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Is un progetto poliedrico nato da IcaOnline un poligono a più lati che coniuga cultura e impresa, che sono poi due facce di una stessa medaglia. La cultura e l’arte producono business così come il business è frutto della cultura d’impresa, potete chiamarlo know how se più vi piace, ma il “saper fare” è sempre cultura.

Un sito per un anno, un anno per un sito.

Wi-Mee portable selection Web site 2011 Una selezione del sito di Wi-Mee disponibile in versione take away come Strenna Natalizia. Wi-Mee Content Braodcasting Wi-Mee FreeWords Wi-Mee


Dialoghi e interviste ipotetiche su sfondo virtuale

Cheat the Chat! 2011

Scelti per voi.

Il padre di un Dio Maggiore schiena la notte, né per le mie finanze il giorno dopo. Non c’era da farsi illusioni. Ma come sempre il mondo riserva sorprese inaspettate, così, ad un orario in cui ancora non tossivo e mi reggevo in piedi da solo, si sedette al banco, proprio al mio fianco, un anonimo canuto fantasma da aeroporto nel suo smagliante cappotto cammello. Cachemire e rughe, eleganza e saggezza. Con uno sguardo che non lasciava dubbi sulle scritte nel display: IO SONO. Insomma il tipo del “grande vecchio”. Un’apparizione. La Coscienza durante il viaggio. Punto. Non potevo esimermi dal conversare. E conversazione fu. Segue resoconto annotato puntualmente, o quasi.

La neve stava lentamente intonacando la pista del terminal B, imprigionando i sogni di California in un limbo di caffè e cibo precotto al Logan International Airport di Boston. Forti nevicate con possibili tormente. Non c’era da farsi illusioni. Una coppia di WASP avviluppata in involucri di Goratex si stava subendo il sermone di un predicatore nero in tenuta da viaggio organizzato. Una bocca enorme circondata da una muraglia di denti bianchi a pronunciare lamenti rivolti al cielo, e due paia di occhi in tinta con il blu cobalto dei giacconi in cerca di appigli alcolici. Ma resistevano stoici, sia la coppia che il predicatore. La ragazza bionda puntellata al bancone mi appoggiò uno sguardo da sirena: bicchiere, Rolex, angolo della bocca ed occhi. I miei occhi. Ci trovò la scritta “fuori servizio”. Senza sentire la necessità di leggere meglio, scivolò dallo sgabello e ondeggiò leggera verso l’uscita del bar, in cerca di tepore e fortuna per la notte, sperando che coincidessero, senza addentrarsi nei meandri del “giorno dopo”. Decisi di spendere una consistente parte del mio restante budget in whiskey e sigarette. Bere al caldo e fumare al freddo per poi ribere al caldo. Il fumo è dannoso per chi ti sta intorno, l’alcol solo per te, così dicono. In America il porto d’armi è diffuso come i permessi per le “zone a traffico limitato” a Roma. Sperai di incontrare armati con la tosse al bar, e disarmati con una sbronza fuori. La sfilza di voli cancellati non prometteva niente di buono, né per la mia

Cheat The Chat!

RM Nottataccia. GV Per lei certamente. RM Lei invece? GV Per me no. RM Perché, ci abita all’aeroporto? GV Io non abito. RM Strano, io i vagabondi non li ho mai visti in completo da Presidente.

CtC!


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GV E io non mi sono mai travestito da Presidente.

RM Terzo, perché terzo…lei è terzo?

dato

da

un

RM Però sembra un Presidente, forse pensionato, ma Presidente.

GV Io sono quinto giovanotto! Terzo è il sottoposto di quarto.

GV Io non sono, o meglio, io sono l’eccezione, mi si può definire un’Eminenza Grigia, uno di coloro che di professione agisce dietro le quinte, uno che fa la storia, influenza, orchestra, dirige, prevede, uno di quelli che pur non essendo percepiti sono alla base degli accadimenti, un Grande Vecchio, di quelli che sono già vecchi nel momento in cui iniziano ad agire. Se parlo con lei è perché, e su questo ha ragione, sono attualmente in pensione, altrimenti non avrei mai avuto l’autorizzazione a farlo, non me la sarei mai data.

RM E quarto chi è, il suo sottoposto? GV Quarto risponde solo a Dio, non a me. RM Non mi dirà che Dio?! GV Non glielo dico infatti, Dio è autonomo, io lo creo solo. RM A sua immagine e somiglianza per caso?! GV Sta scherzando! Nessuno mi somiglia, meno che meno Dio, diamine! Ci vuole tatto ad essere Eminenza Grigia.

RM Interessante, e come si va in pensione da Eminenza Grigia?

RM Già, se qualcuno le somigliasse che grigio sarebbe, anche se a dire il vero, pure Dio ha un’immagine un poco sfumata, non è che sia poi così rintracciabile.

GV Non si va in pensione, si smette solo di operare direttamente, si demanda anche l’indemandabile.

GV Che vuole, il tocco dell’artista. RM In che senso, scusa? RM Ah beh, certo, non si discute, mi dica, li ha creati tutti lei, intendo i Dio in circolazione?

GV Scusi, scusi, mi dia pure del lei. RM Oh scusi, è l’abitudine a parlare con i comuni mortali.

GV Dio è unico! RM Sì, questo lo dica in giro, di questi tempi c’è il rischio che la ingrigiscano precocemente!

GV Capisco, ma si ricordi che sarà giudicato. RM Io?! Per la conversazione intende? GV No, in generale intendo.

GV Giovanotto, Dio è perfetto e come tale molteplice, mutevole, adattabile, inflessibile, onnipresentemente potente, gli schiaffi di Dio non perdonano!

RM Ahh, in generale, allora adiamo meglio. GV Non ritiene necessario premunirsi per il Giudizio? RM No, lo riterrei necessario eccome, solo ritengo sia inutile premunirsi.

RM Disse una cosa del genere anche un tal Gaber, Giorgio Gaber, credo in un pezzo intitolato… “io se fossi Dio”, mi sembra.

GV E fa bene! Non si può, il Giudizio è terzo!

GV Lei si crede Dio? RM Non io, neanche Gaber se per questo.

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CtC!


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GV Infatti non lo è, nemmeno Gaber lo era. RM No, non intendevo…capisco che vecchio può anche comportare il rimbambimento, alle volte…non certo nel suo caso, si figuri, era una considerazione generale, Terzo mi è testimone.

RM Conosce Gaber? GV Non conosco nessuno, io non ho bisogno di conoscere qualcuno, nella mia posizione è ininfluente.

GV Giovanotto, il rimbambimento, come lo chiama lei, coglie tutti, vecchi e giovani, nel suo caso si è accanito particolarmente.

RM Che stupido, certo che sì! GV Concordo.

GV Sullo stupido intendevo.

RM Questa me la sono cercata, anche se non è nuova, me lo hanno detto anche altri, altri che non erano terzi a nessuno, qualcuno pure primo, si figuri!

RM Ecco appunto…come si crea Dio? La cosa mi ha sempre incuriosito.

GV Prendersi del rimbambito da un primo è grave!

GV La curiosità è pericolosa.

RM Ah sì, e perché?

RM Terzo tanto lo sa, intendo, che sono curioso, una volta gliel’ho pure detto.

GV Giovanotto, come crede che Provvidenza scelga i primi?

GV In sogno.

RM Chi sarebbe provvidenza?

RM Come fa a saperlo?

GV Con la P maiuscola, giovanotto, la forma! Glielo già detto!

RM Vede che comincio a capire.

GV E pensava di cominciare a capire? RM Oh scusi, chi sarebbe Provvidenza? RM Comunque…parliamo della creazione, di Dio intendo, limitiamoci a quella di Dio.

GV L’esecutore di Dio, ma non sa proprio niente.

GV Gli uomini lo creano. RM Avrei detto più…l’esecutore di don Vito Corleone.

RM Uomini come lei?

GV No, lo aveva chiesto, ma non si può accontentare chiunque sia in linea con i disegni divini.

GV Giovanotto, educazione! Uomo lo dica a sua sorella! RM Ma è una donna!

RM Chi? Corleone! In linea con cosa? GV Sta scherzando, continua ad offendere?! Vuole che terzo smetta di essere terzo, nel senso di imparziale?

GV Chiedi e ti sarà dato! RM E cosa aveva chiesto, don Vito?

RM Io mi riferivo a mia sorella. GV Giustizia! Che altro si può chiedere a Dio. GV Sua sorella si crede capace di creare Dio?

Cheat The Chat!

CtC!


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diavolo posso essere? Non mi dica che…si può fare domanda per Grande Vecchio?

RM Certo che gli schiaffi di Dio appendono al muro, tutti!

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GV Sta vaneggiando?! Ha le traveggole in terra! Certo che non si può fare domanda, cosa crede, che uno vada alla Obbiettivo Lavoro a chiedere se ci sono posti vacanti come Eminenza Grigia?! Capisco se uno vuole mettersi a fare Dio, ci sono uomini di buona volontà che lo fanno bene, non è il loro lavoro ma si applicano, con profitto anche, diffondo il verbo, accrescono la confusione, si conformano al piano divino…ultimo! Ultimo, dopo secondo c’è ultimo, nemmeno sa contare e ha pretese divine.

GV Ecco, ora la frase è giusta. RM Quale? GV Quella di Gaber. RM Qualcosa ci aveva capito allora. GV Vuole scherzare?! RM Non mi permetterei mai, io le guance le ho finite, e anche i muri li ho misurati tutti.

RM Beati gli ultimi! Ultimo mi piace!

GV I primi, mi aveva chiesto dei primi, non si perda come al solito.

GV Bene, allora diffonda il verbo, sia beato in terra.

RM Trova che io sia uno che si perde? GV Non lei, era riferito alla collettività, io non mi occupo di singoli, definisco il quadro d’insieme, la collettività si perde! Giovanotto, ecco perché i primi sono i meno svegli, rispondono al disegno divino, che vuole che la collettività si perda.

RM Perché? In cielo…

RM E perché dovrebbe perdersi?...ahh, è forse per potersi ritrovare.

GV Ammesso che lassù sia plausibile, e deve esserlo, è nei piani divini, perché ci dovrebbero entrare degli idioti che passano il tempo a sorridere alla gente che nemmeno li può vedere, crede forse che sia un posto, intendo lassù, dove uno possa permettersi di stare alla finestra a fare niente tutto il tempo?!

GV Lei ha sentito sicuramente dire riferito ad un caro estinto: sarà lassù a sorriderci. RM Sì, è capitato di sentirlo.

GV Alla fine qualcosa lo ha capito. RM Grazie Eminenza, sono commosso. GV Non mi ringrazi, lei non sarà mai primo se capisce qualcosa.

RM Guardi, a me fa ridere già solo il termine lassù, si figuri se poi dovessi pensare che ci stanno degli scemi che mi sorridono beati, insomma, mi sentirei come quello con la macchina in panne, sotto il sole, con un condomino di idioti affacciati alla finestra a ridergli in faccia, va bene la valle di lacrime, ma almeno senza infierire inutilmente!

RM Non che mi fossi illuso. GV Insiste a capire, non sarà nemmeno secondo di questo passo. RM Potrei essere terzo!... no assolutamente no, certo che no, stupido ad averlo pensato.

GV Non si infierisce mai inutilmente giovanotto, si infierisce e basta, anzi, non si infierisce nemmeno, si mette alla prova.

GV Concordo. RM E ti pareva…però scusi, se non sono secondo e non posso essere terzo…cosa Cheat The Chat!

RM Sì, scusi la bestemmia Eminenza. CtC!


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occorre infierire senza ragione.

GV Se vuole, posti per ultimo ce ne sono di disponibili.

GV Giovanotto!

RM Mi dica qualcosa di specifico, qualche giornata tipo del suo lavoro, che so, Paris Hilton, l’assassinio Kennedy, l’undici settembre?

RM No, dicevo…al massimo Provvidenza.

GV É stato un capolavoro vero?

GV Al massimo le do il numero di don Vito.

RM Cosa, le Torri Gemelle o Kennedy?

RM Lui può? GV No, don Vito non si occupa di queste cose, lo fa Divina.

GV Paris Hilton! Giovanotto, il resto è routine, nemmeno mi sono dovuto impegnare direttamente, era nei piani divini già dalla creazione.

RM E chi è questa Divina?

RM Paris Hilton non era nei piani vero?

GV La Provvidenza di don Vito, ed è un lui, il nome lo ha scelto come voto, un pegno in segno di ringraziamento, bisogna rispettare il sacrificio.

GV Qualche volta si infierisce pure, lo ammetto, ma è solo per rompere la monotonia.

RM Mi raccomanderebbe?

RM Avrei preferito che mi sorridesse da lassù.

RM Certo con quel nome, in mezzo ai bravi ragazzi, non è facile.

GV Io no però, lassù ci faccio le ferie, mi scuserà giovanotto, ma ognuno ha i suoi privilegi.

GV Non lo è, infatti, lo chiamavano la divina, era insostenibile, anche Provvidenza ha dovuto metterci un freno.

RM Parla lei! Io devo farmi raccomandare dal Divina per essere ultimo!

RM Ha interceduto con i bravi ragazzi?

GV Giovanotto, ci sono ultimi e ultimi.

GV Per, i bravi ragazzi, per, i bravi ragazzi! Non, con i bravi ragazzi. La cosa non si poteva sostenere, non c’erano più posti liberi lassù, Divina doveva calmarsi, non era più sostenibile, ne mandava a decine a settimana, o si calmava o li si sarebbe dovuti parcheggiare laggiù.

RM Questo me lo ha già detto qualcun altro, solo che speravo che almeno ultimo ci potessi arrivare da solo, dico, solo ultimo, non ultimissimo! GV Bravo, lei speri, la speranza è d’obbligo!

RM Allora esiste un laggiù? RM Almeno quella è gratis. GV La facevo più sveglio, vuole per caso risalire a secondo?! Certo che c’è un laggiù, mai stato in Africa?

GV Lei crede? RM Perché…non lo è?

RM Continente bellissimo. GV Giovanotto, il paradiso si conquista, la lotta è una condizione essenziale, lei impari a conviverci, vedrà che di gratis, parola che io

GV Non abbiamo risparmiato sulla coreografia, come diceva giustamente lei, non Cheat The Chat!

CtC!


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GV Grazie, lo so, e ho segnato, mi stia bene! L’ONU organizza ottimi campi estivi in Congo.

trovo orribile, non c’è proprio niente. Se vuole evitare l’ultimissimo, inteso come condizione, lavori su questo, elabori, lo faccia suo, sono consigli preziosi, io non ne dispenso di solito.

RM Ma starmene zitto no! Mi toccò pagare il conto, settantasette dollari e sessanta cents, mentre il cappotto cammello si dileguava con la sua testa canuta. Nevicava ancora. Alla fine il predicatore nero mi alleviò la nottata, pagò una dose abbondante di caffè, goccioloni neri e densi con il gusto amaro del Sud. Mi chiese se ero italiano. Annui. Mi Chiese del Papa. Dissi che sarei rinato in Ruanda, lo guardai intensamente e alla fine lo informai che mi ricordava un Hutu. Essere mandato a cagare con l’accento dell’Alabama è confortante, molto. Una nottata, tutto sommato, normale: nevicate tendenti a tormenta, aerei che non partivano, soldi sputtanati al bar, grandi vecchi e predicatori. Verso le tre uscii a cercare bionde, non inteso come sigarette, già fumavo abbastanza di mio. Tosse, mal di testa, rompicoglioni canuti e abbronzati, ma trovai la bionda, e per il resto… fanculo. Rick Molco

RM Me ne rendo conto, e la ringrazio infinitamente per le illuminati parole che generosamente mi dispensa. GV Generosamente, giovanotto, ma non gratis, si ricordi. RM Io non offro compensi per le conversazioni da bar, anzi, se generosamente pagasse anche il prossimo giro, non mi scomporrei proprio. GV Io non prendo soldi, il denaro è uno strumento riservato agli uomini. RM Allora non le dispiacerà se segno in conto? GV Lei segni, segni, che io faccio credito per natura, anche se devo avvisarla giovanotto, non speri di cavarsela con una vita sola, pagherà in ogni caso, ci volessero altre cento vite. RM Basta che non mi tocchi di rinascere Paris Hilton. GV Non si preoccupi, c’è sempre l’Africa. RM Beh, a pensarci bene, magari…si potrebbe fare anche un calendario, che sarà mai, schiaffo più schiaffo meno, così però al muro mi sentirei più naturale, che dice, vegliardo? GV Contento lei, io all’Africa ci farei un pensierino, giovanotto. RM Mi sa di sì, magari il Kenya. GV Ruanda, giovanotto, Ruanda. RM Che gran pezzo di cuore che è lei!

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CtC!


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Ottimismo in equilibrio precario RM Sei operatrice di call center?

“Soppresso”. Questa era la parola che faceva da epilogo ad ogni riga del grande pannello delle partenze, accanto a numeri di treni diventati ipotesi e al nome di città diventate mete di future imprese. Seduto su di una panchina della stazione centrale mi godevo il mio precariato di viaggiatore afflitto da sciopero selvaggio.

BG (Bipping Girl ndr) Sì, anzi no, per la precisione outbounding strategy director. Cavolo si vede così tanto? RM No, sono andato a caso. BG Capito, certo una rottura sto sciopero, e tu? Che fai?

Gli scioperi selvaggi.

RM Sono scrittore.

Una lotta contro il precariato dove i precari azzannano altri precari, come tanti cani in una grande arena, senza nemmeno poter partecipare alle scommesse di chi le lotte le organizza e le arene le gestisce.

BG Ma dai, storia interessante. RM Dipende, intendo dalle storie, comunque, qualifica interessante, intendo la tua, fammi tradurre, ti occupi delle strategie per le telefonate in uscita?

Ottimismo, questo ci vuole, i mercati si innescano e si alimentano, spesso tristemente vivono, solo di ottimismo per il futuro, anche se il futuro è un gratta e vinci.

BG Chi? Io?!

Questione di prospettive.

RM Mi sembrava di aver capito così.

Il bip lamentoso di ogni pulsante premuto sul cellulare della ragazza, seduta accanto a me sulla panchina, era simile al tono intermittente di una macchina per il controllo dei battiti in una stanza di ospedale, tanto da sembrarmi l'unico suono distinguibile tra il fragore indistinto di fondo.

BG Io avevo capito un’altra cosa, ma se lo dici tu.

SMS, mantenere il contatto, grattare per vincere, aspettare con finta ribellione ed adattarsi con accanita ostinazione.

RM Intendevo a fianco.

Il manuale del moderno viaggiatore in transito.

RM Cinese.

RM Beh, comunque director non è equivoco, avrai un team di persone sotto di te? BG No, sotto c’è una lavanderia cinese.

BG A fianco c’è un laboratorio di maglieria.

BG Allora sai dove lavoro? Fu più per interrompere l'elettrocardiogramma che per reale esigenza che iniziai un dialogo.

RM No, intuito, comunque intendevo, non lavori da sola, ci sono altre persone, persone alle quali tu dai direttive, come director?

Segue tracciato di travaglio colloquiale tra viaggiatori in attesa di viaggio.

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CtC!


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BG Sì, le persone nuove non mancano, ne arrivano tutti i giorni, io sono solo una che ha resisto più degli altri… effettivamente do direttive, sì, faccio vedere dove sono le sedie disponibili, distribuisco le fotocopie con il testo da leggere, lo script! Eh che inglese vero!...faccio anche vedere dov’è la macchina del caffè, e ho anche le chiavette da distribuire! Quelle che si ricaricano, sai?

RM Spero che lo special non andasse oltre, sai a cosa mi riferisco?

RM Capito, un ruolo direttivo acquisito grazie a meriti di servizio.

BG Ahh, ma allora ci sei stato dove lavoro!

BG No, accipicchia, io non ho le doti fisiche, per quello c’era la special special task assistant, Monica, una antipatica da morire! RM Non aveva mica un cognome straniero per caso?

RM No, intuito, te l’ho detto. BG Certo! Ed io ho iniziato dalla gavetta. BG Era un compito impegnativo, dico le mansioni speciali, come hai tradotto tu, certo che l’inglese! Pensa che io avevo capito tasche, cioè task, tasche, insomma, come quelle del computer multitasking, tante tasche…no?...vabbè, però io resisto, mi faccio due rinnovi contrattuali, dico due rinnovi! Mica roba da ridere, è più facile un terno al lotto, ed eccola, la promozione!

RM Cosa facevi all’inizio? BG Ho iniziato come script human translator. RM Cioè? BG Dicevo…sai…per l’ufficio acquisti premete uno, per l’ufficio vendite premete due, per l’ufficio…

RM Cioè insomma?

RM Capito, capito.

director…quello

di

adesso

BG Noo, ci vogliono gradazioni, mica una diventa quello che sono io adesso in quattro e quattrotto! Divento profit sharing operator.

BG Ero arrivata anche a riprodurre il jingle, sai la musichetta di attesa, solo che sono stonata e le parti cantate non mi venivano bene, però mi hanno promossa lo stesso!

RM E in cosa consistevano i profitti da dividere?

RM Non dirmi, e quale è stato lo step successivo? Ehhh che inglese!

BG A ecco, sharing vuol dire dividere? BG Sono passata a special task assistant. RM Condividere per la precisione, e temo ci sia differenza nel tuo caso.

RM E quali erano queste mansioni speciali?

BG Sì, infatti, io condividevo lo stipendio con il group manager, sai, avrei potuto diventare special special task assistant del vice group manager, ma…

BG Vuole dire quello?! Mansioni speciali?! Mah!...no è che ero a disposizione del group manager, cioè andavo a fargli la spesa, gli portavo il cappuccino e la brioche, andavo a prendere e a portare buste, pacchi, scatoloni, è così che ho imparato a far funzionare la macchina del caffè! Io sono intuitiva, impara l’arte e mettila da parte!

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RM C’era qualcun'altra più idonea? BG No, non era idoneo lui! Va bene essere consapevole dei propri limiti, ma anche

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vedere quelli degli altri, insomma… sì è tenuto la moglie e via andare, almeno tra cessi non sfigurano!

indiscreto?

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BG Ottocento euro al mese, per dodici mesi, cioè…niente tredicesima, quattordicesima, ferie, malattie, permessi sindacali e non…certo che c’è gente che non si fa mancare niente! Dico, uno che c’ha tutte ste robe, si può dire arrivato.

RM Brava! Non bisogna svalutarsi!...ma cazzo dico?!...no scusa, riprendiamo. BG Sì, dicevo, ho condiviso lo stipendio, che poi era un profit, dunque non c’era un fisso, questo l’ho capito! Qualcosa capisco d’inglese, profit significa…beh diciamo che è quando non ti danno un fisso ma te lo devi guadagnare, coi risultati, un euro e cinquanta ad appuntamento preso, solo quelli confermati però, settanta lui e trenta io, per cento intendo.

RM A Mirafiori, arrivato a Mirafiori. BG Dopo Basilio? Già solo a Basilio ci stanno i ricchi, dopo è tosto! RM No, non c’entra con Basilio, è in un’altra regione, ad ogni modo condivido che si tratta di fortunati, se uno è ottimista di natura però.

RM Pittance, in inglese è più appropriato pittance!

BG Sì, io sono ottimista, non potrei permettermi di essere pessimista, non con un contratto a termine, sai, mi verrebbe l’ansia da rinnovo, vivere con l’ansia per sei mesi! No, così mi viene al massimo gli ultimi tre giorni, forse sei, ma è più ragionevole, non trovi?

BG Che significa? RM Miseria, a pittance, una miseria, è quando ti dicono che ti pagano a risultati, poi ti danno un’inezia per ogni risultato ottenuto e la devi dividere pure!

RM Diciamo che aiuta, e la vita privata? Relazioni affettive?

RM Beh, certo che se le cose te le dicono nella tua lingua madre…un poco S.O.B. il mio group manager lo è!

BG C’era un ragazzo, sai, io, non sono Naomi Campbell, anche lui non era Brad Pitt, però stavamo bene insieme.

RM S.O.B. acronimo inglese di… RM La Campbell stava con Briatore, Brad Pitt non credo la cagasse molto, anche prima della Jolie intendo, e comunque non credo che sia da invidiare. Perché c’era? Non c’è più?

BG Esatto! Proprio figlio di puttana! Anche un poco acronimo inglese! Le cose vanno dette! RM Condivido!

BG Ecco, è che lui non lavora, e non è ottimista, si fa venire l’ansia, tutto il tempo con l’ansia, lui però c’ha l’ansia da colloquio, non l’anno mai preso, settantacinque colloqui, mai uno andato a buon fine!

BG Allora ci sei stato… RM No! Non ci sono stato! È per simpatia.

RM Certo un poco di ansia ti viene, devi essere uno particolarmente ottimista.

BG Comunque ora le cose vanno meglio, ho un contratto ancora per tre mesi, un fisso, ormai sono esperta, e chi mi schioda più!

BG Io sai, pagavo tutto io, affitto, cibo, non mi dava fastidio, solo che…poi non ce la

RM E quanto prendi se posso essere

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facevo più, cioè…sai…il mio padrone di casa non è uno ottimista, se gli dici ti pago il prossimo mese diventa di un tale pessimismo, insopportabile… lui è ottimista solo riguardo alla casa, e ci vuole ottimismo per chiamare appartamento quel buco che mi affitta! Così ho dovuto chiedere aiuto ai miei, cioè, loro però non erano contenti che convivessi…così, anche se io sarei stata del parere di lasciar perdere, però, senza il loro aiuto non ce la facevo comunque, così, ci siamo lasciati. RM Devi essere molto commoventemente ottimista!

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RM Allora te l’hanno offerto il lavoro?! BG No, mi hanno detto che avevo sbagliato numero, ma io mica ci casco, non ho sbagliato, anche perché hanno chiamato loro! Vorrà pur dire qualcosa? RM Sì, che hanno sbagliato numero. BG Nooo, dici? RM No, scherzavo, un attacco di pessimismo, scusami.

ottimista, BG Meno male, mi hai fatto venire un’ansia!

BG Sì, lo so, ma che ci vuoi fare, non era Brad Pitt, mettiamola così, uno come lui lo trovo, prima o poi.

RM Senti, mi sa che, se non ti offendi, una pizza te la offro io. BG No che non mi offendo! Anzi, se vuoi, possiamo anche uscire una sera, non ti offendi vero se te lo chiedo, ma uno scrittore, non sono mai uscita con uno scrittore, metti che poi, ipoteticamente…uno scrittore almeno non guadagna una miseria da Brad Pitt mancato no?...dico, me lo potrei anche permettere uno scrittore!

RM Progetti per il futuro?...Che domanda da pirla però! BG No figurati, mi fa piacere che non sono la sola ad essere ottimista! Anzi, sai che ti dico, che io ho già un asso nella manica! Ho fatto un colloquio da McDonald, sembra proprio un lavoro tagliato per me, anzi, la paga sarebbe niente male, non avrei tutti gli optionals, quelli…tipo Mirafiori, ma potrei essere autonoma, ci scapperebbe anche una pizza ogni tanto!

RM Ognuno ha i pittance suoi, credimi, comunque non mi offendo, no, solo che offro io, su questo non si discute! Senza che tu debba essere special special, nemmeno solo special, ok?

RM E ti hanno già confermato qualcosa? BG Ho capito, c’è un’altra special vero? Non special task cosa, intendevo…

BG No, non proprio…ma mi hanno fatto uno squillo!

RM Può darsi, comunque, al limite, sarebbe solo special, se ci aggiungo un altro special mi stacca la testa, l’inglese lo capisce bene!

RM In che senso ti hanno fatto uno squillo? BG Sul telefonino, uno squillo, guardo il numero, non mi dice niente, allora penso, sarà Luca, cioè quello non Brad Pitt, era tipico suo fare gli squilli per essere richiamato, allora richiamo e…pronto McDonald, dai non ci posso credere!

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BG Tu non sei acronimo però, non sei il tipo, sbaglio? RM No, non sono il tipo, ognuno c’ha i

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pittance suoi, te l’ho detto. BG Allora andiamo a mangiare qualcosa, magari da McDonald, facciamo fifty fifty, che dici? RM Facciamo così, tu decidi il posto, purché non sia McDonald, e io pago, fifty fifty, ok? BG Ahh, vedi a sapere le lingue! Io avevo sempre capito diverso, ok affare fatto! Così finii per condividere un pasto in transito con la ragazza del call center, con ottimismo, anche riguardo alla dicitura “cibo”, la scritta sul locale non era McDonald, ma la globalizzazione genera standard condivisi, il brand è solo un aspetto di marketing, non di contenuto. Insalata, pollo, patatine e una tazzina di caffè, mi sembrò pure di sentire in sottofondo il jingle cantato dalla ragazza del call center, in veste di human script translator, o forse human sound script filler, non mi sovviene la qualifica esatta del ruolo. Passare il tempo in fondo è l'occupazione principale del viaggiatore in transito, e il tempo passò, in ottimistico equilibrio precario, cercando di uscire dalla lotta selvaggia di quotidiano precariato con meno segni possibile. Per presente digitate uno, per futuro grattate con una moneta sul primo biglietto per la fortuna disponibile, per tutto il resto... fanculo.

Rick Molco

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Daiquiri e Tom Collins nell’arsura

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della GRANDE CRISI FINANZIARIA

Ci presentammo. E conversazione fu.

Milano quella settimana non era prevista nella mia scaletta pseudo-lavorativa.

Segue resoconto più o meno fedele, la ressa non agevolava trascrizioni stenografiche di sorta.

Ma, come mi capita spesso, finii per ritrovarmi impantanato in un fuori scaletta con tendenza al fuori scala.

RM Cosa fai di bello nella vita?

Per uno che è sopravvissuto da sobrio alla gloriosa Milano da bere, la Milano bevuta richiede forti dosi di sostanze da bere per passarci indenne. È come uscire in giardino dopo un acquazzone con ai piedi delle graziose pantofole a forma di castoro del Nebraska che ride.

C63 Io sono creatore di luoghi permanenti per ospitare realtà relazionali di base. RM Cioè? C63 Sono nel ramo edilizia. RM Costruttore?”

Pantano e peluche. Ci vuole un motivo serio per infliggerselo. Io non avevo particolari motivi.

C63 Consulente di base per costruttori. Freelance insomma.

Così finii in Duomo, in un grazioso locale affollato, ad affogarmi nell’happy-hour da post giornata di lavoro. E non avevo nemmeno lavorato.

RM Artigiano edile? C63 Sì, anche se si tratta di un termine obsoleto, se vogliamo usare un termine anzianotto preferirei: imprenditore di me stesso.

Non seriamente intendo. Comunque.

RM Un self made man.

Nell’indolenza della confusione inanimata di corpi in attesa di giudizi universali da locali notturni, incontrai… non ricordo esattamente il nome, nella circostanza è stato un dettaglio che pensai di trascurare senza problemi.

C63 No, lavoro solo in Italia, sono un fautore delle tradizioni locali, localizzato, localmente integrato, una globalizzazione quartierizzata, che è poi quello di cui mi occupo.

Comunque.

RM Qui mi sono proprio perso, intendi?

Lo chiamerò, per esigenza di copione: Canottiera 63.

C63 Complessi abitativi di ampie dimensioni volti a soddisfare le esigenze di espansione di realtà relazionali di base in aree precedentemente adibite a spreco urbano, questo in sintesi.

Stavamo davanti ad un daiquiri e ad un Tom Collins, intesi come bevande, e dietro ad un Negroni ed una Caipirinha, intesi come avventori.

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RM Puoi essere meno sintetico?

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Cheat the Chat! 2011

C63 Hai presente quei grossi quartieri nuovi nelle periferie, quelli che prima ci fai le case e dopo, forse, le strade?

le risorse remunerano me collaboratori.

RM Palazzine per palazzinari?!

RM Operai tuoi, hai operai?

C63 Si può anche dire così, sì, non è esatto, ma per i non addetti ai lavori semplifica.

C63 No, il termine operai è obsoleto, io preferisco…

RM Cosa c’è di inesatto, di non strettamente tecnico che non piace agli addetti ai lavori?

RM Elementi costruttivo?

C63 Il problema è che questo è un termine tendenzioso.

C63 Sì! Vedi che impari!

C63 A deprezzare il mio lavoro, inducendo il consumatore a credere che si tratti di unità abitative per poveri.

a

misura

di

sistema

RM Cioè hai un ufficio ricerca personale, scusa, elementi di default?

RM A misura di consumatore…povero?

C63 Sì, passo la mattina con il mio Ducato sette posti in piazzale Loreto e carico gli elementi che sono più quotati in quel momento, una specie di mercato azionario ristretto.

C63 Questo è un termine negativo! Io non userei il termine povero, preferisco dire: consumatore allo stato di default. RM Sì, prima allo stato di default, dopo completamente spennato, scusa, formattato.

RM Ah sì, e come le trovi, intendo, le offerte più interessanti?

C63 Diamo loro solo le più ampie possibilità di crearsi uno spazio a misura, un range di offerte che copre tutte le fasce di utenti, produciamo opportunità di gioie future anche ad una platea di infelici altrimenti esclusa.

C63 Grazie ad intermediari del settore. RM Caporali? C63 Non fare il pirla, ti pare che sia un’attività da graduati di truppa, semmai ufficiali, anzi, intermediari ufficiali del mercato ristretto. Alcuni vengono pure dall’estero.

RM Già, e i palazzinari…scusa, i costruttori di solide certezze, come ti relazioni con loro, intendo…è un rapporto costruttivo? C63 Costruttivo sì, io costruisco e loro percepiscono il guadagno…cioè, trovano gli appropriati sbocchi di mercato per remunerare

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del

C63 Ho un rapporto ottimo con i miei collaboratori, tendo a concedere il massimo delle possibilità ad ogni elemento presente nell’offerta di mercato, o meglio, l’offerta di elementi di default, pratico un turnover standardizzato che mi dà ottimi risultati.

RM E invece? realtà

default

RM Certo invecchiando…no, non invecchiando… acquisendo esperienze di vita, si capisce al volo!

RM E a cosa tenderebbe?

C63 Sono solo consumatore.

di

impiegate, ed i miei

RM E sì, la globalizzazione produce queste novità.

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C63 Comunque affidabili, soddisfatti o rimborsati!

sono

fancazzista! Io lavoro! Non potrei proprio farne a meno!...specie per i due tizi, sai…

RM Cioè? C63 Se i titoli, cioè gli elementi di default, non sono consoni, hanno un andamento non adeguato alle aspettative, puoi restituirli, in garanzia, alle volte senza nemmeno pagare un fisso, tipo per la cauzione, capisci cosa intendo?

RM Capisco, sul piano personale, intendo, il tuo network di relazioni affettive, versante tranquillo? C63 Ho una famiglia, un network di relazioni affettive, come hai detto bene tu, aperto, aperto a nuove possibilità, dinamico, un work in progress con un ottimo punto di equilibrio.

RM Credo di sì. Parlami degli standard qualitativi che adotti per la protezione degli elementi umani mobili nell’ambito del sistema edificante?

RM Cioè? C63 Posso avere nuove esperienze, essere up to date, rompere la monotonia di relazioni antiquate…club per scambisti, cose così. Mia moglie apprezza gli sforzi che faccio per mantenere viva la relazione, specie perché posso offrirle comunque un tenore di vita costantemente adeguato, usufruendo nel contempo delle funzionalità tipiche del soggetto casalinga…un divorzio non potrei permettermelo, e poi, diciamolo, sarebbe antieconomico di base, una scelta antiquatamente antieconomica!...si scopa comunque come ricci, le corna non sono corna, scambio mia moglie, un soggetto usato, con soggetti di valore superiore, con un mercato più appetibile, senza nemmeno avere l’onere della manutenzione permanente di questi soggetti!

C63 Scusa? RM La sicurezza di cantiere? C63 Ahhh…beh! Abbiamo metodi tradizionali, raffinati con l’esperienza…in pratica mettiamo un tizio a controllare che non venga nessuno a ficcare il naso, se arriva un rompicoglioni, uno di quelli preposti a creare ostacoli burocratici per indurre deformazioni artificiose al libero mercato, il nostro tizio, avvisa, ed oplà! Scatta il piano di evacuazione generale standardizzato, fuori in sessanta secondi, hai presente il film? RM Sì, ma non divaghiamo, vedo che sei motivato, presumo che tu abbia anni di esperienza alle spalle, ma riesci ad essere motivato come un ragazzino, qual è il tuo segreto?

RM E sotto l’aspetto emotivo? Intendo, per ciò che concerne le implicazioni immateriali intrinseche al soggetto umano ancestrale?

C63 Debiti! Ho rate di mutuo fino al 2030, leasing per il furgone, per la macchina, prestito personale per i mobili, frigorifero, televisore al plasma, due tizi che hanno degli assegni miei…ma quella è una questione a parte, carte di credito revolving…o revolver, come diavolo si chiamano! Comunque, ci vuole la forza di un ragazzino per affrontare tutto questo, ed io sono uno che apprezza le opportunità che la vita ti da, non sono un

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C63 Obsolete!...e poi, non aiutano l’aspetto economico, non me le potrei neanche permettere certe futilità…sai? RM I due tizi, capisco…figli? C63 Ognuno ha le proprie disgrazie! RM Intendi, i momentanei flussi di

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contingenza negativa?

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RM Beh, certo che anche per loro certe disgrazie durano…una vita.

C63 Già, pure! Nemmeno ci avevo pensato, immagina che colpo per sua madre, dico, vedersela lì!...no, non ci si può proprio consolare coi figli, soldi buttati! Investimenti a perdere! Uno lavora una vita e poi per colpa di due strozzini di merda non può nemmeno divorziare, fanculo a moglie e figli e buonanotte! Gli alimenti mi costerebbero la metà di quello che pago di interessi mensili a quei due!...uno non può nemmeno rifarsi una vita…questa crisi finanziaria ha proprio ridotto tutti a non avere un futuro!

C63 Che intendi?

RM Parole sante! Credo si sia fatto tardi…

RM Mi riferivo all’abitudine che uno deve fare all’appellativo che viene utilizzato per identificarlo nel mondo civile.

C63 Già te ne vai?

C63 No, disgrazie! Disgrazie proprio, di momentaneo non c’è niente. Una perdura da vent’anni, l’altra da diciotto. Disgrazie! Viva Dio, chiamiamo le cose col loro nome! RM Ecco, come si chiamano? C63 Cristopher e Venus.

RM Sì, resterei volentieri ma purtroppo ho altri impegni.

C63 I nomi?! Li ha scelti lei, mia moglie, diceva che erano trendy…solo che le mode passano e i nomi restano, glielo aveva pure detto a mia moglie! Chiamiamoli Giuseppe e Michela, ma lei, niente!...comunque loro, i soggetti a carico non fiscalmente deducibili se non in misura ampiamente irrisoria rispetto al disagio economico prodotto, loro, ci hanno messo del suo, cioè del loro, cioè..mi hai capito no?

C63 E il conto? RM Il cosa?... ah, intendi l’obolo primario per mantenere la circolazione monetaria al fine di risollevare il mercato asfittico? C63 Sì, cioè… RM Non potrei proprio prevaricarti in un compito così decisivo, l’onore è tuo!

RM E cosa avrebbero combinato i fuorimoda? C63 Grazie... a buon rendere… cioè… C63 Niente! È proprio questo il fatto! Non combinano niente! Sempre lì a chiedere questo e quello, studiare? Macchè, solo a zonzo, Venus poi! Vestita come…come…insomma non mi viene il termine.

RM A buon rendere!

Alla fine fu invitabile uscire con i piedi bagnati e i castori che sembravano usciti da un disaster movie dal titolo Melma assassina. Però la Crisi Finanziaria per quel giorno non intaccò i miei risparmi.

RM Abbigliata come un’offerta di mercato up to date per club privati che propongo soluzioni alternative di svago? C63 Già! Proprio così!

A dire il vero, fu anche merito della Caipirinha, che mi guardò come si guarda un comodino della nonna piantato in garage mentre cerchi di posteggiare il suv, e del

RM Beh, c’è il rischio che tu possa incontrarla, diciamo…in condizioni non idonee alla visione famigliare di default.

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Negroni, che mi guardò come un collezionista un tavolino Luigi XIV. Non avevo proprio motivi per impantanarmi oltre. E per il resto‌ fanculo.

Rick Molco

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Scelte per voi.

Archeologia con Anna Gattiglia e Maurizio Rossi.

Stratigrafie di liberi pensieri dalle voci di Anna Gattiglia e Maurizio Rossi

lontani, sui cantieri in alta quota, in lunghe giornate fra sole cocente, pioggia scrosciante e improvvisa, strani personaggi da romanzo e la magia del ricostruire la storia di luoghi dimenticati, guidata e accompagnata dalla professionalità di Anna e Maurizio. Ma non è tempo di errare in ricordi, indi si vada a cominciare.

Doppia intervista con Maurizio Rossi, archeologo, Direttore e Conservatore Museo Civico Alpino «Arnaldo Tazzetti» (Usseglio), Direzione scientifica Antropologia Alpina Centro per la Ricerca e la Documentazione in Scienze Umane (Torino) Anna Gattiglia, archeologa, Conservatore Museo Civico Alpino «Arnaldo Tazzetti» (Usseglio), Direzione scientifica Antropologia Alpina Centro per la Ricerca e la Documentazione in Scienze Umane, Cultore della materia in Archeologia Medioevale, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino

Coupe de Casse Rousse, 2070 mt. Scavo età bronzo. 1991.

Quando si parla di archeologia molti ancora si chiedono cosa sia o si perdono nell’immaginario cinematografico da XX secolo, perciò non posso esimermi dal chiedervi di darci la vostra definizione di archeologia

Grotta del Mian, 2843 mt. Rilievo parietale. 1983.

«I migliori dizionari dicono che è lo studio Una chiacchierata che mi riporta a tempi In-Pressionist Portraits

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delle antiche civiltà mediante lo scavo archeologico: può sembrare lapalissiano, ma, in realtà, vi sono troppi archeologi da tavolino, che scrivono i loro libri o articoli senza vivere in cantiere. Al tempo stesso la televisione e il cinema esagerano con gli aspetti avventurosi, tralasciando tutto il sottofondo storico e scientifico che un archeologo deve avere. In pratica, l'archeologo deve avere sia un fisico che gli consenta di lavorare in un cantiere, sia la delicatezza e la pazienza per frequentare laboratori, biblioteche e archivi storici. L'archeologia, comunque è una scienza, anche se non una scienza esatta, che si basa sulla sequenza osservazione - problema - ipotesi esperimento - teoria».

è così, però,va ricordato, come, in realtà, si scavano le tracce lasciate da vivi, che siano luoghi o esseri umani, che ora non lo sono più ma che sono parte del nostro dna attuale e futuro . Da anni si sta discutendo se lasciare in vita o meno gli ordini professionali esistenti, in questo contesto si inserisce il dibattito, con posizioni diametralmente opposte, sulla necessità o meno di creare un ordine professionale per gli archeologi, che li tuteli e valorizzi la loro professionalità attraverso il peso di un ente di questo tipo, qual è la vostra opinione in merito? «L'abolizione degli ordini professionali che qualcuno ha proposto rientra nella logica politico-economica che ci ha portati sull'orlo del fallimento: sono le estreme propaggini della deregulation imposta da uno che forse avrebbe fatto meglio a continuare a fare l'attore, così come il suo epigone nostrano avrebbe fatto meglio a continuare a cantare sulle navi da crociera. L'istituzione di un ordine degli archeologi, premesso che, data la nostra età, ormai non ci interessa quasi più, potrebbe solo giovare alla professionalità e all'assunzione di responsabilità, sia verso il patrimonio archeologico, sia verso il pubblico».

Concordo. Vi ringrazio per aver ricordato a tutti che l’archeologia è una scienza, non un hobby divertente, e segue un procedimento scientifico e analitico rigoroso. Una nostra conoscenza accademica in comune, “si dice il peccato e non il peccatore”, diceva a noi studenti che i saperi minimi dell’archeologo sono, in pratica, tutto lo scibile umano; senza cadere in tali esagerazioni, seppure una visione a 360° è necessaria, quali caratteristiche si deve, o si dovrebbe avere, per diventare archeologi?

Archeologia rupestre e mineraria, campi in Italia poco diffusi, scavi in altura, con tutte le complicazioni connesse e la necessità di una professionalità di alto livello, perché scegliere di diventare archeologi e perché proprio in questi settori di nicchia, cosa vi ha spinto e vi spinge ancora a continuare a lavorare con passione?

«Un po' l'abbiamo già detto rispondendo alla domanda precedente. Aggiungiamo che bisogna imparare a esaminare i problemi da tutti i punti di vista, facendo “l'avvocato del diavolo” contro sé stessi; bisogna imparare a mettersi dal punto di vista dei propri "pazienti" (le popolazioni del passato, anche recente), che non sono più in grado di esporre i propri sintomi».

«Quando mi ritrovo sdraiato nel fango o arrampicato su una roccia a strapiombo mi capita sovente di pensare alla scena finale di Quelli della “San Pablo”, con Steve McQueen ferito a morte nel cortile della missione cinese che dice "Ero a casa... che è successo?... che accidenti è successo?".

Spesso sento dire che l’archeologo scava “ambienti e uomini morti” - tanto per giustificare la scarsa importanza del suo ruolo nel contesto sociale moderno - , in parte

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Almeno lui è riuscito a salvare Candice Bergen, io al massimo salvo un petroglifo o un cuneo in acciaio di età medioevale. Parlando seriamente, io sono un brechtiano, perché Brecht, in Domande di un lettore operaio, scrive: "Cesare sconfisse i Galli. Non aveva con sé nemmeno un cuoco?", inoltre sono polibiano, perché Polibio sostiene la necessità di vedere le cose direttamente (autopsia), infine sono straboniano, perché Strabone afferma che il geografo non ha bisogno di occuparsi delle aree non abitate dall'uomo. In pratica, c'erano già troppi colleghi che si occupavano dei grandi monumenti e della grande storia, magari senza toccarli con le proprie mani, per cui ci siamo dedicati all'archeologia degli "ultimi" cercando di ascoltare voci a cui nessuno aveva prestato attenzione prima».

fascismo. Grossi problemi sono l'inadeguatezza dell'istruzione, l'assenza di una lingua nazionale veramente condivisa da tutti, l'ingerenza della chiesa nello stato e nella morale, senza contare quello che tutti sanno: corruzione, nepotismo, spese militari assurde, incapacità di dare all'estero un'immagine seria del nostro paese. Ricordo due cose che mi paiono emblematiche. In francese esistono due diversi vocaboli che noi traduciamo entrambi "cittadino" (citoyen e citadin) il secondo è chi vive in città, ma il primo è il cittadino inteso nella sua veste di detentore di diritti e doveri nei confronti dello stato e della nazione, bisognerebbe che vi fosse un termine apposito anche in italiano. L 'altra cosa stava in una serie di tabelle uscite su Newsweek nel 2003, da cui risultava che l’Italia investe in spese militari 1/16 rispetto agli USA, ma solo 1/59, sempre rispetto agli USA, per la produzione di film: in pratica, rispetto all’Italia, gli USA investono più nel cinema che nelle armi: e il cinema è un mezzo molto efficace, economico e pacifico per farsi conoscere e anche, se proprio lo vuoi, per fare propaganda a sé stessi».

L’ascolto delle voci a cui nessuno aveva prestato attenzione è, fra le infinite sfaccettature dell’archeologia, una di quelle che preferisco. Ho sempre pensato che grazie all’archeologo anche semplici uomini comuni o piccoli luoghi in apparenza senza storia alcuna possano conquistare il loro diritto all’immortalità, sogno atavico di ogni uomo sino dalla” notte dei tempi”.

L’Italia, che è uno scrigno di storia, arte e cultura, non è in grado di trovare la giusta chiave per rendere il suo patrimonio storico e culturale una fonte di orgoglio capace di produrre reddito e muovere l’economia; al contrario, anzi, cerca in tutti i modi di distruggerlo, abbandonarlo e svilirlo. Quali sono, dal vostro punto di vista privilegiato di professionisti del settore, i suggerimenti che chi di dovere dovrebbe ascoltare e cogliere per cambiare lo status di fatto attuale?

Voi siete professionisti di lunga esperienza, non solo in campo nazionale, conoscete il mondo dell’archeologia, con le sue luci e le sue ombre, qual è la vostra opinione sul contemporaneo dell’italico suolo? «Io penso che l'Italia sia un paese disgraziato, perché avrebbe tutte le possibilità per eccellere e per far vivere bene i propri cittadini, ma la classe dirigente non sa scegliere i campi in cui investire. È una situazione annosa, il disastro attuale, che non è solo economico e culturale, ma anche morale, risale probabilmente a prima dell'unità d'Italia. L'unità d'Italia, lo dico dato che siamo nel 150° anniversario, avrebbe potuto essere un'occasione formidabile, ma subito dopo averla conseguita è venuto il

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«Si potrebbero dire molte cose: adeguare le leggi, finanziarle, farle rispettare, migliorare l'istruzione non solo degli archeologi, ma anche del semplice cittadino, creando un giusto orgoglio nazionale di tipo storicoculturale, creare negli enti pubblici, negli

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imprenditori e nel pubblico la consapevolezza che il patrimonio archeologico può essere innanzitutto una fonte di lavoro e di reddito...

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«Siamo fuori dall'Università da troppo tempo per poter dare un giudizio. Anche ai nostri tempi, comunque, per fare fruttare gli anni dell'Università bisognava essere molto motivati, molto critici nei confronti degli insegnanti (che sovente non erano molto preparati, perché avevano a loro volta seguito corsi troppo teorici) e pronti a investire molto tempo in attività sul terreno che non contavano niente per gli esami (io ad esempio in 4 anni ho passato circa 10 mesi in cantiere di scavo). Bisognerebbe inoltre articolare meglio insegnamento, ricerca e tutela, sono tre aspetti che non possono essere separati, ma oggi sono troppo mal definiti e mal integrati. Ci sono sempre stati docenti che hanno incominciato a insegnare senza avere fatto ricerca; idem dicasi per i funzionari di soprintendenza, che devono talora occuparsi di tutelare cose che non conoscono perché non hanno avuto il tempo di impratichirsi. Forse ricerca, tutela e insegnamento dovrebbero essere tre diversi momenti della vita di un archeologo, con l'insegnamento riservato agli ultimi anni di carriera. La ricerca è comunque l'aspetto da cui dipende tutto il resto».

Ma il vero problema è a monte e sta nell'ignoranza, da parte dei professionisti dell'economia e della politica, di una delle leggi fondamentali dell'economia, che impone di investire sulle risorse del territorio disponibili all'interno della propria nazione. L'Italia è quasi priva di materie prime di ogni genere e ha vie di comunicazione difficili, mentre ha un patrimonio culturale unico al mondo: e dove hanno sempre investito tutti? sull'industria pesante, scimmiottando tedeschi, inglesi, francesi e americani, che invece le risorse strategiche, energetiche, etc le hanno in casa o nelle ex-colonie e sono anche messi molto meglio dal punto di vista delle comunicazioni, via terra, via fiume e via mare». Sarebbe importante, dal mio punto di vista, ragionare a livello economico, ossia sul concreto e misurabile, e non su quello finanziario, cioè su ipotesi future di qualcosa che non esiste e non è detto che esisterà. Ragionando sulle risorse, come giustamente avete detto voi, sarebbe molto più semplice costruire una solida base economica e produttiva in grado di generare reddito e benessere. Le riforma universitaria ha cambiato il sistema ma, a mio avviso, non è riuscita nel suo intento, ha ridotto la preparazione teorica non riuscendo a compensarla con quella pratica, per allinearsi allo standard europeo come avrebbe dovuto essere nella realtà. In più, come se tutto questo non fosse sufficiente, si riducono progressivamente spazio e fondi per la ricerca, linfa vitale per il domani. Voi collaborate con l’università, tenete corsi e siete stati, a suo tempo, studenti, cosa ne pensate del sistema universitario attuale e della situazione della ricerca in campo archeologico?

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Vallon du Longis, 2514 mt. Rilievo petroglifi età moderna. 2001.

Una delle criticità dell’archeologia è la lentezza, se non la totale assenza, nella pubblicazione di dati scientifici di scavo , spesso dati alle stampe in tempi biblici, con il risultato di essere già obsoleti prima di diventare libri. Oggi il self publishing e gli e

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book offrono la possibilità di pubblicare a costi irrisori, molto differenti dall’editoria tradizionale del passato, come ben sapete avendo avuto una piccola casa editrice scientifica, e in tempo reale, fatta salva la possibilità poi di pubblicare edizioni curate e analitiche a posteriori. Secondo voi questo è uno strumento utile per favorire la conoscenza e la diffusione del sapere e dei dati scientifici ad ampio raggio e quali sono, invece, le eventuali criticità?

forse quello si sarebbe dato più da fare per finire il lavoro». Questo sarebbe di certo un buon sistema per cambiare le cose (forse per questo poco gradito) e per valorizzare chi svolge il proprio mestiere con coscienza professionale, rendendo partecipe la comunità scientifica e il pubblico dei risultati del proprio lavoro e favorendo la conoscenza e il sapere.

«Sicuramente l'editoria digitale è una grossa risorsa per l'archeologia, perché diminuisce i costi tipici delle piccole tirature e permette di pubblicare anche i dati primari (tipo elenchi di materiali, tabelle descrittive, illustrazioni a colori), quindi credo che vada utilizzata il più possibile, proprio per ovviare al problema della lentezza. Naturalmente il rischio è la perdita di professionalità: non esistendo un albo o un ordine degli archeologi, in pratica chiunque può scrivere un libro di archeologia pieno di errori e poi propinarlo al lettore non professionista, che può non essere in grado di valutare correttamente un'opera. Comunque questo succedeva già prima, per cui il problema non è l'editoria digitale, ma la mancanza di un albo professionale. Un altro aspetto utile dell'editoria digitale è quello di poter pubblicare testi preliminari, che si possono aggiornare o correggere a mano a mano che le ricerche progrediscono. Non pubblicare del tutto una ricerca è invece un atto di inaudita gravità, che dovrebbe essere sanzionato. Nei 16 anni in cui abbiamo lavorato in Francia abbiamo capito che là, se entro il 15 dicembre non consegni il tuo rapporto delle operazioni fatte nel corso dell'anno, puoi scordarti di scavare l'anno dopo, anche se sei un professore della Sorbona: bisognerebbe applicare la stessa regola anche in Italia. Proprio in questi giorni stiamo cercando di "riesumare" uno scavo italiano degli anni '80, i cui risultati non sono mai stati pubblicati a livello scientifico e solo in parte, con gravi errori, a livello divulgativo: se il Ministero avesse sospeso lo stipendio del docente universitario che dirigeva lo scavo,

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Il web mette a disposizione strumenti e offre molteplici possibilità di incontro abbattendo barriere e facilitando l’interscambio e la comunicazione, quanto può essere utile per lo sviluppo di progetti e per la promozione delle proprie ricerche ed iniziative? «Il web, nel nostro caso, ci velocizza il lavoro di ricerca bibliografica, documentaria etc, anche se bisogna stare attenti alla qualità dei dati offerti, ancora più che leggendo un libro. Per lo sviluppo pratico trovo che restano però fondamentali i contatti diretti, perché le ricerche che riescono bene sono quelle in cui ci sono affiatamento, sintonia, simpatia nel lavoro “gomito a gomito”. Per la promozione l'utilità è indubbia, non solo per l'ampiezza e la velocità dei contatti, ma anche per il costo quasi ridotto a zero». Sebbene chiacchierare con voi sia sempre un piacere siamo giunti all’ultima domanda. Voi siete nel comitato scientifico, e Maurizio anche alla direzione, del Museo Civico Alpino «Arnaldo Tazzetti» di Usseglio, uno dei tanti musei sparsi sul territorio italiano che si occupano di tramandare il passato, promuovere la ricerca e l’educazione alla cultura del passato e, quindi, del futuro, grazie al lavoro di professionisti che si impegnano, fra mille difficoltà, a mantenere in vita queste strutture attraverso la connessione con l’ambiente che li ospita e i visitatori che ad esso si accostano. Perché i “piccoli” musei sono importanti e per quale ragione devono essere sostenuti e protetti?

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«L'aspetto fondamentale è il presidio del territorio, in zone dove le istituzioni centrali non possono arrivare o comunque non direttamente. Due esempi pratici. Uno: il visitatore (che sovente da noi è un turista) arriva in Museo prima di recarsi sul territorio o dopo di averlo fatto: nel primo caso riceve informazioni e suggestioni che gli permettono di frequentare il patrimonio storicoambientale apprezzandolo meglio e senza danneggiarlo, nel secondo caso è già latore di problemi che gli sono sorti dalle osservazioni che ha fatto per proprio conto e in museo trova risposta a queste sue domande. Due: il museo locale permette di recuperare oggetti che gli abitanti locali hanno raccolto nel corso della loro vita o siti che hanno riconosciuto e che senza di loro e senza il museo più nessuno avrebbe recuperato. Per la riuscita del museo di Usseglio è stato fondamentale l'appoggio di ampie parti della popolazione locale. Questo

Sul fare della sera, in connessione fra casa e museo, spegniamo le luci, fra il sorriso sornione e l’ironia pungente di Maurizio e l’inconfondibile risata e la bellezza di Anna, sulle loro voci che ci hanno raccontato con chiarezza chi sono gli archeologi e quanto sia vasta e complessa la loro preparazione e la loro professionalità. Speriamo che un giorno il nostro paese, che con la cultura e l’arte potrebbe generare un circuito economico virtuoso inesauribile, si accorga di quanto sia importante conoscere e capire il proprio passato per imparare a disegnare il proprio presente e il proprio futuro in modo razionale, produttivo e, soprattutto,consapevole.

Usseglio, 2720. Rinvenimento strutture minerarie medievali. 2011 .

vale anche nel campo della lingua e della toponomastica. Il sostegno economico di cui hanno bisogno i musei del territorio è comunque ridotto rispetto a quello destinato ai grandi musei. È chiaro che non puoi rinunciare a sostenere il Museo Egizio, ma, dati economici alla mano, sono sicuro che alla comunità costa meno il visitatore del Museo di Usseglio e forse rende anche di più, perché il museo del territorio cattura un pubblico che non sempre frequenta le grandi mostre». In-Pressionist Portraits

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Il volto del nuovo spot Martini “Look is an attitude” Yurj Buzzi.

dal chiederti qual è stata la molla che ti ha portato a scegliere la recitazione come professione per il tuo futuro?

Una chiacchierata davanti ad un drink virtuale in compagnia di Yurj Buzzi

«Io studiavo Giurisprudenza a Bari dove vivevo circa 9 anni fa, in quel periodo una serie di accadimenti negativi, tra i quali la morte dei miei nonni, hanno scombussolato un po’ la mia vita. Ho trovato nel teatro prima e poi nello studio di teatro e cinema un nuovo modo di respirare e di comunicare con le persone, un forte desiderio di cominciare nuovamente un percorso mettendomi in gioco con qualcosa che non conoscevo ma che mi faceva stare bene. Da qui i primi spettacoli a Teatro in Puglia e il desiderio di cominciare a fare sul serio trasferendomi a Roma, là dove le cose succedono. Quindi la molla è stata decisamente "il desiderio di cominciare un nuovo percorso" dimenticando o comunque allontanandomi da quel periodo della mia vita, cercando un nuovo modo di comunicare con gli altri, di esprimermi e di respirare».

Attore e scrittore

"Un nuovo modo di respirare" è un’espressione intensa che rivela la passione vitale per il proprio mestiere. Sei molto giovane ma hai un ricco bagaglio di esperienze, conosci il mondo dello spettacolo e le sue dinamiche, in questo periodo di crisi e di tagli alla cultura come vedi il futuro della "professione attore"?

Due chiacchiere con Yurj Buzzi, brillante, bello, giovane ma con alle spalle un percorso denso di esperienze professionali nel campo della recitazione. Da un ipotetico futuro nelle aule dei tribunali si è ritrovato, un po’ per “Caso”, a calcare le scene del rutilante mondo del cinema e dello spettacolo diventando attore professionista.

«Le dinamiche purtroppo sono state sempre sbagliate nel mondo dello spettacolo, tanto più ora se ne avverte il peso. I tagli alla cultura sono solo un piccolo granello, ci sono tante situazioni dietro che non sono mai state sviscerate e a tutti è sempre andata bene così, o alla maggior parte. Tra le prime cose un contratto di lavoro che tuteli il mestiere dell'attore: sarebbe un buon punto di partenza, altrimenti non c'è un futuro e non la si può chiamare professione!!!

Pubblicità, televisione, cinema, teatro e scrittura, un artista a tutto tondo che si muove in libertà nel vasto mondo dell’arte. Per rompere il ghiaccio non posso esimermi

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L'attore è un lavoratore che butta fuori tanta energia e fatica, va rispettato prima come essere umano e poi come facente parte di una categoria di "lavoratori". Finché non si rispetterà l'uomo in quanto lavoratore dello spettacolo il futuro sarà il periodo nel quale si riesce a "lavorare", periodi brevi sempre più sottopagati, lavorati male e da tutti, anche da chi questo mestiere lo fa per dire agli altri “sai sono un attore...”».

proprie opportunità e per raggiungere più facilmente il proprio pubblico?

Il mondo della recitazione oggi è, passami il termine, un po’ "generalista", tutti si buttano nella recitazione spesso senza una vera preparazione, forse è per questo che non è semplice trovare dei miti a cui ispirarsi, tu che ne pensi? Quali sono i fari nella notte a cui ti sei ispirato o ti ispiri?

10% appartiene al fato

«Ingredienti per una persona: 30% psiche 30% respiro 30% talento (innato o maturato)

da questa base si possono sfornare diverse categorie di attori e di esperienze vissute in modo diverso. Sicuramente una buona scuola accresce il talento quindi fa diminuire le percentuali della psiche e viceversa; iniziare senza scuola con un film da protagonista direttamente al cinema fa aumentare la psiche e quindi la voglia di credere in sé stessi, ma fa diminuire il respiro e il fato perché hai già avuto fortuna subito. Il tutto condito da questo potente mezzo che è internet e che permette di condividere con tutti quello che tu stai facendo, sebbene sia un'arma a doppio taglio. Mentre prima si doveva stare in giro per mesi in tournée per far risuonare il tuo nome, con spettacoli molto impegnativi e con ore di prove e fatica, ora ti metti una gonna e degli occhiali vai su you tube suoni il flauto traverso con il naso e hai vinto: ti cliccano in migliaia e poi ti chiamano a fare un film. Se usato invece come la vostra Community è sicuramente un modo per confrontarsi, esprimersi ed arrivare direttamente a molte persone che questo mestiere lo rispettano quanto sé stessi».

«Io penso che in un mestiere è giusto che ci siano tante persone che "si buttano "e ci provano, come dici tu, ma è altresì vero che è assurdo che riescano ad emergere molte figure non competenti ma ben "sponsorizzate". È sempre stato e sarà così, ma mentre un tempo questi signori erano il contorno ora sono il piatto principale ed è per questo che a noi giovani "leve" manca l'appetito!!! Quindi per quanto mi riguarda degusto momenti del passato, da Troisi a Matroianni arrivando a Buster Keaton, non c'e' un modello ma un deliziarsi realmente di immagini e movenze ed energie di personaggi che stupiscono sempre di più nel vederli e rivederli». Secondo la tua personale opinione quali sono gli ingredienti necessari per diventare un attore professionista nel mondo di oggi? Perché come hai detto tu è una professione vera e gli attori sono lavoratori che meritano rispetto. Si parla molto di scuole di recitazione, agenzie e della forza del Web, ancora non sfruttata appieno dagli aspiranti e dai professionisti del mondo dello spettacolo, credi siano utili e, soprattutto, pensi che il Web sia una carta in più per aumentare le

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Ti ringrazio per ciò che hai detto su Wi-Mee Moving Spirits, cogliendone l’essenza, preciso subito che non sei stato pagato né affascinato dalla mia bellezza che è quantomeno inesistente. Realtà virtuali dannatamente reali a parte parlando di umana beltade, oggi, dove tutti sono in

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vetrina, spesso clonati come brutte imitazioni di Barbie di sottomarca, in una scala di valori quanto ritieni sia importante la bellezza per farsi strada, almeno all’inizio, nel tuo mondo?

chiara per tutti coloro che scrivono. «È una cosa che ogni attore dovrebbe fare, ma non sempre riesce e va a buon fine come esperimento e quindi qualche maschera la si tiene sempre...invece in questo lavoro ho dovuto togliere tutto, quasi risultando stupido, incerto, senza barriere, insicuro anche nell'andare in scena, piccolo.

«Sicuramente "la bellezza ha il valore dell'immediato", ovvero in quanto bello è degno di ammirazione, di essere preso in considerazione, di essere mostrato, ma come tutte le cose immediate la bellezza ha una scadenza e quindi un periodo. Pertanto il valore è alto ma immediato e consumabile in poco tempo».

Ecco piccolo, SONO STATO PICCOLO». O forse grande, proprio per questo. Scrivere è mettersi a nudo, recitare la propria opera ancora di più, ci vuole coraggio.

Oltre che attore vorrei ricordare che sei anche autore di un libro, La mia vita su di un cactus, edito da Laterza, poesie e un monologo teatrale. Ho letto in una tua intervista che lo porterai sul palcoscenico, quanto è importante per te scrivere e cosa significa riuscire a trasportare la scrittura dalla carta stampata alla scena?

Sei una persona affascinante ed interessante, un piccolo viaggio alla scoperta di un professionista che ama il suo lavoro, approfitterei ancora a lungo della tua piacevole compagnia ma siamo giunti all’ultima domanda, per tua fortuna. Quali sono i tuoi progetti professionali al momento e per il prossimo futuro, sia come attore che come scrittore?

«Adoro scrivere, ho usato la scrittura nel senso più "becero" del termine, per superare diversi momenti, l'ho trovata terapeutica e ne ho gustato i benefici. Ho messo in scena il monologo teatrale tratto dal libro Da qui non scendo in una rassegna teatrale short Theatre a Nola, per la Napoli Cultural Classic, e non credevo fosse possibile che le mie parole e le mie "immagini mentali" potessero essere così vicine alla realtà, tanto da vederle riflesse negli occhi degli spettatori che applaudono».

«Al momento ho appena terminato di girare due spot tv che mi permetteranno di mettere da parte "soldini" per poi investire in lavori teatrali o in film autoprodotti. Uno spot, per la regia di Alessandro D'Alatri uomo, regista e amico che stimo da anni, è per una nota marca di birra, la parodia dei Blues Brothers in onda già da qualche giorno sulle tv nazionali, e l'altro uno spot internazionale per Austria, Svizzera e Germania per una nota azienda di dolciumi con Elisabetta Canalis, per la regia di Francesco Nencini. A breve andrà in onda anche Un pugno e un bacio sulla Rai, con Luca Argentero e Martina Stella, regia di Angelo Longoni. Nella prima puntata io sarò Mr. Goldstein, il manager rampante di Martina Stella, alias Fulvia Franco. Torno al teatro ad ottobre con una commedia già messa in scena con successo l'anno scorso Travolti da un'insolita famiglia con Giorgio Lopez.

Personalmente credo che per uno scrittore sia qualcosa di meraviglioso "essere letto" dal pubblico attraverso le proprie parole e i propri gesti recitati. Un'emozione che raramente uno scrittore prova, cosa ha significato per te? «Ha significato spogliarmi da orpelli di attore e apparire nella fragilità dello scrittore che narra di sé stesso». Una bellissima immagine, molto evocativa e

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In questi giorni sto ampliando il mio monologo per presentarlo in anteprima a RomaÂť. Mentre immaginiamo di finire il nostro drink virtuale prima di congedarci non mi resta che augurarti un grande in bocca al lupo.

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Paleografia, diplomatica e ricerca con Marco Pozza.

Un viaggio virtuale con Marco Pozza alla scoperta dei mirabolanti misteri nascosti nella Storia.

«Qualcuno sostiene che la civiltà di una nazione si misuri in base all'attenzione rivolta alla cultura. Io sono d'accordo. Pertanto, sono molto preoccupato per la situazione attuale e le prospettive future della nostra struttura universitaria. Vorrei essere ottimista, come da mia natura, ma credo che ci sia poco da stare allegri in questo momento. Spero ovviamente di sbagliarmi. C'è un urgente bisogno di ricambio del corpo docente, ma la tendenza in atto è quella di ridurre il personale, di ricreare un ampio precariato, di non premiare sempre il merito. Un altro problema è che si tende a valutare ogni cosa in termini quantitativi: più studenti, più esami, più tesi, non tenendo conto che la quantità non procede necessariamente di pari passo con la qualità. C'è poi la grossa questione della mancanza di adeguati sbocchi lavorativi per i neolaureati etc.».

Professore Universitario.

Concordo pienamente con il quadro che ha delineato, il merito è poi un nodo difficile da sciogliere per l'Italia Marco Pozza è professore associato all’Università Cà Foscari di Venezia, con insegnamento in Diplomatica e Paleografia Documentaria, e ricercatore in campo storico archivistico internazionale. Un settore affascinante, fatto di storie nascoste che ritornano alla luce grazie al lavoro paziente di ricerca in carte antiche dal profumo inconfondibile e dalle scritture veloci, dal colore nocciola e nero, che sembrano misteriose creazioni artistiche.

La ricerca in Italia ha scarsa considerazione anche nelle aree scientifiche, figuriamoci nel vasto campo delle discipline umanistiche e storico artistiche; sebbene la conoscenza della storia sia una delle chiavi essenziali per interpretare il proprio presente e disegnare il futuro in maniera corretta. Lei è un ricercatore, cosa l’ha spinta ad intraprendere la carriera universitaria e quali sono le difficoltà che incontra nel fare, oggi, ricerca in Italia? «Quando ero uno studente, non avrei mai pensato di abbracciare la carriera universitaria, non essendo un figlio d'arte. Ma l'attività di studio e di ricerca mi ha appassionato al punto da farmi compiere questa scelta. Ho lavorato moltissimo per riuscire a emergere. Sono stato naturalmente

Le università italiane stanno attraversando momenti difficili, contestazioni, tagli, scarsa attenzione da parte degli organi competenti in materia di ricerca e sviluppo. Qual è il suo punto di vista in merito alla situazione contingente e futura degli atenei italiani? In-Pressionist Portraits

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parrebbe inoltre indispensabile favorire l'attività sul campo da parte degli studenti, mediante visite guidate e attività seminariali presso istituti di conservazione, come faccio ogni volta possibile».

sostenuto da chi ha creduto nelle mie potenzialità, ma ho dovuto fare una lunga gavetta. Ora, che sono arrivato quasi all'apice della mia carriera, non rimpiango quanto ho dato, la passione per la ricerca è rimasta immutata, la voglia di scrivere lo stesso. Forse non c'è più il sacro fuoco, ma il desiderio di continuare al meglio possibile questo lavoro è rimasto intatto. Devo inoltre riconoscere che con le moderne tecnologie mi è più facile svolgere l'attività di ricerca oggi rispetto al passato».

Concordo, bisognerebbe valorizzare la storia attraverso la pratica attiva, sarebbe il miglior modo per renderla viva e vitale. In Italia uno dei punti deboli del mondo accademico è la scarsa propensione alla pubblicazione sistematica dei processi di studio e ricerca; non è raro attendere anni per vedere stampati in costose edizioni i risultati, molte volte parziali e già superati. I tempi lunghi non danno la possibilità di seguire il costante aggiornamento degli studi, che andrebbe a vantaggio di tutti gli studiosi e degli addetti ai lavori del settore. Oggi grazie alla possibilità di auto pubblicare velocemente sul Web, con tanto di codice isbn e detenzione dei diritti da parte dell’autore, potrebbe essere più facile aggiornare, quasi in tempo reale, i parziali risultati degli studi e delle ricerche; ferma restando la possibilità di raccogliere, poi, i risultati in via definitiva in volumi di maggiore pregio. Personalmente Lei crede sia davvero una strada percorribile e che vada veramente a vantaggio della conoscenza?

La storia, affascinante narrazione mai banale, viene sempre più considerata come una materia di serie B, da accantonare a vantaggio di altre e da affrontare in maniera decisamente superficiale e rapida, basta dare un’occhiata ai programmi ministeriali per le diverse classi scolastiche italiane. Per me, archeologa, è un delitto perpetrato dall’ignoranza in materia, Lei come definirebbe la storia e quali suggerimenti darebbe per ridare slancio allo studio del nostro passato? «Secondo un vecchio detto la storia è "magistra vitae". Potrebbe sembrare una definizione banale ma realistica, pensandoci bene e considerati gli errori nei quali non di rado incorrono ai giorni nostri personaggi dotati di funzioni pubbliche, evidentemente poco esperti di vicende storiche. La storia dovrebbe essere sicuramente più valorizzata a livello di istruzione scolastica. Per una sua migliore conoscenza, oltre a un maggiore spazio nei programmi ministeriali, bisognerebbe, a mio avviso, incoraggiare le ricerche individuali degli studenti su temi specifici, come da miei lontani ricordi liceali, mentre in ambito accademico sarebbe opportuno resuscitare la vecchia attività seminariale di ricerca, spesso più utile rispetto ai corsi ufficiali, che le riforme dell'ultimo decennio hanno fatto praticamente scomparire. Per discipline particolari, comprese le materie di cui mi occupo in prevalenza: paleografia e diplomatica, mi

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«Come molti colleghi, pure io conservo nel cassetto i risultati di varie ricerche che poi pubblico a distanza di anni oppure non pubblico affatto, per le ragioni più varie. Da qualche anno però, anche per le discipline che mi interessano, si sta affermando l'edizione online, che indubbiamente presenta vantaggi non da poco rispetto a quella tradizionale cartacea: in particolare costi ridotti, tempi rapidi di collocazione, facilità di diffusione, possibilità di procedere a interventi di modifica, correzione, integrazione etc. Risolti i problemi legali relativi ai diritti d'autore che frenavano in passato queste iniziative, credo che questa sia la strada da seguire. Io stesso

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ho alcuni lavori pubblicati online e ho incoraggiato qualche allievo a seguire questa strada».

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lunghissimi iter burocratici che rendono difficile poterle studiare attraverso un’analisi autoptica diretta, non crede si dovrebbe dare maggiore accesso alle fonti anche ai giovani studenti e studiosi? Pensa che il recente processo di digitalizzazione di fonti originali possa essere una buona base di partenza per facilitarne la consultazione e per scremare gli accessi a documenti di grande valore storico in modo razionale, valorizzando la ricerca?

Le università italiane non sono ancora in grado di utilizzare il Web in modo costruttivo e soprattutto diretto. Sarebbe un buon modo per abbattere determinati costi di gestione e per favorire la comunicazione, non sempre trasparente e chiara, fra studenti, docenti e uffici. Perché c’è ancora scarsa attenzione al Web e poca dimestichezza nell’utilizzare strumenti gratuiti, ma efficaci e liberamente disponibili su internet, per migliorare in modo semplice un servizio e favorire la libera circolazione della cultura?

«Io studio il passato ma vivo il presente e guardo al futuro. Sono pertanto più che favorevole alla digitalizzazione di fonti manoscritte ed edizioni delle stesse. Per fortuna, possiamo disporre già ora sia delle une che delle altre, sia pure in maniera non sistematica e molto differenziata a seconda delle diverse aree del nostro paese. Penso, ad esempio, all'edizione online delle più antiche pergamene medievali della Lombardia o alla digitalizzazione di molti manoscritti da parte dell'Archivio di Stato di Venezia. Un magnifico lavoro in questo senso sta facendo anche l'Archivio Segreto Vaticano. Tutte queste edizioni sono naturalmente facilmente consultabili da parte di studiosi e studenti interessati».

«La questione non si pone per la mia Università, che è fra le prime in Italia ad aver abbandonato quasi completamente la documentazione cartacea per passare al Web per tutte le attività sue proprie. Devo riconoscere che questo sistema funziona, anche se richiede da parte dei docenti l'apprendimento di conoscenze informatiche che magari non tutti possiedono, soprattutto i più anziani, o non desiderano possedere, in quanto esulano dalla loro attività istituzionale. L'Università fornisce i mezzi, poi dipende dai singoli saperli usarli. Credo che sia proprio questa la ragione principale per cui qualcuno non utilizza al meglio il Web, né per le attività d'ufficio né per quelle di ricerca. Io sono invece largamente favorevole a questo strumento che in fin dei conti ha il pregio di semplificarti la vita nel senso più esteso dell'espressione». Si sta delineando il quadro di un ricercatore in discipline che guardano all'antico decisamente moderno, in grado di utilizzare in modo ottimale tutti gli strumenti digitali che oggi abbiamo a disposizione. Molto diverso da uno stereotipo che l’immaginario collettivo ancora ha.

Oggi “fare sinergia” è un mantra costante, ogni giorno lo si sente ripetere in tutti i settori. In teoria tutti si dicono disponibili a fare rete, a lavorare in team con obiettivi e linee di integrazione ottimale delle risorse professionali in campo. In realtà non è così semplice, né automatico, si trovano tante belle idee, proposte ma poi, al momento di scendere in campo per costruire, molte rimangono dichiarazioni d’intenti, mancano il coordinamento e l’interscambio diretto e tutto questo va a discapito del risultato. Ritiene che sia davvero possibile trovare il modo di mettere in campo progetti di studio articolati e sinergici per ottenere i migliori risultati possibili?

L’accessibilità alle fonti, non solo documentarie, è sovente limitata e segue

«Personalmente non ho alcuna difficoltà a collaborare con studiosi appartenenti ad aree

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disciplinari diverse dalla mia. L'ho già fatto in passato e conto di rifarlo, se se ne presentasse la possibilità, su progetti mirati. La funzionalità di coordinamenti e interscambi è però legata alle singole persone e alla loro capacità o meno di uscire dalla "casta" alla quale appartengono e di misurarsi sul concreto, abbandonando preconcetti e l'idea di poter fare tutto da soli, secondo criteri e modalità obsolete. Nei lavori di questo genere, bisogna darsi con la massima apertura mentale e affidarsi al buon senso quando ci si trova di fronte a disparità di visione».

Ci racconti cosa significa navigare attraverso documenti sconosciuti alla ricerca di tasselli per ricostruire, attraverso micro storie, nuovi punti di vista per la macro storia, per nuove riletture di processi economici, sociali e culturali di un passato che è vivo e vitale. «La navigazione tra documenti inediti alla ricerca di un filo conduttore dei loro contenuti per me equivale a una ricerca di stampo poliziesco, da detective del passato. Il massimo della soddisfazione si raggiunge, almeno dal mio punto di vista, quando si riesce a ricostruire una vicenda storica, non importa se grande o piccola, individuando il materiale utile sparso in fondi archivistici e anche in istituti di conservazione diversi. Quando si riesce in questo intento, ma non sempre la cosa va a buon fine, ci si sente al settimo cielo. In questo senso, mi ha dato la massima soddisfazione un lavoro minore rispetto alle mie monografie, che mi ha permesso di ricostruire una vicenda umana: un uxoricidio spacciato per caso di stregoneria accaduto nell'Istria del XIII secolo. Ancora adesso, a distanza di vent'anni dalla pubblicazione, gli studenti mi chiedono di trattarlo come ciliegina di fine corso».

I modelli vincenti oggi sono ben lontani dalla “cultura umanistica”, Lei che ha il polso della situazione sull’appeal che materie come le Sue hanno sugli studenti, ritiene che, oggi, i giovani siano ancora attratti dal mondo della cultura storico letteraria e quali sbocchi professionali reali possono avere per il futuro coloro che decidono di intraprendere questo tipo di percorso? «Io ritengo che il successo di una disciplina presso gli studenti dipenda da una serie di fattori, fra i quali le capacità didattiche dei docenti e la loro abilità nell'affascinare i discenti. Malgrado le discipline che insegno siano decisamente elitarie, i miei corsi, soprattutto quelli magistrali, sono ben frequentati. Spero che almeno in parte sia merito mio! Noto che questa considerazione vale anche per altre discipline umanistiche, per cui non dubito che i giovani siano ancora attratti dalla cultura storico-letteraria, malgrado il fatto che gli sbocchi occupazionali siano molto ridotti. Ragionando in termini pratici, sono convinto che una cultura esclusivamente umanistica ai giorni nostri non sia sufficiente. Consiglio sempre a studenti e laureati di non chiudere la porta a eventuali altri sbocchi, inserendo, se possibile nei loro piani di studio, anche insegnamenti scientifici e soprattutto linguistici. Credo inoltre utile che frequentino master o corsi di perfezionamento postuniversitari. Poi, ognuno sarà artefice del proprio destino».

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Chiudiamo con un’ultima domanda come nascono i suoi progetti di studio e di ricerca, da cosa trae spunto per intraprendere uno studio archivistico e se Le va ci racconti quali sono ora i suoi percorsi di ricerca attivi? «I miei progetti di ricerca partono in modi diversi: dalla disponibilità di un documento particolarmente interessante dal quale tento di ricostruire il contesto e gli agganci, dall'individuazione di un personaggio che ricorre in documenti diversi di cui cerco di percorrere la vita e le vicende oppure dalla scelta di una tipologia documentaria scarsamente studiata o non studiata per nulla. Seguendo queste linee, attualmente sto studiando la figura di un cancelliere del Comune di Venezia vissuto all'inizio del XIII secolo che usava come proprio simbolo il IP Ps


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leone di san Marco e curando l'edizione critica dei documenti vescovili veneziani dal IX al XII secolo sui quali non esistono studi né edizioni complete. Poi ho molti altri progetti variamente sviluppati».

Terra all’orizzonte, ci stiamo avvinando al porto per attraccare la nostra nave, in viaggio per un breve tragitto sulla rotta sicura della navigazione internauta di cabotaggio. Una storia fatta di commistioni fra passato e presente, dove l’antico si mescola con i più moderni mezzi digitali, uno sguardo bidirezionale che parte da ieri per arrivare al domani, attraverso la passione per la propria professione e la condivisione del proprio sapere con gli altri.

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Cinema, regia, idee, produzione indipendente con Luca Vullo.

Raccontami una storia: dalla voce narrante del regista Luca Vullo

avvolgente di una sala cinematografica? So, please, tell us a story.

Regista e direttore artistico del Lampedusa InFestival

Tu sei un giovane regista che, “alla faccia” di chi dice che i giovani hanno rinunciato al fare, ha già fondato una sua casa di produzione, oltretutto in una regione del Sud. Qual è stato il tuo percorso e quali molle ti hanno spinto a costruire un progetto imprenditoriale culturale nella tua Sicilia? «Fino all'età di 20 anni non avevo le idee chiare, poi ho scoperto il Dams cinema a Bologna e mi sono lanciato in questa avventura facendo corti sperimentali con amici, studiando cinema, frequentando corsi e laboratori formativi e collaborando a diversi set con qualunque ruolo (comparsa, runner, microfonista); il tutto facendo enormi sacrifici (3-4 lavori in contemporanea) per sopravvivere da “immigrato meridionale” a Bologna. Poi “l'illuminazione”, ho fatto il mio primo lavoro in autonomia dal titolo Cumu veni si cunta che si è rivelato un successo di pubblico. Subito dopo il Comune della mia città, nella figura di un assessore all’Identità e Futuro, mi ha commissionato due progetti documentari e da li è nata l'esigenza di avere una figura professionale. Ho deciso di aprire la Ondemotive, la mia casa di produzione, proprio a Caltanissetta la mia città natale, per non scappare come tanti dai luoghi difficili. Credo che la palestra fatta con una scelta di questo tipo non possa che essere formativa». Concordo, è una scelta difficile e coraggiosa ma che da grandi soddisfazioni.

Dalla home del suo sito Web un personaggio da fumetto ti guarda negli occhi raccontandoti la sua voglia di osservare, scoprire, esplorare e ascoltare il mondo, quel mondo che racconta attraverso il suo lavoro. Un promettente giovane regista italiano, Luca Vullo, dice di sé “i need to tell a story”, come resistere alla tentazione di farci raccontare la sua storia, immaginandoci nel buio In-Pressionist Portraits

«Se riesco ad uscire dalla mia bella e difficile terra sono pronto a qualunque sfida». Tu hai fatto un percorso di contaminazione e di collaborazione in crescendo con Lampedusa InFestival, da partecipante alla

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prima edizione, premiato per il tuo documentario Dallo Zolfo al Carbone, sei diventato in questa edizione 2011 il direttore artistico. Cosa ha significato e cosa significa per te Lampedusa InFestival?

Purtroppo l'Italia non da spazio ai giovani, al loro talento e alle loro idee. Tu, seppur giovane, ha già una lunga esperienza ricca di riconoscimenti, quali consigli ti sentiresti di dare ai filmaker del futuro? Soprattutto in quest'ottica di stasi e di arcaismo nelle logiche del mercato cinematografico.

«LampedusaInFestival è per me una bellissima esperienza umana, di crescita culturale e di impegno sociale. I ragazzi dell'associazione Askavusa, l'isola di Lampedusa, i lampedusani, tutte le persone che arrivano via mare hanno bisogno del nostro sostegno e del nostro supporto creativo e umano. Tutti loro hanno dato una lezione al mondo intero sul significato di ospitalità e di accoglienza. Quest'anno una squadra di giovani professionisti sta facendo sinergia per realizzare un'edizione del Festival importantissima».

«Fate, fate, fate con quello che avete. Poi provate le vostre carte in altri paesi dove la meritocrazia non è un sogno ma una realtà. Non perdete troppo tempo sulla teoria e sui libri: il cinema s'impara facendolo. L’esperienza, in questo mestiere, è fondamentale». Il vostro Festival offre ai giovani registi l’opportunità di poter mostrare il proprio talento, attraverso tematiche di rilevanza sociale importanti, ritieni che i festival siano effettivamente un buon trampolino di lancio e, soprattutto, siano uno spazio creativo libero ed interattivo di primaria importanza?

La situazione economica attuale non aiuta il mondo della cultura né quello del sociale, scarsi fondi, pochi aiuti a livello legislativo, meno opportunità, tu quale futuro vedi per la tua professione? Pensi che i produttori indipendenti e i piccoli produttori possano avere chanches e nicchie di mercato per continuare a vivere, dando ad ogni tipo di pubblico il giusto film oltre le logiche distributive delle grandi major?

«Assolutamente si. Paradossalmente i festival più piccoli sono ancora meglio sotto questo punto di vista: dimensione umana, dialogo reale tra le parti, sincerità e passione. Per me i festival sono stati e sono fondamentali». Personalmente ritengo che oggi collaborare, creare una rete di connessioni, virtuali e reali, attraverso il territorio e oltre frontiera sia una necessità per crescere e per trovare nuovi percorsi. Il vostro Festival fa parte della Rete del Caffè Sospeso, utilizzate internet e i suoi strumenti per lavorare e per farvi conoscere, qual è il tuo personale pensiero in merito e quali risultati avete ottenuto attraverso l’interscambio, on&offline?

«Riguardo al futuro io sto già pensando all'estero, in Italia la situazione è sempre più complicata. Senza aprire collaborazioni con l'Europa e con l'America non vedo un futuro florido per la mia società e il mio mestiere di regista». Non pensi che la situazione possa cambiare, attraverso una nuova consapevolezza da parte degli addetti ai lavori? «La consapevolezza penso sia fondamentale, ma non credo che basti. Mi auguro possa cambiare ma in Italia il sistema mi sembra abbastanza marcio. Bisognerebbe formattare e ricominciare con altre teste. In più non c’è nessun aiuto fiscale e finanziario».

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«Ottimi e migliorabili. Stare al passo con i tempi utilizzando tutti i mezzi moderni che ci aiutano a fare sinergia ben venga e li ritengo fondamentali. Il Web è la chiave e possiamo usarla ancora meglio: ci stiamo lavorando».

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Questo vuol dire che siete orientati al futuro per uscire da un circolo ristretto ed allargare gli orizzonti, una cosa che in Italia, personalmente, credo sia ancora rara, sfruttata più a parole che nei fatti, tu che ne pensi?

«Tutto questo sempre con le valigie pronte. Io sono fatto così. Non conosco la noia. Mi sento vivo e bene con me stesso solo quando faccio tutto quello che mi piace, che mi appassiona e spesso sono tante cose poliedriche e diverse insieme».

«Noi pensiamo globalmente e non localmente. Tramite il piccolo si racconta il grande».

La passionalità è un elemento che traspare chiaramente dalle tue parole, da cosa e come dici le cose e da come ti esprimi nel tuo lavoro.

Il tuo documentario pluripremiato, Dallo Zolfo al Carbone, racconta le storie dei minatori italiani in Belgio, tanti connazionali partiti con la speranza di giorni migliori che dovettero affrontare fatica, emarginazione e miseria. Un periodo, da molti dimenticato, in cui “gli altri” eravamo noi. Corsi e ricorsi storici: non credi che ci siano molte somiglianze con le storie dei “migranti” di oggi?

«Sono felice che si noti, sono cresciuto nella giungla e sono pronto al confronto. Non è facile questo mestiere quando non sei figlio di papà o d'arte, spesso lavori gratis e per passione. Ma tutti dobbiamo sopravvivere e finalmente credo che stia arrivando la svolta per me e per la mia famiglia. Abbiamo sofferto troppo in questi anni e adesso è il momento di raccogliere i frutti».

«Ovviamente si e l'idea di partenza era proprio questa , parlare del passato ragionando sul presente».

Ti auguro di raggiungere i tuoi sogni, perché l’Italia ha bisogno di crede in ciò che fa e che lavora attivamente per ottenere quello in cui crede.

Per concludere quali sono i tuoi progetti ed obiettivi futuri, sia per la tua carriera personale che per il Lampedusa InFestival?

«Su quello ci puoi contare, sarò così fino alla morte».

«Ho appena finito di girare il mio nuovo documentario La voce del corpo sulla gestualità del popolo siciliano. Sto finendo un progetto con il carcere minorile di Caltanissetta e sto lavorando al mio primo lungometraggio. Ora sto lavorando al LampedusaInFestival 2011 che sarà un evento unico e indimenticabile che aprirà il percorso ad uno dei Festival più interessanti e stimolanti del Mediterraneo». Hai molti progetti in cantiere, sei sempre in movimento. Stanno ormai scorrendo i titoli di coda su questo intenso cortometraggio dove emergono il carattere e la determinazione del protagonista di questa storia. In-Pressionist Portraits

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Un giovane regista con le idee chiare, con talento, passione e con attenzione al contesto sociale contemporaneo, un bell’esempio positivo che dimostra come la voglia di fare e di crescere attraverso stimoli e contaminazioni con il proprio territorio di appartenenza siano possibili. Dare voce e libertà professionale ai giovani sono due delle carte vincenti per cambiare il sistema, per aumentare in maniera esponenziale la creatività e per dare nuovo slancio al mercato cinematografico nazionale. Ci auguriamo che le cose possano davvero cambiare e che finalmente il talento e la professionalità siano valorizzate e sostenute come meritano.

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Wi-Mee Web Spot

Wi-Mee Web Spot & Wi-Mee Testimonial Ettore Nicoletti

The new advertising generation Wi-Mee Movielancers

Wi-Mee Web Spot it's a 100% online production by Wi-Mee, ICA Online's Project

Wi-Mee? not to lose it anymore L’idea è la base di partenza, la realizzazione è una conseguenza diretta del passare all’azione creativa, senza vincoli ma pensando al domani. Wi-Mee non è tante cose, non è nemmeno per tutti, ma è quello, ossia la cultura e il know how, che sono poi due facce di una stessa medaglia, messe in circolo attraverso l’interazione professionale e creativa per la costruzione di progetti concreti.

Abbiamo realizzato un incubatore progettuale per la produzione web tv, televisiva e Wi-Mee cinematografica indipendente, Movielancers.

What’s Wi-Mee? Dirlo è assai facile ma farlo capire a tutti, come? Con uno spot.

Ci siamo inventati delle categorie di partenza per far interagire le professionalità.

Good idea! Abbiamo pensato a realizzare il progetto zero di “Advertising Idea”.

Ma come realizzarla? La soluzione era a portata di click, realizzarlo attraverso Wi-Mee stesso, semplice.

Ora abbiamo i nostri spot autoprodotti, perché nessuno meglio di noi sa chi e cosa siamo, pronti a scoprirlo?

Movielancers

Web Spot

Wi-Mee Web Spot


Wi-Mee Web Spot & Wi-Mee Testimonial Ettore Nicoletti

Wi-Mee Web Spot

sapesse ritrovarsi nel pay off “Wi-Mee A class apart”

Advertising ideas - light the spot lights Realizzarlo attraverso la rete per rafforzare il concetto stesso di Wi-Mee e della sua connessione alla forza del Web. Wi-Mee Web Spot è un meta progetto sperimentale e sperimentabile.

Voi direte non facile, noi siamo stati fortunati. Realizzare lo spot totalmente online, senza uscire dalla rete, a costo zero.

Eco Web Spot

Looking for a Wi-Mee's face unconventional testimonial

Il progetto Web Spot Wi-Mee è il risultato di uno degli innovativi concetti alla base di WiMee, dimostrare che attraverso il Web, e tutta la strumentazione che mette a disposizione degli utenti, è possibile creare progetti professionali a basso impatto, in tutte le declinazioni del prefisso eco-.

Per raccontarlo non servivano le parole ma un volto. Un volto che fosse il riflesso dello spirito di Wi-Mee, ed eccolo il nostro testimonial, Ettore Nicoletti, attore professionista, poliedrico, versatile, pieno di progetti, di idee e di talento. Scoprite tutto di lui sulla sua pagina ufficiale Ettore Nicoletti Wi-Mee Testimonial

Concept L’idea Wi-Mee è ciò che tu vuoi che sia, basta sapere cosa vuoi. Promuovere Wi-Mee attraverso il protagonista dello spot senza mai pronunciare Wi-Mee. Spot veloci, volto, mimica e frase d’impatto. La velocità del Web e l’appeal del protagonista per sottolineare il messaggio.

Step Web Spot Obiettivo I Wi-Mee Testimonial Idea e progettazione Trovare un testimonial che sapesse non solo rappresentare con la sua bravura Wi-Mee ma ne avesse la mentalità e la carica innovativa, interagisse con Wi-Mee e Movielancers

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Wi-Mee Web Spot

Wi-Mee Web Spot & Wi-Mee Testimonial Ettore Nicoletti

II

Guardalo ora

Casting on Web

http://www.wi-mee.org/it/info/spot-wimee/itemid-64.html

Indire il casting online attraverso uno dei nostri strumenti, Wi-Mee Moving Spirits Community. Pre-selezione con candidatura online mettendo in risalto “chi sono” e “perché io”.

Attore protagonista

Selezionare i candidati per arrivare ad eleggere il testimonial di Wi-Mee attraverso un video provino online con il regista, direttamente da casa attraverso il pc e la web cam.

Ettore Nicoletti, Wi-Mee Testimonial Scopri tutto di lui http://www.wimee.org/it/info/testimonial/itemid-54.html

Gestione della segreteria di produzione online, attraverso live chat, community, social and mail, per contattare i selezionati e inviare le indicazioni del provino e per seguire tutte le fasi di realizzazione dello spot.

Regia Daniele Nozari Scopri chi è attraverso le sue parole

Strumenti Web gratuiti di condivisione per realizzare il provino e per l’archiviazione, sistema semplice, veloce e pratico. III

http://www.wimee.org/it/mediacontent/item/99-intervista-adaniele-nozari/itemid-8.html

Testimonial

Segreteria di Produzione

Scelta del testimonial

Inpress

IV

Giulia Gonfiantini

Realizzazione Wi-Mee Web Spot

Anno Produzione

Realizzazione dei short Wi-Mee Web spot a serie.

2011 Web production

6 short spot montati e pronti per l’utilizzo sul Web.

Wi-Mee Movielancers

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ICA Online’s project

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Messa online dei primi 2 Wi-Mee Web Spot Movielancers

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Wi-Mee Web Spot & Wi-Mee Testimonial Ettore Nicoletti

Sett. 2011 Wi-Mee Web Spot

Wi-Mee Testimonial - Ettore Nicoletti Intervista a Ettore Nicoletti, il volto di Wi-Mee Web Spot, intervistato da Giulia Gonfiantini, per In-pressionist Portraits.

Ettore Nicoletti, Wi-Mee personal page http://www.wi-mee.org/it/info/testimonial/itemid 54.html by

Intervista ad Ettore Nicoletti, il volto di Wi-Mee

perfezione lo spirito del progetto Wi-Mee: è lui, infatti, il testimonial della campagna pubblicitaria, in corso in queste settimane, volta al lancio della nuova piattaforma per artisti e professionisti dello spettacolo e della comunicazione.

Attore, Regista

Classe 1974, romagnolo, oggi Nicoletti vive tra Cesena, Parigi e Berlino, dove da alcuni anni fa parte dell'European Association for Theatre Culture. Ma la lista dei suoi ingaggi parla di esperienze diverse, tra radio, pubblicità, televisione e cinema: tra gli ultimi ruoli, quello del co-protagonista nel lungometraggio sul tema sociale della violenza sulle donne “In apnea”, lo spot H3G e lo spettacolo di ricerca “Binari”, di cui è anche autore. É eclettico, originale, dinamico e pieno d'idee. Ecco perché il volto di Ettore Nicoletti, attore che vanta un variegato curriculum di tutto rispetto, incarna alla Movielancers

Lei è stato studente di fisica all'università di Bologna. Come ha capito che il teatro

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sarebbe diventato tutto il suo mondo o quasi?

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improvvisazione The'atro che lei ha fondato Cesena, ma anche allo spettacolo “Binari”: anche quest'ultimo mostra una passione inesauribile per la ricerca teatrale e per la sperimentazione.

«In realtà proprio durante il periodo bolognese ho iniziato a frequentare i primi corsi di recitazione. Anche se devo dire che fin da piccolo sono stato attratto dal palcoscenico: ricordo ancora con piacere un'operetta messa in scena nella mia parrocchia, nella quale venni a contatto per la prima volta con la magia del teatro. Da adolescente, invece, ho iniziato a suonare la batteria. Dopo l'università, infine, ho frequentato corsi un po' in tutta Italia ed importanti scuole europee».

«Sì, “Binari”, che stiamo portando in giro per l'Italia, è senza dubbio uno spettacolo di ricerca, interamente basato sull'improvvisazione. In esso è il pubblico a definire i quattro personaggi protagonisti, attribuendo ad ognuno caratteristiche fisiche e psicologiche, motivazioni, mestiere... Ciò che ne viene fuori è uno show interattivo, in cui lo spettatore si sente coinvolto in prima persona».

Quali sono le esperienze che ritiene più salienti?

Quali progetti ha per il futuro? Pensa che in Italia sarà più difficile che altrove realizzarli?

«Difficile dire quando sono diventato propriamente un “professionista”. Ogni esperienza, seppure piccola, mi ha lasciato qualcosa: ogni ingaggio, anche se apparentemente poco importante, è formativo. Una visione simile è a mio parere fondamentale per ogni attore che voglia dirsi generoso, colto. Comunque, il salto di qualità per me è avvenuto probabilmente dopo aver frequentato la Bottega del Teatro di Franco Mescolini e dopo il periodo berlinese, che mi ha arricchito moltissimo».

«Al momento sto studiando cinema e drammaturgia per scrivere un film tutto mio, e ho da poco curato la regia di un cortometraggio: penso sia fondamentale provare a costruire il proprio percorso ed impegnarsi per realizzare i propri progetti, anche nelle piccole realtà. Certo, la voglia di fuggire dall'Italia a volte c'è: i casting spesso risultano chiusi e la situazione non è delle più rosee. Ma se vanno tutti all'estero poi chi rimane qui a resistere e a contribuire alla crescita culturale del nostro territorio?».

Il suo cv mostra che il suo è stato un percorso davvero privo di confini, tutto costruito tra tecniche sperimentali ed improvvisazione, in varie parti d'Europa.

Giulia Gonfiantini «L'arte è per me uno degli ultimi mezzi rimasti per cambiare il mondo, per abbattere le barriere. Per riuscirci, però, essa deve essere condivisa: ecco perché tengo moltissimo a mantenere in vita la rete europea di contatti e di rapporti che ho intrecciato nel corso del tempo. Ho scoperto che oltretutto non è difficile come potrebbe sembrare». Dall'estero, in effetti, lei ha riportato a casa un vero tesoro di competenze, conoscenze e contatti che ha riversato nei progetti attuati qui in Italia. Penso alla scuola di Movielancers

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Moda in Italia. Abiti da sogno alla Reggia di Venaria Questa volta non vi narrerò nuovamente la fabula di Venaria, ripetere non è il caso, ma mi addentrerò subito a raccontarvi questo strano viaggio, decisamente al femminile, nella moda nostrana*.

Nel ciclo delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia la Venaria offre un’altra mostra dedicata alla grandeur italiana nel mondo, la moda, attraverso un percorso che si snoda dal XIX secolo ad oggi.

L’abito indossato dalla Cardinale nel Gattopardo, quello di Alida Valli in Senso (un film drammatico e affascinante) e l’elegantemente blasfemo “Pretino” delle Sorelle Fontana sono “specchi per le allodole” in cui casco ben volentieri. Salite le ripide e luminose scale, con i grandi finestroni che si affacciano sul giardino fiorito, entriamo nella penombra, luci soffuse ci accompagneranno per tutto il percorso. Incontro subito i primi due abiti che mi hanno attirata qui. Seppure con un po’ di delusione da parte mia, si tratta di copie e non di originali, gli abiti di scena, dialoganti con gli spezzoni cinematografici, però, fanno il loro effetto sul pubblico, con le ruote ampie, la vita stretta, i ricami fini e la bellezza delle attrici che li hanno indossati.

La mia passione infantile per la moda, sogni da stilista infranti, non poteva non riaccendersi per la nuova mostra allestita a Venaria, in occasione dei festeggiamenti per “l’anno santo” della Res Pubblica italiana.

La mostra nasconde capolavori autentici, noti e meno noti, che sanno accendere l’immaginazione riportandoci indietro nel tempo.

L’autunno stenta ad arrivare, sospinto lontano da questa finta estate fuori stagione, e inonda di sole la Reggia, attraversata da torme di turisti in attesa di conoscerla e di camminare nei suoi giardini con i colorati ombrellini quadrangolari, che tanto ricordano le mademoiselle ottocentesche nei boulevard francesi.

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La contessa di Castiglione, dama bellissima, potente e abile giocoliera in politica, rivive in uno dei suoi abiti da favola, il velluto pesante color muschio metteva di certo in risalto la sua figura e il suo biondo crine; la si può quasi sentir chiacchierare civettuola con i potenti del suo tempo mentre attraversa il

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salone da ballo, fiera ed elegante.

Io, amante della magnetica Abba, mi ritrovo, con gran scorno personale, ad ammirare vesti di foggia giapponese della femme fatale Duse, abiti da ricevimento disegnati a guisa (con D’Annunzio non potevo non usare simili arcaismi, pardon, n.d.s.) di morbidi chimono attendono l’arrivo del Vate, in uniforme militare da Lanciere di Novara, per la loro passione tormentata, taci, ascolta, piove, o Ermione.

Passeggiando fra splendidi abiti, molti della fondazione Tirelli Trappetti di Roma** e di aziende tessili piemontesi, sembra di stare alle Tuileries nel tardo Ottocento, stoffe lucide e cangianti, ampi rigonfiamenti a nascondere il fondo schiena, ruote, sottogonna, ombrellini parasole, guanti, mutandoni di pizzo e gli odiosissimi corpetti.

Il bianco e nero, Isa Miranda, dive da telefoni bianchi, lusso, sensualità, bellezza vera, tutto concentrato in queste stoffe.

“Le signorine mangiare come uccellini, Miss Rossella” diceva Mamie mentre tirava i lacci del corsetto alla vanesia O’Hara per scolpirle il vitino da vespa prima di mandarla ad accalappiare un buon partito. Veri strumenti di tortura che schiacciavano i busti rendendo difficoltosa la respirazione e i movimenti, per rendere la donna esile, sottomessa e fragile figura da feuilleton.

La moda è arte, contemporanea, spesso lo si dimentica, vedere abiti disegnati dai Futuristi, come Balla, i loro bozzetti, il magma creativo puro che si tramuta in prêt-à-porter, è una sensazione emozionale intensa. Guardando le sfilate contemporanee ritengo che molto di questo senso artistico ed estetico sia andato perduto, non me ne vogliano esperti e fashion victim, così come l’innovazione pura che rompe ogni schema precostituito. Ammirando questi abiti vedi la modernità assoluta e il linguaggio del nuovo totale, oggi vera chimera.

Rimango folgorata dallo straordinario abito di gala della Regina Elena di Savoia, lungo strascico, scollatura generosa, color crema chiaro, impreziosito da veri e propri gioielli, in tono più scuro, che rifrangono la luce. Non posso non indossarlo virtualmente, con i miei tratti vagamente slavi dovrebbe “calzarmi come un guanto”. Rivedo il volto arcigno e duro della regina e la sua sobrietà quasi militaresca, anche nel fisico, stridere con la raffinata magnificenza di questo abito, eppure sarà stata, in quel frangente, bella.

Intanto le granate cadono, gli abiti femminili diventano seriosi, quasi militareschi, anche nei decori da soirée a svastiche di paillettes, ma i conflitti e i tempi cupi passano, scivolando sulle curve sensuali e sui doppi sensi di Mae West. Abiti corti e luccicanti, in cromie lamè, nero e rosso acceso, impreziositi da cascate di lustrini e di ricami in abbondanza. Mani sapienti hanno realizzato vere e proprie sculture di cristalli e vetri danzanti al ritmo di balli sfrenati e di ansimanti donzelle.

Dai saloni reali, con lampadari in cristallo e gonne fruscianti, passo al palcoscenico e alla magia del cinematografo, fra i ritratti intrisi di sottile morbidezza charmante da Belle époque di Giovanni Boldini e gli spezzoni di archeologia cinematografica. Atmosfere sospese che rivivono negli abiti di un lusso superlativo di Lina Cavalieri, uno è quello della locandina della mostra. Nero, una miriade di pendagli e strass e una linea impeccabile. Risorge la malia di quest’artista mitica che seppe conquistare il mondo con la sua classe aristocratica, seppure popolana d’origine.

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Il passato da remoto si fa prossimo salendo lo scalone per raggiungere la seconda sezione. Prima di accedere al piano ci troviamo di fronte alla gigantografia in bianco e nero de Le Ragazze di Piazza di Spagna, Lucia Bosè, Cosetta Greco e Liliana Bonfatti, e dietro, a

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colori, come in una trasposizione filmica da flash back, tre eleganti signore agée dallo stile d’altri tempi e sorridiamo a questo meta quadro estemporaneo in mostra solo per noi, ora.

Specchio delle mie brame

I grandi della moda sono tutti racchiusi fra gli anni Cinquanta e i primi anni Ottanta, Capucci, con la sua icona Elsa Martinelli, e un oceano di colori e di increspature spumose, immettibile di certo ma una vera e propria scultura che non lascia indifferenti***; Balestra, linee perfette per sottili lady ’70s, peccato non poter ammirare l'abito nella sua pura linearità, avendo nascosta la parte frontale; Rosso Valentino; Armani; le sartorie che si muovono ancora sino agli albori degli anni Settanta come protagoniste, prima dell’esagerazione del decennio successivo.

Purtroppo sono assenti le pedane girevoli che permetterebbero di vedere in tutto il loro splendore il gioco di ricami e di lustrini degli abiti da sera. L’immobilità penalizza le rifrazioni magiche di luce che avrebbero potuto regalare muovendosi, come i sinuosi corpi delle signore che li indossarono, danzando elegantemente in tempi lontani, avvolti dalla magia del passato.

Due parole sull’allestimento museale che, qui, non è sempre funzionale alla bellezza di molti degli abiti esposti in mostra****.

La luce soffusa e i grandi specchi, riquadrati con squadrature in legno grezzo, a ricreare specchiere ad ante retrò, costringono gli spettatori, per vedere gli abiti nella loro interezza e per gustarsi i particolari sartoriali di grande maestria, a contorsioni circensi di notevole perizia, soprattutto per evitare di ruzzolare sui manichini (non credo che questo s’intenda dicendo “essere parte della scena”, n.d.s).

Infine l’ultima sala, quella che ho apprezzato meno, anche per la scelta degli abiti. Guardo con disincanto ciò che la moda è oggi voltando indietro lo sguardo a quello che è stata, la storia del costume, dello stile, del fascino e della sensualità muliebre. Tracce imperiture che oggi non lascia più, ma “ai posteri l’ardua sentenza”.

Puntare sull’effetto scenico è importante, non dubito, ma, qui, dove l’abilità immensa delle maestranze regala tessuti straordinari, da considerarsi a pieno titolo opere d’arte, sarebbe stato più opportuno lasciare più campo all’arte e al saper fare e meno alla scenografia pura. La moda è fatta di trame e orditi inanellati che nella tessitura si trasformano da semplici fili intrecciati a stoffe dalle consistenze e dai decori di una meraviglia tale da lasciare spesso a “bocca aperta”, soprattutto quando si pensa al passato, dove non c’erano i macchinari tessili attuali ma una manualità tecnica e un sapere artigianale impareggiabili. Dare visibilità essenzialmente all’oggetto sarebbe stata la migliore via per perdersi nella storia del costume senza distrazioni scenografiche.

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L’ultima sala, la ricreazione statica di una sfilata, è quella che mi ha lasciato più indifferente, perché mi ricordava una vetrina di grande magazzino; per gli abiti in passerella; per alcuni abiti da sera indossati dai manichini seduti che perdevano un po’ della loro linea elegante; per la difficoltà di leggere le didascalie; per gli strascichi a terra, che qualcuno ha indelicatamente pestato. Bella l’idea dei taccuini, del pubblico, dei disegni lasciati sparsi, del trucco dei manichini, ma tutto molto rigido e freddo, però, si sa, io sono avulsa al kunstwollen contemporaneo, non ne gradisco i linguaggi e gli stili. Perdonate la mia pecca arcaicizzante d’altri tempi, ma “de gustibus non disputandum est...

http://www.lavenaria.it/mostre/ita/mostre/arch ivio/2011/italia_specchia.shtml

“Moda in Italia. Abiti da sogno alla Reggia di Venaria” Direzione artistica Gabriella Pescucci, Franca Sozzani con la consulenza di Dino Trappetti Dal 17 settembre 2011 all’08 gennaio 2012 Reggia di Venaria – Sala delle Arti Piazza della Repubblica, Venaria Reale (TO) prenotazioni@lavenariareale.it tel. +39 011 4992333

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Museo dell’Automobile di Torino, una folle corsa a 100 km all’ora dal XIX al XXI secolo all’accoglienza**.

In occasione del 150° dell’Unità d’Italia il Museo dell’Automobile di Torino si rifà il look. Rieccolo in grande forma ad accrescere la ricca offerta museale della prima capitale del Regno d’Italia. Il Museo dell’Automobile riapre i battenti dopo l’intervento di riallestimento che l’ha trasformato da museo old style in attraente spazio espositivo contemporaneo.

Correva l’anno

La struttura esterna è davvero imponente, un corpo avveniristico che si specchia su corso Unità d’Italia. Al suo interno, dentro il suo ventre metallico, ci si sente piccoli, Giona inghiottito dalla pistrice, ma l’effetto ottico è piacevole.

I cavalli ad un certo punto son diventati a vapore e così, sperimentando, le care e vecchie carrozze a piccoli passi conducono nella stalla gli equini e si mettono in moto da sole.

L’originario giardino en plein air è diventato una piazza coperta, con linee morbide e superfici metalliche luminose. Il “giardino d’inverno”* creato da Cino Zucchi è il cuore caldo dell’edificio; un’agorà luminosa senza vincoli architettonici destinata all’accoglienza e all’incontro.

Le prime autovetture sono straordinarie, vere e proprie alcove, divani di lusso, materiali pregiati e a volte per noi inusuali come il legno. Un modello d’auto rivestito esternamente in pelle è, quantomeno, poco adatto a sopportar le intemperie, ma lo si scoprirà solo nel corso del tempo.

Colori freddi, penombra e luci pacate sono la costante del museo, la sorpresa effetto shock arriva come un diretto in volto aprendo la porta delle toilette. Parlar di bagni, lo so, non è di classe ma vi assicuro meritano una visitina per pura curiosità, anche in assenza di bisogni fisiologici di necessità. Vi state muovendo nella penombra e decidete di “aprire quella porta”, bang, vi trovate colpiti da un flash verde fluo accecante. Immersi in una vivida colata di pistacchio si rimane piuttosto disorientati, but shake the shock and go.

La penombra del museo aiuta a percorrere a ritroso le epoche e mi ritrovo di nuovo nel Futurismo, fra le parole del Manifesto di Marinetti e Materia di Boccioni (una copia), che messa a “bella posta” davanti alla mitica Itala mod. 35/45 Hp, il bolide che guidato da Scipione Borghese si aggiudicò nel 1907 il raid Pechino-Parigi, sembra trainare con la sua forza disumana i cavalli a vapore moderni. Dal fondo della sala note di Jazz, Charleston e FoxTrot ci riportano agli anni ’20, proibizionismo, gangster e “bulli e pupe”. Un mondo dorato pieno di dive, cattivi, danze e whisky di contrabbando. Spezzoni di film, ritratti in gigantografia di Divine d’altri tempi,

Non sono certo qua solo per vedere i bagni, indi imbocco la scala mobile per cominciare la mia visita, come mi suggerisce, fra l’altro, la zelante e giovane fanciulla Cultura

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gonne corte, capelli alla “maschietta”, brillantina e autovetture di un lusso esagerato, Rolls Royce, Isotta Fraschini e una C3 Citroën petite mais très jolie.

designer industriali, il mago che trasforma un’idea in un oggetto senza tempo e di straordinaria bellezza. Poi lei. L’allestimento proposto (lo stesso della sua presentazione alla Triennale di Milano del 1957) in sospensione verticale, con il muso dai grandi fari bianchi che sembra volerti inghiottire, spiega perché tutti la conoscono con il mitico soprannome di “squalo”. La Splendida Dèesse, la Venere Nera, dalla forme sinuose e morbide, macchina da dea. Ti aspetti di veder scendere la Hepburn, la Kelly, la Taylor, o la Bardot, meglio la Birkin per i miei gusti personali, invece trovi le foto della Lollobrigida, meno di classe ma ci accontentiamo di questa Italica “Bersagliera in Visone”.

I grammofoni suonano, si vuol dimenticare la guerra e non ci si accorge che si sta già architettando un altro conflitto nelle sale del potere, ma è non tempo di pensarci e allora di nuovo lusso. Queste autovetture hanno, però, uno stile greve, il nero lucente nasconde qualcosa di funesto. L’aristocrazia vecchia e nuova non sembra badarci e fa bella mostra di sé su rombanti motori a scoppio che abbagliano il popolino. Io che trovo tozze e di poco stile le auto moderne qui mi perdo ad ammirare i vetusti automezzi, immaginando abiti fruscianti e luccicanti, grandi saloni delle feste, capelli pettinati ad onde schiacciate e rigide, Rodolfo Valentino e le epiche imprese di quei tempi passati. Le automobili da corsa, che sembrano quasi scatole di sardine, leggere e poco aerodinamiche, guidate da folli in tute di lino o tela leggera e caschi in pelle sottile. L’abilità del pilota, la resistenza e l’incoscienza erano tre ingredienti fondamentali per costruire i miti, nulla a che vedere con il contemporaneo dove vale la formula più tecnologia meno fascino.

Gli specchi che la circondano e il bagliore da abat-jour ne fanno una dea da alcova, sensuale e aggressiva come una tigre, o… uno squalo. Su, ora, rotoliamo verso i “favolosi anni ‘60” come diceva Minà dalla Bussola. Allora via alla Fiat 500 e alla Fiat 600 Multipla, uno splendido esemplare di monovolume ante litteram, dal musino invitante che ricorda gite domenicale al mare, con cestini di vimini contenenti spuntini leggeri da dieta mediterranea, come la parmigiana. Vedendo il design degli automezzi, come una micro auto, l’Acma Vespa, che sta in uno scatolone, mi vengono in mente i film di fantascienza anni ’60, con dischi volanti a piatto fondo rovesciato di metallo e tanto domopack, che mi fanno sempre una certa tenerezza.

Fortunatamente anche i venti di guerra si chetano nel 1945 e si ritorna a sognare, con la voglia di sperimentare e di creare nuovi automezzi, potenti e di design. La ricostruzione di un grande studio di progettazione rende ancora più magica la sala, tecnigrafi con schizzi e progetti, tavoli con strumenti da disegno e cesti con rotoli di carta. Sembra di essere entrati in uno studio dopo l’orario di lavoro, tutto lasciato lì pronto per il giorno seguente. In mezzo due autovetture da corsa che sembrano disegnate per sostituire la BatMobile. Si ricrea in modo immediato il fascino della creatività pura dei

Non solo iperspazio e invasioni aliene questi sono gli anni del boom e della rivoluzione culturale e sessuale che si ritrova poco dopo, fra una splendida “Due Cavalli” versione hippy, con tanto di tenda e signorina uscita da Hair, e i cartelloni pubblicitari di autovetture che inneggiano al rock e al sesso libero. Ma non possiamo fermarci e corriamo

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all’autodromo. Con l’ausilio di un filmato, che ben si integra con i reperti musealizzati, si è proiettati sulla griglia di partenza con un lungo corteo di bolidi, dalle mitiche auto da corsa dell’era Nuvolari alle fiammanti Ferrari orgoglio della casa di Maranello dei nostri tempi. La velocità è nell’aria, il rumore dei motori, l’uomo, il cavallo, il senso del movimento, una quinta scenica che vibra come la tensione prima del verde in pole position.

La giusta dose fra il vecchio e il nuovo

Curviamo passando la “cortina di ferro”, con l’auto per tutti del regime comunista, una conquista popolar populistica della libertà di movimento, e via verso i cervelli che stanno all’origine delle autovetture.

Uno dei grandi pregi di questo museo è la capacità di giocare sul dialogo continuo ed equilibrato fra gli oggetti esposti, in gran parte automezzi, e i supporti multimediali, musiche, video, suoni, disegni, rumori, filmati. Un mix piacevole e mai stucchevole, un valore aggiunto che arricchisce, incuriosisce e rende vivo e in movimento ciò che di per sé è statico, ossia l’oggetto.

Le menti creative, il genio a confronto, piccole teche con i più grandi nomi del designer industriale legato alla produzione automobilistica. I loro disegni, i loro schizzi, qualche loro oggetto, le loro fonti d’ispirazione e cosa avrebbero voluto inventare. Poche parole ma un filo comune che porta il marchio della creatività pura, il know how, la cultura del saper fare, dell’immaginario fantastico e mirabolante che alberga nelle stanze mentali di un creativo puro sangue, oggi esemplare sempre più raro eppure tanto necessario alla società.

Ci si ferma a guardare spezzoni di film in un piccolo loft arredato con pezzi d’automobile, fra cui la mitica Herby, o in una sorta di sala da pranzo con sedili d’auto trasformati in poltrone dirigenziali. Si seguono le note, ci si avvicina a micro finestrelle con modellini d’auto in ambientazioni da film, si può guardare la pubblicità seduti dietro una specie di vecchio casco per i capelli di fattura metallica, si può salire su un piccolo vagone da monorotaia per fare un giro come alle giostre attorno a una catena di montaggio virtuale, come resistere?

Attraversando l’ultima sala con le auto di oggi che si sono distinte per l’innovazione, colti un po’ dal mal di mare per le pedane girevoli, tanto salone dell’auto di Ginevra, mancano solo ammiccanti signorine versione pulisci carrozzeria hot solo per autisti da portafogli mega e ci siamo, e per la difficoltà di leggere le didascalie che ruotano anch’esse (non era forse più semplice un piedistallo su cui apporle, invece di costringere il lettore a fare il “giro giro tondo?”), parcheggiamo i rombanti mezzi a motore e torniamo a casa.

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Un bell’esempio di innovazione integrata con un’esposizione museale più classica. L’equilibrio è sempre la giusta ricetta per un risultato positivo.

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http://www.museoauto.it/website/ Corso Unità d'Italia 40 10126 Torino Tel. 011 677666/7/8 Fax 011 6647148

*Per saperne di più http://www.zucchiarchitetti.com/zucchiarchite tti/chi.html. Scheda di dettaglio del Museo dell’Automobile di Torino http://www.zucchiarchitetti.com/zucchiarchite tti/progetti/edpubblici/mat/scheda01.html **Per un dettaglio di sintesi dell’allestimento museale http://www.museoauto.it/website/it/percorsiespositivi/automobile-e-il-900

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L’insultar con glam vostro sguardo, al limite, ma è assolutamente vietato gesticolare senza controllo ed urlare a pieni polmoni.

Lezioni di educazione per la meglio gioventù, in perfetto clima natalizio. Insultare è un’arte per pochi eletti, come ci disse Schopenhauer*, nulla a che vedere con il diffuso e abominevole utilizzo di parole scurrili a coprire il nulla dell’ignoranza attuale che qui, sia chiaro, di certo non troverete.

Avvertenze ai lettori. Questo è solo un piccolo breviario, siamo consapevoli che esistono, nel ricco patrimonio linguistico italiano, ben molte altre possibilità a noi ignote. Vi invitiamo a segnalarcele, se lo riterrete opportuno, per arricchire il formulario a vostro uso e consumo.

I tempi moderni sono terreno fertile ideale per la maleducazione e il pessimo gusto: basta guardarsi intorno per ritrovarsi nel mezzo di un accozzaglia di espressioni degna della spazzatura, fisica e mentale, che domina la scena odierna e che, purtroppo, diventa faro e modello per le masse.

L’uso smodato degli esclamativi è dovuto alla doverosa sottolineatura dell’enfasi nella pronuncia di talune espressioni, ci scusiamo per la profusione di tale elemento di punteggiatura. Taluni termini potrebbero risultare offensivi, si sconsiglia la lettura ai deboli di cuore e d’animo.

Suvvia, signori e signore, è ben ora di ritrovare un po’ di classe, di stile e di educazione per imparare a comportarsi da “gente per bene”, che non ha necessità di utilizzare toujours un gergo da “scaricatori di porto”. Orbene qui si necessita di un vocabolario prêt-à-porter da esibire partout, non solo negli ambienti della buona società (che sono i primi a mancare di finezza gergale) ma pure schiacciati nella calca sull’autobus in ora di punta. Perché lo stile non si ripone mai nel fondo dell’armadio come un abito dismesso. Eccovi, dunque, un elenco di espressioni , con tanto di sinonimi, che potrete utilizzare senza cadere nell’abisso della volgarità. Naturalmente consigliamo un tono di voce pacato, potete enfatizzare il vocabolo con gesti scenici da teatro lirico o caricando il

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dotata di logica. 3- Ridurre pretese spropositate e fuori da ogni ragionevole logica. Che bolgia!: Sinonimi Che caos!, che baccano! (limitarne l’uso, siamo in zona off limits, l’espressione deriva dai famosi baccanali, feste orgiastiche poco signorili), che can can!, che circo!, che casotto (definizione dialettale piemontese, di certo più fine di casino e bordello, che sono sinonimi assolutamente da evitare, seppure da ritenersi già in zona off limits). In questo momento/luogo c’è un rumore insopportabile e una concentrazione di persone eccessiva e insostenibile.

A Accipicchia: Sinonimi Acciderboli, perdindirindina, perdinci bacco, caspita, ciumbia (espressione dialettale in uso fra Lombardia e Piemonte), mannaggia, che kaiser! (solo per teutonici d.o.c.g.), fischia!, per la miseria. 1- Questo spiacevole inconveniente non ci voleva proprio. 2- Davvero? da non crederci. Non è possibile tutto ciò. Allocco: Sinonimo Barbagianni, sciocco, grullo. Persona ingenua e credulona.

stolto,

Che fusto: Sinonimo Che pezzo di Marcantonio! Bel giovanotto, dal fisico prestante. Espressione sconveniente per le gentili signore.

B Baciapile: Persona ipocrita e bacchettona. Falso moralista.

Che schianto!: Sinonimi Che bambola!, che bomba! Bell’esemplare di individuo, di norma, di sesso femminile o similare. Codice rosso assolutamente vietato al gentil sesso e da ritenersi sconveniente anche per i signori uomini.

Balengo: Sinonimi Badola, besugo. Sciocco, fannullone, credulone. Utilizzabile solo per i residenti di Lombardia, Piemonte e Liguria. Espressione molto colorita da adoperare ad esclusivo uso privato e in casi di estrema necessità, rientra nella zona off limits per la volgarità.

Clientes: Sinonimi Servus , Emilio Fede (neologismo gergale contemporaneo attualmente in voga). 1-Persona che si fa strada grazie al servilismo e all’adulazione invece che per meriti personali. 2-Al completo servizio (in ogni senso) di chi crede più potente e, quindi, in grado di proteggerlo.

Bazzecola: Sinonimi Sciocchezza, futilità. Cose inutili e di poca considerazione, decisamente superflue ed evitabili. Bislacca: Cosa strana, buffa ed assurda, che, all’apparenza, non presenta una vera logica.

Corbelleria: Sinonimi Fandonia, sciocchezza, ma che fantasia malata è mai questa! Cosa falsa, tendenziosa e sciocca.

C Cala trinchetto: Sinonimi Abbassare le ali , scendere dal piedistallo. 1- Superbia e alterigia spopositata. 2- Stare con i piedi per terra ragionando da persona

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piemontese. Nelle rappresentazioni natalizie della natività, in Piemonte, è il primo pastore che vide Gesù http://pms.wikipedia.org/wiki/Gelindo.

D Dannazione: Sinonimo Maledizione. 1-Questo inconveniente non ci voleva. 2L’arrabbiatura è giunta al colmo della sopportazione. Termine da usare con molta parsimonia e solo in casi estremi.

Gufare: Sinonimi Portare jella, portare scalogna, portare iattura. Atteggiamenti che favoriscono, in modo palese e diretto, la malasorte e la sfortuna.

E H Elefante in una cristalleria: Sinonimo Non si può dire sia una libellula. 1-Persona goffa e sgraziata. 2- Chi fa danni ad ogni suo movimento o pronuncia frasi fuori luogo senza rendersene conto.

Ha un bel sedici!: Sinonimo Ha un bel fornello. Espressione popolare colorita. Lei ha molta, molta, fortuna.

F L Fare fiasco: Fallire miseramente. La manderei volentieri nell’iperspazio!: Sinonimi È insostenibile, è insopportabile oltre l’umana sopportazione. La toglierei, molto volentieri, dalla mia vista e, se potessi, da quella di tutto l’universo.

Fatte non foste a viver come bruti: Comportatevi civilmente perché non siete animali. Se ne consiglia, visti i tempi moderni, l’uso a profusione per sanzionare i pessimi comportamenti oggi vigenti.

Leviamo le tende: Sinonimi Sciacquiamo i pennelli, si è fatta una certa. La compagnia è bella ma è giunta l’ora di togliere il disturbo.

Formidabile: È straordinario, insuperabile. Francamente me ne infischio!: Sinonimo Non me ne importa un fico secco (da usare con molta cautela). L’espressione non è, di certo, delle più eleganti ma l’ha resa celebre Rosella O’Hara, alias Vivian Leight, in Via Col Vento facendola assurgere, di fatto, alle frasi pronunciabili da una signorina per bene.

Lei è per caso nato al Colosseo?: Sinonimo Lei è per caso nato in barca? Le vogliamo chiudere queste porte una buona volta. Lucignolo: Sinonimi (da zona rossa) Ignorante, maleducato patentato. Persona di scarsa intelligenza, svogliato, maleducato e assolutamente all’antitesi di cultura e sapere. Riferimento letterario a Pinocchio di Carlo Collodi.

G Gelindo: 1-si veste e si comporta come un arcadico pastore. -2 persona semplice ed ingenua. Trae la sua origine dalla tradizione popolare

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Maramaldo: Sinonimi Marrano, Gaglioffo, Ceffo. Persona dalla dubbia moralità, infingardo e pericoloso.

Passata la festa gabbato lo santo: Sinonimo Prendersela nella giacca (espressione popolare piemontese poco adatta alle gentili signore). 1-Fare favori a persone che si dimenticano in fretta della vostra benevolenza una volta ottenuto l’aiuto momentaneo richiesto. 2- Non ottenere in cambio nulla, o peggio, del male, al favore concesso a persone conosciute.

Mendace: Sinonimi Menzognero, fallace, ingannevole. Totalmente bugiardo e falso. Mi sono cadute le braccia!: 1-Gentilmente potrebbe evitare di dire codeste assurdità senza senso logico. 2- Non posso reggere a simili sciocchezze.

Passeggiatrice: Sinonimi Ierodula (addetta alla prostituzione sacra), lucciola, lupa (in latino, signorina che pratica il mestiere più antico del mondo. Termine oggi di nuovo di moda grazie alla cantante Shakira con she wolf , tutte le donne sentitamente ringraziano). Signora che si dedica alla vendita diretta di sé dietro compenso, stabilito dalle controparti prima della prestazione in oggetto di contratto.

Mi sta sulle 23!: Scusi, non la posso proprio sopportare.

N Ne ho piene le tasche!: Sinonimi La misura è colpa, sono oltre il limite dell’umana sopportazione, ne ho due scatole così (espressione popolare che non dovrebbe mai utilizzare una vera signora). La sopportazione è terminata, si è superato ogni limite.

Piantare in Nasso: Sinonimo Lasciare quattro a zero. Abbandonare qualcuno senza possibilità di recupero, come la povera Arianna, lasciata da Teseo sull’isola di Nasso dopo averlo aiutato a sconfiggere il Minotauro.

Non muore con il collo storto!: Espressione pittoresca per dire che il soggetto in questione (sia uomo che donna) ha avuto numerose avventure galanti durante la sua esistenza.

Porca Paletta!: Zona da codice rosso, da utilizzare solo se l’arrabbiatura supera la soglia del consentito. Accidenti questo proprio non ci voleva, sei oltre ogni limite.

Non prendere lucciole per lanterne: Sinonimi Hai preso un grosso abbaglio, hai preso un granchio, hai preso una cantonata. Non confondere le cose e fai chiarezza perché potresti fare un grosso sbaglio di valutazione.

Prendere il toro per le corna: Sinonimo Afferrare le redini. Prendere la guida e il dominio di una situazione scomoda a proprio vantaggio. Prendere per il naso: Sinonimi Prendere in giro, gabbare, farsi prendere per la giacca. Farsi fregare platealmente, da ingenui e, a volte, in modo reiterato.

Non siamo qua a pettinare le bambole: Non abbiamo tempo da perdere perché stiamo lavorando.

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disturbando il sonno di tutto il vicinato, compreso il mio.

R Regina Taitù: Sinonimi Chi si crede di essere?, È La superbia fatta a persona. Persona superba e, sovente, di limitata intelligenza.

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Ricchi premi e cotillon: Sinonimo Fritto misto. Qui c’è un bel miscuglio, di cose, persone e situazioni, adatte per tutti i gusti e per tutti gli stili.

Ti conosco mascherina: Non mi prendi in giro, so esattamente chi sei dietro a quella tua buffa maschera di circostanza. Truffaldino: Sinonimo Furfanteria 1-Atti degni di un furfante. 2- Truffa, chi truffa.

S Sacco di patate: Espressione poco gentile per dire che una persona è goffa, poco sinuosa e non si muove con eleganza.

U Un bel tomo: Sinonimo Sa che lei è proprio un bell’elemento, Lei è un bel tipo. Una persona particolarmente ironica, sardonica e sarcastica. 2- A volte usata con connotazione negativa.

Sanguisuga: Persona approfittatrice e malevola che cerca un personale tornaconto a spese altrui. Santa Polenta!: Sinonimo San Crispino! Cosa odono mai queste povere orecchie.

V Santarellina: Significato opposto alla sua etimologia.

Vada a prendere la luna: Sinonimi vada a quel paese, vada a vendere scope (questi ultimi due termini sono estremamente volgari e se ne sconsiglia l’utilizzo). Per favore, gentilmente, potrebbe togliersi dalla mia vista.

Sciapo: Espressione gergale toscana per indicare il pane senza sale. Persona senza personalità e carattere, anonima, banale. Scurrile: Linguaggio variopinto assolutamente volgare. Detto anche persona.

e di

Vada a raggiungere il quorum: Espressione contemporanea originatasi dalle vicende politiche dell’ultimo periodo. Lei sta facendo qualcosa che mi urta tremendamente, chiedendomi, fra l’altro, di ottenere consensi a ciò che dico.

Smorfiosa: Fanciulla falsa tutta moine. Specchio riflesso!: Nel gergo infantile significa“ciò che tu stai dicendo di me in realtà è una caratteristica che appartiene a te”.

Vispo come un agnolotto: Sinonimi Che volpe!, un bel merlo!, furbacchione Persona decisamente furba.

Stai forse disboscando una foresta con la sega circolare?: Russi in maniera assordante Cultura

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Z Zuzzurrellone: Sinonimi Perdigiorno, perditempo, nullafacente. Individuo avvezzo a bighellonare perdendo tempo senza meta nĂŠ attivitĂ precisa, al solo scopo di non lavorare veramente.

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by Fabio Marchionni Scelti per voi.

Nulla da segnalare Le case di distribuzione in Italia sono da sempre convinte che d’estate i film non riescano a raggiungere i risultati che potrebbero ottenere in altri periodi, e quindi propongono i prodotti “più deboli”, disincentivando la frequentazione delle sale. Rispetto agli anni passati, in cui la situazione era anche peggiore, in questa stagione si sono visti un numero maggiore di film, ma l’unico pezzo forte, l’episodio finale di Harry Potter a metà luglio, era giustificato solo dall’uscita in contemporanea in tutto il mondo (dove appunto i film importanti escono anche d’estate).

Scrivere del nulla non è mai un buon segno. In primis in quanto esso deve esistere in assenza di qualcosa di concreto. Spesso inoltre vi si associa anche rimpianto, la consapevolezza di un’occasione sprecata e non più rimediabile. Al termine della stagione estiva quello che rimane non è neanche più ascrivibile come amaro in bocca, ormai siamo talmente abituati a questo vuoto che non ne siamo più stupiti né quasi infastiditi, ma lo viviamo come una continua nota discordante nel sottofondo della nostra esistenza.

Le principali reti hanno proposto delle nuove offerte: Mediaset e Sky permettono ai propri abbonati, in possesso di particolari decoder, di costruire un palinsesto personalizzato con i programmi da loro preferiti, ma a parte lo sport e alcuni film i palinsesti languono; Rai e La7 e MTV hanno reso disponibili sul web i propri archivi, ma non si può continuare a guardare solo materiale di repertorio.

Potrei andare avanti a scrivere considerazioni di questo tenore per pagine senza, come ho fatto finora, specificare l’argomento della mia critica: purtroppo essa si attiene a fin troppe cose che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, ma in questa occasione intendo trattare dei palinsesti televisivi e cinematografici. Rai e Mediaset vanno in vacanza per 4 mesi (quattro mesi!), La7 fa campagna acquisti per la prossima stagione ma intanto vagheggia nel limbo estivo, Sky si salva con la vastità della sua programmazione ma di novità non se ne sono viste neppure sul satellite (di questi giorni l’arrivo di SkyGo su iPad, ma esula dal tema dell’articolo).

Sono tutte soluzioni di ripiego, dimostrazioni di come le innovazioni tecnologiche siano abbracciate solo quando permettono di portare un considerevole risparmio ai produttori piuttosto che un effettivo miglioramento ai fruitori. E nel groviglio di festival ed avvenimenti socio-politico-cultural-circensi di cui si riempie il periodo tardo-estivo e per cui si spendono fior fior di soldi (basta guardare quanta pubblicità hanno), anche cercare

Ok, non c’è niente in tv, andiamo al cinema stasera. Sì, ma a vedere cosa?

by Fabio Marchionni

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un’alternativa è arduo. Certo, è nata l’internet-tv, anche se non ha ancora raggiunto il massimo del suo potenziale. Se da un lato è sicuramente un’innovazione importante, che ci dirige verso un’esperienza di visione totalmente sotto il controllo dello spettatore, che ha così tutte le possibilità della tv e della rete insieme, dall’altro non è possibile non notare come tutte le funzioni del computer che lo spettatore può utilizzare sulla televisione lo portino a ridurre il tempo effettivamente dedicato alla programmazione televisiva. Che sia un bene, vista la ridotta qualità e quantità dei palinsesti, e il sempre minore tempo libero degli spettatori (che hanno così la possibilità di convogliare il tempo dedicato a tv e pc), è molto probabile, ma rimane un senso di nostalgia non per quando la televisione era l’unico passatempo della popolazione, ma per quando valeva la pena guardarla. In calce aggiungo di non essermi dimenticato di aver cominciato un elenco nelle prime righe dell’articolo, ma dato che avrei dovuto menzionare che il fatto di parlare del nulla è anche sintomo di squilibrio, come mostrato da schiere di scrittori dallo spirito travagliato morti suicidi, ho cercato di posporre quest’incombenza il più possibile...

by Fabio Marchionni

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Armarsi di un'idea prima di scrivere Aprire Word: fatto. Leggevo la scorsa settimana un articolo di Hanif Kureishi, pubblicato in Italia da “Internazionale” (n. 924), il quale spiegava che il lavoro di uno scrittore consiste nel creare un’opera e convincere il mondo che ne ha sempre avuto bisogno. Una strategia utile a tutti, ma che proprio per questo aiuta la prolificazione di opere non degne di questo nome. Del resto si tratta di un’idea tutt’altro che originale, ma che lo scrittore mi ha convinto a leggere, dimostrandone l’efficacia.

Trovare un’idea: fatto. Scriverla: fatto. Renderne partecipi i lettori: … E’ questo il principale problema della scrittura. Tutti hanno delle idee. Le idee si possono trovare a ogni angolo, su ogni pagina Web, di giornale cartaceo, di pubblicità; si possono ricavare dalla frase sentita per caso mentre si aspetta l’autobus o da quella lanciataci contro da un automobilista imbufalito. Davvero le idee sono dappertutto.

Non so se vi ho convinti ad arrivare fin qui nella lettura, appartenendo anch’io alla fusione delle due categorie sopra citate, ma ovviamente a quella negativa. E non mi vergogno, del resto sono insieme alla stragrande maggioranza degli scrittori, posso almeno consolarmi di essere in, se non buona, sicuramente numerosa compagnia.

Ma poi bisogna saperle scrivere, bisogna essere in grado di comunicarle a chi legge e fare anche in modo che gli interessino.

Consigli utili per capire quale libro, articolo o qualsivoglia forma di comunicazione scritta appartenga alla categoria virtuosa sopracitata? Uno solo: leggere. Provando, scegliendo in base a tutti i criteri immaginabili, sono tutti validi perché non si scoprirà mai se un’opera è scritta bene e contiene idee degne di questo nome senza leggerla personalmente. E chissà, magari invece troverete un modo per riuscirci, lo pubblicherete e ci farete dei soldi. O invece rimarrete solo con un’idea, senza riuscire però a comunicarla…

Molti aspiranti scrittori sono pieni di idee, ne hanno talmente tante che potrebbero venderle (e infatti alcuni lo fanno), ma poi non riescono a trasmetterle nella scrittura, e si riducono a bruciarle o a tralasciarle. D’altro canto molti scrittori sono in grado di scrivere bene, riescono ad attrarre il lettore con il loro stile (elegante, parlato, metafisico, semplice, ecc…) e a convincerlo che potrebbero raccontare qualcosa di interessante, ma alla fine della lettura non rispettano questa promessa.

P.S.: un altro consiglio effettivamente ce l’ho. Non trovatevi mai un critico preferito: lo adorerete fino alla divinizzazione, ma quando recensirà positivamente un’opera che vi ha disgustato… la delusione sarà troppo grande da sopportare, e vi ritroverete più spaesati di prima!

I casi di positiva fusione tra queste due categorie (ovvero scrittori che riescono a trasportare sulla carta splendide idee magnificamente scritte) sono molto rari. Se stessimo a guardare le recensioni della maggior parte dei giornalisti critici dovremmo dedurne che la quasi totalità degli scrittori appartiene a questa categoria di privilegiati e illuminati, ma è ovvio che ciò non può essere vero. by Fabio Marchionni

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L’esigenza di raccontarsi Stavo pensando autobiografia.

di

scrivere

la

articoli su riviste o siti web ha sicuramente modo di parlare di sé stesso agli altri, attraverso il proprio blog, il proprio sito ufficiale o le proprie pagine Facebook, Twitter, Google+, e così via.

mia

Credo sia giunta l’ora, ho 24 anni e non ne ho ancora una al mio attivo, comincio a vergognarmi di fronte ai miei amici, quando esco di casa prego sempre di non incontrare qualcuno che mi chieda a che punto sono con la fase di pubblicazione. Per questo sto già consultando un team di avvocati per prevenire l’utilizzo scorretto dei miei futuri diritti editoriali, sono in contatto con diverse riviste per la pubblicazione a puntate di alcuni capitoli e ovviamente sto pensando anche a stendere una sceneggiatura per le ovvie trasposizioni cinematografiche e teatrali…

Chiunque scriva sul web in una di queste forme parla di sé, innanzitutto perché esprime delle opinioni personali, e in alcuni casi perché racconta/mostra/elenca dati che normalmente considereremmo privati (se questa parola ha ancora ragione di esistere). Quindi noi tutti (o quasi) parliamo di noi stessi tutti i giorni, lo facciamo senza neanche rendercene conto, ma lo facciamo continuamente, e spesso offriamo questi dati sensibili a completi sconosciuti (no, non la metà dei nostri amici Facebook) magari commentando in calce a un articolo di un giornale, esprimendo la nostra opinione su un qualsiasi fatto in modo che lo possano leggere altre persone.

Sembra incredibile, ma il discorso (ovviamente ironico) che ho scritto oggigiorno è sempre più plausibile, soprattutto se in bocca a qualche personaggio che per mille ragioni si può definire “pubblico”.

Ecco dunque che forse scrivere un’autobiografia significa semplicemente mettere ordine nella quantità di informazioni che diamo agli altri, razionalizzarle e renderle disponibili a chiunque abbia interesse nell’apprenderle, e perché no, intanto guadagnarci anche un po’ di soldi per ripagarci dello sforzo compiuto!

Non starò a citare tutti gli esempi che si possono trovare nelle librerie (sempre in aumento), mi limiterò a nominare due miei quasi coetanei che ne hanno recentemente pubblicata una: il tennista Rafael Nadal e la cantante Anna Tatangelo… Potrei certo partire in un attacco sull’assurdità dell’esigenza di raccontarsi in un libro a soli 24 anni, e sparare a zero sugli evidenti interessi economici (ma non gli bastano mai?): preferirei invece procedere cercando di giustificare questa tendenza degli ultimi anni.

E poi, se andassimo a controllare la bibliografia di moltissimi scrittori, potremmo accorgerci di come la loro carriera letteraria sia iniziata proprio grazie a un’opera autobiografica: Nick Hornby, Dave Eggers, Jonathan Safran Foer per citare i più recenti che mi vengono in mente. La rete e i suoi mezzi di comunicazione hanno solo esteso la possibilità di parlare di sé stessi, e per molti fortunati di pubblicare i propri memoranda.

Vero motore globale del nuovo millennio è senza dubbio la comunicazione: io stesso in queste poche righe sto soddisfacendo il mio desiderio di comunicare e ho dato alcuni dati personali che ai lettori potrebbero non interessare minimamente, ma tant’è, ormai se vi siete spinti fin qui nella lettura ne siete stati edotti, volenti o nolenti. E chi non scrive

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Come chiudere questo articolo quindi se non invitando tutti a rivalutare l’autobiografia di ù

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Anna Tatangelo come opera figlia dei nostri tempi e ad augurarsi un prosieguo della sua carriera letteraria? Sipario.

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Nuove strategie per ripopolare i cinema mettersi a vederlo con il commento del regista che parla ininterrottamente per ore sopra le voci e i suoni del lungometraggio). Questo discorso vale sia per film nuovi che per classici del passato, di cui si può sempre apprendere qualcosa di nuovo.

La riscossa degli incassi cinematografici di quest'ultimo anno è senza dubbio una notizia positiva in quanto arresta la fase calante dell'industria nostrana e straniera in Italia, la quale sembrava destinata a non finire mai. D'altro canto non è comunque paragonabile ai successi ottenuti dal cinema in tempi più felici, senza bisogno di andare a richiamare alla memoria gli anni d'oro pre-televisivi.

Così anche nei cinema cominciamo a vedere due tipi di proiezioni: le versioni allungate con scene inedite e i classici che ritornano sugli schermi per brevi periodi.

Non è certo un compito facile riuscire ad attirare gli spettatori a spettacoli in cui si deve pagare una cifra che si aggira in media sugli €8 quando questi possono vedere gli stessi film sulle loro televisioni (magari pure HD) aspettando solo 6 mesi per l'uscita del DVD o del Blu-Ray e un anno per l'approdo sui canali televisivi. Per non parlare di coloro che scaricano i film illegalmente, magari addirittura registrati al cinema (e chissà come fanno questi ultimi a essere sempre subito pronti per qualsiasi uscita cinematografica: sembrerebbe che i gestori di alcune sale non siano troppo interessati a combattere la pirateria).

Riguardo alle prime basti pensare ad “Avatar”, il successo di James Cameron che lo scorso 23 Novembre, in occasione dell'uscita dell'Extended Collector's Edition (con 16 minuti di scene tagliate) è tornate nei cinema per un solo giorno (ma con solo 8 minuti inediti, su un film di 2 ore e mezza...). Sempre recentemente abbiamo avuto la possibilità di rivedere al cinema “Ritorno al futuro” di Robert Zemeckis (il 27 Ottobre), mentre il 2-3 Febbraio si potrà assistere nuovamente a “Frankenstein Junior” di Mel Brooks, entrambi in edizione rimasterizzata. Si tratta di una iniziativa promossa da Nexo Digital, che nei prossimi mesi proporrà altri titoli del passato rimessi a nuovo e soprattutto a disposizione degli spettatori che non hanno potuto apprezzarli sul grande schermo alla loro uscita o che vogliono riprovare le stesse emozioni di tanti anni fa.

La risposta della maggior parte delle produzioni italiane è sotto gli occhi di tutti: film comici (soprattutto volgari, demenziali e di cattivo gusto, ma diciamo in generale comici) con cast riempiti di personaggi famosi (della televisione però) e trame trite e ritrite.

Forse anche perché le produzioni contemporanee sono in minima parte veramente valide, e quindi c'è bisogno di cercare tra i successi del passato, ma un vero appassionato, in attesa di una rinascita del cinema, è contento anche così.

Ma un'alternativa sembra stia prendendo piede dall'esperienza dell'home video. Le case di distribuzione hanno da tempo capito che per attirare la gente a comprare DVD e BluRay bisogna offrire qualcosa che la televisione e internet non possono garantire. Ed ecco un fiorire di contenuti speciali, versioni inedite, director's cut, making of, addirittura commenti del regista a tutto il film (non so se avete mai provato, ma bisogna proprio andare matti per un certo film per

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All’ombra dell’ultimo sole s’era assopito un pescatore

L’Europa ci rammenta che i network sono l’oggi e il domani del Vecchio Mondo, e non solo (basta leggere http://europa.eu/index_it.htm), il Bel Paese fa spallucce, ne parla con entusiasmo ma, a guardar dietro il vetro, lascia inalterato lo stuolo di prime donne d’Ancien Régime, vuote, vecchie e scarsamente utili, ad abbuffarsi sul piatto di portata lasciando meno che le briciole.

Network e Rete due vocaboli che ormai sono sulla bocca di tutti, voci rivolte alla folla, sonanti squilli ad accompagnare il nuovo che avanza con la consapevolezza che, oggi, è essenziale unire le forze, senza dover scomodare Marx & C., tutti sanno che Network è d’obbligo. L’Italietta nostrana come sempre si riempie il cavo orofaringeo di parole e motti, slogan e buoni propositi, il farò che sa tanto di cambiale a vuoto, riempire l’aere di futilità è facile, veloce e non comporta fatica "dal dire al fare, però, ci sta in mezzo il mare" e in mezzo al mar ci stan i camin che fumano.

Con gran scorno ici la parola rete è associata o alle calze da signora o a quella usata dal pescatore di frodo per far incetta di poveri pesci, senza rispettare il ciclo biologico del mare e dei suoi abitanti, in fondo fin che la barca va lasciala andare.

Il Network presuppone una cosa essenziale, senza la quale, non ha possibilità alcuna di nascere ed esistere la collaborazione delle parti in causa. Siamo sempre alle solite tutti ne parlano ma nessuno, poi, a conti fatti nulla fa.

"Armiamoci e partite" miei prodi, raccontare come siamo bravi a fare, come facciamo rete, quanto è bello fare delle cose insieme è un ritornello mnemonico facile facile, orsù, non abbiatene a male se alla fine sono cristalli di ghiaccio sciolti dal sole mattutino.

Collaborare significa integrare professionalità e mentalità diverse ottimizzando le risorse per ottenere un risultato migliore, in fondo unire è sicuramente più vantaggioso che dividere, mescolare è un atto creativo puro più sorprendente dell’utilizzo seriale della stessa nota o ingrediente per mantenere inalterata una ricetta.

Pazienza se, oggi, molti sono individui di nietzschiana memoria, automi parlanti allo specchio rare volte dotati di udito, che ricordano i bambini che tappandosi le orecchie cominciano ad urlare la stessa cosa ad alta voce per non sentire altra ragione che la propria. IO, io, io, reucci da pozzanghera infangata, imbrigliati loro stessi, senza nemmeno avvedersene, alla rete della mediocrità e alla mercè di famelici pasti di pesci più grandi.

Le scoperte, l’innovazione e i progetti migliori sono sempre il frutto di un crocevia di individui che, messo da parte l’ego da super uomo, si confrontano per costruire, non per distruggere. The B Side

Sollevare appesantiti deretani da sgangherate

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sedie per tessere una variopinta coperta patchwork per l’inverno è di certo più utile d’essere sballonzolanti scheletri di fantocci da teatrino di marionette, buttati nei cassoni a fine recita.

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Giano Bifronte tempo. Se, invece, si prolunga l’età pensionabile, non scollando dalle sedie gli anziani ma lasciandoli vegetare sui posti di lavoro fin che morte non li colga, quando mai si riuscirà ad inserire nuova linfa vitale? Meglio certo lasciare i giovani nel precariato, non pagarli, creare la “fuffa” degli stage o dei tirocini a vita, toglierli la possibilità di una contribuzione pensionistica futura e poi dirgli “sorry ma vivete troppo a lungo e siete solo un peso”. A questo punto perché non puntare ad un’estinzione programmata della razza umana?

La matematica pare stia diventando un’opinione e giocare con le scarse entrate altrui un gioco buono per tutte le stagioni. Quando le idee mancano, si potrebbe obiettare dicendo “quando mai ce ne sono”, è vero, ma si cerca sempre di concedere un po’ di fiducia al presente e al futuro, l’unica cosa che si è in grado di proporre per intascare altri denari è la stretta sulle pensioni (ma tutte le gabelle che versiamo ci si chiede dove vanno a finire? Nello scarico del wc?, nel dimenticatoio? Persi in qualche vecchio pouf? Mah… http://www.corriere.it/economia/11_luglio_02 /pensioni-revisioni-tagliate-a-partire-da-1400euro-mario-sensini_58d44648-a477-11e09ba2-3e9ac4006989.shtml).

Oltre a ciò ci aggiungiamo “far di tutta un’erba un fascio” e tagliamo a caso l’invalidità e gli accompagnamenti. Gentili signori dal “cervello fino” non è più facile fare delle verifiche? Non è complicato perché è tutto alla luce del sole, tant’è vero che le “scoperte dell’acqua calda” non stupiscono nessuno, tranne, forse, il Bianconiglio, e far pagare chi ha gabbato lo Stato, compresi i “potenti”, invece di penalizzare chi ne ha effettivamente bisogno.

Or dunque, “se tanto mi da tanto”, per prima cosa mi dico dove potete ancora stringere visto che avete ridotto alla fame un fetta talmente larga della popolazione da essere quasi la totalità della torta e poi perché ridurre le pensioni di chi lavora una vita onestamente? Non sarebbe più semplice toglierle a chi scalda una sedia ”a ufo” per giocare con le vite altrui? Toglierle? no! mi dareste dell’estremista e a quello ci pensava già la mia docente in tempi universitari lontani. Allora saremo più magnanimi, concediamola, non dopo un risicato numero di anni che è vergognoso solamente ripetere, ma passato un tempo ragionevole, possiamo proporre da venti in poi, ad esempio, così si potrebbe già effettuare un buon taglio dove effettivamente andrebbe fatto. Lo spreco è spreco e si abolisce dove è da considerarsi tale.

Razionalizzare, certo, iniziate a snellire i vostri spropositati conti, a ridurre il numero di persone mantenute solo per dare “fiato alle trombe” e ad iniziare a ragionare in senso economico. Sarà tanto difficile fare questi semplici conticini? Non credo sono problemini da prima asilo; molto più facile, ne convengo, lasciare tutto in brodaglia a favore di pochi invece di ritrovare un senso lineare e compiuto di buona economia, concreta, tangibile e razionale. È primavera…svegliatevi bambine, prima che la continuata azione dell’acqua del Lete cancelli ogni traccia del mito di Adone.

Altro piccolo ragionamento logico, da unità colorate di legno che ricordano la prima elementare, non ancora primaria: la vita essendo una ruota gira, per cui se si innestano i giovani presto nel mondo del lavoro avranno tutto il tempo di versare le pensioni per chi c’è già nell’Olimpo, avendo lavorato a suo

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Fatte non foste a viver come bruti

con umiltà e pazienza. Superato lo scoglio dell’ovvio ragioniamo sull’immenso circuito economico che la cultura (e con essa, intendo letteratura, arte, design, archeologia, architettura, pittura, scultura, storia, cinema, teatro, economia, know how, cultura popolare, tecnologia e molto altro ancora, n.d.s.) genera. In un paese come il nostro la “cultura”, da sola, potrebbe comodamente impiegare tutta la popolazione esistente, senza esagerazioni. Peccato sia più comodo etichettarla come peso, non è difficile fare operazioncine semplici sui tre valori: spesa, ricavo, guadagno.

“Odi et amo, Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior”. Come sia possibile crocifiggere la cultura, depauperandola, defraudandola e scacciandola ai margini, senza che nessuna voce di dissenso sappia tramutare slogan e parole al vento in un solido un rompighiaccio capace di rompere la spessa coltre di ottusità, ignoranza e diseconomia vigente non me lo so spiegare. In primis è d’obbligo capire, una volta per tutte, una cosa essenziale, evitando l’imbecillità imperante da “se hai il vuoto dentro hai fatto centro”: la cultura è l’incipit e l’excipit stesso di una società, di una nazione, di un’etnia e di ogni singolo essere umano. Senza di essa non si hanno radici né nuovi innesti da far crescere, si è solo marionette i cui fili sono mossi a discrezione dei burattinai.

Partiamo dall’indotto basilare, ossia, da tutta la forza lavoro che mette in campo, partendo dai professionisti e tecnici (si potrebbe obiettare che non sempre c’è meritocrazia, vero, ma è risolvibile a monte la questione, se solo lo si volesse davvero…), passando per le università, gli istituti e le associazioni culturali, sino ad arrivare ai custodi. La cultura mette in circolo enormi risorse, umane, produttive e finanziarie e genera movimenti a saldo nella voce “entrate”. Nonostante la crisi gli spettatori e gli utenti paganti aumentano (nei musei, negli eventi collaterali, etc), segno che la cultura è un bisogno reale e che i denari si incassano (magari si perdono per la via, ma questa è altra storia, fra l’altro, tipicamente italiana).

Capire, conoscere, imparare, ragionare secondo la personale logica, con il proprio cervello e non per “frasi fatte”, buone solo per incartare un cioccolatino, cercare l’essenza dei contenuti e non limitarsi alla confezione di parole vuote sarebbe atto necessario e dovuto, prima di tutto verso sé stessi. Senza cultura una società muore, ma, forse, nel mondo attuale, non importa quasi a nessuno.

Questa è solo la punta dell’iceberg ma un singolo evento genera a pioggia una ricaduta positiva a cerchi concentrici allargati, che si allontano molto dal suo epicentro, movimentando l’economia a micro e macro livelli.

Dimenticare è atto semplice e comodo, soprattutto per chi dirige i giochi, ma conoscere i percorsi storici dell’umanità è l’unico modo sicuro per evitare di reiterare i medesimi sbagli per banale ignoranza, come dice il proverbio “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, et tertia non datur”.

Vi pare esagerato? Semplifichiamo con un esempio banale: un evento culturale qualsiasi, festival o mostra scegliete voi, oltre ai professionisti, richiede personale tecnico specifico per gli allestimenti ad esempio, o per i restauri ad hoc, e i materiali necessari, che devono essere acquistati e, ovviamente,

Ignorare, sia chiaro, non è un male irrimediabile, ma diventa peccato mortale se non si colmano i propri vuoti di conoscenza, The B Side

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questi sono stati prodotti da aziende (tradotto: acquisto,produzione/trasformazione/vendita/c onsegna/messa in opera); in un festival, poi, ci sono i partecipanti che per creare le opere in concorso generano micro economia, persone coinvolte, creazione di circoli di collaborazione, acquisto o nolo dei materiali, invio degli stessi, a mezzo posta o corriere (che devono essere pagati e incrementano i loro incassi in funzione dell’evento, entrate che non avrebbero altrimenti avuto). Se, poi, i vincitori diventano famosi è un ritorno d’immagine per gli organizzatori immenso; comunicazione (tv, giornali, radio, internet) e pubblicità, non solo le agenzie coinvolte ma l’effetto che partecipare ad un evento, ospitarlo o esserne promotori genera, poi, su vasta scala e su lunghi periodi, con ricadute oggettive monetizzabili a sostegno del brand o del luogo ospitante. Un esempio? Confrontate Torino pre e post Olimpiadi e ve ne renderete subito conto; gadget, accessori, libri e simili legati alla mostra che sono ideati, prodotti, pubblicizzati, trasportati, venduti, attraverso una lunga filiera. Diventano, inoltre, una pubblicità extra continua nel tempo per l’evento e per i loro produttori; agenzie e strutture turistiche, di ogni genere e grado (bar, alberghi, ristoranti, etc), e commerciali che sono coinvolte a più livelli; i trasporti, non solo le ditte di spedizione che muovono materiali, strumenti, etc per l’evento stesso, ma i trasporti pubblici, che sono scelti da migliaia di persone, in Italia e all’estero, per recarsi all’evento, i benzinai e le autostrade, chiamati in causa per le utenze che utilizzeranno un mezzo privato; lo Stato stesso che, se è pur vero che eroga finanziamenti (quasi tutti europei), incamera imposte e tasse da tutti gli agenti coinvolti in questo immenso processo già descritto; etc.

patrimonio culturale. Auguriamoci che Gesù Bambino (o Santa Lucia, San Nicola, Babbo Natale o la Befana, purché almeno uno ascolti) porti agli italiani come regalo di Natale la logica ragione, per sostenere, promuovere e sviluppare la cultura in tutte le sue manifestazioni, e, indi, l’economia reale di un paese che, avendo tradizione, risorse, idee e know how, non dovrebbe nemmeno conoscere il significato della parola “crisi”.

Potrei andare avanti all’infinito ma l’elenco è sufficiente per provare che definire la cultura un peso di saldo negativo è, non solo da stolti, ma diseconomico, alla stessa misura dei tantissimi atti di scempio perpetrati ogni giorno a danno del nostro immenso

The B Side

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Vita Nuova dovrebbe poter scegliere in prima persona il diretto interessato? Nel pieno rispetto di ogni singolo uomo si deve lasciare ad ognuno, secondo la propria coscienza, la libertà di decidere per sé stessi. Se poi le religioni condannano questa scelta come uno dei più grandi peccati contro Dio nessuno si permette di dire il contrario, ma, anche in questo caso, per l’infinita grandezza divina, che lascia agli uomini la libertà di scegliere il bene e il male, sarà solo nel giorno del giudizio che ognuno di noi, singolarmente, verrà giudicato e potrà accusare solo sé stesso degli errori commessi. La vita è un bene prezioso, per questa ragione è un diritto, personale e individuale di ogni uomo, decidere se aiutare Atropo a tagliare un filo che non si potrà più riannodare per tornare a filare o lasciare, senza indugi, che il Fato compia il suo destino. Perché ogni singolo individuo possa davvero credere che, in fondo, La fine è il mio inizio.

Con i primi venti di primavera si ripresenta il

dibattito sul Testamento Biologico, rinasce la natura e si ritorna a parlare di diritto alla morte, incapaci di dare dignità all’uomo e al suo insindacabile diritto al libero arbitrio. Naturalmente nessuno discute il valore della vita per la religione ma qui il nodo gordiano da sciogliere è un altro: rivendicare con chiarezza culturale, filosofica e umana la libertà di ogni singolo individuo, all’interno di un contesto sociale, di decidere della propria vita, nel bene o nel male. Se non è credente metterà un punto alla propria esistenza senza seguito alcuno, se è credente la sua anima dovrà fare i conti con le proprie scelte nell’Aldilà. Con quale diritto uno Stato si arroga la facoltà di imporre una legge che limita rigidamente la libertà personale ed individuale di decidere sulla propria vita? Non definiamola legge morale perché a fondamento di uno Stato democratico c’è la laicità; indipendentemente da quante e quali confessioni religiose ci siano all’interno dei propri confini queste non devono in alcun modo interferire sul libero arbitrio dei cittadini. Come è possibile affermare di pensare esclusivamente al benessere dei propri abitanti quando non gli viene riconosciuta la possibilità di scegliere se vegetare all’infinito -senza nessun contatto con il mondo esterno, dando un dolore infinito a chi si ama e soffrendo senza speranza- o se chiudere la propria vita, umanamente vissuta -per evitare ed evitarsi pesanti sofferenze-? Non è raro sentir mormorare sottovoce al capezzale di un essere inesorabilmente condannato alla morte “se chiudesse gli occhi ora sarebbe per lui un bene”. Senza nasconderci troppo dietro alla falsa morale vedere soffrire chi si ama e non riconoscerlo più, nell’ombra immobile di sé stesso, è un dolore che porta, spesso, a chiedere come Grazia la sua fine per liberarlo da un destino senza speranza di rinascita, e perché non The B Side

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Wi-Mee Legge Le recensioni di Wi-Mee FreeWords

Come fece come non fece C’era una volta u cuntu Principi fate folletti nel magico mondo delle favole

La recensione di Wi-Mee Un magico viaggio alla riscoperta della tradizione favolistica salentina Le favole sono, da sempre, il mezzo più diretto e mistico per tramandare ai fanciulli la stratigrafia culturale ed educativa tradizionale propria di uno specifico contesto sociale. In un passato, neppure troppo lontano, i bambini imparavano le regole sociali attraverso il racconto orale, “di bocca in bocca”, di favole che, diventati adulti, rimettevano in circolo, narrando, a loro volta, alle giovani generazioni ciò che avevano ascoltato nell’infanzia, arricchito dall’esperienza. Un patrimonio culturale immenso che rischia, oggi, di morire perché è venuto a perdersi il ritmo temporale ciclico del passato, scandito dalle stagioni e dalle età umane, che si ripeteva all’infinito, immutabile, noto e certo. Il libro, in uscita tra le strenne natalizie, il periodo in cui le atmosfere si rifanno magiche

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e si ritrova, seppure per un attimo fugace, il sapore delle tradizioni famigliari, raccoglie alcune fiabe popolari salentine, rivisitate con un linguaggio contemporaneo, più comprensibile ai bimbi di oggi, e valorizzate da un ricco corredo illustrativo.

che è parte del nostro dna culturale e sociale. “La strada è lunga, ma vai, troverai un altro vecchio, lui ti saprà indirizzare meglio. Buona sorte.” Nulla di meglio di un libro sotto l’Albero per raccontare la nostra storia attraverso un fil rouge narrativo disseminato fra le pagine: “come fece e come non fece” si ritrovò a scoprire le favole perdute dei suoi bisnonni e la ruota tornò a girare “c’era una volta, tanto, tanto tempo fa…”.

Queste fiabe rimettono in luce il patrimonio culturale dei saperi tradizionali del passato che, seppure con qualche differenza e specificità geografica, si ritrova in tutta Italia, e a ben guardare nel mondo intero, come un filo narrativo, a livello di stile e contenuti, unitario che si perde nella “notte dei tempi”: figure retoriche, allegorie e metafore, animali umanizzati, magie, messaggi morali e l’exemplum che insegnano ciò che è buono e giusto da quello che non lo è. La resa stilistica più attuale rende piacevole e adatta la lettura per i giovanissimi ma anche per chi, adulto, vuole ritrovare il senso della fabulae e il sapore del ricordo. Le illustrazioni si compenetrano con il testo e assolvono la funzione del docere attraverso le immagini, i colori vivaci, la resa stilistica, che ricorda le illustrazioni dei libri per fanciulli del secolo scorso, la grafica dei disegni, che sembrano colorati con i pastelli a cera e i colori a tempera, attirano l’occhio marcando i passaggi salienti della narrazione. Mi ha ricordato i miei vecchi libri di favole, che, prima di imparare a leggere, mi facevo raccontare all’infinito sino a che non ne conoscevo a memoria il testo per narrarmelo da sola, guidata, per la scansione temporale degli eventi,anche dall’aiuto delle immagini, castelli, animali, eroi, saggi, cavalieri, vecchi e vecchine, principesse, draghi e “chi più ne ha più ne metta”. Il contemporaneo è veloce e non ha tempo per i ricordi e le tradizioni, mai, quanto ora, è, perciò, importante recuperarne i contenuti, semplificando e attualizzando la forma, per ritornare a tramandare la conoscenza arcaica

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Vi racconto l'autore La rubrica di FreeWords dedicata agli autori. Una raccolta virtuale fatta di micro racconti, pillole d’autore regalate ai lettori per farsi conoscere sotto una luce inedita. Una biografia inusuale e pocket per parlare di sé in 300 parole.

Maledetto il giorno che t’ho incontrato stratigrafie complesse, unità singole facenti parte di una moltitudine intersecante di vite.

No, non ti preoccupare non lo sto dicendo a te, è una delle frasi più assidue rivolte alla mia augusta figura, nel senso di imperiale.

Casuale passante nel mondo dei vivi si chiede spesso se non è il protagonista imprigionato in un sogno altrui, cogito ergo sum.

Nulla da fare se il Fato ha voluto mischiare linee aguzze a curve paraboliche per una tela che ricorda Les Damoiselles d’Avignon (mestiere a parte, ça va sans dire), facendosi aiutare dalla congiunzione astrale d’Oriente e d’Occidente e da un risveglio da confusione mentale anestetica, con un risultato a dir poco fastidioso.

Ora non dire, scrutatore indiscreto voyeur di vite sconosciute, che ciò che ti narro è solo un artificio grottesco da Wunderkammer principesca, giudica pure se vuoi ma au fond du quai nessuno è mai ciò che sembra e nessuno sembra mai ciò che è.

Nome omem, dicevano i latini, se ci si aggiunge pure il cognome il quadro è completo, con una vaga redenzione da figura retorica giocata sull’ossimoro del cromosoma xx. Brucia il fuoco del tempio di Vesta, lo sguardo è lontano, vita e morte, distruzione e rinascita, l’Araba Fenice vola nel cielo sopra

Vi racconto l’Autore

VRA


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Cercando LEI Perché lei? Io per primo stento a crederci. Nel mezzo di questo flusso inanimato di eventi che è la mia vita, non avrei mai creduto possibile scorgere frammenti di indizi tali da farmi esitare, sino ad indurmi a riflettere, ed al fine allontanarmi dal sentiero battuto. Lasciare il caro vecchio mondo di cose randagie, il totem di abitudini, il sentiero dal sapore antico delle cose inutili, il vivere a cui mi ero dedicato con perizia e stile, tutto per LEI, la mia illusione di significato estremo oltre il roteare di banalità consacrate. Eppure. Così eccomi a nuotare controcorrente, a risalire la scia luccicante della mia nave che fugge alle spalle, per andare incontro ad una sagoma indefinita, gelida ed inquietante quanto un iceberg, scintillante ed effimera quanto una stella lontana, misteriosa e sensuale come la luce del crepuscolo. Io, Rick the Trick Molco, alla ricerca della Musa assoluta, della Venere del destino, io. C’è da ridere, e anche molto. Risate e risalite. Ma tant’è, e per il resto… fanculo. Rick Molco

Vi racconto l’Autore

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