Numero UNO
Sommario zoom in
Anche i cinesi piangono.
zoom out Un incubo chiamato Iraq.
zoom around Canada - di Martina Fabiani.
social zoom Da vicino nessuno è normale.
street zoom Pubbliredazionale.
athletic zoom Follow the Flow.
musiczoom Harmonizer.
youzoom® Testata Registrata Autorizzazione n. 21/2011 del Tribunale di Roma Anno 1 n. 1 - febbraio 2012 Stampa PRIMEGRAFSrl ViaUgoNiutta,200177Roma Relazioni Esterne: Flora Cianciullo Per la pubblicità rivolgersi a: info@nsroma.it - 347 5553275
EDITORE: Nuovi Scenari Roma Via Stabia 11 - ROMA Direttore Responsabile: Cristina Coccia Caporedattore: Celestina Coccia Art Director: Francesco Esposito Photo Editor: Alex Mezzenga Cover design: Francesco Esposito youzoom ® concept by Cristina Coccia
youzoom® è stampato in 10mila copie e distribuito gratuitamente nella zona di Roma Sud e Roma Centro. Puoi ritirare la tua copia gratuita in ogni momento presso: CD Foto Ottica (Centro Commerciale LE TORRI - Primo Livello) CROMOSOMAZETA - Studio Fotografia Via Ferruzzano, 46 - METRO LINEA A FERMATA ANAGNINA UNIVERSITALIA - Via di Tor Vergata, 143 Teatro PALAZZO SANTA CHIARA Piazza di Santa Chiara, 14
zoom inside
Nuovi Scenari Roma Una realtà in cui vengono reclutate le nuove leve di youoom, dove la creatività e la libera espressione di ognuno hanno sempre l’ultima parola. L’Associazione Nuovi Scenari Roma, attiva in periferia, in particolar modo nel VIII municipio, questa volta si muove ambiziosamente puntando al centro: alcuni, ironicamente, come il Presidente dell’Associazione Flora Cianciullo e Alex Mezzenga amano chiamarla “esportazione di creatività”. Una grande opportunità per dimostrare che si può parlare di periferia superando i luoghi comuni del degrado, cattiva qualità della vita, violenza e depressione che la caratterizzano. Dopo la presentazione del numero zero di youzoom presso il Teatro Palazzo Santa Chiara al Pantheon, l’Associazione Nuovi Scenari Roma, propone un’altra iniziativa che nasce dalla periferia e si espande verso il centro di Roma. Il 19 dicembre la mostra collettiva “EMOZIONI FOTOGRAFICHE” presso l’A.R.V.U.C. SALA MONTESI in zona Circo Massimo ha visto partecipare quindici allievi dei corsi di fotografia NSR, che hanno esposto i propri lavori insieme al fotoreporter dell’agenzia LaPresse Alex Mezzenga e al fotografo Marco Marcotulli. Unico problema peri soci? Il parcheggio. A Villaggio Breda si trova molto più facilmente.
Si ringraziano tutti i fotografi e i redattori che hanno collaborato a questo numero:
Pubbliredazionale CD FOTO OTTICA: FOTO DI: Paola Carlini, Barbara Errera, Massimo Sgruletti, Mayla Sgrulletti, Luciano Losavio. MODELLO: Alessandro Pellutri. ZOOM INSIDE: Massimo Sgrulletti. ZOOM IN: Valentina Colella, Barbara Errera, Celestina Coccia. ZOOM OUT: Alex Mezzenga. ZOOM AROUND: Martina Fabiani. SOCIAL ZOOM: Carmela Umbro, Cristiano Testa. ATHLETIC ZOOM:Valentina Abbatecola, Lorenzo Campanelli, Martina De Angelis. MUSIC ZOOM: Francesco Esposito.
Tor Pignattara, uno dei quartieri di Roma con una grande rappresentanza straniera, realtà multietnica che conosciamo e che viviamo quotidianamente. Passeggio tra file interminabili di negozi tutti uguali sia negli arredi, sia nel tipo di mercanzia, perfino nella faccia della negoziante. Tra kebabbari e agenzie di money transfer, vedo la città cambiare volto e dimensione. I suoi profumi e le facce che incrocio mi ricordano luoghi visitati durante viaggi lontani. Ma ora questa dimensione mi appartiene, esattamente come appartiene a tutte le grandi metropoli del mondo e noi non facciamo fortunatamente eccezione. I fatti di Tor Pignattara ci hanno costretto ad aprire gli occhi su una realtà che spesso ignoriamo, o che sfruttiamo a nostro piacimento. Il 4 gennaio è successo qualcosa che per la sua ferocia ha costretto molti a non distogliere lo sguardo. Al di là della nazionalità, nel quartiere ci sono molti commercianti italiani che abbassano la serranda dei propri negozi con il contenuto della cassa nascosto tra le tasche dei cappotti, sperando di tornare a casa anche per quella sera. Sabato 14 gennaio 2012. File silenziose e composte di Cinesi sfilano per le vie del quartiere, marce pacifiche invadono il centro, portando fiori e candele per protestare contro l’orrore di quel duplice omicidio: una rapina alla fine di una giornata di lavoro, padre e figlia di nemmeno un anno uccise dallo stesso proiettile, e una giovane moglie e madre sopravvissuta, ma a che scopo. Non serve avere gli occhi a mandorla per provare la stessa loro rabbia. Da quel 4 gennaio è come se ci fossimo decisi a presentarci ufficialmente ai nuovi vicini di pianerottolo, sapere cosa fanno, come vivono, anche solo per sapere a chi chiedere il sale se manca. Ecco, ci siamo mai chiesti chi sono?
Anche i cinesi piangono. di Celestina Coccia - foto di Valentina Colella e Barbara Errera.
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zoom in
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La prima volta che Tiziano Terzani entrò in contatto con la Cina, lo fece sulla scia dell’entusiasmo dei suoi giovani anni. La percorse in lungo e in largo evitando le visite guidate proposte dai funzionari del Partito Comunista Cinese. Ci portò la sua famiglia e volle che i suoi figli studiassero insieme ai loro coetanei, ma senza riuscirci. Se ne innamorò perdutamente, come soltanto un uomo rifiutato da una donna può fare. Infatti, fu gentilmente invitato ad andarsene dopo aver scritto verità scomode al regime. Si appassionò ai Cinesi in quanto popolo dalla profonda ricchezza culturale, dalle lunghe vicissitudini, dai mille dialetti e le mille culture. È così, della Cina ci si innamora a guardarla da vicino, conoscendo la lunga storia di sventure, le innumerevoli catastrofi subite nel corso della storia, tra invasioni straniere, inondazioni periodiche del Fiume Giallo, lotte interne e smembramenti territoriali compiuti dagli Stati occidentali, come ogni grande impero che si rispetti. E quel sorriso stampato in modo così tenace sui loro volti ci svela molto di più di quanto in realtà vogliamo capire. Sabato 21 gennaio 2012. Piazza del Popolo è gremita. I festeggiamenti per il Capodanno Cinese quest’anno iniziano con anticipo rispetto alla loro data ufficiale, e in modo più fastoso rispetto agli anni precedenti. Sul grande palco, due simpatici personaggi che inframmezzano le performance degli artisti in scena, con un festoso annunciare i numeri della lotteria. Si raffigurano eventi antichi della lunga e affascinante storia di questo grande paese, come il primo imperatore della Cina Qin Shi Huangdi (260 a.C. – 210 a.C.) e del suo esercito che unificò tutti i regni allora presenti. Egli si fregiò per la prima volta del titolo di imperatore e lo stesso nome Cina deriva dal nome della sua casata. Le sue imprese fiabesche sono raccontate dai gesti eleganti e antichi di questi abili danzatori sul palco che il Comune di Roma ha concesso loro. Ma se Shi Huangdi fu colui che iniziò una delle opere più monumentali del paese come la Grande Muraglia, in realtà fu anche il primo ad ordinare che tutti i libri antichi venissero bruciati per cancellare la storia che lui si accingeva a riscrivere. Proprio come Mao, colui che probabilmente non per natali, ma per potere e prestigio può essere consi 6
zoom in derato l’ultimo imperatore cinese, fece nel 1966 con la Rivoluzione Culturale, quando la Cina dei vecchi intellettuali venne spazzata via da tribunali improvvisati di giovani Guardie Rosse, legittimate da Mao. Queste e altre storie sono state raccontate quel giorno, tutte storie che con la stessa meraviglia i bambini cinesi e italiani seguivano seduti sulle spalle dei loro genitori. Mi guardo intorno e vedo scene che non fatico a ricondurre a momenti quotidiani che sono uguali per tutti, al di là della cultura a cui si appartiene. Coppie di ragazzi che parlano uno spiccato accento romano si abbracciano con tenerezza o scattano foto. O come Marco Wong, presidente di Associna (www.associna.it), un giovane cinquantenne in giubbotto di pelle, che mi presentano sotto il palco, e che mi parla in un simpatico accento bolognese. Mi spiega che con la sua associazione organizzano corsi di cinese per i ragazzi che altrimenti dimenticherebbero la loro lingua di origine. La sua disponibilità mi spinge a porgli domande “scomode”, come ad esempio perché secondo lui spesso i Cinesi sono considerati un popolo chiuso e impenetrabile. “Noi Cinesi non siamo chiusi, anzi ci sentiamo molto aperti e disponibili, in un paese che ci ospita” - sostiene Marco - “il vero problema è spesso la lingua che, a differenza degli immigrati europei, può rappresentare un ostacolo all’integrazione in quanto, oltre ad essere completamente diversa da quella italiana, appartiene anche ad un altro ceppo linguistico”. Marco mi spiega che questo può dipendere anche dal fatto che i Cinesi generalmente avviano attività commerciali in modo indipendente, e quindi sono a tutti gli effetti imprenditori. Non lavorano per gli Italiani e quindi questo può contribuire al senso di chiusura che percepiamo. Parliamo del Capodanno Cinese e dei festeggiamenti a cui stiamo assistendo, parliamo del Dragone, simbolo del 2012 e della Cina stessa, caro ai contadini perché influenzava le piogge e garantiva buone messi. Marco è nato a Bologna e ha compiuto i suoi studi in Italia, ma ha deciso di passare sei anni in Cina per conoscere il paese dei suoi nonni, primi Wong a trasfersi in Italia. Alla domanda su come mai avesse sentito il bisogno di passare così tanti anni fuori lui mi risponde, sorridendo: “Per capire il mondo che cambia, è necessario capire un po’ di più la Cina”.
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Un incubo chiamato Iraq. foto e testi di Alex Mezzenga.
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zoom out
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“Come è nella realtà la situazione irachena? I soldati USA sono andati via dall’Iraq di notte e alla chetichella (ma per trasferirsi tutti nella ex provincia irachena del Kuwait) come farebbe un qualsiasi ladro di appartamenti. Questo il risultato finale della folle politica americana per il possesso e il controllo delle risorse e delle ricchezze di tutto il pianeta.” Tusio De Iuliis, Presidente Associazione di Volontariato “Aiutiamoli a Vivere” A quasi nove anni dall’inizio del conflitto, gli Stati Uniti hanno deciso di abbandonare l’Iraq. Il Presidente Barack Obama ha affermato che l’Iraq di oggi è un paese migliore, più libero e più democratico. Nessuna autocritica è giunta a proposito di un’invasione che è stata un gravissimo errore. Nessuna scusa per le menzogne, per il dolore, per le morti inflitte. Un discorso, quello di Obama, che lo equipara ai suoi predecessori alla Presidenza degli Stati Uniti e, in particolar modo, all’artefice dell’invasione George W. Bush. Appare chiaro che Obama non ha chiesto l’opinione dei milioni di Iracheni che
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hanno vissuto e tuttora vivono circondati da rovine in un clima di violenza quotidiana, Iracheni la cui qualità della vita è drasticamente peggiorata in seguito all’intervento americano. Niente rimane di un paese prospero, ricco di petrolio e con un alto livello di reddito. Niente salvo quello stesso petrolio che, però, oggi arricchisce solo le multinazionali occidentali. La nazione che le truppe statunitensi si apprestano a lasciare ha subito un grave danno politico, economico e psicologico, ovvia conseguenza di 30 anni di guerre civili, sanzioni e occupazioni. Sebbene gran parte della responsabilità
di questa situazione debba essere attribuita a Saddam Hussein, tanto è dipeso dagli sforzi degli Stati Uniti per governare direttamente il paese. Molti dei miei amici Iracheni mi dicono che oggi non vivono meglio di ieri e la cosa peggiore è che non hanno speranza in un futuro migliore, con o senza la presenza delle truppe statunitensi. Anche se Obama, Bush e tutti quelli che appoggiarono l’invasione vorrebbero dipingere un quadro a tinte rosa, il futuro dell’Iraq è nero.
zoom out
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Little Italy, Big Waterfalls. Canada, un racconto di viaggio. Foto e testi di Martina Fabiani.
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zoom around
Cosa pensate possa apparire davanti ai vostri occhi, potendoli riaprire ritrovandovi in Canada? Alci e castori? Oppure smisurati laghi, immersi nella natura selvaggia? O anche campi, mazze e squadre di Hockey? O forse soltanto ogni cosa esageratamente piu grande di quanto abbiate mai potuto immaginare?
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Bene, il Canada è tutto questo, esattamente come lo avevate in testa. Arrivata in Canada, tutto quello che in nove ore di volo avevo immaginato era lì, grande proprio così, con lo stesso odore e lo stesso colore ma decisamente più emozionante. Tutte le ore impiegate per arrivare in Canada bastano a stento per attraversarlo tutto. Un esempio? Potremmo partire da Vancouver, a ovest, sul Pacifico, la metropoli definita dall’Economist come “la più vivibile del Pianeta” e soprannominata “HongKouver” per via della moltitudine di facoltosi cinesi fuggiti da Hong Kong prima che quest’ultima fosse restituita alla Cina. Percorreremmo 4.500 km circa, fino ad arrivare a Montreal, sulla costa orientale, nella zona del Québec, la terza città francofona al mondo, luogo in cui il patriottismo francese cerca da anni di ostacolare o in qualche modo rinnegare la presenza della cultura inglese, quella prevalente. Parlo io, da italiana, che di Canada ne ho percorso a malapena la metà,
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ma ho potuto conoscere ed apprezzare queste piccole comunità createsi molto lontano dai nostri stretti confini, infilandomi tra le tradizioni delle nostre Little Italy sparse qua e là, tra le pizzerie e i ristoranti in cui la specialità è la mozzarella di bufala, ma dove una pizza può costarti anche venti dollari! Arrivata sotto le cascate del Niagara non riesci a smettere di pensare quanto lontano sia il punto dal quale sei partita e soprattutto come tu sia finita lì sotto, tra gli spruzzi e l’acqua gelida, immersa nella foschia creata da questa enorme cascata che si estende fino al confine americano (anche negli States hanno la loro parte di Niagara Waterfalls!). E tu sei lì, con il tuo giubbino blu, in attesa di salire su questo barcone, poco affidabile all’aspetto, che ti conduce sotto le fauci di questo gigante naturale che potrebbe risucchiarti in un istante. E che invece sta lì, fermo, lasciandosi fotografare dai turisti e dai curiosi restando immobile, immortale.
zoom around
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Da vicino nessuno è normale. di Carmela Umbro - foto di Cristiano Testa.
C’era una volta la città dei matti, un regno libero dal fardello della normalità. Ospitava gli imprevedibili, i visionari, i pericolosi, quelli scomodi: i diversi. Per troppi anni il regno degli anormali cessò di convivere con il resto del mondo e venne relegato in quelle città ai margini dell’umanità: i manicomi. La realtà manicomiale romana vede la luce nel 1913, quando l’Ospedale Psichiatrico di Santa Maria della Pietà apre le porte ai primi pazienti. Una vera città alle porte di Roma, tra distese e prati senza fine, un sufficiente confine
dal
parallelo
mondo
dei
normali: la segregata vita dei matti romani si svolgeva lì. L’iter
loro
riservato
consisteva
nell’espropriazione immediata di tutti gli oggetti personali, depositati nell’apposita stanza chiamata “fagotteria”. Nessuna storia personale doveva entrare in quel carcere, nessuna distinzione tra malato e malattia, ma un inscindibile nucleo in cui anima e corpo si fondevano in un’unica realtà: la follia. Nessun contatto con il malato, cartelle cliniche inaccessibili agli infermieri, tutti schizofrenici e nessuna diagnosi differenziale. Si parlava di “regressione” del paziente ed era assolutamente impensabile che dalla malattia mentale si
potesse
guarire
o
quantomeno
migliorare. E
poi
c’era
l’elettroshock,
una
macchina infernale volta all’induzione di convulsioni nel paziente tramite il passaggio di corrente elettrica attraverso il cervello.La terapia veniva praticata su pazienti coscienti, senza anestesia e rilassanti muscolari. 16
I
pazienti
perdevano
conoscenza
social zoom
“Si va in manicomio per imparare a morire” Alda Merini
Il progetto basagliano è volto alla restituzione della dignità del malato mentale tramite l’abolizione di ogni pratica che lo porti ad alienarsi. Ad esempio,
l’obbligo
dell’abbandono
degli oggetti personali dei pazienti al momento del ricovero: “ Se vi togliessero tutto quello che avete - si domandò Basaglia - cosa resterebbe di voi?”. La legge 180 conduce all’abbattimento delle recinzioni circondanti gli ospedali psichiatrici,
un
indimenticabile
momento storico, la riaffermazione delle libertà fondamentali del paziente che torna ad essere uomo libero, sebbene da seguire e curare. Ciononostante la legge Basaglia non rappresentò una soluzione definitiva. Infatti
i
manicomi
furono
chiusi
senza predisporre adeguate strutture alternative, per cui molti malati si durante la seduta e subivano violente
del suo promotore, Franco Basaglia.
trovarono abbandonati a sé stessi.
contrazioni
incontrollate
Uomo di grande valore morale e tenace
Molti pazienti avevano necessità di essere
che potevano causare fratture ossee e
psichiatra, Basaglia sin dagli anni ‘60
seguiti in modo più intenso e la loro
stiramenti muscolari.Il suo utilizzo nei
condusse
contro
liberazione non ne segnò un beneficio.
manicomi era spropositato e favorito
l’abbandono terapeutico e giuridico dei
La situazione è ben lungi, ancora oggi,
dall’incompetenza dei medici preposti
pazienti nei manicomi, che durerà molti
dall’essere quel sistema ideale che la
a gestire quei reparti, nonché dalla
anni e lo porterà a scontrarsi contro tutto
legge Basaglia avrebbe voluto attuare,
mancanza di trattamenti alternativi.
e tutti per ottenere la riaffermazione dei
vi sono problemi applicativi e difficoltà
Quanto sin qui raccontato è la fase
loro diritti di esseri umani.
diverse in ciascuna regione d’Italia.
precedente alla legge che segnerà
Un iter legislativo lungo e travagliato,
Rimane ancora aperta la questione
il punto di partenza di un processo
ostacolato
concezione
dei “manicomi criminali” nei quali i
rivoluzionario che realizzò un’utopia,la
della malattia mentale che si trascinava
detenuti subiscono trattamenti orribili
chiusura dei manicomi, la fine della
nelle istituzioni e nella società, secondo
e spesso, se poveri, vi rimangono per
prigionia del malato mentale, ma prima
il quale era necessario abolire quel
molti anni anche per reati di poco conto.
ancora una vera e propria rivoluzione
carcere che i manicomi rappresentavano
In questi giorni il Senato ha dato il via
culturale: la Legge n. 180 del 13 maggio
ed “entrare in contatto con le persone
libera al decreto cosiddetto “svuota
1978, meglio conosciuta con il nome
nascoste dietro la malattia”.
carceri”, ampio provvedimento in cui ci
muscolari
un’acerrima
lotta
dall’arcaica
si occupa anche delle condizioni degli ospedali psichiatrici giudiziari (O.P.G.) regolamentando
l’individuazione
di
nuove strutture per l’accoglimento dei detenuti. A ben vedere, sebbene Basaglia ideò un processo rivoluzionario, la strada da percorrere è ancora lunga. Sarebbe bello accostarsi all’idea che il malato mentale non sia un diverso, ma un uomo da amare e capire, non così distante da noi, esseri “normali”. Finisce così il nostro viaggio all’interno della città dei matti, con qualche riflessione e speranza in più, e magari con l’indefinita consapevolezza che in fondo, da vicino nessuno è normale. 17
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street zoom
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Follow the flow. foto di Valentina Abbatecola, Lorenzo Campanelli, Martina De Angelis.
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athletic zoom Avete mai pensato all’idea di abbandonare tutto quel che sapete sulla vostra città e il vostro quartiere per lasciarvi condurre attraverso passaggi urbani che sino ad ora non credevate percorribili? Esattamente con questo presupposto, agli inizi degli anni ‘80, nasce in Francia l’Art du Déplacement, quella disciplina metropolitana conosciuta con il nome di Parkour che insegna a prendere piena consapevolezza del proprio corpo e ad alimentare il proprio desiderio di libertà e di movimento. Aggirandosi tra le strade di Tor Bella Monaca, in particolare nell’area antistante il Liceo Scientifico Amaldi, è abbastanza facile incontrare gruppi di traceur - letteralmente i tracciatori - impegnati a scalare pareti verticali, a muoversi agilmente tra muri e ringhiere, a superare ostacoli e a improvvisarsi in salti acrobatici sotto la guida di Fabio Saraceni. Fabio, conosciuto da tutti come Flow (flusso) è stato tra i primi in Italia a interessarsi a questa disciplina e a praticarla da autodidatta poco più che ventenne. Solo pochi anni dopo stringerà amicizia con un gruppo di traceur francesi da cui apprende le giuste tecniche e i metodi di allenamento. Sono proprio le caratteristiche architettoniche di Tor Bella Monaca a rendere questa zona tanto adatta a Flow, Giampaolo, David, Patrick e a tutti quelli che imparano a muoversi elegantemente in mezzo alle rigide geometrie del quartiere, così come un lemure tra gli alberi di una giungla, arricchendo il quartiere di una disciplina tanto innovativa quanto poco conosciuta a Roma e in Italia. Flow descrive il Parkour come un metodo per assecondare il proprio flusso vitale e impedire che la sua energia vada perduta o finisca col travolgerci. Imparare a considerare percorribile persino quell’agglomerato di ferro e cemento che si credeva invalicabile, aiuta il corpo e la mente a liberarsi dagli schemi imposti dalla società e a rivalutare gli ambienti circostanti secondo nuove prospettive.
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athletic zoom
Da diversi anni Flow è un maestro del Parkour e mette a disposizione le sue capacità per chiunque voglia seguire i suoi corsi a Tor Bella Monaca. Per informazioni visitare www.momu.it e www.bikorn.com, il sito personale di Flow. Per saperne di più su questa affascinante disciplina è possibile visitare il sito web www.parkour.it. Per essere aggiornati su tutto quel che riguarda il mondo dell’Art du Déplacement in italia consigliamo il portale www.rhizai.it
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Suonare. A quattro voci. foto di Francesco Esposito.
Si chiamano Harmonizer, un gruppo vocale tutto al femminile formatosi da nemmeno due anni. Le presentiamo. C’è Clara Trucchi, in arte Lilyka, vocal coach e responsabile delle armonizzazioni. Il suo ruolo vocale all’interno del gruppo è versatile, ma predilige le parti da contralto. Poi c’è Deborah Calì, mezzo soprano, che si occupa anche lei di armonizzazioni. A seguire Eleonora Toiati, soprano, nota per il suo black style e per gli sfarfallii vibrati. Infine, Antonella Palozzi, che tutti chiamano Stella, il super soprano! Lei si occupa degli acuti e degli ultrasuoni, anche se l’essere umano non li può percepire. 26
Parliamo con Lilyka, classe ‘81, di origine colombiana, orecchio assoluto. Ciao Lilyka, raccontaci di te. Com’è nata la tua passione per il canto? Ho iniziato a studiare canto nel 2000. Amo profondamente la musica ed è una passione che coltivo fin da bambina. Ho collaborato e mi sono esibita in diversi gruppi nell’arco degli anni, spaziando senza timore dal metal al jazz. In molti mi conoscono come come cantante solista dei MRSWANT, tribute band romana di Elisa con i quali collaboro dal 2007, accompagnata dalle voci di Eleonora Toiati e Deborah Calì. Nell’ottobre 2010 insieme a Stella Anton iniziamo a gettare le basi per un nuovo progetto, nato con l’intento di
portare due voci armonizzate all’interno delle discoteche romane. Il progetto prende definitivamente forma nell’inverno del 2011: insieme a insieme a Stella Anton, Eleonora Toiati e Deborah Calì formiamo le Harmonizer. Esattamente com’è nata l’idea del vostro gruppo? La passione rende possibili le idee, e la nostra passione era quella di cantare e di essere noi stesse all’interno di un contesto musicale variegato ed allo stesso tempo armonico. Perché avete scelto di chiamarvi Harmonizer? Un Harmonizer è un dispositivo che consente di creare una o più voci di tonalità differente rispetto a quella base,
music zoom
creando “accordi” a partire da campionamenti. E questo facciamo anche noi, normalmente, nella vita di tutti i giorni con la differenza che trasmettiamo le nostre emozioni e la nostra voglia di divertirci. Quindi diciamo che siamo un Harmonizer molto ma moooolto evoluto. V’ispirate a qualcuno in particolare? Ci ispiriamo all’amore individuale per la musica, ognuna per un diverso genere musicale, e all’amicizia, poi, come nelle ricette, mescoliamo gli ingredienti e serviamo la torta pronta per chi la vorrà assaggiare. Sperando che piaccia, il che è sempre una grande soddisfazione! Ci raccontate un po’ del vostro percorso artistico? A livello individuale tanto, tra Sanremo
e X Factor... Come Harmonizer, possiamo dire che dopo soli due mesi di formazione siamo state ingaggiate da tre produzioni artistiche per alcuni musical e che abbiamo passato un’estate ricca di date per le principali piazze del centro sud. Inoltre abbiamo vinto un concorso organizzato da Sky e Sony! Diciamo quindi che non ci lamentiamo affatto, e che, beh ... “LAVORI IN CORSO”. Quali sono i vostri attuali progetti musicali? Sono quelli di quattro bambine sognatrici, che amano fare buona musica. Ci piacerebbe partire da una rivisitazione di brani, alla nostra maniera, esplorando vari generi musicali, dal pop al black, al retrò, per poi concentrarci su materiale inedito.
Avete qualche sogno in particolare che vi piacerebbe realizzare? Progetti per il futuro? Beh, i sogni son desideri! E possono essere integrati nei progetti musicali. Vorremmo che la nostra passione si trasformasse in lavoro, vorremmo emozionare le persone che ci ascoltano, e far pensare loro, che con la musica e le parole si può sognare e si può uscire dagli schemi, anche quelli più rigidi! Vorremmo che quello che facciamo sia non solo qualcosa che produca denaro, ma pensieri, positività e riflessioni. A voi l’ultima parola… Merda!!!! (Ride). Forse non si può scrivere, ma pare sia di buon auspicio e porti fortuna!
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Periferia romana, fine anni ´90. Lenni e
1986, i soldati atomici rimuovevano i
Claudio sono fratelli e studenti univer-
detriti sul tetto di quel maledetto reat-
sitari.
tore. E nella mente di Lenni la città, con
Nelle strade attorno alla “Sapienza” il
il suo cemento in crescita, è un enorme
fumo tossico dei lacrimogeni sembra lo
mostro, un superorganismo dotato di
stesso di quei favolosi anni di piombo
vita propria.
tanto amati e mai vissuti. Lenni e Clau-
Luna di Lenni è un romanzo di militan-
dio mettono in piedi uno sgangherato
za, una storia di cani, di manganellate,
servizio d’ordine dei cortei studente-
botte e musica punk.
schi. Ci sono tutti. Un ex sindacalista
Luna di Lenni è un romanzo ecologista e
cinquantenne, un nerd appassionato di
la Luna è la miglior amica di Lenni.
letteratura, Pippo (vecchio punk quarantenne), ragazze carine, ragazze stupide
Round Robin Editrice.
e Cipo, un cane libero realmente esisti-
Distribuzione: La Feltrinelli e internet
to a Centocelle. Nella testa di Lenni c’è
store.
l’incubo nucleare di Chernobyl che non gli da tregua da quando, in quel lontano
Emanuele Berardi è nato a Roma nel 1977. Laureato in Biologia vive e lavora come ricercatore in Belgio. Luna di Lenni è il suo primo romanzo.
Scatta la formazione, con NSR. CORSO FOTOGRAFIA BASE
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Docente: Alex Mezzenga
Docente: Alex Mezzenga
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Oggi fare una foto non è difficile, ma
Il corso affronterà i vari aspetti che ca-
Come tutti sappiamo, oggi è possibile
la comprensione di come è nata l’arte
ratterizzano la fotografia di reportage,
intervenire digitalmente per migliorare
della fotografia e le basi tecniche su cui
sia dal punto di vista tecnico e lingui-
i nostri scatti fotografici.
è fondata sono, senza dubbio, elementi
stico, sia dal punto di vista applicativo
Il corso di post-produzione - suddiviso
necessari per quanti volessero ottenere
nel campo della fotografia professionale
nei moduli base, intermedio e avanzato -
qualcosa di più professionale da questa
e d’autore.
è dedicato a tutti coloro che vogliano
forma di espressione.
Un’esperienza che permetterà di svilup-
iniziare ad affacciarsi al mondo del fo-
Il Corso Base di fotografia è dunque de-
pare la propria capacità di osservazione,
toritocco e al restauro dell’immagine
dicato a tutti coloro che desiderano sco-
di racconto e di interpretazione dei fatti
digitale, sino ad arrivare alla realiz-
prire il fantastico mondo della fotografia
sociali, economici e politici.
zazione di un’immagine complessa
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Un corso per mettere in gioco in modo
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mix zoom La terra trema spesso in Giappone.
tà era successo qualcosa di molto grave.
Trovarsi aggrappati alla reception della
Inizia così un diario di 30 giorni in cui
scuola di lingua qualche anno fa, tra le
Pio, l’unico ad essere arrivato davanti ai
risate sommesse delle segretarie non è
cancelli della centrale, parte in modo
proprio il massimo, ma in Giappone un
rocambolesco alla volta di Fukushima,
terremoto così fa divertire anche i ficus
tra le bizzarrie degli autoctoni in divi-
nei vasi degli uffici.
sa, le spesso gravi defaillance nelle in-
Quando quell’11 marzo la terrà ha tre-
formazioni ufficiali e la compostezza
mato, nessuno in realtà rideva degli stra-
dei cittadini anche nei momenti in cui
nieri che scappavano terrorizzati fuori
la dignità umana sembra essere ridotta
dagli edifici.
all’osso.
Pio d’Emilia, inviato di Sky, giornalista
Attraverso una narrazione dallo stile
di lunga esperienza era lì, a Tokyo sul
ironico e tagliente, D’Emilia ci racconta
suo motorino in pieno centro.
una delle tragedie nucleari che hanno
Si è fermato e gli è bastato guardarsi in-
maggiormente influenzato la nostra po-
torno e vedere così tante persone ferme
litica energetica e modificato gli equili-
guardare all’insù, per capire che in real-
bri internazionali.
Pio D’Emilia, storico collaboratore de Il Manifesto, giornalista italiano emigrato in Giappone da oltre 20 anni, e attualmente corrispondente di Sky TG24.
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ZONA BORGHESIANA
www.gtbcostruzioni.com