asud'europa anno 16 N.3

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Almanacco per un anno migliore

Settimanale di politica, cultura ed economia realizzato dal Centro di Studi e iniziative culturali “Pio La Torre” - Onlus. Anno 16 - Numero 3 - Palermo 12 dicembre 2022
ISSN 2036-4865

COP 27 e le speranze per il futuro del pianeta

Loredana Introini

Il 20 novembre 2022 si è conclusa la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP27 oggi con un accordo rivoluzionario per fornire finanziamenti "perdite e danni" ai paesi vulnerabili colpiti duramente dai disastri climatici Era uno degli obiettivi posti all’inizio delle Conferenza ma il cui risultato non era scontato Ha affermato Simon Stiell, segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici "Abbiamo determinato una via da seguire sui finanziamenti per perdite e danni, deliberando su come affrontare gli impatti sulle comunità le cui vite e mezzi di sussistenza sono stati rovinati dai peggiori impatti del cambiamento climatico"

In un contesto geopolitico reso difficile sia dai danni della pandemia sia dalle guerre in essere, la COP27 ha portato i Paesi a consegnare un pacchetto di decisioni che hanno ribadito il loro impegno a limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali Il pacchetto ha inoltre rafforzato l'azione dei paesi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e adattarsi agli inevitabili impatti del cambiamento climatico, oltre a potenziare il sostegno finanziario, tecnologico e di capacità necessario ai paesi in via di sviluppo. Ma qual è il senso della creazione del fondo per le “perdite ed i danni”? Nel lontano 1991 l’alleanza di stati insulari del Pacifico Meridionale, tramite il loro portavoce e ambasciatore della piccola Repubblica di Vanuatu Robert Van Lierop, aveva proposto un “pool assicurativo da usare per risarcire le piccole isole e i Paesi in via di sviluppo per le perdite e i danni derivanti dall’innalzamento del livello del mare” Ci sono voluti più di tre decenni e, alla fine, il risultato è stato ottenuto

A guidare oggi i delegati di 134 Paesi in via di sviluppo a COP-27 nella loro richiesta per l’attribuzione di responsabilità climatica da parte delle grandi economie c’è stato, questa volta, il Pakistan Il Paese asiatico è oggi responsabile di appena l’1% delle emissioni di gas serra globali e, nel 2022, ha vissuto alluvioni estreme che lo hanno messo in ginocchio

I paesi del G20 – che rappresentano il 75% delle emissioni globali di gas serra, nel prendere la rivoluzionaria decisione di istituire nuovi accordi di finanziamento, nonché un fondo dedicato, per assistere i paesi in via di sviluppo nella risposta a perdite e danni hanno di fatto preso atto delle loro responsabilità I governi hanno inoltre concordato di istituire un "comitato di transizione" per formulare raccomandazioni su come rendere operativi sia i nuovi accordi di finanziamento che il fondo alla COP28 del prossimo anno La prima riunione del comitato di transizione dovrebbe

Gerenza

svolgersi entro la fine di marzo 2023

Come ha dichiarato Antonio Guterres, il Segretario generale dell’Onu durante il discorso conclusivo della COP-27: “I testi approvati sono un compromesso Riflettono gli interessi, le condizioni, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo di oggi Compiono passi importanti ma, purtroppo, non bastano a superare alcune profonde contraddizioni”» e aggiunge “ribadisco la mia convinzione che dobbiamo porre fine ai sussidi ai combustibili fossili” A congelare il dibattito sulla necessità di abbandonare tali fonti energetiche non è tanto la necessità dei Paesi emergenti di poter fare affidamento su tutte le fonti per sostenere il proprio sviluppo, quanto l’invasione russa dell’Ucraina che ha reso necessario per molti Paesi un piano d’emergenza per provvedere alla propria indipendenza energetica che, in alcuni casi, ha anche portato alla riapertura di centrali a carbone COP27 ha riunito più di 45 000 partecipanti per condividere idee, soluzioni e costruire partnership e coalizioni Le popolazioni indigene, le comunità locali, le città e la società civile, compresi i giovani e i bambini, hanno mostrato come stanno affrontando il cambiamento climatico e hanno condiviso il modo in cui influisce sulle loro vite Inoltre ha partecipato alla COP27 ONUDC, l’Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine, ciò è segnale che attori istituzionali internazionali sono sempre più consapevoli dell’approccio sistemico con cui la criminalità opera e si organizza a danno della popolazione mondiale Le decisioni discusse consentiranno a tutte le parti di lavorare insieme per affrontare gli squilibri del sistema climatico

Il Segretario generale Onu Antonio Guterres nel suo discorso conclusivo, pur non nascondendo le difficoltà rilevate e gli obiettivi mancati, ha cercato di dare a tutti una visione di speranza e fiducia: «Il percorso del progresso non è sempre una linea retta A volte ci sono deviazioni, a volte fossati Come disse il grande scrittore scozzese Robert Louis Stevenson: Non giudicare il giorno dal raccolto ottenuto, ma dai semi messi a frutto Abbiamo molti altri semi da piantare lungo questo sentiero, non raggiungeremo la nostra destinazione in un giorno o in una conferenza Ma so che possiamo arrivarci Siamo nel pieno della lotta per la vita, non dobbiamo arrenderci ora, né tantomeno farci da parte, ma proseguire fino in fondo La COP-27 inizia ora»

Buon 2023 a tutti noi!

ASud’Europa settimanale realizzato dal Centro di Studi e iniziative culturali “Pio La Torre” - Onlus Anno 16 - Numero 3 - Palermo, 12 dicembre 2022 Registrazione presso il tribunale di Palermo 2615/12 - Comitato Editoriale: Mario Azzolini, Gemma Contin, Franco Garufi, Antonio La Spina, Vito Lo Monaco, Franco Nicastro, Bianca Stancanelli, Vincenzo Vasile Direttore responsabile: Angelo Meli - In redazione: Antonella Lombardi, Davide Mancuso - Art Director: Davide Martorana

Redazione: Via Umberto Boccioni 206 - 90146 Palermo - tel 091348766 - email: asudeuropa@piolatorre it II giornale è disponibile anche sul sito internet: www piolatorre it La riproduzione dei testi è possibile solo se viene citata la fonte

In questo numero articoli e commenti di: Adam Asmundo, Pietro Massimo Busetta, Marilù Calderaro, Dario Cirrincione, Elio Collovà, Alessandra Dino, Tiziana Fantucchio, Alida Federico, Franco Garufi, Loredana Introini, Franco La Magna, Vito Lucio Lo Monaco, Maddalena Maltese, Angelo Mattone, Vittoria Pellerito, Concetto Prestifilippo, Pino Scorciapino, Giuseppe Scuderi

Un accordo rivoluzionario per fornire finanziamenti "perdite e danni" ai paesi vulnerabili colpiti duramente dai disastri climatici

Una improvvida iniziativa

In quest’anno simbolicamente denso di importanti anniversari (il quarantennale dall’assassinio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, di Emanuela Setti Carraro e di Domenico Russo; i quarant’anni dall’uccisione di Pio La Torre e di Rosario Di Salvo; il trentennale delle stragi di Capaci e di via D’Amelio) desidero dedicare questo intervento ad alcune riflessioni sulle motivazioni della Sentenza di Appello del processo cd Trattativa Il tema è delicato e divisivo ma estremamente rilevante: non solo per il passato e per il presente, ma anche per il futuro della nostra democrazia. Consapevole di ciò, cercherò di evitare posizioni polemiche, pur mettendo in luce palesi incongruenze che non consentono alle ferite aperte con queste morti di smettere di sanguinare

Per sottolineare la dimensione analitica delle mie argomentazioni premetto che, da un punto di vista metodologico, le fonti giudiziarie vanno lette in forma critica; stessa cautela va seguita per i documenti esitati dalle commissioni di inchiesta e per il materiale vivo raccolto attraverso le interviste ai testimoni e ai collaboratori di giustizia (1) Inevitabile è inoltre riconoscere la dimensione “politica” (non per questo politicizzata) dei saperi sulle mafie (2) attraverso la cui lente è possibile esaminare i rapporti di forza tra i vari campi sociali per accreditare le definizioni “corrette” del fenomeno (3) Partendo da tali premesse, esaminerò alcuni luoghi in cui avvengono gli scontri dialettici sulla definizione di quei reati nei quali la convergenza tra mafia, politica e Stato è evidente Mi servirò dei principi veridittivi di Landowski, (4) assumendo che il procedimento giudiziario sia guidato non tanto dalla ricerca della verità quanto dalla necessità della veridizione sostenuta dagli adeguati riscontri probatori (5) Il canone giuridico agisce, infatti, come riserva di autorità, laddove compito dei giuristi è quello di mettere in forma, formalizzare, principi e regole, naturalizzandoli e rendendoli universali Non è infrequente, però, che il coinvolgimento emotivo, la personalizzazione dello scontro riveli una diversa entità della posta in gioco nel giudizio (6) Il ragionamento ci riporta, così, al problema della natura e dei confini della verità giudiziaria Nell’accezione qui prescelta parlerò di verità giudiziaria riferendomi più alla correttezza dell’iter di giustificazione della decisione che all’accertamento della “verità dei fatti ” (7) La riflessione si sposta sulle forme del discorso giuridico che ne compongono la strutturazione in sentenza; sulla negoziazione che ha per posta la persuasione e il cui senso è strettamente legato ai modi e alle cornici della narrazione

Fatta questa premessa metodologica, analizziamo alcuni passaggi della sentenza emessa il 23 settembre 2021 (e depositata il 5 agosto 2022) dalla Seconda Sezione della Corte di Assise di Appello di Palermo, nell’ambito del processo sulla cosiddetta Trattativa (in realtà il reato per cui si procede è quello ex art 338 c p Violenza o minaccia ad un Corpo politico, giudiziario ammnistrativo), provando ad accostare la loro lettura con dei brani tratti dalla sentenza emessa il 24 luglio 2020 dalla Seconda Sezione della Corte

di Assise di Reggio Calabria, nel procedimento noto col nome di ‘Ndrangheta stragista (Sentenza nei confronti di Filippone Rocco Santo e Graviano Giuseppe) per i tre attentati contro i carabinieri avvenuti in Calabria tra il dicembre del 1993 e il febbraio del 1994 Entrambe le sentenze, infatti, sono legate dal ruolo di primo piano (più o meno riconosciuto) svolto da Giuseppe Graviano e analizzano lo stesso periodo storico e il medesimo contesto storico-sociale Osservando il risultato di questo confronto quel che emerge è la “fragilità della forza del diritto” (8) laddove gli “stessi fatti” vengono interpretati con metodi e strumenti differenti, usando differenti regimi veridittivi e portando, quindi, a conclusioni molto diverse Sembra quasi di osservare lo stesso mondo capovolto Stupisce, nel processo palermitano, la discrezionalità dell’uso del libero convincimento del magistrato e la diversa valutazione della dimensione della “credibilità soggettiva” o, addirittura, dell’intenzionalità dell’azione degli imputati

Per ragioni di brevità ricorderò soltanto come nelle motivazioni del processo ‘Ndrangheta Stragista ai due imputati (Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone) venga riconosciuta la “finalità di terrorismo e di eversione dell’ordinamento democratico” Ma ciò su cui la discrasia con l’impianto del processo di Appello sulla cd Trattativa è maggiore è proprio il metodo di lavoro che si fonda non solo sulla ricostruzione dei singoli eventi ma anche sull’analisi del contesto Quel che fa da guida nella ricostruzione degli eventi, e che mancherà nelle motivazioni della sentenza di Appello sul processo Trattativa – che spezzettando i singoli fatti li priverà di rilievo penale, inserendoli in una cornice “troppo semplice” – è la necessità di inquadrare quanto avvenuto nel suo contesto storico, non avendo paura di affrontare situazioni complesse e spinose, e avendo cura di non sovrapporre il proprio lavoro con

Alessandra Dino
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quello dello scienziato sociale Si ipotizza, infatti «una comune strategia eversivo-terroristica condivisa dalle organizzazioni mafiose “dirimpettaie”, di cui gli imputati sono rappresentanti di vertice [ ] Di tale strategia i tre attentati ai Carabinieri [ ] hanno costituito uno dei momenti più significativi di un cinico piano di controllo del potere politico [ ] nel quale sono confluite tendenze eversive anche di segno diverso (servizi segreti deviati) per effetto anche della “contaminazione” o “evoluzione” originata dall’inserimento della mafia siciliana e calabrese all’interno della massoneria» (9)

Sull’importanza delle questioni di metodo si legge ancora: «L’analisi della corposa mole di prove di tipo documentale e dichiarativo offerte alla valutazione della Corte per delineare la suddetta “cornice” impone il richiamo all’indirizzo autorevole espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (Sentenza n 6682 del 04/02/1992-Presidente: Zucconi Galli Fonseca F. Estensore: Feliciangeli) secondo cui se è vero, per un verso, che “non è compito del giudice la ricostruzione storica di un particolare aspetto della vicenda politico-sociale del Paese, né tampoco gli è consentito ricorrere ad elementi di valutazione al di fuori della materia processualmente offerta alla sua cognizione”, tuttavia “nell’ambito fissato dalle acquisizioni processuali e con il rigore dell’accertamento giudiziale, non può il giudice, - nell’approccio ad un evento delittuoso di carattere politico sottoposto al suo accertamento, rinunciare alla ricerca e alla valutazione di tutte quelle circostanze che formano il contesto storico-politico del fatto e che sono direttamente utili alla comprensione della sua causale Dall’individuazione di questa possono invero emergere preziosi apporti per l’accertamento definito del fatto e delle responsabilità individuali» (10)

È il contesto, quindi, a fornire il senso, in una visione che viene esplicitamente definita come “pluridimensionale” dal “movente complesso e articolato”: «La causale stragista di quei delitti eccellenti contro i Carabinieri, non è infatti il risultato di una soggettiva intuizione ovvero di una fantasiosa congettura [ ]: essa, invece, associa alla sua intrinseca razionalità [ ] il pregio di una certezza conseguente all’approfondimento della sua esistenza attraverso la lettura coordinata di tutte le risultanze processuali» (11)

Dopo aver percorso questo oscuro scenario rivediamo la scena capovolta e rimpicciolita nel racconto del processo di appello Bagarella + 6. (12) Mentre i giudici di Reggio Calabria avevano sottolineato l’estrema complessità del contesto in cui i fatti si erano svolti, qui tutto appare troppo semplice e lineare; i magistrati selezionano i singoli episodi, mostrando scarsa attenzione sia per il contesto sia per le condizioni storiche in cui si sviluppano gli eventi Fondano la loro argomentazione sulla dimensione dell’intenzionalità soggettiva degli attori del processo (enfatizzando il ruolo del libero convincimento del magistrato) e pur deprecando “gli atti” compiuti dagli imputati in uniforme o in giacca e cravatta (alcuni dei quali al limite del favoreggiamento, come gli stessi magistrati dichiarano) non trovano elementi per la loro condanna, ancorando tale convinzione sull’assenza di “dolo” e sulla finalità “positiva” della loro azione (quella evitare nuove stragi e di catturare Riina) Come direbbe Paolo Borsellino tutto appare perfettamente “normalizzato”: (13) lo è trattare con l’ala “moderata” (sic!) dell’organizzazione mafiosa come anche non perquisire il covo del capo della Commissione di Cosa Nostra immediatamente dopo il suo arresto Il risultato (certamente non voluto) è quello di legittimare la

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mafia con il ricorso a un artificio – che non trova riscontro fattuale né scientifico, ma che si fonda su una solida apologetica – che contrappone una mafia “buona” con la quale si può dialogare anche “violando” la legge, non perquisendo i covi, dilazionando le catture dei latitanti, a una mafia stragista per debellare la quale tutto (o quasi) sarebbe consentito Ciononostante, i giudici estensori – probabilmente rendendosi conto dello stridore di queste contraddizioni in presenza di azioni che loro stessi non esitano a definire “improvvide”, legandole in un rapporto di causa e effetto con la prosecuzione delle stragi – esprimono giudizi molto duri sull’operato delle forze dell’ordine nel quale, però, non ravvisano il dolo, collocando le loro azioni in un ambito deplorevole sul piano morale ma non inquadrabile in una fattispecie precisa di reato Si legge in sentenza: «Esclusa in radice qualsiasi ipotesi di collusione con i mafiosi, se MORI e SUBRANNI potevano avere interesse a preservare lo status libertatis di PROVENZANO, [ ] esso ben poteva essere motivato dal convincimento che la leadership di PROVENZANO, meglio e più efficacemente di qualsiasi ipotetico e improbabile patto, avrebbe di fatto garantito contro il rischio del prevalere di pulsioni stragiste [ ] o di un ritorno alla linea dura di contrapposizione violenta allo Stato V’erano dunque indicibili ragioni di “interesse nazionale” a non sconvolgere gli equilibri di potere interni a Cosa Nostra che sancivano l’egemonia di PROVENZANO e della sua strategia dell’invisibilità o della “sommersione” [ ] Un superiore interesse spingeva ad essere alleati del proprio nemico per contrastare un nemico ancora più pericoloso» (14) Vestendo i panni degli “imprenditori morali”, i giudici enfatizzano gli aspetti “soggettivi” e simbolici, addentrandosi su una strada piuttosto scivolosa, soprattutto per chi dovrebbe muoversi dentro i confini del “campo giuridico”: con fare paternalistico bacchettano i carabinieri dei Ros ma li “assolvono”, viste le loro buone intenzioni” (15)

Leggendo queste parole viene da interrogarsi su quale sia il ruolo del giudice Di quale giudice e di quale Stato la sentenza ci fornisca l’immagine Lo sconfinamento in aree non proprie del diritto e la riscrittura della storia in cornici riduttive finisce per avere una conseguenza ancor più grave: quella di consegnarci l’immagine di uno Stato che “lecitamente” (o illecitamente ma senza dolo) tratta con la mafia, incurante delle conseguenze che ne derivano (le stragi di Roma, Firenze e Milano, che arrecano morti e distruzioni al patrimonio artistico nazionale) che mietono vittime tra le quali anche una bimba di appena 50 giorni Ecco perché ho voluto soffermarmi sul metodo e sulla fragilità della forza del diritto; perché qui non si tratta di descrivere ma di capire; capire la forza della parola e del pensiero di Stato che può, come in questa circostanza, arrivare (anche involontariamente) a normalizzare l’illegalità

Il paradosso è ben descritto da Roberto Scarpinato: «La Corte di Assise di Appello del processo “trattativa Stato-mafia” ha ritenuto provata la condotta materiale del reato contestato agli imputati Mori e De Donno, essendo state accertate le plurime condotte da essi poste in essere nel tempo in violazione di tutte le regole di legge, per ripristinare con la componente più “moderata” di Cosa Nostra, capeggiata da Provenzano, il patto di coesistenza pacifica con lo Stato che aveva caratterizzato tutta la storia della prima Repubblica e che i vertici mafiosi ritennero tradito con le condanne definitive del maxiprocesso Tuttavia la Corte non ha ritenuto sussistente la componente soggettiva del reato, cioè il dolo, perché

tali condotte sarebbero state motivate da intenti “solidaristici”, cioè dall’intento di evitare ulteriori stragi Ciò sebbene le condotte degli imputati abbiano di fatto sortito (com’era ampiamente prevedibile) l’effetto opposto di rafforzare la determinazione della mafia di compiere ulteriori stragi, quali quelle del 1993, per concludere la trattativa E ciò nonostante tali condotte abbiano di fatto consentito il prolungamento per tanti anni della latitanza e quindi dell’attività criminale di Provenzano» (16) Non è difficile osservare «come tale motivazione si presti ad essere letta come una legittimazione e un viatico a dialogare con la mafia, a “conviverci” purché e affinché moderi la sua aggressività rendendosi silente» (17) considerando endemici e non discutibili i rapporti tra mafia e Stato, purché “contenuti in certe dimensioni” purché non turbino la collettività impedendo il “normale svolgimento delle attività economiche”

Ma per arrivare a questo risultato dobbiamo ragionare ancora sul metodo utilizzato: lo spezzettamento in tanti singoli episodi, la scarsa considerazione del contesto e l’omissione di una serie di circostanze che sarebbero state indispensabili a fornire un quadro di insieme completo e che, forse, avrebbero portato a tutt’altre conclusioni Continua Scarpinato: «inspiegabilmente [ ] la Corte non spende un solo rigo sulla sottrazione dell’agenda rossa da uomini degli apparati istituzionali; sulla forzata induzione di Scarantino a rendere false dichiarazioni; sulla presenza, rivelata da Spatuzza, di un soggetto esterno a Cosa Nostra nel momento cruciale del caricamento dell’esplosivo nella Fiat 126; sugli “infiltrati della Polizia” dei quali Franca Castellese il 14 dicembre ‘93 implorò il marito Mario Santo Di Matteo di non fare menzione ai magistrati, dopo che a seguito della sua collaborazione con la giustizia era stato rapito il loro figlio Giuseppe; sulle accertate e vive preoccupazioni di Borsellino nei confronti degli uomini del Sisde» (18)

Eliminando lo scenario e i depistaggi, la storia si semplifica al tal punto da sembrare ingenerosa nei confronti delle vittime le cui morti vengono “trattate” quasi come “incidenti accessori” o “effetti collaterali” inevitabili Fanno riflettere le affermazioni con le quali si “giustifica” la mancata perquisizione del covo di Riina Dopo aver parlato di “sconcertanti omissioni”, la Corte, infatti, conclude: «In tale contesto, e pur in assenza di un previo accordo con Bernardo PROVENZANO o con soggetti a lui vicini, e quindi di una specifica volontà di favoreggiamento, con la mancata perquisizione del covo di RIINA si intese lanciare un segnale di buona volontà, un segnale cioè della disponibilità a mantenere o riprendere il filo del dialogo che era stato avviato, attraverso i contatti intrapresi con CIANCIMINO, per giungere al superamento di quella contrapposizione di Cosa Nostra con lo Stato che era già culminata nelle stragi di Capaci e di via D’Amelio». (19) E ancora: «Non v’è prova che fosse intervenuto un previo accordo con PROVENZANO o con altri esponenti mafiosi che contemplasse da un lato la consegna di RIINA dall’altro la rinuncia a perquisire l’immobile, dando tempo ai mafiosi di ripulirlo d’ogni traccia Né MORI e suoi potevano essere certi dell’esistenza all’interno dell’abitazione di tracce utili alle indagini o addirittura di documenti compromettenti per i sodali del capo arrestato (o per chi l’avesse propiziato) Ma anche se fossero stati certi che non vi fosse nulla di compromettente, si sarebbero ugualmente de-

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terminati ad astenersi da una perquisizione immediata perché il significato di quel gesto era soprattutto simbolico, dovendo esso servire a lanciare il segnale predetto di buona volontà e di disponibilità a proseguire sulla via del dialogo» (20)

Credo davvero che non servano altre parole per rinnovare la richiesta da cui siamo partiti e che ripropongo, in chiusura, servendomi ancora delle parole di Scarpinato: «Quale Stato? Quello dei carabinieri che trattarono con la mafia o quello di Falcone e Borsellino? Lo Stato che ha depistato tante indagini sulle stragi da Portella della Ginestra, a Peteano, a Milano, a Brescia, a Bologna, sino a quelle del 1992-’93, o lo Stato in cui si riconosce quella parte d’Italia che non vuole rassegnarsi a convivere con i poteri criminali? Questo è stato in passato e resta per il futuro il nodo politico cruciale del nostro Paese e una delle incognite più inquietanti del futuro della nostra democrazia» (21)

Su questi interrogativi si fonda anche il ricorso della Procura Generale che dichiara come la Corte d’Assise d’Appello abbia «contraddittoriamente ed illogicamente assolto gli imputati Subranni, Mori e De Donno, sul presupposto erroneo che gli stessi abbiano agito con finalità ‘solidaristiche’ e, comunque, in assenza del dolo [ ] ovvero di aver agito per alimentare la spaccatura asseritamente già esistente [ ] in Cosa Nostra tra l’ala stragista e l’ala moderata, amplificando, oltremodo, i motivi dell’agire illecito, pacificamente, irrilevanti ai fini della connotazione dell’elemento soggettivo»

Arguendo come «le conclusioni cui è pervenuta la Corte d’Assise d’Appello non possono [ ] essere condivise, poiché adottate sulla scorta di una palese erronea applicazione della legge penale ed in conseguenza, anche, di una evidente contraddittorietà del percorso logico-argomentativo, peraltro carente e sovente irrazionale» (22)

A conclusione del nostro ragionamento, ne esce rafforzata la centralità del metodo, evidenziando il quale, le scienze sociali possono fornire un solido apporto per pervenire a una maggior consapevolezza degli effetti delle azioni messe in atto nel campo giuridico; per aiutare a sottrarre spazi simbolici di giustificazione ai potenti criminali che sfuggono facilmente alle maglie della giustizia Nel far emergere “le imposture legittimate” e nell’interpretare lo scomodo ruolo di chi “rovina il gioco” (23) l’approccio della sociologia critica può contribuire a affinare la vista, per guardare al processo di applicazione della norma non come a un mero iter tecnico ma come a uno strumento per contemperare il peso delle singole forze in gioco, in una logica dell’intervento penale attenta anche alle patologie dei processi sociali, intenzionata a intervenire su di essi, cercando, almeno, di rettificare le “ingiustizie rimediabili” (24) CCi In

Note:

(1) Come osserva Wieviorka: «Non esiste il testimone in sé di un’esperienza, per quanto unica Il testimone esiste sempre nella situazione di testimonianza nella quale si pone» (A Wieviorka, L’era del testimone, Milano, Raffaello Cortina, 1999, p 96)

(2) F Sgubbi, Il diritto penale totale Punire senza legge, senza verità, senza colpa Venti tesi, Bologna, il Mulino, 2019

(3) P Bourdieu, Ragioni pratiche, Bologna, il Mulino 2009

(4) E Landowski, Verité et véridiction en droit, in «Droit et Societé», n 8, pp 47- 63, 1988 Nell’illustrare le finalità del suo lavoro, Landowski, spiega lo spostamento operato dal passaggio

dal regime della verità a quello della veridizione, fondandolo sul sistema della prova declinato in quattro differenti modalità Nella realtà della sentenza, il discorso giudiziario combina i criteri di verità posti a fondamento dei principi veridittivi – evidenza empirica, presunzione legale, verosimiglianza sociale e libero convincimento, causalità logica – attribuendo loro un carattere misto, radicato più in una dimensione discorsiva che dimostrativa

(5) Giglioli evidenzia come «passare dalla logica della verità alla logica della veridizione» abbia come conseguenza quella di «spostare l’attenzione dalla valutazione dei fatti alla valutazione della costruzione narrativa delle identità» (Giglioli, P.P., Cavicchiloli, S , Fele G , Rituali di degradazione Anatomia del processo Cusani, il Mulino, Bologna, 1997, p 12)

(6) A Dino, La “forza del diritto”: attori, retoriche e campi sociali nella battaglia simbolica per la definizione del fenomeno mafioso, in «Studi sulla Questione Criminale», a XVI, n 2, 2021, pp 13-33

(7) F Viola, The judicial Truth, in «Persona y Derecho», n 32, pp 249-266, 1995, pp 249-250

(8) B Latour, La fabbrica del diritto Etnografia del Consiglio di Stato, Varazze (SV), PM Edizioni, 2020 (9) Corte di Assise di Reggio Calabria, II Sezione, Sentenza nei confronti di Filippone Rocco Santo e di Graviano Giuseppe, Reggio Calabria 24 07 202, p 39 (10) Ivi, p 40 (11) Ivi, p 42 (12) Corte di Assise di Palermo, Sentenza nei confronti di Bagarella Leoluca Biagio + 6, Palermo 23 09 2021 (13) «Recentemente il capo della Squadra mobile di Palermo ha dichiarato pubblicamente che lui ‘lavora per la normalizzazione’ Francamente non capisco una frase del genere detta da un funzionario di polizia» (dall’intervista rilasciata da Paolo Borsellino a «l’Unità» il 20 luglio 1988) (14) Ivi, p 2275 (Il corsivo è mio) (15) Si legge a p 2070 della Sentenza: «Ma, ad avviso di questa Corte, all’esclusione della colpevolezza degli ufficiali dell’Arma per carenza dell’elemento soggettivo deve ugualmente pervenirsi per la radicale incompatibilità della finalità perseguita con la loro improvvida iniziativa, che era certamente quella di fermare l’escalation di violenza mafiosa ed evitare nuove stragi, con il dolo di minaccia: sia pure declinato nella forma del dolo eventuale» (16) R Scarpinato, Prestigiatori di sentenze e Gattopardi che tornano, in «il Fatto quotidiano», 09 08 2022 (17) Ibidem (18) Ibidem (19) Corte di Assise di Palermo, Sentenza nei confronti di Bagarella Leoluca Biagio + 6, Palermo 23.09.2021, p. 2203. (20) Ivi, p 2204 (21) R Scarpinato, op cit (22) Trattativa Stato-mafia, la Procura generale fa appello in Cassazione, in «Antimafia Duemila», 11 10 2022 (23) Cfr P Bourdieu, La forza del diritto Elementi per una sociologia del campo giuridico, a cura di C Rinaldi, Roma, Armando, 2017 (24) V Ruggiero, Il delitto, la legge, la pena, Torino, Ega-Edizioni Gruppo Abele, 2011

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La Sicilia sia centro politico-culturale dello sviluppo del Mediterraneo

Il 2022, dopo i duri colpi della pandemia, all’inizio sembrava essere l’anno della ripresa salvo nel secondo semestre quando è rallentata fino a far pronosticare addirittura per il prossimo anno la recessione come documenta il recente Rapporto della Svimez L’Italia è la più grande area europea del disagio sociale, del calo demografico, dell’invecchiamento della popolazione ed è il paese sul quale ha inciso di più la pandemia, la crisi energetica, l’inflazione, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei beni di consumo - effetti della guerra della Russia contro l’Ucraina che può degenerare in guerra nucleare e nella distruzione del genere umano Ovviamente il Meridione, per la sua storica debolezza strutturale, è l’area più penalizzata (vedi per es la bassa crescita economica e della natalità, l’alto tasso di migrazione dei giovani più qualificati in cerca di lavoro) È tornato a crescere il divario economico sociale culturale Nord/Sud che alimenta il populismo, il sovranismo, la demagogia della destra la quale, però, è riuscita a presentarsi difenditrice della classe lavoratrice, del ceto medio produttivo e dei più deboli, temi che una volta costituivano il dna della sinistra la quale ora va alla ricerca di una identità nuova che le consenta di riassumere un ruolo alternativo all’attuale sistema di capitalismo neoliberista che sta impoverendo la maggioranza dei cittadini e accrescendo le disuguaglianze sociali Ben 15 milioni (dati Svimez) di persone sono a rischio povertà relativa, mentre sono in povertà assoluta 2,5 milioni, sarebbero molto di più senza il reddito di cittadinanza Le recenti elezioni politiche sono state vinte dalla destra unita, nonostante le contraddizioni interne, grazie soprattutto alle divisioni della sinistra e dei progressisti. L’identità di sinistra presuppone una scelta chiara sul rifiuto del neoliberismo, sull’indissolubilità della tutela per tutti i cittadini dei diritti civili, sociali e ambientali, sul recupero della rappresentanza del mondo del lavoro e dei ceti produttivi e intellettuali La sinistra si batta per un governo politico dell’economia a livello dello Stato nazionale, dell’UE e dell’Onu con l’obiettivo di una governance democratica della globalizzazione, della cessazione di tutte le guerre, di uno sviluppo ecocompatibile che sconfigga la fame, tuteli il futuro dell’ambiente del Pianeta e la libertà dei popoli L’Italia è l’unico paese europeo che ancora non è riuscito a recuperare i danni della crisi del 2007. Il Pil del Sud (v. Svimez) è ancora inferiore del 13% rispetto al 2007 e nel 2026, quando terminerà il Pnrr, se speso bene, sarà ancora inferiore dell’8% Rimane presente, dunque, il gap tra Nord e Sud nell’economia, nelle infrastrutture, nei servizi, dalla sanità alla scuola La Sicilia è una delle Regioni meridionali più fragile e ha una classe dirigente altrettanto fragile e non all’altezza del compito di contrastare inefficienza burocratica, corruzione, sistema politico mafioso Quanto incide l’economia criminale sui ritardi di sviluppo dell’intero paese? Quanto sono credibili le dichiarazioni antimafia di coloro che sono stati sponsorizzati da pregiudicati per mafia? L’allarme sociale e

politico vale per tutte le azioni economiche e politiche per il risanamento ambientale, la transizione ecologica, la digitalizzazione e tutte le riforme disattese in questi lunghi anni di sprechi e malgoverno.

La Sicilia, sfruttando la sua posizione geografica, può diventare l’epicentro di una rete di relazioni economiche, infrastrutturali, sociali e culturali con i paesi della sponda sud del Mediterraneo ed esserne il tramite con l’Europa per tutto - dai trasporti alle risorse energetiche agli scambi culturali ed economici- per lo sviluppo moderno e la convivenza pacifica Il Centro studi ispirandosi all’azione e al pensiero di Pio La Torre continuerà anche nel 2023 la sua azione politico-culturale, come hanno fatto compagni recentemente scomparsi, Nino Mannino, comunista, già sindaco di Carini e presidente del Centro studi, deputato e componente della Commissione antimafia e Gabriello Montemagno collaboratore volontario del Centro negli ultimi 12 anni autore di “Fango” atto unico ispirato agli effetti della legge Rognoni-La Torre, dell’inno per Pio e regista della prima rappresentazione dell’atto unico di Vincenzo Consolo “ Pio La Torre Orgoglio della Sicilia”recitato dalle detenute e detenuti della Casa circondariale Pagliarelli di Palermo Buon anno per la pace il lavoro e la dignità umana nella democrazia e la libertà!

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Crisi internazionali e conflitti Cosa ci attende nel 2023

Pino Scorciapino

Con tutta la loro pretesa “allure” e con tutto il loro presunto “charme” i francesi e le francesi saprebbero benissimo come rispondere alla domanda “Che anno è stato il 2022?” Risponderebbero ricorrendo ad una loro diffusissima espressione Tutt’altro che elegante “Che anno è stato il 2022? Une année de merde!” Ma di quelle che si prendono un metro quadrato di terreno, da elefante Non ci siamo fatti mancare niente nel 2022 nel mondo: crisi climatica, catastrofi naturali, frane, alluvioni, calamità, caldo insostenibile, carestie e fame, migrazioni climatiche ed economiche, raggiungimento del record di otto miliardi di abitanti nel pianeta (carico che francamente comincia a farsi troppo pesante per essere sostenuto dal nostro piccolo, affollato pianeta), irrefrenabile concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi supermiliardari mentre tende a riassottigliarsi la classe media e aumentano a dismisura i poveri come nelle società dei secoli andati Pensare che la tanto vituperata globalizzazione – in frenata negli ultimi due anni causa chiusure per Covid-19 e in conseguenza di tensioni varie e conflitti armati tra stati che naturalmente chiudono i confini dei paesi al mondo – aveva permesso nel giro di un paio di decenni ad un miliardo di individui di uscire dalla povertà E, soprattutto, non ci siamo fatti mancare guerre E che guerre Con l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca NATO e Russia sono entrate in rotta di collisione. Con tanto di “ricatto atomico” russo La data dell’inizio dell’aggressione, 24 febbraio 2022, è da inserire tra le cosiddette “date spartiacque” delle storia, di quelle che si ricordano Tra attacchi e contrattacchi, tra perdite e riconquiste di territori da parte di aggrediti ed aggressori il conflitto in Ucraina prosegue e chissà per quanto tempo ancora proseguirà Finora sono centomila tra morti e feriti le perdite ucraine ed altrettante quelle degli invasori russi Quando si ricorre a queste stime i deceduti (militari e civili) incidono mediamente per il 25 per cento circa ed i feriti per il 75 per cento Con criminale, terroristica strategia i comandi militari russi da qualche mese stanno sistematicamente colpendo le centrali elettriche, le cabine di trasformazione e le linee elettriche ad alta tensione così come le fonti di approvvigionamento energetico Del resto se il 21 aprile, a meno di due mesi dall’avvio delle operazioni belliche, i russi avevano già danneggiato in Ucraina 346 strutture ospedaliere tra grandi e piccole e ne avevano distrutte del tutto 38 credete che si facciano scrupoli a distruggere le infrastrutture elettriche? Non esiste più in tutto il territorio ucraino una sola centrale elettrica che non sia stata danneggiata, in tutto o in parte La guerra delle centrali, voluta dagli strateghi militari russi per piegare la resistenza di Kiev, sta ricacciando al gelo un intero popolo Sono una decina di milioni secondo alcune stime (probabilmente di più se l’attacco sistematico dovesse continuare martellante settimana dopo settimana) gli ucraini che – nel rigidissimo inverno che picchia duro da quelle parti – nei villaggi come nelle città si ritrovano alle prese con persistenti blackout In parte programmati per alleggerire i carichi della corrente e redistribuirla nel territorio anche se per poche ore In buona parte invece blackout parte conseguenze delle distruzioni I russi distruggono, gli ucraini provano a riparare, Unione Europea e Stati Uniti mandano generatori d’emergenza per metterci una pezza Ma rimettere in sesto la rete elet-

trica nazionale richiede ben altri tempi ed interventi malgrado si lavori giorno e notte, h24 Conseguenza: è concreto il rischio che milioni di ucraini in vaste aree restino per mesi al buio, senza riscaldamento, senza energia, senza acqua corrente, senza acqua calda, senza panificazione, con le sale operatorie negli ospedali illuminate se va bene dai generatori di corrente d’emergenza Ognuno di noi provi a pensare per le nostre abitudini cosa significhi una condizione simile Entriamo in crisi se siamo senza corrente elettrica per qualche ora o persino per pochi minuti Immaginiamo per mesi in autunno e inverno Questa russa non è strategia militare Questo è nazismo trapiantato dal XX al XXI secolo Non esistono altre definizioni Nazismo di stato praticato dalla Russia di Putin I conti su quanti anziani, bambini piccoli, malati cronici, individui vulnerabili, soggetti fragili moriranno a causa del freddo e di questa condotta criminal-terroristica di Mosca si faranno poi a primavera inoltrata Ma l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha già lanciato l’allarme il 21 novembre: “La devastante crisi energetica, i vincoli all’accesso umanitario e il rischio di infezioni virali renderanno questo inverno un banco di prova per il popolo ucraino e il sistema sanitario, ma anche per il mondo e il suo impegno a sostegno del Paese ( ) Quello che sappiamo è che centinaia di migliaia di locali, comprese abitazioni private, scuole e ospedali, in tutto il Paese non hanno la fornitura di gas, essenziale non solo per cucinare ma anche per il riscaldamento Il freddo può uccidere poiché 10 milioni di persone sono senza elettricità a temperature che probabilmente scenderanno a -20 gradi” Sono parole del direttore dell’OMS per l’Europa Hans Henri P Kluge Così come a primavera inoltrata per queste stesse ragioni si faranno i conti su quanti milioni di ucraini avranno (ri)abbandonato le loro città e i loro paesi Ancora emergenza umanitaria, ancora profughi a milioni Per scam-

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pare a condizioni di vita che li hanno ricacciati indietro di ben più di un secolo: dall’epoca dei termoconvettori, dei telefonini, dei computer, dei tablet a quella dei lumi a petrolio, dei lumini, delle candele

A nostro avviso giunge fin troppo tardiva la Risoluzione del Parlamento europeo approvata il 23 novembre 2022 con 494 voti a favore, 58 no e 44 astensioni nella quale si dichiara che la Russia è uno “stato sostenitore del terrorismo ed uno stato che fa uso di mezzi terroristici” “Gli attacchi deliberati e le atrocità contro i civili dell’Ucraina – si legge nel documento – la distruzione di infrastrutture civili e altre gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale costituiscono atti terroristici”. La Risoluzione del Parlamento Europeo prende di mira in particolare i comportamenti sul campo dei mercenari russi della famigerata organizzazione paramilitare "Gruppo Wagner", il 141 mo Reggimento motorizzato speciale “Achmat Kadyrov”, comandato dal sanguinario macellaio ceceno Ramzan Kadyrov e intitolato a suo padre, e altri gruppi armati, milizie e organizzazioni finanziate dalla Russia

Ammesso che non ci siano sorprese negli ultimi giorni dell’anno (tipo rottami di missili caduti in Polonia il 15 novembre che hanno ucciso due persone e conseguente brivido corso nelle schiene di centinaia di milioni di individui nel mondo per il rischio, se sparati dai russi, di dover attivare l’articolo 5 della Carta NATO) paradossalmente l’unico risultato che prendiamo per buono del 2022 può considerarsi che NATO e Russia non si siano scontrati direttamente sul campo per dare il via ai fuochi d’artificio della Terza guerra mondiale.

Scenari per il 2023

Cosa si profila per il 2023? Niente di buono Crisi e conflitti hanno inserito la quinta o la sesta a tutto acceleratore e a tutto gas E’ partita la sfida russa all’ordine mondiale “americano” e “occidentale”, come lo definiscono a Mosca La quale a sua volta al di là dei proclami si è cacciata in un bel guaio da cui al Cremlino non è che abbiano le idee molto chiare su come uscirne L’esercito russo non ha brillato per capacità o risultati e la fiera resistenza ucraina foraggiata di armi dall’Occidente ha confermato che la Russia è più gigante dai piedi d’argilla di quanto si pensi Ucraina a parte, le aree di crisi non diminuiscono né di numero né di intensità Semmai aumentano I conflitti si endemizzano In passato si risolvevano persino nel giro di giorni Ricordate la “Guerra dei sei giorni” tra israeliani e arabi nel mese di giugno del 1967? Beninteso non risolvevano nulla ma le operazioni belliche potevano concludersi in un dato tempo Nel nostro tempo invece tendono sempre più a diventare decennali o pluridecennali Siria docet

Vediamo allora di ipotizzare a grandi linee cosa potrebbe riservarci il 2023 nell’agone internazionale in termini di conflitti, crisi regionali, armamenti

Cominciamo da questi ultimi Data la temperatura geopolitica mondiale nessuno scommetterebbe un centesimo su una riduzione della produzione e della vendita delle armi Sempre più costose e sofisticate Per tutti i gusti e per tutte le esigenze Una fiera della morte con sempre più ampio assortimento La faranno da padrone missili di tutte le taglie e droni-killer rivelatisi tanto provvidenziali per i russi in Ucraina Al punto da acquistarli dagli iraniani o fabbricarli in Russia su licenza iraniana Si fa sempre più stretto l’asse, quasi una vera e propria alleanza, tra Iran e Russia Cambia così anche la “geografia” del mercato mondiale delle armi: i super-produttori come la Russia, ormai a corto di armi e munizionamento in generale e di uno specifico tipo di arma rivelatosi efficace come gli “economici” droni-killer iraniani, comprano da nuovi protagonisti che si affacciano sul mercato in modo sempre più pe-

netrante. L’Iran appunto. Ma “tirano” forte anche la Turchia, le due Coree, Israele E l’elenco potrebbe continuare

Le operazioni belliche in Ucraina stanno

gli

sia

che, soprattutto, dei paesi della NATO dai quali sono stati messi a disposizione delle forze armate ucraine sistemi d’arma e munizionamento Secondo il “New York Times” un giorno di guerra in Ucraina costa quanto ne costavano trenta giorni in Afghanistan Un conflitto costosissimo, mangiasoldi e mangiarmi C’è da rimpinguare le scorte sia di mezzi che di proiettili, ogive, strumenti di morte di ogni genere e quindi diventa la più facile delle previsioni la consapevolezza che produttori e mercanti di armi lavoreranno macchine avanti tutta ed alacremente nel 2023 La domanda è talmente incalzante che faranno molta fatica a starle dietro Anche perché più le armi diventano tecnologicamente complesse più possono richiedere non mesi ma anni per la loro produzione e la consegna Prospettive che la dicono lunga su come funziona il mondo e verso quale direzione si muove Così come è molto probabile che anche nel prossimo anno la Russia, soprattutto se sul campo le cose non andranno come voluto, non mancherà di insistere nel suo “ricatto atomico” ovvero nella minaccia di ricorso ad armi nucleari più o meno tattiche Un impiego che aprirebbe a conseguenze tremende per l’umanità ed a possibili “risposte flessibili” che porterebbero a sviluppi incontrollabili ed incontrollati del conflitto non solo in Ucraina ma in Europa ed anche oltre Sarebbero per capirci scenari da “day after”

In Africa proseguirà la penetrazione ormai storica cinese e quella più recente russa Più soft la prima, più militarizzata quella di Mosca che si concentra in Libia e nei paesi del Sahara ex domini francesi L’Africa è il continente più fragile sul piano socio-economico E quello con la popolazione più giovane e con elevatissimi indici di crescita demografica, non esente da conseguenze Un altro processo storico che non conoscerà soste sarà la islamizzazione del continente Pacifica in alcune aree, violenta e brutale in altre insanguinate da feroci formazioni integraliste come in Somalia con attacchi anche nel vicino Kenya, Nigeria, paesi del sud Sahara

In Europa tutti attenderanno un sussulto, uno straccio di avvio di trattativa nel conflitto russo-ucraino Ma bisogna inventarsi formule e ripartizioni territoriali che mettano d’accordo aggrediti ed aggressori: praticamente impossibile per ora e per parecchi mesi a venire

Nel nostro continente occhio ad aree di crisi vecchie che mettono radici o si riaccendono uscendo dal sonno di accordi di-

letteralmente svuotato arsenali della Russia
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plomatici garantiti dalla presenza di forze di interposizione: Transnistria; Bosnia-Erzegovina con l’etnia serbo-bosniaca che guarda a Putin e parrebbe sempre più propensa alla secessione; Bielorussia sempre più legata a doppio filo a Mosca e dal cui territorio potrebbe partire un nuovo attacco russo a Kiev con l’apertura di un vero e proprio fronte settentrionale in Ucraina oltre a quelli orientale e meridionale

Ma occhio anche ad aree di crisi nuove Come il Kosovo Nel quale, precisamente nel Kosovo del nord dove si concentrano i nuclei familiari serbi (circa centomila abitanti in tutto), riparte con la cosiddetta “guerra delle targhe automobilistiche” lo scontro tra minoranza serba e maggioranza albanese I serbi – slavi e cristiani ortodossi – sono legati alla Russia Tradizionalmente e storicamente Belgrado, capitale della Serbia, non riconosce l’indipendenza del Kosovo. Come non la riconoscono Russia, Cina e - in ambito UE - Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia, Spagna, tutti paesi preoccupati di evitare precedenti per propri movimenti secessionisti interni La Serbia ha sempre avuto relazioni privilegiate con Mosca anche se, almeno nella componente più filoeuropea della società serba, c’è chi guarda a Bruxelles e vorrebbe aderire all’Unione Europea Malgrado la schiarita di fine novembre nella “guerra delle targhe” con la mediazione UE, Serbia e minoranze serbe nei paesi vicini come Kosovo e Bosnia-Erzegovina affrontano rapporti complessi con le altre etnie (bosniaci, albanesi, croati) che richiedono costante impegno a raffreddarli ed a mediare tra le parti

Tra le tante situazioni esplosive in Medio Oriente – dove proseguono gli interminabili, sanguinosissimi conflitti civili “post-rivoluzioni arabe”, come in Siria e Yemen oltre che in Libia – meritano particolare attenzione due novità intervenute nel 2022 La prima In Israele Benjamin Netanyahu, leader del partito di destra “Likud”, ha vinto le elezioni politiche dello scorso 1 novembre e torna a fare il Primo ministro (il più longevo nella storia del Paese: dal 1996 ad oggi ha guidato il Paese a più riprese per quasi quindici anni) Stavolta però con l’appoggio dell’ultradestra E così c’è chi paventa che Israele possa diventare quasi una sorta di stato “confessionale” Il principale alleato di Netanyahu, il capo del partito “Otzama Yeudit” (“Potere Ebraico”), si chiama Itamar Ben-Gvir, 46 anni, avvocato Gira armato con la pistola e per anni si è distinto in tutte le manifestazioni, provocazioni e prevaricazioni antiarabe ed antipalestinesi Per superare il quorum d’accesso al parlamento israeliano ha corso alle elezioni in un cartello elettorale assieme al “Partito Sionista Religioso” di Bezelel Smotrich ed al

partito dichiaratamente omofobo “Noam” Sempre pronto a mettere in mostra la sua pistola in occasione di alterchi con arabo-israeliani, Ben-Gvir ha collezionato una cinquantina di incriminazioni per incitamento all’odio e teorizza l’espulsione da Israele di tutti i cittadini arabi E’ stato condannato otto volte per reati che vanno dall’incitamento al terrorismo all’intralcio alle attività di polizia Tesse le lodi del rabbino Meir Kahane bandito dalla Knesset negli anni Ottanta per razzismo E’ evidente che in Israele la parte liberale e laica della società si ritrova in fortissima sofferenza Anno dopo anno prevale un cambiamento o piuttosto un peggioramento fatto di nazionalismo estremo, razzismo, clericalismo, aggressività, ultraortodossia Proprio quando con i cosiddetti “Accordi di Abramo” da due anni a questa parte il governo di Tel Aviv ha allacciato impensabili rapporti diplomatici e promettenti rapporti economici con diversi Paesi arabi: Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan, Marocco

Con formazioni politiche come quelle che affiancano il “Likud” di Netanyahu la conflittualità israelo-palestinese risalente e ben prima della costituzione dello Stato con la stella di Davide nel 1948 – che poi rischia di allargarsi sempre ad altri gruppi, milizie, paesi dell’area – di sicuro sarà tutt’altro che smorzata L’arroccamento oltranzista ultraortodosso per il quale non esistono parole come dialogo o compromesso fa il paio sul versante palestinese con un moltiplicarsi in Cisgiordania di gruppi e gruppuscoli terroristici Dopo un lungo periodo di relativa calma, nelle scorse settimane un doppio attentato con un morto e numerosi feriti ha riportato il terrore tra vittime innocenti a Gerusalemme "Operazioni eroiche" lanciate per ricordare agli israeliani che i luoghi santi islamici rappresentano "una linea rossa" che non deve essere oltrepassata Così si sarebbe espresso Daoud Shehab, un dirigente della “Jihad islamica” Shehab sembra si rivolgesse ai due leader dell'estrema destra israeliana di cui abbiamo scritto sopra, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, accusati di aver ''fatto irruzione'' nella Spianata delle Moschee Tutto questo mentre rimane ben saldo nella striscia di Gaza il dominio incontrastato di “Hamas” e, a nord, nel confinante territorio meridionale del Libano, il potere incontrastato delle milizie scite filoiraniane di Hezbollah “Hamas” è un'organizzazione politica e paramilitare palestinese islamista sunnita e fondamentalista. Ha un'ala militare (le Brigate al-Qassam) ed è considerata un'organizzazione terroristica da Unione Europea, Organizzazione degli Stati americani, Stati Uniti, Israele, Canada, da una corte in Egitto, dal Giappone E’ stata bandita dalla Giordania Australia, Nuova Zelanda, Paraguay e Regno Unito considerano organizzazione terroristica solo la sua ala militare Quanto ad Hezbollah, che in arabo significa nientemeno "Partito di Dio", è un'organizzazione paramilitare islamista sciita, radicalmente antisionista, sorta nel 1982 e divenuta successivamente anche un partito politico islamista Ha sede in Libano Il suo segretario generale è dal 1992 Hassan Nasrallah Strettamente legata per la comune confessione religiosa all’Iran scita, di cui è una specie di succursale con vista Mediterraneo, esercita un ferreo controllo sui territori meridionali del composito mosaico etnico e religioso libanese Grazie al supporto iraniano, la forza dell'ala paramilitare di Hezbollah è cresciuta a tal punto nel corso degli anni da essere considerata più potente dell'esercito regolare libanese

Con questi attori e con questi scenari, da una parte e dall’altra, che speranze di pace o di tessitura della tanto reclamata formula dei “due popoli due stati” potranno mai avere i territori contesi da ebrei e palestinesi?

Ma torniamo al fronte caldo dell’inimicizia giurata tra Iran e Israele A questo proposito - domanda delle domande - siamo

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convinti che Netanyahu e suoi alleati al governo si asterranno dallo scatenare un attacco preventivo all’Iran prima che Teheran si doti di bombe nucleari? Gli ayatollah di Teheran i missili per fare da vettori li possiedono da tempo Tanti e per tutte le gittate Sarebbero porte dell’inferno che si aprirebbero Anche l’Iran entrerebbe nel club degli stati che si assicurano la loro esistenza con l’atomica e così moltiplicano il loro potere fatto di aggressività e ricatto Israele farà di tutto per impedire che Teheran di doti di bombe nucleari che anche solo con uno o due ordigni, data la sua limitata estensione, lo cancellerebbero per sempre dalla faccia della terra

Siamo incapaci persino di manifestare per sostenere la lotta delle donne iraniane e afghane

A proposito di Iran (e siamo così alla seconda novità) soffermiamoci sulla rivolta nella nazione confessionale per antonomasia che speriamo vivamente le autorità non riescano a spegnere malgrado il pugno di ferro adottato Il paese dal 16 settembre - giorno della morte di Mahsa Amini, una giovane arrestata perché accusata d’indossare in modo scorretto l’“hijab”, il velo che copre la testa, massacrata negli interrogatori o in carcere – è scosso da una sollevazione popolare contro la teocrazia al potere Teocrazia retriva, brutale, antistorica Lottano le donne, lottano i giovani, lottano gli studenti E ne vengono uccisi a centinaia dai pasdaran degli ayatollah al potere e dalle forze di polizia. I pasdaran del regime si sono anche macchiati di stupri di stato nei confronti delle giovani iraniane fermate o incarcerate In altri tempi rivolte del genere avrebbero acceso i cuori dei cittadini dei paesi più liberi e democratici Le avrebbero sostenute in tutte le piazze e in tutte le occasioni Oggi non abbiamo neppure un po’ di fiato per appoggiare queste rivoluzioni Siamo messi male in Occidente anche come opinioni pubbliche Non sappiamo andare oltre qualche stentato sit-in Avviene lo stesso per l’Afghanistan Mentre noi ce ne stiamo indifferenti ed in silenzio sta accadendo di tutto nel paese guidato con pugno di ferro dall’oscurantismo talebano che fa il paio con l’oscurantismo degli ayatollah iraniani: scuole e lavoro sono negati alle donne afghane ripiombate dopo venti anni nella carcerazione domestico-familiare In alcuni casi, con grave rischio personale, le insegnanti impartiscono lezioni clandestinamente alle bambine ed alle ragazze. Apprendiamo persino che la cosiddetta “Polizia morale” dei talebani irrompe nelle sale delle parrucchiere per ordinare se e come le donne devono pettinarsi o se e come devono truccarsi O, più draconianamente, per impedire loro di acconciarsi i capelli Per le donne iraniane, per le donne afghane dovremmo scendere in piazza ogni giorno noi occidentali, presunti depositari delle libertà e dei diritti civili Invece silenzio assordante Siamo passati dall’“I care” (Ci tengo; Mi interessa) all’ “I don’t care” (Non ci tengo; Non mi interessa) con una passività ed un amorfismo demoralizzanti

L’Indo-Pacifico

Due aree di crisi pericolosissime in Asia sono aperte e di sicuro non si comporranno nel 2023 né registreranno un abbassamento della tensione. La prima si definisce con il termine Indo-Pacifico, principale scacchiere di scontro fra Cina da una parte e Stati Uniti e loro alleati dall’altra (Sud Corea, Giappone, Australia e non solo) Nell’Indo-Pacifico si sommano: a) un confronto sistemico tra la Cina che punta a diventare una superpotenza globale almeno pari o più degli USA mentre Washington ha tutta l’aria di non volere abdicare al ruolo di “Number One” nel mondo e b) un confronto localizzato tra Cina e Stati Uniti più alleati su Taiwan Per Pechino Taiwan è solo una isola cinese da annettere al più presto alla Re-

pubblica Popolare Cinese Per Washington Taiwan deve restare indipendente come lo è dal 1949 sempre e comunque o almeno il più a lungo possibile Per amore della libertà e della democrazia, del diritto internazionale? Anche Ma soprattutto perché paese con ottimi rapporti economici con gli Stati Uniti e paese leader nel mondo nella produzione dei microprocessori Tanto indispensabili nella industria elettronica, meccanica, meccatronica ed informatica, dalle auto ai computer, ai telefonini di vecchia e sempre più nuova generazione. Basterà un niente per fare degenerare esercitazioni aeronavali di entrambi i contendenti dalle parti di Taiwan in scontri armati veri e propri e non simulati

In Cina sarà tutta da seguire l’aperta contestazione che da alcune settimane va in scena da parte di strati sempre più ampi della popolazione e degli studenti universitari nei confronti del regime e persino, con tanto di nome e cognome, dell’“imperatore” Xi Jinping, fresco di terzo mandato alla guida dell’immenso paese Si tratta della principale conseguenza della velleitaria politica del “Covid zero” che nelle città imprigiona per settimane nelle loro abitazioni-alveari abitanti a decine e decine di milioni I cinesi ora sono stanchi di chiusure e prigionie domestiche e la contestazione sempre più rabbiosa esplode Si trasformerà in qualcosa di più di una contestazione? E il regime comunista come reagirà? Non sarà forse il caso di rivedere strategia ed obiettivi della politica “Covid zero”, inapplicabile a meno di disporre a piacimento e senza alcuna considerazione della “vita degli altri”? E che impatto avrà tutto questo sulle “performance” produttive, le esportazioni, le percentuali di crescita del paese che viene considerato la “fabbrica del mondo”?

L’altra area di crisi esplosiva in Asia ha un epicentro ed un responsabile preciso: la Corea del Nord Sempre più potenza nucleare capace di colpire con i suoi missili non solo la confinante “nemica” Corea del Sud o il vicino “nemico” Giappone ma ormai con vettori strategici intercontinentali l’intero territorio statunitense In un paese imprevedibile – che ragiona “fuori dal mondo” in quanto decontestualizzato rispetto alla comunità internazionale e che conosce solo il linguaggio della militarizzazione e delle armi – si concentra una potenza distruttiva spaventosamente impressionante

Tutto sommato, pur con i suoi insopportabili contrasti socioeconomici tra grandi proprietari ed industriali e masse popolari, il continente americano è quello che si presenta meno esplo-

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sivo rispetto ad Africa, Asia, Europa Anche se non mancano incessanti flussi migratori da sud a nord e paesi alle prese con guerriglie e repressioni interne O cartelli di narcotraffico che sono non solo un bubbone ma talvolta un vero e proprio stato nello stato Restando in America, negli USA comincia a preoccupare seriamente la spaccatura verticale della nazione tra ultraconservatori e “liberal” Nel 1861-1865 una spaccatura allora geografica tra Nord e Sud ma non dissimile sul piano politico tra conservatori sudisti e “liberal” nordisti generò la sanguinosa guerra civile che conosciamo come “Guerra di Secessione”. Oggi il confronto è più a macchia di leopardo anche se rimane su base geografica tra stati ultraconservatori dove regna la più retriva interpretazione politica del Partito repubblicano - da cui provengono i seguaci di Trump che hanno assaltato il Campidoglio ossia il Parlamento federale il 6 gennaio 2021 - e stati decisamente più aperti sui temi civili e nelle politiche sociali ed economiche Ma le due visioni si irrigidiscono sempre di più e le elezioni presidenziali – alle quali la persona divisiva per eccellenza, Donald Trump, si è già candidata –si svolgeranno appena undici mesi dopo il 31 dicembre 2023

Conclusioni

Siamo messi male Facciamo pochissimo per contrastare gli stravolgimenti climatici che stanno mandando a gambe all’aria sia la natura che l’antropizzazione Siamo costosamente impegnati soprattutto a spararci addosso Il punto di non ritorno climatico? Può attendere Chi se ne frega se non quattro ragazzi e quattro ossessionati E invece emissioni climalteranti significano desertificazione, siccità, produzioni agricole dimezzate quando non definitivamente compromesse, esodi biblici di milioni di individui I danni climatici cambiano la geografia, la geopolitica, l’economia Non si inaridisce definitivamente solo il territorio ma tutto quello che un territorio può alimentare o non alimentare Aspettiamoci anche nel 2023 immigrati e morti annegati nel Mediterraneo Possibilmente con un flusso sempre più inarrestabile A parte lo slancio di accoglienza realmente continentale riservato ai profughi ucraini, il 2022 ha certificato l’ennesimo fallimento delle politiche migratorie dell’Unione Europea e nei paesi dell’Unione Europea Come del resto non pare proprio che altrimenti possa definirsi se non fallimentare la politica energetica dell’UE nel 2022 A partire dall’incapacità di imporre con la dovuta rapidità un ragionevole

tetto europeo al prezzo del gas per l’opposizione di alcuni stati, in particolare Olanda e Germania Con il conflitto in Ucraina e con la distruzione sistematica della “martoriata” Ucraina, come ripete Papa Francesco, la crisi energetica è salita prepotentemente alla ribalta Portandosi dietro aumenti dei costi generalizzati, dalle materie prime ai beni industriali trasformati ai prodotti finiti Una catena inflattiva che origina dall’impennata della domanda che fa seguito alle lunghe chiusure per il Covid19 del 2020 e che divora ricchezza e risparmi in ogni angolo del mondo Si prova senza molto successo a far raffreddare l’inflazione pervasiva che tutto travolge ed ovunque penetra Guardiamo agli indici di borsa, alle statistiche, allo spread, agli zero virgola in salita o in discesa come se aspettassimo una grazia o un miracolo Banche centrali ritoccano in aumento o riducono il costo del denaro, intervenendo sui tassi, secondo le necessità Spesso sono solo mezzucci Palliativi Si illude chi pensa che rientreranno nel breve periodo carovita, carobollette, carocarrello, carotutto La crescita economica rallenta o si blocca Siamo tutti in attesa della annunciata recessione come chi attende una tempesta o una violenta perturbazione che sappiamo bene causerà sicuramente danni Eppure mai come nella nostra epoca riserve monetarie, fondi strategici di investimento, depositi di risorse di nababbi sono stati così stracolmi di banconote, riserve auree, titoli Certo, noi una drastica soluzione ad ogni forma di povertà e sofferenza materiale nel mondo così come per la raccolta di fondi da investire per il cambiamento climatico ed energetico l’avremmo: requisire forzosamente il 50 per cento dei portafogli monetari e del patrimonio di proprietà dei Paperoni più ricchi del mondo lasciando loro per vivere (poveracci ) un plurimiliardario e ben più che sufficiente, anzi eccessivo, 50 per cento Secondo la rivista americana “Forbes” nel 2022 i supermiliardari nel mondo sarebbero 2 668 con una ricchezza totale nientemeno di 12 700 miliardi di dollari Gli statunitensi sono 735, 607 vengono dalla Cina, 166 sono indiani, 134 tedeschi, 83 russi Le donne miliardarie sono 327 Se si pensa che la persona più ricca del mondo è colui che tanti definiscono una specie di clown eccentrico come Elon Musk, si comprende come le vie della ricchezza possano essere infinite e come possano essere inquietanti per il mondo simili concentrazioni di fortune finanziarie in mano a persone tanto stravaganti o imprevedibili. Mentre un po’ meno di un miliardo di individui (per la precisione 828 milioni, non sanno se nella loro giornata riusciranno a mangiare qualcosa, quello che capita, almeno una volta Elon Musk possiede un patrimonio di 219 miliardi di dollari Il secondo in classifica, Jeff Besoz, un patrimonio di 177 miliardi di dollari Il terzo, il francese Bernard Arnault, di 158 miliardi Il quarto, Bill Gates, di 129 miliardi di dollari Tanto per capire di che ordine di grandezza stiamo parlando, il patrimonio di Musk supera il Pil 2021 della Grecia (216 miliardi di dollari) e dell’Ucraina (200 miliardi), il patrimonio di Besoz è quasi pari al Pil dell’Ungheria (182 miliardi) o del ricchissimo Qatar (180 miliardi di dollari nel 2021), quello di Arnault si avvicina al Pil 2021 dell’Algeria (168 miliardi di dollari), il patrimonio di Gates supera il Pil 2021 di paesi come Slovacchia (115 miliardi) e Cuba (107 miliardi) e sfiora l’ammontare del Pil del Marocco (133 miliardi di dollari) Un mega-esproprio solidale del genere - ossia recuperare per destinazioni umanitarie e salvamondo 6 350 miliardi di dollarisarebbe o no la più importante rivoluzione nella storia dell’umanità? Ma è una ipotesi irrealistica Inattuabile Non si può fare e non si può nemmeno dire se non si vuole finire crocifissi con l’accusa di essere troppo giacobini, troppo ghigliottinisti Insomma usciti di senno, impazziti anche solo a proporla Buon 2023 Come recita un verso del poeta Guido Catalano, “Teniamoci stretti che c’è un vento forte”

12 12dicembre2022 asud’europa

La lotta per la democrazia in Iran e le ripercussioni per l’Europa

Se ne sono andati, nell'autunno appena concluso, due persone che ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare: Gabriello Montemagno- uomo di teatro, scrittore e giornalista di rara eleganza- e Nino Mannino - politico comunista colto e facondo, dirigente di partito e parlamentare della Repubblica. Altri ne hanno descritto le vicende politiche ed intellettuali. Vorrei qui ricordarli per il tratto umano che li distingueva, per la passione che ne aveva sempre sostenuto le scelte, per l'arricchimento intellettuale ed affettivo che mi ha dato averli incontrati C'è un velo di tristezza per il tempo tiranno che porta via persone che avrebbero potuto contribuire ad indicarci la strada in tempi che appaiono vieppiù pieni di incognite ed oscure minacce

Molti sono gli argomenti di politica nazionale e regionale che varrebbe la pena di trattare in questa fine d'anno, in una temperie sempre più confusa caratterizzata dall'ascesa al potere di una destra che fa la destra e si trova di fronte un'opposizione divisa ed incerta sulla strada da intraprendere Tuttavia avverto l'esigenza di alzare lo sguardo oltre l'asfittico dibattito italiano per occuparmi brevemente di due questioni che, a mio avviso, stanno influenzando l'avvenire stesso del pianeta: la rivoluzione in corso nell'Iran ed il ritorno della guerra sul Continente europeo dopo l'aggressione russa all'Ucraina del 24 febbraio Di quanto sta succedendo nel grande paese, dominato da quarant'anni da una teocrazia fondamentalista sciita, in Italia si parla poco e male E quando se ne discute non si va oltre il sostegno alla questione femminile, che ha innescato la rivolta con lo slogan “Donna, vita, libertà”. La Repubblica islamica dell'Iran conta oltre 80 milioni di abitanti per il 60% sotto i 30 anni d'età La popolazione appartiene a varie etnie: il 65% sono persiani, il 16% azeri il 10% curdi, il 2% turchi il 2% beluci, molti dei quali appartengono all'Islam sunnita Il Kurdistan, patria del popolo curdo ma ripartito tra diverse entità statuali, si estende tra Turchia sud-orientale, Iran nord -occidentale, Iraq settentrionale e Siria settentrionale Un popolo di oltre 30 milioni di abitanti privo di unità nazionale e soggetto alle repressioni di ciascuno degli stati in cui vivono le comunità curde Proprio nella regione curda dell'Iran si è verificato in ottobre il primo femminicidio politico che ha innescato la protesta e dalle donne curde è stato lanciato lo slogan che ormai in tutto il mondo fa da refrain alla rivoluzione L'Iran è la diciottesima economia mondiale e la seconda dell'area MENA (medio Oriente e Nord Africa) Detiene il 18% delle riserve mondiali di gas naturale e l'11,3% di quelle petrolifere Il paese, anche in conseguenze del rinnovo delle sanzioni USA, ha un tasso d'inflazione annuo che si aggira sul 40% e nella società iraniana Tassi di disoccupazione attorno al 10% con punte del 30% per i giovani tra i 15 ed i 24 anni Nonostante il programma di privatizzazione di asset pubblici, la presenza dello stato nell'economia è ancora molto forte con partecipazioni maggioritarie in grandi imprese pubbliche e semi pubbliche Quanto sta avvenendo in Iran è una vera e propria rivoluzione contro le fondamenta stessa del potere islamico e per la conquista della democrazia In essa convergono istanze di diverso carattere : economiche e di classe perchè il movimento si è allargato ai lavoratori dell'industria e dell'agricoltura, antirazzista per le rivendicazioni dei gruppi etnici minoritari, sessista per la lotta delle donne per la libertà di vestirsi e vivere come vogliono, di partecipare alla vita pubblica Informazioni recenti fanno pensare che la rivoluzione si stia allargando ai commercianti dei bazar, che hanno un ruolo de-

cisivo nella società iraniana

La reazione del potere è stata feroce: 450 morti, 18 000 arrestati, decine di condanna a morte tra cui anche donne L'impressione è che in Italia non ci sia, a differenza di altri paesi come la Germania, piena consapevolezza del valore decisivo sul piano mondiale della vicenda iraniana, anche in rapporto alle vicende ucraine Non solo per le relazioni, anche militari, tra il regime degli Ayatollah e l'attuale gruppo dirigente della Russia ma perchè il ritorno della democrazia politica nel grande paese mediorientale avrebbe un effetto di stabilizzazione che andrebbe ben aldilà di quell'area geografica e contribuirebbe al ridimensionamento delle aspirazioni neo imperiali di Putin Non è un caso che quello che è considerato il meno falco della dirigenza russa, il ministro degli esteri Sergey Lavrov, abbia violentemente attaccato papa Francesco per l'intervista concessa alla rivista dei gesuiti americani American Magazine “Quando parlo dell'Ucraina” ha detto Francesco- ”parlo di un popolo martirizzato Quando un popolo è martirizzato c'è qualcuno che lo martirizza Di certo ad invadere è lo stato russo E' molto chiaro”

E' superfluo ricordare che nel linguaggio del pontefice cattolico il termine martirio ha un significato preciso e non può essere usato a caso Non voglio aggiungermi alla già troppo lunga schiera di coloro che tirano per la tonaca il “Papa venuto dalla fine del mondo” Certamente però, nel momento in cui sembrano aprirsi, sotto l'apparente staticità delle dichiarazioni ufficiali, prospettive concrete per l'apertura di un negoziato e l'avvio di una una conferenza di pace, la chiarezza del Papa fa giustizia delle strumentalità con cui parte della politica nostrana ha gestito i riflessi italiani della vicenda ucraina Il 2022 è stato davvero un “annus horribilis” Che il 2023 porti a tutti e tutte la speranza di un futuro migliore

12dicembre2022 asud’europa 13

Aspettando qualcuno che svegli il genio della lampada

Aldilà dei recuperi tra il 2022 ed il 2021, anno in cui vi erano ancora gli effetti della crisi provocata dal Covid, la situazione strutturale della Sicilia con la quale ci si affaccia al 2023 non può considerarsi particolarmente brillante

Pochi dati dai quali si possono comprendere I punti di partenza e prevedere le dinamiche necessarie, i percorsi opportuni, perchè si possa uscire da una crisi che porta ogni anno un saldo negativo di oltre 25 000 persone formate, con un costo per ciascuno di 200.000 €, corrispondenti complessivamente a 5 miliardi di euro. Depauperamento che non può essere limitato solo alla perdita monetaria individuata ma, al quale va aggiunto il danno che la fuga di tanti cervelli e di tante risorse provoca in un tessuto già debole, importo che invece è calcolabile difficilmente Come si può pensare di risalire la china se le migliori risorse vengono regalate ad altri territori che si arricchiscono dei nostri talenti, non solo non pagando nulla per la sottrazione, ed addirittura avendone un vantaggio aggiuntivo, contribuendo ad ampliare il divario Infatti tale capitale umano attrae le risorse della famiglia che fa delle rimesse per aiutare nei primi anni i propri figli, che con la remunerazione ricevuta non riescono a sopravvivere Ed in seguito vivacizzando il loro mercato immobiliare con investimenti fatti dalle famiglie originarie di appartenenza per dotarli della prima casa, che certo da soli non riescono ad acquistare I dati da cui partire sono intanto quelli demografici: un territorio di kmq 25 832, la più grande regione d’Italia, nella quale vivono poco meno di cinque milioni di persone Una realtà che potrebbe essere una nazione dell’Europa a 27 e non sarebbe la più piccola Croazia, Slovenia, Irlanda, Lettonia, Estonia, Slovacchia, sarebbero tutte nazioni più piccole o al massimo demograficamente uguali L’altro dato distintivo di una realtà potrebbe essere il reddito procapite, che al 2021 è uno dei più bassi d’Europa con i suoi 17 390 000€, dato importante che insieme al numero di occupati, che sono solo 1 310 000, con un rapporto popolazione occupati di 27 13, che vuol dir che su 100 persone lavorano compresi i sommersi solo 27 persone, quando in una realtà come l’Emilia Romagna lavorano sempre su 100 persone quasi 45 , rende la nostra realtà una zona a ritardo di sviluppo Per questo il nostro territorio ha tanta strada da percorrere per raggiungere quegli obiettivi di sviluppo compiuto, che consentano di poter dare una occupazione ed un progetto di futuro ai propri figli Senza obbligarli a farli scappare fin dall’Università, per potere avere una speranza di trovare una occupazione in altre aree, a cominciare dal Nord per finire in Germania, Francia, Spagna e U K

E la situazione negli anni non è migliorata anzi più che di andamento piatto si deve parlare di una diminuzione del numero di occupati, oltre che di un impoverimento probabile anche della qualità dell’occupazione, infatti dal 2008 al 2021 siamo passati da 1 478 a 1 310 mila occupati, sempre compresi i sommersi Per quanto attiene lo spostamento dei nostri cervelli qualcuno dirà che spostarsi costituisce un arricchimento A costoro vorrei indicare la differenza tra mobilità ed emigrazione La mobilità arricchisce entrambi i Paesi che ne sono protagonisti Se un giovane uomo va a Londra ed aumenta nella City le sue competenze ha

certamente arricchito la Greit London, ma avrà impoverito le sue aree di nascita siciliane, tranne che il ragazzo londinese non si sposti in Sicilia arricchendo il territorio di arrivo Questa è mobilità

Se invece si tratta di un movimento a senso unico, quella è emigrazione ed arricchisce le realtà che sono accoglienti ed impoverisce quelle di partenza, ed è caratteristica delle realtà a sviluppo ritardato Per questo è necessario stabilire un lasso temporale nel quale ottenere e raggiungere l’obiettivo della piena occupazione e della unificazione economica e sociale, che il Paese a 162 anni dall’impresa garibaldina sono lontani dall’essere conseguiti

Vi è un progetto da parte della nostra Regione e del nostro Paese che si ponga questo obiettivo? Vi è almeno la consapevolezza da parte della classe dirigente regionale, politica, imprenditoriale, sindacale, curiale, della comunicazione, dell’obiettivo da raggiungere? Oppure si naviga a vista tra obiettivi minimi e contingenze da affrontare senza una vera pianificazione, temporale e quantitativa, che permetta perlomeno di registrare le difformità rispetto ad un progetto?

Penso proprio di no Si naviga come se dovessimo manutenere l’esistente dando qualche possibilità, sempre meno, ai protetti e mandando allo sbaraglio i disperati, adesso senza anche quel minimo di paracadute che era il reddito di cittadinanza, che consentiva una sopravvivenza di miseria e di mezzucci, anch’essi ormai impraticabili

Ma supponiamo di dover fare il consigliore del potente, cosa che non accadrà mai perchè non è il bene comune l’obiettivo che in genere la classe politica vuole perseguire quanto l’elemosina delle mancette da distribuire ai propri clientes, cosa suggeriremmo in un arco di tempo di una legislatura ad un Presidente neo eletto? Probabilmente i campi su cui lavorare dovrebbero essere prevalentemente tre: la logistica, il manifatturiero ed il turismo

Per la logistica ci si dovrebbe muovere sui due assi Sicilia occidentale ed orientale Il primo obiettivo da raggiungere, considerata la volontà del Governo di rimettere in pista il ponte sullo stretto di Messina, sarebbe di mettere a regime i porti di Augusta, di Gela, di Catania, con un progetto immediato di attrazione di traffico che, in attesa della fine dei lavori del ponte, dovrebbe essere smistato via mare verso i porti del Mediterraneo, impedendo quello scandalo che in tempi di transizione ecologica permette alle navi max porta containers di circumnavigare tutte le coste per arrivare da Suez a Rotterdam

Per non farsi trovare impreparati e non utilizzare i vantaggi di una simile infrastruttura, facendone una cattedrale nel deserto L’operazione mira a far bonificare il deserto in modo che la cattedrale sia in un habitat favorevole

Tale operazione sulla logistica andrebbe ripetuta per tutti i porti meridionali, che sono poco utilizzati perchè non attrezzati contribuendo nella scelta di utilizzare il gommato, considerato lo stato delle ferrovie, con una concentrazione sulle strade prodromica ad un traffico congestionato ed a un inquinamento conseguente

Da tale attività dovrebbero nascere oltre 200 000 posti di la-

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voro: si pensi che la sola Rotterdam ne ha tra diretti ed indotto 700 000 Attorno ai porti dovrebbero essere rimessi in funzione i cantieri navali sia pubblici che privati, che da anni lavorano a ritmo ridotto e tutta l’economia del mare dei porti, sia turistici che commerciali, spesso, inutilizzati Un esempio per tutti è quello di Licata che è stato abbandonato per anni Un altro settore fondamentale, anche se non risolutivo, è quello del turismo Le 15 milioni di presenze che registra il turismo isolano, quanti ne fa la sola Malta, danno la dimensione di un settore assolutamente sotto utilizzato Le presenze nel giro di tre quattro anni dovrebbero raddoppiare. Per tale obiettivo, non raggiungibile con i mezzi ordinari, sarebbe necessario pensare a delle Zes turistiche

L’idea è quella di scegliere delle località ben collegate una/due per ognuna delle nove province siciliane Per esemplificare in provincia di Agrigento si potrebbe concentrare l’intervento nel licatese, oltre che nell’area attorno Sciacca, a Ragusa vicino Kamarina, a Trapani nel Castellamarese/Alcamese, nel palermitano nella zona di Terrasini, nel nisseno nel territorio gelese, nel messinese nella zona di Tusa, nel catanese nella piana verso Siracusa, nel siracusano vicino a Brucoli

Per Enna avremmo l’unico villaggio montano/interno e bisognerebbe valorizzare il sito con la localizzazione di un qualche parco tematico per rendere la località di interesse Queste sarebbero le 9/10 Zes turistiche per le quali dovrebbero essere previste infrastrutturazione adeguata e collegamenti veloci con gli aeroporti vicini, un controllo della criminalità molto deciso, un cuneo fiscale particolarmente contenuto per rendere il costo del lavoro basso e l’attrazione di investimenti appetibile, ed infine una tassazione degli utili di impresa, per una decina di anni, molto favorevole. Un tale investimento dovrebbe consentire di raddoppiare le presenze turistiche con un aumento degli occupati del settore quantificabile in 50-100 mila posti di lavoro Ma Il settore fondamentale, ad alta occupazione, dovrebbe essere quello manifatturiero, con la messa a punto delle Zes, diventato

uno strumento per raccogliere consenso, piegato alle esigenze della classe dominante estrattiva siciliana Ormai sono costituite e sono disperse nel territorio siciliano, non costituendo in realtà area di attrazione degli investimenti è all’esterno dell’area

È necessario che si concentrino in pochissime zone, due o quattro in tutta la Sicilia, con tutti gli ettari necessari, e che si faccia un’operazione vera di promozione del territorio e delle nostre caratteristiche, delle potenzialità e del capitale umano, di posizione, in maniera da attrarre grandi investimenti di multinazionali o di realtà che al Nord non riescono più a trovare il lavoro necessario che si sposti nella nostra area

I posti di lavoro che dovrebbero creare dovrebbero essere attorno ai 500 000 Ci rendiamo conto tutti di parlare di dati veramente importanti e che per arrivare a tali dimensioni sono necessari 125 aziende importanti multinazionali ognuna con 4000 dipendenti, uno sforzo incredibile che cerchi di ribaltare una situazione di povertà della manifattura, che cerchi di ritornare agli splendori del manifatturiero dell’inizio del secolo quando l’industria sia in Sicilia che nel Mezzogiorno non erano diventati nani È chiaro che a fianco a zone industriali con grandi stabilimenti si forma un tessuto di indotto estremamente interessante che aiuta a rendere il territorio ancora più attrattivo Un programma che in cinque anni potrebbe essere attuato e che cambierebbe, anche se fosse realizzato solo in parte, la situazione complessiva della società siciliana

Un progetto ambizioso, di quelli che lasciano il segno, che certamente troverebbero tante forze a contrastarlo, ma che spiegato bene ai siciliani da forze politiche, che pongono il bene comune come obiettivo della loro azione, cambierebbero totalmente l’immagine e la realtà di un’Isola del tesoro che aspetta solo, come il genio della lampada, qualcuno che la faccio uscire dal suo torpore ormai centenario

12dicembre2022 asud’europa 15

Decreti sicurezza e falsi stereotipi

Alida Federico

Quella del ritorno ai “decreti sicurezza” adottati in Italia tra il 2018 e il 2019, a firma dall’allora ministro dell’Interno dell’esecutivo giallo-verde, Matteo Salvini, sembra più che una semplice promessa del neo-governo in carica L’obiettivo di Palazzo Chigi, che ha inserito nel proprio programma i “decreti sicurezza” come primo punto nel capitolo dedicato a “sicurezza e contrasto all’immigrazione illegale”, sarebbe quello di contrastare “l’immigrazione irregolare” Nuova linfa, dunque, all’accostamento “immigrazione-sicurezza”, secondo quell’ottica che assimila l’immigrazione ad un crimine e divenuta cavallo di battaglia delle destre populiste Del resto, nello scenario di una emergenza climatica globale dagli effetti nefasti già evidenti; nel quadro di una crisi energetica senza precedenti, quale conseguenza di una guerra che da mesi si combatte ai confini europei; nel contesto di un’inflazione tra le più alte degli ultimi decenni; la priorità del governo italiano è quella di inasprire la lotta contro l’immigrazione. Conferma ne è la vicenda, ancora calda nel dibattito politico europeo, del rifiuto del nostro governo di accogliere, qualche giorno fa, la nave della Ong Ocean Viking con 234 migranti - che ha poi trovato un porto sicuro nella città francese di Tolone –, contravvenendo agli accordi internazionali in tema di accoglienza (che includono il meccanismo di solidarietà europea)

Che il “reintegro” di quei decreti voluti dall’attuale vicepremier nonché ministro delle Infrastrutture abbia un carattere populista trova conferma nei dati sull’impatto da questi prodotto specialmente in termini di inclusione, ma anche di perdita di posti disponibili nelle strutture di accoglienza. Come ci ricorda Openpolis in un suo approfondimento sugli effetti dei “decreti sicurezza”, nei due anni in cui i decreti sono stati operativi (da ottobre 2018 a dicembre 2020

Essi sono stati successivamente in parte modificati dal decreto Lamorgese del secondo governo Conte), si è assistito a livelli maggiori di irregolarità nella posizione dei migranti in Italia, a una minore inclusione sociale e a cambiamenti nel sistema per richiedenti asilo e rifugiati che vanno nella direzione opposta al modello dell’accoglienza diffusa. In tema di inclusione, basti pensare che nel biennio 2018-2020 sono andati persi 4 557 posti letto nel sistema di seconda accoglienza (ex Sprar, oggi Sai), quello che più garantisce l’apprendimento linguistico, l'orientamento lavorativo e l’inclusione degli ospiti nelle comunità Inoltre, nel periodo considerato, sono stati ridotti quasi 22 mila posti nei centri di accoglienza di piccole dimensioni (quelli con al massimo 20 posti letto), quei centri che rientrano nel modello virtuoso dell’accoglienza diffusa La contrazione dei posti nei centri medi e soprattutto in quelli molto grandi è stata inferiore (-7 mila posti), nel contesto di una tendenza a rendere ancora più grandi i centri di grandi dimensioni (con oltre 50 posti) soprattutto nei centri urbani maggiormente estesi La contrazione dei posti disponibili nelle strutture di accoglienza e dei servizi destinati all’inclusione – quali erogazione di corsi di lingua italiana, di formazione professionale, etc – finisce per alimentare i circuiti della criminalità Simili politiche “ideologiche”, che si fondano su falsi stereotipi di sovrapposizione tra migrazione e criminalità, creano le condizioni affinché per il migrante “irregolare”, che scappa da condizioni di vita inaccettabili, il contatto con la criminalità diventi un passaggio quasi inevitabile Di questi “passaggi” dovrebbe essere consapevole un governo che, almeno a parole, dice di voler contrastare la criminalità organizzata e le mafie

16 12dicembre2022 asud’europa

Giovani senza speranza o generazione da tutelare?

Dario Cirrincione

Hanno smesso di studiare Non lavorano e non cercano un’occupazione Sono 3 milioni gli italiani che quest’anno hanno vissuto così Giovani tra i 15 e i 34 anni che più di 20 anni fa, precisamente nel 1999, gli inglesi hanno definito “neet” (Not in employment, Education or Training). Sono il 5% della popolazione nazionale, percentuale che sale al 25% se consideriamo il numero di italiani di età compresa tra 15 e 34 anni In pratica 1 ogni 4 (nel 2010 erano 2 milioni) che rendono l’Italia il Paese con il più alto numero di neet in Ue L’analisi condotta da CGIL e Action Aid, presentata alla fine di quest’anno, aiuta a comprendere meglio il ritratto dei giovani che non studiano, non lavorano, non si formano e non stanno cercando lavoro In 10 anni, si legge nel report, “l’occupazione giovanile, già bassa, si è dimezzata in tutto il Paese e la disoccupazione è salita di 10 punti percentuali Al Sud più di 4 giovani su 10 sono disoccupati”, con una quota che ha superato anche il 40% È molto probabile, però, che questo dato non rispecchino la realtà delle cose, complice la forte componente di lavoro sommerso (lavoratori in nero) e una generale e diffusa condizione di precarietà Più reale lo spaccato dei giovani che abbandonano precocemente la scuola- In Italia 15 su 100 hanno soltanto la licenza media, quota che supera il 20% nel Sud Ampi i divari territoriali rispetto all’acquisizione delle competenze di base “Il divario nelle performance tra uno studente quindicenne di Bolzano e uno campano è pari a più di un anno scolastico – si legge nel dossier. E siamo nettamente in ritardo rispetto al resto dei Paesi europei sul fronte dell’istruzione universitaria: appena il 20% di chi ha tra 25 e 64 anni risulta aver conseguito un titolo terziario, contro il 32,5% nella UE27”

Ciò non basta a garantire un futuro ai laureati L’Italia, infatti, è tra i Paesi europei con il più basso grado di laureati occupati, rispetto ai diplomati A ciò si aggiunge la cosiddetta “fuga dei cervelli”: lo spopolamento di intere aree per effetto della migrazione giovanile soprattutto all’estero, che in 10 nni ha portato via il 30% dei laureati, La più alta presenza di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano è al Sud Sono il 39% rispetto al 23% è del Centro Italia, al 20% del Nord-Ovest e al 18% del Nord-Est Le incidenze dei neet (genericamente uomini e donne) rispetto alla popolazione giovanile complessiva sono in ogni caso molto alte per tutte le regioni italiane: si va da un minimo del 16% a picchi più alti al Sud, Sicilia (40,1%), Calabria (39,9%) e Campania (38,1%) Per il Centro Italia, il Lazio ha la più alta incidenza di questa zona geografica con circa il 25,1%. La prima regione del Nord è la Liguria (21,1%), a seguire il Piemonte (20,5%) e la Valle d’Aosta (19,6%) Significativi i casi di Lombardia e Piemonte: in queste due regioni i neet sono numerosi rispetto a quelli del resto delle regioni italiane, anche se hanno un minor peso se comparati con la popolazione giovanile residente in ciascuna regione

I neet dai 15 ai 34 anni sono per il 56% donne e per il 44% uomini Dal 2007 al 2020 la quota di donne è rimasta sempre molto alta rispetto a quella degli uomini; inoltre, nel tempo, il numero di neet donne è variato molto di meno Ciò significa che per una donna è

molto difficile uscire da questa condizione Appare netto, quindi, lo svantaggio di genere anche nella dimensione territoriale Inoltre, ci sono più neet laureati tra le donne (16%) che tra gli uomini (10%) Un’ulteriore disuguaglianza che emerge dal rapporto è quella relativa alla cittadinanza Gli stranieri sono in numero inferiore rispetto agli italiani (il 18% del totale), anche tra questi c’è una maggioranza di donne (57%) Per quanto riguarda la loro distribuzione geografica, i neet stranieri sono maggiormente residenti al Nord Italia, che presenta comunque la più alta concentrazione di stranieri del Paese Interessante il dato sul titolo di studio: la maggioranza dei neet con cittadinanza straniera (48,4%) ha la licenza media, mentre più della metà dei neet italiani ha ottenuto un diploma (58,1%) e il 19,4% è laureato

Quale soluzione per contenere la crescita e ridurre il numero dei neet? Individuare le esigenze dei giovani e dare loro una risposta costruttiva per agevolarli a creare un futuro strutturato, e non solo ipotetico, potrebbe essere una delle vie da perseguire C’è poi il tema della formazione, che deve essere indirizzata meglio, più focalizzata sulle esigenze del mercato, e meno protagonista delle ordinanze di custodia cautelare destinate a chi sulle speranze dei giovani ha costruito fabbriche di false attestazioni o truffe online Infine, un accenno alla speranza dei giovani, che deve essere alimentata e tenuta viva Perché definire i neet semplicemente come “giovani senza speranza” non risolverà certamente il problema

12dicembre2022 asud’europa 17

Progetto Unicef per i disabili ucraini

Tiziana Fantucchio

Dallo scoppio della guerra in Ucraina il 24 febbraio 2022, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) stima che più di 7 milioni di persone, di cui 2 milioni di bambini e bambine, siano fuggite dalle loro case in cerca di sicurezza nei Paesi vicini In una situazione già tragica e complicata è difficile pensare a ciò che le persone con disabilità possano dover affrontare Dalle difficoltà del dover decidere di partire da un giorno all’altro per trasferirsi, per un tempo indefinito, in un Paese di cui non si conosce nulla o quasi, alle barriere linguistiche fino all’accesso ai servizi di supporto

Le famiglie dei bambini con, o a rischio di, difficoltà nello sviluppo o con disabilità riscontrano problemi ad accedere ai servizi di supporto in tutte le parti d'Europa In molti casi, l'impossibilità di accedere a dei centri adeguati, alle terapie d’intervento precoce, così come il trauma legato alla guerra e a conseguente spostamento improvviso, possono influire negativamente sullo sviluppo e il benessere del bambino.

Nel luglio 2022, UNICEF e la European Association of Service Providers for Persons with Disabilities hanno lanciato un progetto della durata di 18 mesi che mira a formare professionisti e genitori a fornire consulenza e supporto alle famiglie con bambini a rischio o con difficoltà di sviluppo Professionisti e genitori formati avranno il compito di organizzare sessioni di supporto di gruppo con altri genitori provenienti dall’Ucraina e ora rifugiatisi nei Paesi vicini Durante le sessioni saranno i partecipanti stessi, insieme ai loro facilitatori, a decidere quali argomenti affrontare: quali sono i segnali post-trauma da attenzionare nei loro bambini, come aiutare i propri figli e se stessi a gestire lo stress, a chi rivolgersi per un supporto psicologico, quale centro contattare per richiedere delle terapie specifiche, fino a consigli che qualsiasi persona appena trasferitasi all’estero vorrebbe chiedere L'iniziativa è in corso di attuazione in Polonia, Slovacchia, Romania, Moldavia e Bulgaria tramite cinque organizzazioni esse stesse specializzate in servizi di supporto per persone con disabilità e spesso migranti Da persona referente di questo progetto, insieme alla collega Lyza Drannikova, per conto di EASPD non posso che esprimere ammirazione verso le persone che hanno deciso di intraprendere questa formazione, per la maggior parte ucraini che hanno trovato rifugio nei paesi confinanti, e le organizzazioni partner nei cinque paesi ospitanti per il loro lavoro quotidiano Per me, nonostante il contatto digitale continuo e giornaliero con loro, è difficile comprendere a pieno la situazione che spesso risulta surreale Durante l’ultimo training online dedicato ai genitori, le due trainer che dall’Ucraina stavano conducendo la formazione hanno dovuto interrompere la sessione perché la loro città era sotto attacco aereo Chiunque penserebbe che la formazione fosse quindi giunta alla fine Le due trainer si sono riconnesse dopo soli cinque minuti direttamente dal rifugio sotterraneo del loro palazzo per continuare la formazione utilizzando il cellulare e quel poco di connessione internet ed elettricità che rimane in questi casi Questa è la realtà che affrontano ogni giorno e hanno da subito deciso che la loro vita e il loro lavoro non possono bloccarsi ogni volta, purtroppo

sempre più spesso, che scatta l’allarme ‘Bisogna mantenere la calma, assicurarsi di essere al sicuro e continuare quello che stavamo facendo’ ci spiegano sorridendo Se volete saperne di più sul progetto seguiteci: https://www easpd eu/project-detail/ecdur/

Organizzazioni partner

• Keystone Moldova, Moldova

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• National Network for Children, Bulgaria

• Imago Foundation, Poland

• TENENET, Slovakia

Come parte del suo sostegno in Ucraina, EASPD sta lavorando per promuovere la deistituzionalizzazione e il diritto delle persone con disabilità a vivere in modo indipendente e ad essere incluse nella comunità Nel settembre 2022, il segretario generale dell'EASPD, Maya Doneva, e la pluripremiata giornalista bulgara, Miroluba Benatova, si sono recate in Ucraina per conoscere meglio la vita di coloro che sono rimasti in Ucraina e lo stato del processo di riforme sociali e istituzionali previste per il Paese Le storie delle persone incontrate sono raccontate nel documentario "UkrainePaused Reforms".

“Ukraine-Paused Reforms" affronta la realtà delle persone con disabilità che sono state costrette a rimanere in Ucraina dallo scoppio della guerra ed esplora l'attuale percorso del Paese verso la deistituzionalizzazione

Per ulteriori informazioni: https://www youtube com/watch?v=6gN-uXTPlUc

18 12dicembre2022 asud’europa

L’anno che verrà per gli Stati Uniti

Ha ereditato un’America isolata, ferita dall’assalto al Campidoglio e alle istituzioni della democrazia, piagata dalla pandemia da Covid e piegata dalla disparita sociale Eppure “Sleepy Joe, l’addormentato Joe Biden, come sarcasticamente lo ha definito l’ex presidente Donald Trump, ha incassato nel 2022 la sua rivincita Il presidente americano si è rivelato, non solo un capitano di lungo corso, ma un modello, anche per i suoi avversari Newt Gingrich, leader storico del partito repubblicano e già presidente della Camera nel 1994, ha invitato i membri del suo partito a non sottovalutare l’ottantenne presidente americano, spiegando che continuare “l’ostilità nei suoi confronti tende a renderci ciechi su quanto Biden sia stato efficace e alle sue condizioni" Ha condotto con cautela la guerra in Ucraina senza inviare truppe americane Ha avuto una delle migliori elezioni di midterm che un presidente possa vantare al suo primo mandato, proprio mentre i sondaggi davano la sua popolarità in caduta libera e alcuni candidati democratici lo volevano defilato ai loro comizi; con una stampa pronta ad amplificare più le sue gaffe e la sua ordinarietà, che il suo pragmatismo ottimista Se si guarda ai risultati legislativi il presidente democratico è riuscito a far approvare in maniera bipartisan “il più significativo pacchetto di ripresa economica dai tempi di Roosevelt; il più grande piano sulle infrastrutture dai tempi di Eisenhower; il più grande disegno di legge sul cambiamento climatico della storia americana” Tutto questo mentre i sussidi sulla ripresa economica spingono il settore manifatturiero a tornare in patria e gli investimenti su chip e semiconduttori made in US, preparano la strada all’indipendenza dalla Cina: il vero sfidante degli Stati Uniti nel prossimo futuro Biden ha superato le aspettative sia degli avversari repubblicani che dei compagni democratici, in un Congresso dove i liberali mantenevano una maggioranza ristretta sia alla Camera che al Senato e in un paese fortemente polarizzato e lacerato dai costanti attacchi alla legittimità delle elezioni presidenziali e delle istituzioni “Biden ha avuto molto più successo di quanto siamo stati disposti a credere" ha ribadito Gingrich”, sottolineando che si è rivelato “non solo un vincitore, ma anche un modello” E Biden continua a modellare il Paese del presente e del futuro, non solo facendo della parità di genere negli incarichi di governo un suo personale punto d’onore, ma inaugurando una serie di primati: Ketanji Brown Jackson prima giudice afroamericana nominata alla Corte Suprema; Deb Haaland, prima segretaria di gabinetto nativa americana; Lloyd Austin, primo segretario del Pentagono afroamericano; Alejandro Mayorkas, primo ispanico a guida del Dipartimento della sicurezza; Janet Yellen prima donna a guida del Tesoro; Karine Jean-Pierre, prima afroamericana portavoce della Casa Bianca e membro della comunità LGBT e la lista è sempre più lunga Nel 2022 il dibattito sociale e politico negli Stati Uniti è stato incentrato particolarmente sulla questione dell'aborto, dopo che la Corte Suprema ha ribaltato la sentenza Roe v Wade che, dagli anni ‘ 70, proteggeva questo diritto a livello federale, e che ora lascia agli stati mano libera sull’interruzione di gravidanza, con un puzzle di norme che continuerà a scatenare proteste e ad incendiare gli animi Attenzione politica ha suscitato il tema del razzismo, dell’antisemitismo e del suprematismo bianco, spinto anche dall’ex presidente Donald Trump, al centro di indagini su indagini La strage delle armi ha insanguinato il Paese con oltre 600 sparatorie di massa: la più crudele quella di Uvalde in Texas, dove a cadere sono stati 19 bambini ispanici di una scuola elementare e

2 insegnanti L’America sta facendo i conti e continuerà a farli con fenomeni discriminatori e di disparità sociale legati al colore della pelle e mai estirpati dalla sua storia; mentre la polarizzazione resta una minaccia alla tenuta istituzionale, con i media digitali alla ricerca di strategie che tengano insieme utili miliardari, protezione dei dati, informazione e libertà di parola, lotta alle fake news

L’acquisizione, per 44 miliardi di dollari, di Twitter, da parte di Elon Musk, al momento l’uomo più ricco del mondo, e le politiche di gestione dei profili e della sicurezza degli utenti, saranno comuni anche ad altre Big Tech come Google, sempre più pressato da campagne contro il monopolio del mercato, e Meta, la casa madre di Facebook, pressata dal crollo delle sue azioni da un lato (persi 700 miliardi in un anno) e lanciata sulla nuova fase di internet: il Metaverso E’ in questo luogo digitale che Mark Zuckerberg e non solo stanno investendo ingenti capitali per trasferire sul virtuale luoghi di lavoro, di incontro, di culto, di intrattenimento dove ai nostri avatar (rappresentazioni digitali di noi stessi) sarà consentito vivere una vita parallela Gli Usa stanno fronteggiando e continueranno a farlo, in parte anche nel 2023, un’inflazione galoppante e una politica monetaria restrittiva, che hanno messo in allerta Wall Street e i grandi gruppi di produzione del Paese sul pericolo di recessione; mentre il mercato delle criptovalute con i fallimenti di piattaforme di scambio delle monete digitali ha rischiato di provocare un nuovo crack bancario Il 2023 sarà l’anno in cui si esplorerà la possibilità di un dollaro digitale e si inaspriranno i controlli sul sistema monetario cripto Dall’altra parte i sindacati hanno riguadagnato la scena con Apple, Starbucks e Amazon, tra le aziende nel mirino di votazioni interne e proteste per ottenere maggiore protezione dei lavoratori Nell’anno che verrà, con i repubblicani che controllano la Camera, Biden non potrà avere mano libera sulla sua agenda, ma celebrerà la messa in opera di quanto approvato nei sui primi due anni di mandato Tuttavia la storica legge per decarbonizzare l'economia statunitense si troverà ad affrontare una strada in salita con le grandi compagnie petrolifere, che supportate dai conservatori, cercheranno di mettere un freno al cambiamento sposato già da case automobilistiche e aziende di energie alternative Il Paese sarà invece bloccato dalle indagini che la Camera intende avviare sulla gestione delle vaccinazioni antiCovid, sul ritiro dall’Afghanistan, sugli affari del figlio del presidente Hunter Biden Sul fronte esteri regolamentare i rapporti economici con la Cina e quelli di forza con Taiwan, sarà cruciale per il futuro dell’egemonia statunitense, come la soluzione multilaterale della guerra ucraina, che metta al muro l’avversario russo, mantenendo saldi i rapporti ritrovati con i paesi Nato Altro fronte caldo sarà il Medioriente e la nuova leadership israeliana non particolarmente propensa a concessioni ai vicini palestinesi Centrale sarà anche la gestione dei rapporti con i paesi del centroamerica per mettere un freno alle crescenti ondate migratorie e con i vicini canadesi e messicani in termini di rapporti commerciali Il 2023, per molti versi, richiederà la messa in atto di una delle qualità costantemente presenti negli scenari di rottura della storia americana: la capacità di trasformazione e di creatività, quella che nel bene e nel male ha consegnato e consegna agli Usa un ruolo di leadership, magari meno politica, ma ancora visionaria e progressista

12dicembre2022 asud’europa 19
Maddalena Maltese

I costi impliciti della corruzione

Elio Collovà

Oggi voglio parlare della corruzione, nella considerazione che nello sciagurato anno che sta per lasciarci – con un’ingombrante coda di pandemia, guerra, nuovo governo, PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza) – la corruzione ha comunque continuato a vivere serena e indisturbata; anzi approfittando il più delle volte, delle situazioni di emergenza che i citati fenomeni hanno procurato

La corruzione si afferma ogni giorno di più e s’infiltra nelle attività economiche del Paese, mantenendosi invisibile però tutti sanno della sua esistenza e di potere contare su di essa nei momenti in cui necessita una spinta per ottenere gli obiettivi aspirati La corruzione è penetrata nel mondo degli affari, della finanza, delle professioni, della privata imprenditoria, della pubblica amministrazione Senza contare del peso che assume nel mondo politico, molto incline a stringere patti ed alleanze in attività di scambio di favori E’ un espediente di vera e propria penetrazione delle mafie nelle istituzioni

La corruzione è uno strumento invisibile, disciplinato; è fatto di regole, ancorché non scritte ma sicuramente conosciute da chi ne ha interesse a farvi ricorso; quelle regole che possono essere richiamate anche soltanto da uno sguardo, da una sola parola Ma all’origine di tutto ciò c’è sicuramente l’intimidazione, la violenza psicologica Dice Roberto Scarpinato che abbiamo un ceto politico che, dopo il crollo della prima repubblica ha progressivamente emanato una serie di leggi che hanno impedito il contrasto giudiziario alla corruzione che rimane sostanzialmente impunita Essa è divenuta uno strumento essenziale per le mafie con lo scopo di conseguire fini illeciti, per controllare il territorio, per tenere in stato di sudditanza i vari uffici della pubblica amministrazione che avranno il compito di saltare ostacoli, di aggirare le norme Si pensi a tutti i Comuni d’Italia che sono “sciolti per mafia”; come è avvenuto, ad esempio, per il Comune di Bompensieri, un piccolissimo paesino in provincia di Caltanissetta che conta soltanto cinquecento abitanti; il Consiglio dei Ministri lo ha sciolto per collegamenti con il mondo della criminalità organizzata. Cito questo Comune solo per rilevare come neanche le piccole comunità si sottraggono alla libidine del malaffare Ma potrei citare altri casi ben più importanti: è stato sciolto per mafia il Comune di Vittoria in provincia di Siracusa, che vanta il mercato ortofrutticolo più importante del sud-Italia; solo che, all’interno del mercato si è scoperta l’esistenza di traffico di armi e stupefacenti ma anche l’imposizione delle ditte che avrebbero provveduto al confezionamento dei prodotti ortofrutticoli Ci sono Comuni che hanno subìto lo scioglimento più di una volta; circostanza che sta ad indicare l’irredimibilità di quella gran parte della Pubblica amministrazione e del ceto politico, dedita all’illecito e che costituisce il vero radicamento del fenomeno corruttivo sul territorio. Dunque la corruzione è un fenomeno composito, che si presenta sotto diverse forme: si può fare riferimento a tutte le forme di malfunzionamento della pubblica amministrazione a causa dell’uso privatistico delle funzioni pubbliche Rientrano in questo quadro non solo i reati corruttivi veri e propri (artt 318-332 bis codice penale) ma anche quelli che derivano da condotte di pubblici funzionari infedeli che allo scopo di procurarsi benefici personali, commettono comportamenti illeciti e pertanto mettono in difficoltà il buon funzionamento della macchina pubblica Uno studio approfondito della materia ha evidenziato la presenza di due tipi di rilevatori che si basano, uno, sulla percezione del fenomeno (CPI:Corruption Perception Index) e il secondo sulle indicazioni amministrative impie-

gate per accertare gli indici di mutazione dei reati corruttivi nel tempo e nello spazio Transparency International ha calcolato che l’Italia, con riguardo alla “corruzione percepita”, si trova in zona più prossima ai paesi emergenti piuttosto che a quella dei paesi membri dellOCSE D’altro canto, non potrebbe essere diversamente se il segno più tangibile della lotta alla corruzione è l’Alto Commissario contro la corruzione, il quale è alle dirette dipendenze funzionali della presidenza del Consiglio; conseguentemente non può vantare quel principio d’indipendenza dal potere politico che dovrebbe avere qualunque Autorità Indro Montanelli diceva che per stroncare la corruzione occorre cambiare gli italiani E’ un’affermazione tanto vera quanto amara perché vorrebbe dire che la corruzione risiede geneticamente nella cultura degli italiani e pertanto sarà più difficile debellarla La domanda che molti si pongono è: perché dobbiamo combattere in tutti i modi la corruzione? Il pensiero comune è che, tutto sommato, un po’ di corruzione non guasta; che serve a lubrificare i meccanismi del mercato Questa è una tesi assolutamente malsana perché, vivendo nell’era della globalizzazione, la corruzione costituisce una delle peggiori degenerazioni del mercato, un reale impedimento alla crescita economica E comunque, al di là degli aspetti di natura etica, non può sfuggire che la corruzione ha un costo progressivamente in aumento quando diventa così pervasiva da rientrare – quasi a buon diritto – nella normalità Cioè quando la collettività che opera nella società civile finisce per ritenere che la corruzione sia uno strumento utile per semplificare le procedure aggirando le regole

I costi della corruzione sono una delle principali concause del dilagare del fenomeno; e non parliamo solamente dei costi percepibili, quelli di natura strettamente economica che si possono valutare quantitativamente ma anche i costi sottintesi ed impliciti come ad esempio, la credibilità della politica, la fiducia nelle istituzioni, la garanzia di indipendenza della magistratura: sono quei costi che si chiamano “beni intangibili”, quei beni cioè che non si possono misurare perché sono immateriali, astratti, impalpabili Da cittadino, devo auspicare che questo nuovo governo, con la sua maggioranza, voglia e sia nelle condizioni di intervenire nella legislazione con buone norme che mettano la magistratura e le forze investigative nelle condizioni di combattere seriamente il fenomeno corruttivo Ma sarà così?

20 12dicembre2022 asud’europa

NGEU, capitale fisso sociale e il ponte della discordia

Ci risiamo, ancora una volta Si riapre il dibattito Il Grande Progetto, la Sfida del Millennio, l’Opera che finalmente rilancerà lo Sviluppo del Mezzogiorno Forse Il Ponte sullo Stretto Siamo al tempo di Next Generation EU, al tempo del PNRR e qualcosa proprio non va, se le prospettive di sviluppo di un’area così vasta, e forse di riflesso di un intero Paese, sembrano ancora così fortemente legate, nell’immaginario politico e sociale, a un’opera di questo genere Una buona dotazione di infrastrutture fisiche – il capitale fisso sociale, come dicono gli economisti – sostiene e incrementa la produttività di terra, lavoro e capitale, questo è certo, ma le infrastrutture producono esternalità di ogni genere (positive e negative) e il loro impatto, in termini di costi, deve essere decrescente, a fronte di benefici crescenti Da valutare attentamente in termini sociali e ambientali, oltre che strettamente economici o finanziari Chi scrive ha lungamente partecipato a studi, ricerche e dibattiti sul tema, tutti caratterizzati da forti requisiti di concretezza, sia sul piano progettuale, sia su quello economico-finanziario, sia su quello politico e sociale, e in questa sede ritiene opportuno offrire al lettore una sintesi estrema di quanto la letteratura sull’argomento offre ormai da tempo Ma procediamo per gradi Il ponte si può fare Ma appartiene al passato (piaccia o meno) Si può fare? Da un punto di vista ingegneristico, la sfida è imponente, ma di certo tecnologie di avanguardia, note o allo studio, rendono un’opera di questo genere tecnicamente realizzabile L’affermazione è forte e potente, stupefacente, entusiasmante se non fosse che quasi subito, al primo lampo di senso comune, non venga da chiedersi: ok, certo, ma a quali veri costi (e per chi), con quali benefici? E qui le cose si fanno complesse (o semplicissime, dipende dai punti di vista)

Gli studi economici convergono su due punti essenziali: la diff coltà di rientro nei costi (non meno di 9 miliardi dichiarati, 11 secondo stime indipendenti), per lunghi anni, basati dopo l’investimento iniziale (fondi provenienti da fiscalità generale? Comunità europea? Project financing?) sul pagamento dei pedaggi, a volumi di traffico stimati ancora in crescita negli anni Ottanta e ormai strutturalmente decrescenti Il mondo cambia, ormai molto rapidamente: siamo nell’era della dematerializzazione e di Amazon e del trasporto via mare e cielo e gli obiettivi del millennio sostenibile ci portano sempre più lontano dal calcestruzzo e dall’acciaio Con due difficoltà aggiuntive, anzi tre: l’opera non è davvero fra le priorità europee e la competitività dell’attuale sistema di trasporto (traghetti privati e pubblici), in termini di prezzo e tempi complessivi di percorrenza sarebbe tutt’altro che trascurabile La terza difficoltà è legata al fatto che la corruzione e le mafie privilegiano da sempre intermediare e inquinare il mondo delle opere pubbliche, cosa che richiederebbe enormi sforzi aggiuntivi di monitoraggio e controllo in ogni fase del processo, non solo in quella costruttiva In questo contesto, sostengono gli studi, i benefici economici della realizzazione del ponte sarebbero soprattutto legati al periodo della sua realizzazione: ampi investimenti in costruzioni, con modesti effetti moltiplicativi (progressivamente decrescenti a opera compiuta) sul reddito, sul prodotto e sull’occupazione nell’area, senza un sostanziale avanzamento della produttività totale dei fattori nelle regioni interessate Ovvero: Sicilia e Calabria rimarrebbero quel che sono, con prospettive e tendenze ampiamente indipendenti e solo marginalmente sfiorate dalla realizzazione del colosso. La recente “Stima dei costi dell’insularità della Sicilia” , curata dalla stessa Regione Sicilia, offre una stima di tali costi nel-

l’ordine de 7,4% del PIL regionale all’anno, cioè in 6,54 miliardi di euro anno (dati 2021) Il problema è che – a leggere la ricerca – i costi dipendono essenzialmente dalla fragilità e dalla frammentazione delle reti di collegamento interne, tutt’altro che seamless (“senza cuciture”), più che dall’efficienza dei collegamenti verso e dall’Isola La Sicilia è tutt’altro che inaccessibile, insomma, il problema è muovercisi dentro

Rimangono fuori da questo ragionamento, per diversa competenza, gli approfondimenti relativi alle tematiche ambientali (rischio sismico, alterazione a lungo termine dell’ecosistema) e sociali: le abitudini delle persone possono cambiare, ma l’opera andrebbe realizzata su un territorio già fortemente urbanizzato Drammatiche esperienze sociali simili alle migrazioni di massa determinate dalla costruzione di grandi infrastrutture in Cina sono difficilmente replicabili nelle democrazie europee Proponiamo, a questo punto, un breve percorso fra opere simili – per ispirazione e tecnologie – realizzate altrove.

Le esperienze degli altri

Il ponte di Øresund, il lungo viadotto che unisce Copenhagen a Malmo, ovvero la Danimarca e la Svezia, quasi 8 km di strada e ferrovia dei quali 4 in tunnel sommerso a partire da un’isola artificiale costruita allo scopo, opera realizzata da due società private, costata circa 4 miliardi di euro, che si finanzia attraverso i pedaggi e risulta produrre circa 8,4 miliardi di euro all’anno di benefici economici fra le due sponde

Il ponte a campata unica Akashi Kaikyo in Giappone, sullo stretto di Akashi, che unisce le città di Kobe (isola di Honshu) e Iwaya (isola di Awaji), zona altamente sismica e molto trafficata (23 mila automobili al giorno), costato circa 3,1 miliardi di euro; è il secondo del mondo per lunghezza

Il primo è il ponte di Çanakkale sullo stretto dei Dardanelli in Turchia, 4 600 metri di cui oltre 2 000 a campata unica Secondo il presidente Erdoğan, la costruzione del ponte è costata 2,5 miliardi di euro, ma dovrebbe produrre un risparmio di 415 milioni di euro all'anno (breakeven point in poco più di sai anni, 2028) per riduzione del consumo di carburante e delle emissioni di carbonio Infine il ponte di Vladivostock in Siberia, il vero elefante bianco*: lungo circa 3 000 metri dei quali 1 100 a campata unica, unisce l’isola di Russky alla terraferma Voluto dal presidente Putin in occasione del G-20 del 2012, dovrebbe ospitare il transito di 50 mila vetture al giorno (dieci volte la popolazione dell’isola Russky), la strada asfaltata terminava al termine del ponte I costi di realizzazione, inizialmente previsti in 100 miliardi di rubli (circa 4 miliardi di euro 2012), non sono mai stati resi noti A bridge to nowhere, si direbbe in inglese Quiz per il lettore accorto: quale fra i modelli citati appare più vicino al ponte sullo Stretto? In un’ottica di lungo periodo e fuori dai più perduti ideologismi, altre domande inquiete si fanno strada: perché ne stiamo nuovamente parlando? A chi o a cosa serve davvero? A fronte delle sfide poste dal cambiamento climatico, dal dissesto idrogeologico e dalle grandi migrazioni, come nello sconcertante caso Brexit siamo ancora una volta, drammaticamente, nel campo delle promesse sesquipedali che la propaganda rende desiderabili a maggioranze facilmente suggestionabili e avide di soluzioni ingenue

(*) Il termine white elefant, elefante bianco, si riferisce a qualcosa di molto costoso di cui non c’era gran bisogno

12dicembre2022 asud’europa 21

La rivoluzione digitale della criminalità

L’evoluzione delle tecnologie informatiche ha segnato un importante mutamento all’interno della società moderna: la globalizzazione ha determinato la creazione di un cyberspace senza confini, che supera le barriere spazio-temporali, garantendo ad esempio di ottenere informazioni da tutto il mondo in tempo reale, comunicare a distanza, interagire virtualmente con tutti Una vera e propria rivoluzione digitale che ha portato anche ad una rivoluzione nella criminalità: il cybercrime è diventato uno dei reati più diffusi al mondo, nonché uno dei più dinamici, essendo la diretta conseguenza dei progressi tecnologici, in costante evoluzione È un fenomeno che prevede la commissione di attività illecite che mirano al danneggiamento di tecnologie dell’informazione e comunicazione o che utilizzano le stesse ai fini della consumazione del crimine Il cybercrime non è altro che l'evoluzione dei crimini nell'epoca attuale: esso sfugge dai modelli tradizionali tipizzati dagli ordinamenti giuridici per l’assenza di confini geografici e la sua natura transnazionale, che comporta che tutti possano esserne soggetti, dal comune cittadino alle grandi istituzioni I reati classificabili nella categoria del cybercrime si distinguono in: reati informatici in senso stretto e reati informatici in senso lato. I primi sono costituiti da quelle condotte che necessitano il supporto di oggetti o attività di carattere tecnologico: tipico esempio è la diffusione di un malware, o un attacco hacker I reati informatici in senso lato sono, invece, crimini “comuni”, tipizzati dagli ordinamenti giuridici, ma commessi mediante la tecnologia: un esempio può essere il phishing, un tipo di truffa perpetrata a mezzo Internet Già nel 2020 e nel 2021 i cyber-attacchi erano aumentati vertiginosamente, complice la pandemia da Covid-19, eppure però il 2022 ha confermato che il cybercrime consiste in una vera e propria emergenza globale

Il recente rapporto Clusit dell’ottobre 2022 ha riportato un note-

vole incremento delle minacce informatiche, principalmente per mezzo di malware, ovvero dei malicious software con lo scopo di cagionare danni diffusi, come malfunzionamento della rete, sottrazione di informazioni, accesso non autorizzato a reti e sistemi Uno dei più conosciuti malware, nonché il più presente in Italia, è il ransomware, che infetta un dispositivo, rendendo inaccessibili i dati e richiedendo un riscatto da pagare per ripristinarli

Un altro metodo utilizzato, anch’esso in aumento, è l’attacco tramite i DDos, cioè i Distributed Denial of Service (interruzione distribuita del sito), avente lo scopo di rendere inservibile un sito web o servizio online sovraccaricandolo, con richieste di accesso e spam originate da diverse fonti

I cybercriminali usano metodologie sempre più sofisticate che rendono difficile non solo il loro tracciamento, ma anche la protezione dallo sfruttamento delle vulnerabilità.

Stando sempre al rapporto Clusit, si è verificato un notevole aumento degli attacchi informatici in Europa, a causa soprattutto del conflitto russo-ucraino, una vera e propria guerra ibrida combattuta tra missili e attacchi informatici Nasce quindi l’esigenza di una convenzione che operi a livello internazionale, che sia unitaria e armonizzata, per sopperire la poca incisività delle normative regionali già esistenti, creando invece un sistema di norme comune a livello globale Pertanto, per cercare di attenuare quanto più possibile lo sviluppo del fenomeno del cybercrime, le Nazioni Unite, insieme alle grandi istituzioni e organizzazioni mondiali, stanno attualmente elaborando una nuova convenzione per contrastare l’uso delle tecnologie dell’informazione e comunicazione per scopi criminali, sotto la supervisione di un Comitato Ad Hoc L’obiettivo è quello di creare una normativa su prevenzione e difesa dalla criminalità informatica La creazione del suddetto Comitato è utile non solo per studiare e analizzare in dettaglio il fenomeno, ma soprattutto per garantire che la futura convenzione sia negoziata da Stati Membri insieme alle organizzazioni non governative, alla società civile, al settore privato e al mondo accademico, fornendo competenze tecniche e specifiche Allo stato attuale, il Comitato Ad Hoc costituito per sviluppare la suddetta convenzione è fermo ancora alle sessioni di negoziazione, a cui il Centro Studi e Iniziative Culturali Pio La Torre sta partecipando attivamente, in qualità di stakeholder

Le prospettive del nuovo anno vedranno i lavori del Comitato Ad Hoc quasi al termine, con l’auspicio di concludere definitivamente le negoziazioni entro il 2024 Ma oltre a tale progetto, le Nazioni Unite continuano nella prevenzione e nella lotta contro la criminalità perseguendo il 16° obiettivo dell’Agenda 2030 (Pace, Giustizia e Istituzioni Solide).

Mi auguro quindi che le iniziative dell’ONU e delle altre istituzioni internazionali possano portare ad un effettivo ed efficace cambiamento, auspicando alla riduzione del fenomeno del cybercrime

22 12dicembre2022 asud’europa

Scuole siciliane in Rete per la Promozione della salute

Cinque anni di tempo per creare sul territorio siciliano la “Rete di Scuole che promuovono salute” È il tempo che l’Assessorato alla salute, in raccordo con l’Ufficio scolastico regionale, si è data per invogliare le scuole di tutta l’isola a “ripensarsi” nell’ottica dell’ “approccio globale alla salute” Si tratta prioritariamente di un cambiamento culturale e organizzativo secondo cui “La promozione della salute nel contesto scolastico ha una valenza più ampia di quella sottesa all’educazione alla salute, comprendendo anche le politiche per una scuola sana in relazione all’ambiente fisico e sociale degli istituti scolastici ed ai legami con i partner (comuni, associazioni, servizi sanitari ), per migliorare e/o proteggere la salute e il benessere di tutta la comunità scolastica” E’ quanto si legge nel documento Ministeriale “Indirizzi di Policy integrata per la scuola che promuove salute” che l’Assessorato alla Salute ha recepito nel protocollo d’Intesa sottoscritto dal Dirigente DASOE Mario La Rocca, insieme al Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale Stefano Suraniti lo scorso marzo

Il documento apre nuovi scenari nell’intendere le azioni per la promozione della salute pubblica La scuola in questo contesto si configura come ambiente privilegiato dove attivare con successo politiche finalizzate a promuovere il benessere della collettività Viene infatti data legittimità e cittadinanza ad una proposta di natura intersettoriale e trasversale nel leggere e intendere i fattori di rischio, nell’ottica di programmare interventi volti sia a modificare i comportamenti individuali scorretti che a creare condizioni ambientali idonee a facilitare le scelte salutari

Le scuole, intese come luoghi fisici e di apprendimento, vengono riconosciute come ambienti favorevoli alla salute in cui tutta l’organizzazione può essere funzionale al raggiungimento dell’obiettivo Salute Accanto agli interventi di natura educativa e formativa vanno valorizzati gli interventi impliciti a carattere sociale e organizzativo che pure incidono sulla crescita e la formazione degli studenti La prospettiva è infatti quella di creare delle abitudini salutari negli studenti – sana alimentazione di spuntini e merendee stili di vita salubre caratterizzati da pause attive e attività fisica

con progetti dedicati, perché poi ciascuno possa riportare quanto sperimentato nei contesti familiari diventando prassi condivise di tutti

La logica è quella del “Civic Centre” in grado di coinvolgere l’intera collettività e il territorio circostante, diventando forza motrice di iniziative e attività rivolte alla cittadinanza

Si fa strada, dunque, la necessità di aderire alla logica organizzativa delle “Scuole che Promuovono Salute” (III Conferenza Europea del 2009 di Vilnius, Linee Guida IUHPE 2011, IV Conferenza Europea/Dichiarazione di Odense del 2013)

L’esperienza della Rete SHE (Schools for Health in Europe) è diffusa in tutta Europa e nel nord Italia Adesso, grazie all’intesa di marzo tra DASOE e USR, anche in Sicilia, si stanno attivando percorsi e prassi per la attivazione della Rete regionale Lo strumento di avvio e monitoraggio è il Piano Regionale di Prevenzione 2020/2025 (DA 1438 del 23/12/2021 – GURS n 2/2022) che richiede alle Aziende Sanitarie un lavoro mirato a cambiare la logica del fare prevenzione in Sicilia a partire dai profili di salute dei diversi contesti sociali e organizzativi Il Piano fornisce indicazioni alle Aziende Sanitarie, per organizzarsi attorno ai 14 Programmi, tra Predefiniti e Liberi, di Prevenzione Il primo di questi è dedicato appunto alle Scuole che promuovono salute, come da indicazioni ministeriali che la regione ha recepito e rivolto alle realtà sanitarie territoriali Adesso si è alla fase organizzativa: accordi, intese, documenti, progetti. E’ tutto un cantiere per accompagnare e governare un cambio culturale nel modo di fare e pensare la salute Già nello scorso mese di giugno, Operatori sanitari e Dirigenti scolastici sono stati coinvolti al Cefpas – il Centro regionale per la formazione al personale sanitario che ha sede a Caltanissetta, in un percorso di formazione promosso dall’Ufficio Scolastico Regionale e dal DASOE per l’avvio delle Reti di scuole su tutto il territorio Regionale In quella sede sono stati individuate le scuole capofila che dovranno assumersi, insieme alle AA SS PP , l’impegno di organizzare e attivare le Reti Provinciali

12dicembre2022 asud’europa 23
L’elenco delle scuole referenti Agrigento Ippseoa “Gaspare Ambrosini” Caltanissetta Ipsia “Galileo Galilei” Enna Istituto Comprensivo “G Mazzini” Catania Istituto Comprensivo Vittorino Da Feltre Messina 1° I C Di Milazzo Palermo I M S “Camillo Finocchiaro Aprile” Ragusa Istituto Comprensivo “G Caruano” Siracusa 1° “I C “G E Rizzo” Trapani Istituto Superiore “Ignazio Vincenzo Florio”

“Patto per la lettura di Palermo”

Una speranza tarpata

Certamente non molti tra i palermitani sanno che Palermo è una “città che legge”, e che questa denominazione rientra in una politica nazionale Il “Patto per la lettura” è una strategia culturale e istituzionale, un processo avviato dal dei Beni Culturali con il programma “Città che legge”, promosso dal Centro per il Libro e la Lettura (istituto autonomo del Ministero) A questa strategia la Città di Palermo ha aderito dal 2017, inserendosi tra quelle città riconosciute dal CEPELL “virtuose in tema di lettura”, e dando inizio al percorso che ha condotto alla stesura del “Patto per la lettura della Città di Palermo”, il primo stipulato in Sicilia Il 20 giugno 2018 nell’atrio della Biblioteca Comunale si è svolta la cerimonia di firma del “Patto”, primo firmatario il Presidente del Centro per il libro e la lettura del Ministero per i beni culturali, e sottoscritto dall’Arcidiocesi, dal Rettore dell’Università degli Studi, dall’Ufficio scolastico regionale, dalla Camera di Commercio, dal Sindaco della Città di Palermo e dall’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana Con l'adozione del “Patto” il Comune - mettendo in atto quanto previsto dall’art 112 del Codice dei Beni Culturali e del paesaggio - a partire dal proprio Sistema Bibliotecario e in raccordo con le altre istituzioni aventi competenze su “libro e lettura”, ha determinato di promuovere un modello sperimentale di promozione del libro e della lettura, “finalizzato a coinvolgere tutti i soggetti istituzionali e privati che perseguano il fine di incrementare gli indici di lettura”

Al “Patto” hanno aderito soggetti pubblici e privati che ne hanno sottoscritto lo spirito e le finalità I sottoscrittori condividono il principio che la conoscenza sia un bene comune e che il libro, in tutte le sue forme, e la lettura siano strumenti insostituibili di accesso alla conoscenza Attraverso la creazione di una rete territoriale, il “Patto” si è prefisso di ridare valore all’atto di leggere come momento essenziale per la costruzione di una nuova idea di cittadinanza, mirando a riconoscere l’accesso alla lettura quale diritto di tutti, a rendere la pratica della lettura un’abitudine sociale diffusa, ad avvicinare alla lettura i “non lettori” e a promuovere l’apprendimento permanente attraverso la lettura Palermo in questo percorso può “scoprire” la propria enorme ricchezza in materia di patrimonio librario, fatto di archivi e biblioteche (scolastiche, ecclesiali, pubbliche e private, storiche, d'avanguardia, multimediali), di scrittori, lettori, editori e librai Nel far conoscere e far fruire queste ricchezze un forte contributo viene dalle fiere (Una Marina di Libri e La via dei Librai, tra le altre) e dai festival (Letterature Migranti e Illustramente, tra gli altri) che lungo tutto l'anno coinvolgono la cittadinanza e i visitatori a migliaia, in presenza e anche in streaming

L'Amministrazione Comunale ha cercato di procedere su questo cammino con l'intento di favorire un’azione coordinata e sistematica di moltiplicazione delle occasioni di contatto e di conoscenza fra i lettori e chi scrive, chi pubblica, chi vende, chi presta, chi conserva, chi traduce e legge i libri, per dare continuità e vigore alle iniziative di promozione alla lettura già collaudate o sviluppandone sempre di nuove e innovative Grazie alla stipula del “Patto” il Comune di Palermo ha potuto partecipare al bando annuale del CEPELL per l’esercizio finanziario

2019, con l’attualizzazione e implementazione contenutistica del Progetto “Otto biblioteche per otto circoscrizioni”, già curato dal Laboratorio di progettazione architettonica 1 Corso di laurea in Ingegneria edile-architettura, dalla Facoltà di Ingegneria di Palermo Si è così giunti alla formulazione del progetto “LibrOvunque”, per attività promozionali della lettura nella città; nel novembre 2019, il CEPELL ha comunicato la pubblicazione della graduatoria dei progetti presentati, e “LibrOvunque Otto biblioteche per otto circoscrizioni” è stato il più apprezzato su scala nazionale, classificandosi al primo posto con 82/100, davanti a Napoli (79/100) e Catania (77/100) La redazione del progetto esecutivo ha purtroppo richiesto i necessari adeguamenti a ogni prescrizione seguente le direttive, nazionali e regionali, per il contrasto della diffusione del Coronavirus, e le attività si son potute finalmente avviare nel maggio del 2021, con gli incontri nelle otto circoscrizioni Nella Prima Circoscrizione (a Piazza Papireto, maggio) il tema è stato quello della “Multiculturalità, ponti tra culture differenti La ricchezza delle culture”, svolto con i “Reading di Poesia Narrativa” che hanno visto avvicendarsi attori, attrici, autori, provenienti da tutto il mondo, persone che hanno scelto Palermo e la Sicilia come luogo dove vivere, il “Laboratorio per bambini”, accompagnati in una breve immersione nella magia dei fumetti, scoprendo che anche loro possono costruirli, inventarli, trasformarli , “L’arte come trampolino” per esprimere il mondo che abbiamo dentro e il mondo che incontriamo fuori, “Le Storie e geografie ignote”, Asia e Africa sono continenti sterminati dove si parlano centinaia di lingue diverse e prosperano culture, religioni, tradizioni antichissime del tutto distanti fra loro, per capire quanto è importante conoscerle Nella Seconda Circoscrizione (Ponte Ammiraglio, giugno) il tema “Il mare come salvezza” è stato affrontato con i “Reading di poesia contemporanea” dedicati a mare e territorio, con l’incontro “La scuola faro del territorio”, in cui la Dirigente Antonella Di Bartolo della scuola Pertini ha raccontato l’esperienza nel quartiere, un esempio di buone pratiche sul territorio Nella Terza Circoscrizione (Impianto Sportivo Comunale Bonagia, giugno) si è discusso de “La Biblioteca delle emozioni La lettura come terapia”, la lettura ci fa uscire dal nostro io, ci seduce e ci porta altrove Nell’incontro con il Liceo Danilo Dolci il dirigente Matteo Croce e la vicepreside Linda Caccamo hanno parlato di scuola e territorio, scuola e associazioni, dei progetti portati avanti negli anni per l’integrazione, l’attenzione verso i soggetti più fragili e i ragazzi disabili Lo spettacolo di teatro-danza “Midsummer awake”, con testi liberamente ispirati all’Antologia di Spoon River, il Laboratorio di biblioterapia, hanno offerto una memorabile e diversa esperienza emotiva in cui i partecipanti hanno scoperto come sia possibile, grazie ai libri, entrare in contatto con i diversi aspetti di sé e imparare a comprenderli Il Laboratorio per bambini “Raccontando un’emozione” è stato curato dall’associazione di volontariato Panagiotis, per un percorso di riconoscimento delle emozioni positive e negative attraverso un viaggio nel mondo delle fiabe e delle filastrocche

Il
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Giuseppe Scuderi

Nella Quarta Circoscrizione (Pattinodromo, Via Mulè, settembre) il tema è stato “La Biblioteca della Città, Legalità, Storia”, dedicato a quanti, anche lontano dai riflettori, contribuiscono alla storia della città Quindi “Il quartiere racconta una notte da favola al balcone”, l’esperienza del primo progetto del patto di comunità fra scuola, associazioni e circoscrizione, nel quartiere di Altarello bassa, il Reading di poesia contemporanea, la presentazione dei libri “Malae Spinae” per raccontare la legalità in maniera struggente e intensa, una particolare realtà di ragazzi siciliani, “Io Felicia Conversazioni con la madre di Peppino Impastato”, di Angelo Sicilia e Mari Albanese, “Pio La Torre e la CGIL: l’impegno sindacale a Palermo e in Sicilia”, di Pierluigi Basile, con Dino Paternostro della CGIL, Enzo Campo, ex segretario generale della CGIL Palermo, e Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi ed Iniziative culturali “Pio La Torre”

Nella Quinta Circoscrizione (Giardino della Zisa, settembre) si è “ascoltata” “La Biblioteca dei suoni”, suoni e rumori riproducono momenti di vita quotidiana, sono la base musicale delle nostre letture La presentazione dei libri “Peccato d’orgoglio” di Enza Maria D’Angelo, la storia di due donne e due generazioni confinanti, e “Sembrava la fine del mondo”, di Daniele Catalano, scrittore e funzionario della professionalità pedagogica presso l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Palermo E poi “Dante in musica”, momenti musicali in collaborazione con il Conservatorio di Musica “Alessandro Scarlatti”

Nella Sesta Circoscrizione (Giardino Impastato CEP, ottobre) il Tema “Biblioteca popolare Tradizioni Riti Usanze” è stato affrontato da Newbookclub, laboratorio di scrittura, una giovane associazione palermitana di promozione culturale che organizza incontri di scrittura creativa e di comunità, per creare una comunità di grafomani e appassionati, non attraverso tecnicismi o dando un metodo di scrittura, ma nell’empatia e senso di appartenenza Per “La scuola e il territorio” alunni e genitori dell’istituto “Virgilio Marone” si sono resi interpreti di opere di Giovanni Meli, con riflessioni sulla salvaguardia della biodiversità; e infine gli spazi musicali “E vui durmiti ancora!” e “Nicuzza duci”, interpretati da Serena Pantè

Nella Settima Circoscrizione (Palazzina alla Cinese, settembre) l’argomento non poteva che essere la “Biblioteca dell’ambiente, natura, ecologia, futuro”, con i Laboratori per bambini con Zen Insieme, la lettura collettiva e ad alta voce di albi illustrati, per la condivisione delle emozioni e dei contenuti delle storie lette, un laboratorio creativo con materiali di riciclo, ispirato alle storie lette Il Laboratorio di lettura mamma-bambina\o, laboratorio di lettura ad alta voce in età prescolare, per la lettura quale strumento di crescita personale e luogo di socializzazione e condivisione E ancora le presentazione dei libri “Arborea, la storia di Palermo in 100 alberi illustri”, di Mario Pintagro, “Guida ai giardini pubblici di Palermo”, un omaggio postumo a Rosanna Pirajno, intellettuale, architetta palermitana, nella memoria del suo appassionato lavoro e del suo impegno civile Infine con l’Associazione elementi, che lavora per la crescita dei bambini in un bene confiscato a Cardillo, il Laboratorio spettacolo “Il bosco incantato del Re”, una fiaba interattiva rivolta ai bambini che attraverso il suo protagonista, abitante della Favorita, accompagnerà i bambini in giochi interattivi e laboratori

L’ultimo appuntamento “in piazza” è stato nella Ottava Circoscrizione (Piazza Castelnuovo, novembre), per discutere di “Biblioteca dell’Apprendimento Didattica Sapere Scienza” L’incontro “Nuove architetture per il sistema bibliotecario comunale di Palermo” ha voluto riflettere sullo spazio pubblico e sulla città, con docenti e studenti dei Laboratori di Progettazione architettonica del corso di studi in Ingegneria edile-Architettura dell’Università di

Palermo Rosaria Cascio ha presentato il suo “Giornalisti tra i banchi”, scritto con i suoi studenti del Liceo Regina Margherita, un progetto didattico di grande valenza dove la scuola va in scena: bullismo, sesso, amore, anoressia, identità sessuale, droga, amicizia, famiglia, solitudine, temi intimi e attuali, raccontati dagli stessi ragazzi, senza correzioni o censure Vanessa Ambrosecchio ha presentato il suo “Tutto un rimbalzare di neuroni Il racconto di cosa ci ha tolto la didattica a distanza”: un viaggio spericolato ma vivissimo nel controsenso della scuola a domicilio, il racconto di cosa ha tolto la didattica a distanza Valentina Chinnici ha presentato il libro di Mari D’Agostino “Noi che siamo passati dalla Libia”, il viaggio verso l’Italia attraverso la rotta centrale africana, la Libia e il mare Mediterraneo Giovani che hanno percorso le strade africane, muovendosi dentro l’universo della diversità linguistica Infine “Cuntalibri, i libri si narrano” un magico universo in cui i romanzi prendono vita nei loro personaggi e si muovono, parlano e respirano insieme al lettore ascoltatore; una iniziativa a cura di Comunità Narranti, una sinergia di menti, cuori e anime che si sono incontrate casualmente nel percorso di “LibrOvunque” e che nel sentirsi subito una comunità hanno deciso di raccontarsi tra loro e raccontare oltre loro stessi: lettori voraci, scrittori appassionati, ascoltatori attenti, sognatori audaci fermamente convinti che le storie siano parte integrante dell’umanità Il “Centro studi e iniziative Pio La Torre” di Palermo (istituto pure firmatario del “Patto”) ha svolto il progetto “Biblioteca 2030, verso un quartiere sostenibile”, utilmente collocato in graduatoria per il finanziamento a carico del bando “Biblioteca Casa Quartiere” promosso dalla Direzione Generale Creatività contemporanea e rigenerazione urbana del Ministero per i beni culturali e ambientali Insomma, sono stati due anni di intense attività, due anni di “sensazioni positive”, due anni di speranza, come abbiamo detto nel titolo Ma, adesso, e non solo per gli avvicendamenti delle amministrazioni coinvolte (Comune, Regione, Università hanno tutte modificato le loro giunte), la sensazione è quella che la speranza sia appunto “tarpata”, non riuscendo a scorgere segnali di una continuità per le attività del “Patto” Ma, devo aggiungere, anche per una tangibile cognizione della limitata volontà “cooperativistica” nella nostra città, non solo tra le istituzioni

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L’arte di Piero Guccione, un sogno fatto in Sicilia

Concetto Prestifilippo

«La continua sottrazione guccioniana, si arresterà solo al cospetto del silenzio» Così scriveva profeticamente Leonardo Sciascia in un testo dedicato a Piero Guccione Lo scrittore di Racalmuto coniò per il pittore di Scicli il termine “Platitude guccioniana” Quella stessa platitude che si prova al cospetto delle sessanta opere che danno vita alla mostra “Guccione, mistero pieno di luce”, inaugurata all’interno del padiglione di arte contemporanea di Ferrara, in mostra fino all’otto gennaio 2023 La profezia sciasciana si compie proprio nel finale di partita di Piero Guccione Un silenzio che, anni prima, lo aveva rapito nel corso di un incontro con un grande poeta. «A Spoleto ho avuto un incontro fondante Ezra Pound mi fissava Uno sguardo immoto Ho incrociato i suoi occhi Un interminabile, straziante, silenzio» Una sorta di profezia si annidava nel ricordo evocato da Piero Guccione Sono trascorsi più di trenta anni da quelle parole Il pittore di Scicli, ha cessato di vivere in un pomeriggio d’autunno Era il 6 ottobre del 2018, aveva 83 anni La sua ultima uscita pubblica tre anni prima Nel 2015 era stata organizzata un’antologica per festeggiare i suoi ottanta anni L’artista, avanzava stancamente, rimpicciolito nella figura, appoggiato ad un bastone, il volto incavato, gli occhi aggrottati Lo sguardo di Piero Guccione era vitreo, svuotato, intabarrato in tutta la gravezza di un mutismo straziante Questo suo ultimo ricordo, restituiva la stessa drammatica immagine di Pound, quella da lui evocata tanti anni prima L’autore delle più intense immagini della pittura contemporanea, era già uscito di scena prima del suo congedo ufficiale Questa la verità non scritta, quella bisbigliata con rispetto e discrezione Guccione era morto anni prima, lacerato e sconvolto da una volgare campagna denigratoria. Fu letteralmente giustiziato da quelle calunnie. Decise di deporre pennelli e speranza Un triste finale di partita Come quello toccato in sorte al suo amato Guttuso Anche il pittore di Bagheria, nell’ultima parte della sua vita, si rifugiò in un irreale mutismo di sottrazione Piero Guccione e Renato Guttuso, sono stati pittori antitetici ma artisti sovrapponibili Per anni, Guccione fu assistente di Guttuso all’Accademia di Belle arti di Roma In verità Guccione è stato il più guttusiano dei pittori Incompatibili i loro quadri, identico il loro impegno civile, la vastità di interessi, lo spessore intellettuale, il riscontro della critica, il successo di pubblico, la notorietà internazionale, l’amore totalizzante per la natia Sicilia Li accomunava financo il rituale dell’accensione delle eterne sigarette Guccione ha incarnato, per quasi mezzo secolo, un ruolo centrale nella

pittura europea Le sue opere sono ospitate nelle collezioni più esclusive e troneggiano nelle sale dei musei più prestigiosi La continua sottrazione guccioniana, quella che secondo Sciascia doveva arrestarsi solo al cospetto del silenzio, fu un processo continuo. Un incessante levare, scarnire, estrarre, fino a giungere all’essenzialità delle forme, al dominio della pura vibrazione di luce Un cavare pittorico che lascia intravedere le impalcature portanti, quelle che sorreggono il dipinto Le sue opere disvelavano, volutamente, le texture, i reticoli delle composizioni La sua pittura è stata il trionfo dei contorni sfumati, delle velature di opalina iridescenza I suoi quadri non sono stati il mero risultato di una tavolozza trattenuta, severa, monocroma, piuttosto un continuo baluginìo di impercettibili sovrapposizioni cangianti Trasparenze che retinano le forme in un incrocio, infinitesimale, fitto di segni sapientemente ordinati Una pittura a volte equivocata, apparentemente consolatoria, mielosa, lirica Quello operato dall’artista siciliano è stato, al contrario, un racconto pittorico colto, raffinato, fino ai confini dell’astratto e dell’informale La sua cifra stilistica è stata la discrezione, la sobrietà, l’eleganza, la raffinatezza C’è più religiosità in un mare di Guccione che in interi trattati di teologia L’atmosfera sospesa delle sue opere è quella percepita nella pace dei monasteri Negli anni Ottanta, all’apice del suo successo artistico, aveva scelto di tornare in Sicilia, nella sua amata Scicli Aveva preso casa a Punta Corvo, al cospetto del mare di Sampieri Una scelta apparentemente inspiegabile, eccentrica. Approdava in un luogo remoto, lontano da ogni accadimento Intraprese quindi un incessante bracconaggio di epifanie straordinarie La sua stesura pittorica assumeva contorni sempre più slavati, incerti Furono gli anni dell’infinita sequela di paesaggi degli Iblei Racconto operato sdoganando una pratica pittorica relegata ai margini del mercato dell’arte, quella del pastello Una tecnica che gli consentiva velocità di esecuzione, alternativa alla pratica ad olio, quella di inenarrabile lentezza La pittura ad olio di Guccione è stata il trionfo delle sovrapposizioni, delle velature continue, incessanti, delle instancabili stratificazioni infinite I pastelli, di contro, erano invece guizzi estremi, sciabolate di colori, scalfitture fulminanti. Sciabolate pittoriche che trionfano sulle campiture lievi, dominano sull’ormai caratteristico disegno portante, sulle distintive

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griglie di appoggio, sulle tipiche linee di sostegno Grazie a Guccione dunque, la pratica pittorica ottocentesca del pastello ha ritrovato dignità di categoria artistica L’elogio del pastello fu sancito, definitivamente, dal suo ciclo dedicato ai carrubbi, maestosi alberi mediorientali divelti, lacerati Quelli squarciati dal vento di Occidente dominarono una mostra di grande successo, ospitata nel 1986 a Milano, nelle sale di palazzo Durini. La produzione artistica di Guccione non è mai stata affollata Un cruccio per mercanti e galleristi che lo assediavano Sfuggiva alle regole dell’esposizione televisiva Rifuggiva da ogni mondanità Detestava i clamori volgari. I suoi dipinti hanno testimoniato la progressiva trasformazione della società, l’imbarbarimento dei costumi I suoi quadri sono stati denuncia esplicita all’indirizzo della brutale aggressione operata ai danni del paesaggio Le sue tele, purtroppo, cominciarono ad affollarsi di linee telefoniche ed elettriche Trasformatori, pali e abitazioni informi Invasioni progressive della spiaggia, che celavano sempre più la vista del mare Le superfici pittoriche cominciarono dunque ad incresparsi di pattume, plastica insulsa, come nelle opere di Burri Inserti raggrumati, ustioni che il pittore adagiava sulla tela come un sudario steso sulla Sicilia dileggiata Una brutale violazione dell’armonia e della bellezza del paesaggio che, nel lavoro di Guccione, diventa denuncia accorata, grido civile, pittura sociale L’artista fu costretto ad abbandonare il suo rifugio di Punta Corvo, assediato da masse vocianti, informi, laide Trovò rifugio lontano dalla costa, allontanandosi da quel frastuono visivo e sonoro Ad accoglierlo, un nuovo studio, agguattato sull’altopiano di contrada Quartarella Un’altura dalla quale continuare ad osservare il suo agognato, amato, mare Una casa-rifugio elegante, essenziale, alla quale si accedeva attraverso un rimando greco, una quinta scenografica di muretti a secco di un accecante biancore In quello studio minuscolo, inaugurò cicli straordinari di d’après, studi dedicati ai grandi autori della pittura: Pontormo, Velàzquez, Van Dick, Caravaggio, Michelangelo, Munch, Bacon, Friederich. In quella contrada estrema, elaborò l’elogio al suo fiore preferito, l’ibiscus carnoso e sensuale Fiore che ha voluto fosse adagiato sul suo feretro Ma il legame più intenso, quello inscindibile, è quello che lega Guccione al mare. Era un marinaio nell’anima il pittore di Scicli. Non c’è narrazione, non solo pittorica, senza il mare Il mare guccioniano non è l’agitato mare di Turner dal quale giungono mugghi spaventevoli Le acque dipinte dal maestro siciliano sono silenziose, immobili, quiete Aveva il vezzo delle bluse di panno blu, quelle da navigatore In studio indossava una tuta blu da operaio Una tuta da metalmeccanico, da lavoratore quotidiano, come amava fare anche lo scultore surrealista, Jean Tinguly Era la tenuta che indossava nei ritratti intensi che gli aveva dedicato il suo amico fotografo, Giuseppe Leone Il mare dipinto da Guccione era infinito di acqua, orizzonte africano, luce mediorientale di Levante Era il mare di approdo dei condottieri È diventato dopo il cimetière bleu méditerranéen dei disperati Il mare dipinto è l’azzurro in tutte le sue infinite articolazioni cromatiche L’azzurro dei grandi firmamenti È il colore della pietra celeste e i suoi rimandi alchemici È il blu monocromatico di Yves Klein La nuance dei pacchetti di Gaulois, le immancabili sigarette che affollavano lo studio dell’artista L'azzurro era manifestazione sensibile delle cose divine Erano azzurre le maioliche che ricoprivano Babilonia L’azur poetico di Mallarmé L’elogio di Baudelaire: “Où sous un clair azur tout n'est qu'amour et joie” Blu i lapislazzuli dei riti magici, che segnavano la parola degli Dei Insolitamente azzurro appare il cielo al principe Andrej Bolkonskij, riverso a terra, ferito sull’altura di Pratzen «Che silenzio, che calma, che sollenità! Come è tutto diverso da quando correvo – pensò il principe Andrej – Come sono diverse queste nuvole che corrono nel cielo Alto e sconfinato Come mai

non lo vedevo questo cielo sublime?» Le considerazioni del principe sono quelle che evocano i cieli maestosi e i mari della pittura di Guccione Azzurri che non ci siamo mai fermati abbastanza ad ammirare La consacrazione ufficiale dell’azzurro mare guccioniano, trovò patria a Venezia, nel corso della Biennale d’arte del 1988 Gli organizzatori dedicarono all’artista ragusano una sala personale Guccione espose un grande mare Un dipinto immenso, maestoso, frutto di dieci anni di intenso lavoro pittorico Un prisma di luce accecante si riverberava ovunque, trionfando sulle acque verdastre e melmose della laguna, quelle intraviste dalle finestre della sala Uomo e artista di grande generosità. Un tratto inusuale, in un mondo dell’arte dominato dal cinismo e dall’egoismo più sfrenato Decise di dare vita ad una comunità di artisti, la scuola di Scicli Un gesto di altruismo eversivo Piero Guccione nutriva una grande passione per l’impegno politico, per l’attivismo civile, l’impegno sindacale Negli anni Novanta accettò di ricoprire la carica di assessore alla cultura del comune di Scicli Non operò facili sottrazioni Pittura e impegno politico sintetizzate, straordinariamente, in un grande dipinto eseguito in occasione del 150emo dell’Unità d’Italia QConcetto Prestifilippouadro che giace adesso, inspiegabilmente, relegato nei magazzini della Galleria regionale di palazzo Abatellis a Palermo Si concluse dunque in un pomeriggio autunnale l’avventura terrena di questo grande artista. Sogni dipinti sono stati i quadri di Guccione, intrisi della una misteriosa “platitude”, quella evocata da Sciascia L’epilogo voluto dallo stesso Guccione, è un finale degno di una fiaba orientale Piero ha disposto di disperdere le sue ceneri nel mare di Sampieri, quello che aveva scandagliato per tutta la vita Il sogno di ogni pittore, trovare rifugio dentro un suo dipinto

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Lo specchio deflesso di Pier Paolo Pasolini

Per scrivere di Pasolini, la strada seguita da Walter Siti, uno dei curatori d'eccellenza dell'opera del bolognese per i timbri dei Meridiani di Mondadori, sei volumi per quasi quindicimila pagine complessive, è stata quella di avere spulciato i circa ventimila fogli dattiloscritti prodotti tra il 1940 e il '75 da uno tra i più prolifici intellettuali italiani, attualmente conservati nel Gabinetto scientifico-letterario Vieusseux E, pur tuttavia, non appena ci si accosta a Pasolini, alla sua vasta produzione, il primo dilemma insiste sulla molteplicità dell'impegno di narratore, poeta, giornalista, sceneggiatore, autore teatrale, regista e polemista Perché mai dopo Ragazzi di vita e Una vita violenta, la trilogia progettata si ferma sul limitare del terzo romanzo, per, poi, ripiegare sulla pubblicazione dei frammenti della raccolta, Alì dagli occhi azzurri? Davvero la prosa mal si adattava a esprimere talento e idee del successivamente redivivo romanziere, autore di Teorema, Amado mio, Petrolio? Ancora, perché mai il repentino passaggio al cinema, da regista, con i successi brucianti di Accattone, Ricotta, Uccellacci e uccellini, tralasciando gli esiti finali filologicamente ineccepibili, filmicamente votati a creare un nuovo linguaggio espressionistico del Decameron, I racconti di Canterbury, Salò o le 120 giornate di Sodoma, per citare solamente le pellicole più conosciute Trovava congeniale esprimersi dietro la macchina da presa oppure l'istinto del momento realizzava l'idea della decostruzione della comunicazione tradizionale, attraverso le immagini? A sentir lui, in una delle tante interviste, quella rilasciata ad Alberto Arbasino, circa il repentino passaggio al cinema: fare un film è più facile di scrivere un romanzo, sei mesi invece di due o tre anni Alla poesia, invece non ha mai rinunciato, iniziata in adolescenza lo ha accompagnato fino all'atroce morte sullo sterrato di Ostia Perché mai i versi gli fossero congeniale, lo si riscontra nella sua concezione dell'arte, nell'approccio epistemologico pieno di negazioni, privo di affermazioni, in una continua peregrinazione non solo tra i significati, soprattutto tra i significanti, esplorati con ogni possibile strumento, dai versi alla prosa, dal teatro alla macchina da presa, dal dialogo diretto con i lettori all'articolo scandaloso Ma l'idea, lo spunto nasceva lì, alla scrivania, ogni mattina per quasi quarant'anni di ininterrotto poetare A cento anni dalla sua nascita, ricordare Pasolini, nato il 5 marzo del 1922, a lettori e critici italiani equivale, oggi più che mai, sferrare un pugno allo stomaco alla cultura e alla mentalità imperante Intanto a causa della poetica, quell'insieme di sincerità, innocenza, candore, egocentrismo, coraggio, realismo, autoanalisi, dalla quale, dal primo all'ultimo momento della sua esperienza, non si staccherà mai, cullando in seno la stridente contraddizione tra narcisismo, sdoppiamento e omosessualità Pasolini, intellettuale di profonda radicalità, condanna sé stesso per esecrare le origini piccolo-borghesi, la mentalità omologatrice della classe sociale, alla quale sa di appartenere, nell'empito di esaltazione dell'umiltà delle origini, quale potenziale salvezza, pur sempre fermata sul ciglio del vagheggiamento prima che scada nella codificazione. E con essa perda la purezza. Per coltivare Il sogno di una cosa, deve esorcizzarne la realizzazione Guai ad avverarlo, giacché svanirebbe In questo spaccato si coglie agevolmente la sua capacità di essere il Poeta Sono le parole urlate al suo funerale da Elsa Morante, hanno ucciso il Poeta Appunto, a mancarci è lui, con le sue accelerazioni, con le sue

predizioni, a partire dalla descrizione della sua stessa fine, con la previsione del crollo della Unione Sovietica, preconizzando, anni prima, la strage della stazione di Bologna, immaginando il crollo del sistema nostrano sotto i colpi d'ascia di Mani pulite Di tutto questo, salvo a squarciare il velo dell'oblio, in tanti, coevi di Pasolini, si ricorderanno Invece, l'operazione interpretativa dell'opera pasoliniana rimane di difficile lettura, segnatamente il coincidere tra biografia e prodotto culturale, esso sia il film, la poesia, il romanzo, la sceneggiatura in essere, mai completata, frammenti di romanzo in itinere, lasciati lì a testimoniare il caos, l'incompiuta, intesa come prodotto finale Al lettore occasionale questa identificazione tra tratti legati alla storia individuale del poeta e letteratura sembrerà un'aporia, se non addirittura un'eresia, eppure è la cifra unica su cui ha giocato l'intera esistenza Pier Paolo Pasolini Nell'interpretare, infatti, la sua poliedrica, inarrestabile attività chiunque, critico, storico o filologo, s'arresterà di fronte all'insignificanza della parola, la santità del nulla, nel suo intendere la realtà, carica negativa dalla perentoria impennata si colora improvvisamente di potenza comunicativa in prossimità dei luoghi dell'eros e dell'onnipotenza, componenti vitali del linguaggio pasoliniano Non a caso riferì di sé stesso di amare la realtà e di detestare la verità, in Transumanar e organizzar, ancora una volta ricorrendo allo scandalo del contraddirsi, in sostanza l'innocenza di essere incoerente

Dei suoi versi, non rimarrà nulla, profetò Giovanni Raboni, riferendosi alle Ceneri di Gramsci, in quanto sono frutto della cronaca, per di più politica, privi dell'indispensabile ricorso all'ordito metaforico e alla polisemia testuale. Eppure, a lungo andare, ebbe ragione lui, il Poeta, contro ogni legge del lirismo, affermò la figura retorica del personaggio a scardinare regole di millenni e ad affermare lo scompaginamento delle convenzioni estetiche, tutte dissolte e risolte intorno alla propria figura di personaggio eterno

A quarantasette anni dal suo assassinio, se si volesse elaborare un divertissement, immaginando Pasolini alla scrivania, lo si dovrebbe raffigurare intento a creare una piattaforma d'informazione e di dibattito su Facebook, Tiktok o Telegram per confrontarsi senza rete, costi quel che costi, con i giovani sul capitalismo di sorveglianza e sull'inesorabile avanzata della società delle assenze

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Giovanni Verga nel cinema

Franco La Magna

La fortuna cinematografica di Giovanni Verga, il cui iniziale disprezzo per il cinema non basta a bloccarne le sorti felici “nell’arte muta” e copiosamente, in seguito, anche in quella sonora, esplode fragorosamente intorno alla seconda metà degli anni ’10 Del realismo verghiano, tuttavia, i primi ad innamorarsene sono francesi, sicché il padre del verismo accetta nel 1909 l’offerta dell’Association des comedeurs et autres dramatiques di cedere i diritti dell’opera teatrale “Cavalleria rusticana”, al fine di ricavarne una versione filmica Attratto sia dal guadagno che dalla possibilità di accrescerne la notorietà, imprudentemente Verga conclude rapidamente il magro affare (500 lire), sicché Victorin Jasset (o secondo altri storici Emile Chautard o ancora Raymond Agnel), gira Chavalerie rustique (1910), opera di chiare ambizioni autoriali, ma decisamente disprezzata dallo stesso Verga che “per curiosità” andrà a vederla, scrivendo perfino dopo la visione che “non arrivavo a capirla”, rafforzando così la sua non certo benevola valutazione di questo ancor primitivo cinema Una coeva Cavalleria rusticana, secondo fonti storiche locali, viene girata anche in Argentina, diretta da Mario Gallo e interpretata da Giovanni Grasso, in quegli anni in lunga tournée nel paese delle pampas Scoperta la gallina dalle uova d’oro, al Verga commercialmente più redditizio - soprattutto quello del soggettivismo romantico, dei romanzi giovanili - la neonata industria del cinema non è disposta a rinunciare Sicché dopo qualche anno di collaborazioni “celate” (scrive e spedisce a Dina di Sordevolo, già sua compagna, alcune sceneggiature, pregandola di ricopiarle e di dire che sono “cosa tua”) sarà lui stesso - cantore della mitica roba - a superare con un clamoroso atto d’apostasìa (almeno apparentemente) ogni disgusto verso l’odiato cinematografo, che chiama “castigo di Dio”, lanciandosi alacremente ad adattare romanzi, novelle e racconti, che cominciano a susseguirsi sullo schermo a ritmo incalzante Nel 1916, infatti, riscattati i diritti dalla francese ACAD e da lui stesso prontamente ceduti alla Tespi di Roma, ecco apparire in contemporanea ben tre film: le prime due versioni italiane di Cavalleria rusticana, in qualche modo assimilabili alla flebile corrente realista, ancora subissata dai residui degli “orrori romantici” e dai kolossal e Tigre reale La prima delle due Cavalleria porta la firma del regista-drammaturgo e critico teatrale romano Ugo Falena, prodotta dalla Tespi Film, che appunto ne aveva acquistato i diritti da Verga, ed è girata nel territorio del capoluogo etneo (Aci Castello) Nei panni di Santuzza viene chiamata un’attempata Gemma Stagno Bellincioni, famosa soprano Dapprincipio dunque fieramente ostile alla “settima arte”., ma poi allettato dalla panica dei facili profitti, Verga non impiega molto a trasformarsi in riduttore, rifacitore e produttore delle proprie fatiche letterarie, fino al punto di aderire alla società cinematografica milanese Silentium Film (1917) La seconda versione di Cavalleria rusticana, del regista e attore teatrale e cinematografico romano Ubaldo Maria Del Colle (anche interprete con Linda Pini),

prodotta dalla

è

invece dall’opera lirica di Mascagni pubblicata da Sonzogno, da cui Del Colle aveva acquistato i diritti, qui arbitrariamente considerata vera e propria fonte e girata, a quanto risulta dalle testimonianze cartacee dell’epoca, anch’essa in territorio etneo (Etna) I due film provocano una controversia (che per mesi appassiona riviste e giornali del tempo) e si protrae fino all’anno successivo, trascinandosi tra aule di tribunale e disquisizioni giuridiche sul diritto d’autore, finché viene finalmente sedata da un “salomonico” giudizio finale: a Verga vengono riconosciuti i diritti esclusivi sul soggetto; la concessione della Sonzogno alla Flegrea è dichiarata abusiva e il maestro Mascagni subisce anch’egli una condanna per aver aggravato le spese di giudizio D’altra materia narrativa (diversa ambientazione, altri personaggi), ma al pari di Cavalleria altrettanto dotato d’appassionate escandescenze, può considerarsi il mélo “liberty” Tigre reale (1916) diretto da Piero Fosco (pseudonimo di Giovanni Pastrone, lo stesso regista di Cabiria) per la torinese Itala-Film Decadente ed esasperato mélo passionale con una conclu-

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Flegrea Film di Napoli, tratta

sione rispetto al romanzo, more solito, corretta ed edulcorata, Tigre reale - interpretato dalla “sconvolgente” diva messinese Pina Menichelli e dal conterraneo Febo Mari - non sfugge all’occhiuta e ombrosa censura sessuofobica giolittiana che ne sforbicia qualche scena L’anno dopo il successo di Tigre reale la milanese Silentium decide di portare sullo schermo La storia di una capinera (1917) regia di Giuseppe Sterni, straziante racconto d’una monacanda (Linda Pini) destinata suo malgrado al convento (la vicenda è ambientata a Catania, nell’ex convento di S Chiara ed è ispirata ad un amore idilliaco, sbocciato nel 1854, tra lo scrittore e una monacanda) Apprezzato anche il bozzetto scenico Caccia al lupo (1917) sempre di Sterni e sempre ricavato da un fosco racconto di Verga, prodotto ancora dalla Silentium, cupa trama di tradimenti e gelosie (mogli fedifraghe e dongiovanni colto in trappola) divenuto anche un atto unico teatrale, girato e ambientato a Catania, con finale e timbro drammatico modificato Il film, attaccato dalla censura, viene rimesso in circolazione, dopo la vittoria in appello della produzione, solo con pochi tagli alla sceneggiatura Morto Verga nel 1922, un’altra Cavalleria rusticana (1924) - divenuto un vero e proprio fetish narrativo siculo, regia del napoletano Mario Gargiulo, interprete Giovanni Grasso - appare, quando l’apparato produttivo cinematografico italiano è allo stremo delle forze ed il cinema italiano è da tempo entrato nel tunnel d’una esiziale crisi In precedenza, a guerra appena finita, la presenza di Verga sul grande schermo aveva continuato a consolidarsi con Una peccatrice (1918, prodotto dalla Polifilm di Napoli) diretto da Giulio Antamoro, singolare capovolgimento d’un rapporto d’amore, chiuso dal suicidio della peccatrice (Leda Gys), una maliarda ricca e viziata alla fine suicida perché vittima d’una insana passione per un povero studente, dapprincipio respinto e del quale poi s’innamorerà perdutamente, fino ad avvelenarsi quando questo l’abbandonerà Verga, indifferente ad ogni critica, scrive i soggetti e tace. Le sue fortune del resto, quando già si è da tempo ritirato schivo e solitario nella città natale, proseguono in crescendo con il successivo Eva (interprete Alba Primavera, indicata come “stella italo-napoletana”), altro feuiletton estremo, diretto nel 1919 dal romano Ivo Illuminati e prodotto ancora dall’onnipresente Silentiumfilm Un anno prima della morte dello scrittore appare sugli schermi

Il marito di Elena (1921) regia di Riccardo Cassano, con Fernanda Fassy e Nino Camarda, tragedia di un pover’uomo che uccide la compagna fedifraga - una specie di madame Bovary in sedicesimi - a pugnalate

Chiusa l’epopea del cinema muto, una nuova, colorita e folcloristica Cavalleria rusticana (1939) regia di Amleto Palermidalla raccolta di novelle “Vita dei campi” e dal dramma omonimo - riprende l’attenzione sul Catanese dopo un lungo periodo di abbandono, portando in scena nel cinema, ormai da quasi dieci anni sonoro, un cast nazionale all stars: Isa Pola, Carlo Ninchi, Doris Duranti, Leonardo Cortese, Bella Starace Sainati, Luigi Almirante, Carlo Romano Secondo un referendum indetto dalla rivista “Cinema”, diretta dal figlio del Duce Vittorio Mussolini, risulterà essere il film più apprezzato degli anni ’30 Nel primo scorcio degli anni ’40 nasce anche una nuova versione de La storia di una capinera (1943) regia del tenacissimo e attivissimo pioniere del nostro cinema Gennaro Righelli, con Marina Berti e Claudio Gora, tratto dal noto romanzo, ambientato nel convento di S Chiara a Catania, adattato da Ettore Margadonna, Corrado Alvaro e lo stesso Righelli, un mélo d’appendice intriso di pessimismo Chiuso sanguinosamente il ventennio fascista, passata la catastrofe bellica, riappropriatosi in modo personalissimo della narrativa siciliana e trasferiti nel 1947 cast e troupe ad Aci Trezza, frazione rivierasca del paese di Aci Castello, dopo sei anni di silenzio seguiti a Ossessione, Luchino Visconti gira La terra trema (1948), attinto dalla viva e appassionante materia creativa del capolavoro dello scrittore “I Malavoglia” - divenuto a sua volta il capolavoro dei capolavori del neorealismo (spingendone agli estremi l’estetica) - ribaltandone però l’impostazione concettuale e spezzandone la disperata fatalità, con l’applicazione di un impianto ideologico di derivazione gramsciana La matrice verista, quando volge al termine o si è già rapidamente trasformato il poetico afflato iniziale, resta principio d’ispirazione predominante per la parte nobile del rinascimento cinematografico italiano, il neorealismo, che spesso derivato da fonti narrative subisce non pochi adattamenti e perfino vere e proprie rielaborazioni Accade così al regista milanese Alberto Lattuada, che spostando fisicamente la vicenda in una manifattura tabacchi, centro di sfruttamento della manodopera femminile, tra gli scenografici sassi di Matera e temporalmente negli anni ’50 del secolo scorso (protagonisti la torbidamente

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lussuriosa Kerima, pseudonimo di Miriam Charriére, May Britt ed Ettore Manni), rilegge uno dei testi più noti dello scrittore per farne un film, La lupa (1953), d’impostazione realista e di buon impianto drammatico. Rifatto nel 1996 da Gabriele Lavia (esistono anche due recenti mediometraggi), protagonista l’allora moglie del regista Monica Guerritore, nei panni d’una altrettanto ingorda e rantolante Lupa, avida e famelica, alla fine fatta fuori a colpi di scure dal bel genero contaminato dalla sua lussuria Nello stesso irripetibile 1953, ricchissimo di titoli, il decano Carmine Gallone si cimenta con Verga-Mascagni approntando una nuova, fremente e palpitante, Cavalleria rusticana (1953), versione poco aderente allo spirito verghiano, ma di livello tecnico-artistico decoroso; interpreti ancora Kerima, il messicano Antony Quinn, la svedese May Britt (Maybritt Wlkens), Ettore Manni, Umberto Spadaro, Virginia Balistrieri Nel mutato clima politico-sociale, scosso da stridenti conflittualità e dai moti di piazza studenteschi, Carlo Lizzani, altro regista di estrazione neorealista, riprende e realizza - con crudezza d’immagini - L’amante di Gramigna (1968, con Gian Maria Volontè e Stefania Sandrelli), ispirandosi ancora una volta liberamente all’omonima novella (nel film un contadino ingannato da un aristocratico e divenuto brigante), imbastendo una visione disincantata dell’epopea garibaldina, polemicamente antiretorica e di chiaro significato politico Ormai penetrata in senso demistificante la turbolenta storia risorgimentale - che in Sicilia scrive alcune delle sue pagine più tetre e sanguinose - torna sui grandi schermi con un’opera scioccante e smitizzante, Bronte: Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato (1971) regia di Florestano Vancini, basata sulla novella “Libertà”priva di precisi riferimenti geografici e con qualche elemento artatamente falsato o taciuto - e soprattutto su un’attenta monografia di Benedetto Radice, notevole figura di storico locale e altre fonti Magistrale l’interpretazione di Ivo Garrani e Mariano Rigillo Spericola tra Verga e Mascagni l’elegante, curato nei costumi, nell’ambientazione e nella sempre splendida fotografia di Armando Nannuzzi, ma quasi una fredda esercitazione di stile, Cavalleria rusticana (1981) di Franco Zeffirelli, film-opera proiettato in prima assoluta al Teatro Massimo Bellini di Catania alla presenza del regista; cast di fama internazionale: Elena Obrazcova, Placido Domingo, Axelle Gall, Fedora Barbieri, Renato Bruson A Verga volge ancora lo sguardo Franco Zeffirelli girando tra Catania, l’Etna, Noto e zone del ragusano La storia di una capinera (1993) - con

-

tra

escursioni naturalistiche, schitarrate, carretti e vena d’appendice Infine gli ultimi Rosso Malpelo (2007) e Malavoglia (2015) del regista siciliano Pasquale Scimeca, ancora da materia letteraria tratta da Giovanni Verga e altri autori, tornano a ridestare l’attenzione su un romanziere le cui fortune cinematografiche nel corso di oltre cento anni non si sono mai esaurite e che probabilmente non ha ancora consumato il suo ormai ultracentenario apporto e la sua influenza sul cinema, continuando ad influenzare soprattutto le cinematografie dei paesi emergenti, spesso impegnate nella denuncia delle drammatiche condizioni di esistenza, di indigenza e di sfruttamento nelle quali sono costrette a vivere intere popolazioni

In ultimo, qualche accenno al piccolo schermo, che sempre più continua ad inglobare il grande Tra gli sceneggiati televisivi un vero e proprio capolavoro può considerarsi Mastro don Gesualdo (1964, andato in onda in sei puntate) regia di Giacomo Vaccari (morto a soli 32 anni in un incidente d’auto), che ribalta totalmente le regole linguistiche ancora piattamente applicate ai teleromanzi, provenienti dalla consolidata tradizione teatrale, facendo tesoro della lezione espressionista, con uno stile originalissimo e anticonformistico. Straordinario protagonista Enrico Maria Salerno, insieme a Lydia Alfonsi, Sergio Tofano e molti attori siciliani. Dagli anni ’50 l’interesse della televisione nazionale per il “padre del verismo”, oltre agli sceneggiati, si è altresì concretizzato in una serie di documentari. Molte anche le edizioni televisive dell’opera lirica di Pietro Mascagni

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Angela Maria Bettis, Johnathon Schaech e Vanessa Redgrave opera pencolante facili concessioni folkloristiche,
https://www.facebook.com/ centrostudipiolatorre @asudeuropa @Pio LaTorre Realizzato con il contributo dell’Assessorato Regionale Beni Culturali e dell’Identità Siciliana

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