Cimarosa: L'impresario in angustie

EDIZIONE CRITICA DELLE OPERE DI

DOMENICO CIMAROSA VOLUME 6 L'IMPRESARIO IN ANGUSTIE (Versione 1786)

COMITATO SCIENTIFICO SIMONE PERUGINI TAKASHI YAMADA RENZO GUARDENTI WILLIAM BEEMAN

L'IMPRESARIO IN ANGUSTIE FARSA DI GIUSEPPE MARIA DIODATI

MUSICA DI

DOMENICO CIMAROSA

PRIMA RAPPRESENTAZIONE: NAPOLI, TEATRO NUOVO, TERZA OPERA DEL 1786 [COME TERZO ATTO DEL DRAMMA GIOCOSO IL CREDULO DEGLI STESSI AUTORI)

A CURA DI

SIMONE PERUGINI PARTITURA

© Accademia Lirica Toscana “Domenico Cimarosa”, 2016 – All rights reserved.

All rights reserved COPYRIGHT © 2016 BY ACCADEMIA LIRICA TOSCANA “DOMENICO CIMAROSA” – FIRENZE

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L’edizione critica della prima versione (Napoli, Teatro Nuovo, 1786) de “L'impresario in angustie” rappresenta un doveroso contributo alla riscoperta della figura artistica e umana di Domenico Cimarosa. La preparazione di questa edizione critica, infatti, integra la precedente, sempre curata da Simone Perugini e pubblicata da Artaria Editions Limited, relativa alla variante della stessa opera andata in scena a Vienna nel 1793.

L’Accademia intende mantenere la cadenza annuale per le successive pubblicazioni, augurandosi che si realizzino le condizioni necessarie per conseguire il risultato e in particolare, fra esse, l’apporto degli studiosi e le disponibilità finanziarie.

Il successo delle prime pubblicazioni è di stimolo alla determinazione di impiegare ogni accorgimento per attuare il programma predisposto.

IL DIRETTORE ARTISTICO Simone Perugini

Figura 1 – L'impresario in angustie, partitura parzialmente autografa, carta 1r.

Figura 2 – L'impresario in angustie, partitura parzialmente autografa, carta 31r.

TAVOLA DELLE FONTI PRINCIPALI

Lettura delle sigle Davanti alle abbreviazioni di città o d’editore si impiegano «r» ed «e» con i seguenti significati: «r» sta per «riduzione per canto e pianoforte» a stampa (es. rR = riduzione Ricordi); «e» sta per «estratto» manoscritto o a stampa (es. eR = estratto Ricordi, eAIMS = estratto autografo Il matrimonio segreto).

Manoscritti

A

Partitura parzialmente autografa, Biblioteca del Conservatorio “San Pietro a Majella”, Napoli, Rari 1.5.15

FIOR1791

Biblioteca del Conservatorio “San Pietro a Majella”, Napoli, 25.3.15.

Estratti e/IT-FR0084 e/IT-FR0084b e/IT-FR0084c e/IT-NA0059

Biblioteca statale del Monumento nazionale di Montecassino, 1-E-1g.

Biblioteca statale del Monumento nazionale di Monteccasino, 1-D-18i Biblioteca statale del Monumento nazionale di Monteccasino, 1-D-19f Biblioteca del Conservatorio “San Pietro a Majella”, Napoli, Arie 1054@02

e/US-Wc

The Library of Congress, Music division, Washington, D.C., M1505.A1 Case.

Libretti

NA1796

Museo internazione e biblioteca della musica, Bologna, (Lo. 1095b).

PERSONAGGI

FIORDISPINA, detta LA CORIBANTI Prima Buffa del teatro di D. Crisobolo.

Soprano

MERLINA Prima Donna Giocosa al teatro medesimo.

Soprano

DORALBA Prima Donna Seria allo stesso teatro.

Mezzosoprano

DON PERIZONIO FATTAPANE Poetastro, incaricato per la prima Commedia, uomo lepido.

Basso

DON CRISOBOLO Impresario decotto, sciocco, e presuntuoso.

Basso

GELINDO SCAGLIOZZI Maestro di Cappella incaricato per la musica, prima amante di Fiordispina, e ora di Merlina.

Tenore

Basso

STRABINIO Uomo rissoso, protettore di Doralba.

La scena si finge in Napoli.

ORCHESTRA: 2 Oboi, 2 Corni, Archi.

INDICE DEI PEZZI

PREFAZIONE

I

ATTO UNICO N. 1

N. 2

N. 3

N. 4

N. 5

N. 6

N. 7

N. 8

Introduzione Vè che matta maledetta (Crisobolo, Merlina, Gelindo, Doralba) [Recitativo dopo l’Introduzione] Ma care mie, potreste senza chiasso (Crisobolo, Merlina, Gelindo, Doralba) Duetto Fiordispina, Perizonio Senti, senti l'augellino (Fiordispina, Perizonio) [Recitativo] Dopo Duetto Fiordispina, Perizonio Cara, già ho rivoltato (Perizonio, Fiordispina, Crisobolo) Aria Crisobolo Vado, e giro nei palchetti (Crisobolo) [Recitativo] Dopo Aria Crisobolo L'amico, potta d'oje (Perizonio, Doralba, Merlina, Gelindo) Aria Merlina Il meglio mio carattere (Merlina) [Recitativo] dopo Aria Aria Merlina Vi prego, sor poeta (Gelindo, Perizonio, Crisobolo, Fiordispina, Merlina) Quintetto Anima fella, e cotta (Perizonio, Fiordispina, Crisobolo, Merlina, Gelindo) [Recitativo] Dopo Quintetto Ora vedrò, Strabinio (Doralba, Strabinio, Fiordispina, Perizonio, Crisobolo) Aria Fiordispina Io son placida, e serena (Fiordispina) [Recitativo] Dopo Aria Fiordispina Questo nemmeno scherza (Crisobolo, Perizonio) Aria Perizonio Lo 'mpresario, gioia mia (Perizonio) [Recitativo] dopo Aria Perizonio Orsù, per me le cose (Crisobolo, Doralba, Strabinio, Merlina, Gelindo, Perizonio, Fiordispina) Duetto Fiordispina, Perizonio Son donzella sì innocente (Fiordispina, Perizonio)

1 28 34 54 60 80 86 102 115 158 163 183 187 207 217

Figura 3 – L'impresario in angustie, frontespizio autografo della partitura.

Figura 4 – L'impresario in angustie, autografo di Giuseppe Benevento, autore dei recitativi, carta 61r.

Figura 5 – Frontespizio del libretto stampato in occasione del debutto de L'impresario in angustie.

Figura 6 - Avvertimento al pubblico di Giuseppe Maria Diodati stampato nel libretto de L'impresario in angustie.

PREFAZIONE I. Notizie storiche Nel 1786, anno della prima rappresentazione al Teatro Nuovo di Napoli dell’Impresario in angustie su libretto di Giuseppe Maria Diodati, Domenico Cimarosa era nel pieno della propria celebrità in territorio italiano. Reduce dai grandi trionfi relativi a opere quali Giannina e Bernardone (1780), La vanità delusa (1784) e l’Olimpiade (1783), il musicista era ormai a un passo dalla consacrazione internazionale. Nel 1787, a pochi mesi dal debutto de L'impresario in angustie, partirà alla volta della corte russa di Caterina II, insignito della carica di compositore di corte e insegnante di musica della Real Camera in sostituzione del dimissionario Giuseppe Sarti. In Russia Cimarosa non riuscirà a soddisfare pienamente i gusti della zarina e sarà ben presto costretto, dopo anni dedicati prevalentemente ad adattare al gusto della corte russa le vecchie opere composte per l’Italia e a scrivere musica d’occasione, al ritorno in patria1.

Prima di partire per Pietroburgo il compositore scrive per la stagione di Carnevale 1786 del Teatro Nuovo una farsetta per musica in un atto: L’impresario in angustie.

Con termine farsa o farsetta, nella seconda metà del XVIII Secolo si indicavano, nella cultura musicale di area partenopea, i lavori di teatro musicale strutturati in un atto unico, prevalentemente di carattere comico ma che, col tempo, si allargarono anche a nuovi contenuti sentimentali di origine francese. Nella prassi produttiva dei teatri napoletano del primo Settecento, una serata teatrale era generalmente costituita da commedie per musica in tre atti, di carattere comico e concepite con alcune sezioni del libretto in dialetto napoletano. I primi due atti erano di ragguardevoli dimensioni ed entrambi conclusi da un ampio concertato; il terzo atto, invece, era di dimensioni assai ridotte (massimo tre scene) e si concludeva o con un piccolo coro – interpretato da tutti i personaggi – 1 Si ha documentazione di soli tre lavori propriamente teatrali composti da Cimarosa durante il soggiorno pietroburghese: l'azione teatrale in due atti La felicità inaspettata, e i due drammi seri La vergine del sole e La Cleopatra tutti su libretti di Ferdinando Moretti.

oppure, più spesso, da un duetto fra i due innamorati.

Nel corso dei decenni, il terzo atto divenne sempre più breve fino a collassare su se stesso.

Dalla fine degli Anni ’70 si scrissero sempre più frequentemente opere in due atti, e si preferì inserire come terzo atto, per completare la serata, un’opera nuova, denominata appunto farsa, cantata dagli stessi interpreti ma con personaggi e trame propri. Le farse venivano poste a conclusione di una serata teatrale che, tipicamente, era costituita da un'opera comica in due atti, conclusa da un'appendice in un atto che costituiva, appunto, la farsa e identificata, nei libretti dell'epoca, come terzo atto del lavoro principale pur costituendo, di fatto, un'opera a se stante, dotata di una propria drammaturgia.

L’impresario in angustie fu composto come terzo atto per la seconda ripresa dell’opera Il credulo al posto della farsa La baronessa stramba che Cimarosa compose in occasione della prima rappresentazione. La nuova farsetta per musica ebbe un successo straordinario tanto è vero che, caso analogo a quello de La serva padrona di Pergolesi, iniziò una vita propria, svincolata da quella de Il credulo, opera ben presto venne dimenticata, e conquistò i più importanti palcoscenici europei.

Tuttavia, almeno nei primi mesi dalla data del debutto, Il credulo riscosse un buon successo di pubblico, tanto da convincere l'impresario del Teatro Nuovo a sfruttarne l'esito positivo presso il pubblico durante tutta la stagione operistica programmata per il 1786 che, stando alle informazioni reperibili dai libretti stampati in occasione delle opere messe in cartellone, ebbe una programmazione e uno svolgimento piuttosto travagliato.

Per tentare una ricostruzione delle vicende che attentarono il regolare svolgimento della stagione e dei rimedi posti in atto, all'ultimo momento, dall'impresario per garantire comunque il susseguirsi delle repliche, possiamo a tutt'oggi riferirci esclusivamente alle informazioni stampate nei libretti.

La regolare stagione teatrale del Teatro Nuovo iniziava ogni anno «a Pasqua di Resurrezione e finiva con l'ultimo giorno di Carnevale; in questi undici mesi erano, di norma, eseguite

alternativamente quattro opere in musica e quattro in prosa»2.

Il debutto de Il credulo era stato originariamente programmato durante la stagione di Carnevale, come quarta e ultima opera dell'intera stagione.

Secondo le intenzioni dell'impresario e degli autori, per quella occasione, Il credulo, sarebbe apparso al pubblico accoppiato a una farsa con musiche di Cimarosa, La baronessa stramba.

La farsa, come ci avverte il libretto stampato per quella occasione, «[...] non è dell'Autore del Credulo, ma di altro soggetto, altra volta rappresentata con generale applauso, per cui si è dovuto risolvere l'argomento con una sola Scena nell'Atto II per dar luogo alla farsa medesima»3; il lavoro, in effetti, non era del tutto inedito per il pubblico napoletano, poiché si trattava di un'elaborazione di un'altra farsa cimarosiana, su libretto di Pasquale Mililotti, andata in scena per la prima volta nello stesso Teatro Nuovo, durante la stagione di Carnevale del 1776, I matrimonj in ballo, in coppia con un'altra opera dei medesimi autori, I sdegni per amore.

Proprio per dar spazio alla ripresa de I matrimonj in ballo nella rielaborata versione La baronessa stramba, il secondo atto de Il credulo fu ridotto a una sola scena.

Ma per «una indispensabile necessità del Teatro»4 il debutto de Il credulo fu anticipato e il lavoro venne presentato al pubblico come terza opera della stagione 1786. A questa altezza cronologica la commedia per musica fu presentata in coppia con una nuova farsa, i cui autori furono Diodati e Cimarosa, L'impresario in angustie.

Dal libretto stampato in occasione del debutto della farsa, è possibile ricostruire il cast vocale 2 Takashi Yamada, L'attività e la strategia di Gennaro Blanchi, impresario dei teatri napoletani nella seconda metà del Settecento. Interpretazione del suo sistema di gestione dalle scritture dell'archivio storico dell'istituto Banco di Napoli – Fondazione, in Id. Quaderni dell'archivio storico, Istituto Banco di Napoli, Napoli, 2004.

3 Avvertimento pubblicato nel libretto stampato in occasione del debutto de La baronessa stramba. Una copia del libretto è custodita presso il Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna (Segn.: Lo. 1094a-b).

4 Avvertimento al pubblico presente nel libretto stampato in occasione della rappresentazione e custodito presso il Museo e internazionale e biblioteca della musica di Bologna (Segn. :Lo. 1095a-b).

che interpretarono entrambi i lavori: Marianna Santoro Limperani nel ruolo di Fiordispina, Caterina Fiorentini in quello di Merlina, Orsola Mattei nei panni di Doralba, Gennaro Luzio in quello di Perizonio, Luigi Bruschi nel ruolo di Gelindo e Alessandro Fontana nella piccola parte di Strabinio.

Dal 1786 al 1813 l’opera è stata rappresentata nei teatri di Roma, Parigi, Barcellona, Esterhaza (nella revisione e direzione di Haydn), Lisbona, Varsavia, Vienna (in una versione in due atti e alla cui produzione probabilmente supervisionò lo stesso compositore)5, Dresda, Copenaghen, San Pietroburgo, e in tante altre capitali europee.

Il libretto dell’opera fu tradotto in svedese, danese, polacco, russo, francese, tedesco e inglese.

Con l’avvento e il successo travolgente di Rossini l’opera, come quasi tutte le opere del compositore aversano tranne Il matrimonio segreto, sparì dai palcoscenici per ricomparire, timidamente, in Italia in una messa in scena al Teatro Regio di Torino nel 1933 con la revisione di Alceo Toni.

II. Le fonti Le uniche fonti che riporta la versione originariamente concepita da Diodati e Cimarosa per il debutto dell'opera sono il libretto stampato in occasione del debutto e la partitura parzialmente autografa6; per la realizzazione della nostra edizione, ci siamo serviti esclusivamente di questi due testimoni – gli unici che preservino la versione autentica dell'opera – e che, tra l'altro, servirono come base imprescindibile alle innumerevoli revisioni che l’Impresario in angustie subì durante la sua fortunata storia.

Tutti i numeri chiusi della partitura, come accennato in nota, risultano vergati dalla mano 5 L'edizione critica della versione viennese (1793) de L'impresario in angustie è stata pubblicata da Artaria Editions Limited (www.artaria.com) a cura di Simone Perugini.

6 Tutti i numeri chiusi sono di mano di Cimarosa, mentre i recitativi secchi furono composti, anche in questa occasione, dall'abituale collaboratore del compositore aversano, Giuseppe Benevento, che scrisse la musica della maggior parte dei recitativi secchi delle produzioni cimarosiane per i teatri napoletani.

di Cimarosa, mentre i recitativi furono composti da Giuseppe Benevento, come recentemente scoperto da Takashi Yamada nel suo saggio, ancora in corso di pubblicazione in Italia, Il sistema di produzione del recitativo nella seconda metà del Settecento a Napoli: il caso di Giuseppe Benevento. Giuseppe Benevento fu un musicista napoletano specializzato nella composizione dei recitativi secchi per le opere di altri maestri e che collaborò non solo con Cimarosa, ma anche con molti importanti compositori del tempo quali, ad esempio, Giacomo Tritto e Giovanni Paisiello. Sono testimonianza di tale collaborazione continuata le partiture, sempre parzialmente autografe, di altre opere coeve di Cimarosa i cui recitativi furono, anche in quelle occasioni, vergati dalla stessa mano. La partitura de L’impresario in angustie fa parte del ricco patrimonio di manoscritti autografi del compositore venduti al Conservatorio di Napoli dal figlio, Paolo, in cambio di 2000 ducati e di un vitalizio di 60 ducati annui. Altri autografi, mancanti dalla prima collezione, vennero venduti alla Biblioteca del Conservatorio dal figlio di Paolo, Amelio, per la somma di mille lire.

Analogamente alla maggior parte degli autografi cimarosiani custoditi nella biblioteca del Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli, la partitura de L’impresario in angustie è di formato oblungo e consta di 139 carte correttamente numerate. La scrittura appare generalmente accurata e solo alcuni passi risultano vergati frettolosamente. Il manoscritto non presenta molte differenze testuali dal libretto preparato per la prima edizione.

La versione originale dell’opera, come si può dedurre dal raffronto tra libretto e partitura, era costituita da otto numeri musicali inframmezzati da recitativi secchi: Introduzione, Duetto Fiordispina – Perizonio, Aria Crisobolo, Aria Merlina, Quintetto, Aria Fiordispina, Aria Perizonio, Duetto Fiordispina – Perizonio. Non è presente alcuna ouverture. La mancanza dell’Ouverture deve essere attribuita a una consapevole scelta da parte di Cimarosa poiché non ci sono, nel manoscritto, tracce di una successiva asportazione di carte. Probabilmente, vista la lunghezza de Il credulo, il compositore volle ridurre più possibile la lunghezza della farsa rinunciando a comporre brani musicali

accessori che avrebbero aumentato i tempi di esecuzione. La partitura parzialmente autografa de Il credulo contiene un'ouverture che Cimarosa considerò, a tutti gli effetti, come unico preludio alla serata e che doveva contenere, indissolubilmente legate, le due opere.

La prima edizione dell’opera non ebbe però grande tradizione interpretativa, probabilmente per i non piccoli problemi che il dialetto napoletano ampiamente impiegato da Diodati poneva a interpreti non partenopei.

La partitura e il libretto relativi alla prima edizione rappresentano la base su cui anche gli adattamenti successivi presero le mosse.

Possiamo dedurre, dall’analisi di fonti coeve, che fin dalla prima esecuzione ebbero straordinario successo di pubblico l’Introduzione, l’Aria di Crisobolo, quella di Merlina e l’Aria di Perizonio. Il loro successo si desume facilmente dal fatto che nessuna revisione successiva (tranne quelle operate da Haydn e da Goethe) rinunciarono a nessuno di questi pezzi musicali mentre, con estrema facilità e fantasia, si tagliarono o sostituirono gli altri brani.

II. Criteri editoriali La nostra edizione ricostruisce la versione dell'opera andata in scena nel 1786 al Teatro Nuovo di Napoli e che, insieme alla versione viennese in due atti del 1793, è l'unica in cui l'effettiva presenza del compositore possa essere agevolmente testimoniata.

In linea generale, i manoscritti musicali operistici del XVIII Secolo pongono al revisore contemporaneo problemi esegetici di diversa natura; non essendo infatti concepiti per la stampa, la loro utilità si manifestava esclusivamente nell’atto esecutivo e riflettono nella scrittura un adattamento alla prassi esecutiva dell'epoca codificata e condivisa da autori, interpreti e pubblico. Per questo motivo le fonti manoscritte risultano nella maggior parte dei casi assai povere di qualsiasi indicazione di dinamica e fraseggio, poiché, contrariamente alla pratica odierna, l'autore tendeva a indicare per scritto esclusivamente l'eccezione alla regola

interpretativa, considerando invece sempre sottintesa la norma.

Le opere, nel Settecento e per buona parte dell’Ottocento, venivano composte con rapidità dai loro autori che, non potendo ancora godere del diritto d’autore ricavato dalle varie esecuzioni, venivano pagati una tantum alla consegna del loro lavoro. In sostanza, più opere venivano commissionate a un musicista, più quest’ultimo riusciva a guadagnare.

Questa pratica impediva ai compositori di concentrarsi su una scrittura che riportasse segno per segno una pratica codificata, ben appresa, condivisa, ripeto, da interpreti e pubblico e che sarebbe dunque stata percepita non solo economicamente controproducente, ma anche ridondante.

L’interprete di oggi, se non storicamente informato, potrebbe spesso riscontrare nei manoscritti operistici del XVIII Secolo una modalità di scrittura diversa da quella attuale correndo il rischio di confondere l'essenzialità del segno con l’incertezza dello stesso, fuorviandone quindi una corretta interpretazione.

Compito principale del revisore è, quindi, quello di mettere ordine a questo stato di cose - e d'informarne l'interprete - proponendo un testo affidabile e d'immediata comprensione, che risolva in maniera più possibile precisa i numerosi interrogativi che il manoscritto pone.

Diamo a seguito nota, attraverso una suddivisione tematica, di tutti i problemi testuali con relative soluzioni proposte.

Ordine degli strumenti e delle voci all’interno della partitura.

La disposizione degli strumenti e delle voci viene riportato secondo l’uso moderno.

Cimarosa, generalmente, pone il rigo dei Corni all’inizio della partitura, sopra i legni. L’ultima riga della partitura è dedicata al cosiddetto Basso e cioè all’insieme di violoncelli e contrabbassi che, tranne rarissime indicazioni di Cimarosa, suonano la stessa parte a un’ottava di distanza.

Le parti vocali sono state inserite, secondo l’uso moderno, tra gli strumenti a fiato e la sezione degli archi. La loro disposizione in partitura segue le indicazioni dell’autore.

Strumenti traspositori.

Gli unici strumenti traspositori utilizzati ne L'impresario in angustie sono i Corni. Mentre la scrittura adottata per questi strumenti appare più moderna e chiara nelle copie di provenienza francese (e che, quindi, ne datano la compilazione già durante i primi anni dell'Ottocento), particolari problemi rivela quella usata da Cimarosa nella partitura parzialmente autografa. Il musicista scrive la parte quasi sempre in note reali e in chiave di basso (quindi un’ottava sotto gli effettivi suoni) indipendentemente dal taglio dello strumento. Il revisore, mantenendo il taglio originale, ha trascritto la parte secondo le intenzioni dell’Autore.

Abbreviazioni.

I segni di abbreviazione utilizzati da Cimarosa e dai copisti vengono sciolti.

Quando nell’autografo o nelle copie, vengono indicate parti che devono procedere all’unisono, o all’ottava, o alla terza, o alla sesta di un’altra (questo tipo di indicazione si trova tra i primi e i secondi Violini e tra il primo e il secondo Oboe), nella nostra edizione la parte è riscritta per intero.

Alcune perplessità risultano dalla scrittura delle Viole. Cimarosa non scrive mai per esteso (tranne alcune rarissime eccezioni) la parte per questi strumenti che suonano sempre secondo l’indicazione col basso e secondo il principio dibattuto all'inizio del paragrafo per cui l'autore indica solo le eccezioni, dando per conosciuta la regola generale. Questa indicazione non deve essere tuttavia sempre presa alla lettera perché in realtà, molto spesso, le Viole devono suonare all’ottava alta del basso. La nostra edizione scrive per intero la parte delle Viole risolvendo l’ambiguità senza ulteriore indicazione da parte del revisore.

Appoggiature e cadenze vocali.

Sono state inserite solo quelle appoggiature e cadenze vocali esplicitamente scritte nei manoscritti. Questa scelta è stata fatta non certo per negare uno degli aspetti più caratterizzanti dello stile belcantistico di fine Settecento che suggerisce all’interprete di aggiungere cadenze, variazioni e appoggiature quando lo ritenga più opportuno, ma solo per riportare in edizione lo

status dei manoscritti esaminati. Nella prassi dell’epoca l’inserimento di abbellimenti era considerato atto creativo e necessario dell’interprete. Tutt’oggi una esecuzione che volesse realmente definirsi storicamente informata dovrebbe affidare all’interprete l’inserimento di cadenze, variazioni e appoggiature che sono il fondamento su cui si basava tutto lo stile dell’epoca.

Problemi analoghi riguardano i punti di staccato posti sopra le note (a volte accompagnati, soprattutto nella partitura parzialmente autografa, dalla pleonastica ma chiarificatrice indicazione autografa di stacc). Abbiamo tolto l’indicazione stacc. ma esteso i punti di staccato per tutta la durata del passo.

Legature.

Le legature di valore, di fraseggio e di Recitativi secchi. articolazione aggiunte dal revisore sono In partitura, sotto la linea del canto, è stata sempre riconoscibili dall'utilizzo di linee riportata la sola linea del basso d’armonia tratteggiate; nessuna legatura è stata esattamente come appare nei manoscritti aggiunta alle parti vocali. consultati. La numerazione del Basso è stata inserita solamente nei rari casi in cui è Ripetizioni, Tagli e Varianti. esplicitata nelle fonti e la cui presenza, I segni di ritornello usati talvolta dal generalmente, indica risoluzioni armoniche compositore e dai copisti sono stati sostituiti eccezionali. Per motivi di praticità e per venire dalla trascrizione per intero della frase incontro alle esigenze degli interpreti in caso di ritornellata. allestimento dell'opera, in questa edizione è stata Sono stati riportati in edizioni i tagli attuati da proposta - limitatamente alla riduzione canto e Cimarosa e verosimilmente concepiti in fase di pianoforte - la realizzazione armonica del basso allestimento del lavoro. I tagli furono evidenziati suggerita dal revisore che comunque non deve nel manoscritto tramite l'apposizione di carta da essere considerata vincolante per l'esecutore. lettera bianca incollata sopra la battute in eccesso.

Grafia delle note e delle indicazioni di tempo.

Non sono state riportate le indicazioni dei tagli, La grafia delle note e delle indicazioni di tempo a volte sconsiderati, che vennero fatti alla è stata riportata secondo l’uso moderno. partitura nel corso delle propria storia Cosicché, ad esempio, l’indicazione che interpretativa (e riconoscibili poiché segnati in Cimarosa appone ai propri manoscritti Alegro maniera quasi criminale a matita direttamente co~ brio è stata riportata nel moderno Allegro sul manoscritto). con brio.

Omologazione dei segni di dinamica.

E’ stata sempre attuata l’uniformazione verticale dei segni dinamici inserendo tra parentesi quadra quelli tralasciati dal compositore, tranne nel caso che comparissero nelle fonti segni discordanti e che potessero effettivamente riferirsi a una diversa pratica esecutiva dell'epoca.

Modi d’attacco.

Nell’autografo e nelle fonti manoscritte c’è un’estrema confusione a proposito dei segni di sf e fp. Tale confusione non permette l’utilizzo di un criterio unitario. Si è cercato di lasciare le annotazioni originali delle fonti estendendole verticalmente anche in quelle linee musicali tralasciate dal compositore.

L'IMPRESARIO IN ANGUSTIE Domenico Cimarosa SCENA PRIMA. Camera.

Merlina, e Doralba che angustiano Don Crisobolo, mentre Gelindo sta intento al tavolino a scriver la sua musica.

N°1 - I N T R O D U Z I O N E œ− % α 13 ε 1 % α 3 œ−

Allegro

Oboe I

Oboe II

Corno I in F

Corno II in F

Violino I

Violino II

Viola

Violoncello & Basso

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Cor II

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