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WOMEN FOR EXPO Lidia Bastianich Barbara Stefanelli Paola Turci





sommario

10. Moda & accessori 20. Women For Expo 22. Lidia Bastianich 34. Barbara Stefanelli 40. Paola Turci 44. Eventi 48. Roxy Paine e Meg Webster 52. Drosdera 57. Musica 59. Mika 62. Estathemarketsound 67. Giorgio Moroder 70. Sinfonie d’autore 72. Alessandro Borghese 75. Cinema 76. La Dolce Vita 80. Notes 83. Giallo Zafferano 89. Viaggiare

n.11 www.itaeventi.it www.facebook.com/itaeventi twitter.com/itaeventi Direttore responsabile Guido Biondi Grafiche e impaginazione Massimiliano Pallai Hanno collaborato a questo numero: Armando Costantino, Bruno Quiriconi, Tommaso Bessi, LAmanu, Andrea Thomas

Iscritta con l’autorizzazione del Tribunale di Milano al numero 335 del 25/10/2013 Editore - Concessionaria di Pubblicità MediaAdv s.r.l. Vi A. Panizzi, 6 - 20146 Milano Tel. +39 02 43986531 info@mediaadv.it www.mediaadv.it Stampa Antoniana Grafiche s.r.l. Via Flaminia, 2937 00067 Morlupo (RM) finito di stampare luglio 2015


editoriale

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omen For Expo è l’occasione per dedicare un numero alle donne. Abbiamo scelto tra le Ambassador Lidia Bastianich per la sua straordinaria carriera di Chef e imprenditrice di successo e per la sua grande umanità. Ci siamo fatti raccontare la sua storia e il suo percorso tra l’Italia e gli Stati Uniti. Un personaggio indomito, sempre pronto a raccogliere le sfide della vita. Barbara Stefanelli è il Vicedirettore vicario del Corriere della Sera: ha creato il blog La ventisettesima ora, un luogo aperto ai confronti per discutere di tematiche femminili ma non solo.

E Paola Turci, una straordinaria cantante: ha da poco pubblicato un album con inediti e brani rivisitati e ci ha raccontato come la sua voce sia più vicina alla sua vera essenza. Sono tre testimonianze, tre caratteri – si direbbe “tosti” – di donne di forte carattere e di grande capacità. Inoltre ci occupiamo anche di Sonia Peronaci, autrice di Giallo Zafferano, il blog più autorevole di cucina sul web. Sono storie di donne molto determinate, che hanno scommesso unicamente sulle loro forze coniugando vita professionale e privata. Sono esempi utili per una boccata di ottimismo; il loro esempio è fonte di ispirazione. (g.b.)

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moda&accessori

MARYLING: FASHION IS ART AND CULTURE

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a moda Maryling incontra l’arte in un nuovo e inedito concept store che ha inaugurato il 16 luglio nel prestigioso contesto offerto da piazza Gae Aulenti a Milano. Uno spazio in cui le collezioni Maryling accolgono a rotazione opere e mostre a cura della prestigiosa galleria di arte contemporanea e moderna Abc di Genova. Un luogo nuovo, un’idea progettuale che va oltre il concetto di negozio e di showroom per offrire uno spazio vivo per l’arte proponendo ai visitatori e ai clienti un’esperienza di shopping, cultura e relax davvero unica, versatile, a 360°.

L’ampia superficie di 350 metri quadrati è articolata in aree che integrano e ridisegnano il concetto di boutique monomarca e quello di galleria d’arte. L’insieme è uno store a grande “valore aggiunto” che comprende anche un dehor esterno e ospita il Maryling Caffè, accogliente struttura conviviale ispirata al tema dell’Expo di Milano, che proporrà cibi e bevande freschi e salutari organizzando anche degustazioni e iniziative a tema. Quello realizzato grazie alla sinergia tra Maryling Fashion, Maryling Lifesyle e Maryling Caffè con la galleria Abc è un “momento” multisensoriale che mixa vista, tatto, gusto, udito ed olfatto e che supporta

anche il lancio della nuova fragranza di profumo per la casa firmata Maryling. Il risultato, inedito anche sotto il profilo architettonico, è uno spazio fruibile sotto molteplici profili, un progetto di avanguardia culturale fondato sulla creatività come “ingrediente” imprescindibile nell’arte così come nella moda e nel Food. Maryling sceglie l’arte come interlocutore dialettico e investe energia e risorse in un progetto del tutto nuovo sia dal punto di vista formale che concettuale, con l’obiettivo di condividere e valorizzare i principi comuni dell’estetica, della qualità, del bello e del buono.

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moda&accessori

ALTALEN Antonina Nafì De Luca ed Elena Todros nel 2012 hanno creato

un brand che unisce in simbiosi due visioni distinte: quella della bellezza - l’arma più importante per combattere in un mondo che ne è spesso privo - e quella del gioco, gioco bambinesco che offre uno sguardo incantatore Il progetto ha avuto come fine quello di creare un atelier di cappelli, e altri accessori su richiesta.

Tutti Pezzi unici su misura con rivisitazioni di materiali di ogni genere, usando anche tecniche di pittura e tintura per ogni singolo pezzo: la sperimentazione su materiali e forme è una loro caratteristica; è anche possibile noleggiare per eventi speciali. Organizzano sedute di “hat therapy”, il potere benefico che ha un cappello sulla testa. Essendo l’alto artigianato il principio dell’arte cercano costantemente condivisioni nell’ambito dell’arte e della fotografia, con auterovoli artisti quali Settimio Benedusi, Giovann Gastel, Toni Thorimbert, Brigitte Niedermair, e molti altri.

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LE AMBASSADOR DI WOMEN FOR EXPO La cultura femminile è al centro dell’esposizione universale di Expo: ogni donna è depositaria di conoscenze, tradizioni e pratiche legate al cibo, alla capacità di nutrire. di Andrea Thomas

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anti volti, molti dei quali celebri: sono le Ambassador di Women For Expo, un progetto di Expo Milano 2015 in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale e Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori. Presidente di Women for Expo è Federica Mogherini, Presidente Onorario è Emma Bonino e Presidente Esecutivo è Marta Dassù. Le donne dei paesi partecipanti a Expo testimonieranno sulle tematiche del nutrimento del corpo e nu-

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trimento della libertà e dell’intelligenza; le Ambassador sono artiste, scrittrici, imprenditrici, ciascuna con un ruolo importante nella società. WE-Women for Expo International ha creato il documento-manifesto Women for Expo Alliance, la nuova Alleanza globale delle donne contro lo spreco alimentare per il rafforzamento del ruolo femminile nell’agricoltura nel mondo. ITAeventi ha incontrato le Ambassador Lidia Bastianich, Barbara Stefanelli e Paola Turci. www.we.expo2015.org/it

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LIDIA BASTIANICH: “ITALIANS DO IT BETTER” Con la sua grinta ha lasciato un solco nella ristorazione: dal Buonavia al Felidia a New York sino all’Orsone di Cividale del Friuli. Cuoca, mamma, nonna (così ama definirsi) grazie ai libri, i social network e, soprattutto, la tv la sua popolarità è globale. È Amabassador di Women For Expo. di Guido Biondi

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oe dice troppe parolacce. Non le ha mandate a dire a suo figlio Lidia Bastianich dopo aver letto il contenuto dei suoi libri Restaurant Man e Giuseppino. Ma da buona mamma ovviamente lo adora: “Ha successo in Italia, si gode un bel momento. Posso solo dire che ama davvero il suo paese”. Quale? L’Italia ovviamente. Lidia ha avuto una vita incredibilmente in salita: dalla fuga di Pola al campo profughi sino all’arrivo negli Stati Uniti senza conoscere una parola d’inglese. Attraverso il sacrificio dei genitori ha voluto strenuamente impegnarsi nel lavoro senza riserve, ottenendo un successo strepitoso: dal primo ristorante Buonavia sino all’avventura condivisa di Eataly oltre a una popolarità mediatica globale. Lidia è stata scelta quale Ambassador di Women For Expo e sarà presente

all’Esposizione di Milano. Nell’intervista di copertina abbiamo cercato di raccontare la sua storia cercando di far emergere la sua indomita volontà e la sua grande umanità. Nella precedente edizione di Masterchef Junior tra i tre giudici il suo parere è stato – in assoluto – quello più equilibrato tra competenza e umanità. Scoprire e valutare il lato umano delle persone sembra una delle ricette segrete di Lidia Bastianich, la sua cifra stilistica. Essendo mamma, nonna e professionista cerco sempre di abbinare questi tre ruoli insieme: i bambini sono speciali e hanno tanta voglia di fare bene; sono una vera gioia per me. Al termine di ogni sfida, una volta stabilito chi passa il turno, noto delle reazioni più serene nei bambini piuttosto che negli

Mi piacerebbe vedere le donne coinvolte al tavolo dei negoziati di pace, cosi come vederle cucinare per le varie etnie coinvolte nei dibattiti. Spezzare il pane o condividere il cibo con gli altri partecipanti ai negoziati contribuirebbe ad ottenere una migliore conoscenza delle diverse culture e molto probabilmente aiuterebbe a portare a termine i dibattiti con meno difficoltà, aiutando, forse, ad arrivare ad una conclusione pacifica. Lida Bastianich

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adulti. I più piccoli sanno che sono a Masterchef Junior per vincere, ma se non succede capiscono che la cosa più importante è l’amicizia guadagnata sul campo. Inoltre io mi diverto moltissimo con loro. Cosa significa essere investita della carica di ambasciatrice di Women For Expo? Ci sono parecchie figure autorevoli a rappresentare l’esposizione; è un soggetto contemporaneo e necessario e sono contenta di farne parte. Oltre a rappresentare il progetto sarò fisicamente presente a Milano: in particolare mi interessa promuovere il dibattito sulla riduzione dello spreco del cibo. L’informazione deve iniziare dai bambini: è un tema ancora poco sviluppato, anche negli Stati Uniti ove risiedo. La terra ci consegna il cibo che ci nutre e dobbiamo apprezzarlo: il flusso di informazioni che parte da Expo raggiungerà tutto il mondo. Prima ancora di essere ambassador di Women For Expo lei lo è soprattutto della cucina italiana, attraverso i suoi libri e le trasmissioni televisive e, ovviamente, grazie ai ristoranti aperti negli Stati Uniti. Io credo che non esista altra cultura di cucina come quella italiana. Le grandi culture sono la cinese e l’indiana ma l’Italia eccelle in qualità come del resto nell’arte, nella musica, in tutto. Al cittadino italiano piace stare bene, vivere bene, mangia-

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re bene in altre parole gli piace una vita bilanciata. I prodotti italiani sono unici nel mondo: io sono fiera di sentirmi italiana e di far conoscere il cibo italiano. Quando sono venuta in America avevo dodici anni e già capivo che le mie radici italiane erano un valore enorme. Questo valore l’ho fatto entrare nella mia vita americana. Gli americani amano l’Italia e considerano il cibo italiano il numero uno nel mondo. Ha accennato alla sua adolescenza: il percorso della sua vita è stato piuttosto difficile ma l’ha forgiata nel suo lavoro; ce lo può raccontare? È stato tutto difficile, ero – di fatto – una profuga ospitata dalla Caritas in seguito alla fuga dall’Istria. Non conoscevamo nessuno ma siamo stati accolti in questa terra con rispetto, anche se nessuno di noi quattro della nostra famiglia parlava inglese. Mio padre aveva cinquant’anni, ma madre quaranta e mio fratello sedici: io - come accennato - appena dodici. Mia madre era un’insegnante ma non sapeva parlare l’inglese: iniziò a fare la sarta e poco dopo mio padre il meccanico. Per noi ragazzi è stato più facile: dopo sei mesi parlavamo abbastanza bene la lingua degli Stati Uniti. Il mio rammarico era quello di vedere i sacrifici dei miei genitori con il rancore di aver lasciato la loro terra per assicurare un futuro a noi figli. Il loro imegno mi ha senza dubbio spinto a dare il massimo nella mia vita: io e mio fratello dovevamo dimostrare a noi stessi e ai nostri genitori di saper meritare i loro sacrifici. Oggi io sono nel business della ristorazione e mio fratello è ingegnere: ciascuno di noi figli ha raggiunto importanti traguardi. Stare due anni in un campo profughi a Trieste, dopo la fuga dall’Istria ci ha senz’altro plasmati. A me ha creato una grande umanità: impari a capire il significato della vita e ti senti vicina a chi ha bisogno. Al campo profughi ho fatto la fila con il mio piattino per ricevere il cibo: pasta al pomodoro, una mela e un formaggino. Queste persone che lavoravano al campo mi hanno insegnato ad impegnarmi, a ringraziare sempre del cibo che abbiamo e a condividerlo. Ho costruito sulla mia cultura, l’italianità. Quando siamo andati via da Pola io non immaginavo che non ci saremmo tornati per tanto tempo:

Buonavia, il primo ristorante aperto da Lidia Bastianich nel 1971 nel Queens District di New York

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Lidia Bastianich stringe il Primetime Emmy Award consegnatole dal presentatore della cerimonia Neil Patrick Harris il 22 settembre 2013 a Los angeles

Lidia e i suoi due figli

Lidia Bastianich è una delle Chef più amate della televisione americana, autrice di best-sel-

ler di cucina e ristoratrice affermata sia negli Stati Uniti che in Italia. Lidia Matticchio Bastianich nasce a Pola, capoluogo dell’Istria nel 1947. Per sfuggire alle persecuzioni che coinvolsero le popolazioni istriane, nel 1956 si trasferisce - insieme alla sua famiglia - a Trieste. Dal 1958 vive negli Stati Uniti. Da sempre amante della cucina e della buona alimentazione apre nel 1971 a New York il Buonavia, il suo primo ristorante. Ad oggi, insieme ai suoi due figli, è proprietaria di 27 ristoranti. Da sempre vicina alle tradizioni culinarie del nostro Paese, ha pubblicato numerosi libri di cucina quali Lidia’s Favorite Recipes, Lidia’s Italy in America, Lidia Cooks from the Heart of Italy, Lidia’s Italy, Lidia’s commonsense italian cooking e per bambini (Nonna’s birthday surprise e Nonna tell me a story: Lidia’s Christmas kitchen). Nel 2014 ha ricevuto un Emmy (gli oscar della televisione statunitense) come host del suo seguitissimo programma L’Italia di Lidia.

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Lidia Bastianich in una puntata di Junior MasterChef Italia

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i ricordi più belli – ancora oggi – sono i momenti passati con mia nonna in cucina nella casetta di Pola, nel nostro campetto a raccogliere piselli e patate, a mungere la mucca, a cogliere le uova. Quando ho capito che per molto tempo non sarei tornata in quel luogo, il cibo è rimasto il collegamento con la mia infanzia: i nonni ci danno sempre una certa sicurezza. Oggi per lei tornare a Pola è certamente possibile. Adesso si. Ci torno sempre volentieri e adesso abbiamo anche una bella casetta a Cividale del Friuli dove amo stare vicino al nostro ristorante Orsone, spesso con i miei nipoti. A Pola ci torno ogni estate per rivivere i momenti della mia infanzia: la musica delle cicale, gli odori e l’ebbrezza del mare. La casetta dove c’era la nonna è rimasta intatta con le stesse cose ancora disposte come un tempo. Paradossalmente guardando l’Italia dall’esterno, negli Stati Uniti, si riesce ad essere più obiettivi e, forse, ad apprezzarla di più. Avendo lasciato l’Italia per fare una nuova vita in America ho sentito poi il bisogno di ritornare e visitare a dovere tutto il nostro paese d’origine. Anche per imparare e prendere delle nuove idee. Credo che dagli Stati Uniti riesco a vedere in modo maggiormente positivo lo stato dell’Italia rispetto a molti opinionisti sempre pessimisti; l’Italia è talmente bella e c’è tanto da offrire: bisogna “aggiustare” un po’ solo la politica. I giovani hanno tante possibilità: deve essere il Governo a dare loro le opportunità di crescita. Dalla scuola sino alla possibilità di fare un piccolo business. Troppo menagrami nel nostro paese? Vorrebbe dare una scossa ai politici? Quando guardo la tv e vedo i talk show a volte ho proprio la voglia di scuotere chi ascolto: sembra che molti non apprezzino le tante belle cose che ci sono in Italia, il darsi da fare e il gioire di quello che c’è. Bisogna ricordare che gli americani amano tutto ciò che è italiano. Gli italiani non devono preoccuparsi dei nuovi competitor, la Cina ad esempio; bisogna solamente che si occupino delle cose che sanno fare bene, soprattutto i prodotti artigianali. Lavorare la pelle, la ceramica, il cashmere, il tessuto… In America c’è il mercato per questo tipo di cose: le persone desiderano questi prodotti e sono disposti a pagarle bene se vengono dall’Italia. Quindi nessuna paura della competizione: soprattutto quella di quantità. In questo contesto l’Expo può aiutare il Belpaese a dare

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un’immagine diversa nonostante i guai giudiziari prima dell’inaugurazione? Io credo che in ogni evento di queste proporzioni succedono sempre dei casini. Ma Expo è una vetrina e una grande opportunità verso tutto il mondo. I milioni di persone che verranno a Milano assaggeranno il nostro cibo e ne parleranno nei loro paesi; è un kickstart come diciamo noi negli U.s.a., un motore per migliorare l’economia del paese. Anche sull’accoglienza abbiamo molto da insegnare ai 230 paesi presenti: siamo famosi per la premura verso il prossimo, per l’ospitalità e avremo modo di dimostrarlo. Rinforzeremo l’immagine dei nostri prodotti e delle nostre tecniche di preparazione. Quali saranno le sue partecipazioni a Expo? Con Oscar Farinetti nel padiglione Eataly faremo Identità golose: cene con cibo proveniente dai diversi mondi. Europa, Asia, Africa e, naturalmente l’America rappresentata da me. Per quanto concerne Women For Expo vorrei occuparmi principalmente del riciclaggio del cibo, contro lo spreco continuo in cucina. Lei che lo conosce da vicino, come lo descrive Oscar Farinetti? In Italia come saprà ci sono in egual misura sostenitori e detrattori. È una persona eccezionale, con una grande umanità. Ha una visione e sa proiettare in avanti progetti e idee con grande determinazione. Io con lui mi trovo benissimo e anche con la sua famiglia, la moglie e i suoi tre figli: non è solo business è anche amicizia. Anzi, va detto che per me fare solo business non basta, ci deve sempre essere anche amicizia. In tutta la sua carriera ha aperto molti ristoranti oltre ad essere una scrittrice e una presentatrice televisiva affermata: quale momento – in particolare – le è rimasto particolarmente nel cuore? Senza dubbio quando ho avuto l’opportunità di cucinare a New York per Papa Benedetto XVI, su sua richiesta. Io mi considero una persona piuttosto semplice e questo incontro mi ha riempito di gioia, anche professionalmente. Io non sono particolarmente osservante anche se ho fatto una mia ricerca spirituale; ho “sentito” questo incontro con il Papa l’apice della mia carriera. Ho collegato il mio incontro con il Papa alla Caritas che ci ha ospitato tanti anni fa, mi sono detta: Dio ti prende ma ti ridà tutto. Credo che ci sia una linea misteriosa in Dio: anche le esperienze che ho avuto, apparentemente negative, in realtà sono servite.

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I tre giudici di MasterChef: Joe Bastianich, Carlo Cracco e Bruno Barbieri

JOE BASTIANICH, RESTAURANT MAN Nel libro Giuseppino si evince che in passato la sua vita non è stata molto facile.

Sono un figlio di immigranti arrivati a New York senza un centesimo. Sono andati in America perché in Istria non si mangiava, avevano fame. È una storia che inizia da zero. Le persone che hanno fatto questo percorso hanno una vita molto diversa dagli altri: ti cambia in modo profondo. Io penso a quando non riesci a dare da mangiare - nel modo adeguato - ai tuoi bambini: questo fatto ti segna con grande severità. L’unico problema che sento è come trasmettere tutto questo ai miei figli. In Restaurant Man descrive - uno ad uno – la nascita e lo sviluppo di ogni singolo ristorante che ha creato ma sembra particolarmente legato al Babbo, è così?

Si è vero. È la prima volta in cui io mi sono sentito cambiato: non più il ristoratore immigrato, schiavo dei clienti; attraverso il rapporto con il mio socio Mario Batali abbiamo costruito un ambiente pieno di cultura, ricco di frequentazione di artisti. Quindi per la prima volta noi eravamo sullo stesso piano dei clienti, degli artisti, questa è la differenza di Babbo. È questo è stato un grande passo. Si sente innamorato della ristorazione, della gastronomia?

Io mi sono innamorato del cibo lavorato dalle donne della mia vita: amore, famiglia, oscurità… Torno a parlare degli immigrati: quando non ne hai abbastanza il cibo diventa la tua religione. Per mio padre poter mangiare bene era la sfida contro tutto ciò che aveva passato: per lui mangiare il caviale, le ostriche era definire un punto di arrivo. E queste sono cose molto semplici ma anche moltobelle, reali. Mi piace il cibo anche se il vino è più emozionale per me.

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women for expo

ALLA VENTISETTESIMA ORA Barbara Stefanelli, Vicedirettore vicario del Corriere della Sera, ha ideato un blog di successo, crocevia di tematiche femminili e della coppia, della famiglia e del lavoro. Perché alle donne 24 ore non sono mai sufficienti. di Guido Biondi

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l suo ufficio è poco distante dalla sala Albertini, stanza deputata alle riunioni di redazione, un piccolo tempio del giornalismo italiano. Vicino alla sua scrivania ci sono alcuni disegni di sua figlia Mila, qualche email stampata, comunicati del giornale, idee da sviluppare e, soprattutto, un quadro di Indro Montanelli, storica firma del Corriere. Barbara Stefanelli è una mosca bianca nel giornalismo italiano: è una rarità vedere una donna arrivare ai vertici, dopo un grande impegno profuso nella sezione esteri. Oltre al supplemento La lettura, uno dei fiori all’occhiello del giornale, vero successo editoriale, Barbara ha ideato la Ventisettesima ora, l’anima femminile più visibile e realizzata all’interno del quotidiano di Via Solferino a Milano. È anche ambassador di Women For Expo; l’abbiamo intervistata durante un week-end, perché più si sale di livello più aumentano le responsabilità e i sacrifici. Partiamo dalla Ventisettesima ora, il blog al femminile del Corriere, indubbiamente un’intuizione di successo. È stata una sua idea? Si. Nel 2011 quando è stato creato il blog ero ossessionata da questa definizione di essere il primo Vicedirettore donna (nominata nel 2009, ndr) dal 1876. Eppure non mi sembrava una cosa così importante: avevo una lunga esperienza nel giornale alla sezione esteri. I vice direttori uomini venivano definiti in quanto specialisti di politica, di economia etc. Per un paio d’anni non dico che io abbia scalciato ma quasi e quindi ho cercato di portare questa mia esperienza femminile di Vicedirettrice donna in un progetto che poteva essere utile al giornale e interessante per i lettori e le lettrici (e magari sensato per me). Così è nato il blog, ideato come uno spazio in più del Corriere della Sera nel quale potessero esprimersi soprattutto le firme femminili. Perché ha scelto il web e non il giornale cartaceo? Nel giornale cartaceo ci sono più problemi di spazio; si trattava di un progetto sperimentale: un test che avrebbe potuto portare le tematiche del blog anche sul quotidiano nei suoi spazi istituzionali. Inoltre mi divertiva molto l’idea di provare un blog atipico del Corriere che non fosse di una persona sola: un luogo di discussione aperto, che chiamasse direttamente le firme del giornale in modo non

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gerarchico, dalla collaboratrice al Direttore. Uno spazio completamente libero che avesse come scelta un codice molto limitato di principi nei quali io credo e tutte crediamo, con la possibilità di portare spunti in contraddizione l’uno con l’altro. Ha stabilito lei le principali tematiche del blog? Si e no, sono arrivate strada facendo; non doveva ripercorrere i temi già presenti sul giornale. Era abbastanza naturale andare di più verso la società, le questioni d’identità che fossero femminili e anche maschili. L’idea iniziale molto forte era quella della conciliazione – una parola sulla quale abbiamo a lungo lavorato – dei tempi: della vita professionale, privata, personale. Una delle cose più importanti per le donne. La Ventisettesima ora era uno studio della Camera di Commercio di Milano del 2011 che diceva che la giornata delle donne, di una popolazione urbana, impegnate su più fronti, arrivava a durare ventisette ore e non ventiquattro. Quindi tre ore di multitasking. Di fatto, pero’, questa idea di creare uno spazio vicino al Corriere della Sera, è diventata un’apertura anche su questioni di identità sessuale, di riflessione sentimentale: non solo lavoro, famiglia e maternità. Sono entrate molte firme maschili in questi anni: più di settecento autori – quasi tutti i giornalisti e collaboratori del Corriere – oltre alle lettrici. Con spunti non esclusivamente femminili anche la stessa parola conciliazione tutto sommato si è modificata e si è spostata verso quella che noi definiamo la condivisione, secondo me più centrata sui nostri tempi. La conciliazione porta in sé una traccia, un retaggio negativo, quasi di rassegnazione e di limitazione mentre la condivisione significa che per conciliare i tempi hai bisogno di un sacco di cose, di mettere in mezzo molte delle attività che vengono definite femminili e che sono sempre di più maschili. Difatti uno dei temi più presenti del blog è diventato quello dei nuovi padri: come sono, cosa fanno, quanto lavorano, quanto vogliono andare a prendere i figli all’asilo; il padre che stira, fa i compiti e magari impiega meno tempo per far carriera. Piace a quelle donne che da una parte lo chiamano e lo vogliono – la parte razionale -, e dall’altra – quella inconscia – lo desiderano meno.

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Il maschio alfa e beta è stato un tema molto discusso sul blog. Il giornale si è aperto moltissimo a questi temi in generale, che sono “le cose della vita” come canta Eros Ramazzotti e come ha detto una volta anche Claudio Magris. Il blog ovviamente non è stato solo le cose della vita – diciamo più intima -, perché una delle cose più presenti è il dibattito sul velo per citare un tema più politicamente sensibile. Ha sempre a che fare con quello che tu vedi e fai durante le giornate ma tocca anche elementi di discussione che sono legati a delle politiche. Qual’è il feedback con i lettori del blog? Ci sono haters e estremismo tipico dei social network? L’estremismo c’è. All’inizio avevamo una predisposizione a pubblicare tutto, ci sembrava insensato aprire uno spazio, chiamare alla circolazione delle idee e poi censurare dei commenti. Poi ci siamo resi conto che era indispensabile farlo. Ci sono haters che pensano che un blog che si definisce più femminile, di una te-

stata istituzionale quale il Corriere sia uno spazio ideale per sparare sugli spalti o sui giocatori; quindi abbiamo dovuto cambiare policy. Immagino che il blog avrà portato nuovi utenti unici al sito del Corriere oltre ad essere alfiere di iniziative per organizzare dibattiti aperti alla società. Si, soprattutto è fortemente riconosciuta la Ventisettesima ora nel senso che viene chiamata per partecipare a molti convegni. Quello che abbiamo tentato è di non precluderci nessuna rete di donne attive: attorno al blog ci sono associazioni di manager e imprenditrici quale ad esempio la Fondazione Bellisario; da Valeria Fedeli alla suora di clausura - che pero’ scrive per noi -, da ragazze molto giovani che detestano l’otto marzo a una femminista storica come Lea Melandri. Questa diversità di opinioni è il nostro punto fermo, per nulla scontato: quando ti presenti nella società reale come la Ventisettesima ora non sei identificabile come una parte sola, hai un’identità più vasta – per scelta -, quindi non sei riconosciuta e assorbita negli schieramenti presenti. Ha avuto supporto dal giornale, dalla Direzione? Devo dire che il Corriere ne ha fatto uno dei suoi punti di forza. Mi sono sempre chiesta: “Chissà quanti Direttori sopporterebbero di avere il gruppo delle giornaliste organizzate e attive sotto di sé”. Ma non c’è mai stato un problema. Nel giornalismo italiano le donne spesso non arrivano ai vertici se escludiamo poche realtà – e non attuali -, ad esempio Concita De Gregorio all’Unità, come mai? Il motivo è probabilmente quello più semplice: perché tutto sommato noi abbiamo sostenuto la legge sulle quote Golfo-Mosca che pure molte donne non vogliono perché la considerano una sconfitta. Una legge che imponga alle società quotate in borsa pubbliche e private un graduale innalzamento della presenza di donne nei board; graduale perché deve arrivare seguendo il rinnovo dei Cda ad avere il 33% di presenza femminile. Se tu non arrivi a forzare i sistemi…

Nata a Milano nel 1965 è giornalista al Corriere della Sera. Dal 2009 è Vicedirettore, è stata caporedattore centrale e caporedattore Esteri. Nel 2011 ha curato il lancio dell’inserto culturale “La Lettura”. Ha progettato il Blog collettivo La Ventisettesima ora, nato con una prevalenza femminile ma aperto a tutte le firme del Corriere. Con La Ventisettesima ora ha pubblicato con Marsilio il libro Questo non è amore, inchiesta sulla violenza contro le donne. Sullo stesso modello ha progettato i blog Solferino28/anni, dedicato ai ventenni di Italia, e Gli Invisibili, uno spazio sulla disabilità. Nella serie Storie dal Quotidiano, una collana di libri Bompiani dedicati ai ragazzi che vede impegnate alcune firme del Corriere, ha scritto Piccole Coraggiose Donne pubblicato nel 2013. Ha vinto il premio “Marisa Belisario” edizione 2010 e il premio “Matilde Serao” edizione 2013. Laureata in Germanistica, ha studiato a Heidelberg e Vienna.

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Perché sostiene che le donne non sono d’accordo con questa battaglia? Perché pochissime donne amano e capiscono la legge sulle quote. Il lavoro che abbiamo fatto anche noi è spiegare che non ci piace questa legge perché impone comunque una forzatura del sistema ma sono graditi i suoi effetti. I sistemi tendono a riprodurre se stessi cercando di limitare i cambiamenti perché questo è rassicurante per chi sta già al vertice del sistema; è evidente che quando tu fai una scelta e metti degli elementi di varietà – se condivisione mi sembra meglio di conciliazione, varietà la preferisco a diversità -, crei un effetto di smottamento rispetto a chi già è in pieno controllo della situazione. Quindi è una cosa più o meno inconsapevole nominare persone che ti somigliano maggiormente accanto a te ai vertici di qualunque organizzazione e istituzione. Portar dentro le donne significa chiamare un equilibrio diverso, meno asimmetrico rispetto a quello precedente; non è una scelta facile. Da qui l’idea che una legge come quella sulle quote potesse esser utile all’Italia, a un sistema che non si muoveva da molti anni. E l’abbiamo sostenuta con de Bortoli e con gli economisti di questo giornale con grande convinzione e penso che in qualche modo abbiamo contribuito a farla passare. All’estero la situazione è la medesima per quanto concerne la direzione delle testate e dei media? Ci sono state due donne Direttrici che sono cadute rapidamente (Jill Abramson del New York Times e Natalie Nougayrède di Le Monde), sono state nomine fatte in periodi particolarmente problematici che poi non hanno tenuto alla prova del tempo. Attualmente ci sono Zanny Minton Beddoes dell’Economist e Katharine Viner del Guardian e sono probabilmente una realtà di fasi successive alla grandissima crisi che ha investito i giornali anglosassoni: penso che queste ultime nomine sono destinate a tenere. In Italia – come sempre – con maggiore lentezza le cose stanno andando nella stessa direzione: in un sistema dove non c’è equilibrio tra la partecipazione degli uomini e delle donne ma ci sono stati dei punti di accelerazione. Abbiamo un Governo che è partito con la parità assoluta poi c’è stato il cambiamento di Federica Mogherini, un Parlamento in cui – grazie all’impegno di alcuni partiti quali il Pd e il M5s – la presenza delle donne è molto aumentata. Ci sono state le nomine nelle società quotate pubbliche importanti fatte volutamente cercando di avere in testa una forma di equilibrio. È un Paese che chiaramente ha avuto delle spinte – secondo me positive -, anche se è un sistema che ancora in equilibrio non è arrivato. Tutti quei luoghi dove un’accelerazione non è stata spinta il processo è più lento, anche nei giornali.

sopra: la sala Albertini, sede delle riunioni dei giornalisti del Corriere della Sera; sotto: il blog della Ventisettesima ora, http://27esimaora.corriere.it

Gli editori hanno un comportamento diverso rispetto a una figura femminile all’interno del Corriere? Non ho mai riscontrato una differenza, neppure economica. Ad alcuni uomini fa paura una donna al vertice? Può essere che faccia “strano” più che paura. Io sono cresciuta qui dentro e non ho avvertito nulla di anomalo e non penso di aver fatto mai paura; sono entrata al Corriere da praticante e sono Vicedirettore vicario. Spieghiamo ai lettori cosa significa questa carica. Di fatto sei il numero due. Ci sono tanti vicedirettori e uno è vicario: la sua funzione è quella – in assenza del Direttore – di farne le veci. C’è una gerarchia come in tutti i gruppi di lavoro organizzati: soprattutto in questa direzione – e anche in quella precedente – c’è un rapporto molto armonioso. L’ex

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Direttore era stato chiamato ad uscire e, nonostante questo, c’è stata molta serenità in questi mesi. Il saluto alla redazione dell’ex Direttore de Bortoli – come testimonia il video girato nella sala Albertini – è stato commovente e applaudito per diversi minuti. Qualcosa di più di un atto formale. Stando a Dagospia si era fatto anche il suo nome per la nuova Direzione sino all’avvento di Luciano Fontana. Ci siamo schierati in moltissimi accanto alla candidatura di Fontana che era il Condirettore di de Bortoli; non c’è mai stato qui dentro il dubbio che la partita fosse la sua. Candidatura unanime quindi. Assolutamente. In totale sincerità mi sono augurata che andasse a finire esattamente in questo modo. Anche nell’inserto domenicale La lettura c’è il suo imprinting; da poco è venduta separatamente dal quotidiano… Si, è alla vigilia di un cambiamento con lo scopo di potenziarla; esce la domenica che è il giorno di maggior vendita del quotidiano ed ha portato delle copie in più rispetto al sabato e al venerdì, giorni con altri supplementi sul Corriere. La formula de La lettura è simile a la Ventisettesima ora: aprire delle cose che nascono o vengono concepite o perUn ritratto di Indro Montanelli, storica firma del Corriere

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cepite come chiuse nei mondi culturali con innesti molto più liberi. La caratteristica a cui il Corriere sta attaccato con consapevolezza: far si che sia una piazza molto libera, con punti fermi ma mai prevedibile. Diventerà un sistema nel senso che sarà su carta ma avrà uno sviluppo digitale più forte con focus sugli eventi e avrà anche una produzione di libri collegati alla testata. Quanto ha influito il suo impegno su La lettura? Il progetto mi è stato affidato da Ferruccio de Bortoli nel 2011, ho partecipato all’ideazione sin dall’inizio; la realizzazione è tutta della redazione Cultura guidata da Antonio Troiano. La lettura per noi è stata fondamentale perché ha portato una moltitudine di scrittori lontani dal Corriere al suo interno: penso a Piperno, Trevi, Genovesi, Paolo Giordano, Veronesi, Silvia Avallone… Sono alcuni nomi ma l’elenco è lunghissimo: autori entrati dalla finestra de La lettura. Tornando al Corriere della Sera come si svolge il suo lavoro nell’arco della giornata? Ci sono giorni in cui si fa tutto, partiamo comunque tutti insieme. Ci sono delle aree nelle quali i vicedirettori sono più presenti: ad esempio Daniele Manca che è stato a lungo caporedattore dell’economia chiaramente ha un mandato molto forte nella sezione, anche se la discussione è collegiale. Alla fine il bello del quotidiano è il lavoro di gruppo su tutto. E come inizia la giornata “privata” di Barbara Stefanelli? (Ride, ndr) Mi alzo presto, leggo i quotidiani sull’iPad - che è molto più semplice -, così si evita l’arrivo della mazzetta e puoi archiviare facilmente. Questa è una notizia, niente cartaceo… Solo quotidiani italiani? Più alcuni esteri, in particolare il New York Times, Financial Times, Die Zeit… Anche settimanali e mensili? Pochi… The Atlantic, i francesi soprattutto. La prima riunione al giornale a che ora inizia? Alle undici; alle dieci e mezza c’è una pre-riunione. Uno dei progetti da attuare dopo l’estate è quello di anticipare la riunione alle nove circa. Qual è l’ultimo periodo utile per cambiare una notizia “in corsa”? Alle dieci e mezza, undici. Chiusura definitiva? Alle undici, undici e mezza la prima edizione, all’una di notte la seconda. La seconda edizione è quella che si trova sull’iPad e in gran parte delle edicole. (Poco dopo questa risposta viene urgentemente chiamata in sala Albertini per decidere la composizione delle pagine sulla crisi della Grecia in una domenica pomeriggio intorno alle 18.00).


women for expo

LA SECONDA VITA DI PAOLA TURCI La svolta artistica con la pubblicazione dell’album Io sono con alcune versioni acustiche dei suoi brani di repertorio e inediti. Il percorso di una cantante sempre alla ricerca del santo graal nella musica. di Guido Biondi

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edicesimo album, trent’anni di carriera rivisitati in chiave elettroacustica quasi acapella, gospel, soul. Paola Turci ha una nuova luce, si avverte ascoltando la sua voce mai così intensa. Dopo un grave lutto ha deciso di non avere più paura e si è lasciata andare – anche attraverso l’aiuto del produttore Federico Dragogna – reinventandosi. L’abbiamo incontrata alla viglia del suo tour estivo. Perché proprio questo progetto, per niente autocelebrativo, quasi un sottrarre. È un’idea primordiale, l’ho sempre avuta dentro di me. Sin da quando ero bambina passavo le giornate intere chiusa dentro il bagno ad ascoltare la chitarra e la mia voce. Era l’unico posto libero e aveva una buona acustica; io dividevo la mia stanza con

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mia sorella. Questa esigenza si è acutizzata in seguito alla mia attività dal vivo: provavo sempre più il desiderio di esprimermi con voce e chitarra; anche se seguito ad avere sul palco un trio con basso batteria e chitarra elettrica. Questo è il disco che non ho mai avuto, con la voce al centro. E dovevo proprio incontrare Federico Dragogna, il mio produttore, con idee opposte alla mia voglia di destrutturare i brani. Il primo pensiero va al suo lavoro con Vasco Brondi: solo l’essenziale, con un risultato sorprendente. c’è l’urgenza della voce, sembra provenire dalle viscere, quasi un seguito dell’album dei Goldfrapp… Sono figlia degli anni ottanta e sono legata all’acustica: De Gregori e le cantautrici americane. Il mio

punto di riferimento resta Blue di Joni Mitchell. Questo disco è una porta d’ingresso in un nuovo mondo che potrebbe anche portarmi verso qualcosa di folle. Certamente sto andando nella direzione di sperimentare con la musica elettronica; mi ha influenzato molto vivere gli ultimi due anni a Milano, i miei amici bazzicano tutti in questo genere di cose. Tre anni fa ho scoperto Fink. L’ho anche contattato e gli ho chiesto di fare qualcosa insieme e mi ha risposto che potrebbe scrivermi una canzone. Quando ascolto un suo brano trovo la perfetta coniugazione di acustica ed elettronica, mi affascina moltissimo; ho divorato Perfect Darkness. Tutti fanno a gara a definirti il simbolo del rock italiano insieme alla Nannini… Ma per niente. Se per questo scrivono anche che sono una cazzara. Non è che non mi piaccia il rock, ma non c’entro nulla, faccio altro. Non mi conoscevo così bene come con questo mio nuovo album e probabilmente con il prossimo mi conoscerò ancora meglio. L’unica cosa che non so fare è la produzione ed è per questo che adoro lavorare con Dragogna: insieme a lui sto immaginando un album di canzoni di Leo Ferre’ in versione acustica. Non so come procederà il futuro ma so che ho mostrato la mia fragilità già da questo album e non solo attraverso il mio viso. Ho dichiarato “Io sono”: ho portato il mio bagaglio, leggero, snello; non volevo fare un doppio disco. Ho ristrutturato il mio

repertorio e l’ho portato a guardare avanti. Nel testo di “Io sono” scrivi “sei sicuro che io sia solo quello che tu sai/nella vita l’abitudine non fa vedere mai la verità”. L’autrice A.s.a. Harrison - purtroppo scomparsa poco dopo la pubblicazione - ne La sposa silenziosa descrive molto bene questa tua frase, la dipana, la sviluppa portandola all’estremo. L’uomo non conosce la sua donna, ne ha una versione stereotipata, non approfondisce per questioni di comodo. È una tematica di molte delle tue canzoni: relazioni contrastate, attriti, sfoghi e – in definitiva – tanta fatica di essere veramente compresi. Parli spesso anche di accettazione come se fosse la reale prerogativa di un amore, quello fuori dai fotoromanzi (“Ti amerò lo stesso”). Non ci riesco ad avere una relazione normale. Qualche giorno fa ho cantato per la prima volta “Ti amerò lo stesso” con la chitarra senza nessun altro accompagnamento. Ero al Roxy Bar da Red Ronnie, sono salita sul palco, e mi è venuta fuori una forza, una potenza quasi incontrollabile. Questa canzone si è trasformata da ciò che era inizialmente quasi trent’anni fa. È una nuova dentro me, sto mutando. “Attraversami il cuore” evoca una voce di dentro, una forte ispirazione in solitudine. È un bisogno di tenerezza in mezzo a una guerra, a

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una forma di inquietudine che viene da fuori. Una dimensione di interiorità: si spara in guerra e poi ci si ritrova nell’intimità nella quale può scaturire un raggio di luce dall’incontrarsi. Nell’antroposofia si direbbe che sei collegata alla tua anima. È il mio intento, è ciò che volevo fare. Mettere al centro la mia voce significa proprio questo: andare alla radice di me stessa. Mentre registravo ascoltavo l’album di Björk, Vulnicultura: duro, tosto, scarno e poi gli archi così rarefatti… Mi ha commosso di più la storia dietro l’album da come l’ho letta nelle interviste (la separazione dal suo compagno, ndr) rispetto alle canzoni. La musica è questo: il racconto di un’emozione. Il tour è appena partito, come ti senti dopo l’assenza di un lungo periodo? Ho persino paura a capire se sarò ancora la stessa o no. Il timore c’è sempre, soprattutto a cantare determinate canzoni: la paura di affrontarle con il pilota automatico. Prima ero molto condizionata dal pubblico, dal suo sentire; adesso è diverso, cerco sintonia, sono meno sfuocata. Hai acquistato sicurezza ed è aumentata a dismisura la tua voce, come una lama affilata. Emerge la tua passione. Il cambiamento, grazie a Dragogna, è avvenuto proprio perché lui non è solo indie-dipendente: se fosse stato così l’avrei mandato in quel posto. Invece ha una mente aperta e una grande sensibilità ed è stato capace di affrontare le canzoni del mio repertorio senza pregiudizio. Ho tolto tutto quello che era concettuale, ad esempio dal disco Candido dedicato a Voltaire. Questo lavoro – talvolta difIo Sono, il nuovo album di Paola Turci che celebra i suoi 30 anni di carriera. Disponibile dal 21 aprile

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ficile – io lo faccio perché amo la musica. Notorietà e televisione sono elementi che mi hanno spiazzato: non faccio la cantante perché mi piace lo spettacolo. La musica sin da bambina, prima ancora di leggere e scrivere, è stato lo strumento, il mezzo che mi ha capita e mi ha fatto crescere. Senza la musica mi sarei suicidata, depressa, incartata. I miei 14 anni sono stati costellati da Patti Smith; poi ho avuto un periodo di metallo pesante quindi i Clash, B52’s, Talking Heads. Posso raccontare la mia vita attraverso tre figure femminili: la prima è Patty Pravo che comprende anche Mina e Ornella Vanoni. La seconda è Patti Smith e la terza è Lhasa. Ho perso mio padre qualche settimana fa quindi non posso dire di essere felice. C’è un vuoto troppo lacerante. Credo che questa voglia di scrivere che ho magicamente ritrovato, dopo un vero e proprio blocco dal 2009, sia avvenuta dopo questo tragico fatto. È come se volessi sperimentare anche il peggio che ho dentro di me, senza più filtri.


eventi

FESTIVAL DELLE STORIE 2015 Valle di Comino, 22 – 29 agosto

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al 22 al 29 agosto torna il Festival delle Storie per far vivere la magia dei racconti di attori, scrittori, cantautori, filosofi, musicisti, giornalisti, scienziati, imprenditori, registi, sceneggiatori, artisti, intellettuali, italiani e stranieri, nel palcoscenico naturale della Valle di Comino, immersa nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. E’ un festival itinerante che racconta una storia fatta di storie. Otto giorni di viaggio attraverso piazze medievali, vicoli, castelli, conventi, ville ottocentesche e roccaforti. Ogni giorno un paese diverso, ogni giorno una carta diversa detta il canovaccio del festival. La novità di quest’anno è che il ritmo e i contenuti ruotano intorno ai frutti della valle e non più, come negli anni passati, attorno ai tarocchi. Immaginate allora la Valle di Comino come un’antica città, circondata da nemici invisibili che vogliono spegnerla, lasciarla al buio. Questa città ha otto porte, ogni porta ha il nome di un

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frutto e ogni frutto è il simbolo di un valore, che può avere il volto e la personalità di un eroe antico. Ogni porta rappresenta quindi l’antidoto al buio. Ecco i paesi che saranno lo scenario del romanzo di quest’anno e le porte per accedervi e per accendere le luci sull’antica città, la Valle di Comino, che ancora una volta prende vita e si illumina delle sue storie. La sesta edizione del Festival delle Storie apre il 22 agosto a Campoli Appennino con la carta del Fico: è l’immortalità, il superamento della paura della morte, la comunicazione tra i mondi, la voce che arriva ovunque, la metamorfosi. Il giorno successivo, 23 agosto, si prosegue a Villa Latina con l’Uva spina, che rappresenta chi sfida gli dei e va oltre i limiti dell’uomo. E’ l’impossibile. E’ il talento e la hybris. E’ il dono e il costo da pagare. Il 24 agosto le torce si accendono su San Donato Val di Comino con la Mela selvatica: è il divergente, chi si ribella al potere e alle leggi della città. E’ An-

tigone. E’ la legge degli uomini che resiste alle follie del legislatore. Sono i cattivi, ma che poi così cattivi non sono mai. La Susina è la carta di Casalvieri il 25 agosto: è il doppio, il sosia, è uno, nessuno e centomila. E’ la ricerca dell’altro, come amore, passione, identità. E’ che non tutte le cose hanno un solo nome. E’ la susina e la prugna. Il cammino continua il 26 agosto a Fontechiari con il Melograno: è ricchezza e abbondanza. E’ il deragliamento dionisiaco dei sensi e chi lavora ogni giorno per la ricchezza. E’ il mercato e la ricerca della felicità. E’ il frutto rosso della crescita. Il 27 agosto si accendono le luci di Alvito con un frutto raro e proprio per questo delizioso, la Visciola, che rappresenta il rispetto dei patti, la fiducia. E’ il maestro. E’ la storia. E’ quello su cui si fonda la memoria condivisa di una città. Il nostro tempo e le sue contraddizioni. Il Gelso fa da protagonista il 28 agosto nella giornata di Atina: è la strada che non conosci.

E’ l’altrove. E’ andare lontano e superare i confini. E’ navigare e salire. E’ Ulisse e Marco Polo. E’ una corda lanciata nella roccia. Chiude il festival il 29 agosto a Picinisco la carta del Sambuco nero: è l’indovino. E’ Tiresia. E’ la sfida dell’uomo all’architettura di Dio. E’ riconoscere chi siamo, i nostri miti ed eroi, le nostre leggende. E’ la scienza e la fantascienza. Ecco alcuni degli ospiti di quest’anno: Massimo Arcangeli ed Edoardo Boncinelli, Luca Bianchini, Diego Bianchi (in arte Zoro), Francesco Bianconi, Zvonimir Boban, Franco Cardini, Angelo Carotenuto, Paolo Del Debbio, Fabio Genovesi, Zap Mangusta, Giuseppe Peveri (in arte Dente) e Alessandra Sardoni. Il Festival delle Storie, nasce nel 2010 da un’idea di Vittorio Macioce e Rachele Brancatisano. E’ l’idea di portare la cultura nelle piazze, nelle strade, in spazi storici da recuperare per offrire cultura a tutti.

www.festivaldellestorie.org

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eventi

FESTIVAL GIORGIO GABER

La terza edizione del festival Gaber itinerante – dopo i dieci anni storici alla Cittadella del Carnevale di Viareggio – si sviluppa in ben 21 Comuni della Toscana. Di Lucca e di altre regioni italiane, grazie ai vari assessorati municipali.

Fino al 3 agosto

30 luglio, Livorno Giulio Casale Polli di allevamento Presentato dal Piccolo Teatro di Milano nella stagione 78/79, Polli di allevamento è fra i più importanti spettacoli del teatro gaberiano. Giulio Casale ha coraggiosamente accettato la sfida di riallestirlo integralmente, riproponendolo con successo per tre stagioni consecutive. 31 luglio, Fosdinovo Mario Capanna e Giulio Casale Libertà Obbligatoria. La resistenza del mercato Il tema del Festival Lunatica è in perfetta sintonia con le riflessioni di Gaber e Luporini. Mario Capanna, amico personale di Gaber, farà rivivere il loro pensiero affiancato dal talento interpretativo di Giulio Casale. 1 agosto, Carrara Claudia Pinelli, Paolo Finzi, Les Anarchistes - Anarchia e resistenza Resistenza. Concetto affine al pensiero anarchico. Ne daranno testimonianza Claudia Pinelli, Paolo Finzi, Paolo Dal Bon, con il supporto musicale del gruppo Les Anarchistes.

Hotel Plaza Padova è l’hotel 4 stelle del centro. Costruito proprio a ridosso della zona pedonale di Padova, è facilmente raggiungibile con ogni mezzo, nel cuore della città. 140 camere dotate di ogni comfort, Ristorante interno, 5 sale meeting per congressi ed incontri di lavoro, palestra e garage privati. Da più di 40 anni, l’hotel di Padova. Non è un caso che sia in centro.

della Valle è una grande piazza e non un giardino; il Caffè senza porte, ovvero il Caffè Pedrocchi, storico luogo di incontro per intellettuali e studenti, costruito agli inizi dell’Ottocento senza porte proprio per permettere ad ogni studente di passaggio in città di trovarvi ristoro.

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H O T E L PLAZA PADOVA OFFERTA CLIENTI ITALOTRENO 2015 • 10% sconto sulla migliore tariffa del giorno • 10% sconto sul Menu à la carte Ristorante Verdi 46 ITA EVENTI

A pochi passi dall’Hotel Plaza si trova il centro pedonale di Padova con le sue principali attrazioni che rendono Padova “la città dei senza”: Il Santo senza nome, ovvero la Basilica di Sant’Antonio, conosciuta però come Il Santo; il Prato senza erba ovvero Prato

* previa disponibilità dell’hotel via mail o telefono

info@plazapadova.it

Ristorante Verdi

Corso Milano 38 (accanto all’Hotel Plaza) Aperto tutti i giorni* anche a pranzo

• Menu del giorno a partire da € 14,50 * chiuso il sabato a pranzo


arte

NATURA NATURANS: ROXY PAINE E MEG WEBSTER

Roxy Paine, Psilocybe Cubensis Field, 1997 - Polimero termoindurente, lacca, pittura ad olio, acciaio - The Israel Museum Collection, Jerusalem Dimensione variabile

(Opere dal 1982 al 2015)

Il Fai - Fondo Ambiente italiano – presenta una doppia personale dedicata a due artisti americani di linguaggio e generazione diversi, che partono da punti di vista opposti.Nella splendida cornice di Villa Panza a Varese. di Bruno Quiriconi

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illa Panza prosegue il suo viaggio alla scoperta del senso della vita, della spiritualità e dell’universo con una mostra sulla natura. Mai come oggi è attuale il tema di come l’uomo si relazioni a essa: madre o matrigna, entità che mettiamo in pericolo o pericolo che può anche ferirci? La sostenibilità dell’ambiente è resa sempre più difficile dall’intervento dell’uomo, che non sa rinunciare a modificarlo per migliorare la qualità della propria esistenza. È su questi problemi, che toccano anche la sfera della relazione uomo-cosmo, che si incentra la mostra Natura naturans: una doppia personale dedicata a due artisti americani di linguaggio e generazione diversi, che partono da punti di vista opposti. Li accomuna un’idea della natura come ciclo continuo di crescita e decadimento, come descritta dall’espressione del filosofo Baruch Spinoza che dà il titolo all’esposizione. Roxy Paine lavora seguendo il principio dell’imitazione e della trasformazione, con materiali sintetici di provenienza industriale, colonizzando gli ambienti con opere che riproducono fedelmente fiori, piante e funghi. Meg Webster declina questa stessa tematica realizzando veri e propri monumenti dedicati alla terra, vista come sorgente instancabile di vita. Ventotto grandi opere e installazioni, realizzate tra il 1982 e il 2015, sono ospitate lungo un percorso che si snoda tra gli spazi interni ed esterni della villa, cercando un armonioso equilibrio fra natura, architettura e opere della collezione permanente. Alcuni lavori sono stati appositamente costruiti in villa, in diretta simbiosi con Meg Webster, Cone of Water, 2015 Ferro, acqua Courtesy of the artist, Paula Cooper Gallery, New York and Anne Mosseri-Marlio Galerie, Basel - 101,6 x 426,72 cm

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gli spazi esistenti, mentre altri provengono da istituzioni internazionali come il Solomon R. Guggenheim Museum, il The New School Art Collection e il Whitney Museum of American Art di New York, il Museo Cantonale di Lugano, l’Israel Museum di Gerusalemme e altri ancora da collezioni private e dalla Panza Collection di Mendrisio. Roxy Paine (New York, 1966) ha compiuto gli studi al College of Santa Fe in New Mexico, quindi al Pratt Institute di New York e dal 1990 a oggi ha tenuto numerose collettive e personali in musei e gallerie di tutto il mondo. Esplorando da tempo le relazioni e i confini fra creatività dell’uomo, crescita naturale e produzione industriale, Paine coglie nello sviluppo dendritico della natura (ramificazioni, reti neurali, reti vascolari) il modello poi replicato nella progettazione di impianti artificiali. Ha programmato macchine in grado di produrre disegni, dipinti e sculture in pezzi unici, spesso evocanti paesaggi o sedimenti geologici. Le opere pubbliche più celebri di Paine (presenti in fondazioni e musei europei e americani) sono i Dendroids, iniziati nel 1999, sculture-albero fatte di tubi di acciaio inossidabile. Uno di essi, Maelstrom, è stato installato nel 2009 nel giardino sul tetto del Metropolitan Museum of Art di New York. A Villa Panza espone alcuni lavori della serie Replicants,

iniziata nel 1997, opere realizzate a mano dall’artista con resine sintetiche, lacche, polimeri e vernici industriali. Riproduce così con verosimiglianza, seguendo i principi di traslazione e trasformazione, alghe, funghi velenosi, muffe e fiori, disposti nello spazio in veri e propri “campi” - come l’artista stesso ama definirli - sia in orizzontale, sul pavimento, che in verticale, sulle pareti. Tra le opere in mostra, Amanita Virosa Wall del 2001, proveniente dal Whitney Museum di New York, Psilocybe Cubensis Field del 1997, di proprietà del The Israel Museum Collection di Gerusalemme, e l’elaborata Dinner of the Dictators (1993-1995), nella quale si cristallizzano sotto una teca trasparente i piatti preferiti di dodici personaggi storici, identificati da Paine come dittatori. Meg Webster (San Francisco, California 1944), artista di origini californiane ma newyorkese d’adozione, ha studiato in Virginia e alla Yale University ed è stata assistente di Michael Heizer. Da sempre interessata alla percezione fisica e psichica dello spazio e alla bellezza intrinseca dei materiali, Webster è principalmente scultrice e creatrice di installazioni, ma non trascura il disegno e l’opera su carta. Forme ancestrali e volumi minimalisti sono costruiti a partire da semplici elementi naturali, sollecitando tutti i sensi dello spettatore. L’artista ama utilizzare elementi provenienti dalla natura come sale, acqua, muschio, cera vergine, arbusti, vetro e rame, ma la principale materia della sua ispirazione è la terra, utilizzata nel suo stato primordiale, con grandi installazioni all’aperto o, più spesso, in ambienti chiusi. Esemplare in tal senso è l’opera Slipped Cone with Flat Top (1983), presente nella collezione permanente del museo varesino e installata in una delle Scuderie dallo stesso Giuseppe Panza, che ha definito così il lavoro di Webster: “[...] I suoi tumuli non fanno pensare al sepolcro e alla morte, ma alla nostra madre, alla natura che ci nutre con i suoi frutti […]. È un omaggio alla sua silenziosa e umile presenza. Esiste da sempre. Dimentichiamo la sua importanza, senza di lei non potrem-

mo vivere […] Usare la terra per fare arte è un evento unico, non ricordo qualcosa di simile avvenuto in passato”. In occasione di Natura naturans l’artista ha realizzato, appositamente per gli spazi della villa, alcune delle sue opere più importanti tra cui Stick Spiral del 1996, il cui progetto è di proprietà del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, Mother Mound del 1990, di proprietà della Panza Collection di Mendrisio e, infine, l’installazione interattiva Solar Piece (2015). L’artista ha trasformato una stanza in un vero e proprio ecosistema, dove nel corso dei mesi si alterneranno colture differenti, sulla base del naturale evolversi dell’ambiente così ricreato. Alcuni temi emergenti nella mostra - il ruolo della natura come forza generatrice e fonte di vita o l’uso inconsapevole e spesso distruttivo delle sue risorse ed energie perpetrato quotidianamente dall’uomo - sono fra i motivi di riflessione proposti da Expo Milano 2015 Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita e per questo il FAI ha ritenuto di realizzare questa mostra in concomitanza con l’esposizione universale. La mostra è a cura di Anna Bernardini, direttore di Villa e Collezione Panza e Angela Vettese, critica d’arte. Il catalogo è edito da Silvana Editoriale. Il progetto espositivo è reso possibile grazie a JTI (Japan Tobacco International), partner istituzionale di Villa e Collezione Panza; con il Patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, della Regione Lombardia, della Provincia di Varese, del Comune di Varese e di Expo Milano 2015 (La mostra è inserita nel progetto “Grand Tour EXPO nelle prestigiose location della terre dei laghi”). Durante il periodo della mostra sono previste attività collaterali dedicate a famiglie e bambini, visite speciali e attività didattiche per le scuole. Natura naturans. Roxy Paine e Meg Webster (Opere del 1982 al 2015) Dal 12 giugno 2015 al 28 febbraio 2016 Villa e Collezione Panza Piazza Litta 1, Varese Orari: tutti i giorni, tranne i lunedì non festivi, dalle 10 alle 18.

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itinerari

DROSDERA, IL MEGLIO DELLA LIVE-ART Un festival unico in uno scenario mozzafiato, nella Centrale idroelettrica di Fies a Dro, in provincia di Trento. Un hub culturale sui linguaggi del contemporaneo, con un sostegno ai giovani artisti. di Andrea Thomas

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n festival unico, che riunisce in un magnifico scenario naturale tutto il meglio della live-art contemporanea: ritorna - dal 26 luglio al 2 agosto nella Centrale Idroelettrica di Fies a Dro (Trento) -, uno degli appuntamenti più attesi della stagione con performance, danza, teatro ed arti visive internazionali. Giunto alla trentacinquesima edizione, Drodesera sceglie quest’anno di dividere i propri giorni di programmazione seguendo i due filoni principali che animano l’attività di Centrale Fies, non solo luogo fisico straordinario, ma hub culturale attiva 365 giorni all’anno sui linguaggi del contemporaneo, attraverso il sostegno di giovani artisti e realtà imprenditoriali legate all’innovazione. Dopo l’opening di domenica 26 luglio, da lunedì 27 a mercoledì 29 il festival sarà interamente dedicato alla terza edizione di Live Works Performance Act Award, il premio ideato da Centrale Fies e rivolto ad artisti provenienti da tutto il

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mondo. Il team curatoriale - composto da Barbara Boninsegna (Art Director del festival), Simone Frangi (ViaFarini, Milano), Daniel Blanga Gubbay (Aleppo.eu, Bruxelles) e Dennis Isaia (MART, Rovereto) - selezionerà 9 progetti attraverso un bando (link, scadenza), e li accompagnerà lungo tutto il percorso di sviluppo in un periodo di residenza negli spazi della Centrale. Dal 26 al 29 i progetti saranno mostrati nella forma definitiva al pubblico ed alla Giuria Internazionale del Premio (presieduta da Michelangelo Pistoletto e composta da Nico Vascellari, Danjel Andersson, Marwa Arsanios, Dora Garcìa), che ne decreterà il vincitore assegnandogli un premio in denaro ed un ulteriore supporto tecnico/logistico. Padrini della Manifestazione, presenti al festival con lavori inediti nei tre giorni di Live Works, tre tra i più importanti protagonisti nei diversi abiti della live art mondiale: Jérôme Bel, Santiago Sierra e Alessan-

dro Sciarroni. Dal 30 luglio al 1 agosto spazio alla programmazione “classica” con alcuni dei migliori artisti attivi nel campo della performance e della danza in Italia (Compagnia Abbondanza/Bertoni, Cosmesi, | OHT office for a human theatre, Curandi Katz, Fanny & Alexander, Motus Mali Weil, Mara Cassiani, Marta Cuscunà Teatro Sotterraneo, Matteo Angius e Riccardo Festa) e nel mondo - France Distraction (FR/BE), Jérôme Bel (FR), Navaridas & Deutinger (ES/AT), Alma Söderberg & Hendrik Willekens (SE/BE), Philippe Quesne (FR), Roger Bernat (ES). Il festival si concluderà domenica 2 agosto con una giornata dedicata alle Studio Visit, mutuando una pratica che arriva dalle arti visive per adattarla al contesto performativo e teatrale: protagonisti di questo originale esperimento saranno Marta Cuscunà, Mara Cassiani e Filippo Andreatta, che apriranno le porte dei propri “laboratori creativi” al pubblico per stabilire con gli spettatori/visitatori un rapporto di confronto e di stimolo reciproco che possa aprire nuove prospettive. Il tema di questa 35esima edizione di Drodesera è Motherlode, vena madre. Questa vena è costituita da uno dei metalli più preziosi al quale l’arte può e deve attingere per restituire una visione utile, complessa, stratificata, in una parola “aumentata”: la realtà. L’arte tenta anche oggi di mantenere il suo compito primario di rivelare ciò che non è ancora visibile e che lo diventerà in futuro o, al contrario, di cambiare i paradigmi riappropriandosi di un presente che guarda avanti attingendo dal passato. Motherlode intende farsi dispositivo generatore di connessioni dove la pratica del re-enactment non si esaurisce nell’atto di rievocare, ma genera forme temporanee di realtà, restituendo azioni, parole ed elementi destinati ad un’assenza o a una lateralità e rendendoli utili ad una azione quotidiana, all’oggi. All’adesso.

COME ARRIVARE Per chi arriva in treno, scendere a Trento e raggiun-

gere Centrale Fies e Dro tramite gli autobus del servizio Trentino Trasporti facilmente consultabili dal loro sito internet: www.ttspa.it Per chi arriva in auto, Autostrada A22 Da Sud: Uscita a Rovereto Sud - Seguire le indicazioni per Riva del Garda - Arrivati a Nago, immettersi nella strada di destra che porta ad Arco - Ad Arco, svoltare ancora a destra seguendo le indicazioni per Trento - Dro dista 5 Km da Arco. Da Nord: Uscita Trento Centro - Seguire le indicazioni per Riva del Garda - Dro dista 31 Km da Trento. Gli aeroporti più vicini sono Verona Catullo e Milano Bergamo. BUS NAVETTA / SHUTTLE

Nel rispetto dell’ambiente, non è permesso raggiungere Centrale Fies con mezzi privati. L’organizzazione mette a disposizione del pubblico un servizio di bus navetta gratuito, attivo tutte le sere, partenza da Piazza Repubblica Dro dalle 18.00 alle 03.00 (pausa 22.15-23.00). Considerando che i biglietti vanno ritirati 30 minuti prima dello spettacolo e il viaggio in bus navetta richiede 15 minuti, vi preghiamo di fare attenzione ai tempi. Parcheggio gratuito presso le Scuole Elementari, Piazza Repubblica, Dro. Prevendita: Vivaticket Prenotazioni: tel. 0464 504700 email: prenotazioni@centralefies.it La prenotazione è richiesta per tutti gli spettacoli. THEATERMUTTER

Servizio gratuito dalle 20.30 alle 22.30 per bambini dai 3 anni in su. LOUNGE ZONE

Tutte le sere nel parco di Centrale Fies food e dj set. UFFICI DEL FESTIVAL / MAIN OFFICE

Centrale Fies Località Fies 1 38074 Dro, TN tel. 0464 504700 Il sito web della manifestazione: bit.do/drodesera35

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Dro e dintorni Torbole sul Garda - Nago Torbole, situato sul golfo nord del Lago di Garda, è la destinazione più ricercata dagli appassionati di windsurf. Torbole affascinò anche Goethe, che descrisse i suoi venti come una meraviglia della natura e uno spettacolo incantevole.

Arco È rinomata come località di riposo e cure, grazie al clima mite, all’aria pulita e salubre e alla posizione panoramica sul Lago.

Riva del Garda Clima mediterraneo, spiagge libere ampie e assolate, panorama incantevole sono gli ingredienti per una vacanza a tutto tondo sul Lago di Garda.

Tenno Il lago di Tenno, balneabile, è un’oasi di tranquillità, con acque limpidissime e paesaggi incontaminati. Il borgo di Canale di Tenno è uno dei borghi più belli d’Italia.

Drena A soli 15 km dal Lago di Garda, Drena gode del clima mediterraneo e di un paesaggio tipico montano: nei suoi boschi si trovano i secolari castagneti, che producono i famosi Marroni di Drena. L’attrazione principale di Drena è il suo castello. Castel Drena è un castello medioevale del XII secolo, che domina la valle del Sarca e le Marocche.

Dro Situato tra il Lago di Garda, il lago di Cavedine e il lago di Toblino, a sud della Paganella, Dro è una delle più antiche comunità della valle del Sarca. I tradizionali portali scolpiti di pietra, le torri, i piccoli archi e le stradine irregolari sono testimonianze del periodo medioevale. Di notevole interesse storico architettoni-

co sono: la chiesa sconsacrata dei S.S. Sisinio, Martirio e Alessandro, la chiesa Barocca di S. Antonio, il ponte romano di Ceniga e la torre Guaita di Pietramurata. Dro è conosciuta tra gli appassionati di free climbing e arrampicata, è il punto di partenza di alcune tra le più belle pareti rocciose. La sua posizione offre la possibilità di escursioni e passeggiate, sia a piedi che in mountain bike.

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musica

CARMEN CONSOLI

EFFICIENZA, CELERITÀ e FLESSIBILITÀ a servizio del cliente

9 agosto, Arena Magna Grecia, Catanzaro 3 agosto Teatro Gabriele D’Annunzio Pescara

MARIO BIONDI 7 agosto, Monopoli (BA) 11 agosto, San Pancrazio Salentino (LE)

PAOLA TURCI 7 agosto Frequenze Mediterranee di Miglionico Matera

GIOVANNI ALLEVI 31 luglio Piazza San Nicolò Pietra Ligure (SV) 2 agosto Colle Gilba Festival “I Suoni del Monviso”, Sandront (Cn)

NOMADI

La Sorrento Logistica S.r.l. dal 2008 si occupa di trasporto merci conto terzi. Il nostro parco veicolare è composto da 11 mezzi di nuova fabbricazione tra i quali 8 bilici, 1 autotreno e 2 motrici.

CAPAREZZA 15 agosto Festambiente Rispescia (GR)

7 agosto, Piazza XX Settembre Civitanova Marche (MC) 1 agosto, Località Laghetti, Vermiglio (TN)

MANU CHAO 31 Luglio Parco Archeologico Vulci (VT)

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musica

MIKA, UN GOOD GUY Un disco nuovo, un libro in uscita, X-factor in arrivo e tante collaborazioni nella moda e nel design. Il cantante libanese si ispira alle icone irriverenti del secolo scorso alle quali, in fondo, assomiglia. di Bruno Quiriconi

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M

ika è intelligente, brillante e – a modo suo – sobrio. All’incontro con i giornalisti per presentare il suo nuovo album si dimostra sicuro di sé, in grande confidenza con la lingua italiana ma, soprattutto, con i nostri slang e i luoghi comuni. Ha imparato dall’italiano tutto quello che bisogna sapere per essere “cool”, smart, simpatico. Ha la faccia da bravo ragazzo, una personalità apolide: di origine libanese ma sempre in giro per il mondo soprattutto in Francia e nel nostro paese. Una star internazionale, con molti album di successo: l’istrionico Mika si reinventa nel nuovo album No Place In Heaven con un mood più adulto, un suono più maturo, una stella polare a cavallo tra Billy Joel e Steely Dan: “L’ho registrato in California nel Lauren Canyon, dove viveva Carole King” racconta Mika, “l’ispirazione è l’epoca d’oro del pop, dei cantautori, di artisti quali Elton John, David Bowie o Freddie Mercury al quale è dedicata una canzone. Ma non solo i cantanti: anche icone quali Andy

Wharol e James Dean e tutti coloro che ho voluto chiamare Good Guys; sono personalità che hanno lasciato una grande impronta e sono sempre stati se stessi”. L’album ha richiesto due anni di intenso lavoro ed è stato prodotto con l’ausilio di Gregg Wells; i nuovi brani saranno eseguiti nel tour già iniziato che si concluderà il 27, 28 e 29 settembre rispettivamente a Assago (Mi), Roma e Firenze nei palasport: “La mia idea è di fare qualcosa fatto a mano, semplice ma efficace, qualcosa che arriva dalla strada. Per questo non uso schermi LED. Preferisco la scenografia di un balletto a quella di un concerto”. Oltre all’attività musicale, Mika è stato impegnato nelle ultime due edizioni di X-Factor e si appresta a tornare sugli schermi ancora in veste di giudice; in Francia, invece, ha partecipato come coach in The voice. Ma non basta: è in arrivo un nuovo libro per Rizzoli e prosegue la collaborazione con l’azienda di orologi Swatch e con la casa di moda Valentino. Ma attenzione, come lui stesso ammette: “tutte queste attività collaterali mi servono per elevare al massimo la produzione delle mie canzoni”. Una curiosità: nell’album Mika ha scelto di collaborare con Benny Benassi e suo cugino Alle e con Lucio Fabbri: “Ho comprato un computer, ho chiamato i miei musicisti e ci siamo trasferiti in una casa degli anni cinquanta a Los Angeles, ma non sapevo che era quella di Orlando Bloom; avevo sempre i turisti fuori dalla porta”. Il titolo sottolinea l’intero concept di questo progetto: non uso metafore in questo disco, sono diretto e svelo me stesso senza filtri. Il titolo è ironico, volevo far capire che non sono alla disperata ricerca di un posto in paradiso: se lo troverò sarò contento altrimenti pazienza”.

Un’Oasi di Benessere nel cuore di Abano Terme Hotel Helvetia è un elegante albergo 4 stelle situato nel cuore di Abano Terme, a soli 30 metri dalla zona pedonale, che accoglie i vostri desideri di relax e benessere. Camere elegantemente arredate e dotate di ogni comfort, cucina creativa fatta di colori, profumi e sapori della nostra terra, giochi d’acqua nelle piscine e giochi di luce nei giardini che circondano l’hotel, reparto salute ed estetica con personale altamente qualificato. Immergetevi nelle nostre acque termali… e sarà finalmente benessere! Hotel Terme Helvetia Via Marzia, 49 - 35031 Abano Terme (PD) Tel.+39 049 86 698 11 - Fax.+39 049 86 66 348 - E-mail info@termehelvetia.it

Prego accomodatevi… Benvenuti nel relax! Hotel Terme Roma è un elegante e confortevole 4 stelle situato all’inizio della zona pedonale di Abano Terme. Circondato da un territorio ricco di sorprese e verdi colline, il nostro hotel vi offre una cucina ricca di sapore ed il riposo nelle nostre accoglienti camere, esperienze wellness nella nostra nuovissima SPA con esperti qualificati e trattamenti dermocosmetici di ultimissima generazione, rigeneranti immersioni nelle nostre piscine ad acqua termale, tutta la salute che solo il nostro fango maturo e le nostre antiche acque termali possono donarvi. Accomodatevi dunque, benvenuti nel relax! Hotel Terme Roma Via Mazzini, 1 - 35031 Abano Terme (PD) Tel. +39 049 86 69 127 - Fax. +39 049 863 02 11 - E-mail roma@termeroma.it


ritratti

L’EXPLOIT DI ESTATHÉ MARKET SOUND

pieno centro a Milano con cinque ambasciate è stata un’impresa epica: abbiamo cablato sette piani di un palazzo. Il mio socio Massimo Babini, al termine dello show è entrato nei camerini degli artisti: mi ha trovato abbracciato a ciascuno di loro in preda a un’emozione totale in seguito al successo dell’evento; ricordo che Massimo Orlando mi disse: “Tommaso sarai anche un visionario ma io sono un punk che per il business ti viene dietro”. Da quel giorno e sino a quando Marco Balich è arrivato a chiederci di entrare in un pool di agenzie con all’interno la sua, il nome Punk For Business si è imposto. Come agenzia ci rappresenta perfettamente. Siamo punk nella creazione: ci piacciono rompere gli schemi. Oltra a me e Babini c’è Simona Mutti per la parte commerciale. Quali sono state le sue espe-

rienze prima di approdare a questa agenzia? Ho lavorato come discografico per dodici anni come in Universal e quattro in Sony; prima ho fondato una società che si chiama Trident Entertainment consociata con la Trident Management di Maurizio Salvadori. Anche in questo caso ci siamo occupati di eventi e comunicazione. Abbiamo anche organizzato in piazza Duomo un evento con Kasabian e Subsonica oltre ad un evento con Elio e Le Storie Tese per il Comune di Milano. Adesso abbiamo pensato a una chiatta galleggiante sulla darsena – uno dei luoghi preferiti dai milanesi – per il brand Becks con ogni sera un evento dal vivo o dj set: trenta giorni trenta eventi. E, ciliegina sulla torta, l’Estathé Market Sound. Facciamo eventi per le aziende, poi ho un pensiero fisso: creare format.

Da sinistra a destra: Martin Garrix e Skrillex

Itaeventi incontra Tommaso Cavanna, ideatore dell’Estathe Market Sound di Milano. Un ex discografico innamorato del suo lavoro e delle location impensabili; ma secondo lui è tutto frutto di una congiuntura astrale. di Guido Biondi

C’

è sempre una prima volta. Una manifestazione-evento di oltre sei mesi – in concomitanza con l’Expo - a Milano con un cartellone ricco di concerti sia gratuiti che a pagamento in una location ideale – uno spazio creato dal nulla senza abitazioni nei paraggi per non disturbare – e l’offerta di cibo garantito dal Gambero rosso e uno spazio per i bambini. L’Estathé Market Sound è tutto questo e molto di più e si appresta a diventare l’evento più sorprendente in una città ricca di eventi come Milano. Un successo di numeri e presenze che, come leggerete nell’intervista all’ideatore Tommaso Cavanna, si rinnoverà anche il prossimo anno. “Intan-

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to specifico che io non sono un promoter” specifica Tommaso, “non ne ho l’esperienza e nemmeno vorrei averla. A me piace fare altro: regalare emozioni. Organizzare eventi con la mia agenzia Punk For Business”. Un nome che è tutto un programma… È nato dopo un evento – col nome della precedente agenzia – di un vertical stage della Samsung in Corso Europa a Milano dai balconi dei nostri uffici, anzi ex-uffici. Sedici artisti che si sono esibiti durante un’ora e mezza: Motel Connection, Negrita, Irene Grandi, Saturnino e molti altri. Creare un evento da un balcone in una strada in

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Come è stato creato Estathé Market Sound? Io sognavo fin da bambino di fare un Festival e la mia socia Simona Muti ha sempre avuto in mente la stessa idea abbinata a proposte culinarie: Simona ha intuito prima di tutti che gli Chef sarebbero diventate le nuove rockstar. Voleva fare un Festival a Ternana – ne abbiamo discusso molto – finché è accaduta quella che definisco congiunzione astrale. Noi abbiamo in agenzia una persona che si occupa di bandi: ha trovato quello di Sogemi di Milano. Metteva a disposizione un’area di tredicimila metri quadrati, con grandi potenzialità e con i mercati generali più grandi di Europa. Bisognava valorizzare quell’area, specialmente in tempi di Expo. Il settanta per cento dei milanesi si reca ai mercati il fine settimana sia per risparmiare che per la eccellente qualità. Da buon ve-

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neziano so che il Ponte Rialto è il maggior punto di aggregazione della città: come ad Amburgo, Rotterdam e New York si crea un polo. Oltre alla centralità della location ci siamo accorti che avevamo intorno una città dormiente, sette chilometri di negozi di ortofrutta che di giorno lavorano ma di notte sono chiusi. Quindi non disturbiamo

nessuno con la musica. La congiuntura astrale nasce dalla richiesta di Ferrero di fare un format per Estathé: ci chiedevano un’area per eventi e siamo entrati in gara con altre agenzie. L’abbiamo spuntata spostando l’interesse dell’azienda per un unico grande evento al sud con il progetto dell’aera di Sogemi: con l’aggiunta di sei mesi di Festival

e cento giorni di attività. Un’idea punk: anche se siamo partiti tardi con il booking (ci vuole almeno un anno di tempo per far le cose per bene), siamo riusciti – grazie alla stima che ci tributano i promoter italiani – a fissare Skrillex, Toto, Martin Garrix, Nicky Minaj e tanti altri. Generi diversi ma non è solo un Festival musicale: oltre ai concerti gratuiti e a pagamento, ogni weekend ci sono tante attività: ad esempio l’area kindergarden per i bambini accuditi dai pedagoghi. L’attenzione verso il food è totale: partnership con il Gambero rosso che ha certificato le sedici Apicar che rappresentano tutte le cucine dell’Italia, il brunch domenicale - una volta al mese - con il Blue Note e, ciliegina sulla torta, un accordo con Uci cinema per l’arena più grande in tutta Europa per vedere film all’aperto. Fino a 3.500 posti per i film e 15.000 per i concerti: siamo già a quo-

ta centomila presenze al mese. E anche un tocco di originalità con il dettaglio dei materiali riciclabili e l’uso delle cassette di frutta. E ci stanno chiamando anche all’estero per i format che abbiamo realizzato. Qual è l’evento che vi ha più sorpreso? Inaspettatamente è stato Holy Dance Festival, ispirato a una festività indiana, dove ci si tira addosso palloncini colorati ballando: la gente si è divertita enormemente. Il fotografo Francesco Prandoni ha detto che non ha mai visto le facce della gente così felici. E un altro momento è stato vedere George Clooney duettare con i Toto durante “Africa”. Stiamo già mettendo in cantiere le proposte per l’anno prossimo e non escludiamo di avere una “coda” invernale. Colpisce un dettaglio: il parcheggio è gratuito; spesso è un costo aggiuntivo.

Sopra: i Toto, Subsonica e Tommaso Cavanna

Tutte le attività da noi sono gratuite: dal beach volley, al calcio balilla, etc. Perché ci vuole un’area a Milano dove divertirsi e regalare emozioni ai milanesi. Gratuite grazie al brand. È evidente che a questa mentalità ha contribuito – grazie al suo impegno nella discografia – l’essere stato anche “utente”. Sicuramente è così: il mio è un lavoro che si basa quasi unicamente sulla passione e sui rischi del’economia. E, aggiungerei, a sacrifici della vita privata. Se fai quello che ti piace è difficile pero’ esaurirsi: io ogni mattina quando entro in ufficio ho il sorriso stampato sulle labbra. E aggiungo: il vero miracolo l’hanno fatto i sedici ragazzi che lavorano con me.

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musica

IL RITORNO DEL RE DELLA DANCE

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Giorgio Giovanni Moroder torna alla ribalta dopo trent’anni dalla sua ultima produzione discografica. Rinato grazie alla partecipazione dell’ultimo album dei Daft Punk. di Bruno Quiriconi

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itorna l’inventore incontrastato della discomusic, Giorgio Moroder, con un nuovo album ricco di ospiti prestigiosi. Il produttore, nato a Ortisei, oggi vive a Los Angeles da molti anni. Con Donna Summer ha raggiunto il successo in tutto il mondo con una serie di brani dance e l’uso del sintetizzatore. Con “Love To Love You Baby” ha inventato una suite di venti minuti con la cantante alle prese con la sua sensualità. Ha lavorato con i nomi più prestigiosi del pop, da David Bowie a Freddy Mercury, ha realizzato importanti colonne sonore quali Flashdance e Top Gun. Infine nel 2013 i francesi Daft Punk gli hanno dedicato “Giorgio By Moroder” ed è stata una vera rinascita artistica: dj set in ogni parte del pianeta e una serie di remix prestigiosi, uno per tutti “Midnight” dei Coldplay. Moroder nell’incontro con i giornalisti ha spiegato come ha realizzato il nuovo disco Deja Vu: “La Sony mi ha messo a disposizione budget, artisti e contatti per le collaborazioni presenti, da Kelis a Kylie Minogue a Britney Spears. All’inizio ho pensato di realizzare il suono al quale ho abituato tutti ma ho cambiato idea e – grazie anche ai contatti della casa discografica – ho puntato su un suono Edm (Electrionic Dance Music) più moderno, sulla falsariga dei nuovi divi della dance David Guetta e Calvin Harris. Del resto non c’è un nuovo sound al momento, non c’è un sintetizzatore nuovo”. Moroder sarà a Roma a Villa Ada il 24 luglio e a Milano all’Estathe Market Sound il 25. Nel frattempo sta scrivendo la musica per il prossimo videogame di Tron della Disney e un musical sulla sua vita e il periodo d’oro della discomusic: “Lana Del Rey mi chiama ogni tre mesi per fare qualcosa insieme ma poi – con tutti questi manager che ci sono oggi intorno agli artisti – ci vuole un sacco di tempo anche per una semplice telefonata”.

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eventi

SINFONIE D’AUTORE La sesta edizione del Premio, nella cornice della Costa d’Amalfi ha ospitato Gianluca Grignani, Antonello Cascone, i soprani Le loving, Salma Hernandes, Enzo Fischetti, Carla Palumbo e Annalauro di Luggo. di Andrea Thomas

D

al suggestivo Anfiteatro al Porto Turistico di Maiori si è svolta la sesta edizione del Premio Sinfonie D’Autore, format consolidato in Costa d’Amalfi promosso dall’Associazione Culturale Lune Crescenti e trasmesso in Eurovisione Sky con la conduzione di Veronica Maya. Patrocinato da Regione Campania, Provincia di Salerno, Comune di Maiori, Upi Campania, Ept Salerno, Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo di Maiori l’evento premia da anni personaggi della musica, dell’arte, della cultura e della moda in una location d’eccezione. Tra i protagonisti dell’edizione il cantautore Gianluca Grignani, il Direttore d’orchestra Antonello Cascone, il trio di soprani Le Loving, la cantante Selma Hernandes, il comico Enzo Fischetti, la ballerina Carla Palumbo e Annalaura di Luggo, imprenditrice partenopea impegnata nel sociale e nell’arte. Un premio solidale che abbraccia e sostiene i Progetti di Trame Africane Onlus con una lotteria di beneficenza il cui ricavato servirà ad ampliare il reparto di maternità e di pediatria e chirurgia del St. Therese Hospital di Kiirua in Kenya. Solidarietà anche da parte dei numerosi partner della Manifestazione quali McDonalds e Provincia di Salerno, che ha devoluto un numero consistente di pasti completi ai bambini delle Case famiglia presenti sul territorio. Trionfo del Made in Italy in passerella con le linee Opera beachwear, Versace 1969 Abbigliamento Sportivo, Mastro Moda Positano, il brand Kuea e le incantevoli Top model acconciate e truccate per l’occasione dal Make up artist delle dive Luciano Carino. La direzione artistica è siglata dall’ideatrice e organizzatrice internazionale di grandi eventi Luana Ferraioli.

In alto: Panoramica Anfiteatro Maiori; In basso: Gianluca Grignani; Il Presidente di Trame Africane Pasquale Coppola con Enzo Fischetti; Selma Hernandes; Veronica Maya e Annalaura di Luggo; Sfilata 1969 Versace; Luigi Snichelotto McDonald’s Provincia di Salerno; L’organizzatrice Luana Ferraioli; Foto: Cerzosimo

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zapping

KITCHEN SOUND, LO CHEF MUSICALE

La TV Ho iniziato a parlare di cucina in televisione dieci anni fa con i miei primi programmi televisivi, trasmettendo la passione verso il mio lavoro; amo ripetere sempre che cucinare è un atto d’amore, soprattutto se lo stai facendo per qualcuno. Una volta, e neanche tanto tempo fa, se volevi conoscere il cuoco, dovevi recarti al suo ristorante e se non eri esperto di cucina, diventava difficile replicare i suoi piatti. Oggi invece il cuoco puoi averlo nella tua cucina, che prepara una cena per te e i tuoi ospiti. Puoi seguire uno dei suoi corsi e imparare, aggiornarti, sperimentare. Attraverso la televisione, internet, la stampa, impari i procedimenti e segui consigli del tuo cuoco preferito senza perdere neanche un passaggio della preparazione. In Italia abbiamo una lunga tradizione gastronomica, ed è un dovere per chi fa il mio mestiere comunicarlo e principalmente far avvicinare i ragazzi alla buona e sana cucina. È fondamentale comunicare l’agroalimentare italiano sia a casa nostra e nel commercio mondiale; era ora che oltre all’arte, alla storia, al turismo, alla

Un programma con protagonista lo Chef Alessandro Borghese in una inedita formula su diversi media e con un’idea a base di ritmo di Bruno Quiriconi Kitchen Sound Nasce tutto da un’idea poliedrica che coinvolge lo spettatore in un’inedita avventura enogastronomica. Sono uno Chef rock’n’social e mi piaceva l’idea di mettere insieme le mie passioni: cucina, musica e web. La mia società l’AB Normal, oltre al Banqueting e al Catering con il brand AB il lusso della semplicità si occupa di Food Consulting e Licensing; Alessandro Borghese Kitchen Sound è un progetto crossmediale unico nel suo genere. Abbiamo voluto coniugare editori multipiattaforma: Sky, radio Rds e Yahoo! L’appuntamento quotidiano è su Sky Uno alle 13, dove preparo le mie ricette italiane in un ritmo da videoclip con la mia playlist musicale scelta in collaborazione con la selezione 100% grandi successi di RDS. A ritmo di sound, viaggiamo insieme in un’esperienza unica che abbina la percezione uditiva della musica a quella del gusto e olfattiva del cibo, che esalta i piatti e imprime il loro ricordo. A fine puntata, ognuna delle 200 ricette, è condita in salsa rap e per chi volesse rivederle, sono su Sky On Demand e la settimana successiva anche su Yahoo.it. Lo chef Alla domanda su cosa avrei voluto fare da grande, ai tempi della scuola, ho sempre risposto: lo Chef. Sono cresciuto aiutando mio padre in cucina la domenica mattina per preparare il gustoso ragù, tipico della tradizione partenopea. Sono nato a San Francisco, e ancora adesso ci torno spesso per lavoro e per salutare i miei zii. Dopo il diploma all’American Overseas School di Roma mi sono imbarcato sulle navi da crociera e per i successivi tre anni ho lavorato tra fornelli e piatti da lavare. La

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mia sveglia iniziava a suonare alle 5.30 del mattino e dovevo abituarmi fin da subito agli odori della cucina e agli ordini del capo Chef da eseguire senza sgarrare! Una volta sulla terra ferma, ho continuato la mia esperienze come cuoco nelle cucine europee, americane e italiane. Ho avuto tanti maestri e di ognuno ricordo qualcosa in particolare; a ventidue anni ho seguito alcuni stage di cucina nella capitale francese, uno proprio presso un ristorante molto importante di Parigi. Ricordo bene il discorso di benvenuto del capo Chef basato sull’umiltà, il talento deve essere condito con lo studio e la passione; sono parole che mi accompagnano tutti i giorni ancora oggi. Nel 2006 ho fondato la mia società dedicata al Catering per eventi privati, pubblici e aziendali; la mia cucina, inventiva e generosa, soddisfa con gusto i palati di chi ama le cose ricercate, ma non vuole rinunciare alla tradizione con un servizio completo in Italia e all’estero. E ci occupiamo di Food Consulting e Licensing; il nostro modello di business innovativo, fortemente integrato e caratterizzato da una struttura supportata dall’attività di marketing, svolta dalla divisione Multimedia & Publishing attraverso i propri canali: ufficio stampa, programmi Tv, internet.

moda e pure al calcio, oggi nel nostro Paese ci fosse molta attenzione alla cultura gastronomica che è l’anima degli italiani e un grande biglietto da visita nel mondo. È importante mettere passione, ma la parola d’ordine deve essere talento e semplicità ed essere giudice a Junior MasterChef consente di trasmettere ai giovani Chef emozioni ed esperienza. A me piace essere connesso con il mondo, mi piace ispirare, insegnare e intrattenere attraverso i miei programmi televisivi e canali web: dal mio sito alessandroborghese.com si può accedere direttamente ai miei social network e comunicare liberamente con una community capace di condividere una passione comune, attraverso i miei piatti, il mio quotidiano e chiedere: “Ehi ragazzi, vi piace questo piatto?” “Questa canzone?” e ricevere partecipazione immediata del tipo: “Chef mandaci la ricetta del piatto” oppure “Ci mandi una tua playlist musicale”! Sono affascinato dal web, che farà sempre più parte della nostra vita e ho un rapporto diretto con chi mi segue ogni giorno, li aggiorno sul mio lavoro, carico le mie foto, della mia brigata, dei miei menu, i video dei miei piatti e quelli musicali che preferisco. Posso far sapere loro quando parte un mio nuovo programma televisivo o quando esce un’intervista come questa. Sono tra i pionieri del “social” culinario e mi affascina la maniera in cui, attraverso Facebook, Twitter, Instagram, Flickr, Youtube e Pinterest, possa comunicare direttamente con le persone che mi seguono e apprezzano il mio lavoro e la mia professionalità.


cinema

Credits foto selezionate da Alessandro Borghese: AB Normal SRL

propria carriera e sviluppare nuovi progetti e assicurarsi di fare il proprio lavoro sempre nel migliori dei modi. Se a quel punto vuoi indossare la casacca oppure aprire il tuo pastificio di pasta fresca a Milano. Durante i miei banchetti la richiesta di tonnarelli trafilati al bronzo o dei tortelli ripieni è sempre molto presente, nel mio pastificio di vendita al pubblico, le bravissime “sfogline” seguono le mie ricette e quando posso sono al banco anch’io per raccontare ai miei clienti una tradizione italiana, gustosa e molto saporita!

Barbara bouchet Ricordo che da bambino ci divertivamo a preparare insieme dei dolci tipici della sua tradizione. Oggi li prepara con mia figlia, a me resta il compito di assaggiare e giudicare! Mia madre ha fatto sognare un’epoca, ancora oggi è una attrice che continua a studiare per il suo lavoro. È da ragazzo che ho scelto la cucina, amo cucinare e adoro mangiare, mi lascio trasportare dagli odori e dai ricordi che generano, non riesco a non far trasparire le mie emozioni e da buon rocker non riesco a seguire un copione già delineato. C’è sempre spazio per essere seri nella

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Joe Bastianich Sono un motociclista in “shuffle” che voleva fare la rock star! La musica è parte del mio lavoro e della mia vita. Uno Chef che ama il “sano” rock’n’roll, legge gli autori della Beat Generation e adora i motori. Con Sony è uscita la compilation musicale: Kitchen Shuffle, il mio primo esperimento che condisce cucina e sound, in un doppio cd di buona musica e con un libro fotografico che racconta di me e dei miei piatti. Con Bastianich abbiamo in comune l’amore per il buon cibo e la passione per la musica. Joe è un ottimo musicista, invece ho smesso di suonare il sax per le ore dedicate ai fornelli. Magari... posso cantare! Ecco, penso ad un bellissimo concerto live pieno di melodie soul e blues e un pizzico di jazz, più che a un programma di musica; ci sarebbe da divertirsi! Com’on Joe parliamo la stessa lingua!

Azione, 2015, U.S.A Regia di Vic Armstrong Con Nicolas Cage, Chad Michael Murray, Cassi Thompson Un incubo a ciel sereno: senza un motivo logico milioni di individui scompaiono misteriosamente lasciando come unico indizio i loro abiti. Alcune persone si mettono in cerca dei loro cari scoprendo un nesso tra le strane sparizioni e le sacre scritture. Il libro ha venduto oltre cento milioni di copie nel mondo.

PIXELS Commedia, U.S.A Regia di Chris Columbus Con Michelle Monaghan, Peter Dinklage,Adam Sandler Una rivisitazione dei classici arcade games in voga negli anni ottanta in una storia basata su un improbabile attacco alla terra da parte di una razza aliena. Al posto delle astronavi da guerra ci sono le icone amate dalla generazione arcade; sarà l’amico d’infanzia del Presidente degli Stati Uniti – un ex campione di videogames – a difenderci insieme al suo staff di ex giocatori.

EX MACHINA Drammatico, U.S.A. / Gran Bretagna Regia di Alex Garland Con Domhnall Gleeson, Oscar Isaac, Alicia Vikander Un film di fantascienza incentrato su un personaggio di nome Caleb, impiegato nel più grande motore di ricerca globale: verrà invitato dal fondatore della società e scoprirà di essere il predestinato per un esperimento di intelligenza artificiale. Caleb si confronterà con un robot dotato di pelle umana e coscienza sino a realizzare che non tutto sta girando per il verso giusto…

ANT-MAN Fantascienza, U.S.A. / Gran Bretagna Regia di Peyton Reed Con Hayley Atwell, Evangeline Lilly, Judy Greer Ancora un supereroe sul grande schermo, nato dalla fantasia di Stan Lee della Marvel (quasi in contemporanea con il nuovo capitolo dei Fantastici Quattro), questa volta è l’uomo formica. Ant-Man è stato uno dei fondatori dei Vendicatori, è lo scienziato Hank Pym, capace di rimpicciolirsi e aumentare la sua forza.

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A cura di: Andrea Thomas

Temporary restaurant Abbiamo aperto le porte della cucina di AB Il lusso della semplicità con il temporary restaurant nel dehor dell’hotel Enteprise (Corso Sempione, 91); i menu si rinnovano ogni settimana entra in scena l’estro e la raffinata semplicità dei piatti, con la mia brigata siamo sempre ben disposti a sviluppare nuove idee in cucina. Spesso arrivo al mattino e dico: “sapete, ho avuto stanotte l’ispirazione per un nuovo piatto”. Insieme impostiamo le linee generali e poi testiamo i piatti direttamente con tutto il team, ho una squadra straordinaria dalla cucina alla sala. Dovevamo fermarci per metà luglio, ma sono molto contento delle tante prenotazioni ricevute per cui restiamo aperti fino ai primi di agosto. Durante le serate mi ritaglio sempre dei momenti di chiacchiera con gli ospiti a cena, mi piace mantenere un rapporto ravvicinato con il mio pubblico e sapere se la cena è stata di gradimento. Perché dopo tanto lavoro è emozionante verificarne il risultato.

La musica Amo tutta la musica, cucino con la musica, posto le mie playlist sul mio sito, sui miei social e nei miei programmi televisivi. Nei miei dischi si puo’ trovare hardcore, jazz, ballate più classiche e blues. E poi c’è il rock, che sento più vicino, t’invade e forse a qualcuno, come me, rapisce anche l’anima e la fa sua. Non c’è vita senza “ritmo” e senza cibo. Il suono del cibo in cottura ti comunica l’armonia tra gli ingredienti, e il loro equilibrio ti fa assaporare le note del gusto che rivelano meravigliose sensazioni. Sembra un “riff”: quando il cibo è cucinato bene, regala un piacere immediato. La cucina per me è un’arte che risveglia lo spirito, apporta cambiamenti e rivoluziona, saziando anche lo stomaco. Come la musica, come il rock, che non puoi certo toccare, e nemmeno “mangiare”, ma che stranamente ti resta dentro, facendoti sentire appagato. Pensa al tuo piatto preferito mentre ascolti la tua canzone, non è una combinazione perfetta?

LEFT BEHINF – La profezia


cinema Gualazzi

LA DOLCE VITA: LA MUSICA DEL CINEMA ITALIANO

Obiso

È il più prestigioso omaggio mai realizzato alle colonne sonore del cinema italiano. I grandi capolavori sono eseguiti dalla Filarmonica Arturo Toscanini con l’apporto di Morgan, Tosca, Alice, Rapheal Gualazzi e molti altri. di Bruno Quiriconi

C’

è lo zampino di Caterina Caselli in questo progetto ambizioso di portare nel mondo i brani celebri dei grandi maestri della musica da cinema, da Nino Rota a Ennio Morricone, da Luis Bacalov a Nicola Piovani. Le colonne sonore di 8 e mezzo, La dolce vita, Amarcord, La vita è bella, Il postino, Il gattopardo, Nuovo cinema paradiso eseguite dall’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini (diretta dal Maestro Steven Mercurio) in uno spettacolo di grande impatto emotivo accompagnate dalle immagini dei capolavori cinematografici italiani curate da Giuseppe Ragazzini, il tutto con la regia di Giampiero Solari. Il format è stato inaugurato a New York il 16 e 17 settembre 2014 all’A-

very Fisher Hall del Lincoln Center con un ospite d’eccezione: Martin Scorsese (e, tra il pubblico, c’era un entusiasta Woody Allen). Dopo le prime date italiane (Parma, Spoleto, Milano) questi i prossimi appuntamenti: il 23 agosto a Rimini al Palazzo dei congressi e il 30 novembre a Milano Auditorium Fondazione Cariplo. Nel cast sono stati invitati alcuni prestigiosi cantanti italiani quali Alice, Morgan, Raphael Gualazzi, Tosca oltre a Andrea Obiso e Federico Paciotti.

Alice

Tosca

Morgan

Paciotti



notes

CONTO FORMAZIONE DI RETE Spada: «Uno strumento ad hoc per consorzi e distretti industriali per accrescere la competitività anche delle forme aggregate d’impresa»

P

er accrescere la competitività delle imprese è importante rafforzare il dialogo tra il mondo del lavoro e un’offerta formativa che produca le competenze che servono al mercato. Ciò vale anche per le forme aggregate di impresa, che rappresentano un “luogo” di sperimentazione, di produzione e di scambio: di merci, di competenze, di know-how, di capitale umano. Ed è in questo ambito che la formazione può svolgere un ruolo strategico e favorire veri e propri investimenti per

l’aggregazione in sé. Come? Aumentando la consapevolezza delle potenzialità del “fare rete”, valorizzando il capitale umano di ciascuna impresa e favorendo la crescita della forma aggregata, sia nell’ambito dei mercati internazionali sia in quello delle filiere produttive territoriali. Ne abbiamo parlato con Rossella Spada, direttore del fondo, in quanto Formazienda ha lo strumento che consente alle reti di imprese di accedere alla formazione finanziata.

COS’E’ IL FONDO FORMAZIENDA Formazienda è uno dei 22 fondi paritetici interprofessionali nazionali per la

formazione continua. Il Fondo Formazienda è stato autorizzato ad operare con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 31 ottobre 2008. Il Fondo Formazienda promuove e finanzia piani formativi aziendali, territoriali, settoriali e individuali concordati tra le parti sociali – la confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori (Confsal) e la confederazione autonoma italiana del commercio, del turismo, dei servizi, delle professioni e delle PMI (Sistema Commercio e Impresa) - nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani concordate tra le parti. Il Fondo è l’unico ad aver sede nel nord Italia, in Lombardia, a Crema (CR). COSA FINANZIA Il Fondo Formazienda promuove e finanzia piani formativi aziendali, territoriali, settoriali e in-

dividuali concordati tra le parti sociali.

Qual è lo strumento che Formazienda mette a disposizione delle forme aggregate di impresa, come i consorzi di impresa e i distretti industriali? Il fondo Formazienda ha ideato uno strumento specifico di finanziamento, il Conto formazione di rete, con cui consente alle imprese aderenti legate da un vincolo associativo - o accomunate dagli stessi obiettivi di sviluppo (come per esempio reti d’impresa, consorzi, gruppi aziendali, raggruppamenti di imprese di una stessa filiera, settore, territorio) - di programmare e di utilizzare percorsi formativi finanziati. Come funziona questo particolare conto? Il Conto formazione di rete prevede l’individuazione di un soggetto capofila della forma aggregata, di norma l’impresa più strutturata. Sarà questo sog-

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getto a occuparsi della gestione del Conto e a favorire il coinvolgimento di tutte le aziende aderenti alla forma aggregata. Possiamo comparare questo strumento a un conto corrente bancario su cui confluiscono le risorse versate dalle imprese da usarsi per finanziare piani formativi ad hoc ideati per rispondere alle necessità formative delle imprese stesse. Quali tipologie di imprese possono avvalersi del Conto formazione di rete? Possono aderire tutte le tipologie (micro, piccola, media e grande impresa) che facciano parte, o che si riconoscano, nella forma aggregata d’impresa. Quali sono le principali caratteristiche di questo strumento? Il Conto formazione di rete accoglie l’80% delle ri-

L’obiettivo principale di Formazienda è rendere semplice ed accessibile alle aziende (anche quelle di piccolissime dimensioni) l’utilizzo della formazione come leva strategica per favorire l’innovazione e lo sviluppo. Sono destinatari della formazione finanziata: apprendisti, operai, impiegati, quadri, dirigenti, collaboratori. I DESTINATARI

Le aziende che hanno aderito a Formazienda possono accedere ai finanziamenti partecipando agli Avvisi che il Fondo emanerà durante l’anno. Le imprese aderenti potranno inoltrare l’istanza di finanziamento del progetto formativo direttamente al Fondo o delegando le strutture formative accreditate allo stesso. ACCESSO AI FINANZIAMENTI

Via Olivetti, 17 - 26013 Crema | Tel. 0373.472168 | Fax. 0373.472163 | info@formazienda.com | www.formazienda.com

sorse versate dalle imprese aderenti, risorse che possono essere impiegate per azioni formative nell’arco di 24 mesi. Sul conto confluiscono anche le risorse versate dalle imprese per le figure dirigenziali e ciò consente di finanziare anche la formazione per i dirigenti attraverso interventi mirati e/o integrati con le altre figure professionali dell’azienda. Altra caratteristica del conto è la possibilità di comunicare l’avvio dei progetti formativi con un preavviso di sole 12 ore rispetto al reale inizio delle attività corsuali. Così, grazie a procedure di semplificazione e attraverso l’utilizzo dell’unità di costo standard definita dal fondo, l’accesso alla formazione diventa particolarmente efficace e snello. Infine, e nonostante si tratti di una procedura già consolidata del fondo per tutti gli strumenti, considero particolarmente interessante per le aziende la possibilità di candidare le proprie proposte proget-

tuali in qualsiasi momento dell’anno e con valutazione mensile delle candidature inoltrate. Cosa deve fare l’impresa che vuole accedere a questa opportunità? Semplice, per prima cosa la singola impresa dovrà iscriversi al fondo indicando il codice FORM nella denuncia contributiva e retributiva mensile (modello UNIEMENS) e, in un momento successivo, ovvero una volta creata o individuata una rete di imprese di cui far parte, potrà fruire del Conto formazione di rete. Il tutto senza nessun costo.

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gourmet

UNA VITA COLOR GIALLO ZAFFERANO L’idea vincente e lungimirante di Sonia Peronaci oggi è una realtà con numeri impressionanti sul web sconfinata in una serie di libri e una trasmissione televisiva. E nei momenti di relax non si fa mai mancare un piatto di spätzle. di Guido Biondi Un percorso iniziato per puro diletto? In realtà non solo; io e Francesco - il mio compagno - abbiamo unito una passione comune per il cibo e per il web. Abbiamo immaginato qualcosa che potesse diventare il nostro futuro lavoro: il web nel 2006 non era ancora un business come oggi; noi avevamo già una visione di quello che sarebbe potuto essere GialloZafferano e siamo ufficialmente partiti il 6/6/2006. Più che una data casuale pare un trattato di Cabala. Esatto (ride, ndr). Il supporto sul web me l’ha dato il mio compagno, che aveva già all’attivo il sito più importante sul fisco – del resto faceva il commercialista -, quindi aveva un discreto know-how. A lui l’hardware a me il contenuto: cibo e cucina. Una coppia che condivide il lavoro ha una marcia in più? Sono assolutamente convinta di questo. Tra l’altro non siamo solo una coppia perché anche nostra fi-

glia Debora lavora con noi già dal progetto iniziale. Sembra davvero la storia del “mulino bianco”, rallegramenti! È vero! Ci credevamo tutti quanti. Mia figlia, quando abbiamo iniziato, aveva 22 anni: insieme a me si è occupata - da subito - dei contenuti. Nel frattempo il mio compagno si dedicava all’indicizzazione e al Seo (il posizionamento dei link sui motori di ricerca, ndr) e seguiva, attraverso un programmatore, l’impaginazione del sito. Il primo input è stato proporre le ricette? La prima cosa che ci è venuta in mente guardando i contenuti sul web, nel 2006, è stata la pessima raffigurazione delle ricette: non c’erano immagini, foto, video, dettagli ma solo qualche dato dozzinale. Ricordo che parliamo di un periodo ancora lontano dall’esplosione dei blog. Mancava, inoltre, completamente la spiegazione visiva della preparazione di un piatto: se ad esempio volevo fare una gubana, un dolce tipico friuliano, non trovavo nulla in rete.

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Sonia Peronaci ha fondato nel 2006, col marito Francesco Lopes, il sito web e video blog di cucina GialloZafferano

Sonia Peronaci è la chef più amata del web da quando, alcuni anni

fa, ha cominciato a deliziare i suoi utenti inventandosi Giallozafferano.it. È stata protagonista di un programma televisivo, In cucina con Giallozafferano, andato in onda su FoxLife. Ha pubblicato tre libri per Mondadori: Le mie migliori ricette, Divertiti cucinando e Guarda che buono! Giallozafferano è il più seguito e importante sito italiano di cucina: sono oltre un milione e mezzo i visitatori che lo frequentano ogni giorno, 7.000 i blogger che pubblicano sotto il suo cappello e innumerevole la community fedelissima di persone che animano e commentano le ricette con grande passione.

Quindi all’inizio il blog aveva un profilo soprattutto divulgativo. Senza dubbio. E anche di avvicinare le persone che non sapevano cucinare mostrando loro la preparazione, le immagini e il percorso per fare un piatto. Con una specifica: noi siamo molto pignoli con le dosi, non usiamo le frasi “quanto basta”, “a piacere”, preferiamo essere precisi indicando la giusta quantità e i tempi di cottura. Anche nella preparazione non diamo niente per scontato: non troverete mai la frase “con la crema pasticcera” ma “come fare la crema pasticcera”, con un video apposito (i video sono stati aggiunti dal 2009, ndr). Partecipano anche grandi aziende al vostro blog? Quando abbiamo visto che c’era una massiccia adesione delle persone e stava iniziando a funzionare bene ci siamo resi conto che mancavano gli investimenti delle aziende: nel 2006 il web non era – da loro – minimamente considerato. E non c’era Masterchef, la grande ondata mediatica degli Chef e tutto il condotto, a differenza della Francia. Vi siete ispirati oltralpe? In realtà ci siamo ispirati a Marta Stewart e al suo sito, ci piaceva moltissimo. Non nascondo che all’inizio volevamo fare un sito che parlasse non solo di cucina ma di tutto quello che gravita intorno alla casa: la Stewart oltre alle ricette ha la sezione giardinaggio, cucito e hobbistica varia. Ma alla fine ci siamo dedicati interamente alle ricette che andavano fortissimo: per prepararle siamo in ventisette in redazione. Ventisette persone? Possibile? Confermo. Nel 2009 siamo stati acquisiti da un gruppo editoriale web chiamato Banzai, il quale ha finanziato una struttura nella quale rendere professionale ciò che avevamo iniziato a fare nella mia cucina. Adesso abbiamo due cucine vere, una redazione, luci, videocamere e tutto quanto occorre per i video delle ricette. Definirvi un blog forse è limitativo… Meglio un portale, quasi un giornale. Si. Noi nasciamo come sito e siamo esattamente come un giornale di cucina online. Abbiamo un’a-

genzia pubblicitaria esterna per i banner online, per valorizzare i prodotti delle aziende o fare delle videoricette apposite. Oggi che siete diventati leader del vostro settore è possibile che le grandi aziende vi considerino insider? Certo, succede. Spesso desiderano parlare direttamente con me per condividere la loro filosofia aziendale; quasi tutti i brand capiscono la potenzialità del web e adesso questo flusso è più semplice. Ci viene riconosciuta la qualità, l’impegno e il dettaglio nel nostro lavoro. Anche aziende poco conosciute ci affidano il loro prodotto per farlo conoscere. Vi siete cimentati anche nella ricerca del biologico? Ci stiamo dedicando soprattutto al mondo delle intolleranze: noi diciamo sempre di iniziare a cucinare dagli ingredienti e non dai preparati. Ad esempio consigliamo di preparare la besciamella e non di comprare quella pronta; la buccia di un limone deve essere non trattata e così via. Oltre a me ci sono dei volti nuovi nel blog, ciascuno con la sua competenza: ad esempio la cucina vegana, la cucina senza glutine, la cucina etnica e l’ultima novità è la cucina veloce che non significa cibi preparati, ma piatti da preparare in venti minuti. Siete stati contattati da Masterchef o dalla Parodi o altre realtà televisive? In realtà abbiamo già fatto un format televisivo – In cucina con GialloZafferano - su FoxLife, oltre 120 puntate da dodici minuti l’una facendo delle ricette con una narrazione più composita. Abbiamo anche all’attivo tre libri usciti per Mondadori, tutti andati piuttosto bene.

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Parliamo di numeri e di utenti unici. Nei momenti di tranquillità il sito arriva a 1.500.000 di utenti unici al giorno con picchi di 2.200.000. E visto che parlavamo dei libri il primo ha sorpassato le cinquantamila copie. Essendo un vero team, un collettivo, non vi volete cimentare nell’apertura di un ristorante? Ce l’hanno chiesto in tanti pero’ il tempo che impieghiamo per realizzare GialloZafferano è molto: dalle 9 di mattina alle 18.30; avere un locale significherebbe delegare qualcuno in redazione o nel ristorante. Un locale è molto impegnativo, lo so per esperienza perché i miei genitori hanno avuto un ristorante a Milano. A me l’idea piace, non lo nego; non escludo di pensarci in futuro. Dalla risposta si evince che per lei il blog non è solo business ma soprattutto passione. Senza la passione GialloZafferano non esisterebbe. Abbiamo lavorato davvero tantissimo e affrontato tante cose; poi è comodo guadagnare un bello stipendio nella vita ma la cosa che ci rende più orgogliosi è che siamo noi oggi a poter pagare lo stipendio alle persone che collaborano con noi, in un momento storico non propriamente facile. Com’è il rapporto con il vostro pubblico? Quando le persone che seguono il blog mi incontrano per strada mi fermano e hanno l’atteggiamento di incontrare una amica vera e questo mi rende felice; la frase più ricorrente è “grazie che mi salvi sempre la cena”. Noi abbiamo un target abbastanza giovane, in maggioranza dai 25 ai 45 e quindi persone che spesso iniziano a voler imparare a cucinare. L’interazione è anche sulle ricette: c’è un “botta e risposta” continuo sul blog, dialoghiamo ogni giorno in mille modi diversi anche facendo presentazioni e raduni per vederci di persona. Avete molta concorrenza? Vi guardate le spalle? In fondo siete anche un modello di business… Dopo la grande moda dei blog adesso stanno nascendo diversi siti di cucina basati sul nostro modello. Penso sia una cosa fisiologica: c’è sempre uno che parte e gli altri copiano. Quanto ha influito che una realtà come Banzai? Tantissimo. Senza il loro supporto non saremmo arrivati dove siamo oggi. Banalmente quando andavamo a bussare alle porte ci dicevano: voi cosa fate? E noi rispondevamo, il web. E la reazione era

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tagliente: ah ma quelli che hanno fatto web sono falliti. Avete scommesso in tempi nei quali nessuno investiva o aveva lungimiranza. Sicuramente: bisogna anche tenere presente che per quattro anni non abbiamo preso un centesimo. E quando è entrata Banzai abbiamo preferito continuare un anno senza ritorni economici ma investendo sui collaboratori. Secondo lei questo vostro “modello” è esportabile anche in altri settori quali musica, libri, film o no? E avete pensato anche a un magazine cartaceo? Io credo che si possa guardare tutto ciò che ci circonda con occhi diversi ed inventarsi un lavoro. Quindi in qualsiasi campo. Dico sempre ai ragazzi di capire come vedono una cosa oggi e come potrebbe essere domani, che è quello che ho fatto io all’epoca. Per il magazine ci vorrebbe una redazione per poter fare un mensile accurato e in Italia si tende più ad acquistare un giornale di cucina straniero o comunque “importato” e “italianizzato”; sono magazine con budget di multinazionali. I grandi Chef come vi considerano? Non lo so. Ma so che il nostro blog lo consultano un po’ tutti più che altro per le idee. Con alcuni di loro ho parlato spesso, mi dicono che nei loro ristoranti guardano qualche ricetta per prendere spunto. Ci hanno chiamato da Mastechef per ospitarci nella fascia quotidiana della trasmissione, sono andata come ospite nelle prime due edizioni. Sottolineo che il nostro target sono le famiglie, le persone semplici che amano la cucina, noi parliamo a tutti anche e soprattutto a chi vuole imparare a cucinare. Domanda finale: a quale piatto in particolare non rinuncerebbe mai? Secondo me sono sempre quelli che ti ricordano la tua infanzia. Io avevo la nonna austriaca che mi preparava gli spätzle, conosciuti molto anche in Trentino e Alto adige. Sono molto veloci da fare, con erba cipollina, burro e parmigiano o con gli spinaci e ogni volta che li preparo torno davvero bambina. Ho preso da mia madre altoatesina la precisione e da mio padre calabrese l’ospitalità e l’allegria. È sempre dall’unione dei contrasti che vengono i successi.

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notes

viaggiare

L’ECCELLENZA DEL LIMONE DI SORRENTO

A BORDO DI UN WESTFALIA

Camargue: tra le saline e i fenicotteri

V

La Costiera è un’azienda da sempre impegnata nella valorizzazione dei prodotti tipici della Penisola Sorrentina, missione a cui dedica cura e passione seguendo tutta la filiera produttiva, dalla coltivazione alla commercializzazione. di Bruno Quiriconi

L’

azienda La Costiera è stata creata a Sorrento negli anni ’60 dalla Famiglia Vinaccia. All’inizio come vera e propria impresa famigliare specializzata nella produzione e distribuzione del Limone di Sorrento, una delle eccellenze italiane. Nel 1997, La Costiera si trasferisce al Centro Agroalimentare di Fondi (LT): diventa azienda leader nel mercato della produzione e vendita di agrumi, soprattutto limoni, garantendo al cliente un prodotto finale genuino, di qualità e presente con continuità durante tutti i mesi dell’anno. Oggi il quartier generale è nella zona industriale di Fondi, in una struttura più ampia con a disposizione un magazzino capace e attrezzato con macchinari e celle frigorifere. La rete vendita si sviluppa nel Cen-

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tro-Nord Italia e fornisce ipermercati e catene di supermercati, esportando anche in Europa, principalmente in Inghilterra, Germania e nord Europa; è anche importatrice dall’Argentina, dal Sud Africa e dalla Spagna. Attualmente, l’azienda campana ha in corso la definizione di importanti accordi commerciali con lo scopo di allargare la propria presenza sui mercati esteri. L’obiettivo principale è costruire e consolidare rapporti commerciali con clienti e distributori, assicurando loro professionalità e affidabilità. Le piantagioni si trovano principalmente a Piano di Sorrento, Sant’Agnello e altre zone della Campania, oltre che in Calabria e in Sicilia. L’azienda desidera valorizzare e promuovere la qualità del Limone di Sorrento - alimento non

trattato chimicamente -, e portare sulle tavole il profumo, il sapore e l’aroma delle terre sorrentine. Il Limone di Sorrento vanta peculiari caratteristiche che vengono esaltate da particolari tecniche di produzione rimaste immutate nel corso dei secoli: per evitare il contatto diretto dei limoni con la terra, la raccolta dei frutti si esegue con estrema cura esclusivamente a mano. In cucina, il “Limone di Sorrento IGP” viene consumato in tantissime varianti: al naturale, oppure per preparare spremute e succhi o aromatizzare dolci, marmellate e bevande tra le quali il famoso Limoncello. La Costiera

Via Pantanello, II trav. DX Zona Industriale - 04022 Fondi (LT) Tel. 0771 531807 www.la-costiera.com

ivere la nostra vita a bordo di un piccolo camper ci permette di essere nel luogo giusto al momento giusto. È esattamente quello che è capitato in questo periodo. Siamo in Francia, sulle splendide spiagge della costa Azzurra diretti verso i Pirenei e, successivamente, in Spagna. Avremmo dovuto passare diversi giorni nel canyon del Verdon, luogo consigliato da molti, ma guardando le previsioni del tempo che davano pioggia e freddo abbiamo deciso di continuare lungo la costa. Siamo arrivati fino in Camargue, altro luogo imperdibile per chi come noi ama stare in mezzo alla natura. Il delta del fiume Rhone offre dei paesaggi alquanto unici e una fauna di grande interesse: le saline, i laghi all’interno del delta, i fenicotteri e i tori. Abbiamo scoperto, una volta arrivati, di poter assistere per uno degli eventi più importanti della comunità gitana in Europa: la celebrazione, ogni anno il 25 di aprile, di Santa Sara, protettrice dei gitani e dei viaggiatori. Tutto iniziò nel lontano 1869, con la nascita di Folco de Baroncelli, marchese di Javon. Un discendente di un’illustre famiglia fiorentina stabilitasi in Provenza dal XIV Secolo. Si appassiona subito alla sua terra, la Camargue. All’età di 30 anni decide di rinunciare alla sua vita aristocratica, bisognoso di spazio e di libertà, per dedicarsi alla dura vita da Gardian (i cowboys Provenzali). Successivamente comincia una lunga attività da parte di Folco de Baroncelli che lo porterà a creare il suo allevamento di tori, la croce della Camargue e lanciare l’idea di un parco nazionale per promuovere la sua terra in tutto il mondo. Oltre alla terra, sposerà la causa dei popoli oppressi: nativi d’America, Boeri e Gitani. Grazie a lui e al suo impegno è stato creato un giorno di festeggiamento per i Gitani e per celebrare Santa Sara, con il rituale trasporto fino al mare a partire dal 1935: abbiamo avuto l’opportunità di essere testimoni di questa animata e colorata tradizione. Tre giorni non solo di celebrazioni spirituali ma di musica, folklore, animazione, cibo tipico della zona. Un’esperienza per riscattare questi popoli nomadi, contro il razzismo verso di loro: l’uguaglianza dell’essere umano prima di tutto, indifferentemente da religione, colore della pelle, cultura e sesso. Oltre a questo evento, la Camargue si presta ad essere visitata tutto l’anno: senza dubbio la fine della primavera è il periodo migliore per poter ammirare stormi di fenicotteri posarsi sulle basse acque delle saline e per essere inebriati dai primi profumi delle erbe della Provenza.

Il sito web di Armando e della sua compagna Mel è www.westfaliadigitalnomads.com

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letture

L’UNIVERSO DI BANANA YOSHIMOTO La scrittrice giapponese ha da poco pubblicato il suo ultimo romanzo Il lago (Feltrinelli) nel quale affronta un tema complesso e oscuro. E ci racconta dove nasce la sua ispirazione e i suoi personaggi. di Andrea Thomas Il lago Questo romanzo l’ho scritto un po’ di tempo fa; subito dopo sono diventata madre di un bambino. E mi sono resa conto che ancor prima di vivere l’esperienza della maternità le cose che avevo scritto erano corrette. Questo non è chiaro immediatamente quando si legge il romanzo, non è il tema che ho narrato. L’argomento dal quale ho tratto ispirazione è il tema dei rapimenti dei giapponesi da parte della Corea del nord durante la guerra. Ed è un tema che all’epoca della scrittura del romanzo è tornato ad essere presente nei media giapponesi. In quel periodo, tutti i giorni mi capitava di ascoltare al telegiornale persone che erano state rapite dal Giappone che ritornavano a casa; ero ovviamente profondamente colpita. C’è anche un film con Angelina Jolie che affronta il tema dei rapimenti. Diventando madre ho capito che i propri bambini anche quando avranno dieci anni o cento o quando saranno morti rimarranno sempre bambini per le mamme. Ho voluto trasferire in questo romanzo la carica di affetto che unisce i genitori e i figli come se passasse attraverso il fondo del lago. L’odore Così come nell’ultimo libro il tema dei rapimenti della Corea del nord non è immediatamente comprensibile ma soltanto evocato piuttosto che descritto altrettanto succede nei miei libri precedenti: io cerco sempre di nascondere i temi che tratto. Questo perché credo che per far comprendere veramente qualcosa, una realtà, un argomento, non bisogna descriverlo dettagliatamente ma sia necessario farne sentire l’odore.

I personaggi Come costruisco i miei personaggi? Penso che noi tutti custodiamo dentro qualcosa che non è cambiato minimamente da quando eravamo bambini. C’è ancora una parte di bambini dentro di noi ed è forse la cosa più vicina alla nostra sensibilità. Nella vita di tutti i giorni quando ci dedichiamo al nostro lavoro, quando viviamo delle relazioni complicate, quando siamo in competizione con le altre persone dentro di noi è riposta una sensibilità che non dobbiamo dimenticarci. È importantissimo tenere gli occhi aperti su questa sensibilità. Essa racchiude e custodisce la maggior parte dei nostri ricordi. Io scrivo i miei romanzi proprio nel tentativo di dare conforto e consolazione alla nostra parte sensibile. Quando mi chiedono quanto di personale e autobiografico vi è in quello che scrivo rispondo che il cento per cento è basato sulla mia esperienza. Ma potrei anche rispondere che niente di quello che scrivo si basa sulla mia esperienza. Una cosa è certa: io faccio in modo di non scrivere mai nulla che non rifletta quello che provo, una parte dei miei sentimenti. Considero i miei romanzi come una scatola: ci metto dentro tutto ciò che sento e che ho provato personalmente e poi cerco di ricucire tutto quanto in una trama.

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Il prossimo libro Oggi in Giappone i ragazzi stanno leggendo sempre meno, la lettura nel mio paese sta diventando un hobby per pochi. Sin da quando ero bambina i miei migliori amici erano i libri ed è un peccato vedere come i giovani oggi li ignorino. Ed è per questo che sto scrivendo un libro composto da tanti piccoli testi brevi e quindi facilmente leggibile da tutti, anche da chi non è abituato a leggere. Il rapporto con la morte Io credo che tutti gli scrittori abbiano alcuni temi a loro cari. Scrittori che prediligono ad esempio l’amore come punto di partenza di una storia. Nei miei libri ricorre il tema della morte: ciò che interessa a me è la sua elaborazione da parte di coloro che sono vicini alla persona deceduta. Io conosco una persona che faceva parte di una famiglia composta da madre, padre e bambino. Un giorno mentre il bambino era fuori casa, nel corso di una rapina, fu ucciso. Mi è capitato successivamente di incontrare sua madre e non sono riuscita a fare nulla se non abbracciarla per consolarla. Nell’immediato non sono riuscita a trovare parole adatte per aiutarla a superare questo momento ma so che ci sono riusciti i miei libri secondo quanto mi hanno riferito. E io spero sempre che questo avvenga: che i miei lettori riescano a trarre dai miei libri una consolazione. Il cibo Quando io guardo dei programmi televisivi, film e telefilm nei quali i protagonisti non mangiano mai rimango basita. Ma fatemi il piacere di mangiare almeno un biscottino! Vi troverei più reali! Anche se fatte molto bene alcune serie televisive peccano di non far mai vedere le persone che nell’arco della storia assaggino uno snack. E quindi faccio in modo che almeno i miei personaggi mangino e bevino in sazietà. Io ero convinta di amare molto il riso ma oggi preferisco la zuppa di miso. Quando non sto molto bene è sufficiente una piccola porzione e sto subito meglio.

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libri

QUANDO IL MONDO ERA IN ORDINE

LIMONE DI SORRENTO

IGP

Un nuovo romanzo di Isabella Bossi Fedrigotti racconta usanze e costumi della sua generazione, oggi inesorabilmente perduti. Itaeventi l’ha intervistata approfondendo i temi trattati. di Guido Biondi

Scritto per i figli Non pensavo di pubblicare il libro ma di consegnarlo esclusivamente ai miei figli. Loro leggono pochissimo e mai i miei libri quindi ho deciso di scrivere come mi trovo io che non ho più nessuno a cui chiedere com’era il passato. Ho resistito due anni ma l’Editore mi ha fatto cambiare idea e, alla fine, è stato pubblicato. È un racconto – non è un autobiografia – inventato dal vero perché io so solo inventare storie, non so fare saggi o manuali.

L’età dell’oro Non esiste, è solo la gioventù. Tutte le generazioni hanno sempre pensato che ai loro tempi tutto fosse migliore.

Rimpianti

“Rimettere il mondo in ordine è troppo difficile, come costringere un fiume ad andare in salita” Il mondo esclude l’ordine, lo viviamo nel quotidiano; è una frase che sovente diceva mia nonna in modo ironico. Se qualcuno arrivava vestito in un modo improbabile o se la temperatura non era confacente alla stagione – per delle cose del genere – lei diceva “il mondo non è più in ordine” con grande ironia e questa frase mi è rimasta dentro.

La cosa che più rimpiango è la neve abbondante, oggi ne cade sempre meno. Ovviamente è una battuta. Manca un rispetto per se stessi e gli altri.

Via Pantanello, II Trav DX - Zona Industriale - 04022 Fondi (LT) 0771 531807 - limonilacostiera@tiscali.it - www.la-costiera.com

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“Tramandare” Una cosa molto concreta e reale e abbastanza insopportabile è la mancanza di educazione; da una generazione a questa parte i genitori hanno smesso di educare. Perché è difficile, è faticoso: si torna a casa la sera e non si ha voglia di mettersi a questionare e il risultato è spiacevole. L’esempio viene dall’alto: vediamo come si comportano i politici, come si insultano. La maleducazione è dilagante e insidiosissima. Se parliamo di educazione e di tramandare i valori più delle parole serve l’esempio.

Le storie d’amore Il mio libro racconta la scoperta del consumismo: prima i cibi si mangiavano solo nelle stagioni, i vestiti si riparavano. Quando questa economia familiare è terminata è arrivato il negozio e si è cominciato a comprare. È stata la scoperta elettrizzante e eccitante del consumismo ma sappiamo i danni che ha portato con sé. Ha persino invaso il campo dei sentimenti: il consumismo in amore è deleterio. Non si riesce più a desiderare nulla. Non posso avere tutto come in un grande emporio di sentimenti: uccide il desiderio. E non posso più aspettarmi nulla, non c’è più l’attesa per un regalo o per un incontro o per un bacio.

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