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Quale strategia vaccinale in età pediatrica?
Lettere
Quale strategia vaccinale in età pediatrica? Nei giorni scorsi è stato pubblicato il racconto accorato dell’arcivescovo di Tunisi, Ilario Antoniazzi, che denuncia la situazione drammatica della pandemia in un Paese così vicino all’Italia. Un Paese con solo 12 milioni di persone, con un tasso di mortalità altissimo e solo il 10% della popolazione vaccinata. Purtroppo questa è la situazione più frequente che si sta verificando nella maggioranza del pianeta. Le disuguaglianze, da sempre presenti, con la crisi pandemica si sono aggravate, non solo tra i Paesi poveri e quelli ricchi, ma anche all’interno del nostro territorio nazionale, dove ancora si registrano ampie differenze regionali tra i tassi di vaccinazione nelle categorie più a rischio, anziani e fragili. E mentre in Italia si moltiplicano gli appelli da parte di società scientifiche ad aderire alla vaccinazione in età pediatrica (i vaccini sono stati autorizzati anche per i bambini più piccoli), affermando che questa misura contribuirà al contenimento della pandemia, il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus chiede agli Stati che sono più avanti con le vaccinazioni anti-Covid di non vaccinare bambini e ragazzi, ma di dare le loro dosi al programma Covax, con l’obiettivo di garantire una maggiore copertura vaccinale anche nei Paesi poveri e in via di sviluppo, in modo tale da metterli al riparo dalle conseguenze della malattia ed evitare che possano sorgere nuove varianti del coronavirus. Di fronte all’opportunità di vaccinare i propri figli le famiglie italiane hanno risposto inizialmente con cautela per motivi comprensibili: l’esperienza di una malattia lieve nei soggetti più giovani e il timore reale di rare reazioni avverse, con una bilancia rischi-benefici poco chiara. Di fatto però l’introduzione del “green pass”, necessario per consentire agli adolescenti attività raramente origine di focolai epidemici, come le attività sportive e culturali, obbliga le famiglie ad accettare la vaccinazione. Per troppo tempo gli adolescenti sono stati costretti a un isolamento e a un distanziamento innaturale, con conseguenze gravissime, non sempre prese in carico, visto le carenze croniche di cui soffrono i servizi territoriali di neuropsichiatria infantile. E adesso i ragazzi non vaccinati rischiano di essere additati come “irresponsabili untori”, focalizzando su di loro l’attenzione come unici colpevoli della diffusione del virus, anche se attualmente si sa che la vaccinazione anti-Covid-19, se si effettua il ciclo vaccinale completo, protegge all’88% dall’infezione. Inoltre la durata dell’immunità dopo la malattia e dopo la vaccinazione è incerta, anche per la temuta possibilità d’insorgenza di nuove varianti resistenti agli attuali vaccini. Ipotizzando un’immunizzazione non permanente (waning immunity), sulla base di simulazioni computazionali eseguite sul modello epidemico compartimentale SIR, assumendo che i guariti dall’infezione o i vaccinati (R: recovered) dopo un certo periodo di tempo ritornano a infoltire il parco degli individui suscettibili all’infezione (S: susceptible), che a loro volta possono contrarre nuovamente l’infezione (I: infectious), si evince l’epilogo endemico a cui è destinata l’epidemia SARSCoV-2. Si osserva [Figure 1,2] come, successivamente al primo picco importante di infezioni, vi sia la presenza di cicli infettivi con l’epidemia che ciclicamente riesplode, coinvolgendo una frazione sempre minore della popolazione. Da queste simulazioni viene confermato l’obiettivo verosimile della campagna vaccinale e delle misure di contenimento in atto, che non è quello di eradicare il virus, riducendo il pool di suscettibili al di sotto della soglia che determina l’immunità di gregge, bensì quello di ridurre l’ospedalizzazione degli infetti prevenendo le forme gravi e rallentare la dinamica epidemica in modo tale da non raggiungere la saturazione degli ospedali. Ancora non è chiaro quale sarà la strategia vaccinale del prossimo futuro. Si parla già di quarta dose per i più fragili (ma anche in questo caso l’OMS ha espresso parere contrario). E i ragazzi dovranno essere nuovamente vaccinati? È sostenibile pensare di vaccinare periodicamente 60 milioni di persone? Sulla base di queste considerazioni, alla luce delle attuali conoscenze, è giusto considerare i vaccini attualmente disponibili uno strumento importante per la protezione individuale soprattutto in presenza di fattori di rischio noti, perché solo nel momento in cui verrà sviluppato un vaccino che consenta un’immunizzazione permanente, si potrà prevedere la soglia teorica di suscettibilità per ottenere l’immunità di gregge attraverso una immunizzazione di massa con la conseguente eradicazione del virus. Nelle figure vengono mostrati i risultati della simulazione descrivente la dinamica epidemica della variante “delta” del SARS-CoV-2, fissato un tempo di guarigione medio di 10 giorni, rispettivamente con indice di trasmissibilità di 9,5 (non adottando alcuna misura di contenimento) e di 2,5 (adottando misure di contenimento). Monica Malventano, pediatra di libera scelta

Figura 2. Simulazione modello SIRS R0 = 2,5: periodo di oscillazione di 235 giorni, equilibrio endemico raggiunto dopo 1746 giorni con il 2,3% di popolazione infetta.
Cara dott.ssa Malventano, abbiamo deciso di pubblicare in versione integrale la lettera che ci ha inviato e che ha sollecitato le riflessioni che troverà nell’editoriale di Antonella Brunelli e Francesco Sintoni a p. 3 di questo numero. La ringraziamo per il suo contributo. Michele Gangemi, direttore