -2,13 99.636 2,71 124.391 2,75 867.565 1,55 Vicenza 596.582 1,53 1.058 -0,47 95.434 2,24 100.426 2,91 794.733 1,78 Totale Veneto 3.265.239 1,35 6.927 -1,31 513.140 2,43 541.999 2,45 4.333.046 1,61 Gorizia 92.049 0,49 207 5,08 11.129 2,09 17.792 2,35 121.275 0,91 Pordenone 221.541 1,39 446 -0,89 32.707 1,58 30.541 2,58 285.845 1,53 Trieste 131.391 0,87 325 -0,31 18.508 1,39 52.080 2,17 202.457 1,25 Udine 376.694 1,22 734 0,55 56.342 2,75 57.542 2,49 492.191 1,54 Totale Friuli V. Giulia 821.675 1,13 1.712 0,53 118.686 2,15 157.955 2,39 1.101.768 1,42 Genova 418.897 0,34 1.344 1,82 60.037 0,99 232.696 2,34 714.010 1,04 Imperia 128.255 0,54 242 1,68 21.954 1,35 68.536 2,49 219.279 1,23 La Spezia 130.087 0,85 472 -3,28 17.795 1,79 45.432 2,85 194.020 1,39 Savona 170.453 0,81 415 4,53 30.094 0,73 79.774 2,60 281.288 1,32 Totale Liguria 847.692 0,54 2.473 1,23 129.880 1,10 426.438 2,47 1.408.597 1,17 Bologna 635.189 1,24 1.717 -0,41 87.150 1,71 136.032 2,12 861.397 1,43 Ferrara 235.101 0,97 376 -0,53 34.356 1,07 36.057 1,93 306.160 1,09 Forlì-Cesena 268.159 1,30 678 -11,02 49.551 1,72 55.092 1,67 374.077 1,39 Modena 492.208 1,73 1.136 -4,62 77.922 1,97 72.244 2,42 644.632 1,82 Parma 304.049 1,40 632 2,76 50.956 2,38 56.983 2,16 413.664 1,62 Piacenza 192.258 1,50 309 5,46 42.088 1,40 33.854 2,58 269.182 1,62 Ravenna 277.914 1,29 362 1,97 46.452 2,50 52.672 2,44 377.935 1,59 Reggio Emilia 399.239 9,49 346 -1,14 74.134 18,52 59.857 2,35 534.664 9,76 Rimini 227.312 1,35 643 11,63 32.578 2,41 75.618 2,68 336.756 1,77 Totale Emilia Rom. 3.031.429 2,37 6.199 -0,72 495.187 4,08 578.409 2,26 4.118.467 2,55 maggio-giugno 2024 67

PARCO VEICOLARE 2023 (PROVINCE E REGIONI)

Statistiche
PROVINCE
Autovetture Var. % 23/22 Autobus Var. % 23/22 Veicoli Industr. Var. % 23/22 Motocicli Var. % 23/22 Totale Var. % 23/22 Arezzo 245.587 1,09 488 1,24 34.984 1,81 45.739 1,55 327.592 1,23 Firenze 853.690 4,35 3.493 0,90 137.852 2,94 166.968 2,32 1.163.421 3,88 Grosseto 152.837 1,03 170 0,59 26.722 1,60 37.571 2,21 217.912 1,30 Livorno 208.846 1,07 227 1,79 31.447 0,82 85.662 2,51 327.915 1,38 Lucca 269.138 1,64 386 1,85 40.972 1,73 62.932 2,74 374.016 1,83 Massa Carrara 125.142 1,18 139 4,51 18.361 1,46 32.705 2,54 176.681 1,46 Pisa 285.984 1,28 411 3,27 41.503 1,31 63.783 2,26 392.199 1,45 Pistoia 198.680 1,78 214 1,42 27.754 1,76 29.874 2,30 256.788 1,84 Prato 162.320 1,32 76 -26,92 24.333 2,04 25.980 2,68 212.938 1,55 Siena 191.724 1,04 275 -1,43 31.126 1,72 41.195 1,56 265.004 1,19 Totale Toscana 2.693.948 2,24 5.879 0,67 415.054 2,02 592.409 2,29 3.714.466 2,22 Perugia 494.062 1,05 1.243 -5,19 75.636 1,62 76.291 1,90 649.041 1,20 Terni 158.709 0,85 259 0,78 25.479 1,50 27.110 1,44 212.042 1,01 Totale Umbria 652.771 1,00 1.502 -4,21 101.115 1,59 103.401 1,78 861.083 1,16 Ancona 314.751 1,10 633 -1,86 42.273 1,18 68.765 1,70 427.012 1,20 Ascoli Piceno 147.745 1,08 434 1,64 22.700 1,41 29.499 2,94 200.756 1,39 Fermo 124.470 1,08 517 1,17 18.782 -0,17 19.796 2,32 163.898 1,08 Macerata 222.704 0,82 742 -5,36 43.196 1,69 39.393 1,94 306.669 1,07 Pesaro e Urbino 245.072 1,42 500 -1,96 36.981 1,63 64.304 1,49 347.477 1,45 Totale Marche 1.054.742 1,11 2.826 -1,77 163.932 1,29 221.757 1,90 1.445.812 1,24 Frosinone 366.373 1,14 1.794 -0,55 55.800 2,01 45.957 2,08 471.268 1,33 Latina 388.735 1,31 852 0,95 64.329 1,77 72.059 2,52 526.846 1,55 Rieti 113.415 0,80 264 -0,75 16.756 0,71 17.138 1,69 148.081 0,89 Roma 2.832.151 2,45 8.708 -1,23 300.692 3,79 529.720 1,52 3.676.376 2,43 Viterbo 236.387 0,84 386 -4,69 33.197 1,57 36.357 1,81 306.904 1,02 Totale Lazio 3.937.061 2,07 12.004 -1,08 470.774 3,02 701.231 1,68 5.129.475 2,11 Chieti 268.265 1,22 1.802 -2,59 49.066 2,26 49.562 2,31 369.705 1,48 L'Aquila 219.776 1,16 581 0,69 37.248 1,74 28.243 2,01 287.038 1,32 Pescara 205.426 0,97 252 1,20 31.097 1,91 42.350 2,85 279.673 1,35 Teramo 220.235 1,33 511 -3,40 37.356 2,05 36.274 2,57 295.117 1,57 Totale Abruzzo 913.702 1,18 3.146 -1,84 154.767 2,02 156.429 2,46 1.231.533 1,44 Campobasso 152.234 0,85 875 -2,02 30.394 1,60 24.518 2,65 208.814 1,16 Isernia 65.387 2,02 283 -10,73 15.224 1,02 9.834 1,56 91.160 1,74 Totale Molise 217.621 1,20 1.158 -4,30 45.618 1,41 34.352 2,33 299.974 1,34 Avellino 279.017 1,51 963 5,02 53.089 2,27 34.221 3,81 368.130 1,84 Benevento 189.671 1,22 625 -3,85 35.124 1,28 24.873 3,05 251.002 1,39 Caserta 608.552 2,17 995 3,75 76.536 2,79 85.136 3,87 772.028 2,42 Napoli 1.869.592 1,47 6.066 0,21 225.006 2,20 398.239 3,29 2.500.126 1,82 Salerno 725.940 1,88 2.292 -0,69 140.094 2,90 133.685 3,66 1.003.328 2,25 Totale Campania 3.672.772 1,66 10.941 0,50 529.849 2,41 676.154 3,45 4.894.614 1,98 Bari 739.501 1,37 3.435 2,45 103.279 2,78 108.923 4,20 955.974 1,85 Barletta Trani 231.052 1,23 449 -0,88 30.796 1,07 32.243 4,37 294.670 1,55 Brindisi 263.527 1,57 842 3,82 41.568 2,30 33.773 4,70 340.027 1,97 Foggia 361.743 1,65 972 2,21 62.982 1,73 40.600 4,35 467.051 1,89 Lecce 536.171 1,59 1.162 -0,09 83.619 1,66 87.891 4,41 709.398 1,94 Taranto 355.043 1,29 987 2,07 43.231 2,11 49.845 3,98 449.561 1,67 Totale Puglia 2.487.037 1,46 7.847 1,94 365.475 2,06 353.275 4,30 3.216.681 1,83 Matera 130.850 1,13 470 0,43 24.094 1,77 16.875 3,30 172.660 1,43 Potenza 256.058 0,84 1.527 1,06 47.936 1,61 26.337 3,39 332.726 1,16 Totale Basilicata 386.908 0,94 1.997 0,91 72.030 1,66 43.212 3,35 505.386 1,25 Catanzaro 243.967 1,63 1.041 6,88 41.680 2,00 30.920 3,41 318.491 1,88 Cosenza 508.584 1,26 1.897 -0,26 78.683 1,38 58.833 3,88 649.903 1,51 Crotone 111.662 1,43 393 0,00 23.720 1,32 11.049 4,21 147.324 1,61 Reggio Calabria 379.145 1,42 1.225 1,58 62.528 0,93 50.626 4,13 494.403 1,64 maggio-giugno 2024 68

PARCO VEICOLARE 2023 (PROVINCE E REGIONI)

PARCO VEICOLARE 2023 (AREE URBANE)

Nota: i veicoli industriali comprendono le seguenti categorie di veicoli: autocarri merci, autoveicoli speciali e specifici, motrici,

rimorchi e semirimorchi. La colonna Totale comprende anche la categoria Altri Veicoli.

Statistiche
PROVINCE
Autovetture Var. % 23/22 Autobus Var. % 23/22 Veicoli Industr. Var. % 23/22 Motocicli Var. % 23/22 Totale Var. % 23/22 Vibo Valentia 113.794 1,68 345 5,83 20.367 1,44 13.174 4,62 148.076 1,91 Totale Calabria 1.357.152 1,42 4.901 2,08 226.978 1,37 164.602 3,95 1.758.197 1,65 Agrigento 303.419 1,16 675 4,65 50.350 1,12 54.369 3,01 409.558 1,40 Caltanissetta 170.294 0,78 305 1,33 25.954 2,06 25.543 3,29 222.373 1,22 Catania 856.747 1,15 1.594 2,38 135.069 1,25 184.716 2,61 1.179.411 1,40 Enna 110.095 1,07 329 -2,95 16.784 -0,18 14.486 2,55 141.987 1,06 Messina 432.079 0,82 1.176 4,81 63.965 0,73 104.300 2,70 602.813 1,14 Palermo 787.870 0,90 2.406 3,53 101.444 1,63 198.296 2,44 1.090.949 1,25 Ragusa 232.921 1,39 256 -1,16 41.910 1,56 41.715 3,09 317.244 1,63 Siracusa 277.653 0,94 332 -8,03 41.030 1,58 63.217 2,48 382.666 1,26 Trapani 302.061 1,04 518 0,39 52.487 0,87 52.232 3,06 407.908 1,27 Totale Sicilia 3.473.139 1,02 7.591 2,25 528.993 1,25 738.874 2,68 4.754.909 1,31 Cagliari 288.957 1,51 1.810 8,58 46.042 2,18 42.381 3,34 379.683 1,83 Nuoro 152.619 1,37 303 0,00 32.357 2,68 12.991 3,48 198.928 1,72 Oristano 106.738 0,77 207 -1,43 21.704 1,51 11.477 3,16 140.407 1,08 Sassari 336.364 1,08 978 1,88 62.043 2,07 52.941 3,55 453.433 1,50 Sud Sardegna 227.033 1,42 483 -5,11 43.933 1,51 23.916 5,13 296.363 1,72 Totale Sardegna 1.111.711 1,27 3.781 3,62 206.079 2,01 143.706 3,71 1.468.814 1,62 Non Definito 15.868 -0,86 63 0,00 3.226 -0,62 2.667 -2,02 21.828 -0,96 Totale Italia 40.915.229 1,75 100.078 0,06 6.206.257 2,46 7.498.908 2,69 54.813.606 1,95
e quadricicli trasporto merci,
AREE URBANE
Autovetture Var. % 23/22 Autobus Var. % 23/22 Veicoli Industr. Var. % 23/22 Motocicli Var. % 23/22 Totale Var. % 23/22 Torino 583.424 13,80 2.098 5,37 76.721 18,25 77.837 1,91 741.143 12,82 Genova 266.651 0,02 1.118 2,10 35.063 -0,09 152.364 1,79 455.803 0,60 Brescia 124.205 1,85 260 -4,06 19.222 2,62 19.189 2,61 163.043 2,03 Milano 701.443 2,46 4.323 1,77 93.350 3,65 192.635 2,71 993.496 2,62 Padova 128.303 0,92 806 2,03 14.738 2,75 27.884 0,78 171.862 1,06 Venezia 110.812 1,08 695 -3,07 16.074 1,81 17.586 1,06 145.285 1,14 Verona 168.871 0,08 749 0,81 20.844 2,31 39.104 1,56 229.760 0,53 Trieste 110.020 0,82 305 -0,97 14.892 1,38 45.802 2,05 171.135 1,20 Bologna 208.649 0,80 1.332 -0,22 25.725 2,26 59.338 1,36 295.401 1,05 Parma 124.791 1,50 366 0,83 18.283 3,32 26.063 1,45 169.739 1,68 Firenze 200.666 0,97 264 -44,89 26.161 -0,89 77.309 2,06 304.924 1,02 Livorno 89.293 1,33 69 -1,43 11.722 1,06 45.422 2,22 147.932 1,48 Roma 1.823.155 2,90 7.616 -0,94 190.939 4,74 389.122 0,96 2.414.259 2,73 Napoli 553.185 0,40 2.663 -1,70 61.321 1,76 154.955 1,86 772.462 0,79 Bari 184.762 1,02 1.425 2,96 20.258 3,58 37.892 4,18 244.509 1,72 Foggia 91.909 1,55 172 1,18 11.716 1,36 9.253 3,81 113.129 1,70 Taranto 112.025 0,72 553 5,33 9.837 2,77 17.545 3,01 140.063 1,17 Reggio di Calabria 117.431 0,83 529 0,95 12.869 0,73 21.610 2,71 152.632 1,09 Catania 236.056 1,09 704 5,39 38.833 1,44 69.347 1,70 345.170 1,27 Messina 146.252 0,17 286 21,19 13.559 -0,62 42.415 1,41 202.740 0,40 Palermo 396.273 0,33 1.714 2,57 41.998 1,72 129.923 1,39 570.211 0,68 Siracusa 84.664 0,88 121 -1,63 10.506 0,80 25.326 1,69 120.751 1,05 Cagliari 101.928 0,94 1.656 8,88 17.472 1,75 16.869 2,68 138.121 1,34 TOTALE 6.664.768 2,53 29.824 0,66 802.103 3,95 1.694.790 1,75 9.203.570 2,50 maggio-giugno 2024 69
motocarri

FOCUS AUTO “GREEN” (GPL, metano, elettriche e ibride)

In Italia il parco autovetture con alimentazioni alternative a basso o nullo impatto ambientale (GPL, metano, elettriche e ibride) è in costante aumento. Nel 2023 le alimentazioni “green” rappresentano il 15,7% circa del totale, contro il 13,9% del 2022. Nel complesso le autovetture con alimentazioni alternative a basso o nullo impatto ambientale sono cresciute del 122,8% negli ultimi dieci anni. Analizzando la distribuzione per Regione, la Valle D’Aosta e le Marche risultano quelle con la percentuale più elevata di autovetture “geen” rispetto al proprio parco autovetture complessivo (25% e 24,63% rispettivamente), seguite dall’Emilia Romagna (24,56%) e dal Trentino Alto Adige (21,2%).

Sono 10 complessivamente le regioni che presentano una percentuale di autovetture a basso o nullo impatto ambientale maggiore di quella media dell’Italia (15,7%).

In termini assoluti, la Lombardia è la regione con il maggior numero di autovetture con alimentazioni “green” (940.000 unità), seguita dall’Emilia Romagna (740.000) e dal Lazio (690.000).

Le Regioni che hanno incrementato in misura maggiore il numero di autovetture a basso o nullo impatto ambientale tra il 2022 ed il 2023 sono il Trentino Alto Adige (con una variazione percentuale del 31,7%), la Sardegna (20,9%) e Liguria e Toscana (20,85%), seguite da Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Valle D’Aosta, Lombardi e Lazio, tutte regioni con una variazione percentuale superiore al 17%.

Nota: il totale complessivo comprende anche dati con Regione non identificata.

Statistiche
Regione Benzina Gas Liquido Metano Elettricità Gasolio Ibrido Benzina Ibrido Gasolio Altre Totale complessivo Totale "green" % "green" su totale complessivo regionale Variaz. % 2023/2022 autovetture "green" VALLE D'AOSTA 88.831 2.955 387 4.343 122.824 60.920 1.757 2 282.019 70.362 24,95 18,23 MARCHE 350.350 84.256 132.513 4.031 444.633 32.953 5.981 25 1.054.742 259.734 24,63 5,11 EMILIA ROM. 1.150.258 351.889 192.171 15.617 1.136.517 159.763 25.082 132 3.031.429 744.522 24,56 9,27 TR. ALTO ADIGE 430.769 28.161 11.637 35.746 609.647 156.133 48.562 63 1.320.718 280.239 21,22 31,67 UMBRIA 234.998 54.418 43.921 2.113 294.243 19.712 3.338 28 652.771 123.502 18,92 6,90 PIEMONTE 1.402.239 310.132 31.673 14.582 1.033.520 191.999 12.835 141 2.997.121 561.221 18,73 20,18 TOSCANA 1.143.455 187.155 78.457 21.247 1.048.405 178.863 36.230 136 2.693.948 501.952 18,63 20,85 VENETO 1.336.028 278.212 100.119 18.639 1.348.362 156.961 26.801 117 3.265.239 580.732 17,79 11,11 LAZIO 1.736.321 382.835 37.820 24.824 1.506.320 230.117 18.323 501 3.937.061 693.919 17,63 17,99 CAMPANIA 1.489.672 417.144 94.595 6.689 1.595.538 60.348 8.588 198 3.672.772 587.364 15,99 9,30 ABRUZZO 349.102 76.644 28.100 2.995 425.674 27.547 3.613 27 913.702 138.899 15,20 10,27 LOMBARDIA 3.420.728 379.437 74.773 44.305 2.010.380 405.649 39.167 465 6.374.904 943.331 14,80 18,02 MOLISE 70.559 16.002 5.801 418 120.358 3.832 643 8 217.621 26.696 12,27 12,51 PUGLIA 849.308 167.736 68.751 4.701 1.339.865 48.151 8.421 104 2.487.037 297.760 11,97 9,48 LIGURIA 445.340 34.072 8.365 3.012 303.633 49.367 3.878 25 847.692 98.694 11,64 20,85 BASILICATA 132.756 20.890 7.476 726 216.738 7.148 1.169 5 386.908 37.409 9,67 10,64 FRIULI V. GIULIA 433.076 24.065 3.805 3.632 315.375 37.574 4.102 46 821.675 73.178 8,91 19,53 SICILIA 1.575.844 141.817 22.437 6.902 1.651.656 66.556 7.773 154 3.473.139 245.485 7,07 13,65 CALABRIA 557.505 47.441 6.903 2.021 712.564 26.989 3.674 55 1.357.152 87.028 6,41 16,60 SARDEGNA 510.641 27.310 738 2.997 538.574 29.079 2.336 36 1.111.711 62.460 5,62 20,90 Totale ITALIA 17.717.147 3.032.796 950.500 219.540 16.777.050 1.949.661 262.273 6.262 40.915.229 6.414.770 15,68 14,81 maggio-giugno 2024 70
PARCO
AUTOVETTURE IN ITALIA PER REGIONE E ALIMENTAZIONE – ANNO 2023

La classe "Emissioni Zero" è stata inclusa nella somma Euro 4-5-6 in quanto comprende esclusivamente veicoli elettrici.

Statistiche
AD ALIMENTAZIONE "GREEN" IN ITALIA PER REGIONE - CONFRONTO VALORI ASSOLUTI ANNO 2023-2022 Regione Gas Liquido 2023 Gas Liquido 2022 Metano 2023 Metano 2022 Elettricità 2023 Elettricità 2022 Ibrido Benzina 2023 Ibrido Benzina 2022 Ibrido Gasolio 2023 Ibrido Gasolio 2022 Totale "green" 2023 LOMBARDIA 379.437 364.969 74.773 75.570 44.305 31.429 405.649 300.420 39.167 26.938 943.331 EMILIA ROMAGNA 351.889 341.702 192.171 199.310 15.617 10.707 159.763 113.719 25.082 15.896 744.522 LAZIO 382.835 358.909 37.820 37.849 24.824 17.604 230.117 161.949 18.323 11.804 693.919 CAMPANIA 417.144 392.947 94.595 92.831 6.689 4.438 60.348 41.577 8.588 5.579 587.364 VENETO 278.212 270.890 100.119 102.767 18.639 13.585 156.961 117.413 26.801 18.020 580.732 PIEMONTE 310.132 298.455 31.673 32.570 14.582 10.360 191.999 117.266 12.835 8.347 561.221 TOSCANA 187.155 177.589 78.457 82.511 21.247 15.373 178.863 119.257 36.230 20.638 501.952 PUGLIA 167.736 159.348 68.751 69.231 4.701 3.212 48.151 34.507 8.421 5.681 297.760 TR. ALTO ADIGE 28.161 29.590 11.637 13.609 35.746 27.420 156.133 108.418 48.562 33.794 280.239 MARCHE 84.256 79.832 132.513 135.833 4.031 2.894 32.953 24.537 5.981 4.020 259.734 SICILIA 141.817 136.351 22.437 22.312 6.902 4.795 66.556 47.431 7.773 5.114 245.485 ABRUZZO 76.644 73.362 28.100 28.531 2.995 2.012 27.547 19.662 3.613 2.395 138.899 UMBRIA 54.418 52.183 43.921 44.800 2.113 1.567 19.712 14.841 3.338 2.137 123.502 LIGURIA 34.072 32.504 8.365 8.571 3.012 2.166 49.367 35.767 3.878 2.660 98.694 CALABRIA 47.441 45.250 6.903 6.855 2.021 1.366 26.989 18.733 3.674 2.434 87.028 FRIULI V. GIULIA 24.065 22.923 3.805 3.780 3.632 2.798 37.574 28.839 4.102 2.879 73.178 VALLE D'AOSTA 2.955 2.973 387 431 4.343 3.331 60.920 51.572 1.757 1.208 70.362 SARDEGNA 27.310 26.493 738 688 2.997 2.309 29.079 20.613 2.336 1.558 62.460 BASILICATA 20.890 19.852 7.476 7.602 726 486 7.148 5.092 1.169 779 37.409 MOLISE 16.002 14.451 5.801 5.871 418 279 3.832 2.727 643 399 26.696 Totale ITALIA 3.032.796 2.900.799 950.500 971.583 219.540 158.131 1.949.661 1.384.340 262.273 172.280 6.414.770 PARCO AUTOVETTURE DISTINTE PER CLASSIFICAZIONE EURO – ANNO 2023 Regione EURO 0 EURO 1 EURO 2 EURO 3 EURO 4 EURO 5 EURO 6 Emissioni Zero Non definito Totale complessivo % EURO 0-1-2-3 % EURO 4-5-6 VALLE D'AOSTA 6.367 1.429 4.815 7.717 21.343 16.356 219.638 4.343 11 282.019 7,21 92,79 TR. ALTO ADIGE 33.587 8.135 26.365 46.339 149.999 149.329 871.101 35.746 117 1.320.718 8,66 91,33 TOSCANA 166.897 35.739 110.778 180.700 476.645 417.734 1.283.002 21.247 1.206 2.693.948 18,34 81,61 LOMBARDIA 396.469 90.411 264.825 420.540 1.276.771 1.153.340 2.726.300 44.305 1.943 6.374.904 18,39 81,58 EMILIA ROMAGNA 189.394 43.608 137.408 210.892 620.548 542.305 1.270.871 15.617 786 3.031.429 19,18 80,80 VENETO 178.780 46.336 157.172 247.086 707.462 609.305 1.299.465 18.639 994 3.265.239 19,27 80,69 PIEMONTE 216.832 46.607 151.106 236.345 627.534 483.247 1.219.802 14.582 1.066 2.997.121 21,72 78,25 FRIULI V. GIULIA 48.899 13.685 46.543 72.691 196.685 151.431 287.806 3.632 303 821.675 22,13 77,84 LIGURIA 65.805 15.273 43.088 67.809 183.987 148.111 320.412 3.012 195 847.692 22,65 77,33 MARCHE 83.526 18.891 60.513 91.581 241.975 185.938 368.021 4.031 266 1.054.742 24,13 75,84 LAZIO 343.193 74.813 222.449 343.958 897.630 640.845 1.387.159 24.824 2.190 3.937.061 25,00 74,94 UMBRIA 58.285 13.100 42.282 59.944 145.708 108.287 222.806 2.113 246 652.771 26,60 73,37 ABRUZZO 81.765 20.586 64.792 97.356 218.186 145.664 282.021 2.995 337 913.702 28,95 71,02 SARDEGNA 97.499 25.243 79.664 134.247 302.953 179.025 289.415 2.997 668 1.111.711 30,28 69,66 PUGLIA 249.927 58.257 180.385 298.036 685.758 417.140 591.238 4.701 1.595 2.487.037 31,63 68,31 MOLISE 22.267 6.073 19.023 27.392 55.904 33.496 52.946 418 102 217.621 34,35 65,60 BASILICATA 43.314 11.736 34.677 49.782 98.148 58.379 89.935 726 211 386.908 36,06 63,89 SICILIA 444.907 114.457 331.209 442.613 890.299 495.820 744.771 6.902 2.161 3.473.139 38,39 61,55 CAMPANIA 602.853 121.528 308.378 388.562 898.834 521.791 820.020 6.689 4.117 3.672.772 38,70 61,19 CALABRIA 193.781 54.587 137.884 165.551 321.975 180.518 299.492 2.021 1.343 1.357.152 40,66 59,24 Totale ITALIA 3.537.238 820.831 2.423.769 3.589.280 9.018.510 6.638.063 14.646.221 219.540 21.777 40.915.229 25,35 74,60 maggio-giugno 2024 71
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