Six Days - Sei giorni

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Vince Cammarata

Six Days Sei giorni

ok: compiuti inediti live bo in i gl de ne io az el riv re Dall’auto «Tombini a pois» «Tutti i sensi di Viola» e lgente” D.C. “Racconto bello e coinvo “Gran finale!” D.S.


in copertina: Zombie sms, Halloween 2012 Newcastle. ph.vince cammarata|Fosphoro


Vince Cammarata

Six Days Sei giorni Romanzo breve

Live Project



Avvertenze al lettore

Questo romanzo breve è stato scritto e pubblicato su Facebook “a puntate” durante un viaggio di lavoro in Gran Bretagna avenuto fra il 29 ottobre e il 4 novembre 2012. I post, che corrispondono ai capitoli di questo libro, sono stati scritti sulle note I-phone/I-pad e pubblicati in sincrono ai fatti descritti quasi senza correzione su Facebook dal 29 ottobre al 10 novembre 2012. Le fotografie eventualmente presenti in questo libro sono tutte dell’autore, realizzate nei luoghi narrati e pubblicate anch’esse su Facebook in contemporanea agli eventi. Ogni riferimento a persone fatti o cose è probabilmente, parzialmente reale.

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Edimburgo


Capitolo I Ingannando l’attesa. Edimburgo, sera prima. Pub Scozzese.

Si chiama Julia. No, Sarah. Golfino rosa attillato su pantalone nero slimfit. Corpo... Ok, mangia accavallando le gambe, appoggiando il tovagliolo di carta sopra il ginocchio della gamba destra e lanciando occhiate in giro per la paura che si scopra che anche lei si nutre masticando. Seno a modo. Sospinto da intuito di reggiseno nero che spezza le sue curve naturali. Sguardo spento o forse semplicemente perso, nei suoi giri mentali. Accarezza la punta dei capelli, costringendoli fra indice e pollice e rigirandoli come se volesse renderli ancora piĂš fini.

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All’infinito. Forse una lacrima - sospirata da “Total Eclips of the Heart” che fa da base - prima di finire la sua Guinness e di decidere che ne ha abbastanza di essere fissata da uno che sembra radiografarla. L’indecisione sul continuare a bere o meno finisce subito, quando, rullata la sua dose di tabacco serale, prende sciarpa nera e giacca bianca e senza degnare di uno sguardo il suo ammiratore si dirige alla cassa e poi fuori a fumare: forse per pensare sempre a quella ipotesi di lacrima. Avrei potuto rivolgerle una parola, nel migliore dei casi scoprire che in realtà si chiamava Julia (bona la prima) e che, quella sera, non avremmo cenato tristemente soli. Addio Julia. Buona notte.

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Capitolo II Pimo appuntamento. Edimburgo giorno secondo. Esterno giorno (grigio).

L’appuntamento è per le 12.30. Davanti alla cattedrale di St.Giles, in “The Royal Mile”. Lei è Silvia amica, amica di amica... Poco prima di partire, in aereoporto mi avevano passato il suo contatto. Messaggio al volo e “domani ci vediamo?”. Ieri era oggi e oggi è già domani. Mancano nove minuti e sono rifugiato in un bar a venti metri dall’appuntamento. Accanto a me – alla mia sinistra – un padre e una figlia al tavolo. The e cappuccino: popolo civile quello scozzese, lavorano il latte molto meglio che gli svizzeri. Lui tira fuori un mazzo di carte. Iniziano il gioco silenziosi: ogni tanto

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Edimburgo


Capitolo I

sento “diamond!”, forse per indicare “quadri”. Ogni tanto pescano dal mazzo coperto. Ogni tanto da quello scoperto. Battono sul tavolo: due colpi accennati, sta nel gioco. La figlia attende le carte guardando la ragazza alla mia destra. Tipo giovane, ventidue anni al massimo, pallido, dove il nero del capello a caschetto, del vestito, del piercing al labbro e del laptop, raccontano una figura darkeggiante che passerà la sua mattinata a succhiare corrente dalla presa sotto il sedile seguendo le news della sua timeline e spulciando, sulla bacheca di un sito di annunci, alla ricerca di un appartamento non arredato di cinquanta metri quadrati vista parco, zona università. Tre minuti. Mi alzo, pago e corro frettolosamente fuori verso Silvia. – Sorry. Julia. Che fuma la sua paglia mattutina sul ciglio della porta. Good Morning.

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Verso Newcastle Edimburgo


Capitolo III Ancora tu. Eccomi qui. East Coast Train. Giorno terzo. Da qualche parte fra Edimburgo e Newcastle. In carrozza.

Sonno. La palpebra fatica a chiudersi. Merito del senso di colpa che colpisce chi, come me, non ha un posto prenotato e teme che presto dovrĂ sloggiare per cedere il posto ad una studentessa di musica col suo violino e i suoi appunti o ad un qualsiasi post-yuppie armato di IPad. La studentessa arriva, ma si siede accanto ricopiando i suoi appunti fatto di pentagrammi e schemi di modulazioni di frequenza (una sequenza di onde e ondine varie ed eventuali). Palpebra chiusa. Riesco pure a non produrre il mio abituale rumore naturale di circostanza solo perchĂŠ sono seduto perfettamente ortogonale nelle comode sedute delle ferrovie britanniche.

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Edimburgo

Sogno. E risogno. E ripenso. E rivivo. – Julia Dissi per la sorpresa ad alta voce. Lei scolla la sigaretta dal labbro superiore – smorfia di rapido ma concentrato dolore – e dice: – No. Sorry, my name is Sarah. Sarah giusto altro che Julia, avevo nuovamente ragione (come sempre). Il suo nome era Sarah... Con l'"h" a giudicare

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dalla pronuncia e dal luogo, Edimburgo, The Royal Mile, in cui mi trovavo. Tornato coraggiosamente tre passi indietro da quando sbattutole contro feci per andare dopo un imbarazzante istante di "basito" e, incurante del ritardo di un minuto sull'appuntamento con Silvia, scrivo sulla appena vidimata tessera raccolta punti del bar il mio numero italiano e mi preparo ad esordire chiamandola per quello che io avevo decretato fosse il suo nome. Julia appunto.


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Mi trovo a passeggiare nel parco con Silvia, lei mi dice di quanto ami il crepitio delle foglie sotto i piedi. Di come le calpesti strascicandosi apposta ogni mattina per andare a lavorare all'università e di altre romanticherie femminili. Lo dice guardando la terra riempita di giallo. Messaggio. Mi fermo. Controllo. +44. "Hi, I'm leaving Edimburgh for Newcastle. Home. We are not lucky. Sorry. CU next life. Sarah." “Newcastle. Next Stop Newcastle”. Apro gli occhi. Rinvengo. Mi alzo di scatto facendo sincopare il cuore della violinista qui di fianco. Newcastle è la città di Sarah. Now I am here. Halloween night.

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Capitolo IV Stalking Newcastle Station. Giorno terzo. Esterno giorno (sempre grigio)

Il lavoro, ancor prima che la femme, mi avrebbe comunque portato a Newcastle. Io fotografo, e ho iniziato questa trasferta Britannica perché ingaggiato da Christine, una Madame di Liverpool, che in Italia e più in particolare a Palermo, ha trovato la dimensione ideale per il suo business: formare croupier o meglio “dealers” per la maggior parte delle case da gioco del Regno Unito. Il mio compito, già sperimentato a Londra qualche mese prima è quello di intervistare e raccogliere storie fra le ragazze croupier, così da produrre dei brevi filmati-testimonianza da far

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circolare sui social network in modo da incuriosire le coetanee italiche che volessero seguire il loro esempio. Ma, il caso, il karma o Dio in persona mi porta proprio oggi nella città di Sarah, Newcastle. Questo doveva significare qualcosa. Io avevo una missione: renderla felice, fermare quella lacrima che stava per prendere forma sul suo volto al pub due giorni prima e che, forse, si sarebbe trasformata in un pianto importante e liberatorio. Il mio compito quindi era quello di asciugare il suo sguardo smarrito, fosse anche solo offrendole un fazzoletto. Sono appena giunto alla stazione di Newcastle e rispondo a quel duro e ironico “...CU next life”: “Maybe we’re already in heaven: I’m here in Newcastle”. Soddisfatto del mio romantic-humour siculo-britannico, dovuto forse alla mia nuova coppola scozzese, punto tutto su quell’sms, sperando nel fascino disperato che avrebbe assunto il nostro semi-blind date... ...L’alternativa sarebbe tragica: denuncia per stalking.

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Capitolo I

+44. “Ok, italian. CU this evening in The middle of the Millennium Bridge. 9.00 p.m.” Newcastle, la città dei sette ponti, stava per regalarmene uno.

Newcastle

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Newcastle


Capitolo V Sarah Newcastle. Pomeriggio terzo. Interno giorno (early grey). Reception Hotel.

Fisso Il rosso del “Poppy” all’occhiello della livrea del portiere dell’albergo che, in questi giorni, con l’arancione della zucca, è il colore che va per la maggiore in tutte le città del Regno. Rosso come il sangue dei soldati di Sua Maestà caduti nei vari conflitti in cui il Paese è impegnato già da decenni nell’export democratico e per cui si raccolgono fondi in occasione della ricorrenza del due novembre. Attendo la chiave della camera. Sms. +44. “Ciao Vince! Ho saputo che sei qui a Newcastle! Che sorpresa! Allora CU tonight! Sarah.”

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Penso. Ha imparato proprio bene l’italiano in soli venti minuti. No, presa dall’entusiasmo di vedermi, deve aver usato il traduttore di google... Ri-penso. No. Ma Sarah è Sarah: università, Lugano, progetti, amica, Varese... Certo. L’ultima volta che la vidi era un anno fa, in crisi col suo lavoro e pronta a tuffarsi creativamente in idee imprenditoriali che riguardavano e-book per bambini. Da un mese ha trovato un buon lavoro proprio a Newcastle. Sta seguendo il mio trip su Facebook e non appena scoperto il mio passaggio mi ha contattato. “Ciao Sarah, com’è piccolo il mondo! Io dovrei essere libero nel pomeriggio dopo le 17.30. Poi ci vediamo...” La risposta fu rapida. “Non esiste proprio. Stasera si festeggia! Ci vediamo alle 20.30: cena fuori e tour Newcastle by night” Piccola sovrapposizione. La mia agenda all’estero stava diventando più fitta e ingestibile di quella di un diplomatico. Non potevo perdere l’incontro. Con Sarah.

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Capitolo VI Vince vs tutte Newcastle. Sera terza. Tardo pomeriggio (buio e freddo)

L’appuntamento di Sarah sta per subire qualche modifica. Basta scegliere quale Sarah bidonare, o semplicemente, far ragionare, per anticipare/posticipare l’incontro. Una me la giocherò quasi certamente. L’altra forse capirà. Del resto lei è innamorata del suo uomo e sicuramente comprende. Ho appena finito il lavoro al casino al centro commerciale in China Town e non ho ancora chiarito bene come affrontare il ciclone Sarah: rifletto imboccando i vicoli che mi portano in Hotel. Una figura tutta imbacuccata in cappotto, sciarpa e basco di maglia mi corre incontro:

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Newcastle - Halloween

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Capitolo VI

– Vi! Grida facendo rinvenire i vari zombie che già iniziano a popolare la notte Thriller Style in cui sono capitato. Controllo. È bionda. Ha i boccoli che spuntano fuori dal basco. È Sarah. La seconda in ordine di apparizione. Per un attimo si dimentica dei 2°C, spalanca il cappotto e appare una PinUp-Marylin dal collo rosso di sangue. Da un mese in UK e già mi è completamente Geordie oriented (così chiamano gli abitanti di Newport, perché un tempo fedeli a Re Giorgio). – Sarah, — dico io — ullalà... Non pensavo di beccarti così, per caso e soprattutto in reggiseno a pois rossi con il collo vampirizzato. Pensa... Ti stavo proprio scrivendo un messaggio. – Non serve. Eccomi qui! Il caso ha voluto così. Ti accompagno a posare lo zaino e poi si va a festeggiare con gli indigeni! E io proprio con una indigena vorrei festeggiare. Ma mi aspetta fra due ore in mezzo ad un ponte che neppure so dove possa essere ubicato. Su di un fiume, probabilmente. Forse in questo Sarah, avrebbe potuto aiutarmi.

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Le racconto la storia. Ora sarà complice. Perlustrazione dell’area Millennium Bridge: ponte chiamato anche “Occhio che sbatte la palpebra” perché al passare delle navi ribalta verso l’acqua la sua corona calatravesca formando la figura di un batter d’occhio. Ok. Intanto però Sarah complice si è scaldata con un paio di birre al paraflu evidentemente, perché ha deciso di andare in giro senza cappotto e senza cappello. Una bionda boccolata per l’occasione in top e uno che va in giro con un cappottone verde ed una coppola scozzese, non passano inosservati. E quello vestito in maschera potrei essere benissimo io data la variopinta fauna seminuda che mi circonda. A questo punto mancano solo cinque minuti all’appuntamento con Sarah. In mezzo al ponte. Sarah complice però, causa alcolica, non sembra cogliere il velato invito che le lancio: – Sarah, io ora dovrei... – Sì Vince, fai pure, io mi giro dall’altra parte, non ti preoccupare, non mi scandalizzo e poi siamo già sul fiume... Falla pure. Portafortuna. – No Sarah... Sta per... Intanto lei è già ribaltata sul fiume a dare l’anima. Io le tengo

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Capitolo VI

la testa. E intanto scorgo una figura familiare che si avvicina un po’ e poi sconvolta scappa via. No. Non può essere vero. Devo rincorrerla. Ma non posso lasciare una Marylin vampirizzata e mezza nuda su di un ponte che non conosco. La situazione precipita. Questa volta non risponde nemmeno al telefono. Niente SMS. Il +44 è diventato subito -44. Persa per sempre.

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Newcastle - Millenium Bridge


Capitolo VII Vince chi fugge In un posto indefinito fra Newcastle e Birmingham Giorno quarto. In carrozza (Grigio ma piovoso).

Oggi il treno mi porta via da Newcastle e non verso la mia nuova tappa. Birmingham, seconda città dell’Inghilterra dopo, ovviamente, Londra. In un giorno girerò quasi tre casino. Quasi, perché non sai mai quanto tempo dureranno le PR inglesi della mia fixer. Intanto, attraversando le campagne, osservando le ciminiere e i pois che formano le pecore sul verde intenso dei campi, ripenso alla figura di ieri sera. Accompagnata a casa la PinUp Sarah, ho provato ancora un paio di volte a chiamare l’altra Sarah. Niet. Avevo preparato e

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inviato, quindi, un sms di spiega e di scuse e di verbi disperati al futuro, del tipo: “When we’ll meet next time...”, “I’ll explain...” etc... Tutto tace, L’ho persa. Ma, ad un tratto mi accorgo di non aver sentito una vibrazione che proveniva dalla tasca del giubbotto e che risaliva a circa un’ora prima. Proprio mentre stavo sistemando i bagagli sul treno e cercavo il biglietto che ormai davo per smarrito. +44. Sarah. La PinUp. Una parola. “Sorry”. Il fatto che lo abbia visto solo ora avrà contribuito ad alimentare in lei un più che dovuto senso di colpa per il fallimentare servizio “complicità” prestatomi ieri sera. “Non preoccuparti, sono già sul treno per Birmingham. Era una storia persa in partenza, forse ti devo dire grazie. Bacio e alla prossima.” Non faccio nemmeno in tempo a spedire il messaggio . +44. “Ok I believe you. Tomorrow I’ll be’ there for my job. Fate is with you.” Non posso crederci. Non solo mi da un’altra possibilità. Ma sta proprio venendo a Birmingham. Cioè, domani.

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Capitolo VII

Ci vedremo domani. Adesso guardo il cielo che si apre e sono le nuvole questa volta a fare pois su di un cielo sempre più azzurro. Incredibile per essere a novembre. Per essere al nord dell’Inghilterra. “I’m already waiting. ;)” Nice to meet you. Birmingham.

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Capitolo VIII A che siamo in Gran Bretagna. Giorno quarto Cab bianco per le vie di Birmingham. Umido Tardo pomeriggio.

Entrare in un cab inglese è come entrare in uno di quei monolocale/loculo che ti affitterebbero a Milano. La differenza sta nell’arredo. Un divano comodo e due posti per gli ospiti a scomparsa. Taaac. L’unica difficoltà riscontrata sta nella enorme distanza che intercorre fra il divano (sedile principale) e la porta di “casa”: un metro e mezzo di sperimentazione su come chiudere la porta da seduto. Impossibile. Allora la procedura migliore e testata dal sottoscritto, consiste nell’entrare, girarsi verso lo sportello chinati verso lo stesso e provare a tirarlo verso sé aggrappandosi

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agli appositi maniglioni di plastica gialla. Poi con la stessa disinvoltura di un camionista che sale sul suo Globtrotter XL, rigirarsi e sprofondare sul divano. Comodo. Terminate le grandi manovre, mi trovo a discutere del piano di lavoro del giorno seguente con la mia compagna di viaggio/ guida. Domani Cardiff. Penso. “Certo, a che siamo in Gran Bretagna, perché privarsi il gusto di visitare pure il Galles...” Poi l’ultima volta c’ero stato in viaggio studio in college vent’anni fa... Mi manca solo Belfast e poi avrò reso omaggio a tutte le capitali del Regno. Malgrado il tour de force, sono contento e poi Cardiff dista solo due ore e mezza da Birmingham. Ripenso. E l’appuntamento? Non posso saltarlo. Domani, e solo domani, sarebbe arrivata Sarah, e solo per una notte. Domani dovrò cercare di fare il più presto possibile con le croupier Gallesi e poi convincere la mia ospite a filare dritto in treno fino a Birmingham e da lì in albergo per la libera uscita.

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Capitolo VIII

La porterò nella zona dei canali, un consiglio di una mia amica che aveva vissuto per un po’ lì. Dal lato opposto di China Town. Dice che è molto romantico lì. Dice che non posso perdere. Dati i successi del mio tempismo, inanellati in queste ultime settantadue ore, la cosa che assolutamente non potrò perdere è proprio il treno... +44. “I’ll arrive tomorrow! 8 p.m. At Station in New Street. I’ll find you there?” “Sure... I’m already there ;)”. La faccina utilizzata ostenta spavalderia e sicurezza. Ma, se dovessi dirglielo di persona, proprio ora, avvertirebbe il bluff del mio incerto destino e scorto la mia fronte imperlata di sudore che sbarluccica alla fioca luce della nostra zucca bianca. Per le vie di Birmingham. China Town.

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Cardiff - Station


Capitolo IX Binario 12 e 3/4. Giorno cinque. Cardiff Bay (Sunny)

Un cielo così azzurro non si era mai visto a Cardiff. Almeno a detta dei ragazzi italiani che lavoravano al Casino nel centro commerciale vicino all’Opera House. Ma, anche qui, il mio pensiero si chiama Sarah. Penso al tempo che troverà lei durante il viaggio. Penso che fra un’ora lei partirà. Alle 15.30 sono ancora alle prese con gli scatti alle ragazze che si cambiano. Negli spogliatoi: stirano la camicia rossa a righe nere, sistemano il distintivo col nome, trafficano con l’armadietto, si taccano. Poi staff room: bevono, guardano i turni, discutono col

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Cardiff - Opera House

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Capitolo IX

mug in mano guardando la tv... Poi ai tavoli: dettaglio “chips”, mani che smezzano carte, roulette, palline “spinnate”, mani che puntano, mani che si “lavano”, mani che pagano le puntate, mani che puliscono il tavolo. Insomma tutto il repertorio ormai rodato. 16.30. Lei parte da Newcastle: tre ore e trenta per Birmingham ora X. Io parto con le interviste: due insieme questa volta... Fra un’ora, alle 17.30, devo essere assolutamente in stazione in partenza da Cardiff o mancherò l’ora X. Le ragazze: lievissima inflessione sicula, sgamatissimo accento alla Carmen Consoli, iniziano a raccontarsi fra una risata e l’altra. Prima che si abituino all’obiettivo passano 20 min. “Sì. I miei non volevano che facessi questo lavoro all’inizio...” altri quindici minuti. “Vivo qui con altri tre miei compagni di corso...” ancora cinque minuti. Ora ho solo venti minuti per chiudere e raggiungere il treno in partenza alla stazione. Christine, la mia tour leader, avvertita in tempo del “pippone Sarah” che si sarebbe abbattuto su di lei

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se non fossi riuscito a prendere quel treno, chiama al volo un taxi e riusciamo a saltare sulla carrozza in partenza. Riprendo fiato. Ho due ore e mezzo. In treno. Piccola rinfrescata in toilette, gomma da masticare anti cipolle da sandwich preso al bar un paio d’ore fa e sono pronto a saltare giù dal predellino appena in tempo per cercare il binario in cui due minuti dopo sarebbe arrivato il treno da Newcastle. Binario dodici. Io sono al dieci, perfetto. Salgo le scale, imbocco il corridoio sopraelevato, passo la discesa che porta al binario undici... Muro. Mi rigiro in quel vicolo cieco. Perso. Sono perso. Una scritta che sembra ricalcare il cartoncino degli imprevisti del Monopoli recita: “Binario 12 - Ripercorrere il corridoio sopraelevato, scendere al binario 6/7, risalire con il lift al piano superiore e...” Chiedere. Perché qualche artista metropolitano si era preso il gusto di interporre fra me, il binario dodici e Sarah uno sticker, dieci x quindici centimetri, raffigurante Arnold. Jackson.

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Mancano solo sessanta secondi... Il treno si sta fermando, lo sento. Ma io sto lì a fissare quell’adesivo che mi guarda sorridente e paffutello. D’un tratto sento dall’alto una voce: “Newcastle” e “delay”... È Dio che mi parla. Dall’altoparlante.

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Verso Birmingham - in treno


Capitolo X Palette (da leggere in inglese) Aeroporto di Malpensa. Giorno Sesto Sereno, vento di tramontana. Freddo.

Sono appoggiato in silenzio al sostegno del bus che mi portava verso gli arrivi. Guardo fisso il mio riflesso sul finestrino. Ieri notte è stata la notte piÚ assurda che abbia mai vissuto. Nel giro di poche ore ricordo di aver vissuto tutta la palette di emozioni di cui un essere umano dispone. Ansia con proroga Il binario dodici non si trova. Ritardo di venti minuti. Vince batte guanciotte di Arnold Jackson 1 a 0: un addetto alla pulizia

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delle carrozze mi accompagna proprio davanti a dove si sarebbe fermato il treno. Felicità, speranza e trepidante attesa Sono lì a giocare con la linea del “mind the gap”. La salto e la ri-salto. Ci passo sopra come un equilibrista. Faccio mio quel giallo a tratti luccicante e a tratti sdrucito. Il giallo diventa il mio migliore amico. Solo cinque minuti. Ancora cinque minuti e Sarah sarebbe stata mia. Panico improvviso I Alzo lo sguardo e noto la data impressa sul monitor che indica il ritardo. Oggi è il tre, il tre novembre. Il mio ritorno era previsto per le 7.10 del quattro. Avevo solo una notte e soprattutto dovevo dirlo a lei. Panico improvviso II Mi scappa. La mia vescica, complice il freddo ed il panico

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Capitolo X

di cui sopra, decide che ne ha abbastanza. Missione: cercare un bagno e ritrovare il binario dodici in tre minuti. Sollievo e senso... come dire... di assorbimento Leggero come una ballerina di danza classica, camminando a tre metri dal binario dodici, scorgo le luci della motrice. Presente. Happy! Scorgo una chioma castana, capelli alle spalle che sbuca dalla porta piĂš lontana della carrozza piĂš lontana. Settore C. Sempre leggero come una ballerina, che si trascina dietro una borsa con macchina fotografica e obiettivi, corro verso la mia amata. Amata? Ma se non la conoscevo nemmeno... Realismo. Iperrealismo paranoico GiĂ e se non mi fosse piaciuta? Peggio.

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Se io non le fossi piaciuto? Se le cipolle del sandwich del pomeriggio avessero voluto riproporsi sovrastando il profumo che stamattina preventivamente avevo sistemato fra lo zoom e il cavalletto e il flash?

- To be continued -

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Capitolo XI Palette e déjà vu. Birmingham. New Street Station. Binario 12. Settore C.

Curiosità Chissà che voce ha? Magari ha un accento “geordie” incomprensibile. Magari conosce qualche parola d’italiano. Chissà di che profumano i suoi martoriati capelli e quanto li avrà torturati in due ore e cinquanta di viaggio. Chi mi conosce sa che i capelli per me sono uno dei tre requisiti per la perfezione. Le mie tre “C”. Seguono dall’alto al basso: “collo” e “caviglie”. Queste almeno le “C” dicibili.

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Collo: normale, non troppo sottile, ma così, con il soprabito che indossa non si può ancora dire. Caviglie: come sopra. La speranza è quella di saperne parlare presto, completando la “radiografia” entro la fine della nottata. – Hi, Vince. – Ciao. Hi. Dopo i primi convenevoli su com’è andato il viaggio, decidiamo dove andare. Io propongo i canali. Mi ero informato sul web e la dritta della mia amica era giusta: la città dei canali, più di Venezia... Almeno così diceva un sito. Relax Mi godo proprio questo momento. Malgrado il freddo i canali sembrano lo sfondo ideale. Industriale e romantico come solo la Gran Bretagna può essere.

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Capitolo XI

Avanziamo. Io, col mio eskimo verde (che con la coppola scottish fa molto cacciatore), e lei, col suo cappottino grigio “smog of London”. Io che le porgo il braccio, come impone il mio lignaggio siculo, lei che si appoggia dolcemente tirandolo a tratti a sé. Mi sussurra una parola. Non capisco. Help. Innamoramento e sconforto La parola sembra dolce. Oppure è semplicemente la sua pronuncia, il tono che usa a farla diventare sweety. Dev’essere un vezzeggiativo, uno di quelli che si usa con i bambini. Eccomi. Tenerezza. Il mio fascino si basa sulla tenerezza. Posso sforzarmi quanto voglio di fare il figo – che evidentemente non sono –, posso provare a perdere qualche chilo per non assomigliare ad un orsetto, ma lei in me vede tenero. Ricordo il consiglio datomi da un mio amico che aveva capito alcune cose più di me e decido di applicare il consiglio. Faccio della tenerezza, del mio punto debole, la mia forza.

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Six Days - Sei giorni

Risolutezza Inizio allora anch’io, avvicinandomi al suo collo, a sussurrarle parole. In italiano, così siamo pari. Assaporo così una fragranza fresca ed insolitamente estiva per essere a novembre. Deve averla scelta fra le sue migliori e, l’estate, dev’essere la sua stagione preferita. Anche la mia: colli e caviglie si vedono meglio. Cerco nella mia mente parole dolci in Italiano. Il vuoto. Troppo difficile. Quando giocavo a “nomi cose e città” non c’era la categoria “parole tenere”. Non siamo abituati alle parole tenere noi italiani. Pensiamo forse che l’italiano sia già dolce di suo. Allora mi viene in mente che potrei iniziarle a cantare una canzone o a recitarle le parole almeno. Fra tutto il repertorio italofono faccio una veloce classifica, riducendo la scelta a Lorenzo e a Daniele. Inizio con quest’ultimo. Sussurrato. Non cantato. – Se mi vuoi. Sono esattamente come te... Esaltazione dell’Io Cavoli, non mi ha nemmeno fatto finire il verso.

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Capitolo XI

Si volta guardandomi negli occhi, mi fa una strana smorfia imbronciando il naso mi sorride. Io muoio. La prendo per i fianchi e la avvicino alla mia bocca, ma alzo il mento all’ultimo e le tocco la fronte con un bacio lento. Un bacio sussurrato. Lei ha un brivido, lo sento con la mano che ora tengo dietro la sua schiena. In quell’intercapedine calda che mi creo fra il cappotto e il suo vestito leggero, cingendola per i fianchi. – Dov’eri? le dico in Italiano. E aggiungo: – I was looking for you. Incurante se ci azzecco con la lingua. Ma lei capisce bene perché mi tira il mento giù e fa per baciarmi. Eccitazione del mio Io Il brivido ora è mio. Continuiamo a scambiarci effusioni varie, a sussurrare mezzo repertorio di Lorenzo questa volta. – Io ti cercherò... E improvviso anche io qualche buon testo autografo. Decidiamo di mangiare qualcosa in un locale sui canali.

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Durante la cena mi racconta di lei. Mi dice che si occupa di commerciare “female products” e che è qui per una fiera. Non indago oltre, anche se la cosa mi stuzzicherebbe alquanto. Mentre parla osservo le sua bocca, le sue mani: forse alle mie tre “C” dovrei proprio aggiungere una “B” e una “M”. Disgregazione dell’Io. Del suo. Ad un tratto credo che per correttezza e sincerità, dovrei avvisarla che di lì a poche ore dopo, prenderò il volo per Malpensa. Tempismo ideale: fra appetizer e main course. Lei inizia a fissare un punto nel vuoto. Non parla più. Ogni tanto beve la sua birra scura e quando con le dita non tocca il vetro del bicchiere prende a torturare le sue doppie punte che subito mi fanno declassare la prima “C” da AAA ad AA-. Io finisco intanto la mia jacket potato al mature cheddar e bacon. Setesso piatto che mangiavo ad Edimburgo dove la vidi per la prima volta.

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Capitolo XI

Senso di colpa Ok, adesso inizia a preoccuparmi e mi mancano già le sue grinze che poco prima riusciva a formare arricciando il naso e sorridendo. E le sue labbra lucide che parlavano. Lei mi piace e mi spiace ferirla con la mia disperata voglia di sincerità. La sentii d’improvviso distante. Le offro un passaggio in taxi. Ma prima di andare mi chiede di lasciarla sola lì e ordinarle un’altra Guinness. Intanto tortura ancora i suoi capelli. Li accarezza. Decido di accontentarla. Poi improvvisamente rivedo una scena già vista. Quando stavo per entrare al pub di Edimburgo io la notai subito, ma avevo tralasciato la figura di un ragazzo che usciva dal locale. Doveva essere la sua lacrima. Come, forse, ora, lo sono io. È così. Lei si blocca ogni volta che sente un pericolo, che vive un pericolo. Diventa inutile provare ad interagire. Non risponde. Devo andare. Il mio tempo a Birmingham sta per finire e devo ancora passare a prendere il bagaglio in albergo. Alle 3.00, fra un’ora devo essere sul pullman quattrocen-

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Six Days - Sei giorni

toventidue per l’aeroporto. Solidarietà maschile Mi dirigo verso la porta . Vedo un ragazzo che prende appunti. Déjà vu. Mi giro verso di lui e lo informo. –

Her name is Sarah. Not Julia.

Good luck.

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FINE

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Edimburgo - dove tutto ebbe inizio


Indice

Avvertenze al lettore

5

Capitolo I

7

Capitolo II

9

Capitolo III

13

Capitolo IV

17

Capitolo V

21

Capitolo VI

23

Capitolo VII

29

Capitolo VIII

33

Capitolo IX

37

Capitolo X

43

Capitolo XI

47

57


2013 Š Vince Cammarata www.vincecammarata.com www.facebook.com/vincenzo.cammarata vincenzo.cammarata@gmail.com


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