rassegna stampa dicembre 2015

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RASSEGNA STAMPA

C’è un nuovo circuito di credito commerciale in Lombardia


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Non c’è solo l’Euro, a Pavia debutta la moneta virtuale Già 25 le aziende che hanno scelto il “baratto finanziario” per scambiarsi beni e servizi senza dover chiedere prestiti di Stefania Prato 13 dicembre 2015

PAVIA. Baratto e moneta complementare. Contro la crisi e contro la stretta creditizia. È la soluzione a cui sono arrivate alcune piccole e medie imprese che si scambiano beni e servizi senza sborsare un euro. E che funziona in questo modo: l’azienda acquista un prodotto o un servizio senza utilizzare denaro, ma fornendo crediti assicurati da un conto corrente, simile a quello bancario, garantito da una piattaforma on line messa a disposizione dal circuito di credito commerciale. Una forma di finanza cooperativa che sta piacendo sempre di più agli imprenditori pavesi e che potrebbe dare un piccolo aiuto per far ripartire gli scambi. O almeno è quello che sperano le 25 aziende che, in un paio di mesi, hanno deciso di associarsi a Circuitolinx, uno dei circuiti nati in Italia, su esempio svizzero, Paese in cui nel 1934 era stata costituita una moneta complementare, Wir. Oggi conta 60mila imprese associate e transazioni pari ad 1miliardo e mezzo di franchi svizzeri. Un giro d’affari che aveva portato alla nascita della Wir Bank, obiettivo che si spera di raggiungere anche in Italia. In Lombardia Circuitolinx è approdato lo scorso anno, conta 175 aziende associate e ora sta concentrando il proprio interesse su Pavia. Perché è una provincia che «più delle altre ha risentito degli effetti di questa prolungata crisi economica, con una percentuale elevata di cessazione di attività imprenditoriali», sostiene Maurizio Misiano di Circuitolinx, nato sul modello Sardex che aveva pensato a questa moneta complementare 5 anni fa, quando quattro giovani, dopo anni trascorsi in giro per il mondo, avevano deciso di introdurla in una delle zone più povere della Sardegna. Attualmente ne fanno parte 3mila iscritti e fa transazioni di beni e servizi per un valore pari a 100milioni di euro. Aziende edili, di pulizie, impiantistica e serramenti, ma anche commercialisti e spa: queste alcune delle imprese della provincia che hanno aderito. «Si scambiano beni e servizi in compensazione e l’operazione si tramuta in fatturato aggiuntivo - sottolinea Misiano -. Insomma si fa acquisti senza spendere soldi, ma utilizzando crediti, dal valore di 1 euro ciascuno». Crediti che passano dal conto corrente di chi acquista a quello di chi vende. Che può a sua volta utilizzarli con altre aziende. «Il circuito dà fiducia alla nuova impresa entrata perché sa che effettuerà operazioni di vendita con altre aziende», precisa Misiano, ricordando i vantaggi: consente di avere maggiore liquidità, bypassando le difficoltà di accesso al credito, permette di contare su un fatturato aggiuntivo si ottengono pagamenti immediati con crediti riutilizzabili immediatamente, evita l’evasione. «È tutto regolare anche dal punto di vista fiscale - aggiunge - chi vende emette regolare fattura, con iva, mentre si precisa che il pagamento è effettuato attraverso Circuitolinx». La presentazione del Circuito è avvenuta l’altro ieri a Cascina Scova. «Ora l’obiettivo è allargare la moneta complementare anche ai dipendenti delle aziende della rete».


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Merate

MARTEDÌ 27 OTTOBRE 2015

Giornale di Merate

NEW ECONOMY Sabato in via Campi il primo meeting di Circuitolinx.net partecipato da un centinaio di imprenditori

Affari senza un euro, funziona così

Il circuito di scambio di beni e servizi attivo da gennaio ha già messo in rete 200 associati, tra aziende e privati MERATE (ces) Cosa ci fanno un centinaio di imprenditori lombardi a Merate in un assolato sabato di fine ottobre? Fanno rete tra loro dando concreta fisicità ad un rapporto iniziato su un portale di scambio di beni e servizi, affari che da quest'anno si sono realizzati senza che circolasse un solo euro. L'incontro è avvenuto nel quadro del primo meeting di Circuitolinx.net, il network di credito compensativo e multilaterale attivo dal gennaio di quest'anno con sede proprio a Merate, in via Campi 38: tra un assaggio di prodotti tipici ed un sorso di birra artigianale e di vino doc, tutti rigorosamente lombardi, gli iscritti si sono resi conto che l'iniziativa che li ha coinvolti cresce ormai in modo esponenziale. I conti hanno infatti passato quota 200 (135 aziende ed 80 privati), e il transato consolidato nei primi nove mesi dice che il primo anno si supererà il milione di euro di controvalore, mentre il tam tam degli iscritti porta ogni giorno nuove segnalazioni per migliorare la spendibilità in un circuito dove ormai si trova di tutto, dai commercialisti agli avvocati, dai trasportatori alle agenzie di viaggio, dai tipografi agli elettricisti, dai ristoranti a negozi di un ampio assortimento di profili merceologici. Circuitolinx.net è lo spin-off lombardo di Sardex, il circuito nato nel 2010 a Serramanna, nella Sardegna del Sud, che è già diventato un fenomeno mediatico tale da meritarsi il mese scorso una pagina intera sul Financial Times, il più prestigioso giornale economico internazionale; nel 2015 saranno 50 i milioni di Sardex transati nell'isola, e la crescita delle opportunità di scambio conti-

OPEN DAY La conferenza di Gianluigi Viganò, Ad di Circuitolinx.net nel corso del meeting svoltosi sabato nella sede in via Campi

nua a moltiplicare un fatturato che il mercato euro non sarebbe riuscito a stimolare. Il segreto di questo inedito protagonista della new economy è stato brevemente tratteggiato nell'intervento di Gianluigi Viganò, AD del cir-

cuito ed imprenditore ben noto nella Brianza lecchese per il ruolo ricoperto nella creazione del gruppo Editoriale DMedia, leader italiano dei settimanali locali, partito quasi trent'anni fa dal solo Giornale di Merate: «Nessuno è ricco in un paese che si

impoverisce - ha esordito Viganò - è necessario ricostruire una rete di rapporti economici che sia capace di invertire la tendenza all'abbandono e al disimpegno di tanti imprenditori brianzoli». Come funziona il Circuito? Si paga una piccola fee di ingresso e si stabilisce la quantità di beni e servizi che l'iscritto intende vendere all'interno della rete accettando il pagamento in crediti linx; di contro si fa una lista della spesa delle necessità dell'azienda che ogni anno veniva approvvigionata sul mercato euro, per vedere quale potrebbe essere il corrispettivo in risparmio finanziario all'interno del circuito. Così si migliora il cash-flow, si trovano nuovi clienti e si incontra una formidabile leva di marketing: la struttura della Sala Broker del Circuito stimola il transato tra gli associati segnalando sempre nuove opportunità in acquisto e in vendita, ed i meeting stabiliscono nuove e stabili relazioni d'affari.

Vesta Immobiliare, agenzia in rosa MERATE (cca) Professionalità, serietà, accuratezza, esclusività del rapporto con il cliente. Queste le qualità del servizio offerto dall’agenzia «Vesta Immobiliare» che ha aperto i battenti sabato 17 ottobre in città, in via Como 48. Un centinaio gli ospiti al brindisi inaugurale della nuova attività intrapresa da Luciana Di Marino, titolare con oltre quindici anni di esperienza maturata nel mercato della compravendita immobiliare sul territorio meratese e casatese. «Il nostro è un team tutto al femminile - sottolinea Lucia-

na Di Marino - Una caratteristica che, unita ad una professionalità pluriennale, è garanzia di cura meticolosa nel servizio che offriamo ai nostri clienti. Prediligiamo incarichi in esclusiva che favoriscono il raggiungimento dell’obiettivo in tempi brevi e al miglior prezzo di mercato». L’agenzia tratta immobili residenziali e commerciali di fascia medio alta, sia per la compravendita che per gli affitti. Per contatti: ufficio 039/9284386, mobile 366 9505045, email: info@vestaimmobiliaremerate.it www.vestaimmobiliare.it

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SERVIZIO IDRICO

Il «niet» di Merate blocca la «matrioska» delle incorporazioni MERATE (cca) Una fumata nera annunciata. L’ultimo dibattuto passaggio in Consiglio comunale della questione «servizio idrico integrato» si era registrato a fine settembre. Occasione: il debito fuori bilancio conseguente alla sconfitta nel lodo arbitrale contro Lario Reti. Una battaglia (quella di Merate per uscire dalla holding lecchese) che è parte integrante di una guerra (l’affidamento del servizio idrico integrato provinciale) non ancora conclusa. Tant’è che nello stesso consiglio di fine settembre il sindaco Andrea Massironi, oltre ad annunciare la volontà di ricorrere in appello contro l’arbitrato avverso, aveva delineato il successivo «fronte del Piave»: «Ci opporremo alla fusione di Idrolario in Lario Reti Holding». Così è stato mercoledì scorso. Riunita l’assemblea dei Comuni soci di Idrolario per approvare una serie di atti di indirizzo propedeutici all’incorporazione della società patrimoniale controllata, Merate, forte della golden share, ha alzato il muro. Occorreva l’80% dei voti favorevoli per l’approvazione della delibera straordinaria all’ordine del giorno. Merate, negando il proprio 24% alla coralità dei consensi - seguita in questo da Cernusco Lombardone - è riuscita a bloccare tutto. «Niet» all’incorporazione di Idrolario in Lrh, ma «niet» anche all’incorporazione in Idrolario di Adda Acque, Consorzio Valgreghentino Olginate e Ausm (operazione che peraltro toglierebbe a Merate la golden share). Massironi è stato irremovibile, rimpallando l’invito ad un’apertura da parte degli altri colleghi sindaci. Pollice verso dunque alla «matrioska» delle incorporazioni societarie fintanto che non sarà compiuta la trafila maggiore dell’affidamento del servizio idrico integrato. Merate ha ribadito che si tratta di una barricata a difesa della legalità: non ritiene che il percorso tortuoso scelto dalla maggioranza dei Comuni lecchesi porterà ad un risultato inoppugnabile da parte della Corte dei Conti. Intanto stasera il Consiglio comunale meratese si riunirà di nuovo sull’argomento. Si tratta di approvare (o meno) due step del contestato percorso: la modifica dello statuto di Lario Reti holding e dei patti parasociali, nonchè l’incorporazione nella stessa Lrh dell’altra controllata, Idroservice. E anche qui la fumata nera è data per scontata.

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Merate 9

MARTEDÌ 20 OTTOBRE 2015

Giornale di Merate

ECONOMIA Sabato la società «Circuito Lombardia» presenta la sua innovativa impresa di rilancio dell’economia locale

«Linx.net», a Merate il nuovo circuito di credito commerciale che fa a meno dell’euro «Il mercato è anzitutto un luogo di interazione sociale nel quale i bisogni e la capacità di produrre valore si incontrano. Solo così si genera un benessere duraturo e condiviso»

Gianluigi Viganò

MERATE (cca) Un circuito di credito commerciale che funziona senza che vi circoli un solo euro. La moneta di scambio si chiama «linx», nome che coniuga il concetto internauta di «links in rete» al contesto geografico ed economico, la Lombardia, nel quale dal gennaio scorso si sta sviluppando «Circuitolinx.net». Il progetto, o meglio la start up che ha partecipato e vinto un bando di Regione Lombardia, ha aperto la sua prima sede a Merate e sabato prossimo, 24

ottobre, si presenterà ad aziende e professionisti del territorio, nell’ambito di un open day (dalle 11.30 alle 15) nella sede di «Circuito Lombardia srl», in via Campi 38. Ma facciamo un passo indietro, utile ai non addetti ai lavori e non solo. L’idea di una «valuta complementare» all’euro, capace di sostenere l’economia locale, non è una novità assoluta. In Svizzera da 80 anni esiste il «wir», moneta di un sistema di mutuo credito tra imprese inventato nel 1932, durante la

Grande Depressione, per consentire di vendere e acquistare senza affidarsi interamente al mercato del franco svizzero. Rispetto ai suoi esordi il «wir» è cambiato in modo significativo ma resta ancor oggi forte e conta circa 45mila aziende associate. Ed è all’elvetico «wir» che si è ispirato il «sardex», valuta complementare creata nel 2009 da quattro venticinquenni cagliaritani ed oggi capace, con un circuito di 2.700 aziende associate, di produrre un volume di transazioni pari a quasi un milione di euro alla settimana, circa 50 milioni l’anno. « E’ un sistema complesso di strumenti e servizi a disposizione delle imprese che scelgono di partecipare - ha spiegato Gabriele Littera, presidente di Sardex, ospite a «Di Martedì», il talk politico di Giovanni Floris su La7 - In questo circuito il “potenziale inespresso” delle imprese, merci e servizi, che il mercato euro non riesce ad assorbire in toto per mancanza di liquidità, trova collocamento». Più facile da capire l’esempio portato da Littera in trasmissione: «Nei ristoranti avanzano sempre dei tavoli vuoti, nel no-

UN’IDEA NATA IN SARDEGNA Gabriele Littera (ospite nella trasmissione di Giovanni Floris) presidente di Sardex, società sarda partner della start up meratese Circuitolinx.net avviata da Circuito Lombardia srl

«Un modo nuovo di ripensare l’economia locale, interconnessa e collaborativa sostenuta dalla forza del gruppo e dalla fiducia reciproca» stro circuito quei tavoli vengono messi a disposizione di un’altra azienda che paga in sardex. L’incasso in crediti sardex viene usato dal ristoratore in due modi, o per abbattere spese che prima pagava in euro, risparmiando quella liquidità; o per avere un maggiore potere di acquisto da usare per tutte quelle spese che aveva tagliato per mancanza di copertura finanziaria». L’asserto degli inventori di Sardex è che tutto quello che oggi non si muove, l’economia che è ferma, non è ferma perché non ci sono bisogni, ma perché mancano mezzi di pagamento. «Non è che io consumatore non ho fame e che il ristoratore non vuole cucinare per me... - semplifica Littera - Si tratta di mettersi d’accordo su un altro mezzo di pagamento». Certo l’idea, almeno per i non addetti ai lavori, è complessa da

afferrare e va rimuginata. Agli inventori di Sardex del resto sono occorsi due anni per farla decollare. Ora però la stanno esportando fuori dalla Sardegna, tanto da meritarsi nelle scorse settimane un ampio articolo di recensione pubblicato dal più autorevole giornale economico internazionale, il Financial Times. Sette le regioni già «contaminate» che stanno sviluppando analoghi circuiti. Da noi lo spin-off di Sardex si chiama «Circuito Lombardia», società di cui è amministratore delegato Gianluigi Viganò, ex numero uno di Dmedia e del circuito editoriale iNetweek al quale appartiene anche il Giornale di Merate. Due anni fa il Pirellone aveva ospitato un convegno su «wir» e «sardex», impegnandosi nel Decreto sulla Competitività del febbraio 2014 ad attivare una

sperimentazione; attraverso un apposito bando sono stati individuati quattro soggetti deputati a sviluppare un progetto idoneo: l'Ati partecipata da Sardex e dalla meratese «Circuito Lombardia», la torinese «VisioTrade», la spagnola «Trocobuy» e «Cambiomerce», società di Napoli. Dopo l’avvio del gennaio scorso «Circuito Lombardia» è in pieno sviluppo: a novembre aprirà una seconda sede a Busto Arsizio, in spazi messi a disposizione dall’Amministrazione comunale, mentre a Villa Tittoni di Desio, sede di Desio Lab, e presso il polo tecnologico di Pavia è prossima l’attivazione di due stazioni di co-working. Attualmente sono più di 120 le aziende associate a circuitolinx.net e una settantina i privati. © RIPRODUZIONE RISERVATA

CONVEGNO In Auditorium il focus organizzato dal Lions Merate sulla situazione di produzione e consumi locali

Brianza, «la ripresa c’è ma non siamo fuori dal guado» MERATE (gcf) La ripresa c’è anche in Brianza. Timida, molto timida, ma c’è. Lo hanno sostenuto i relatori che il Lions Merate martedì scorso ha invitato all’Auditorium a un focus sull’economia locale: Giovanni Maggi, presidente di Confindustria, Mauro Gattinoni, direttore di Api, Mario Mandelli, delegato di Confcommercio, Massimo Furno, responsabile area di Deutsche Bank, Roberto Colombo, responsabile area di Bpm, e Giovanni Pontiggia, presidente della Bcc Alta Brianza. «Con un Pil che cresce così poco e non favorisce l’occupazione al massimo possiamo parlare di ripresina - ha esordito Maggi - Il Governo Renzi sta varando qualche provvedimento interessante come il Jobs Act e gli sgravi contributivi, ma serve

Relatori d’eccezione Maggi, Gattinoni, Mandelli, Furno, Colombo e Pontiggia

Sopra i relatori della serata del Lions e a sinistra uno scorcio del pubblico

un’azione più coraggiosa soprattutto sul fronte della tassazione. I segnali positivi, però, ci sono, anche se molto timidi». Secondo Mandelli, invece, più che di ripresa si può parlare di frenata della discesa: «I consumi sono diminuiti e non basta una ripresina per dire che siamo

fuori dal guado. Chiediamo detassazione, riduzione della spesa pubblica ma anche un freno allo sviluppo dei grandi centri commerciali che hanno eccessivamente penalizzato i negozi di vicinato». Anche per Gattinoni non c’è ripresa economica senza un au-

DIREZIONE SANITARIA DOTT.SSA RAGNI

Aut. n.6 del 21/01/2004

mento dell’occupazione: «I disoccupati - soprattutto cinquantenni - fanno fatica a rientrare; il mondo del lavoro è cambiato e cerca figure nuove, competenti, che conoscono bene il web e sappiano almeno una lingua». Furno ha confermato i segnali positivi: «E’ ripartita pure la do-

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manda interna di beni strumentali, il credito al consumo è quasi raddoppiato e qualche timido segnale si avverte anche nell’immobiliare». La crisi c’è stata, ma la Brianza ha resistito meglio secondo Colombo: «Ora iniziamo a vedere segnali positivi, le banche sono molto liquide e vo-

NOVI TÀ

gliono erogare credito, ma gli imprenditori fanno fatica a programmare nuovi investimenti anche attraverso strumenti alternativi come la 662 e i fondi Bei. Comunque sono ottimista, anche perchè il costo delle materie prima sono molto bassi, così come il costo del denaro». Anche negli anni della crisi il mondo delle Bcc ha sempre erogato credito. «Noi raccogliamo e impieghiamo in loco - ha esordito Pontiggia - Le piccole e medie imprese stanno ripartendo; questo poi è un territorio con un tessuto imprenditoriale molto forte, innovativo e che si sta sempre più internazionalizzando». Maggi, Gattinoni e Mandelli hanno poi chiesto alle banche di essere più disponibili a fare credito, anche laddove il rating talvolta suggerirebbe il contrario. Una sollecitazione che Furmo, Colombo e Pontiggia hanno raccolto, ribandendo la volontà di essere disponibili ad affiancare a tutto campo il mondo dell’impresa .

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BRIANZA

DOMENICA 4 OTTOBRE 2015

Gare ciclistice e processioni: è la festa del patrono

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Monete e collari hi-tech: la fantasia si fa start-up

– MISINTO –

GRAN FINALE oggi per la Festa patronale di Misinto: sarà una ricca giornata in piazza con mercatini, giostre e associazioni. Alle 9.30 prenderà il via la tradizionale gara ciclistica organizzata dal Gs Misintese mentre alle 10 aprirà le porte una interessante mostra di modellismo e di miniature allestita in sala consiliare nella quale si potranno ammirare veri e propri capolavori, tra cui le riproduzioni in scala delle chiese del circondario. Anche la Biblioteca sarà aperta per l’intera giornata e ci sarà la Pesca di beneficenza in Sala Pogliani. Alle 11 in biblioteca ci sarà una lettura animata per i bambini, alle 15 la sfilata per le vie del paese del gruppo bandistico Giacomo Puccini e alle 16 lo spettacolo Magic World in piazza Statuto. Alle 18 ci sarà la tradizionale messa a cui farà seguito la processione per le vie del paese. La festa patronale avrà un’appendice lunedì con la messa al cimitero alle 10.30, la gara di bocce e la gara di scala 40 a partire dalle 13.30 al centro anziani di via Marconi con la grigliata finale. Ga.Bass.

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DESIO QUINDICI I PROGETTI AMMESSI

MISINTO PROGRAMMA

di ALESSANDRO CRISAFULLI – DESIO –

IMPEGNO I progetti ammessi avranno la possibilità di lavorare per sei mesi a Villa Tittoni

DALLA MONETA COMPLEMENTARE per il territorio lombardo, simile a quella attivata in Sardegna, per aiutare le imprese senza liquidità a uscire dalla crisi, al collare hi tech per geolocalizzare gli animali domestici e controllarne le funzioni vitali. Dallo zainetto per «walker», camminatori doc, che portano in giro video con messaggi pubblicitari alla App per trovare bar e ristoranti che fanno offerte speciali sul territorio. Originali o un po’ «scopiazzate», stravaganti o molto concrete, sono tante le idee che hanno fatto capolino a Desio, per la terza «call» di Desiolab, il particolare incubatore e spazio di coworking attivato in Villa Tittoni ormai da un paio di anni. Ventuno le bozze progettuali arrivate sul tavolo degli specialisti di Impact Hub Trentino, che gestisce le operazioni. Tra di esse verranno selezionate le «magnifiche quindici» che accederanno al percorso di accompagnamento per sei mesi e potranno usufruire per un anno e mezzo degli spazi attivati in un’ala della Villa. «Le idee arrivano quasi tutte dal territorio brianzolo – raccontano Paolo Campa-

gnano e Sara Carmagnola di Impact Hub -, siamo contenti perché notiamo una qualità crescente nei progetti e una sempre maggiore preparazione di chi si fa avanti». Cioè uomini e donne, aspiranti imprenditori, con un’età media di circa 30 anni, convinti che la lampadina che gli si è accesa possa essere quella giusta per inventarsi un lavoro, un business, un futuro. Ecco allora chi punta ad esempio su un progetto di riuso e riciclo dei materiali «Pri-

Un centro di riabilitazione infantile L’IDEA, il progetto, l’accompagnamento in Desiolab e poi il balzo spiccato verso il mercato. Ultima realtà a farlo, lo «Studio Percorrere»: un centro di riabilitazione infantile, avviato da tre terapiste della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva. L’inaugurazione della struttura, in via Milano 193, è fissata per domenica 11 ottobre alle 16.

ma della discarica», chi dopo un viaggio a Copenaghen intende portare qui un’attività per replicare stili di vita sostenibili. Chi vuole creare fumetti digitali con contenuti multimediali e chi dei diari di viaggio per bambini dai 6 ai 10 anni. E ancora giovani che vogliono creare un portale per segnalare percorsi ciclabili e gite in Lombardia e chi sogna di creare biblioteche digitali personalizzate da fornire alle scuole. «Dopo la selezione arriveremo a circa 50 startup che condivideranno i nostri spazi – raccontano Paolo e Sara -. E speriamo sempre che tra le varie realtà nascano collaborazioni e nuove idee». DA DOMANI per le ultime arrivate partirà la settimana di formazione per iniziare a centrare l’idea verso il mercato, per avere le prime consulenze e fissare le tappe per il percorso imprenditoriale. Nel frattempo ci sono già realtà che, partite da qui, hanno spiccato il volo. Come Rikcrea di Ricardo Osti, che offre prodotti e servizi innovativi a 360 gradi sul fronte delle stampanti 3D, e Narratè di Adriano Giannini, che realizza un prodotto di food design composto da un libretto collegato a una teabag.


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Il fattore Sardex di Edward Posnett

Quando la crisi finanziaria ha colpito la Sardegna, un gruppo di amici ha deciso che il modo migliore per aiutare l’isola era di creare una moneta da zero

© Alessandro Toscano I fondatori di Sardex di fuori del loro ufficio a Serramanna In tutta l’isola della Sardegna ci sono più di 7.000 antiche torri costruite con grandi blocchi di pietra locale. Conosciuto come nuraghi, assomigliano a giganteschi alveari che dominano il paesaggio. Poco si sa circa i nuraghi e i loro architetti dell’Età del Bronzo, ma quasi ogni sardo che ho incontrato ha una sua teoria circa il loro scopo. Alcuni mi hanno detto che erano forti, altri che erano abitazioni; per qualcuno erano luoghi di scambio, per altri fari di comunicazione. -”La cosa sorprendente è che da ogni singolo nuraghe si vede un’altra nuraghe” - ci dice Carlo Mancosu, che oggi ha 34 anni e che è stato tra i fondatori di Sardex. E aggiunge -”Ora immaginate un sistema di comunicazione con fiamme o luce o specchi. I nuraghi ci dicono che esisteva un popolo sardo collegato da una rete.”Questo antico sistema, reale o immaginario, ha ispirato Mancosu e un gruppo di amici d’infanzia a fondare la prima moneta locale della Sardegna, il Sardex. Laureati in lettere


e filosofia, con poca esperienza finanziaria, hanno costruito tutto da zero nella città natale di Serramanna, che come l’intera isola annaspava nella crisi finanziaria. La speranza era che il progetto avrebbe dato loro un lavoro nel luogo dove erano cresciuti; ma solo sei anni dopo l’iniziativa si è trasformata in un simbolo di azione locale, diffondendosi fino a creare una nuova rete di migliaia di aziende che hanno scambiato tra loro circa 31,3 milioni di euro in Sardex solo quest’anno. Serramanna si trova appena all’interno della provincia agricola del Medio Campidano, una delle più povere in Italia. Quando l’ho visitata la sua piazza era piena di vecchi uomini che bevevano il loro caffè all’ombra delle palme; solo il rombo occasionale dei motori a reazione dalla vicina base Nato rompeva il silenzio. Ho incontrato quattro dei cinque fondatori di Sardex nel loro ufficio, una vecchia casa colonica nella città. Sulla parete era scritto in sardo e italiano: “Vietato lamentarsi”. Giuseppe Littera, uno dei fondatori, mi ha detto che l’aveva detto sua nonna, proprietaria della casa colonica. -”Ho un grande affetto per mia nonna, ma lei ancora oggi si lamenta per la base Nato perché a metà degli anni 30 le hanno preso 10 delle migliori piante di ulivo che possedeva con la sua famiglia.”- I fondatori di Sardex sono tutti cresciuti insieme a Serramanna, e l’attaccamento alla loro terra è un segno distintivo; -”Ho ricostruito l’albero genealogico della mia famiglia risalendo a 500 anni fa,”- mi ha detto Giuseppe con orgoglio. – “Ma solo perché non avevamo nessuna fonte precedente accessibile.”A prima vista sembrano un gruppo straordinariamente eterogeneo, ferocemente appassionato nel discutere di politica locale e di crisi finanziaria. Giuseppe Littera parla rapidamente, muovendosi disinvolto tra l’italiano e l’inglese. Gabriele, suo fratello minore, è più contenuto, e bilancia con grande cura le parole. Poi c’è Carlo Mancosu, forse il più fiducioso dei quattro sul futuro di Sardex. E Piero Sanna, il pragmatico trader, la cui precedente esperienza finanziaria nella City di Londra lo distingueva fin dall’inizio da tutti gli altri. La vita nel loro piccolo paese natale può sembrare idilliaca, con la sua vecchia chiesa e gli spazi pubblici decorati da sbiaditi murales. Eppure i quattro amici di Sardex ci raccontano un’immagine diversa. -”La disoccupazione giovanile è al cinquanta per cento”- dice Giuseppe -”Le fabbriche sono in crisi, e chiunque ha abilità linguistiche minime fugge a Londra o a Berlino. “Nel 1960 lo Stato italiano decise che il futuro della Sardegna - un’isola di minatori, pastori e contadini - stava nella produzione industriale. Innumerevoli impianti petrolchimici, fabbriche e raffinerie furono costruite per il Piano di Rinascita voluto dal governo di Roma. Spesso, quando chiedevo ai fondatori di Sardex notizie sui problemi della loro terra, sentivo ripetere ripetere questa frase con una punta di sarcasmo. “Portare l’inferno in paradiso: come si può chiamare una cosa simile pianificare la rinascita?” L’industria petrolchimica dell’isola, buttata fuori rotta dal 1973 dagli aumenti del prezzo del greggio voluti dall’Opec, non si è dimostrata in grado di competere sul  mercato internazionale. Le piante organiche dei dipendenti sono progressivamente diminuite, e migliaia di addetti sono stati licenziati. -”Abbiamo dovuto affrontare, di anno in anno, una situazione di emergenza in questi settori”- ci ha detto Stefano Usai, economista presso Crenos, un istituto di ricerca della Sardegna. -” E si tratta di un’eredità davvero pesante.”- Poi, nel 2008, un’altra ondata violenta ha colpito l’isola: la crisi finanziaria. -”A 2.000 miglia di distanza da Lehman Brothers, le banche hanno immediatamente interrotto l’erogazione di prestiti, chiedendo alle aziende di rientrare dalla loro esposizione” – ricorda Giuseppe. -”In poco tempo la gente ha smesso di andare a chiedere soldi, ed essendo impossibile garantire il credito, le aziende hanno iniziato a ripiegare, ingros-


sando le file dei disoccupati. E a Serramanna è arrivato un nuovo problema, quello del suicidio.”-”Il cuore della crisi finanziaria” - continua Giuseppe - “era una contraddizione: le sue cause erano rimaste lontano, ma i suoi effetti sono stati più che prossimi. Perchè il sistema economico della Sardegna ha a che fare con la cattiva gestione di Wall Street o di Londra? Eppure le aziende dell’isola avevano ancora il potenziale per produrre beni e servizi e le persone erano in grado di lavorare. Se l’origine di tutto era stata una crisi finanziaria, forse ci voleva una soluzione finanziaria. Non c’era altra scelta che lasciare alle aziende la possibilità di creare il proprio denaro.”Per almeno 150 anni uomini d’affari, utopisti, riformatori sociali ed eccentrici hanno cercato di introdurre valute locali, spesso in risposta al denaro scarsità. Le loro creazioni hanno preso una serie di forme diverse (sistemi di credito, banche del tempo o denaro di carta) e variavano dal geniale all’assurdo. Molti sono stati di breve durata, ma altri sono sopravvissuti alle stesse condizioni che li hanno portati a nascere. Tra il maggior successo c’è il WIR svizzero, la cui prima comparsa avvenne durante la Grande Depressione, dopo il 1929. Nel 1934 una rete di imprese svizzere decise di costruire un sistema di mutuo credito che permetteva loro di vendere senza affidarsi interamente al mercato del franco svizzero. Questa valuta si è poi rivelata notevolmente resistente, soprattutto durante i periodi di recessione economica; anche se è cambiato in modo significativo dal suo inizio, il WIR è ancora oggi forte e conta circa 45.000 soci. -”Per i suoi scopi diversi”- ha scritto l’economista inglese EF Schumacher, -”l’uomo ha bisogno di molte diverse strutture, da quelle piccole e quelle più grandi, con alcune esclusive e un po’ globali.”- Per alcuni proprio le valute locali sono una risposta finanziaria a questo bisogno umano e hanno forti precedenti nella storia. -”La caratteristica permanente dei sistemi monetari in Europa per tutto il periodo da Carlo Magno a Napoleone fu la distinzione tra diverse somme per scopi diversi”- ci dice Luca Fantacci, economista e storico presso l’Università Bocconi di Milano. Sardex nacque come un’idea improbabile, mentre Giuseppe Littera era uno studente universitario a Leeds. Nel 2006 aveva letto di WIR, la moneta complementare svizzera, e fu come ossessionato dalla possibilità di portare qualcosa di simile a Serramanna. -”Quando sono andato in Inghilterra e stavo ancora studiando, era un po’ difficile trovare un significato alla vita; quando ho scoperto il WIR mi sono detto ok, è una battaglia per cui vale la pena di lottare. Anche perché l’altra opzione era aspettare un cambiamento sistemico in tutto il mondo. Ho iniziato a discutere l’idea su Skype con Carlo Mancosu, mio fratello Gabriele, Piero Sanna e Franco Contu, un altro membro fondatore e amico, e abbiamo iniziato a progettare una nuova moneta elettronica locale il cui nome, Sardex, non lasciava alcun tipo di mistero rispetto alle nostre origini.”Fu così che un gruppo di studenti iniziò ad elaborare un programma per costruire una nuova valuta per la loro isola. Sembrava assurdo: non avevano che pochissima esperienza finanziaria o informatica, niente fondi propri e nessun investitore, solo il contorno di un’idea. -”Abbiamo detto: siamo qui, e le aziende sono qui. Possiamo farlo senza scomodare Bruxelles, Roma o New York” sentenzia Giuseppe. Per costruire Sardex i cinque amici approfondirono la storia finanziaria e gli studi dei sistemi di credito antichi, il WIR svizzero e la proposta di John Maynard Keynes per una International Clearing Union a Bretton Woods, proposta poi implementata come Unione Europea dei Pagamenti (1950-1958 ). C’era logica in questo approccio; perché se la crisi finanziaria ha dimostrato qualcosa, è che la storia della finanza non è lineare. -”Non c’è motivo di pensare che i mercati finanziari sono più progressista rispetto alle istituzioni finanziarie del Rinascimento”- ci dice Massimo Amato, economista e storico alla Bocconi di Milano -”Il buon senso non è


mai obsoleto.”Gli esempi che i fondatori di Sardex hanno preso in prestito dalla storia non erano legati ad alcuna tradizione. In un recente lavoro, Paolo Dini della London School of Economics scrive che -”Sardex presenta caratteristiche che la rendono un esempio quasi unico tra le migliaia di valute complementari che sono esistite nel corso della storia umana e che ancora esistono in quasi tutti i paese nel mondo.”Per capire come funziona Sardex devi abbandonare gran parte di ciò che si può pensare di sapere di soldi. Non vi è nessuna banca che stampa le note Sardex, o un algoritmo che genera monete digitali Sardex. Funziona come un sistema di credito reciproco: ogni impresa inizia a zero, guadagnandosi la moneta digitale - equivalente ma non scambiabile con l’euro - in quanto offre beni o servizi ad altri in rete. Le aziende possono andare in debito, ma solo fino ad un certo limite, determinato da cosa possono offrire le altre imprese partecipanti. Soprattutto, non vi è alcun interesse su Sardex; funziona esclusivamente come mezzo di scambio. -”Nel circuito si ha un debitore che non vede per prima cosa il suo aumento del debito, ma che trova creditori che vogliono transare con lui” dice Gabriele Littera -”Questo dovrebbe essere una parte naturale del libero mercato.”-”Quando la prima ipotesi di Sardex mi è stata spiegata, ho trovato più facile pensarla come un semplice ritratto di rapporti umani. Perché il denaro diventa informazione”- ci dice Mancosu -”Ma, soprattutto, diventa un sistema di diritti e doveri. Dal momento che prendo da una comunità, come nel caso in Sardex, io sono in debito verso quella comunità; quando rientro dal debito con la comunità, ho dato quello che ho ricevuto. Ed è una bella cosa.”La radice della parola finanza in latino è finis, che vuol dire fine. Per Amato e Fantacci, due storici dell’economia italiana, la semplicità di Sardex riflette l’etimologia della finanza e il suo vero scopo: permette a un creditore e a un debitore di incontrarsi, fare una transazione e poi separarsi, ponendo fine alla loro relazione. Niente potrebbe essere più lontano dal debito strutturato e insostenibile, il sistema dei pagamenti in ritardo che ha portato al crollo del sistema bancario nel 2008. -”Sardex è un mezzo, il denaro che serve a un fine” dice Giuseppe. -”E una volta che il fine è stato raggiunto, la transazione si è effettuata, ha fatto il suo lavoro.”Al centro di Sardex ci sono i suoi amministratori. Utilizzando un sistema centralizzato tengono attentamente monitorate le transazioni delle imprese affiliate, a volte spingendo la rete per garantirne la stabilità. Non hanno, mi chiedevo, qualche somiglianza con quei banchieri centrali da cui avevano cercato di prendere le distanze? -”Sardex è una volontà” ci risponde Giuseppe. “Nel nostro lavoro non abbiamo trovato armi e non abbiamo alcun potere.”Si è rivelato più facile progettare il sistema di Sardex che convincere le imprese ad adottarlo. Dopo la costituzione di Sardex srl a Serramanna nel luglio 2009, i fondatori hanno cominciato ad avvicinare le imprese locali con la loro idea. Quel gruppo di amici doveva presentare uno spettacolo curioso: tipicamente non associabili con i professionisti della finanza. Centinaia di aziende in Sardegna non aderirono inizialmente alle loro proposte: dopo tutto, avevano bisogno di euro per pagare i fornitori, e non di una moneta inventata e supervisionata da un gruppo di idealisti. -”Si è trattato di una specie di guerra”- dice Mancosu. -”Ci guardavano come se fossimo arrivati dallo spazio.”Poi, all’inizio del 2010, per i fondatori ci fu una svolta: un uomo d’affari locale, che credeva di aderire ad una rete consolidata di iscritti. “Gli abbiamo spiegato di Sardex”- ricorda Mancosu -”e per la prima volta, ci ha detto: grande idea. È fantastico. Chi altro c’è? Per adesso sei solo tu, gli abbiam risposto, ma senz’altro cresceremo.”E lentamente Sardex è cresciuta. Negozi di alta moda, alberghi, aziende di tutti i tipi, commercialisti, dentisti e ristoranti: tutti hanno cominciato a entrare nella rete. Accettan-


do il pagamento in valuta, le aziende hanno scoperto che potevano disporre di un magazzino inutilizzato; le imprese a corto di liquidi avrebbero potuto acquistare beni e servizi che non potevano permettersi nel mercato euro. Mancando le risorse i fondatori utilizzano fascino, tenacia e, soprattutto, il loro collegamento con il territorio per convincere le imprese ad aderire. -”I rapporti umani sono sempre stati al centro del nostro progetto”ci ha detto Gabriele. -”Non è mai stato possibile iscriversi al circuito via internet.”Entro la fine del 2010 Sardex aveva un totale di 237 soci e un volume di transazioni di poco più di 300.000 euro. Era ancora una lotta per sopravvivere, ricordano i soci. Inizialmente la squadra Sardex invoca l’aiuto delle rispettive famiglie per il sostegno dell’iniziativa, poi carica le aziende associate di una piccola quota di adesione, definita in base alla loro dimensione. E poi, nel 2011, arriva un colpo di fortuna: dPixel, società milanese di venture capital, incuriosita dall’idea, decide di investire 150.000 euro in Sardex. -”Fu una vera e propria ancora di salvezza”- dice Giuseppe. Quindici anni fa un professore in pensione di nome Giacinto Auriti introdusse la propria carta moneta, il Simec, a Guardiagrele, una città del centro Italia con circa le dimensioni di Serramanna. Auriti pagò uno stampatore locale per produrre la sua valuta, per poi distribuirla agli operatori del suo paese in cambio di lire. Per Auriti il Simec non era solo un’iniziativa locale, ma un nuovo fronte nella sua campagna contro le banche centrali e il loro monopolio sulla produzione di denaro. -”Tra me e le banche centrali c’è una lotta mortale,”- disse al New York Times nel 2001. -”Non c’è via di mezzo.”A differenza di Auriti, i fondatori di Sardex hanno sempre considerato la loro moneta complementare al sistema finanziario; essi non stanno conducendo una guerra contro la Banca d’Italia. I soldi rilasciati dallo Stato rimangono centrali per Sardex, e le imprese appartenenti alla sua rete possono combinare euro e Sardex per i pagamenti; le tasse sulle transazioni Sardex deve essere pagata in euro, e il valore dello stesso Sardex è legato all’euro. -”Abbiamo sviluppato la rete per essere politicamente agnostici”- ci dice Giuseppe Littera -”Noi parliamo a tutti: non ci interessa se l’interlocutore è a sinistra, a destra, a nord o al sud.”Auriti non vinse la sua lotta contro la Banca d’Italia. Nel 2000 la Guardia di Finanza italiana chiuse d’autorità il suo esperimento. Ma Sardex continua a crescere; oggi circa 2.900 aziende lo stanno usando, tra cui alcune delle organizzazioni più affermati della Sardegna come Tiscali, la società di telecomunicazioni, e L’Unione Sarda, uno dei giornali principali dell’isola. Spogliato della funzione di denaro come riserva di ricchezza, Sardex ha circolato in fretta; secondo i dati dei fondatori, ha facilitato oltre 30 milioni di euro di operazioni solo questo anno, e circa 84 milioni da quando ha cominciato. -”Nel nostro circuito, un credito circola 12 volte in un anno”- dice Gabriele. -”Nessuno tiene i Sardex bloccati nel suo portafoglio.”Il premio per Sardex è ora il più grande datore di lavoro della Sardegna: lo Stato. Il team sta attualmente proponendo uno schema per cui governo regionale dell’isola potrebbe far parte della rete, mettendo a disposizione la sua capacità di riserva, come ad esempio i biglietti degli autobus o contratti di leasing sugli immobili. Il vice governatore della Sardegna, Raffaele Paci, è un economista che sembra rappresentare l’opposto di quei giovani laureati che erano così diffidenti sul pensiero economico dei fondatori. -”Se viviamo in un mondo ideale, allora non abbiamo bisogno di Sardex”- ci ha detto. Ma ha riconosciuto che in questo mondo imperfetto la valuta ha avuto un ruolo importante da svolgere. -”In generale, è una buona esperienza che sta aiutando molto.”Circa sei anni dopo l’inizio Sardex deve ancora affrontare numerose sfide. In un mercato imperfetto, la rete deve essere spinta e tirata per mantenere la sua stabilità, ponendo grande responsabilità e influenza nelle mani dei suoi amministratori. Poi c’è la questione del rischio di chi bara. In un sistema che si basa sulla fiducia, Sardex consente alle


aziende di andare in debito non garantito, esponendo la rete per il rischio che un socio può accumulare un saldo negativo e andare via. In pratica però è accaduto solo un paio di volte, ci ha detto Giuseppe, e il circuito ha ora alcuni crediti pendenti alle prese con il sistema giudiziario, notoriamente lento in Italia. -”Ricorrere alle procedure giudiziarie è il nostro scenario di ultima istanza”- dice Giuseppe. Dopo aver incontrato la squadra di Sardex ho fatto una passeggiata intorno a Serramanna per parlare con le imprese locali. Il proprietario di un negozio locale mi ha mostrato il suo conto Sardex online, indicando l’equilibrio del conto e delle transazioni e tutte le imprese con cui potrebbe potenzialmente entrare in contatto. Lei aveva venduto lingerie per le aziende in rete, guadagnando Sardex, che ha poi utilizzato per pagare il suo contabile. -”È geniale”- ci ha detto. -”I soldi circolano qui e non lasciano l’isola. Si crea una connessione.”Il modello è già diffuso in Italia e ci sono state riferite prove in corso per la creazione di moneta locale in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Sannio (Molise e parte della Campania), Lazio e Sicilia. L’anno scorso Giuseppe ha viaggiato a lungo in Grecia per condividere la sua conoscenza con gli organizzatori di una valuta locale. Eppure, il suo consiglio per loro era privo di modelli finanziari, sistemi di credito e software. -”Fate focus sull’impatto che può avere lavorare ogni giorno per cercare di costruire comunità dove non ce ne sono”- ha detto loro. -”In Sardegna il tessuto sociale è stato distrutto. Noi abbiamo iniziato a lavorare a maglia.”Sardex: come funziona • Sardex è un sistema elettronico di Credito Cooperativo per le imprese sarde. Avvocati, commercialisti, società di piccole e medie dimensioni, negozi, alberghi e aziende di servizi pubblici: tutti lo usano. • Per essere ammessa una società deve avere beni o servizi da offrire alle aziende partecipanti e di essere disposti a fare acquisti all’interno della rete utilizzando Sardex. • Tutte le imprese iniziano con lo zero Sardex, guadagnandosi la moneta elettronica con il negoziare con gli altri membri. • Le imprese possono andare in debito Sardex, ma solo fino a un limite fissato dagli amministratori. Nessun interesse è addebitato sui saldi. • Operazioni di meno di € 1.000 devono essere effettuati in Sardex. Transazioni più grandi possono utilizzare Sardex sommati ad euro. • Tutte le transazioni sono monitorati attraverso un sistema centralizzato a Serramanna. L’IVA sulle operazioni è pagato in euro. • I membri pagano una quota annuale in base alle dimensioni, che vanno da 200 € a 3.000 €.


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Tasse, affari e vacanze: come si vive senza euro

Vivere senza euro non è più un’illusione. Il nuovo baratto e le monete virtuali iniziano a soppiantarlo Vivere senza euro, il sogno - o la chimera - di tanti europei delusi dalla moneta unica. Campare senza quella valuta matrigna, imposta dall’alto, diventata per molti sinonimo di austerità, sacrifici, povertà. Sottrarsi alla tirannia di Francoforte, delle cancellerie continentali, delle potenze commerciali asiatiche e delle speculazioni finanziarie.

Dimenticare il portafogli e la tirannia delle banche e mettere un giorno dietro l’altro permutando, non pagando. Togliere al denaro la funzione di accumulatore di ricchezza per lasciargli quella originale di puro mezzo di scambio. Addio alla moneta e ritorno al baratto. La crisi sta facendo diventare realtà il simbolo dell’assetto economico primitivo che nel tempo si è trasformato nell’utopico vagheggiamento di no-global, intellettuali eccentrici, ideologi del ritorno alle origini, patiti del chilometro zero. La piazza virtuale di internet ha moltiplicato le opportunità, abolendo le barriere dei luoghi e agevolando la creazione di reti di relazioni più estese. Ma la spinta maggiore verso il ritorno alla vecchia permuta è venuta dall’euro, così mal sopportato da favorire esso stesso i tentativi di aggirarne l’uso. In Argentina ai tempi della prima crisi monetaria, come in Grecia in questi anni, il ritorno al baratto ha consentito la sopravvivenza a intere comunità. Scambio vecchio stile in mercatini di quartiere, bene contro bene, cibo e oggetti usati. Sono sempre più numerosi gli ambiti in cui le merci passano di mano senza euro: la spesa, i vestiti usati, i lavoretti in casa, gli oggetti vecchi o inutili, i giochi per i bambini. Ma il baratto conquista nuovi spazi nella vita quotidiana in forme sempre più evolute.Si baratta il lavoro, oppure la casa grazie ai siti che consentono lo scambio di appartamenti, e perfino le vacanze: nei bed&breakfast che aderiscono a circuiti come barattobb.it l’ospitalità si paga non in euro, ma con la propria manodopera. Qualche intervento di manutenzione, la realizzazione del sito internet, i testi di una brochure pubblicitaria. Dal 16 al 22 novembre prossimo si svolge la settima edizione della Settimana del baratto ( www.settimanadelbaratto. it ) nella quale, per soggiornare gratis nelle strutture affiliate, i vacanzieri offrono book fotografici, pasta fatta in casa, visite mediche, riparazioni di computer mentre i b&b cercano di tutto, dai servizi da tè in ceramica anni ‘50 fino a libri, Dvd, apecar e teli da bagno. La banca del tempo è un’antesignana dello scambio no-euro: per fornire un certo servizio (di solito baby-sitting, ripetizioni, assistenza) i soci mettono a disposizione qualche ora che viene contabilizzata dalla banca e compensata con altre prestazioni. Non si tratta soltanto di uno stile di vita solidale, antispreco o anche modaiolo per gli amanti dell’usato e del vintage. Come sintetizza lo slogan del sito zerorelativo.it , piattaforma con quasi 40mila iscritti, «tutto si riutilizza, tutto si scambia e niente si butta». Nel baratto 2.0 c’è un nuovo modello di consumo, una risposta ai bisogni che prescinde dal denaro, una ricerca di relazioni sociali nell’età dell’individualismo. Ma è presente anche un’idea di economia alternativa, una sfida alla carenza di liquidità e all’assetto economico e finanziario che ha imposto una moneta come l’euro. È questa la vera novità che fa fare un salto di qualità alla forma di commercio precapitalistico. Perché oggi il baratto no-euro è anche business.


L’EUROLOCAL Le aziende, per esempio, possono iscriversi a piattaforme commerciali ( iBarter.com o cambiomerci.com ), in cui materie prime e prodotti finiti circolano in cambio di altri prodotti, servizi o crediti senza circolazione monetaria: il vantaggio è di acquisire nuovi clienti, consolidarne i rapporti, ridurre il magazzino, velocizzare gli incassi, sforbiciare i fidi con le banche e quindi versare meno interessi. Negli anni di crisi si sono molto diffuse le monete complementari. Il progenitore è lo svizzero Wir (cioè «noi»), che nacque nel 1934 dopo il crac del ‘29 e con i suoi 45mila utenti attuali gode ancora di ottima salute. Funziona come una banca che compensa crediti e debiti. In Sardegna dal 2010 circola il sardex, un sistema elettronico di mutuo credito tra quasi 3.000 aziende aderenti tra cui società come Tiscali e l’editore del quotidiano Unione Sarda : nel 2014 ha originato transazioni equivalenti a 30 milioni di euro. È un esperimento di auto-organizzazione commerciale che sta facendo scuola. La regione Lombardia ha deciso di testare un’analoga moneta elettronica nell’ambito della nuova legge per la competitività. In Sicilia è nato il sicanex, nelle Marche il marchex, in Piemonte il piemex. IDEE DA ESPORTAZIONE Giuseppe Littera, uno dei cinque giovani che ha ideato la start-up (ora milionaria, in euro) del sardex, è andato anche nella derelitta Grecia a esportare il know-how. Ma prima che consigli tecnico-finanziari, come racconta il Financial Times , ha dispensato lezioni di vita: «Concentratevi sull’impatto che potete avere, lavorateci ogni giorno e cercate di costruire comunità dove prima non esistevano. In Sardegna il tessuto sociale era strappato. E noi abbiamo cominciato a ricostruirlo». In Romagna un centinaio di aziende intenzionate ad abbandonare l’euro ha aderito al progetto quinc (abbreviazione di quincunx , moneta di bronzo dell’antica Ariminum), sostenuto dalla regione e dalle Camere di commercio: un circuito di transazioni in cui la valuta di scambio sono buoni sconto riutilizzabili che si possono vedere o barattare. In molte regioni italiane opera l’Arcipelago Scec, sigla che sta per Coordinamento nazionale solidarietà che cammina, ma suona come la parola francese chèque , sinonimo internazionale di assegno bancario. Nella città greca di Volos è in uso il tem, moneta parallela all’odiato euro. In Belgio, la capitale dell’Europa a 28, agisce il network Res con oltre 5.000 commercianti e 100mila consumatori in possesso di una «carta di pagamento» Res. La più famosa delle valute alternative è il bitcoin, moneta elettronica virtuale spendibile nel commercio on-line in ogni angolo del mondo e sottratta al controllo di qualsiasi autorità internazionale perché le transazioni non sono tracciabili. Motivo per cui è considerata strumento in grado di favorire attività finanziarie illegali. Baratto, moneta complementare, valute alternative sono sistemi per fare fronte al disimpegno delle banche, al credit crunch e anche alle politiche monetarie restrittive. Naturalmente hanno una serie di controindicazioni: possibilità di truffe, attività finanziarie non regolamentate e fuori controllo, creazione di quantità di debiti o crediti non convertibili, rischio di evasione fiscale se lo scambio di merci avviene senza pagamento di Iva né creazione di reddito. Alla faccia dei pericoli, in Italia dall’anno scorso il baratto ha assunto addirittura una veste istituzionale sancita dal decreto legge 133 del 12 settembre 2014, il famoso «Sblocca Italia» del governo Renzi. L’articolo 24 istituisce il cosiddetto «baratto amministrativo» a favore dei comuni. Lavori socialmente utili in cambio di sconti sulle tasse locali, sulle multe, su tributi o affitti di case popolari non pagati. È una forma di cittadinanza attiva che favorisce la partecipazione alla gestione della cosa pubblica. NUOVI BARATTI Ma ha anche risvolti più prosaici: è anche un modo per saldare i conti con lo Stato avendo pochi soldi, mentre la burocrazia può recuperare crediti altrimenti inesigibili. Tenere in ordine un’area verde, sorvegliare i ragazzini sullo scuolabus, tinteggiare le pareti di scuole o uffici pubblici, ripulire sentieri, vigilare nei parchi pubblici, sgomberare la neve: sono numerosissime le forme di baratto amministrativo applicate dai comuni, ognuno a modo suo. Qualcuno applica sconti percentuali sulla tassa rifiuti, altri limitano i benefici ai meno abbienti; c’è chi si rivolge direttamente ai cittadini e chi invece vuole associazioni di volontariato come tramite. Milano, la prima grande città italiana a dotarsi di questo strumento, ha scelto di favorire chi ha arretrati da pagare scontando Ici, Imu, tassa rifiuti, multe, rette scolastiche, affitti in cambio di ore di lavoro gratuito. Un modo per ridare dignità a chi non ha soldi ma vuole sentirsi utile, e vuole vivere una vita senza euro. Perché non lo sopporta. O perché non ne ha.


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Una moneta chiamata fiducia Può la Sharing Economy muovere 60 milioni di crediti fra aziende dello stesso territorio? La risposta l’ha data Sardex L’Espresso di questa settimana dedica un ampio ed interessante dossier sulla Sharing Economy dal titolo “la vita condivisa“. “Lavoro, finanza, consumi, turismo, cultura: tutti gli ambiti ne sono interessati…ecco come la sharing economy sta cambiando la società” premette l’Espresso dedicando, a pagina 76, anche un articolo a Sardex.net. “Può la Sharing Economy muovere 60 milioni di crediti fra aziende dello stesso territorio? Diventare motore finanziario quando la crisi congela il credito ufficiale? La risposta l’ha data Sardex…” Si apre così l’ articolo che ripercorre, in un breve sunto, il meccanismo del Circuito e le tappe che hanno portato Sardex.net a diventare una delle realtà più interessanti nel panorama della Sharing Economy. “Dopo il boom della Sardegna altri 7 Circuiti simili si sono aperti in altrettante regioni, ed il modello -presentato alla London School of Economics – viene studiato all’estero come virtuoso compromesso tra vantaggi economici e valori sociali”. Un dossier interessante per la varietà e la qualità degli articoli analizzando il fenomeno anche dal punto di vista sociologico ed antropologico -oltre che economico – interrogandosi sul presente e sul futuro di un sistema che è oramai diventato realtà e che cresce e si espande sempre più ogni giorno che passa. “Per molti l’economia della condivisione è il futuro, per altri una minaccia. In ogni caso una rivoluzione. Ed è qui per restare.”


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Effetto sharing su consumi e servizi

Il commercio collaborativo conta numerosi attori italiani e diventa una leva per l’economia tradizionale Il Sole 24 Ore dedica un articolo sulla situazione della Sharing Economy in Italia prendendo spunto dai dati forniti dalla ricerca di Collaboriamo.org e PhdMedia del 2014. Secondo i dati in Italia sono attive ben 140 piattaforme che, sebbene con un poco di ritardo rispetto alle più blasonate piattaforme internazionali come Blablacar od Uber, stanno contribuendo a costruire un modello di business stimato a livello globale, da qui al 2025, in ben 335 miliardi di dollari. La maggior parte di queste per ora ha un utenza abbastanza contenuta ma, scrive il Sole 24 Ore “nonostante l’offerta rimanga di gran lunga superiore alla domanda – il 68% delle piattaforme non superano i 5mila utenti – alcuni servizi collaborativi stanno raggiungendo risultati interessati: Sardex.net, piattaforma di scambio di beni B2B, nel 2013 ha raggiunto un volume d’affari pari a 24 milioni di euro; Fubles, per l’organizzazione di partite di calcetto, conta una community di 430mila e più di 115mila partite giocate; Gnammo, che permette a cuochi non professionisti di preparare cene per privati cittadini, ha raggiunto 20mila utenti così come Timerepublik, banca del tempo digitale e Reoose, piattaforma di baratto.” Il Sole 24 Ore sottolinea anche come sempre più grossi brand stringono partneship con aziende del settore, evidenziando un trend positivo che, se affiancato da ulteriori investimenti in infrastrutture e cultura digitale, non può far altro che crescere ancora arrivando ad esprimere tutto il proprio potenziale, con tutto ciò che ne consegue in termini di ricchezza per il Paese. Ecco perchè è importante che l’Italia sviluppi al meglio quella cultura digitale che, in questi tempi moderni, è fonte di ricchezza, lavoro e benessere e può risollevare le sorti di una nazione che si è ritrovata, di punto in bianco, a non poter più contare solo su un industria in difficoltà. Il futuro è già qui e gli italiani, come sempre hanno dimostrato nei secoli, non mancano certo di quel genio e di quella creatività tanto apprezzate all’estero; forse, dovremmo semplicemente evitare di dimenticarcelo: e magari, perchè no, unirci e lavorare assieme affinchè l’Italia si distingua e cresca sfruttando in patria le proprie eccellenze.


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Dracma2 o Bitcoin, il paracadute della moneta virtuale

Sulla piattaforma di scambio Bitstamp gli accessi dalla Grecia sono aumentati di oltre dieci volte

Esplora il significato del termine: Bitcoin, Litecoin, Sardex, Blue e Grey Dolar. Fuori dai circuiti ufficiali esistono monete parallele e sovrannazionali. O anche illegali il cui valore di cambio è pubblicato sui giornali (è il caso del Blue Dolar argentino che si trova, come se niente fosse, sulla stampa di Buenos Aires). Ora la crisi di Atene potrebbe trasformare la Grecia nel più importante laboratorio per sperimentare nuove modalità per assolvere ai tre compiti di una divisa: difesa del valore di acquisto, moneta di scambio e riferimento per il valore di merci e servizi. Se oggi il popolo greco dovesse far prevalere il «No» ponendo le basi per un possibile ritorno a una moneta che ancora non esiste, la dracma 2, potrebbe iniziare una fase di transizione favorevole alla diffusione di queste altre monete. Nella storia è già accaduto e la stessa lira che nasce come riferimento della monetazione carolingia senza essere coniata (lira viene da libbra d?argento a cui corrispondevano 240 denari) ha avuto dei valori paralleli durante il Medioevo a seconda della zecca di origine. Con banche chiuse, bancomat contingentati e scarsità di euro, la curiosità ha già spinto i greci a informarsi sul meccanismo del Bitcoin, la moneta che funziona come i software peer-to-peer , anche se non c?è certezza di un utilizzo diffuso. Secondo BtcGreece che si vanta di essere la più importante piattaforma greca per i Bitcoin, fino ad ora il bilancio totale è di appena 40 cybermonete nei portafogli dei greci, per un valore totale di meno di 10 mila euro. D?altra parte l?attendibilità di queste piattaforme è spesso molto vaga. Su Bitstamp, la più grande Borsa europea, l?accesso dalla Grecia risulta dieci volte il normale. Una volta che gli euro sono stati bonificati a uno dei servizi di wallet, in effetti non hanno più bisogno della banca per essere scambiati in forma di Bitcoin, anche se risulta esserci un solo Atm in tutta Atene, dentro una libreria, e sono pochissimi i ristoranti come la Angel Tavern che li accettano. Dunque, l?unica funzione certa è quella di difesa del potere d?acquisto. Per una situazione come quella che si sta venendo a creare avrebbe più senso una replica del Sardex, la piattaforma sarda che riesce a sopperire all?assenza di liquidità diventando un riferimento di valore per il baratto (in Sardegna con il Sardex


si possono ormai pagare l?idraulico, il commercialista piuttosto che la pizza). Chissà, il modello potrebbe anche essere esportato. Purtroppo, la cronaca lascia presagire che in luogo di soluzioni creative attraverso Internet è più facile che emerga un clone del Blue Dolar, un concambio tra peso argentino e dollaro Usa, illegale ma molto diffuso. Con il default dell?Argentina del 2001 venne dichiarata la fine della parità tra le due monete. Il risultato fu che il peso si svalutò enormemente e il dollaro divenne introvabile. Così il Blue Dolar che quota più del cambio ufficiale delle due monete permette a ricchi e turisti di trovare dollari pagando un po? di più. Per determinare il cambio esiste addirittura un algoritmo che confronta il valore di merci come il Big Mac in Argentina e negli Usa e calcola il prezzo della moneta illegale (bluedolar.net). D?altra parte una sorta di «blue euro» è possibile che si trovi già sul mercato nero greco in attesa del responso del referendum.Bitcoin, Litecoin, Sardex, Blue e Grey Dolar. Fuori dai circuiti ufficiali esistono monete parallele e sovrannazionali. O anche illegali il cui valore di cambio è pubblicato sui giornali (è il caso del Blue Dolar argentino che si trova, come se niente fosse, sulla stampa di Buenos Aires). Ora la crisi di Atene potrebbe trasformare la Grecia nel più importante laboratorio per sperimentare nuove modalità per assolvere ai tre compiti di una divisa: difesa del valore di acquisto, moneta di scambio e riferimento per il valore di merci e servizi. Se oggi il popolo greco dovesse far prevalere il «No» ponendo le basi per un possibile ritorno a una moneta che ancora non esiste, la dracma 2, potrebbe iniziare una fase di transizione favorevole alla diffusione di queste altre monete. Nella storia è già accaduto e la stessa lira che nasce come riferimento della monetazione carolingia senza essere coniata (lira viene da libbra d?argento a cui corrispondevano 240 denari) ha avuto dei valori paralleli durante il Medioevo a seconda della zecca di origine. Con banche chiuse, bancomat contingentati e scarsità di euro, la curiosità ha già spinto i greci a informarsi sul meccanismo del Bitcoin, la moneta che funziona come i software peer-to-peer , anche se non c?è certezza di un utilizzo diffuso. Secondo BtcGreece che si vanta di essere la più importante piattaforma greca per i Bitcoin, fino ad ora il bilancio totale è di appena 40 cybermonete nei portafogli dei greci, per un valore totale di meno di 10 mila euro. D?altra parte l?attendibilità di queste piattaforme è spesso molto vaga. Su Bitstamp, la più grande Borsa europea, l?accesso dalla Grecia risulta dieci volte il normale. Una volta che gli euro sono stati bonificati a uno dei servizi di wallet, in effetti non hanno più bisogno della banca per essere scambiati in forma di Bitcoin, anche se risulta esserci un solo Atm in tutta Atene, dentro una libreria, e sono pochissimi i ristoranti come la Angel Tavern che li accettano. Dunque, l?unica funzione certa è quella di difesa del potere d?acquisto. Per una situazione come quella che si sta venendo a creare avrebbe più senso una replica del Sardex, la piattaforma sarda che riesce a sopperire all?assenza di liquidità diventando un riferimento di valore per il baratto (in Sardegna con il Sardex si possono ormai pagare l?idraulico, il commercialista piuttosto che la pizza). Chissà, il modello potrebbe anche essere esportato. Purtroppo, la cronaca lascia presagire che in luogo di soluzioni creative attraverso Internet è più facile che emerga un clone del Blue Dolar, un concambio tra peso argentino e dollaro Usa, illegale ma molto diffuso. Con il default dell?Argentina del 2001 venne dichiarata la fine della parità tra le due monete. Il risultato fu che il peso si svalutò enormemente e il dollaro divenne introvabile. Così il Blue Dolar che quota più del cambio ufficiale delle due monete permette a ricchi e turisti di trovare dollari pagando un po? di più. Per determinare il cambio esiste addirittura un algoritmo che confronta il valore di merci come il Big Mac in Argentina e negli Usa e calcola il prezzo della moneta illegale (bluedolar.net). D?altra parte una sorta di «blue euro» è possibile che si trovi già sul mercato nero greco in attesa del responso del referendum.


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Monete Virtuali alla prova: promosso il Sardex

Sardex.net è un meccanismo che in un periodo di crisi è riuscito a dare ossigeno a diverse attività imprenditoriali, permettendo di usare la liquidità per altri scopi

Il Sole 24 Ore nell’articolo di Lunedì 23 analizza, con il prezioso contributo di Anna Vizzari di Altroconsumo, le numerose forme di Virtual Value descrivendone caratteristiche e rischi e citando il Sardex come una delle poche monete realmente virtuose che “in un periodo di crisi è riuscita a dare ossigeno a diverse attività imprenditoriali, permettendo di usare la liquidità per altri scopi”. Al di là del piacere d’esser stati “promossi” da un importante associazione come Altroconsumo l’articolo in questione, a firma di Bianca Lucia Mazzei, fa finalmente un po’ di chiarezza fra le varie valute cosidette virtuali sottolineandone le varie differenze – in alcuni casi abissali, vedasi i Bitcoins rispetto alle monete complementari – ed altre volte “sostanziali”, ovvero con un qualcosa in comune ma con modelli di gestione e di regole completamente diverse che, ovviamente, producono risultati altrettanto differenti. In un periodo in cui si parla tanto di Virtual Value e sembrano nascerne decine al giorno (per ora la maggior parte più sulla “carta” che realmente) riteniamo doveroso ed importante che i consumatori vengano informati al meglio -riprendendo anche le parole del Prof. Fantacci, docente di Economia della Bocconi che afferma che “non basta fare una moneta complementare, bisogna che sia fatta bene” – riproponendovi l’articolo del Sole 24 Ore in questione. Le «Virtual Value» iniziano a diffondersi ma senza regole certe: è opportuno conoscerne i rischi. Forse, in futuro, rivoluzioneranno il sistema dei pagamenti mondiali ma per ora le monete virtuali vanno utilizzate con cautela, tant’è che sia la Banca d’Italia che l’Autorità bancaria europea (Eba) sono intervenute sul tema, evidenziandone i rischi. Al di là delle differenze (anche marcate), le Virtual Value (Vv) sono strumenti elettronici che possono essere usati come mezzo di pagamento, a patto che il venditore le accetti. I loro costi sono minimi, se non assenti, ma non sono emesse o garantite né da banche centrali, né da autorità pubbliche. Secondo Bankitalia, in circolazione ce ne sono oltre 500. « Molti ci chiedono un parere sull’affidabilità delle monete virtuali – dice Anna Vizzari di Altroconsumo -. Tendiamo a sconsigliarle, perché non ci sono tutele e c’è il rischio di perdite. Non sono strumenti negativi, ma vanno regolamentati». Altroconsumo ha svolto un’inchie-


sta su Crevit, una moneta virtuale che veniva pubblicizzata con lo slogan “compra senza denaro”. «Abbiamo provato a usarla – continua Vizzari – ma il risultato è stato negativo: non siamo riusciti a comprare nulla e non è gratis». La virtual coin più diffusa al mondo è bitcoin. Lanciata nel 2009 da un programmatore sconosciuto (se non con lo pseudonimo Satoshi Nakamoto) è una valuta decentralizzata, convertibile nelle monete normali, priva di qualsiasi garanzia statale ma ormai accettata da molti venditori online: dal discount Overstock.com, ai colossi It come Microsoft e Dell, fino al portale di viaggi Expedia (la maggior parte dei venditori non conserva però i bitcoin ma li cambia con le valute nazionali non appena li riceve). I bitcoin vengono creati online attraverso software altamente specializzati (chiamati bitcoin miners): l’incremento è però fisso e non potrà mai superare i 21 milioni. Oggi ce ne sono in circolazione circa 13 milioni. L’acquisto si effettua attraverso piattaforme di scambio (exchange) con bonifico bancario. Di solito, per evitare accuse di riciclaggio, l’exchange chiede il documento d’identità e la domiciliazione. Tranne qualche sperimentazione negli Usa, non è possibile utilizzare carte di credito. È inoltre possibile ottenere bitcoin in cambio di beni o servizi. La valuta virtuale viene quindi trasferita su un conto personalizzato (l’e.wallet o portafoglio elettronico). In tutti questi passaggi ci sono rischi di furti o di perdite. L’Eba ne ha elencati 70 e ha chiesto un intervento regolatori o da parte delle istituzioni europee. La Banca d’Italia (nell’avvertenza del 30 gennaio) sottolinea l’assenza di garanzie, la volatilità e la possibilità di utilizzo delle Vv per trasferimenti illeciti di somme. I titolari di portafogli bitcoin sono infatti anonimi anche se le transazioni sono tracciabili. Le perdite possono derivare dal fallimento o dalla chiusura delle piattaforme di scambio (come nel caso della piattaforma giapponese Mt Gox), ma anche da attacchi informatici. C’è poi il problema della volatilità che è molto alta, in quanto il valore è determinato solo dagli scambi: dai pochi millesimi di dollaro delle prime transazioni, bitcoin ha toccato il massimo di 1.200 dollari a fine 2013 per poi scendere agli attuali 291 dollari (www.coinmarketcap.com). Chi ci crede è però convinto che le valute virtuali rivoluzioneranno il sistema finanziario. «Oggi bitcoin è ancora un giocattolo, il valore della capitalizzazione è solo di 4 miliardi di dollari – dice Giacomo Zucco, 31 anni, laureato in fisica teorica e responsabile dello sviluppo del business di Greenadress, una startup che punta a rendere più sicuri i portafogli virtuali – Bisogna ridurre i rischi, ma stiamo lavorando anche sullo scambio di crediti, debiti, titoli e partecipazioni. Tutto senza intermediari. Nascerà una finanza free che permetterà di ridurre moltissimo i costi e velocizzare le transazioni. Non soppianteremo i big attuali ma li costringeremo a cambiamenti enormi». Secondo Juniper Research, società specializzata nell’analisi dei settori mobile e telecomunicazioni, quello del bitcoin rimarrà invece un mercato di nicchia anche se gli utilizzatori cresceranno: stima infatti che saliranno dal milione e 300mila del 2014 ai 4,7 milioni del 2019. Completamente diversa la filosofia della rete Sardex.net, un circuito di credito commerciale che permette agli imprenditori di pagare beni e servizi con una moneta complementare, il Sardex, il cui valore convenzionale è un euro ma non è trasformabile in valuta corrente. In pratica, alle aziende viene attribuito un conto corrente digitale attraverso cui scambiano beni e servizi. «È un mercato complementare e aggiuntivo che non sostituisce quello tradizionale», spiega Carlo Mancosu, cofondatore e responsabile della comunicazione di Sardex.net, che in Sardegna conta 2.500 imprese iscritte e 1.200 i dipendenti. «Dal 2014 il modello è stato esportato in altre sette regioni e ora sta partendo anche in Sicilia». «Sardex.net è un meccanismo che in un periodo di crisi – aggiunge Anna Vizzari – è riuscito a dare ossigeno a diverse attività imprenditoriali, permettendo di usare la liquidità per altri scopi»


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L’intervento di Carlo Mancosu

Video dell’intervento di Carlo Mancosu al convegno “Moneta, economia, società. L’emergenza del cambiamento e l’urgenza delle riforme”. “Moneta, economia, società. L’emergenza del cambiamento e l’urgenza delle riforme” Il 17 marzo a Montecitorio il caso Sardex.net. Martedì 17 marzo alle ore 10, presso la sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, Carlo Mancosu, co-fondatore e responsabile della comunicazione di Sardex srl sarà fra i relatori del convegno “Moneta, economia, società. L’emergenza del cambiamento e l’urgenza delle riforme”. Dopo i saluti introduttivi di Roberto Giachetti, Vicepresidente della Camera, ed Antonio Palmieri, dell’Intergruppo Sussidiarietà, il convegno avrà inizio dividendosi in tre step: IL CAMBIAMENTO ESIGE UN CAMBIO DI PROSPETTIVA Relatori Massimo Amato: docente Dipartimento analisi politiche e management pubblico, Università Bocconi Luca Fantacci: docente Dipartimento analisi politiche e management pubblico, Università Bocconi Luigi Doria: docente Centre Maurice Halbwachs (CNRS – EHESS – ENS) Modera: Franco Bechis, Vicedirettore di Libero ESPERIENZE IN ATTO DI POSITIVO CAMBIAMENTO Relatori Carlo Mancosu: responsabile comunicazione Sardex srl Yves Wellauer: Banca WIR, Svizzera Carole Delga: Secrétaire d’État chargée du Commerce, de l’Artisanat, de la Consommation et de l’Economie sociale et solidaire auprès du ministre de l’Économie, de l’Industrie et du Numérique, Francia Antonio Samaritani: direttore ICT Regione Lombardia Modera: Guglielmo Vaccaro, Intergruppo Sussidiarietà IL PARLAMENTO PUO’ INTERCETTARE E SOSTENERE IL CAMBIAMENTO? Relatori Sergio Boccadutri (Pd) Guido Guidesi (Lega Nord) Antonio Palmieri (FI) Raffaello Vignali (Ncd) Laura Castelli (M5S) Conclusioni Alberto Baban: Presidente Piccola Impresa Confindustria Luigi Casero: Viceministro dell’Economia Modera: Anna Masera, Capo Ufficio Stampa Camera dei Deputati


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Sardex, la moneta complementare che spopola in Sardegna In Sardegna più di 2500 imprenditori pagano stipendi e acquistano beni col Sardex: una moneta parallela all’euro

Una moneta complementare per spezzare le catene dell’Euro e abbattere la crisi. L’idea arriva dalla Sardegna dove circa 2500 imprenditori si scambiano benei e servizi pagando tutto in “Sardex”. Progetto ambizioso: il Sardex vuole ridefinire le relazioni tra i vari soggetti economici, anche molto diversi tra loro. “Siamo una fucina sempre attiva, un laboratorio in cui immaginare insieme l’isola di domani, un nuovo modello di cooperazione appositamente pensato per le comunità locali. Il nostro compito è quello di mettere in moto l’economia con una moneta complementare proprio nel momento in cui la crisi blocca le attività imprenditoriali”, racconta Carlo Mancosu, trentaquattrenne cagliaritano e uno degli ideatori nel 2009 di Sardex. net. E nel giro di quattro anni l’attività di Sardex ha portato le imprese che fanno parte del circuito ad incrementare il loro fatturato del 15-20 per cento. Il pubblico degli iscritti è decisamente vario: “Il nostro conto lo aprono imprese, professionisti, lavoratori, associazionismo e terzo settore e molto presto i cittadini”, racconta a ilGiornale.it, Mancosu. Sardex è una moneta complementare e supplementare, capace di affiancarsi a quella tradizionale: Di fatto ne ha controbilanciato almeno in parte la caduta. Perché si tratta di un circuito in cui le aziende dell’isola, attraverso l’utilizzo di una unità di conto digitale, hanno la possibilità di sostenersi a vicenda, finanziandosi reciprocamente senza interessi”, sottolinea Mancosu. E ancora: “Il nostro progetto, partito in silenzio adesso è stato sposato anche da altre regioni. Diversi imprenditori ci hanno contattato per far parte del nostro circuito in tutta Italia, da nord a sud. Ad esempio negli ultimi dodici mesi il circuito è partito in altre regioni. Il Sardex è già stato esportato in Veneto (Venex), Piemonte (Piemex), Emilia Romagna (Liberex), Marche (Marchex), Lazio (Tibex), nella zona del Sannio (Samex) e in Sicilia (Sicanex)”. A quanto pare l’idea di evitare il pagamento in Euro preferendogli il “Sardex” ha convinto così tanto gli imprenditori al punto da pagre gli stipendi, o parte di questi in Sardex. “Più di 1200 dipendenti delle aziende nel circuito hanno chiesto di essere pagati in Sardex. Questo facilità di gran lunga le procedure per i pagamneti soprattutto per le aziende in crisi. C’è chi addirittura ha chiesto un anticipo del Tfr in Sardex. Ad esempio con 10000 Sardex si può avviare una ristrutturazione a casa. Il dipendente chiede un anticipo all’azienda e poi si impegna a restituire il credito a tasso zero nei mesi successivi. Pensate come sarebbe difficile fare tutto ciò con l’Euro e soprattutto con le banche che chiudono i rubinetti”. Insomma in Sardegna ormai si vive senza Euro. La moneta imposta dall’Ue si usa per le spese ordinarie, per tutto il resto si usa Sardex. L’obiettivo per il 2015 è quello di arrivare a più di 3250 imprese. E passare da i 30 milioni di transazioni del 2014 a 60 del 2015. Mancosu ha un solo rimpianto: “Le tasse allo Stato vanno pagate in Euro, se si potessero pagare in Sardex forse le cose andrebbero in modo diverso”. Secondo gli ultimi dati sono circa cinquemila le monete complementari che attualmente circolano in tutto il mondo. Il loro successo è sempre andato di pari passo con le grandi crisi economiche, quando cioè la valuta ufficiale attraversa momenti difficili. Non è un caso che una tra le monete complementari con il maggior successo sia oggi il Wir svizzero, nato nel 1934 sulla scia del crack mondiale del 1929. Introdotto per salvare gli imprenditori elvetici dalla crisi economica, oggi in Svizzera il Wir (che non è una moneta cartacea, ma esiste a livello di carta di credito e di assegno) è utilizzato da 60 mila piccole e medie imprese che si scambiano beni e servizi e lo comprano, lo vendono o chiedono un prestito ipotecario con un tasso all’1%. Ma iniziative dello stesso tenore di Sardex spopolano in tutta la Penisola. A Varese e a Torino si lavora per introdurre rispettivamente il “Bosino” e il “Taurino”, monete da utilizzare su base volontaria per scambiare beni e servizi, tutelando il tessuto produttivo del territorio e salvaguardando il potere d’acquisto dei cittadini contro il carovita e la crisi dell’euro. In Sicilia è in cantiere un progetto per lanciare la valuta elettronica complementare “Tarì”, che riprende il nome della moneta d’oro introdotta nell’isola nel X secolo dagli arabi.


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https://www.youtube.com/watch?v=-S2qAxl4Ccw

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